Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 107

Tra Dio e Cesare

Posted by fidest press agency su mercoledì, 30 settembre 2009

Quante volte da ragazzini, da catechisti abbiamo sentito pronunciare Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio  e che si sono state spiegate nel modo più ovvio come la necessità di non confondere le due cose, il sacro ed il profano. Se mettiamo da parte le possibili riflessioni di natura filosofica e teologica e guardiamo il quotidiano ci rendiamo conto che la nostra società non ci permette più distinzioni di questo genere. Pensiamo, ad esempio, a quanto è accaduto nella vicina Spagna, in quella che i manuali definiscono ancora oggi “cattolicissima terra”, dove con una legge si è introdotto il matrimonio tra omosessuali. Ci rendiamo conto, a questo punto, che non esistono, come si credeva un tempo, sfere di competenza esclusiva per il mondo laico e per quello religioso. Esistono interconnessioni di fatto che diventano obsolete disconoscerle o, peggio, si rischia di diventare integralisti e settari se si continua con i distinguo a tutti i costi. Pensiamo ai milioni di cattolici che divorziano, che vivono more  uxorio  che hanno rapporti sessuali liberi e ripetuti con soggetti diversi da etero e da omosessuali, eppure vanno in chiesa ed ascoltano le omelie dei loro pastori e, forse riescono anche a confessarsi e a comunicarsi per buona pace di tutti. Credo, nonostante ciò, che si possa ancora convivere con la moneta di Cesare e con quella di Dio solo se riuscissimo a governare i nostri sentimenti e regolare i nostri comportamenti non tanto per ciò che può essere una moda o una legge dello Stato, quanto una maniera di saper interiorizzare i valori portanti del nostro essere e del nostro divenire ricercando un maggior dialogo dentro di noi, dentro quel mistero che noi troppo spesso vogliamo ignorare perché ci torna comodo, perché ci permette di evaderlo, di sfuggirlo. Un dialogo interiorizzato che può tradursi con il rispetto per noi stessi e che si riverbera anche nei confronti dei nostri simili e più in generale su tutte le cose che ci circondano animate e non. Ed è questa la vera tolleranza e non quella del dire che per essere assolti occorre andare contro la propria natura. Dobbiamo comprendere che possiamo essere diversi dagli altri e, gli altri, trovarlo normale perché la sfera privata non deve compromettere, in alcun caso, quella pubblica. E qui che si fonda la vera essenza delle cose. Diamo quindi a Dio quel che è di Dio come atto di fede, ma Cesare non c’entra, in ogni caso, almeno nel senso che abbiamo voluto dargli e, probabilmente, mai gli è appartenuto. (dal libro di Riccardo Alfonso “le due medicine” edizioni fidest) e che si sono state spiegate nel modo più ovvio come la necessità di non confondere le due cose, il sacro ed il profano. Se mettiamo da parte le possibili riflessioni di natura filosofica e teologica e guardiamo il quotidiano ci rendiamo conto che la nostra società non ci permette più distinzioni di questo genere. Pensiamo, ad esempio, a quanto è accaduto nella vicina Spagna, in quella che i manuali definiscono ancora oggi “cattolicissima terra”, dove con una legge si è introdotto il matrimonio tra omosessuali. Ci rendiamo conto, a questo punto, che non esistono, come si credeva un tempo, sfere di competenza esclusiva per il mondo laico e per quello religioso. Esistono interconnessioni di fatto che diventano obsolete disconoscerle o, peggio, si rischia di diventare integralisti e settari se si continua con i distinguo a tutti i costi. Pensiamo ai milioni di cattolici che divorziano, che vivono more  uxorio  che hanno rapporti sessuali liberi e ripetuti con soggetti diversi da etero e da omosessuali, eppure vanno in chiesa ed ascoltano le omelie dei loro pastori e, forse riescono anche a confessarsi e a comunicarsi per buona pace di tutti. Credo, nonostante ciò, che si possa ancora convivere con la moneta di Cesare e con quella di Dio solo se riuscissimo a governare i nostri sentimenti e regolare i nostri comportamenti non tanto per ciò che può essere una moda o una legge dello Stato, quanto una maniera di saper interiorizzare i valori portanti del nostro essere e del nostro divenire ricercando un maggior dialogo dentro di noi, dentro quel mistero che noi troppo spesso vogliamo ignorare perché ci torna comodo, perché ci permette di evaderlo, di sfuggirlo. Un dialogo interiorizzato che può tradursi con il rispetto per noi stessi e che si riverbera anche nei confronti dei nostri simili e più in generale su tutte le cose che ci circondano animate e non. Ed è questa la vera tolleranza e non quella del dire che per essere assolti occorre andare contro la propria natura. Dobbiamo comprendere che possiamo essere diversi dagli altri e, gli altri, trovarlo normale perché la sfera privata non deve compromettere, in alcun caso, quella pubblica. E qui che si fonda la vera essenza delle cose. Diamo quindi a Dio quel che è di Dio come atto di fede, ma Cesare non c’entra, in ogni caso, almeno nel senso che abbiamo voluto dargli e, probabilmente, mai gli è appartenuto. (dal libro di Riccardo Alfonso “le due medicine” edizioni fidest)

Lascia un commento