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Istruzione: Il Veneto intende regionalizzare la scuola prima della riforma del Governo

Posted by fidest press agency su domenica, 24 settembre 2023

Il Veneto anticipa i tempi sulla regionalizzazione della scuola, al quale tanto tiene il ministro leghista per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli. Senza attendere l’iter di approvazione del disegno di legge che il Governo sta portando avanti, il governatore Luca Zaia ha dichiarato espressamente di volere regionalizzare l’istruzione: “occorre gestire il personale come avviene per la Sanità”, ha spiegato il presidente della Regione Veneto, che si ispira al modello vigente in Alto Adige. Zaia, inoltre, ribadisce che la proposta non riguarda la nazionalità o l’origine degli insegnanti, ma piuttosto l’efficienza della gestione: “qui può venire a lavorare anche un siciliano, i bandi sarebbero aperti a tutti”. Sull’autonomia differenziata l’Anief conferma che è pronta a ricorrere in Corte Costituzionale: è una riforma che accentuerebbe il divario di competenze a livello territoriale. “La realtà – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che già esiste la scuola dell’autonomia. Solo che non esistono insegnanti siciliani o veneti ma italiani. Piuttosto che lasciarsi andare a facili stereotipi che neanche vogliamo commentare, i presidenti di regione, come i rappresentanti del Governo, dovrebbero piuttosto interrogarsi sul perché non è possibile realizzare livelli essenziali di prestazione omogenei relativamente a un diritto allo studio che rimane anch’esso tra i principi cardine della nostra carta fondamentale”, conclude il leader del giovane sindacato rappresentativo. Il modello di scuola regionalizzata è stato criticato anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio: in generale, i limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati giorni fa dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”. Si andrebbe quindi ad acuire quel gap di competenze territoriali bene evidenziato qualche mese fa dallo Svimez con lo studio “Un paese due scuole”. Inoltre, sempre secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio, “il progetto potrebbe creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”.

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La Regione Veneto è leader nazionale nella produzione cunicola

Posted by fidest press agency su domenica, 13 agosto 2023

Con 341 allevamenti, pari al 28,5% di quelli presenti in Italia (1.200 circa) e 2.550.000 capi in allevamento di conigli a dicembre 2022 (29% del totale), il Veneto si posiziona al primo posto in Italia seguita, per quanto riguarda i capi allevati, da Piemonte (2,1 milioni di capi) e Lombardia (1,35 milioni di capi). La leadership diventa ancora più consistente in termini di capi macellati: nel 2022 oltre 6,2 milioni di capi, il 41,8% dei quasi 15 milioni macellati in Italia, provenivano dal Veneto, seguito a distanza dal Piemonte (2,77 milioni di capi, 18,6% del totale) e quasi appaiate da Friuli-Venezia Giulia (1,5 milioni di capi, +10%), Lombardia (1,44 milioni di capi) ed Emilia Romagna (142 milioni). Il Veneto si caratterizza quindi per una presenza di rilievo in particolare nell’ambito dell’allevamento professionale, frutto di una lunga tradizione di produzione e consumo soprattutto a livello familiare e che ha avuto una spinta verso l’allevamento intensivo dagli inizi degli anni ’60 del secolo scorso. Uno sviluppo che si è ampliato nei decenni successivi, tra gli anni ’70-’80, ma che si è progressivamente attenuto all’inizio del nuovo millennio, in seguito ad una sempre più marcata riduzione dei consumi a causa del cambiamento degli stili di vita delle nuove generazioni, che ha penalizzato la preparazione culinaria domestica, e ad una sempre maggiore considerazione del coniglio più come animale da compagnia che come alimento. Il comparto riveste comunque ancora una certa importanza in Veneto, seppure minoritaria rispetto ad altri ben più sviluppati della zootecnia da carne (bovino, avicolo, suinicolo). E la leadership regionale si inserisce in un contesto internazionale che vede la Cina come principale paese produttore, con oltre il 50% della produzione mondiale costituita da circa 860 mila tonnellate di carne, seguita dalla Corea del Nord (15%) e dall’Unione Europea (13% della produzione mondiale), in cui la quasi totalità della produzione viene realizzata principalmente in tre paesi membri: Spagna (43%), Francia (21%) e Italia (20%, dati Faostat). Il Veneto può dunque essere considerato uno dei principali produttori mondiali di carne di coniglio e, al suo interno, in particolare la provincia di Treviso risulta essere quella più vocata in quanto da sola realizza quasi la metà della produzione regionale (46,6% della macellazioni venete nel 2022, per un totale di 2,9 milioni di capi), seguita a distanza da Padova (1,4 milioni di capi, il 22,9%) e Verona (1,2 milioni di capi, 18,8%). Tuttavia, ad una leadership a livello di allevamento, non fa da contraltare un’altrettanta capacità produttiva industriale: infatti, se la maggior parte dei capi è di origine veneta, è l’Emilia Romagna la prima regione per numero di capi macellati (37% del totale), seguita dal Veneto, dove vengono macellati il 34,1% dei capi prodotti a livello nazionale. Nel complesso, il valore economico generato dalla produzione cunicola in Veneto nel 2022 supera i 100 milioni di euro, in leggero aumento rispetto al 2021, per il miglioramento dei prezzi pagati all’origine per la carne di coniglio.

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Tornano in Veneto i conto-terzisti della moda dopo l’esodo all’estero degli anni precedenti

Posted by fidest press agency su sabato, 29 luglio 2023

Bracchi, la multinazionale della logistica con headquarters nel Bergamasco, sta crescendo nel settore del fashion sull’onda di un nuovo fenomeno, quello del reshoring. Oggi il dipartimento Fashion di Bracchi lavora con le più note eccellenze Italiane, collezioni che devono essere tutelate dalla sicurezza alla qualità, fino alla segretezza e alla tutela della creatività. Allo stesso tempo, il modello di logistica in outsourcing che Bracchi propone garantisce indipendenza e fornisce un servizio sartoriale, capace di seguire la stagione della moda e le sue esigenze dalla fase iniziale di stiro e ricondizionamento fino alla consegna nei singoli retail a livello europeo.Due sono i poli fashion di Bracchi, uno nel Vicentino e uno nel Padovano.La struttura di Bracchi a Tombolo (nel Padovano) è specializzata nelle attività di stiro, controllo qualità e ricondizionamento. Le attività principali vanno dallo stiro in tutte le sue forme: ferro, manichino, topper e tunnel; il controllo qualità è realizzato a mano. A Tombolo l’azienda ha deciso di investire sempre più in attrezzature all’avanguardia per lo stiro industriale. Così, oggi lo stabilimento ha capacità di gestire oltre 30.000 capi al giorno su un’area di oltre 10.000 metri quadri. L’hub fashion di Bracchi nel corso del 2023 stirerà oltre due milioni di capi. Ma complessivamente i numeri sono maggiori, tra controllo di qualità e logistica siamo a circa 5,5 milioni di capi all’anno. Nei primi cinque mesi del 2023 l’hub di Tombolo ha registrato una crescita dei volumi del 115% sull’anno precedente.Tecnologia al centro dell’interesse anche del polo logistico Oppeano, in provincia di Verona, dedicato al mondo del fashion e dell’arredo, con specifiche attività rivolte al mondo dell’e-commerce. I numeri sono imponenti: si tratta di oltre 12 milioni di pezzi lavorati e oltre quarantamila referenze gestite. Su 25.000 metri quadri Bracchi gestisce la logistica integrata di importanti marchi del design made in Italy, qui vi lavorano circa sessanta persone. I tempi di consegna sono ridotti al minimo per rispettare la logica del “just in time” dei negozi, Bracchi li rifornisce a livello europeo. Qui peraltro Bracchi ha installato un innovativo sistema automatico ed elettronico di “pallet scan” per velocizzare le operazioni di misurazione dei colli.Va precisato che il motivo della crescita di Bracchi nel settore del fashion è da cercarsi in un fenomeno che sta esplodendo in questi mesi, quello del reshoring. A spingere le realtà del tessile abbigliamento verso soluzioni a chilometro zero non è soltanto un problema di costi quanto un’opportunità per consolidare la propria reputazione anche in campo ambientale: la gestione “locale” infatti è vista con sempre maggiore interesse dai consumatori. Ma non solo, sta nascendo il cosiddetto “friend-shoring”, cioè la priorità etica di intessere relazioni di business più forti con Paesi dei quali si ha più fiducia. “Molte griffe stanno riportando la produzione in Italia, molte tra quelle più celebri a livello internazionale hanno attivato produzioni in Veneto, dove nel frattempo gli artigiani specializzati nelle lavorazioni conto-terzisti hanno perso la capacità produttiva di qualche anno fa”, conclude l’amministratore delegato di Bracchi, Umberto Ferretti.

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Floricoltura nel Veneto per rafforzare necessità del comparto

Posted by fidest press agency su sabato, 20 agosto 2022

Regione, Veneto Agricoltura, Università di Padova e Associazioni floricole attorno ad un tavolo per mettere a fuoco le necessità del comparto. Sarà rafforzato il passaggio dalla ricerca alla sperimentazione per mettere a disposizione degli operatori informazioni concrete su nuove varietà, riduzione dei costi di produzione, formazione e strategie di marketing. Un confronto di cui si sentiva il bisogno, importante per rafforzare la collaborazione tra il mondo produttivo floricolo veneto, gli Enti pubblici e l’Università. Per questo, su iniziativa di Veneto Agricoltura, d’intesa con la Regione del Veneto, si è tenuto a Legnaro (Pd) un incontro per raccogliere le necessità degli operatori della filiera floricola e avviare una serie di azioni di supporto sfruttando la pluriennale esperienza di Veneto Agricoltura in fatto di innovazione e sperimentazione in campo floricolo, acquisita in particolare dal Centro Sperimentale Ortofloricolo Po di Tramontana con sede a Rosolina (Ro). Veneto Agricoltura attende ora dai produttori floricoli veneti precise indicazioni su quali altre varietà concentrare una possibile attività di sperimentazione (i cui risultati porterebbero concreti vantaggi all’intera filiera) da svolgere presso il proprio Centro Po di Tramontana che, tra l’altro, sta completando la realizzazione di alcune nuove serre. Tutto questo sarà affiancato da momenti formativi – quali le “Giornate aperte” che negli ultimi anni hanno richiamato presso il Centro Po di Tramontana un numero sempre maggiore di tecnici e operatori floricoli -, bollettini informativi tematici e studi di carattere economico.

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Veneto: comparto del latte ancora in difficoltà

Posted by fidest press agency su venerdì, 13 agosto 2021

La crisi dovuta al Covid ha colpito duro numerosi comparti del settore agricolo, compreso quello del latte, ma fortunatamente le progressive aperture dei canali Horeca (hotel, ristoranti, catering) stanno cominciando a riequilibrare i canali di vendita. Ciò ha favorito una certa stabilità dei prezzi del latte alla stalla, anche se non si tratta ancora di un vero e proprio recupero.Lo riporta Veneto Agricoltura in un suo nuovo report, che prende spunto da un monitoraggio Ismea, dove risulta che i prezzi del latte relativi il primo semestre 2021 segnano per il Veneto una media di 36,2 euro/hl + IVA (34,4 euro/hl + IVA a livello nazionale). In pratica, i valori si accostano a quelli dello scorso anno ma con minori oscillazioni mensili.Le previsioni di un ulteriore miglioramento per il mercato del latte arrivano anche dalla maggior vivacità del mercato mondiale. Infatti, da una parte troviamo un aumento di richiesta di prodotto da parte della Cina e, dall’altra, una minor disponibilità di latte neozelandese, nonché una flessione della produzione da parte dei Paesi europei più lattiferi; aspetti questi che hanno già fatto aumentare il prezzo del latte mediamente del 5%.Quale situazione si prospetta ora per il mercato del latte? Gli allevatori riusciranno a recuperare parte delle quote perdute? Senz’altro nei prossimi mesi la situazione si delineerà con maggior chiarezza, anche se le prospettive rimangono limitate. In agricoltura la capacità di un’azienda di rimanere sul mercato dipende molto dalla sua storia passata, e questo vale anche per le aziende del comparto del latte. Da parte sua, Veneto Agricoltura continuerà a monitorare costantemente il prezzo di liquidazione del latte ai soci delle cooperative lattiero-casearie venete, mostrandosi vicina ai produttori e svolgendo in tal senso un ruolo importante. In questo quadro rientra l’analisi dell’anno 2019, ultimo disponibile dai bilanci depositati, che conferma il 2019 come “un buon anno”, con un rialzo del prezzo medio ponderato sul 2018 di circa il 7%, arrivando a toccare i 48,5 euro/hl (IVA e qualità compresa). Valori, questi, che naturalmente tengono conto delle differenze tra latte di montagna e pianura, tra province e quantitativo conferito.

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“In Veneto contagi in crescita, qualcosa non torna”

Posted by fidest press agency su martedì, 15 dicembre 2020

“C’è un problema in Veneto con l’epidemia: abbiamo il 20% di casi in più rispetto ad una settimana fa in media mobile. In tutte le altre regioni, invece, i casi sono di meno e continuano a scendere. Se nella prima ondata tutti si sono affrettati a sottolineare l’efficacia del “modello Veneto”, oggi è necessario dire a chiare lettere che qualcosa non va e che serve correre ai ripari. Qui si tratta di agire per fermare un trend molto negativo che, anche in questa occasione, ci rende un caso” così la presidente della commissione Ambiente della Camera, Alessia Rotta. “La zona gialla, abbinata alle misure di prevenzione che vengono adottate oggi in Veneto, non funziona. Questo è dovuto sia all’utilizzo dei test rapidi – che hanno sensibilità bassissima – sia all’incapacità capire come funziona il contagio e come si interrompono le catene di trasmissione sul territorio- spiega Rotta – . Soltanto pochi giorni fa il Coordinamento veneto per la sanità pubblica, con preoccupazione, ha contestato i dati che la regione fornisce sul reale numero di posti di terapia intensiva, su cui -come abbiamo visto- si basano i parametri del governo. Due sere fa un ulteriore paziente Covid a San Bonifacio è stato trasferito a Belluno perché in tutto il Veneto non c’era altro posto. Non sono allarmi, non è scontro politico. Sono i dati reali.”“I cittadini sono confusi perché il governatore passa dalle minacce contro gli assembramenti, agli appelli per far riaprire gli impianti sciistici – conclude Rotta -. Ora è necessario che il governatore faccia chiarezza e dimostri che autonomia non è una parola vuota da usare quando fa comodo. Le norme contro il Covid gli danno la possibilità di intensificare le misure per il contrasto del contagio. Non sia pavido e si assuma la responsabilità perché fino ad oggi non lo ha fatto e il Veneto è la maglia nera d’Italia”.

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Emergenza Veneto

Posted by fidest press agency su giovedì, 3 settembre 2020

“Dopo la tempesta Vaia dell’Ottobre 2018, dopo l’alluvione a Venezia del Novembre scorso, dopo le frane e il dissesto geo-idrologico degli anni precedenti, in Veneto come altrove si risponde con logiche di Protezione Civile prevalentemente di soccorso e interventi di ripristino dello stato dei luoghi. Ogni volta uno “stato di crisi”, certo in molti casi indispensabile; basta questo per evitare che gli effetti al suolo del prossimo evento atmosferico non si ripetano o addirittura non siano più gravi? Il Veneto, come puntualmente ricorda Ispra nei suoi rapporti, da molti anni è la regione più cementificata d’Italia – oltre 1600 ettari di suolo naturale impermeabilizzati solo negli ultimi 2 anni; nel contempo gli uffici regionali preposti alla salvaguardia geologica si assottigliano, rischiando l’estinzione”. Lo ha affermato Pietro Zangheri, geologo, Presidente della Sezione Nord – Est della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) in merito agli eventi accaduti a Verona e non solo.Il Governatore del Veneto Luca Zaia ha firmato la nuova dichiarazione di “stato di crisi” per le province di Verona, Vicenza, Belluno e Padova, dopo l’ennesimo evento estremo che ha coinvolto nei giorni del 22 e 23 agosto il Veneto.
“A ogni estate, a ogni mese dell’anno, a ogni regione del nostro Paese si può associare un evento naturale, che sia una frana, un’alluvione, un allagamento, una voragine, una erosione costiera, un terremoto, una valanga, i cui effetti sono ricondotti dagli amministratori e dai politici, quando va bene, in “stato di crisi”. D’altronde le cerimonie delle ricorrenze di questi eventi ci ricordano quello che è accaduto e come eravamo impreparati. Siamo il Paese dallo stato di crisi permanente. In un’Europa sempre più motivata a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 – ha affermato Antonello Fiore, geologo, Presidente Nazionale della SIGEA – e pronta a investire diverse decine di miliardi di euro – come si evince dai programmi comunitari del Green New Deal e del Recovery Fund – gli amministratori (in Veneto come in altre regioni d’Italia) che agiscono, su territori sempre più vulnerabili per gli effetti della crisi climatica, con interventi emergenziali stanno dando la risposta giusta?”Questa è la principale domanda che si pone la Sigea con il Presidente nazionale Antonello Fiore.“Passata l’ennesima emergenza, ricevuti i contributi economici richiesti per risanare i danni subiti, si esce più maturi e consapevoli dell’urgenza di sanare lo stato di “salute” dei paesaggi regionali, del territorio? Si diviene più coscienti della necessità di passare da una pur lodevole ed efficiente capacità di Protezione Civile – ha continuato Fiore – intesa come soccorso e ricostruzione a una logica di previsione e prevenzione? Esiste una reale cultura della cura del territorio, della tutela dell’ambiente e della vita che esso ospita? Si costruiscono e attivano politiche ecosistemiche e prospettiche, veramente innovative, per la manutenzione e rigenerazione dei luoghi? Domande che per non essere retoriche necessitano di risposte di lungo periodo e di politiche che trasformino gli investimenti pubblici in un volano per investimenti privati nella rigenerazione del territorio e delle infrastrutture”.
“E’ essenziale rovesciare radicalmente il nostro sguardo – ha concluso Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista esperto ambientale della SIGEA – e costruire, cooperando, piattaforme interscalari abilitanti capaci di leggere le trasformazioni complesse e articolate del territorio offrendo le utili chiavi di letture per interpretare il futuro realizzando gli interventi strategici necessari per la sua valorizzazione. Le politiche ambientali non sono né di destra né di sinistra: devono essere realizzate per il bene di tutti, possibilmente da persone sempre più qualificate e motivate, per quelli che ci sono oggi e per quelli che verranno domani”.

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Maltempo: Cia Veneto, ancora danni. Serve piano di adattamento a cambiamenti climatici

Posted by fidest press agency su lunedì, 31 agosto 2020

Verona, Cortina d’Ampezzo, Vicenza, di nuovo Verona. Il Veneto in questi giorni è sotto lo scacco del maltempo. Eventi violenti con conseguente drammatiche, sia per i centri urbani che per la campagna. Cia Veneto e le sue articolazioni provinciali sono impegnate nella conta dei danni, a pochi giorni da una vendemmia che doveva rappresentare un momento di rilancio e che, invece, rischia di essere l’ennesimo evento avverso del 2020.«Va fatto un ragionamento di ampio respiro sui mutamenti climatici –spiega il presidente di Cia Veneto Gianmichele Passarini- purtroppo ormai consolidati. Ma le piogge così violente, il vento così forte non devono trarci in inganno: i veri problemi sono l’aumento della temperatura e la siccità».Alcune zone del pianeta stanno già risentendo dell’aumento di temperature, e il Mediterraneo è uno di questi. Il Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici ha stimato che nel trentennio 2021-2050 le precipitazioni estive diminuiranno del 22% e quelle primaverili del 13% rispetto agli anni 1980-2010.«Fare i conti con il clima che cambia –conferma Passarini– è diventato strategico per il futuro. È necessario un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, che ribalterebbe la situazione e ci permetterebbe di pianificare tecniche e strategie necessarie alla mitigazione dell’impatto degli eventi. Serve un cambio di approccio, in grado di mettere al centro gli agricoltori, gli esperti, i ricercatori e i decisori politici». Alcuni esempi? In Veneto serve un piano invasi (utili anche durante eventi alluvionali come quelli dei giorni scorsi), soprattutto di piccole dimensioni. Serve una politica di rimboschimento: i boschi sono sempre più radi, fusti e radici non trattengono più i materiali a monte e basta una pioggia normale per fare ingrossare i fiumi e far viaggiare i detriti ad alta velocità verso valle.«Un’altra domanda –aggiunge il presidente di Cia Veneto– che merita una risposta, riguarda l’acqua sotterranea: se ne infiltra sempre meno a causa dell’elevata impermeabilizzazione del suolo: purtroppo la cementificazione della nostra regione negli ultimi decenni è stata impetuosa, siamo secondi solo alla Lombardia per crescita di cubature. Abbiamo espresso più volte alla Regione la disponibilità dei nostri associati a fare allagare –dietro compenso economico– i campi in caso di alluvione per salvaguardare i centri abitati. Il costo per la collettività sarebbe sicuramente inferiore rispetto ai risarcimenti necessari per abitazioni e attività commerciali. Ma si tratta, appunto, di soluzioni tampone, adottate per far fronte alle emergenze: meglio pensare a politiche di lungo termine, volte più alla prevenzione e al “controllo”».

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Veneto: Presupposti per un’ottima vendemmia

Posted by fidest press agency su lunedì, 17 agosto 2020

Nel Veneto potrebbe raggiungere i 13 milioni di quintali, ma il meteo dovrà dare una mano perché da qui in avanti l’uva ha bisogno di giornate di sole, giuste temperature e buone escursioni termiche tra il giorno e la notte. Nei giorni scorsi, come abbiamo visto, non è andata proprio così: le piogge abbondanti che hanno interessato tutto il Veneto non sono affatto servite all’uva che sta maturando sulla pianta. Gli operatori vitivinicoli attendono così la stabilizzazione del meteo e il veloce ritorno delle calde giornate d’agosto. Va comunque sottolineato che finora il vigneto veneto ha goduto complessivamente di una stagione climatica ideale, che tradotto significa uve quasi ovunque sane e limitate malattie nelle vigne, ma i viticoltori sanno bene che non è certo questo il momento di abbassare la guardia.Le primissime stime di produzione dell’annata vitivinicola 2020 sono state fornite questa mattina in occasione del “46° Focus sulle previsioni vendemmiali nel Veneto, nelle principali regioni vitivinicole italiane, in Francia e Spagna”, 2° evento del Trittico Vitivinicolo 2020 promosso da Veneto Agricoltura in collaborazione con Regione, Avepa, Arpav e CREA-VE, svoltosi sulla piattaforma ZOOM a causa delle restrizioni per Covid-19 e che ha visto la partecipazione di quasi 130 persone (ricordiamo che l’intera registrazione dei lavori è disponibile sul profilo Facebook di Veneto Agricoltura; i video con la presentazione delle previsioni vendemmiali nelle diverse regioni italiane, in Francia e Spagna sono invece disponibili sul profilo YouTube dell’Agenzia; le slide su: http://www.venetoagricoltura.org).
Da parte sua, il Commissario straordinario di Veneto Agricoltura, ing. Alberto Negro, ha ricordato quanto sia importante per il comparto vitivinicolo operare al fianco di tecnici preparati, in grado cioè di cogliere le sempre nuove esigenze del vigneto, determinate anche dai cambiamenti climatici. Come per altre produzioni agricole, anche la viticoltura dovrà sempre più puntare sulla ‘precisione agronomica’, e su questo fronte l’impegno di Veneto Agricoltura non mancherà, perché la ‘viticoltura di precisione’ rappresenterà sempre più un percorso irrinunciabile”. Il Report completo, con i dati di Avepa e dei tecnici del team del Trittico, costituito da tecnici di cantine e consorzi, può essere scaricato dal seguente indirizzo internet: https://www.venetoagricoltura.org/wp-content/uploads/2020/08/Relazione-generale-2020.pdf

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Calo imposta soggiorno in Veneto

Posted by fidest press agency su domenica, 16 agosto 2020

La forte contrazione del movimento turistico ha un impatto diretto anche sulle casse degli enti locali. L’effetto più immediato riguarda l’imposta di soggiorno, introdotta da 131 Comuni del Veneto, che vale più del 5% delle entrate tributarie per i Municipi veneti che l’hanno istituita.La Fondazione Think Tank Nord Est ha analizzato i bilanci di previsione dei Comuni veneti per valutare la portata di questo mancato introito: a inizio 2020, in una situazione pre-covid, si stimava un incasso complessivo di oltre 82 milioni di euro per gli enti locali del Veneto. La maggior parte di queste risorse riguarda il veneziano, con più di 53 milioni di euro di introiti previsti a inizio anno. Di questi, ben 36 milioni sarebbero stati incamerati dal Comune di Venezia; oltre 5 milioni da Jesolo; 4 milioni da San Michele al Tagliamento – Bibione; 3,8 milioni da Cavallino-Treporti; 2 milioni e mezzo da Caorle. Numeri importanti si prospettavano anche per la provincia di Verona, con oltre 16 milioni di euro di incassi previsti: 5 milioni di introiti per il capoluogo Verona; 1,9 milioni Peschiera del Garda; 1,8 milioni Bardolino; 1,7 milioni Lazise; 1,3 milioni Malcesine. Il padovano avrebbe incassato 6,3 milioni di euro, di cui 2,7 milioni Abano Terme, 2,2 milioni Padova e 1,2 milioni Montegrotto Terme. Alla provincia di Belluno sarebbero andati più di 3 milioni di euro, di cui 1,6 milioni alla sola Cortina. Il trevigiano stimava di incamerare 1,8 milioni di euro, il vicentino prevedeva un introito di quasi 1,2 milioni, mentre la provincia di Rovigo avrebbe ottenuto poco più di mezzo milione di euro. Nei giorni scorsi, il Governo è venuto incontro ai Comuni turistici destinando 100 milioni di euro quale ristoro parziale delle minori entrate derivanti dall’imposta di soggiorno. Il riparto del fondo è stato effettuato in proporzione al gettito di ciascun ente e per il momento sono stati distribuiti 90 milioni di euro. Quasi 14 i milioni di euro ottenuti dalle località venete: una cifra che copre il 17% del gettito previsto prima del coronavirus. Di conseguenza, i Comuni del Veneto dovrebbero recuperare più di 68 milioni di euro: una cifra impossibile da raggiungere con gli scarsi flussi turistici del 2020. Quasi 9 i milioni di euro destinati dallo Stato ai Municipi veneziani, di cui 6,2 milioni a Venezia (rispetto ad un gettito previsto di 36 milioni di euro) e 852 mila euro a Jesolo. Alla provincia di Verona sono stati dedicati 2,9 milioni di euro, di cui quasi un milione al capoluogo scaligero. Poco più di un milione di euro di ristoro ai Comuni del padovano, mezzo milione di euro al bellunese, quasi 300 mila euro ai Municipi trevigiani, meno di 200 mila euro alla provincia di Vicenza e poco meno di 100 mila euro al Polesine.
“Quest’anno sarà difficile incassare anche solo la metà di quanto preventivato dai Comuni a inizio 2020 – spiega Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est – ma le amministrazioni locali non devono rinunciare ad investire nel settore turistico. Al contrario, se non vogliono compromettere anche le prossime stagioni, è necessario che le poche risorse a disposizione vadano destinate a progetti in grado realmente di aumentare la competitività delle destinazioni turistiche. In questa situazione di difficoltà per il turismo – conclude Ferrarelli – pubblico e privato devono lavorare insieme su progettualità di area vasta per mettere a sistema e valorizzare tutte le eccellenze del territorio.”

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Veneto: Imprese iscritte e cancellate Fvg

Posted by fidest press agency su mercoledì, 13 Maggio 2020

Un saldo negativo tra imprese iscritte e cancellate, ad aprile, non si era mai visto in Fvg nei Registri imprese delle Camere di Commercio, nemmeno andando a ritroso fino al 2009. Invece, le più recenti rilevazioni del Centro studi della Cciaa di Pordenone-Udine segnano, ad aprile 2020, un -81 tra imprese iscritte e imprese cancellate in regione, in tutte le province, portando l’intero quadrimestre a un saldo negativo di -917. Nei primi quattro mesi del 2019 eravamo a -684, ma entrambi i mesi di marzo e aprile erano in saldo positivo. «Va precisato – spiega il presidente dell’ente camerale Giovanni Da Pozzo – che il primo trimestre di ciascun anno è quello in cui vengono fisiologicamente registrati i saldi più negativi di imprese, soprattutto per motivi di contabilità, e questo certamente incide sul risultato complessivo. Però, poi, nei mesi successivi, di solito si comincia a risalire la china». Invece, in questo 2020, va evidenziato «un dato, purtroppo atteso – commenta -, ma che adesso possiamo anche quantificare e di cui avevamo già avuto le prime avvisaglie a marzo, cioè il più marcato calo dell’iniziativa d’impresa. Solo a marzo, infatti, c’è stato un -25% di nuove imprese iscritte nei Registri delle nostre Camere in Fvg, rispetto a marzo 2019. Dato addirittura peggiorato ad aprile, dove pochissime sono le nuove imprese nate, addirittura un -72% rispetto ad aprile 2019, e superate di molto da quelle cessate. È indubbio che si tratti di un elemento in più a conferma del momento di forte difficoltà che sta vivendo il nostro sistema produttivo in seguito all’emergenza sanitaria, al blocco totale e prolungato di una parte importantissima della nostra economia e a un futuro che tuttora si manifesta quanto mai incerto, ma anche privo di strategie convincenti per stimolare e supportare le attività in proprio». Ad aprile 2020 le nuove imprese iscritte sono state 123, in Fvg, quasi doppiate dalle cessazioni, che sono state 204. A riprova della situazione negativa, ma anche di “congelamento” della vitalità economica, il confronto con aprile 2019, con 444 imprese iscritte e 351 cancellate, per un saldo positivo di 93 imprese. Già nel primo trimestre avevano cominciato a evidenziarsi i primi problemi. Mentre in passato il calo delle iscrizioni era nell’ordine del 2-3%, quest’anno tra gennaio e marzo si è registra un -12%. «È necessario dunque che si metta in pratica quanto prima – conclude il presidente Da Pozzo – una strategia in grado di ridare nuovo e forte impulso a un sistema che stava appena cominciando a uscire dalla lunghissima e pesante crisi economica, prima dell’emergenza Covid, e che adesso più che mai ha bisogno, pur con tutte le misure di sicurezza possibili, non solo di ripartire, ma di uno stimolo alla crescita assolutamente straordinario».

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Prelievi irrigui in Veneto e nel resto d’Italia

Posted by fidest press agency su domenica, 3 Maggio 2020

Si aggrava la situazione nei campi veneti: dopo settimane climaticamente miti, le colture hanno anticipato il ciclo vegetativo, ma le loro necessità irrigue non possono essere adeguatamente soddisfatte a causa di concessioni per prelievi idrici, inadeguate alla condizione di siccità, che si sta registrando quest’anno, pregiudicando i raccolti.“È necessario che la Regione del Veneto riveda sollecitamente la modulazione delle derivazioni irrigue per far fronte alle criticità in atto, conseguenza dei cambiamenti climatici – chiede Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – In questo periodo, infatti, c’è disponibilità d’acqua nei fiumi, grazie allo scioglimento delle nevi in alta quota ed i bacini montani del Veneto sono mediamente all’80% della loro capacità d’invaso. E’ un paradosso: i campi hanno sete ma, a causa di rigidità burocratiche, stiamo perdendo molta acqua dolce che, non potendo essere prelevata, dai fiumi va direttamente a mare.” Il caso più eclatante è quello del canale L.E.B. – Lessinio Euganeo Berico, la principale asta irrigua veneta, che deriva acqua dal fiume Adige e la distribuisce su un territorio di oltre 350.000 ettari tra le province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia.“Il Consorzio irriguo L.E.B. – spiega Andrea Crestani, Direttore di ANBI Veneto – sta prelevando, in questi giorni, 21 metri cubi d’acqua al secondo e ad inizio Maggio potrà aumentare la derivazione fino a 25 metri cubi, ma è sempre troppo poco rispetto alle attuali necessità irrigue. In questo inizio di primavera, il bisogno d’acqua nelle campagne è pari a quello di Giugno-Luglio, quando la concessione di derivazione del Consorzio L.E.B. arriva a 34 metri cubi al secondo; stiamo dunque prelevando 13 metri cubi d’acqua in meno, rispetto a quanto previsto in un’analoga situazione, seppur in un periodo diverso dell’anno. L’acqua nell’Adige c’è, ma non possiamo prelevarne a sufficienza.”Secondo i dati dell’Osservatorio ANBI sullo Stato delle Risorse Idriche, è lo scioglimento delle nevi a caratterizzare l’attuale situazione idrica nel Nord Italia; a beneficiarne sono soprattutto i grandi laghi: pur rimanendo sotto la media stagionale sono in ripresa il lago Maggiore (55,1% di riempimento) ed il lago di Como (36,5%), mentre il lago d’Iseo, dopo mesi di sofferenza idrica, è al 66,4% della capacità d’invaso, sopra la media stagionale così come il lago di Garda (82,9% di riempimento).Di riflesso ne beneficia anche il fiume Po che, lasciato il Piemonte e dopo centinaia di chilometri in deficit rispetto allo scorso anno, torna in media al rilevamento di Pontelagoscuro verso il delta. Analogamente sono in ripresa idrica i fiumi piemontesi Dora Baltea, Tanaro e Stura di Lanzo.“E’ una ricchezza però che, in assenza di bacini di stoccaggio, defluirà rapidamente verso il mare; sono risorse, che rischiamo di rimpiangere di fronte a mesi, che si preannunciano idricamente complicati – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – È auspicabile che i gestori idroelettrici dei laghi alpini invasino ora più acqua possibile da rilasciare, però, in caso di bisogno a valle.”Cresce intanto la preoccupazione per la situazione dei fiumi in Emilia Romagna: sotto le medie mensili, ad eccezione di Panaro, nel modenese e Nure, nel piacentino; nelle stesse province, altresì, Secchia e Taro hanno raggiunto il minimo storico.Sono, invece, le piogge ad aver lenito il grave deficit idrico, che si registra in Puglia e Basilicata, dove continuano a mancare rispettivamente 109 e 88 milioni di metri cubi negli invasi; a beneficiare delle precipitazioni sono stati soprattutto i bacini di Occhitto e Pertusillo (il suo livello è ora addirittura superiore all’anno scorso).Resta largamente deficitaria la situazione idrica in Calabria e Sicilia (-62 milioni di metri cubi circa negli invasi dell’isola), mentre si conferma confortante l’accumulo idrico nei bacini della Sardegna, così come nell’Italia Centrale.

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Le imprese del Veneto

Posted by fidest press agency su martedì, 24 dicembre 2019

Il Veneto a fine 2018 conta quasi 487 mila imprese registrate (l’8% del totale nazionale) che danno lavoro a quasi 2 milioni di addetti. In un decennio le imprese sono diminuite del -3,8% (pari a oltre 19mila unità perse) ma si è assistito a un rafforzamento organizzativo e dimensionale. E’ la fotografia delle imprese venete scattata da Unioncamere del Veneto sulla base dei dati del Registro delle imprese. A livello settoriale, nel periodo 2009-2018 crescono soprattutto le imprese dei servizi (+14,5%) e dell’alloggio e ristorazione (+13,3%). Tra le ripartizioni territoriali è Padova che concentra la maggior parte delle imprese (20,3%) e dell’occupazione (19,6%), ma è anche la provincia con la flessione imprenditoriale più marcata nel decennio (-4,7%).In Veneto le imprese hanno una vita media di 13,3 anni (in Italia arrivano a 12,3) e sono quelle meno giovani a garantire la fetta più importante dell’occupazione. A livello provinciale, quanto a longevità Belluno batte tutti con 15,2 anni, quasi due anni in più delle pur longeve Treviso, Vicenza e Rovigo (13,6 anni). Più breve l’aspettativa di vita delle aziende di Padova e Venezia (13,1 anni) e di Verona (12,9).A fine 2018, 6 imprese venete su 10 risultano costituite prima del 2009. Questo universo di aziende longeve concentra il 73,8% degli addetti del settore privato. Il 17% delle imprese oggi esistenti è nato invece tra il 2009 e il 2013 e raccoglie il 12,9% degli addetti. Circa il 23% delle imprese, infine, è stata costituita negli ultimi 5 anni e ha una quota di addetti pari al 13,3%.Dai dati riguardanti le imprese registrate suddivise a seconda della prevalenza al loro interno di giovani, donne o persone nate in paesi esteri, si evince che nel 2018 le imprese femminili sono oltre 97 mila (il 19,9% delle imprese regionali) e occupano 260 mila persone (con una dimensione media di 2,7 addetti). Le imprese giovanili sono oltre 36 mila e occupano 73 mila addetti (dimensione media 2 addetti). L’imprenditoria femminile e giovanile si concentra soprattutto nel settore dei servizi. Le imprese straniere sono quasi 50 mila (il 10,3% delle imprese regionali) occupano 113 addetti (dimensione media 2,3 addetti) e si concentrano nelle costruzioni e nel commercio. In campo innovazione, le startup innovative sono 918: Padova, Verona e Treviso sono le province in cui sono maggiormente presenti (rispettivamente il 27,9%, 21,1% e 18,0% del totale regionale).

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Report di Veneto Agricoltura

Posted by fidest press agency su martedì, 24 dicembre 2019

E’ dedicato all’andamento del comparto regionale della pesca riferito all’anno precedente, in questo caso il 2018, per il quale sono disponibili e completamente analizzabili tutti i dati. In estrema sintesi, i tecnici dell’Agenzia rilevano che lo scorso anno i vari settori della filiera ittica del Veneto hanno presentato numeri in altalena: cresce lo sbarcato nei mercati ittici locali; stabili la flotta marittima, il numero delle imprese e l’export; male il comparto della venericoltura (allevamento delle vongole).Vediamo in dettaglio le dinamiche che hanno caratterizzato il comparto, ricordando che il Report completo “La pesca in Veneto – 2018” può essere scaricato da:
Flotta peschereccia – Sembra essersi assestata la consistenza dei pescherecci della flotta marittima veneta, dopo un lungo periodo di forte calo, visto che alle 658 unità rilevate nel 2018 corrisponde un calo dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Si registra anche un leggero decremento del numero di imprese attive nella filiera ittica regionale che, con 3.787 unità, segnano un -0,3% rispetto al 2017, di contro, con 7.774 unità lavorative attive, gli occupati risultano in crescita dell’1,2%.
Prodotto sbarcato – Lo sbarcato locale, che giornalmente arriva nei sei mercati ittici regionali (Venezia, Chioggia, Caorle, Pila, Scardovari e Porto Viro), ha fatto segnare un rialzo della produzione del 4,8% rispetto al 2017, a fronte delle 20.153 tonnellate prodotte, mentre il fatturato in controtendenza perde il 4,4% (47,8 milioni di euro), calo causato dalla discesa dei prezzi di vendita alla produzione (-5% medio). La voce che maggiormente ha inciso sull’aumento dei quantitativi sbarcati nei mercati è rappresentata dal pesce azzurro (alici e sardine), che nel 2018 ha visto crescere i volumi del 14% netto, con il mercato di Pila-Porto Tolle ad incidere in maniera determinante (+34,9%).
Prodotto allevato – Sull’ottovolante le produzioni di allevamento, visto che per la venericoltura nel 2018 risultano 10.274 tonnellate prodotte e una perdita annua del -30,5%. Ben altra cosa per la mitilicoltura regionale, che registra nell’anno analizzato un deciso aumento produttivo del +27,6%, a fronte delle 19.786 tonnellate complessive prodotte, con il prodotto marino ad incidere maggiormente sulla crescita dei volumi (+31,9%). Anche la piscicoltura vede scendere leggermente i volumi prodotti (-0,4%), mentre il valore della PLV sale del +15,2%.
Molluschi di mare – Infine, con le 4.560 tonnellate rilevate nel 2018, i due Co.Ge.Vo. veneti mostrano un decremento della produzione complessiva di molluschi di mare del 17,9% rispetto all’anno precedente, con le vongole che perdono il 18,5%.

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Veneto: crescita in stallo (+1,7%), incerto il mercato estero

Posted by fidest press agency su martedì, 3 dicembre 2019

Nel terzo trimestre 2019, sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura, la produzione industriale ha registrato una crescita del +1,7% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Prosegue la decrescita dell’indicatore che nel 2018 aveva evidenziato in media d’anno un +3,2% (+4,1% nel 2017), con valori di intensità via via sempre inferiori. Su base trimestrale l’indice destagionalizzato della produzione industriale è cresciuto del +0,9%. L’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera, realizzata da Unioncamere del Veneto, è stata effettuata su un campione di oltre 1.700 imprese con almeno 10 addetti. «Il quadro che emerge dall’analisi congiunturale del settore manifatturiero del Veneto nel terzo trimestre 2019 è improntato a una crescita moderata e incerta dei principali indicatori economici in un contesto nazionale e internazionale con forti avversità – sottolinea Mario Pozza, presidente di Unioncamere del Veneto. Abbiamo davanti un periodo di grande insicurezza dovuto ai conflitti commerciali, alle crescenti tensioni geopolitiche, alla persistente debolezza del settore manifatturiero e alla Brexit. L’attività economica mondiale e il commercio internazionale hanno rallentato determinando un fiacco aumento del Pil nel 2019 (+3%). Per l’Italia le stime prevedono una crescita da “zero virgola”: +0,1% nel 2019, +0,4% nel 2020. In un contesto fermo risultano in moderato aumento anche le principali componenti dell’economia del Veneto. Nelle stime di Prometeia, il Pil regionale avrà un incremento annuo limitato del +0,4% rispetto al 2018, sintesi di previsioni di crescita mediocre della domanda sia interna (+0,9%) che estera (+2%), stabilità dei consumi delle famiglie e situazione critica per gli investimenti. Si potrebbe fare di più? Certo, come sistema camerale resta fondamentale l’impegno per il mantenimento di una costante attenzione al monitoraggio del sistema economico regionale e dei suoi territori e per il rafforzamento di comuni strategie di intervento volte allo sviluppo del sistema economico regionale e al continuo miglioramento della sua competitività».
Sotto il profilo dimensionale le imprese di piccole dimensioni (10-49 addetti) hanno segnato una variazione del +1,9%, in linea con le medie e grandi imprese (50 addetti e più) che hanno registrato un +1,5%.
Nei mesi luglio-settembre 2019 il fatturato totale ha evidenziato una dinamica positiva del +0,9% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, variazione più debole dei trimestri precedenti.
Gli ordinativi totali hanno segnato una performance positiva pari a +1,1% determinata a livello dimensionale dall’andamento delle medio-grandi imprese (+1,4%) seguite dalle piccole (+0,9%).
Nel terzo trimestre 2019 le aspettative degli imprenditori per i successivi tre mesi risultano in leggero miglioramento rispetto al trimestre precedente. Per il fatturato e gli ordini esteri il saldo tra coloro che prevedono un incremento e coloro che si attendono una diminuzione è risultato positivo (rispettivamente +0,5 p.p. e +0,6 p.p.) mentre per gli ordini interni e la produzione il saldo ha registrato valori negativi ma in miglioramento rispetto al trimestre precedente (-5,6 p.p. e -2 p.p.).

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Inaugurazione uffici Nuovo Centro Estero Veneto e Unioncamere Veneto

Posted by fidest press agency su lunedì, 5 novembre 2018

Marghera (Venezia) Martedì 6 novembre 2018, alle ore 11.30 presso la Sala Europa di Unioncamere del Veneto (PST Vega, Edificio Lybra, via delle Industrie 19/C), Luca Zaia, Presidente della Regione del Veneto, e Mario Pozza, Presidente di Unioncamere del Veneto e del Nuovo Centro Estero Veneto, inaugureranno le sedi dell’associazione Nuovo Centro Estero delle Camere di Commercio del Veneto e dell’Unioncamere regionale.All’evento parteciperanno i presidenti e i segretari delle Camere di Commercio del Veneto, i presidenti delle Aziende Speciali e compartecipate, i presidenti delle Federazioni ed Associazioni regionali e provinciali di categoria. Data la rilevanza dell’evento, la presenza di un operatore dell’informazione della vostra testata giornalistica sarà particolarmente gradita.Il Nuovo Centro Estero Veneto è l’Associazione costituita dalle Camere di Commercio di Venezia Rovigo e Treviso-Belluno che svolge un servizio associato al sostegno del sistema economico produttivo veneto sulla base di un Accordo di Programma con la Regione del Veneto per la promozione economica e l’internazionalizzazione delle imprese. L’obiettivo del Nuovo Centro Estero Veneto è divenire un punto di riferimento per lo sviluppo della promozione internazionale delle realtà imprenditoriali venete nell’approccio ai mercati esteri, ponendo particolare attenzione a quelli più dinamici e strategici. L’Associazione rappresenterà il Veneto nelle principali fiere di settore, organizzerà missioni imprenditoriali all’estero ed eventi formativi per gli imprenditori, oltre a divenire punto di riferimento per l’attrazione degli investimenti esteri.

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Veneto – frane – distruzione

Posted by fidest press agency su domenica, 4 novembre 2018

“In Veneto ci sono ben due luoghi naturalistici di alto valore, quali la Gola dei Serrai di Sottoguda e la Valle di San Lucano che sono state praticamente cancellati. La Valle di San Lucano ha un valore geologico importante ed ora tutte le sue caratteristiche ambientali sono state completamente cancellate. Rocca Pietore, uno dei borghi più belli d’Italia è stato durissimamente colpito. Ben 3 milioni di piante abbattute, 50.000 gli ettari segnati per almeno un SECOLO, migliaia di metri cubi di acqua e detriti nel Garda dall’Adige con non pochi problemi per le specie ittiche e per il delicato ecosistema del Lago di Garda. Un patrimonio umano e culturale chiamato a reagire. Parliamo di circa 10.000 famiglie isolate soprattutto nelle zone del Feltrino e dell’Agordino, ma anche il Comelico e l’Ampezzano, Alpago, l’altipiano di Asiago ed il Cansiglio. Sono tutti luoghi che rappresentano alcune tra le principali peculiarità naturalistiche e tradizionali del Veneto. Sul posto quasi 1000 le persone impegnate ed un esercito di volontari e tra questi anche le guide AIGAE”. Lo ha affermato Andrea Gelmetti, Coordinatore delle Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE del Veneto che sta seguendo costantemente l’evolversi della situazione. Anche in Veneto molte guide stanno offrendo un contributo concreto sui luoghi colpiti.
“Preoccupazione anche per le specie ittiche e per il delicato ecosistema del Lago di Garda. In un certo senso non possiamo non sentirci coinvolti in questa situazione; fare la guida ambientale escursionistica non vuol dire solo accompagnare ma molto di più: significa partecipare – ha continuato Gelmetti – essere complici del territorio, raccogliere la memoria, trasferirla e tramandarla, alimentare e sostenere le piccole economie rurali. Il nostro impegno adesso é quello di proseguire con professionalità e responsabilità su questa strada, perché le persone i territori colpiti da queste avversità sono in qual modo la nostra casa”. In Friuli rasa al suolo una seconda Foresta dei Violini, famosa nel mondo per gli abeti rossi.“Dopo quella di Stradivari è andata abbattuta anche un’altra foresta dei violini: la foresta della Val Saisera la seconda foresta dei violini colpita. Era l’estremo baluardo difensivo dell’Impero Asburgico. La foresta degli abeti rossi che hanno dato vita a violini oggi famosi nel mondo. In questo momento la nostra guida Fulvio Pisani si sta recando proprio in questa foresta.Isolate intere valli come la val Cellina,Val Vajont, Val Degano – ha dichiarato Franco Polo, Coordinatore delle Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE del Friuli Venezia Giulia che è in costante contatto con le guide che sono sul posto – l’alta Val Tagliamento, la zona di Sauris e dal Friuli la località turistica di Sappada per non parlare delle diverse frazioni isolate in un territorio di 300 km quadrati. Il danno al patrimonio naturale è pesante con ferite che non si rimargineranno subito. Un esempio per tutte la statale 251 interrotta da domenica a questa mattina per l esondazione del Cellina eppure lo stesso tratto era stato costruito e riparato nel 2015 con la promessa che l’ esondazione non si sarebbe più verificata per almeno 7 anni. E ancora paesi senza corrente elettrica, 26 comuni in Carnia con l’ obbligo di bollire l’ acqua perché gli acquedotti sono mal ridotti ed infine un paese senza acqua Forni Avoltri, danni dunque ma a questo ci sarà rimedio, questa gente a cui va tutta la solidarietà del mondo perché non chiedono nulla che di ricostruire di riparare i danni”. “Le valli delle Dolomiti friulane zona UNESCO sono inaccessibili per e frane. Siamo dinanzi ad un danno di cui non abbiamo ancora coscienza. Ho visto interi versanti con schianto di alberi e penso all’inevitabile dissesto che seguirà. Il bosco del Pradut è praticamente al suolo. Inaccessibile anche il mitico campanile di Val Cimoliana. I luoghi di Mauro Corona colpiti e feriti….. Ciò che colpisce non è l acqua alle alluvioni siamo abituati – ha concluso Polo – ma l energia del vento , forte come in mare aperto, ma qui siamo in montagna e se il vento entra in valle prende velocità. E’ un fenomeno sempre più frequente. Ora tocca ricostruire preservare e capire che si può ancora vivere con la natura anche perché queste zone sono un inno alla vita” .“Esprimiamo profonda solidarietà – ha dichiarato Filippo Camerlenghi, Presidente Nazionale delle Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE – e confermiamo la nostra disponibilità nell’essere al fianco di tutte le popolazioni colpite anche nella fase post – emergenziale. Piangiamo con i loro cari tutte le vittime. Siamo al fianco di tutto l’indotto duramente colpito ed al più presto penseremo ad iniziative mirate così come accadde in occasione del terremoto che colpì l’Italia Centrale. Il Patrimonio Ambientale italiano ha subito un duro colpo, praticamente senza precedenti. Intere Foreste, Boschi ed aree UNESCO ritenute Patrimonio dell’Umanità sono state praticamente rase al suolo con paesaggi esteticamente modificati. AIGAE c’è, è al fianco di tutti i popoli colpiti. Le nostre guide al momento stanno anche operando sul territorio, in quanto sentinelle di quei borghi e di quei luoghi”.

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Luca Zaia dichiara di voler pagare di più gli insegnanti in Veneto

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 ottobre 2018

La richiesta espressa in queste ore dal governatore veneto è già scritta nel testo di progetto di legge che in Veneto hanno approvato e presentato al ministro per le Regioni Erika Stefani: il fine è decidere in modo autonomo il trasferimento su base volontaria del personale della scuola, maestre, prof e bidelli, alla Regione Veneto, il tutto incentivato da stipendi possibilmente più alti. Secondo Marcello Pacifico, presidente del giovane sindacato, l’dea di fondo del governatore Luca Zaia non è sbagliata: pagare di più gli insegnanti della propria regione rispetto ai livelli mortificanti stabiliti dall’ultimo contratto collettivo nazionale, che non ha garantito nemmeno il recupero dell’inflazione, è un intervento doveroso. Detto questo, attenzione a non imporre norme incostituzionali che al di fuori delle prerogative dello statuto speciale andrebbero a differenziare il personale originariamente assunto dalla Stato in base al luogo di residenza: senza il rispetto del nostro dettato costituzionale, si rischia poi di cadere nella perdita dei diritti.

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Veneto agricoltura attenta anche al territorio

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 agosto 2018

Il Direttore di Veneto Agricoltura, Alberto Negro, effettuerà questa settimana due sopralluoghi in altrettante strutture di proprietà dell’Agenzia regionale restaurate di recente o che necessitano di interventi migliorativi. Sotto la lente Malga Paoda nella Foresta regionale Destra Piave (BL) e il Rifugio Revolto nella Foresta di Giazza (VR).
Veneto Agricoltura, l’Agenzia regionale per l’innovazione del settore primario, oltre all’attività di ricerca e sperimentazione agricola attuata presso i propri centri sperimentali e aziende pilota, svolge anche una serie di importanti compiti in altri ambiti, a cominciare dalla gestione di alcune aree forestali e alpine della nostra regione.In questo contesto, il Direttore di Veneto Agricoltura, ing. Alberto Negro, visiterà questa settimana due strutture di proprietà dell’Agenzia, date in concessione a soggetti terzi, ristrutturate di recente o che necessitano di specifici interventi. Si tratta di Malga Paoda, situata sulle pendici del Monte Grappa a ridosso del Monte Tomatico, in Comune di Quero (Bl), e del Rifugio Revolto nella Foresta di Giazza in Comune di Selva di Progno (Vr).
Nel primo caso, il sopralluogo è finalizzato alla verifica degli interventi di recupero eseguiti a Malga Paoda, un immobile di proprietà di Veneto Agricoltura situato nella Foresta regionale Destra Piave, a oltre 1000 metri di altitudine, in Comune di Quero (BL). Fino a qualche anno fa l’immobile era ridotto a vero e proprio rudere, ma un attento restauro e importanti interventi migliorativi, quali la realizzazione di un sistema di potabilizzazione dell’acqua e un impianto fotovoltaico posto sul tetto, lo hanno trasformato in un bellissimo agriturismo. Oggi, una donna imprenditrice – Monica Miuzzi – conduce l’attività agrituristica parallelamente a quella zootecnica, posta più a valle, dove vengono allevati una trentina di capi e prodotti ottimi formaggi di montagna.Il secondo sopralluogo che il Direttore di Veneto Agricoltura effettuerà questa settimana riguarda invece la Foresta di Giazza e in particolare l’area del Rifugio Revolto, situato in Comune di Selva di Progno (VR) a 1336 metri di quota, interessata da preoccupanti fenomeni di dissesto idrogeologico aggravatisi dopo le intense precipitazioni delle scorse settimane. L’incontro con il concessionario del Rifugio servirà sia per fare il punto sui possibili interventi necessari sotto il profilo della regimazione idraulica del luogo, che verrebbero eseguiti anche sulla base delle nuove competenze di gestione forestale acquisite quest’anno da Veneto Agricoltura, sia per verificare la fattibilità di realizzare una nuova linea di collegamento elettrico che favorirebbe non poco l’attività del Rifugio, attualmente dotato di un insufficiente impianto fotovoltaico.

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Veneto: Traffico a Nordest

Posted by fidest press agency su mercoledì, 15 agosto 2018

Continua a Nordest il trend positivo dei movimenti di merci e persone grazie al buon andamento dell’economia locale, alla crescita delle esportazioni e del turismo. Nel 2017 si sono registrati tassi record per i traffici nel porto di Trieste ed aeroporti di Treviso e Verona. Flussi in aumento anche nelle tratte autostradali Brennero-Modena (A22), Udine-Tarvisio (A23) e Valdastico (A31). Questi i dati più rilevanti dalle analisi del Centro Studi di Unioncamere del Veneto nell’ambito dell’Osservatorio sui Trasporti, le Infrastrutture e la Logistica del Nordest (TRAIL Nordest). Con oltre 10mila visualizzazioni all’anno, il portale http://trail.unioncamereveneto.it si conferma per il secondo anno di fila un ottimo strumento per monitorare costantemente e in modo aggiornato il sistema logistico locale rendendo disponibili informazioni su flussi di traffico, progetti, appalti, criticità e iter procedurali.
Sulla base degli ultimi dati disponibili, nel 2017 il volume di traffico veicolare per chilometro sulla rete autostradale del Nordest è aumentato in tutte le tratte, determinato soprattutto dall’intensificazione del traffico pesante (camion). In particolare, la crescita del traffico di veicoli pesanti interessa principalmente i grandi corridoi europei (Rete TEN-T). Gli incrementi maggiori si sono registrati nelle tratte dell’A23 Udine-Tarvisio (+8,3%), dell’A31 Valdastico (+8,7%), dell’A22 Brennero-Modena (+7,6%). Seguono le tratte dell’A4 Venezia/Mestre-Trieste (+4,9%) e Brescia-Padova (+4,3% contro il +2,8 dell’anno precedente).
Per quanto riguardi i porti dell’Alto Adriatico, Trieste e Ravenna hanno registrato nel 2017 un trend positivo nel traffico complessivo di merci (rispettivamente +4,6% e +2,1% rispetto all’anno precedente). Nello scalo triestino, che ha confermato una performance nazionale da primato con circa 62 milioni di tonnellate di merci movimentate, spicca l’aumento del general cargo (+14,1%), con le movimentazioni ad alto valore aggiunto, il RO-RO e il settore container, che ha raggiunto il record storico di oltre 616 mila TEU (+26,7% rispetto al 2016). Trieste è il secondo porto dell’Alto Adriatico per la movimentazione di container, facendo seguito al primato del porto di Koper con quasi 912 mila TEU. Nello scalo di Ravenna, che nel 2017 ha movimentato oltre 26 milioni di tonnellate di merci, spiccano le rinfuse solide, grazie al traffico record di materie prime per la produzione di ceramiche nel distretto di Sassuolo. Per il porto di Venezia il 2017 si è rivelato un anno di stabilità in termini di merci movimentate (25 milioni di tonnellate). In forte crescita invece i passeggeri del comparto traghetti (204 mila, +34,4%) a fronte di una diminuzione dei croceristi (1,4 milioni, -11%). Drastico calo per il porto di Chioggia (-33,8%) causato dal persistere dei problemi di accessibilità alle banchine portuali, di navigazione dei canali lagunari e della fase di transizione istituzionale dovuta all’aggregazione dell’Azienda Speciale per il Porto di Chioggia (ASPO) all’Autorità Portuale di Venezia, oggi un’unica realtà definita come Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale (AdSP MAS) – Porti di Venezia e Chioggia.
Aumento record dei passeggeri negli aeroporti del Nordest, che hanno evidenziato incrementi nei flussi superiori alla media nazionale (+6,4%), raggiungendo complessivamente oltre 17 milioni di passeggeri all’anno. Nel 2017 il traffico passeggeri è aumentato del +14,4% a Treviso (superando i 3 milioni di persone), del +10,4% a Verona (3 milioni), del +7,8% a Venezia (10 milioni), del +7,3% a Ronchi dei Legionari (quasi 1 milione), inferiore invece l’incremento evidenziato all’aeroporto di Bolzano (+4,3%, 16 mila passeggeri). In particolare, negli scali di Treviso, Verona e Ronchi dei Legionari fa da traino la crescita del segmento nazionale (rispettivamente +22,4%, +14,4%, +15%), da e verso le città del Centro-Sud e Isole italiane. Nello scalo veneziano invece prevale lo sviluppo del segmento internazionale, soprattutto nei collegamenti da e verso il Nord America, il Medio e l’Estremo Oriente.
L’interporto Quadrante Europa di Verona è il primo interporto in Europa per volumi di traffico merci. Nel 2017 il nodo logistico ha movimentato oltre 8 milioni di tonnellate di merci su ferrovia, grazie a 16 mila treni in movimento, e 20 milioni di tonnellate su gomma. Il traffico ferroviario è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2016 a seguito di alcuni eventi eccezionali che hanno interessato la linea ferroviaria. I dati analizzati, elaborati dall’Osservatorio TRAIL Nordest, sono solo alcuni dei risultati disponibili nella Sezione “Dati e indicatori” del portale http://trail.unioncamereveneto.it/ che contiene tutte le schede aggiornate sulle principali infrastrutture e i nodi logistici del territorio. Inoltre la sezione “Studi e ricerche” è stata arricchita con nuovi contributi tecnici.

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