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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 107

I partiti in Italia

Posted by fidest press agency su domenica, 29 luglio 2012

Bersani e Vergassola

Bersani e Vergassola (Photo credit: PD Cagliari)

L’Idv e i partiti dell’arco costituzionale sotto i raggi X. Nell’Italia del XXI secolo i partiti hanno assunto un significato particolare. Abbiamo, innanzitutto quelli a grande tradizione storico-culturale che ancora reggono la battuta e che vanno sotto il nome di PD già Ulivo e Margherita, di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani e che potremmo raggruppare nel simbolo chiamato “Arcobaleno” e di altre formazioni minori affini. Sull’altro versante regge la Fiamma tricolore tra quelli che si richiamano al fascismo e in forma più centrista la Destra nazionale e l’Udc ora Fli di Pierferdinando Casini, di Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. Si sono poi aggiunti i partiti cosiddetti “padronali” che vanno dal Pdl già Forza Italia di Berlusconi a l’Idv di Di Pietro e tra i più piccoli il Partito pensionati di Carlo Fatuzzo. Se tralasciamo, per un momento, tutte le altre formazioni politiche e concentriamo la nostra attenzione sull’Idv (Italia dei valori) potremmo, come prima impressione paragonare tale movimento con quello dell’Uomo qualunque fondato 27 dicembre 1944 e diretto da Guglielmo Giannini. Lo scopo dell’ideatore era quello di dare voce alle opinioni dell’uomo della strada, contrario al regime dei partiti e ad ogni forma di statalizzazione. Se scremiamo quanto c’è di diverso tra l’opinione pubblica degli anni postbellici e l’attuale vi rileviamo diversi punti coincidenti. La stessa “alleanza” tra Grillo e Di Pietro e le rispettive esternazioni fanno, in qualche modo, il paio con il giornale di Giannini. Vi è anche un altro aspetto che ci fa riflettere. Di Pietro nelle ultime elezioni politiche si è avvicinato al 5% del consenso popolare e taluni politologi ritengono che possa aver raggiunto il massimo e che ora dobbiamo attenderci un suo inevitabile declino come lo è stato con l’exploit dell’Uomo qualunque. Ma Di Pietro che ha dalla sua “la furbizia contadina” già pensa ad invertire il pronostico entrando di prepotenza nel dibattito politico e proponendosi di continuo ai media avvalorando l’impressione che sia un “duro” sui principi e sui valori e che non accetti compromessi di alcun genere. Ha provato in due modi a raddoppiare virtualmente la consistenza del suo gruppetto di 42 parlamentari sia con la manifestazione popolare di Piazza Navona sia attivando un sito nel quale cerca di attrarre i tanti navigatori di internet dando spazio alle loro esternazioni. In questo modo si possono sentire più vicini alle istituzioni e poter fare, di conseguenza, un distinguo tra coloro che si rinserrano nelle loro campane di vetro del Palazzo e coloro che tengono la porta aperta anche se solo per l’accesso ad una delle sue anticamere. Oltre non si va. E’ la città proibita e resta tale. Ma i suoi avversari sono, sotto certi aspetti, più potenti. Il primo è Berlusconi e i suoi tentativi hanno una doppia funzione. La prima è quella di convincere Bersani e il Pd che se si vuole dialogare con il suo partito occorre isolare l’Idv e, in seconda battuta, pensa di convogliare la protesta su un terreno meno ostico come potrebbe essere il Fli. A sua volta Bersani alle prese con le tante anime del suo movimento ha bisogno di un raccordo che gli permetta di ridurre i distinguo sempre più insistenti e persino ostili che gli possono pervenire dalla sua stessa parte politica da Di Pietro alla sinistra diventata extraparlamentare. Tutti questi tatticismi sono, ovviamente, nella logica dei partiti che cercano una loro identità, di farsi una credibilità nei confronti dell’elettorato e di dimostrare che riescono meglio a interfacciarsi con l’opinione pubblica e a dare a essa la risposta giusta ai suoi bisogni. Fin qui l’immagine partito. Ma è sufficiente per cambiare il sistema paese e soprattutto nel contemperare la sua vocazione sociale e civile con le riforme che sappiano andare in difesa dei più deboli, in un’equa ridistribuzione delle risorse? Nutriamo in proposito forti dubbi. Oggi la partita che si gioca è di basso profilo. Si cerca da una parte d’addormentare l’opinione pubblica e, dall’altra, di distrarla su falsi problemi o con aperture riformiste solo verbali. Con questo andazzo il rischio maggiore può evidenziare una sfiducia diffusa per le istituzioni. In effetti il modello politico che si presenta rinnovato solo con un maquillage di facciata, ma con scarsi contenuti, non può reggere a lungo. Le riforme non possono attendere oltre ma nemmeno farle con la logica della “macelleria sociale” come si sta producendo Mario Monti con il solo fine di ingraziarsi la Merkel e il mondo finanziarfio e industriale tedesco ricacciando l’italia da paese industriale a società di consumi. Qui parliamo della filiera giustizia, del welfare, del lavoro, dell’assistenza sanitaria e previdenziale. Nel frattempo a subire il maggiore danno sono proprio quei partiti come Idv che proponendosi riformatori e non riuscendo nell’intento perdono, alla fine, la loro carica propulsiva. In parole povere diventano inutili e la prima avvisaglia l’abbiamo avuto con la sinistra arcobaleno. Che fare a questo punto? Credo che l’unica strada praticabile sia quella di unire le forze per una nuova costituente e per proporsi, tutti insieme, per un rinnovamento del sistema paese. Solo uniti si possono affrontare e tacitare i poteri forti, i clan del conservatorismo. Oggi hanno facile gioco mettendo sotto ricatto i partiti con l’arma del voto dato o tolto e che conduce all’impotenza, a non decidere e a lasciare le cose come sono. Alla fine le riforme non saranno perfette ma ci offriranno, per lo meno, la via di un cambiamento e la possibilità di migliorarle cammin facendo. Dobbiamo solo convincere i leader che questo è un passo obbligato se vogliamo salvare il salvabile e non rischiare di cadere nell’ingovernabilità o peggio. Riccardo Alfonso direttore del Centro studi della Fidest di educazione politica e sociale fidest@gmail.com)

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