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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 113

La non politica dei politici: La storia e l’uovo di Colombo

Posted by fidest press agency su martedì, 20 giugno 2017

berlinoCi sono fatti che noi accettiamo per quelli che sono e circostanze che ci fanno riflettere se andiamo ad analizzarle, talvolta con il senno di poi. E così meditando ci rendiamo conto che il concetto di verità diventa in molti casi relativo.
Spero di non fare semplicemente il verso a quanti hanno scritto sull’argomento andando ad analizzare il voto politico e amministrativo degli Italiani dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale ad oggi. E’, ovviamente, un lungo discorso ma che intendo riprendere solo per sommi capi e riferendomi ai fatti più recenti lasciando la dietrologia agli storici. Sappiamo bene che a livello mondiale due sono stati gli eventi più significativi che hanno rivoluzionato il concetto stesso di fare politica: il 1989 con la caduta del muro di Berlino e l’11 settembre del 2001 con la “tragedia americana” del terrorismo di matrice araba. In Italia, più modestamente, abbiamo avuto l’exploit della magistratura con il fenomeno delle così dette “mani pulite” che ha fatto un solo falò di partiti pur gloriosi ma diventati impuri dalla corruzione. Sono usciti, sia pure ridimensionati, da queste “forche caudine”, solo i partiti di sinistra anche se il colpo di maglio l’hanno avuto, subito dopo, in seguito al crollo dell’Urss. Nel 1993 gli italiani hanno scoperto di trovarsi senza un partito di “centro”. E’ stato allora che con una vigorosa azione mediatica l’uomo che di queste cose era un maestro seppe mettere in piedi, in poco tempo, un partito, imporlo alla politica e vincere le elezioni. Chi era costui? Era un ex per molte cose ma non della politica che amministrava, come si soleva a quel tempo, per interposta persona. Ma con la caduta del suo “idolo” e in mancanza di un sostituto degno di questo nome pensò bene di scendere personalmente nell’agone politico. Era sin d’allora simpatico alle folle e accattivante e dalla sua un’altra dote di sicuro successo: la proprietà di ben tre reti televisive, quella di alcune testate giornalistiche e tanti soldi da mettere sul piatto. Per sua natura non roma_altare_patria_febbraio_2012poteva reggere alla pari di uomini politici di carriera ma il suo successo, negli anni che seguirono, fu dettato dalla debolezza degli avversari e dalla loro divisione (divide et impera di antica memoria). Le elezioni politiche del 2006 con la sconfitta elettorale, sia pure di misura, aveva messo praticamente alle corde quest’uomo venuto dal mondo delle immagini e poteva chiudere un capitolo della cronaca politica italiana se i vincitori avessero avuto il buon senso di ricercare non il successo fine a se stesso ma a consolidarlo con una forte leadership e un programma di governo che sapesse fare delle scelte coraggiose di politica sociale, di difesa delle fasce più deboli e di riforme dalla giustizia alla scuola. In difetto avrebbe dovuto subito riproporsi al voto e senza tentennamenti dell’ultima ora. Ciò non è stato proprio perché i nostri politici possono avere molti meriti personali ma manca loro una dote essenziale: non hanno idea di cosa significa fare politica intesa nell’interesse generale. Ora sta subentrando un’altra insidia che spinge questi non-politici a considerare il voto popolare un “incidente di percorso” e che va esorcizzato con l’abilità dell’esorcista. Occorre in pratica abbassare la partecipazione al voto degli italiani. Italiani sfiduciati, italiani che si sentono in trappola da governi che possono cambiare colore ma la sostanza è la stessa, governi che in pratica non governano per il bene comune ma che vivacchiano e sopravvivono a forza di slogan, di promesse e anche di velate minacce. E l’italiano elettore risponde coerentemente non andando a votare o a votare ma lascia in bianco o con improperi la scheda. Non solo. Continua a dividersi immaginando partiti nuovi o nuovi solo nelle sigle ma riciclati dal passato. Se dopo tutto il detto cerco di leggere il futuro mi rendo conto che non sarà cosa facile gestirlo con quanto abbiamo per le mani. Forse il mal sottile che ci corrode è quello del nostro spirito gregario che è suddito della nostra vocazione ad avere un capo e a genuflettersi ai suoi piedi. Non esce dalla nostra logica il primus inter pares e il convincimento che esiste una stragrande maggioranza che non ha voce e una ristretta minoranza che voce ne ha fin troppo e la fa sentire ai quattro venti assordandoci e facendoci perdere il senso dell’equilibrio. Se non usciamo da questa “prigione” ideologica e culturale e cerchiamo di far valere la ragione dei più all’interesse dei pochi resteremo per sempre dei servus servorum Dei per buona pace di potenti e la disperazione dei benpensanti. (Riccardo Alfonso direttore Centro studi sociali e politici)

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