L’era ghedaffiana
Posted by fidest press agency su venerdì, 19 giugno 2009
(Quinta parte) La verità è che, nei paesi un tempo sottoposti a un regime coloniale o retti da governi fantoccio, era nata una nuova cultura con i suoi indubbi riflessi nel sociale, nel politico e nel civile. Nel vissuto popolare lo Stato s’identificava sempre di più nello strumento più efficace per risolvere i bisogni di qualità e sicurezza della vita collettiva. La sua incapacità a farvi fronte lo rendeva non solo impopolare ma generava un profondo senso di rivolta. In proposito vale soffermarsi soprattutto sul caso libico perché ritengo si sia formata, in questo paese, una nuova ideologia capace di spazzare tutte le altre. Lo dobbiamo alla formula adottata da Gheddafi. Essa è uscita dal novero di quelle rivoluzioni tradizionalmente sfornate in occidente, dal XIX secolo in poi, ed anche da quelle emergenti, nel resto del mondo, in tempi più recenti. Se pensiamo a Gandhi, diciamo che fu un profeta politico ed anche religioso-laico come furono diversi altri, ma il suo ruolo nella storia restò confinato all’ovvietà. Cristo, a sua volta, fu un profeta di lungo respiro, mentre poco o nulla poteva offrire, alla sua causa rivoluzionaria, per l’immmediato. Gheddafi non rientrò nel “gruppo” delle ovvietà né prima né dopo la “sua” rivoluzione. Il suo “libro verde” non fu un incitamento alla lotta, a una guerra di religioni: islamici e cristiani. Non lo fu d’etnie: arabi e ariani e d’ideologie tra comunismo e capitalismo. Fu qualcosa che attraversò e penetrò le menti umane.
Fu l’uomo che offrì alla sua gente una speranza, perché il suo popolo era il mondo dei paria e degli sconfitti, ma anche dei giusti e dei puri. Comprese anche che non era il momento dei profeti, che non si poteva ammannire i disperati con una vaga speranza per un futuro migliore, non si aveva tempo per la rivolta incruenta del cittadino che si stende sulle rotaie per fermare il treno lanciato in velocità. Per gli oppressi di tutto il mondo non vi erano più margini temporali. I problemi si accavallavano, le ingiustizie bruciavano come un tizzone ardente appoggiato sulle carni e la rivolta continuava ad aleggiare forte e prepotente. Mancava semmai un capo, una guida che facesse scoccare la scintilla. La fortuna, per i libici, fu Gheddafi. Lui, forse inconsapevolmente, almeno all’inizio della sua grande esperienza, fu designato per avviare un processo di dimensioni locali e invece riuscì, ben presto, ad aprire una strada davvero originale facendo assumere, ma mano, al suo movimento estensioni sovranazionali.
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