It was on the 8 August 1856 and one of the greatest tragedies of the history struck the town of Marcinelle, few miles from Charleroi. Totally 262 miners were killed and 136 were Italians. Only six miners survived the fire. Thanks to the post-war bilateral agreement there was a strong Italians’ emigration in Belgium and during the years 50 and 60 200000 people arrived in Belgium from Italy. Marcinelle mines mined coal and the mines of Charleroi (alternative name) was inaugurated by King William I when Belgium was still part of the Netherlands. The year before the tragedy a coal production of 170 000 tonnes per year was registered. The death of the miners was caused by a lack of elementary safety
rules and the tragedy became the symbol of the sacrifice of many Italians forced to emigrate in search of a better life. The yearly recurrence was proclaimed in 2001 “National Day of the sacrifice of Italian workers in the world”, an occasion o celebrate Italians dead working abroad. – “Nous sommes une fifties. Fuyons Nous les vers les fumées quatres Paumès …” It was written with chalk on a wooden board by one of the victims while he was trying to escape. A fire at one of the shafts of the coal mine of the Bois du Cazier, caused the deaths of 262 people from twelve different nationalities, mainly Italian, 136 victims, then Belgian, 95, was a chilling tragedy, the miners were left with no way escape, suffocated by gas fumes. Salvage operations were desperate until August 23 when one of the rescuers spoke in Italian: “All dead!” Only after the terrible tragedy of Marcinellewas finally introduced in the mines of the Belgian gas mask. The tragedy of Marcinelle mine, after that of the Monongah mine in West Virginia, is the largest in the history of Italian emigration. A museum “Le Bois du cazier” is dedicated at the tragedy and the Italian foreign minister (actually Franco Frattini) reminds the accident every year with a message to the population. (from Italoeuropeo di Londra)
Archive for 7 agosto 2011
Marcinelle can not forget
Posted by fidest press agency su domenica, 7 agosto 2011
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Editoriale Fidest: Sansone e i filistei
Posted by fidest press agency su domenica, 7 agosto 2011
Editoriale fidest. E’ storia antica, forse leggenda, ma pare d’attualità. Si vuole che per annientare Sansone non si sia trovato di meglio che eliminare anche i filistei. Gli strateghi di oggi direbbero: danno collaterale, spiacevole ma inevitabile. Così la storia di questi ultimi anni ci insegna che per togliere dalla scena Mussolini c’è voluta una guerra persa. Per neutralizzare una svolta epocale che fu denominata compromesso storico ci volle il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. E oggi ci risiamo con Berlusconi. Non bastano, a quanto pare, i 41 processi che lo hanno visto inquisito e imputato, non bastano le infamanti accuse di favoreggiamento alla prostituzione minorile, non bastano le plateali sceneggiate con quello che fu il suo grande amico da baciamano, al secolo Gheddafi. Non bastò lo strappo prima con Bossi, poi rientrato, e ultimo con Fini ma dopo le dichiarazioni di Casini si presume un riavvicinamento. Ma bisogna anche dire che Berlusconi ha avuto una congiuntura favorevole fin dal suo primo impatto impegnativo con la politica con l’amicizia con Craxi e poi, perso un così autorevole referente, pensò bene di scendere in campo senza intermediari. Il suo successo fu mediatico, ma anche frutto di una ricaduta negativa degli altri partiti. L’Italia dopo la perdita delle rendite di posizione internazionali con l’abbattimento del muro di Berlino, seguito dalle staffilate di mani pulite, il disorientamento di quello che fu il partito comunista non più foraggiato dalla internazionale comunista e dalla mancanza di un leader carismatico e da quanti si sentivano orfani di un potere democristiano che si era dissolto come neve al sole ma che ne nutrivano la nostalgia, Berlusconi ebbe facile gioco nel cavalcarne l’aspirazione, E le opposizioni aggiunsero anche un madornale errore nella presunzione che sarebbe stato facile scalzare un uomo tanto chiacchierato e perseguitato dalla giustizia. Ora ce lo ritroviamo più pimpante di prima. Sente che l’Italia è ai suoi piedi. Il parlamento lo asseconda con una maggioranza numerica, ma gli basta. La crisi l’ha cavalcata con astuzia e tutto alla fine sembra proiettarlo nel futuro più forte di prima. Gli altri per sconfiggere Sansone ora devono farlo eliminando i Filistei. La posta è troppo alta per giocarla. E allora? (Riccardo Alfonso http://www.fidest.it)
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Che ne vogliamo fare dei pensionati?
Posted by fidest press agency su domenica, 7 agosto 2011
E’ evidente che tra i pensionati esiste un’area di povertà molto elevata: poveri, rassegnati, frustrati. Eppure cercano di stringere i denti e di vivere dignitosamente. Lo fanno, sovente, togliendosi il pane di bocca per infilare qualche banconota di 50 euro nelle tasche dei nipoti, studenti, precari, disoccupati, con famiglia monoreddito. Sono in Italia circa 18 milioni e diventeranno qualcosa di più tra qualche anno. Molti di loro riescono a star bene in salute, solo qualche acciacco alle ossa, per lo più. Altri sono meno fortunati in salute. Altri ancora risentono l’abbandono dei familiari o vivono soli perché non hanno figli e nipoti per via di fratelli e sorelle. Li troviamo seduti sulle panchine dei giardini pubblici, a discutere per strada con il loro coetanei a fare la spesa, a portare a spasso i nipotini, a frequentare la parrocchia, a cercarsi qualche hobby. Sono ancora una risorsa ma loro non sembrano rendersene conto. Lo Stato con l’irpef, con le addizionali degli enti locali, con le tasse su tutto non fa altro che erodere le loro modeste rendite. Si sentono assediati, si sentono a volte inutili. Non sono più i nonni di un tempo che attiravano i loro nipoti raccontando storie di vita e si riscaldavano intorno al camino e i loro volti si illuminavano alle fiammate che aggredivano il ciocco posto sulla brace. La memoria non è più la stessa. Restano solo i ricordi lontani, belli e tristi di giovani vogliosi di crescere, di lavorare, di trovare un posto nella vita, un amore che riscaldasse i loro cuori. Poi si cede il passo ai più giovani e gli anni l’età diventa un peso a volte insopportabile per sé e per gli altri. Possibile che si debba fare tanto per allungare la vita e poi con questa vita allungata si diventa superflui? Possibile che non vi è una opportunità d’uscire da questo mondo con dignità? E’ questo il motivo perché abbiamo pensato ad una soluzione per quanto possa apparire per certi versi provocatoria e velleitaria. Abbiamo pensato di ritagliare per gli anziani un’area in un paese del Nord Africa per costruirvi una città dove gli anziani potessero costruirvi il loro “avvenire” rendendosi utili per le professioni e i mestieri lasciati insegnando agli africani un modo come procacciarsi da vivere ed emigrare, se lo vogliono, con un mestiere qualificato. E questi autoctoni potrebbero ricambiare aiutando gli anziani nel loro vivere quotidiano, nelle loro fatiche fisiche. Come dire: una mano lava l’altra ed entrambe aiutano a vivere con più serenità e minore affanno. Vogliamo valutare questa opportunità? Capire come potrebbe essere realizzata? Sondare l’opinione dei diretti interessati per rendersi conto se riscontra il loro interesse? Da qui parte la mia proposta: parliamone. (Riccardo Alfonso http://www.fidest.it) (segue: qui)
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