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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 113

L’Italia del “divide et impera”

Posted by fidest press agency su martedì, 20 giugno 2017

elezioniAl riguardo ritengo importante sottolineare un aspetto della vita politica italiana che va esaminato con cura. Mi riferisco al fatto che, a ragione o a torto, noi, come italiani, non facciamo altro che dividerci. Una volta che cerchiamo di accorparci scoppiano i bubboni e si tende a ricominciare daccapo. E’ la vocazione di chi detiene il potere che ci spinge al divide et impera. La nostra logica dovrebbe essere, invece, quella di cercare, sia pure ingoiando qualche rospo, la via per ritrovarci insieme. Proprio oggi sono reduce da una riunione romana dove alcune sigle partitiche e associazioni si sono incontrati per studiare la possibilità di ritrovarsi sotto una sola lista per le prossime politiche. A conti fatti “sulla carta” sono portatori di oltre il 4% dei consensi elettorali (ma non in tutte le circoscrizioni). Questi signori se raggiungessero un accordo soddisfacente potrebbero avere per lo meno una modestra rappresentanza parlamentare mentre marciando divisi farebbero il gioco dei grandi movimenti e raccoglierebbero solo la ben misera soddisfazione di avere, che posso dire?, lo 0,7 o l’1% dei consensi? Parlando, di un’altra formazione politica, penso al partito pensionati. Vi rilevo, ad esempio, la palese contraddizione di aver raccolto a livello nazionale nelle politiche del 2006 l’1% dei consensi a fronte di un “popolo di pensionati” che si avvicina di molto al 20% della sua forza elettorale. E allora mi chiedo: se gli stessi pensionati non votano il loro partito il dividersi ulteriormente nella loro rappresentanza politica, mi appare addirittura tragico-comico. Alla fine resta solo una considerazione da fare: i pensionati o gli invalidi o i precari o gli emarginati in genere hanno una sola possibilità per farsi ascoltare: è quella di dimostrare con i numeri che sono una presenza elettorale che conta. Questo devono capirlo essenzialmente i milioni di pensionati e di precari e di emarginati di tutta Italia, ma devono anche avere la convinzione che questo interesse all’unità non nasconde in qualche modo fini partigiani reconditi e rivalse personali. E’ una lotta politica a 360 gradi. E’ per la nostra sopravvivenza ma, soprattutto, come idea per una società migliore e più solidale. Se partiamo da questa premessa non ho remore per scendere in campo ed offrire tutta la mia collaborazione. (Riccardo Alfonso direttore Centro studi sociali e politici)

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