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Capital Group: Giappone: gli effetti della bolla degli anni Ottanta sono finalmente acqua passata?

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

A cura di Christophe Braun, Investment Director di Capital Group. Con il Nikkei 225 che ha sfondato quota 40.000 per la prima volta nella storia, l’indice TOPIX Core 30 (quello delle large cap giapponesi) si trova a superare le azioni statunitensi (S&P 500) per la seconda volta appena dalla crisi finanziaria globale. Detto questo, le azioni giapponesi rimangono poco costose in termini relativi, con il TOPIX che si attesta a 15,9x gli utili attesi rispetto alla quota di 20,0x dell’indice S&P. Gli investitori globali hanno in gran parte trascurato il fatto che negli ultimi anni il Giappone sia stato in grado di realizzare utili positivi in un contesto deflazionistico. Ora in molti si interrogano sul futuro delle imprese giapponesi in un contesto di reflazione. Le azioni giapponesi sono in rialzo da oltre un anno, sulla scia di una combinazione di fattori, tra cui ottimi utili aziendali, indebolimento dello yen che favorisce gli esportatori e afflusso di investitori stranieri alla ricerca di un’alternativa alla Cina. In prospettiva futura, ravvisiamo tre fattori chiave a sostegno di un “rinascimento” di lungo periodo: il miglioramento della corporate governance, la reflazione, e il cambiamento della politica monetaria e l’apprezzamento dello yen. Tutti questi fattori hanno il potenziale per dare slancio all’aumento del capex (digitalizzazione futura, nuove filiere nella produzione e nella logistica) e all’incremento dei consumi interni. Sul fronte della corporate governance, molti dei lenti colossi giapponesi stanno adottando un atteggiamento di stampo occidentale nei confronti degli utili. Sul fronte della reflazione, diversi segnali indicano una ripresa degli investimenti esteri e nazionali in Giappone, a potenziale beneficio delle aziende di automazione industriale e di quelle legate ai semiconduttori. Con un certo ritardo, il rapido deprezzamento dello yen nel 2023 dovrebbe portare a un ulteriore aumento del capex domestico. Dal punto di vista degli investimenti complessivi, il Giappone beneficia di una maggiore diversificazione rispetto ai mercati incentrati sui semiconduttori, come Taiwan e Corea del Sud, dove il settore IT rappresenta il 60% e il 30% dei rispettivi benchmark azionari. Ma questo non significa che il rilancio dell’industria giapponese dei semiconduttori sia poco significativo, anzi è un’altra ragione per cui i mercati potrebbero avere un ulteriore margine di rialzo, data la leadership del paese nei campi di robotica, scienze naturali, esplorazione aerospaziale e ricerca biomedica. Proprio come altri governi hanno sottolineato la necessità di costruire industrie nazionali di chip a fronte delle crescenti tensioni geopolitiche, i funzionari giapponesi hanno spinto per riconquistare il primato nella produzione onshore. Sebbene il Giappone non possa beneficiare di produttori di semiconduttori avanzati o fonderie globali, molte aziende di nicchia che producono attrezzature e materiali essenziali per la filiera hanno sede nel paese; nomi come Tokyo Electron, Kokusai Electric, Shin-Etsu Chemical e Hoya dovrebbero crescere in collaborazione con le società estere che entrano nel mercato giapponese. Riparte la crescita dei salari – e lo yen si rafforza con il cambio di rotta della BoJ Questo accordo ha reso i funzionari della BoJ più fiduciosi sul fatto che la lieve inflazione continuerà a rimanere stabile e nella riunione di marzo la banca centrale ha posto fine a otto anni di tassi di interesse negativi. Come previsto, la BoJ ha rimosso anche i controlli sulla curva dei rendimenti, pur mantenendo la politica di acquisto di titoli di Stato giapponesi per circa 6.000 miliardi di yen (40 miliardi di dollari) al mese per sostenere l’economia interna. Di contro la banca centrale interromperà gli acquisti di ETF e REIT, a conferma di una decisione “all-in”. Se da un lato i fondamentali aziendali dovrebbero diventare più rilevanti in Giappone, dall’altro notiamo che il ciclo di rialzi della Federal Reserve statunitense è agli sgoccioli. Insieme alla graduale normalizzazione della politica della BoJ, questo dovrebbe portare a una riduzione del differenziale dei tassi di interesse tra yen e dollaro USA, e a un apprezzamento dello yen. Riteniamo che questo contesto possa favorire i titoli “growth di qualità” del Giappone con esposizione interna, in settori quali strumenti di precisione, elettrodomestici, prodotti chimici e servizi. Alla luce di tutti questi fattori, riteniamo che una strategia core, multi-cap e diversificata sia interessante per gli investitori che stanno rivalutando la propria asset allocation per ovviare a una posizione di sottopeso di lungo periodo sul Giappone. Abstract by http://www.verinieassociati.com

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Effetti gravi post-vaccino, quanto sono frequenti?

Posted by fidest press agency su martedì, 7 marzo 2023

In un recente studio pubblicato sulla rivista PLoS ONE, un gruppo di ricercatori ha valutato gli eventi avversi gravi associati al vaccino contro la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) dopo l’immunizzazione (serious adverse events following immunization – sAEFI) tra i bambini di età compresa tra i cinque e i 17 anni negli Stati Uniti per accertarne gli effettivi rischi.Nonostante siano rari, i sAEFI tra i giovani hanno provocato, ansia fra i genitori con conseguente riluttanza e bassa adesione alla vaccinazione COVID-19 tra bambini e adolescenti.Nel presente studio, i ricercatori valutano gli sAEFI indotti dai vaccini a mRNA di Pfizer-Biontech e Moderna e quello a vettore virale di Janssen tra bambini e adulti. Nel dettaglio, hanno analizzato gli eventi avversi registrati nel sistema di sorveglianza VAERS dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) tra il 13 dicembre 2020 e il 13 aprile 2022 entro 42 giorni dalla vaccinazione Covid-19 nella popolazione tra i 5 e i 65 anni; dividendo poi i dati per fasce di età: bambini 5-11 anni, adolescenti 12-17 anni e adulti 18-65 anni. Per affetto avverso grave, nello studio, si è inteso un evento che abbia portato all’ingresso al pronto soccorso, al ricovero o, nel caso più estremo, alla morte. Su 180.581.278 persone che hanno ricevuto almeno 2 dosi di vaccino sono stati riscontrati 386.205 effetti avversi gravi (pari allo 0,214%). I tassi di ingresso al pronto soccorso erano 2,6 per ogni 100.000 vaccinati tra gli individui di età compresa tra 5 e 11 anni, 14,39 tra quelli di età compresa tra 12 e 17 anni e 29,75 tra quelli di età compresa tra 18 e 65 anni.I tassi corrispondenti di ricoveri ospedalieri ogni 100.000 vaccinati erano rispettivamente di 1,1, 6,8 e 8,2 nelle tre fasce d’età analizzate. La mortalità dovuta a sAEFI è stata di 0,03, 0,1 e 0,8 ogni 100.000 vaccinati nelle fasce di età 5-11 anni, 12-17 anni e 18-65 anni rispettivamente. I tassi di sAEFI sono stati maggiori rispetto alle femmine, in particolare nella fascia 12-17 anni dove si è registrato un rischio relativo di 1,43 nei maschi rispetto alle coetanee. La principale diagnosi clinica associata alla vaccinazione è stata la miopericardite, che aveva una stima di incidenza di 17 per ogni 100.000 dosi di vaccino.Tra i partecipanti, il 96% è stato ricoverato solo per osservazione e il 98% è stato dimesso dall’ospedale entro 14 giorni. I tassi di sAEFI segnalati dopo la vaccinazione SARS-CoV-2 sembrano, quindi, essere molto bassi. Solo nei maschi della fascia 12-17 anni il rischio di eventi gravi è risultato comparabile, se non lievemente superiore, agli adulti, anche se più raramente portano a ricoveri in terapia intensiva o alla morte. Complessivamente, i tassi di sAEFI segnalati tra gli individui di età compresa tra i cinque e i 17 anni erano significativamente inferiori rispetto a quelli riportati negli individui di età compresa tra i 18 e i 65 anni, supportando così campagne informative volte a rassicurare riguardo la somministrazione di vaccini COVID-19 ai bambini. (Fonte Doctor33)

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Woody Allen: Effetti collaterali

Posted by fidest press agency su giovedì, 2 marzo 2023

Collana Oceani, pp. 160, 15 euro. Postfazione di Daniele Luttazzi Editore: La Nave di Teseo. “In questi tempi, uno dei pochi rimedi affidabili alla cupezza e alla disperazione è l’umorismo. In tutte le sue varianti, da quelle più raffinate a quelle più scurrili, ci ricorda che nella vita non c’è solo l’orrore. Mai come ora, è importante far scendere in pista i clown. Allora, signore e signori, ecco a voi Woody Allen.” – Daphne Merkin Questa raccolta di racconti umoristici tratta vari argomenti, come la natura della relatività e la relatività della natura, l’onnipresente minaccia degli UFO o, ovviamente, la vita segreta di Madame Bovary e del suo amante Kugelmass, oltre ovviamente alle ossessioni preferite di Woody Allen, condivise – va detto – da molti dei suoi fan: il sesso, la morte e la religione. Che si tratti di filosofia, scienza, grandi eventi mondiali o critica gastronomica, Woody Allen ci inchioda tra queste pagine con il suo inimitabile umorismo.

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Effetti della microgravità sui meccanismi legati alla fertilità e alla riproduzione

Posted by fidest press agency su domenica, 20 novembre 2022

L’esperimento è stato lanciato tramite razzo vettore sulla International Space Station per osservare gli effetti della microgravità sulle funzioni endocrine di cellule ovariche bovine. I risultati serviranno a comprendere alcuni aspetti della riproduzione sulla Terra, ma anche in vista di missioni spaziali di lunga durata ed eventuali insediamenti umani in altri pianeti. Il razzo vettore ha lanciato la navicella Cygnus che ha portato sulla International Space Station rifornimenti e alcuni esperimenti scientifici. Fra questi, l’esperimento del progetto OVOSPACE, finanziato e coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e ideato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza guidati da Mariano Bizzarri. OVOSPACE ha l’obiettivo di studiare l’effetto della microgravità sulle funzioni endocrine di due tipi di cellule ovariche bovine: cellule della teca e cellule della granulosa, responsabili della produzione di androgeni e della loro trasformazione in estrogeni, allo scopo di supportare la maturazione dell’ovocita e quindi la fertilità. Nei laboratori messi a disposizione dalla Eastern Virginia Medical School (EVMS) di Norfolk, Virginia, il team Sapienza composto da Andrea Fuso e da Valeria Fedeli, Noemi Monti e Tiziana Raia ha allestito l’esperimento collocando le cellule in un “MiniLab” in grado di garantire la sopravvivenza delle cellule in maniera automatizzata. Il MiniLab, ovvero il cosiddetto “hardware di volo”, è stato sviluppato da Aerospace Laboratory for Innovative Components S.c.a.r.l. (ALI Scarl) i cui tecnici erano anche presenti presso l’EVMS per l’assemblaggio ed i controlli. Dopo 72 ore dall’arrivo sulla ISS, le cellule saranno “fissate” sempre grazie al MiniLab in attesa del loro rientro sulla terra, a gennaio, per eseguire le analisi molecolari previste. L’esperimento in orbita aiuta a comprendere il coinvolgimento di fattori biofisici sul processo di maturazione dell’ovocita. I risultati di OVOSPACE avranno un ruolo chiave per la salute e la riproduzione umana sulla terra ma anche in ottica di missioni spaziali di lunga durata e insediamenti umani in altri pianeti.

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Effetti collaterali dei vaccini anti-Covid

Posted by fidest press agency su giovedì, 11 agosto 2022

“Si susseguono giornalmente notizie sugli effetti negativi, anche gravi, per la nostra salute, come conseguenza della profilassi vaccinale anti SARS-CoV-2. Il Prac dell’Ema ha appena reso noto che l’assunzione del vaccino anti-Covid Nuvaxovid, prodotto da Novavax, può portare miocarditi e pericarditi. Gli stessi problemi che hanno presentato, sebbene in rari casi – secondo recenti indagini in Israele e negli Sati Uniti, dove la vaccinazione anti-Covid è già molto diffusa tra i giovani – gli adolescenti che hanno ricevuto il vaccino mRNA (Pfizer, BioNTech o Moderna), in genere dopo alcuni giorni dalla seconda dose. Intanto gli esperti continuano a dichiarare che i benefici superano ampiamente i possibili effetti indesiderati”. Lo dichiara il Questore della Camera e deputato di Fratelli d’Italia, Edmondo Cirielli. “Credo sia giunto il momento di fare definitivamente chiarezza. Proporrò, nella prossima legislatura, l’istituzione di una commissione di inchiesta per accertare quantità e responsabilità sui danni collaterali causati dai vaccini soprattutto sui giovani. Politici, tecnici e sub commissari dovranno pagare se colpevoli”, conclude Cirielli.

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Effetti crisi di governo incominciano a pesare in Italia

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022

“Mentre alcuni partiti lavoravano per abbattere il Governo, ho più volte detto che uno dei rischi maggiori era non raggiungere gli obiettivi del PNRR, che sono complessi e ambiziosi. Oggi ci declassano per questo motivo, perché le dimissioni del Governo Draghi e le elezioni anticipate possono compromettere “la tempestiva attuazione delle tappe fondamentali e degli obiettivi da cui dipendono i fondi dell’UE per la resilienza e la ripresa” del nostro Paese, risorse che equivalgono al 7,6% del nostro PIL”. Così Laura Castelli, Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, esponente di Insieme per il Futuro, commenta la revisione al ribasso, da parte di S&P, dell’outlook su rating dell’Italia a stabile da positivo. “Della crisi di Governo – prosegue il Vice Ministro dell’Economia – iniziamo a vedere le prime conseguenze serie per l’Italia e quindi per gli italiani. Pesa l’instabilità e l’incertezza, proprio il motivo per cui abbiamo fatto di tutto perché questa crisi assurda non si consumasse. Per evitare di mettere a rischio i 22 mld dei prossimi obiettivi e l’attuazione complessiva del piano. Quando parliamo di agenda Draghi intendiamo anche la credibilità che il Governo Draghi ha ridato all’Italia nel realizzare le politiche pubbliche, avviando una seria programmazione. Oggi più che mai c’è bisogno di questo modello. Il 25 settembre gli italiani dovranno scegliere tra chi costruisce e chi distrugge”.

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Ninety One: occorre una sostenibilità di sostanza, non di numeri

Posted by fidest press agency su giovedì, 28 ottobre 2021

Ninety One ha pubblicato il suo terzo rapporto annuale Global Environment Impact Report, che fornisce un’analisi dettagliata di ciò che chiamiamo “attribuzione di sostenibilità” per ogni azienda all’interno del portafoglio Global Environment – una valutazione del contributo di ciascuna azienda a un futuro più verde e più pulito, e insieme una prova dell’impatto ambientale positivo e una valutazione di altri aspetti legati ai fattori ESG.Gli effetti positivi dell’azione politica sul cambiamento climatico stanno iniziando a farsi sentire in più regioni, come dimostra il fatto che il 73% delle emissioni globali sia ora coperto da impegni nazionali verso il net zero. Inoltre, due importanti iniziative – la European Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), la Net Zero Asset Owners Alliance e l’Asset Managers Alliance – hanno migliorato lo scenario per gli investitori. Tuttavia, nonostante alcuni progressi nelle politiche, solo sei Paesi hanno effettivamente trasformato i loro impegni in leggi vincolanti e gli investimenti nella decarbonizzazione rimangono molto al di sotto di quanto richiesto, mentre continua ad aumentare, ogni anno, la “quantità” di decarbonizzazione necessaria per raggiungere il net zero. Ci sono stati miglioramenti nell’attività di reporting del rischio di carbonio delle società in portafoglio (emissioni di carbonio Scope 1, 2 e 3) e del suo impatto (carbonio evitato ), ma come previsto il tasso di miglioramento è rallentato. Quasi l’80% delle aziende ora riferisce le emissioni Scope 1 e 2, con il 40% che fornisce report e disclosure complete sul rischio di carbonio. Tre holding cinesi (Xinyi Solar, Wuxi Lead Intelligent e Sanhua Intelligent Controls) e NextEra Energy, il più grande fornitore mondiale di energia rinnovabile, hanno effettuato attività di reporting per la prima volta.Nell’ultimo anno, più di due terzi delle società in portafoglio hanno ridotto l’intensità delle emissioni Scope 1 e 2 e due terzi hanno aumentato il loro “carbonio evitato” assoluto. Inoltre, un terzo delle aziende ha ridotto l’intensità delle emissioni Scope 3. L’impegno proattivo con le aziende rimane vitale per aiutarle a comprendere le loro emissioni Scope 3 e, di conseguenza, a ridurre gli obiettivi. Attualmente, 14 delle 25 aziende in portafoglio hanno obiettivi espliciti di riduzione del carbonio e il 35% ha obiettivi approvati dall’iniziativa Science Based Targets (SBTi).Graeme Baker, Co Portfolio Manager della strategia Global Environment, ha dichiarato: “Mentre ci impegniamo ad allocare capitali verso società che crediamo stiano sviluppando prodotti e servizi che aiuteranno il mondo ad avvicinarsi il più possibile all’obiettivo degli 1,5 gradi, non crediamo di poter dire di vivere già in un mondo allineato a quegli obiettivi. Tutte le aziende fanno affidamento sulle comunità in cui operano per raggiungere i propri obiettivi climatici. Tuttavia, rimaniamo fiduciosi che inizieremo a vedere un maggior numero di azioni normative che ci consentiranno in futuro di poter dire che il mondo sarà finalmente allineato al target degli 1,5 gradi. Non sarebbe solo una grande notizia per il pianeta, ma riteniamo anche per le prospettive di crescita e rendimento delle nostre aziende”.

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Covid-19, uno studio fa luce sugli effetti a lungo termine

Posted by fidest press agency su mercoledì, 20 gennaio 2021

Secondo uno studio pubblicato su Lancet, più di tre quarti dei pazienti ricoverati con Covid-19 presentano ancora almeno un sintomo sei mesi dopo l’esordio della malattia. «Poiché Covid-19 è una malattia così nuova, siamo solo all’inizio della comprensione dei suoi effetti a lungo termine sulla salute dei pazienti. La nostra analisi indica che la maggior parte delle persone continua a convivere con almeno alcuni degli effetti del virus dopo aver lasciato l’ospedale e sottolinea la necessità di cure post-dimissione, in particolare per coloro che soffrono di infezioni gravi» afferma Bin Cao, del National Center for Respiratory Medicine, del China-Japan Friendship Hospital e della Capital Medical University di Pechino, che ha diretto il gruppo di lavoro.I ricercatori hanno seguito 1.733 pazienti con Covid-19 dimessi dal Jin Yin-tan Hospital di Wuhan tra il 7 gennaio e il 29 maggio 2020, per un periodo mediano di 186 giorni. Durante il follow-up, il 76% dei pazienti ha riferito il perdurare di almeno un sintomo. Di questi pazienti, il 63% ha segnalato stanchezza o debolezza muscolare, il 26% ha avuto difficoltà a dormire e il 23% ansia o depressione. I pazienti con una malattia più grave hanno mostrato comunemente una funzione polmonare ridotta, e il 56% di quelli con un punteggio di gravità 5-6 (che necessitavano di ventilazione) hanno presentato alterazioni della diffusione. I pazienti con malattia più grave hanno ottenuto risultati peggiori nel test del cammino di sei minuti, con il 29% di quelli con punteggio di gravità 5-6 che camminava meno del limite inferiore del range normale, rispetto al 24% di quelli con punteggio 3 (che non necessitavano di ossigeno) e al 22% di quelli con punteggio 4 (che necessitavano di ossigeno). Gli autori hanno anche rilevato che alcuni pazienti hanno continuato a sviluppare problemi renali dopo la dimissione. I test di controllo sugli anticorpi nel sangue di 94 pazienti dopo sei mesi hanno rivelato che i livelli di anticorpi neutralizzanti erano inferiori del 52,5% rispetto al massimo dell’infezione.
Monica Cortinovis, Norberto Perico e Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, affermano in un editoriale di accompagnamento che, essendoci pochi rapporti sul quadro clinico conseguente a Covid-19, questo studio è pertinente e tempestivo, e sarà necessario proseguire ad approfondire l’argomento. (fonte: Doctor33)

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Imprese e lockdown: Gli effetti sotto la lente

Posted by fidest press agency su sabato, 26 settembre 2020

Veneto Agricoltura ha provato ad analizzare gli effetti del lockdown per Covid-19 sulle imprese italiane. Nello specifico, risulta che nel corso del secondo trimestre gli effetti negativi si sono leggermente attenuati rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Il dato emerge da un’analisi pubblicata da Veneto Agricoltura che prende in considerazione le imprese iscritte nei Registri delle Camere di Commercio provinciali a livello nazionale.Più in dettaglio, ricordando che in Italia il calo del numero di imprese attive rappresenta ormai una tendenza strutturale, gli esperti dell’Agenzia regionale confermano che anche nei primi sei mesi del 2020 il trend negativo è proseguito, visto che il numero delle imprese attive è sceso a circa 5.119.000, segnando una flessione del -0,3% rispetto sia allo stesso periodo del 2019 che al dato medio degli ultimi cinque anni (2015-2019).Da segnalare che le perdite maggiori in termini relativi rispetto al 2019 si sono registrate soprattutto nei settori che presentano il numero maggiore di imprese quali, ad esempio: il comparto del commercio all’ingrosso e al dettaglio (1 milione e 400 mila imprese, -1,6%); dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (743 mila imprese, -1,2%); delle attività manifatturiere (493 mila imprese, -1,2%). Il comparto delle costruzioni (748 mila imprese) ha registrato invece una lievissima crescita (+0,2%), segnando comunque un calo del -1,5% rispetto alla media quinquennale.Un dato interessante segnalato nel Report di Veneto Agricoltura è quello relativo le imprese inattive (imprese che non hanno ancora iniziato la loro attività pur essendo iscritte) e sospese (imprese che hanno sospeso temporaneamente la loro attività per un lungo periodo o per disposizioni amministrative). E’ su queste categorie di imprese, infatti, che sono ricadute le conseguenze più gravi del lockdown, in particolare nel primo trimestre, mentre nel secondo trimestre, ovvero quando le misure di contenimento si sono leggermente ridotte e sono iniziate le prime riaperture, anche il numero delle imprese inattive e sospese ha registrato una riduzione.A livello territoriale, sono state le regioni del Sud Italia a presentare il maggiore incremento di imprese inattive rispetto alla media 2015-2019 (+6.904 unità, +6,2%), seguite dalle regioni del Centro (+5.851 inattive (+3,8%), del Nord (+4.208 imprese, +2,3%) e infine delle Isole (+3.679 unità, +4,9%). I maggiori aumenti in termini assoluti sono stati registrati in Lazio (108.685 imprese, +3,7%), Campania (52.782 unità, +7,5%), Sicilia (60.757, +4,7%) e Lombardia (68.754 inattive, +3,9%).Il Veneto invece (28.530 imprese inattive), ha registrato una delle variazioni più lievi tra tutte le regioni, con un incremento di 173 unità, +0,6% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.Il Report ha posto un’attenzione particolare sugli effetti del lockdown sull’agricoltura nazionale, che sotto il profilo numerico sono stati del tutto marginale. Infatti, le imprese inattive del settore agricolo (2.680 nel secondo trimestre) hanno rappresentato solo lo 0,5% del totale complessivo. In termini relativi, rispetto alla media degli ultimi cinque anni, sono state le regioni del Sud Italia a registrare il maggior incremento di imprese inattive (436 imprese, +25,8%), ma in termini assoluti sono state le regioni del Nord Italia (829 inattive) e del Centro Italia (826 unità) a registrate i valori più alti, con un incremento rispettivamente del +12,9% e del +1,6% rispetto alla media quinquennale.In sostanza, gli esperti di Veneto Agricoltura sottolineano che le ripercussioni maggiori dovute al lockdown hanno riguardato le imprese collegate al comparto turistico (alloggio, ristorazione, noleggio, agenzie di viaggio, ecc.), del commercio all’ingrosso e al dettaglio e altre attività di servizi. Per quanto riguarda invece il comparto agricolo, pur registrando un incremento delle imprese inattive e sospese superiore alla media degli altri settori, tale incremento ha riguardato un numero marginale di imprese.A livello territoriale, infine, il Veneto è stata una delle regioni che ha registrato un incremento di imprese inattive e sospese tra i più bassi, sia nel complesso di tutti i settori che relativamente al solo comparto agricolo.Il Report, corredato da alcune tabelle, può essere scaricato da: https://www.venetoagricoltura.org/2020/08/uncategorized/effetti-del-lockdown-covid-19-piu-imprese-inattive-e-sospese-ma-comparto-agricolo-e-regione-veneto-meno-colpiti/

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Diventano misurabili gli effetti della pandemia sulla cura dei tumori nel nostro Paese

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 settembre 2020

Nei primi 5 mesi del 2020, in Italia, sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Ritardi che si traducono in una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.099 in meno) e del colon-retto (611 in meno), ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest’ultima neoplasia (quasi 4.000 adenomi del colon-retto non diagnosticati) o del cancro della cervice uterina (circa 1.670 lesioni CIN 2 o più gravi non diagnosticate). Queste neoplasie non sono scomparse, ma saranno individuate in fase più avanzata, con conseguenti minori probabilità di guarigione e necessità di maggiori risorse per le cure. Per questo, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) chiede alle Istituzioni di destinare più fondi per la lotta contro il cancro, non solo per le terapie ma anche per potenziare la telemedicina e per creare percorsi definiti di collaborazione con la medicina del territorio. L’impatto del Covid-19 sull’oncologia e l’individuazione di nuovi strumenti per far fronte alle conseguenze del virus sono fra i temi centrali del Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), al via da domani al 21 settembre in forma virtuale. “Le nuove armi come l’immuno-oncologia e le terapie a bersaglio molecolare hanno cambiato la storia naturale di molte neoplasie e oggi in Italia il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi – spiega Giordano Beretta, Presidente AIOM e Responsabile dell’Oncologia Medica all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. La pandemia però sta modificando gli scenari. Le incertezze riguardano in particolare la prevenzione secondaria, cioè gli screening. Le neoplasie, non rilevate in questo periodo, verranno comunque alla luce prima o poi, ma in stadi più avanzati e con prognosi peggiori. In base a stime del National Cancer Institute (NCI), negli Stati Uniti, nei prossimi 10 anni, vi saranno circa 10.000 morti in più per tumore del seno e del colon-retto, proprio a causa dell’effetto del Covid-19 sugli screening e sul trattamento. Si tratta di numeri che, in termini relativi, possono sembrare piccoli, riferendosi all’1% del totale dei decessi per queste due neoplasie negli USA, ma in termini assoluti sono tutt’altro che trascurabili, perché parliamo di 10.000 decessi in più per grandi malattie, che in questi anni hanno beneficiato dell’effetto positivo dello screening sulla mortalità”. Nel Regno Unito, inoltre, è stato stimato che il ritardo diagnostico causato dalla interruzione e dal rallentamento dei servizi sanitari possa essere la causa di aumento della mortalità (rispetto al periodo pre Covid-19) nei prossimi 5 anni fino al 16,6% per i tumori del colon-retto e al 9,6% per la mammella. “L’allarme lanciato nel Regno Unito e negli USA si può applicare anche in Italia – afferma Saverio Cinieri, Presidente eletto AIOM e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. A oggi, il ritardo diagnostico accumulato è limitato, ma sta crescendo anche per le modalità organizzative necessarie per garantire il distanziamento fisico dei cittadini che si sottopongono agli screening”.Nel nostro Paese, nel 2019, sono stati stimati 371mila nuovi casi di tumore e il costo dei farmaci anticancro è in costante crescita. In cinque anni (2014 – 2019) la spesa per le terapie è passata da 3,9 a circa 6 miliardi di euro. I farmaci antineoplastici rappresentano la prima categoria terapeutica a maggior spesa pubblica per il 2019 (26% della spesa totale). Non solo. Nel 2019, il tetto del Fondo per i farmaci oncologici innovativi, stabilito in 500 milioni di euro, è stato sforato, superando i 584 milioni.“L’oncologia è una delle discipline in cui il contributo della telemedicina può essere più prezioso, non solo durante l’emergenza, ma anche nella nuova normalità post Covid-19 – continua Saverio Cinieri -. I contatti telefonici e telematici non hanno la pretesa di sostituire le visite fisiche, ma consentono una tempestiva discussione degli esami di laboratorio e strumentali e di eventuali segni e sintomi di malattia. Nell’ambito del potenziamento della telemedicina, è opportuno sfruttare al meglio anche l’opportunità offerta dai patient-reported outcomes (PROs) elettronici. Sono questionari che consentono di raccogliere preziose informazioni sulla qualità di vita dei pazienti, sui sintomi, sugli eventi avversi in corso di trattamento e sull’aderenza alla terapia, anche nella pratica clinica. I risultati dei questionari, compilati elettronicamente dai pazienti e ricevuti dal personale sanitario, possono essere discussi telefonicamente, consentendo una valutazione sistematica dell’andamento dei sintomi e degli effetti collaterali, indipendentemente dall’accesso fisico del paziente in ospedale. È documentato il beneficio di un approccio proattivo nella gestione dei sintomi, in termini di riduzione degli eventi avversi severi che richiedano accesso in pronto soccorso e ospedalizzazione. L’adozione dei PROs elettronici comporta però varie sfide, tra cui la formazione e la consapevolezza da parte del personale sanitario della loro utilità ed efficacia e la necessità di educare il paziente alla corretta compilazione dei questionari”.

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Gli effetti della pandemia sulla salute mentale

Posted by fidest press agency su domenica, 2 agosto 2020

“Dobbiamo separare la salute mentale nei percorsi Covid dall’effetto del Covid nella salute mentale in generale. Covid è stato come una bomba nucleare le cui radiazioni hanno colpito le persone in modo diverso. Chi era più vicino ed è stato colpito subito e direttamente dalla malattia; chi invece era più lontano, oggi presenta gli effetti di questa radiazione”. Così il professor professor Alberto Siracusano, Direttore U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica – Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma è intervenuto oggi all’evento online: “Covid-19: gli effetti della pandemia, dell’isolamento sociale e del lockdown sulla salute mentale degli italiani”, moderato dall’Onorevole Beatrice Lorenzin e organizzato dal Centro Studi Americani in partnership con Edra. In particolare si è parlato degli effetti sulla salute mentale sui malati psichiatrici e anche su bambini e giovani. “Chi ha avuto il Covid oggi presenta effetti neuropsichiatrici (mal di testa, ansia, effetto del gusto e olfatto, capacità di concentrarsi, perdita di attenzione e di energia), la società che ha vissuto il Covid ha invece altre problematiche”, ha aggiunto Siracusano.
Poi ha parlato delle nuove generazioni: “Stiamo facendo uno studio sulle chat dei giovani e sulle parole che sono emerse maggiormente, che hanno modificato la comunicazione tra i giovani. Nonostante questo e nonostante l’emergenza vissuta, oggi i giovani si riuniscono senza attenzione sulla sicurezza: dove abbiamo mancato noi nel trasmettere loro le informazioni che doveva metterli in una situazione di estrema prudenza? Questa ‘ignoranza’ dipende da noi che non siamo stati in grado di trasmettere dei principi educativi relativi alla sicurezza. Gli atteggiamenti critici, quali ad esempio quelli di bullismo, oggi si sono trasformati in questo tipo di atteggiamenti”.

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Gli effetti di un’ideologia: capitalismo

Posted by fidest press agency su venerdì, 31 luglio 2020

Scrivono, tra l’altro, Mario Lettieri e Paolo Raimondi su ItaliaOggi: “È l’ultima ideologia morente dell’Ottocento che sta facendo danni enormi. Un liberismo economico e un monetarismo nati nella vecchia Inghilterra dove l’economia poteva contare non su uno Stato ma su un impero che raccoglieva ricchezze a man bassa dalle sue colonie. Noi crediamo che la ripresa debba essere al centro delle decisioni della manovra economica in discussione. Non basta il risanamento del bilancio. Gli enti locali hanno un patrimonio immobiliare di circa 350 miliardi. La parte inutilizzata è di 20-40 miliardi. Il 60% del totale riguarda l’edilizia residenziale pubblica che potrebbe in parte essere venduta ai residenti. Venduta, non svenduta. Adesso gli enti locali hanno un debito complessivo di 111 miliardi dei quali settantotto nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti. “Alla quale, ovviamente, pagano gli interessi dovuti”. E’ un particolare di un quadro con il quale gli autori hanno preferito usare colori a tinte fosche. E’ anche un limite che ci siamo imposti con eccessiva passività poiché ai domini inglesi abbiamo fatto spazio al colonialismo selvaggio e poi ancora alla logica del “re travicello” facendo salire al potere i corrotti e i corruttibili dei paesi ricchi di materie prime, ma in compenso le loro popolazioni erano sfruttate e sono rimaste tali.
Intanto ben più gravi delle bombe dei nostri arsenali atomici, si stanno profilando all’orizzonte: sono le bombe demografiche, le intolleranze, la voglia di emergere, di entrare nella stanza dei bottoni, e ancora conflitti etnici, tribali, razziali, migratori. Un insieme di situazioni che ci rende consapevoli di un disagio esistenziale che difficilmente, come in passato, si può in qualche modo calmierare con la tolleranza, la rassegnazione, la vocazione al martirio per la conquista della felicità in un altro mondo.
Oggi cresce la voglia di essere presenti, protagonisti, arbitri del nostro futuro e l’idea del possesso come status symbol non fa che aggravare l’evidenza dettata dalla scarsità di risorse e benessere che sette miliardi di abitanti richiedono all’unisono. Occorre voltare pagina e di farlo in fretta prima che queste bombe ci scoppino tra le mani.
Ecco cosa ci attende il presente che allunga la sua ombra nel nostro futuro, un futuro dove i giovani di oggi saranno i protagonisti del domani e saranno ancora più insofferenti dei loro padri e forse anche più cinici. E’ una svolta che non implica solo l’economia e la finanza, ma anche i costumi, la fede, il concetto stesso di esistere e di morire. (Riccardo Alfonso)

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20 milioni di dollari per contenere gli effetti del COVID-19 nel Sahel

Posted by fidest press agency su mercoledì, 29 luglio 2020

Banca africana di sviluppo, UNHCR e G5 Sahel si impegnano a sostenere gli sforzi volti ad attenuare l’impatto del coronavirus sui rifugiati e sulle comunità di accoglienza.La salute pubblica e il benessere di rifugiati e comunità di accoglienza nel Sahel sono al centro del più recente accordo tripartito tra Banca africana di sviluppo (AfDB), UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e Paesi del G5 Sahel siglato ieri a Ginevra, Abidjan e Nouakchott. L’accordo permette di implementare una risposta da 20 milioni di dollari di cruciale importanza per contenere gli effetti del COVID-19 nei cinque Paesi della regione del Sahel.Finanziato dal Fondo africano di sviluppo, il progetto consentirà ai governi di Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger – che costituiscono il quadro regionale di cooperazione e coordinamento del G5 Sahel – di rafforzarne le risposte nazionali volte a prevenire la diffusione del COVID-19 e a limitarne l’impatto socioeconomico in una regione in cui la pandemia sta provocando un’emergenza senza precedenti che si somma alle molteplici crisi esistenti. La risposta darà priorità alle attività nelle aree maggiormente colpite da conflitti e violenze, con elevata concentrazione di persone costrette alla fuga e presenza limitata di istituzioni governative.Nel Sahel sono presenti 3,1 milioni di rifugiati, sfollati interni, persone che hanno fatto ritorno e altre a rischio di apolidia. Ad oggi, nella regione si sono registrati 11.000 casi di COVID-19 e 468 decessi ad esso associati nei cinque Paesi. Se, da un lato, le misure emergenziali volte ad arrestare la diffusione della malattia stanno venendo gradualmente e prudentemente revocate viste le riuscite capacità di contenimento, dall’altro, resta essenziale rafforzare la risposta sanitaria a favore delle comunità più vulnerabili. Il progetto, inoltre, mira a rafforzare i sistemi alimentare e di nutrizione, in una regione in cui, secondo le stime delle Nazioni Unite, 5,5 milioni di persone sono a rischio di insicurezza alimentare.In campo sanitario, il progetto supporterà la realizzazione di campagne di sensibilizzazione relative agli effetti del COVID-19, rafforzerà le infrastrutture, la sorveglianza epidemiologica e le attività di gestione dei casi. Inoltre, permetterà l’approvvigionamento di forniture e attrezzature mediche essenziali per la prevenzione, il controllo e le cure dei pazienti affetti da COVID-19.Il progetto ricade nel quadro del meccanismo di risposta al COVID-19 della Banca africana di sviluppo che prevede l’erogazione di fino a 10 miliardi di dollari, principale canale previsto dall’istituzione per assistere i Paesi africani nell’attenuare gli impatti economico e sanitario derivanti dalla crisi. La partecipazione dell’UNHCR al progetto sarà in linea coi principi umanitari di neutralità, imparzialità e indipendenza.Partenariati di questo tipo sono incoraggiati dal Global Compact sui Rifugiati, costituendo essi un quadro per una condivisione di responsabilità più strutturata ed equa. Questo progetto congiunto costituisce un esempio di come il Global Compact possa essere applicato, e funge da modello per altri enti finanziari e dello sviluppo decisi a esplorare e impegnarsi nella risposta alle enormi esigenze generate dagli esodi forzati durante la pandemia.

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Il PE sostiene le autorità locali nella lotta contro gli effetti della pandemia

Posted by fidest press agency su giovedì, 28 Maggio 2020

Bruxelles Grazie ai suoi servizi logistici, il Parlamento europeo fornisce circa 7.000 pasti alla settimana, dallo scorso 14 aprile, distribuiti in collaborazione con varie associazioni di beneficenza: Resto du Coeur Saint Gilles, Doucheflux, Croce Rossa, Madre Teresa e CPAS Ixelles. Il Parlamento ha anche iniziato a fornire pasti per il personale medico dell’ospedale di Saint Pierre.Inoltre, a 100 donne vulnerabili è stato offerto un riparo nei locali del Parlamento europeo a Bruxelles. Il Samusocial della Regione di Bruxelles gestisce dal 29 aprile le installazioni completamente attrezzate nell’edificio Kohl del PE. Il Parlamento fornisce loro il catering per 7 giorni alla settimana in una caffetteria riorganizzata per rispettare tutte le misure precauzionali. Il Parlamento europeo ha inoltre messo a disposizione una parte della sua flotta auto e camion per il trasporto di forniture e la consegna di pasti ad infermieri e medici.
Strasburgo Il Parlamento coopera con la Croce Rossa locale in coordinamento con la città di Strasburgo e fornisce 500 pasti al giorno, sette giorni alla settimana per le persone bisognose. In accordo con la Prefettura del Basso Reno, l’11 maggio è stato aperto al Parlamento europeo a Strasburgo nell’edificio Louise Weiss un centro di screening del Covid-19. Quattro laboratori di diagnostica medica della regione sono responsabili dei test della popolazione generale e le azioni sono supervisionate dall’Agenzia sanitaria regionale del Grand-Est (Ars) e dalla Prefettura del Basso Reno. Anche in questa città il Pe ha offerto la sua flotta di auto/camion per il trasporto di forniture, se necessaria.
Lussemburgo Il PE collabora con le associazioni locali Abrigado, Caritas e Croce Rossa e fornisce 500 pasti al giorno, sette giorni alla settimana per le persone bisognose. Cabine con finestre di vetro usate per le missioni esterne sono state fornite anche a una casa di cura a Bettembourg per consentire ai residenti di vedere i loro parenti, dopo lunghe settimane di reclusione, senza il rischio di rimanere contaminati.

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Gli effetti del Coronavirus sulle oncologie italiane

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 aprile 2020

Durante l’attuale emergenza legata alla diffusione dell’infezione da nuovo coronavirus (COVID-19), nasce l’iniziativa di condurre un’indagine su territorio nazionale per valutare la realtà delle unità di oncologia medica italiane durante la pandemia. L’indagine, promossa dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO), ha l’obiettivo di valutare l’impatto della pandemia sull’attività clinica delle unità di oncologia medica. La garanzia della prosecuzione della cura è basilare in questa situazione di emergenza, in modo da poter proseguire i trattamenti oncologici senza compromettere l’efficacia degli stessi, salvaguardando allo stesso tempo i pazienti e i medici dal rischio infettivo. L’indagine è stata condotta online dal 12 al 15 marzo 2020, periodo che coincide con la diffusione di COVID-19 nel Nord Italia e l’istituzione di decreti nazionali per le misure di contenimento dell’infezione. E’ stata registrata l’adesione di 122 primari oncologi ospedalieri membri del CIPOMO. Dai risultati di questa indagine, pubblicati su European Journal of Cancer, emerge che, unendo le disposizioni interne fornite dalle singole Istituzioni ai successivi decreti nazionali, nonché all’implementazione di efficaci misure individuali, le unità di oncologia medica Italiane hanno prontamente messo in atto misure necessarie all’adeguamento dell’attività clinica alla luce dell’attuale emergenza, con l’obiettivo di proseguire il percorso di cura dei pazienti. Un dato interessante è che alcune procedure, come il cosiddetto “triage” dei sintomi e dei segni riconducibili a infezione da coronavirus, nonché la limitazione degli accessi agli accompagnatori e il rinvio di visite non urgenti o modalità di visita alternative (ad esempio telefonica) per i follow-up, sono state attuate dalla maggior parte dei centri italiani ancor prima di ricevere indicazioni precise dal Ministero della Salute o dalle Regioni. Ciò può aver limitato la diffusione del virus nelle unità di oncologia medica già nelle prime fasi dell’epidemia preservando dall’infezione pazienti più fragili rispetto al resto della popolazione a causa della loro malattia, per le cure intraprese e perché spesso anziani. Da notare anche che circa il 70% delle oncologie mediche non ha avuto, o ha avuto solo in minima parte, una riduzione di attività, a dimostrazione che anche nei momenti più “caldi” dell’emergenza COVID-19 i pazienti sono stati assistiti con la massima attenzione, offrendogli sempre le cure migliori e con continuità.

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COVID-19: Intensificare la risposta dell’UE per alleviare gli effetti della crisi

Posted by fidest press agency su domenica, 19 aprile 2020

I deputati hanno adottato misure aggiuntive per permette che i fondi UE siano disponibili immediatamente e con una flessibilità eccezionale per combattere la pandemia COVID-19.Nella sessione plenaria straordinaria di venerdì scorso, il Parlamento europeo ha approvato con procedura d’urgenza il pacchetto “Iniziativa d’investimento in risposta al coronavirus Plus” (CRII+), proposto dalla Commissione europea il 2 aprile scorso.Flessibilità massima nell’uso dei fondi. Le misure adottate consentiranno agli Stati membri di trasferire risorse tra i tre principali fondi di coesione (il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione), tra le diverse categorie di regioni e tra le aree prioritarie specifiche dei fondi.In via eccezionale, sarà possibile finanziare pienamente i programmi della politica di coesione relativi a COVID-19 attraverso il 100% dei finanziamenti dell’UE a partire dal 1° luglio 2020 e fino al 30 giugno 2021. Le misure semplificano inoltre la procedura di approvazione dei programmi per accelerarne l’attuazione, e le revisioni contabili, rendono gli strumenti finanziari più facili da utilizzare.Le nuove norme consentiranno inoltre agli agricoltori di beneficiare di prestiti o garanzie a condizioni favorevoli per coprire i costi operativi fino a 200.000 euro. Esse libereranno inoltre i finanziamenti non utilizzati per lo sviluppo rurale per combattere COVID-19. La proposta è stata adottata con 689 voti favorevoli, 6 contrari e un’astensione.Misure specifiche per mitigare l’impatto dell’epidemia COVID-19 nel settore della pesca e dell’acquacoltura. Le misure comprendono il sostegno ai pescatori che devono temporaneamente cessare l’attività, l’aiuto finanziario ai produttori dell’acquacoltura in caso di sospensione o riduzione della produzione, il sostegno alle organizzazioni di produttori per lo stoccaggio temporaneo, nonché una riassegnazione più flessibile dei fondi operativi nazionali. La proposta cosi modificata è stata adottata con 671 voti favorevoli, 10 contrari e 15 astensioni.Misure specifiche per garantire il funzionamento del Fondo europeo di aiuto agli indigenti (FEAD). Le misure comprendono la possibilità di finanziare la fornitura di dispositivi di protezione per i lavoratori e i volontari, il cofinanziamento temporaneo al 100% del bilancio dell’UE e misure più leggere di rendicontazione e di audit durante la crisi COVID-19.A seguito di un accordo informale con il Consiglio, i deputati hanno approvato modifiche che consentono di erogare gli aiuti con nuovi metodi, ad esempio tramite voucher elettronici o cartacei, per garantire la sicurezza di tutti coloro che sono coinvolti nelle operazioni e per raggiungere i più vulnerabili ed esclusi. Le misure approvate mirano a garantire che gli aiuti alimentari e l’assistenza materiale di base raggiungano le persone più vulnerabili, nel rispetto della distanza sociale e della protezione personale. La proposta cosi modificata è stata adottata con 686 voti favorevoli, 7 contrari e 3 astensioni.Il Consiglio deve ancora approvare formalmente la posizione del Parlamento. Le misure adottate entreranno in vigore una volta pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il che avverrà nei prossimi giorni.

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In Italia i contagi sono a macchia di leopardo

Posted by fidest press agency su venerdì, 17 aprile 2020

Le misure restrittive stanno facendo sentire i loro effetti e in alcune regioni l’andamento dei contagi infonde speranza – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Mentre si pensa alla delicata fase due per una riapertura graduale delle attività, è bene valutare l’opportunità di corsie più rapide nelle regioni dove il contagio è ormai azzerato, come la Basilicata, e per quelle dove è in forte calo come il Molise e l’Umbria. Una riapertura controllata nelle regioni meno colpite può essere anche un utile riferimento per verificare la risposta in termini di diffusione del virus, prima di rimuovere le restrizioni nel resto del Paese.
L’attesa fase due deve avvenire in massima sicurezza. Per questo crediamo necessario partire proprio dalle regioni che sembrano aver attraversato l’emergenza con minori danni rispetto alle altre – prosegue Tiso. La mappa italiana dei contagi rivela andamenti molto diversi. Per amministratori ed esperti appare ormai inevitabile pensare a una soluzione che contempli approcci variabili alla fase di riavvio. Ma occorre anche interrogarsi sui motivi di differenze così marcate.Una riapertura a diverse velocità può beneficiare anche la filiera agroalimentare. Se alcuni settori economici possono posticipare alcune attività per poi recuperare almeno in parte il terreno perduto, l’agricoltura non può aspettare: in mancanza di braccianti i raccolti andranno persi. A questo proposito, tra le proposte avanzate in questi giorni, quella di una piattaforma online per aiutare gli agricoltori a trovare la manodopera può costituire un aiuto concreto per le imprese agricole – conclude Tiso.

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Covid-19 e i suoi effetti nei rapporti contrattuali in Brasile

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 aprile 2020

San Paolo, Brasile. In Brasile, gli effetti causati dalla pandemia di Covid-19 non hanno tardato ad arrivare, considerando che, con la crescita esponenziale del numero di contagi, in data 03 febbraio 2020, attraverso la Decisione n. 188, il Ministero della Sanità ha dichiarato l’Emergenza Sanitaria Nazionale e, il 22 marzo, è stata decretata la quarantena nello Stato di San Paolo, attraverso il Decreto Statale nº 64881. In tal senso, in virtù delle misure di precauzione adottate la Potere Pubblico, soprattutto con la decretazione della quarantena volta a implementare l’isolamento sociale al fine di contenere la propagazione del virus, il Paese avverte già gli impatti economici e sui rapporti giuridici dovuti alla chiusura temporanea delle imprese e stabilimenti commerciali non essenziali, nonché al divieto di eventi pubblici o privati con agglomerazione di persone.A fronte di questo scenario, per le imprese e stabilimenti commerciali si è palesata la difficoltà riguardante i mancati adempimenti contrattuali, soprattutto quelli commutativi e di esecuzione continuativa o successiva, la cui operazione è stata drasticamente influenzata dalla pandemia.A tal proposito, in molti si sono chiesti se siano obbligati a rispettare il contratto se, a causa della pandemia di Covid-19, le loro attività sono state compromesse da tale situazione.Per chiarire la questione, la Legislazione Brasiliana prevede l’istituto giuridico del caso fortuito o forza maggiore, di cui all’Articolo 393 del Codice Civile, ossia un evento straordinario e imprevedibile, non legato alla volontà e che sfugge al controllo delle parti, evento questo che modifica completamente lo scenario in cui sono stati stipulati i contratti.Pertanto, sarebbe possibile considerare la pandemia di Covid-19 come un caso di forza maggiore, per giustificare l’esclusione della responsabilità di una delle parti contraenti in determinati inadempimenti contrattuali, essendo necessario tuttavia analizzare ciascun caso, considerando che la configurazione di forza maggiore dipenderà da come il Codiv-19 abbia influito sull’obbligo nel caso concreto e, inoltre, come le parti abbiano affrontato la situazione.Un altro importante aspetto è verificare se esista una clausola contrattuale che regoli le ipotesi applicabili in caso di insorgenza di forza maggiore e in che modo la previsione della forza maggiore influirà sull’obbligo previsto nel contratto. Infatti, l’affermazione dell’impedimento quando, in realtà, il debitore avrebbe altri modi per adempiere al proprio obbligo, non riuscirebbe a configurare l’ipotesi di cui all’Art.393 del Codice Civile.Inoltre, in situazioni come questa di natura eccezionale, è importante analizzare se l’esecuzione del contratto non sarebbe eccessivamente onerosa per una delle parti, generando un forte squilibrio contrattuale.In questo caso, il debitore può utilizzare la regola contenuta nell’articolo 479 del Codice Civile che consente la rinegoziazione delle condizioni contrattuali, per evitare la risoluzione.Inoltre, l’Articolo 478 cumulato con l’Articolo 317, entrambi del Codice Civile, tratta dell’onerosità eccessiva e della teoria dell’imprevisto.Di conseguenza, nei contratti di esecuzione continuativa o differita, se l’esecuzione di una delle parti diventi eccessivamente onerosa, con un vantaggio estremo per l’altra parte, in virtù di eventi straordinari e imprevedibili, il debitore può richiedere la risoluzione del contratto,Inoltre, nel caso in cui le parti abbiano interesse a mantenere il contratto, le stesse possono invocare la clausola rebus sic stantibus, implicita in tutti i contratti continuativi, salvo espressa previsione in senso contrario, la quale prevede che il cambiamento della situazione comporterebbe, di fatto, una modifica nell’esecuzione degli obblighi imputabili a ciascun contraente. “In tal senso, avvalersi di orientamenti applicati in situazioni ordinarie e di clausole rigide non sembra essere la soluzione migliore. Dopotutto, in tempi di pandemia e con la situazione critica instauratasi, le parti dovrebbero, oltre a rivedere gli obblighi concordati, cercare mezzi alternativi per risolvere i loro conflitti. – commenta Giacomo Guarnera, Avvocato e Socio Fondatore di Guarnera Advogados, studio legale internazionale italo-brasiliano – Pertanto, si raccomanda alle parti coinvolte e sempre sulla base della buonafede, di cercare possibili alternative per superare questo momento e, principalmente, per diminuire le perdite e i danni già causati dalla pandemia. Tuttavia, nel caso in cui le parti non riescano a raggiungere un accordo, sarà necessario ricercare una soluzione in giudizio.”

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Coronavirus: Pandemia o Pandemonio

Posted by fidest press agency su giovedì, 26 marzo 2020

A cura di Tazio Storni e Andrea Delitala di Pictet Asset Management. Il mondo si sta ammalando di Coronavirus. Economia e mercati con lui. Ma visto che l’emergenza che stiamo vivendo è innanzitutto un’emergenza sanitaria, riteniamo opportuno cominciare cercando di fare chiarezza sulla situazione dal punto di vista clinico.Bastano pochi numeri per capire meglio di cosa parliamo quando analizziamo gli effetti del Covid-19.Il primo è il tasso di riproduzione, R0, che nel caso del nuovo Coronavirus si attesta intorno a due persone e mezza, il che vuol dire che ogni persona infetta contagia in media tra le due e le tre persone.
Il secondo numero rilevante è il tasso di mortalità, che oscilla tra l’1% e il 7%. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è in media prossimo al 3,5%. Determinante per mantenere tale tasso nella parte bassa dell’intervallo, tra l’1% e il 2%, è evitare una crisi di saturazione delle strutture ospedaliere, come successo nella provincia cinese di Hubei.Per fare un confronto con la SARS, questa presentava un R0 doppio rispetto al Covid-19, pari a 5, e un tasso di mortalità che arrivava fino al 50%. Si trattava, quindi, di un virus molto più virulento di quello attuale, ma il cui contenimento era in realtà più semplice: nel caso della SARS, infatti, solo le persone sintomatiche, chiaramente più facili da individuare ed isolare (la maggior parte necessitava di un ricovero ospedaliero), erano in grado di infettare altre persone. Nel caso del Covid-19, invece, risultano contagiose anche le persone infette che non presentano alcun sintomo (quelli tipici sono febbre e tosse secca).Per questo motivo, l’unica opzione a disposizione dei Governi per bloccarne la diffusione è l’isolamento, imporre delle distanze fisiche e sociali tra i cittadini. Non è un caso che anche il Primo Ministro britannico Boris Johnson abbia deciso di tornare velocemente sui propri passi e seguire gradualmente gli altri Paesi colpiti, adottando misure di distanziamento sociale sempre più rigide.La buona notizia è legata senza dubbio al progresso scientifico.
Molte aziende dell’industria farmaceutica e delle biotecnologie si sono mosse tempestivamente per cercare possibili terapie efficaci e vaccini contro il Covid-19. A nostro avviso, arriveremo ad avere prima delle cure efficaci rispetto ai vaccini. Per quanto riguarda i vaccini, se ne stanno studiando essenzialmente di due tipi:
a base di acidi nucleici (RNA, DNA), più semplici da produrre e con studi clinici già iniziati (da società come Moderna, BioNTech e CureVac), ma potenzialmente meno efficaci dal punto di vista della risposta immunitaria;
base di proteine (proteine singole o interi capsidi virali), più difficili e laboriosi da produrre, ma più efficaci.
Per i primi è possibile che avremo i primi risultati in estate, mentre per i secondi verosimilmente sarà necessario aspettare la fine dell’anno.Sul fronte delle terapie, invece, si stanno studiando principalmente cure biologiche. Oltre alla possibilità di somministrare il siero di pazienti già guariti su pazienti ancora in fase medica critica, una strada che potrebbe rivelarsi sicuramente effettiva ma difficilmente replicabile su larga scala, un’alternativa sono degli anticorpi monoclonali che attaccano un segmento particolarmente vulnerabile del virus (i primi risultati si dovrebbero avere nella seconda metà dell’anno).Ci sono poi delle terapie già esistenti, come Remdisivir e Chloroquina, entrambi già testati con successo in vitro e per i quali si avranno i dati sui test sui pazienti nel mese di aprile o maggio, o come Actemra e Kevzara, in grado di inibire i danni prodotti dal sistema immunitario per reazione al virus (risultati attesi per l’estate).Il Remdisivir, in particolare, viene sviluppato dall’azienda Gilead, su cui siamo investiti all’interno del portafoglio del comparto tematico Pictet-Biotech, dove deteniamo una posizione anche su Regeneron, il cui anticorpo contro il Covid-19 è in fase di test e dovrebbe dare risposte entro l’estate. Si tratta solo di alcune delle aziende in portafoglio che stanno contribuendo alla frenetica ricerca di possibili cure e vaccini.È ormai noto che quello che è stato il comportamento dei mercati nelle ultime settimane, violento non solo nella velocità di discesa, ma anche nella volatilità infra-giornaliera, con il VIX che ha toccato il livello massimo dal “lunedì nero” del 1987 e i premi al rischio esplosi a livelli tipici delle fasi di crisi. Movimenti così violenti e concentrati nel tempo spesso si accompagnano a liquidazioni forzate che portano a fasi di illiquidità e scarsa rappresentatività delle quotazioni; questo è ancor più valido in un contesto in cui, oltre ai problemi tecnici, vi sono problemi ‘logistici’ creati dal virus.Lo scenario che scontano oggi i prezzi di mercato è un impatto sulla crescita globale compreso tra il -1% e il -2% per il 2020, coerente con lo scenario intermedio stimato dalla World Bank (in uno studio del 2006 sulle Pandemie) e simile alle ultime stime dei nostri economisti, e un calo degli utili prossimo al 25% concentrato nei primi due trimestri dell’anno.Particolarmente vulnerabile appare l’asset class del credito, in parte in quanto principale beneficiaria delle politiche monetarie straordinarie messe in atto dalle banche centrali di tutto il globo in seguito alla grande crisi finanziaria del 2007-2009, e in parte a causa della brusca riduzione della liquidità sperimentata nelle ultime sedute.Quello che i mercati aspettano è un’inversione della derivata seconda della curva del numero di contagiati in Italia, ossia un rallentamento nel numero di nuovi casi registrati. Di fatto, i mercati attendono la fine dell’emergenza sanitaria acuta, pur non sapendo precisamente per quanto tempo si prolungherà poi il periodo di lento e graduale ritorno alla normalità, in quello che, anche dal punto di vista economico, sembra assumere sempre più la forma di un evento a U, con un forte impatto negativo iniziale, una fase duratura di assestamento e poi un deciso rimbalzo (non a V, come inizialmente ipotizzato da molti).Nel frattempo, sono scesi in campo i soccorritori. Dopo un primo momento di impasse, la politica fiscale e la politica monetaria si sono mosse in modo coordinato a livello globale, nella forma di un “whatever it takes” generalizzato.Dal punto di vista fiscale, abbiamo assistito negli ultimi giorni ad una sequenza di imponenti misure di stimolo, seppur non ancora chiare nei loro dettagli: nel loro complesso, secondo una prima stima, raggiungono quasi l’1,5% del PIL mondiale. In Europa, è stato deciso di non ricorrere ad un intervento centralizzato, rinunciando ad un’occasione per arrivare ad una maggiore integrazione fiscale tra i Paesi membri e optando, piuttosto, ad una deroga sul patto di stabilità.Sul fronte monetario, invece, dopo il tentennamento iniziale, condito anche dalla gaffe di retorica del Presidente Christine Lagarde, è arrivato il bazooka della BCE, che nella notte del 18 marzo ha annunciato un massiccio piano di acquisti per ulteriori €750 miliardi, senza alcun limite per emissione. Restano validi, invece, i limiti per emittente, previsti dal meccanismo delle capital key, ma vi è ampia flessibilità per deviazioni temporanee.Dall’altro lato dell’Oceano, la Fed, anticipando il meeting previsto per il 18 marzo, ha portato i tassi di riferimento nell’intervallo compreso tra lo 0% e lo 0,25%, il range minimo per l’istituto centrale statunitense, che non si è mai spinto nella sua storia in territorio di tassi negativi. In aggiunta, accanto a un piano da $700 miliardi per l’acquisto di titoli di Stato ed MBS, la banca centrale ha varato il programma Commercial Paper Funding Facility, per supportare il credito alle imprese: un veicolo apposito acquisterà direttamente dagli emittenti debito a breve termine fino ad un importo di $1’000 miliardi; il Tesoro fornirà garanzie alla Fed.Nel loro complesso, le nostre stime sulla creazione di nuova liquidità da parte delle maggiori Banche Centrali da qui a fine anno si aggira su 3,6 trilioni di USD, una cifra considerevole, non dissimile da quella messa in campo a seguito della crisi finanziaria del 2008.Considerando che questa è una crisi dell’attività produttiva (sia di domanda sia di offerta) dai contorni incerti, ma non un corto circuito finanziario, ci aspettiamo che le banche centrali riescano ad evitare il credit crunch, almeno a livello di settore bancario (non altrettanto sull’attività di market making degli intermediari).

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Lo smartworking e i possibili effetti collaterali

Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 marzo 2020

Nella seconda settimana di misure straordinarie per l’emergenza Coronavirus, misure che hanno cambiato la vita lavorativa di molti, emergono i primi segnali che il lavoro forzato da casa sta mettendo alla prova le aziende e i dipendenti. E, invece che smartworking, cioè lavoro intelligente ed efficace, rischia di trasformarsi in un’esperienza negativa. A rilevarlo è Methodos, società di consulenza società di consulenza specializzata nell’accompagnare le imprese nei processi di change management: «Obbligare tutti a lavorare da casa improvvisamente non è smartworking – osserva il CEO di Methodos Alessio Vaccarezza –. L’esperienza nelle attuali circostanze eccezionali dimostra, ed è un bene, che si può lavorare da casa senza troppe difficoltà con alcune accortezze e attenzioni. Tuttavia, superato lo shock iniziale, il lavoro forzato a distanza palesa diversi svantaggi e c’è il rischio che un’analisi superficiale porti a credere che lo smartworking crei problemi. Non è così».Perché il fenomeno in atto non è smartworking? «Perché alla base del lavoro agile c’è la libertà – sottolinea Vaccarezza –. Libertà di scegliere di lavorare nelle modalità, tempi e posti più funzionali al raggiungimento degli obiettivi. Quindi l’imposizione forzosa e prolungata ne snatura l’essenza». Se ci si trova di punto in bianco proiettati in una dinamica di lavoro a distanza, non è detto che la situazione sia tanto “smart”: processi non definiti, tecnologie non note o che fanno le bizze, poca dimestichezza con gli strumenti. Inoltre il “vero” smartworking non è mai 7 giorni su 7, e nemmeno è la forma di prestazione di lavoro prevalente (se non per alcune figure particolari).
Ecco quindi quali sono, secondo Methodos, gli effetti collaterali da gestire con maggiore attenzione e le possibili soluzioni per uscirne vincenti.
Ricreare le relazioni sociali. «Ebbene sì, ciò che sembra aver colpito maggiormente i lavoratori in questa settimana di lavoro da casa forzato è stato proprio un nostro bisogno primario di esseri umani: stare insieme – spiega Maria Vittoria Mazzarini, senior consultant, esperta di smartworking di Methodos –. La sfida di questa seconda fase di lavoro da remoto forzato sta nell’essere capaci di rispondere al bisogno di appartenenza». Soluzione? Attivare le webcam e preferire le videochiamate alle semplici chat o telefonate. .
Separare vita personale e vita professionale. «Molti genitori si sono trovati a lavorare da casa con i figli presenti, con le inevitabili interruzioni – nota Mazzarini –.
Fare attenzione al benessere fisico. «Lavorare da casa non dev’essere sinonimo di passare tutta la giornata in casa – afferma l’esperta di Methodos –. Nelle pause la cosa migliore è fare una passeggiata, o concedersi dei break fisici almeno due volte al giorno, per riattivare i muscoli e riposare la vista».
Non rimandare gli impegni e trovare continuità (anche grazie agli strumenti digitali). «In questi tempi particolari bisogna evitare di cedere all’idea di rimandare tutto a “quando le cose torneranno nella normalità” – sottolinea Mazzarini –. Anche se voli, eventi e workshop saltano, ricordiamoci che abbiamo a disposizione ottime tecnologie per riorganizzare le cose da remoto con un livello di interattività, partecipazione e coinvolgimento inimmaginabile fino a pochi anni fa».
Prepararsi a gestire il dopo-emergenza. «Le aziende devono prepararsi a fare un post-audit su come hanno affrontato questa crisi – spiega Maria Vittoria Mazzarini –. Cosa ha funzionato e cosa no? Cosa faremmo di diverso la prossima volta? Abbiamo il giusto grado di flessibilità o dobbiamo cambiare la policy attuale sullo smartworking?». È importante valutare come abbiamo impattato noi su di loro e loro su di noi, per minimizzare i rischi futuri».

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