Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 35 n°185

Archive for 16 agosto 2018

Necessario il censimento delle infrastrutture italiane

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

«Come accaduto lo scorso anno a Como, Ancona e Palermo, anche il crollo del viadotto Morandi dell’autostrada A10, nel tratto che attraversa il torrente Polcevera a Genova, pone interrogativi stringenti sullo stato delle infrastrutture italiane. Ovviamente spetterà alla magistratura, con il supporto di esperti e tecnici, fare luce sulle cause che hanno portato al cedimento strutturale del ponte. Un fatto è certo: in questi casi risulterebbe preziosissima l’analisi ed il censimento delle infrastrutture, che come per un fascicolo di fabbricato, possa consentire di ricostruire la successione di tutti gli interventi, anche manutentivi, che sono stati realizzati sull’infrastruttura (ponte, viadotto, ecc) dalla sua costruzione ad oggi».
Lo dichiara l’ing. Sandro Simoncini, strutturista, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA.
«Questo tipo di censimento – spiega Simoncini – si configura come una vera e propria carta d’identità approfondita di ogni infrastruttura, in cui compaiono le caratteristiche strutturali, manutentive e la proprietà dello stesso: un punto di riferimento fondamentale per quanti si trovano a intervenire su una determinata struttura. In Italia, purtroppo, si agisce quasi sempre sull’onda emotiva di una tragedia, per poi procedere a svilire i contenuti di un provvedimento deroga dopo deroga.
Trattiamo le nostre infrastrutture come trattiamo noi stessi, andiamo dal dentista quando il dente cariato si rompe invece di fare controlli programmati. Alla luce della complessiva fragilità delle infrastrutture italiane, molte obsolete e in pessimo stato manutentivo, non c’è dubbio che un intervento legislativo a livello nazionale dovrebbe obbligare tutti gli enti proprietari a dotarsi di quanti più strumenti possibili per una conoscenza approfondita di come e quando si è intervenuto su ogni infrastruttura. Il tutto, ovviamente, unito all’auspicio che tecnici e professionisti si muovano sempre nel solco del rispetto delle leggi e dei codici deontologici, senza avere il profitto come unico punto di riferimento».(Message sent from my webmail device Prof. Ing. Sandro Simoncini – Amministratore delegato Sogeea SpA)

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Enrico Cisnetto sul dramma che ha colpito Genova

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Scrive Enrico Cisnetto su Lettera 43 e che noi riportiamo: Caro direttore, è con le lacrime agli occhi e la rabbia che mi sale dentro che, rispondendo ad una tua cortese sollecitazione, ti scrivo questa personale testimonianza sulla tragedia – che considero assolutamente annunciata – di Genova, la mia città. Sono di Sampierdarena, quel ponte l’ho visto nascere, ci sono passato milioni di volte e sotto ci sono le strade della mia infanzia e gioventù. Via Walter Fillak è dove stava la mia scuola. Ricordo l’orgoglio con cui da ragazzo consideravo – consideravamo tutti – quello che abbiamo sempre chiamato il «ponte di Brooklyn» come uno dei segni più tangibili della conquistata modernità della città e del Paese, percependo quanto fosse grande nel mondo l’ammirazione per quel viadotto in cemento armato così avveniristico. Mi piange il cuore per le vittime e le loro famiglie, ma la tristezza lascia il passo ad una rabbia irrefrenabile per Genova, brutalizzata da uno stupro inaccettabile, e per l’Italia, ancora una volta schiacciata sotto il peso di tragedie drammatiche come questa”. E soggiunge: “Sono convinto che si tratti di una tragedia annunciata. Ma attenzione, non perché abbia elementi specifici su eventuali deficienze nella manutenzione del viadotto. No, ciò che è annunciato, direi urlato da tanto che è evidente, sta nella deresponsabilizzazione diffusa ad ogni livello, nella cultura del non fare, nella ideologia del «no a tutto». Genova tagliata in due da 200 metri di ponte autostradale crollato è la fotografia, che più nitida non si può, dell’Italia che ha perso l’orgoglio di Paese che vuole stare sul confine della modernità, che vuole creare avanguardia e innovazione, e che invece rincula e si rinchiude autarchicamente in se stesso, dedito ora al rancore nichilista ora a leccarsi le ferite, morali e fisiche, della propria condizione vieppiù regressiva. Un Paese che si scandalizza per ciò che accade – dando sempre la colpa a qualcun altro – e che non si accorge, per ignoranza e idiosincrasia al senso di responsabilità, di ciò che sta per accadere.” E conclude amaramente: “Ma lo sai, caro direttore, che sono passati più di nove anni dal terribile sisma dell’aprile 2009 a l’Aquila e che, a proposito di autostrade, in questi 3.400 giorni che sono trascorsi non si è trovato il modo di approvare burocraticamente, nonostante che i finanziamenti ci siano, i progetti per la messa in sicurezza della A24 e A25 – lì i viadotti sono 170 – che pure la Protezione civile ha definito come collegamenti indispensabili per eventuali azioni di soccorso, considerato che da allora si sono succedute circa 50 mila scosse di terremoto all’anno? E non ti sfugga che se ora Genova rimarrà paralizzata per mesi è perché la famosa Gronda non solo non è stata ancora realizzata, ma continua ad essere oggetto di campagne di ripensamento di cui il “partito del No” porta la totale responsabilità.Secondo i dati dell’Ance, ci sono 270 opere pubbliche bloccate, per un valore di 21 miliardi che si aggiungono alle 670 che sono state certificate dal ministero dei Trasporti come definitivamente «incompiute». E come si fa a pensare che siano messe in sicurezza le tante strutture del nostro territorio se per terminare un’opera del valore di 100 milioni ci vogliono in media 15,7 anni? In queste ore esponenti del governo parlano dell’impellente necessità di una mappatura delle opere grandi e piccole e del loro stato di salute, ma in questi primi mesi di tutto si è sentito parlare, dall’emergenza migranti che non c’è (almeno non nei termini di cui si dice) ai vaccini passando per il ritorno della naia, e di altro ci si è occupati, a cominciare dai vertici della Rai, meno che di quello che ora, sull’onda dell’emozione e dell’attenzione mediatica, si definisce come prioritario. Inutile, anzi criminoso, piangere dopo, senza aver fatto nulla prima”. (fonte: Roma InConTra)

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Scuola – Classi pollaio, bene ha fatto Bussetti a risolvere il caso dei 39 alunni di Todi

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Con un annuncio su Facebook, arriva immediata la risposta risolutiva del Ministro dell’Istruzione alle proteste formulate dal presidente del Consiglio d’Istituto di un liceo di Todi, dove l’Ufficio scolastico non ne voleva sapere a sdoppiare una classe con un altissimo numero di alunni, di cui uno anche disabile, e che il giovane sindacato ha pubblicamente denunciato. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): A nome dell’Anief mi impegno, dal prossimo anno scolastico, appena certificata la rappresentatività, a far partire l’operazione verità sugli organici attraverso i nostri delegati territoriali nelle regioni e nelle scuole: vogliamo conoscere, nei dettagli, il numero dei posti vacanti e disponibili collocati in organico di fatto, così come vigilare per il rispetto delle regole sulla formazione delle classi in base ai parametri di legge, specie in presenza di alunni disabili. Nel frattempo siamo certamente felici che il clamore mediatico da noi sollevato abbia convinto l’amministrazione a sdoppiare una classe di 39 alunni in Umbria. Da settembre, ogni nostra RSU eletta o TAS vigilerà in base a un formulario che riceverà sulla corretta formazione delle classi, mentre i delegati provinciali e regionali denunceranno qualsiasi tentativo di ‘finzione’ sulla formazione dell’organico di diritto, laddove su posti senza titolare saranno conferite delle supplenze al posto delle immissioni in ruolo o dei trasferimenti. È questa la nostra linea sindacale che ci ha portati alla rappresentatività e che d’ora in avanti non farà sconti a nessuno. Vogliamo cambiare la scuola e per farlo bisogna essere accorti e determinati, cominciando a porre fine a un fenomeno, quello delle precarietà forzata, nato come straordinario e diventato con il tempo un sistema ordinario.

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“300mila euro nel bilancio della Città metropolitana per la diagnostica e il monitoraggio di tutte le strutture del territorio”

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Torino “In questo momento di grande sgomento e dolore per la tragedia di Genova è importante rassicurare la popolazione e ribadire da parte nostra che è necessaria una nuova stagione di investimenti in merito alla diagnostica innovativa sui manufatti esistenti, in modo da programmare risorse certe per la loro manutenzione”. Il consigliere metropolitano con delega alle infrastrutture e ai lavori pubblici Antonino Iaria interviene per evitare che si creino falsi allarmi su strutture di proprietà della Città metropolitana, come ad esempio il viadotto noto come ponte Preti di Strambinello sulla strada provinciale 565. “Il ponte Preti è una struttura ben diversa dal ponte dell’autostrada A10 crollato oggi a Genova, perché è un ponte ad arco in cemento armato normale e non precompresso, ed è una struttura monitorata in continuo dal nostro servizio Viabilità”.
“La Città metropolitana di Torino” aggiunge Iaria “ha messo in bilancio nel 2018 circa 300mila euro a questo scopo e sta avviando la gara pubblica per l’affidamento dei servizi di diagnostica e monitoraggio non solo del ponte Preti, ma anche di tutte le altre strutture edilizie e viarie di sua competenza nel territorio metropolitano. Stiamo anche lavorando” conclude il consigliere “con la Commissione Bilancio e Lavori pubblici del Consiglio metropolitano per chiedere maggiori risorse per questi settori”.

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Genova. Ucoii: “Invitiamo i membri della comunità islamica a donare sangue”

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

In seguito al crollo del ponte Morandi sull’autostrada A10, l’U.CO.I.I – Unione delle Comunità Islamiche d’Italia – esprime il Suo vivo cordoglio e vicinanza ai familiari delle vittime e augura una pronta guarigione alle persone ferite in questa immane tragedia.
Si invitano i fratelli e le sorelle membri della comunità islamica di Genova e Liguria e donatori di sangue a recarsi presso le strutture sanitarie della Regione per donare sangue e sostenere campagne di sensibilizzazione al riguardo all’interno delle proprie comunità.
In questo momento di dolore, preghiamo perché la comunità di Genova nel suo insieme possa ritrovare forza ed unità e superare questa grave ferita.

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Matese Friend Festival 2018

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Monteverde di Boiano (Molise) 17 e 18 agosto 2018. L’appuntamento è alle 17.00 di venerdì 17 agosto. I bambini sono invitati ad arrivare con qualche accessorio in tema e saranno truccati dalle volontarie e dai volontari del Servizio Civile per essere trasformati tutti in piccoli druidi e in fanciulle dai capelli rossi come la protagonista di The Brave, Merida, una coraggiosa e fiera principessa scozzese che scombussolerà le tradizioni del suo clan. Uno dei personaggi più anticonvenzionali del cinema d’animazione di casa Disney-Pixar, che cresce tra le valli scozzesi in maniera libera e selvaggia, non separandosi mai dal suo arco. Le principali canzoni che accompagnano il film nella versione italiana sono cantate da Noemi. Tra i doppiatori italiani dei personaggi ci sono: Anna Mazzamauro (Strega), Shel Shapiro (Lord MacGuffin), Enzo Iacchetti (Lord Macintosh), Giobbe Covatta (Lord Dingwall). Un film pieno di curiosità. Nei titoli di coda del film è presente un ringraziamento a Steve Jobs. Nel film uno dei clan è chiamato Macintosh, come i computer Macintosh (quindi ancora un omaggio alla Apple e al suo cofondatore nonché ex proprietario della Pixar, Steve Jobs). Infine nella casa della strega si può notare una scultura in legno del furgone Pizza Planet che compare in quasi tutti i film Pixar.
Le Notti Turchese si inseriscono nella IX edizione del Matese Friend Festival 2018: oltre 70 artisti, dislocati in 10 aree. Tanti i concerti ad opera di artisti nazionali e internazionali e attività musicali di vario genere, in un’ottica di qualità e originalità delle proposte, sia riguardo ai contenuti musicali, che culturali: Almamegretta – Apres La Classe – Mortimer Mc Grave – Lennon Kelly – Blues Ash Of Manhattan – Uttern (5 donne, un grande rituale musicale, dove gli elementi acqua-fuoco-terra-aria si uniscono al quinto, lo Spirito, ritmi forti e momenti mistici, canti sussurrati invocando le benedizioni del Cielo e della Terra, nella potenza delle antiche tradizioni pagane d’Europa)
Un Mondo d’Italiani e Matese Friend Festival, una partnership convinta e maturata che si chiama “Notti Turchese”, nella considerazione che Un Mondo d’Italiani può e deve diventare Un Mondo di persone di buona volontà, pronte a mettere insieme le forze per migliorare la terra sulla quale viviamo, nella consapevolezza che siamo tutti ugualmente ospiti del pianeta e abbiamo gli stessi diritti e la stessa dignità, uomini e animali, per coinvolgere genti e paesi in quello che è il leitmotiv di Centro Studi Agorà, il Movimento per la Grande Bellezza di una piccola regione. Con UMDI i partner di sempre: Centro Studi Agorà, Ippocrates, Casa Molise, Molise Noblesse, Servizio Civile Nazionale. (By mina cappussi)

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The Boston Consulting Group: le startup al femminile sono un migliore investimento

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Le imprenditrici ricevono meno sostegno finanziario rispetto alle controparti maschili, ma generano in media più del doppio di entrate per ogni dollaro ricevuto. Questa l’evidenza che emerge dalla ricerca “Why Women-Owned Startups Are a Better Bet” condotta da The Boston Consulting Group e MassChallenge, rete globale di acceleratori di startup. Nel campione analizzato – 350 società che hanno partecipato al programma di MassChallenge, ideato per supportare e guidare le aziende in fase di avviamento – le start up fondate o co-fondate da donne hanno ricevuto, in media, finanziamenti da 935.000 di dollari, meno della metà dei 2,12 milioni di dollari ricevuti dalle aziende fondate da uomini. Nonostante questo gap di finanziamento, le aziende di proprietà femminile hanno generato maggiori entrate nell’arco di cinque anni: 730.000 dollari rispetto a 662.000. Per ogni dollaro di finanziamento ricevuto, le startup al femminile hanno generato 78 centesimi di entrate, mentre quelle fondate da uomini hanno generato meno della metà: solo 31 centesimi. La conseguenza è chiara: se gli investitori avessero puntato in eguale misura sulle imprese al femminile e al maschile, si sarebbero generati 85 milioni di dollari in più nel corso dei 5 anni presi in esame.
“È deludente, ma non sorprendente, che il venture capital punti più sugli uomini che sulle donne. Il gender gap che persiste sia quando si parla di percorsi di carriera che quando si guarda alle retribuzioni, si ritrova nell’imprenditoria”, ha commentato Laura Villani, Partner e Managing Director di The Boston Consulting Group. “Le startup di proprietà femminile ricevono solo una piccola parte del totale dei finanziamenti in capitale di rischio. Ma sono più efficaci nel trasformare un dollaro di finanziamento in un dollaro di reddito: generano rendimenti migliori e sono, in ultima analisi, una scommessa migliore”.Oltre all’analisi quantitativa, gli autori della ricerca hanno intervistato fondatori di società, mentor e investitori per identificare le cause alla base di questo gap di investimento. Emerge così un bias di genere: i pitching che coinvolgono donne imprenditrici sono infatti più confrontativi rispetto a quelli degli uomini, in particolare sugli aspetti tecnici. È più probabile che le donne formulino ipotesi realistiche, o persino conservatrici, nei loro business plan rispetto agli uomini, che tendono invece a fare proiezioni coraggiose. Questo approccio più audace è premiato da alcuni investitori di venture capital, che sono predisposti a investire in pochi business plan di grande successo, e cercano dunque numeri audaci.

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Glifosato: tuteliamo la salute degli italiani

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Non serviva conoscere l’esito del processo intentato dal giardiniere americano Johnson Dewayne contro MONSANTO, per sapere dei rischi connessi all’uso del diserbante “Glifosato”, ma certo l’impatto mediatico del maxi-risarcimento di 289 milioni di dollari (il giardiniere si è ammalato di tumore) stabilito dal giudice ha fatto tornare di attualità la vicenda.Anche se in Italia il “Glifosato” è soggetto a diversi divieti (con un Decreto del 2016 il Ministero della Salute ne ha vietato l’uso nei parchi, giardini, campi sportivi ed in tutti gli altri luoghi frequentati da minori o “soggetti vulnerabili”, compresi ovviamente i complessi scolastici ed ospedalieri) questo “erbicida” è ancora usato in agricoltura e nel diserbo di aree non agricole, ma lo si ritrova molto più frequentemente nei prodotti di importazione essendo il diserbante più usato nel mondo.In Europa l’uso di “Glifosato” è più marcato rispetto al nostro Paese in quanto la Commissione Europea nel dicembre 2017 (non senza polemiche) ha rinnovato a MONSANTO l’autorizzazione alla vendita salvo poi (con una discutibile procedura: intanto lo usi, dopo guardiamo che succede) ha avviato i lavori di una speciale Commissione deputata a studiarne gli effetti rendendo una relazione trascorsi nove mesi.L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti DOC, DOCG, IGP E DOP, con una crescente percentuale di imprenditori agricoli che si convertono al biologico e con una straordinaria diversità agro-alimentare, che va difesa e valorizzata, ponendo il nostro Paese all’avanguardia nella sicurezza alimentare.Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati chiede al Governo di valutare, in nome del principio di precauzione, il blocco sanitario dei prodotti agro-alimentari di importazione trattati con “Glifosato”, con modalità proibite in Italia.

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L’arte della scrittura, il manualetto tutoriale per chi ama scrivere il nuovo ebook di Mauro Ragosta

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

L’arte della scrittura: manualetto pret à porter per l’anima e la penna è l’ultima produzione di Mauro Ragosta, un autore ufficialmente attivo dal 2003, anche se i suoi esordi come scrittore risalgono alla metà degli anni ’90 come ghost writer. Il manualetto si struttura in varie “tavole” riflessive, dove vengono messe in luce tutte le pratiche e le problematiche della scrittore, in una prospettiva accessibile a tutti. Ragosta, tuttavia, rifugge dai tutti i consigli tecnici e stilistici che reputa inutili perché legati alla morfologia dell’animo di chi scrive e alla sua maturità sul piano esistenziale e di scrittore. Mette in luce, invece, tutte le tecniche per l’espansione e l’organizzazione del pensiero, in quanto ritiene che è proprio dal pensiero e dalla sua organizzazione che dipendono le sorti di qualsiasi elaborato. Non mancano, quindi anche le indicazioni per le pratiche meditative e di contemplazione, che egli sottolinea come di grande rilievo per chi ama scrivere. Infine, una parte specifica è legata alla psicologia dello scrittore e ai suoi cicli produttivi, mettendo in luce tutte le principali dinamiche di ogni fase, di ogni tempo.Insomma, un lavoro, quello di Ragosta, innovativo sul mercato. Si distanzia da tutti gli altri manuali di scrittura perché, infatti, il suo si pone a monte di questi, mettendosi al fianco dello scrittore in maniera dialogica e condividendone tutte le questioni rilevanti all’arte della penna. E dunque, su una scia per nulla professorale, Ragosta propone il suo elaborato come consolatorio e di supporto per chi scrive, ma anche di spunto per perfezionare il proprio incedere da scrittore, con una verbalità semplice e, allo stesso tempo, profonda, non banale, capace di stimolare riflessioni decisive per chi ama esercitarsi nell’arte dello scrivere.“L’arte della scrittura si sostanzia nella stesura di un testo, sia esso un haiku, sia esso un corposo manuale o saggio. Ciò detto, va subito sottolineato che, il processo di produzione di un elaborato letterario si avvia col pensiero, il quale, poi, si riverbera, nero su bianco, sulla pagina. E qui v’è quindi da mettere in luce una circostanza, e cioè che esiste un rapporto dialogico, circolare tra il pensiero e lo scritto. Una volta che il pensiero ha dato il primo impulso, questo si traduce, quindi, sulla carta, ma, a sua volta, questa dà stimoli al pensiero. Pertanto, nel pensare, nello scrivere, rileggere, correggere, integrare, ripensare e rileggere ancora, scritto e pensiero si influenzano reciprocamente. In ultima analisi, si potrebbe facilmente arguire che, mediante l’arte della scrittura, il pensiero dialoga con se stesso, portando ad un processo rivelatore e di scoperta, che appare sulla carta. Eppure tra pensiero e scritto definitivo esiste sempre una frattura, una distanza. Lo scritto non sarà mai in grado di riprodurre in pieno il pensiero: ci dice molto di questo, ma non tutto” (Mauro Ragosta)

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“The Relationship of Coffee Consumption with mortality”

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

E’ nato, come scrivono gli autori, fra cui la ricercatrice madrilena Esther Lopez-Garcia, con il preciso obiettivo di ottenere elementi validi sulle possibili cause di decesso legate al consumo di caffè (elementi che, fino ad oggi, erano sparsi nella letteratura scientifica). Lo studio analizza i dati di due famose coorti americane, uno sulle donne (Nurses’ Health Study) e l’altro sugli uomini (Health Professionals follow-up Study) e valuta quanto il consumo della bevanda più popolare al mondo, dopo il tè, possa essere messo in relazione con i decessi per malattie cardiovascolari. Lo studio su oltre 86.000 donne, intervistate ogni 2 anni, a partire dal 1980 (per un totale di 24 anni), e quasi 42.000 uomini, intervistati ogni 4 anni a partire dal 1986 (per un totale di 18 anni), ha messo in rilievo che esiste una associazione inversa fra consumo di caffè e rischio di decesso per malattia cardiovascolare. Tale associazione sembra non dipendere dalla caffeina, ma da altre sostanze presenti non solo nel caffè ma anche di quello decaffeinato.
Inoltre il consumo di caffè non è stato associato al rischio di decesso per tumore. “I dati sono molto rassicuranti – lo ha commentato anni fa il Prof. Carlo La Vecchia, docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Milano e Capo del Laboratorio di Epidemiologia Generale dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – perché confermano che il consumo di caffè non è associato a rischio di cancro.” Essi inoltre suggeriscono un effetto favorevole sulla mortalità cardiovascolare. “Se non dovuta a differenze di base, tra bevitori e non di caffè, tale protezione può essere spiegata con un ruolo favorevole del caffè sull’infiammazione e sul diabete, due noti fattori di rischio per la patologia cardiovascolare”. Lo studio ha preso in esame i parametri confondenti come età, abitudine al fumo e altri noti o potenziali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e i tumori associati anche al consumo di caffè. “Infatti – rileva la Dr.ssa Alessandra Tavani, Capo del Laboratorio di Epidemiologia delle Malattie Croniche dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” – uno dei motivi per cui il caffè è stato associato, in passato, ad aumenti di rischio di malattia cardiovascolare e di tumore, è che i forti bevitori di caffè sono spesso anche dei fumatori e hanno quindi un rischio aumentato di queste malattie a causa del fumo”. E prosegue: “Quando si tiene conto di questo nell’analizzare uno studio, come nel caso presente, e si elimina la parte del rischio dovuta al fumo, il caffè non solo non risulta far male, ma può addirittura ridurre il rischio di alcune malattie.” “Del resto il caffè contiene molte sostanze che possono produrre effetti benefici sulla salute”. Pur con i limiti di ogni studio osservazionale, Esther Lopez-Garcia e colleghi convengono che i dati sul caffè sono piuttosto incoraggianti e che permettono di escludere un aumento di mortalità associato al consumo della bevanda, mentre suggeriscono che occorrono altri studi per confermare la protezione evidenziata sulla malattia cardiovascolare.
Una cosa è certa, il consumo moderato di 3-4 tazzine al giorno, pari a circa 300 mg di caffeina totale, non dà fastidio a nessuno e risulta addirittura benefico associandosi ad un ridotto tasso di mortalità per numerose patologie”. (Redazione Fidest)

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Diagnosi precoce della prostata

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Salvare vite umane si può. “Non è la fortuna che batte il tumore della prostata”. È la prevenzione. «Nel nostro Paese ogni anno si registrano oltre 30.000 nuovi casi di cancro della prostata e 8.000 decessi legati a questa patologia, e tali numeri sono destinati ad aumentare in futuro. Preoccupante quindi il fatto che, secondo recenti dati Istat, in Italia solo il 25% della popolazione maschile si sottopone a una visita specialistica a carattere esclusivamente preventivo. Di questo 25%, solo il 3.5% ha effettuato una visita specialistica urologica.
Non esiste a oggi, alcun esame che da solo consenta di diagnosticare con certezza un cancro della prostata. Perché si possa riconoscere precocemente una neoplasia prostatica è necessario avere in mano tre elementi: il dosaggio del PSA, l’esplorazione digito-rettale della prostata e una valutazione ecografica della ghiandola. Ciascuno di questi elementi è parte essenziale del processo diagnostico e non può prescindere dagli altri due: solo la combinazione di queste tre informazioni potrà guidare la decisione clinica finale, individuare le forme più aggressive di tumore e scegliere le terapie salvaguardando la qualità di vita del paziente. «Naturalmente, sarà compito dell’urologo – spiega Mirone – valutare se un eventuale innalzamento dei valori del PSA sia legato all’aumento di volume della prostata, a una patologia infiammatoria o a un tumore della ghiandola. È tuttavia di grande importanza rilevare che eseguire periodicamente, sempre su consiglio del proprio medico, il dosaggio del PSA consente di ridurre la mortalità cancro-specifica del 30-50%, al pari di altri test la cui efficacia è universalmente accettata, quali la mammografia per il cancro del seno e la ricerca del sangue occulto nelle feci per il cancro del colon-retto.». (Redazione Fidest)

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Pesce crudo e anisakis

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Mangiare il pesce crudo e prendersi l’anisakidosi. E’ un rischio concreto perché va di moda mangiare pesce crudo, in particolare il sushi e sashimi. L’Anisakis è un verme di 3-4 cm, che può infestare praticamente tutti i pesci ma le specie più frequentemente colpite sono l’aringa lo sgombro, il tracuro, il melù, il pesce sciabola, il merluzzo, le acciughe, la sardina e le triglie. Nessuna area di pesca marittima può essere considerata immune da larve di Anisakis. Il vermetto provoca dolori addominali, diarrea, nausea, vomito, perforazioni dell’in-testino e dello stomaco. A questi rischi ora se ne aggiunge un altro: l’allergia. Le reazioni allergiche alle larve di Anisakis comprendono gastroenterite e sintomi di natura reumatologica e dermatologica. E’ quanto rivela uno studio dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La soluzione e’ la cottura del pesce perché l’anisakis non resiste a temperature superiori a 60 gradi. La legge prevede che i pesci consumati crudi devono essere lasciati nel congelatore per 24 ore a -20 gradi. La prescrizione vale anche per un piatto molto popolare: le alici marinate. Il succo di limone o l’aceto non bastano a uccidere il parassita, occorre appunto la refrigerazione prolungata. Sarebbe interessante chiedere ai ristoratori se le alici, o comunque il pesce crudo, che ci servono hanno passato una giornata nel congelatore. (Redazione Fidest)

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Sopravvivenza infantile

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Ogni anno 10,5 milioni di bambini muoiono prima del 5° anno di vita: oltre 29.000 al giorno. La maggior parte di queste morti sono prevenibili. La polmonite, rivela un rapporto presentato da UNICEF e OMS, risulta la principale causa di mortalità infantile sotto i 5 anni: oltre 2 milioni di bambini ogni anno, più di quanti muoiono a causa di AIDS, malaria e morbillo messi insieme. Sulla lotta alla mortalità infantile, occorre accrescere la conoscenza delle tematiche correlate e promuovere gli interventi per ridurla di 2/3 entro il 2015, in linea con il 4° Obiettivo di sviluppo del millennio. In vista del termine ultimo del 2015, appare chiaro che il 4° Obiettivo di sviluppo del millennio non sarà raggiunto se la comunità internazionale non mobiliterà le risorse economiche e la volontà politica necessarie a promuovere la sopravvivenza infantile.
Il fallimento non è inevitabile; l’obiettivo può essere raggiunto se ci sarà la necessaria volontà. La mortalità infantile va affrontata nell’ambito di “un’assistenza costante” alla salute materna, neo natale e infantile, e con riferimento ad alcune delle principali cause di mortalità infantile, come la malnutrizione, la malaria e l’HIV/AIDS. Il convegno odierno esamina le soluzioni possibili – ad esempio l’approccio denominato Iniziativa accelerata per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’infanzia, che sta contribuendo a ridurre la mortalità infantile in alcune parti dell’Africa occidentale – per diffondere su scala globale gli interventi sanitari di provata efficacia. (Redazione Fidest)

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Nanotecnologia e alimentazione

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Il futuro degli alimenti sarà contrassegnato dall’infinitamente piccolo. Tutto quello che mangiamo, nei prossimi anni avrà avuto a che fare, in una delle sue fasi di produzione, con la nanotecnologia. E’ quella scienza che consente di manipolare e controllare i materiali a livello di atomo e molecole (materiali di dimensioni che variano approssimativamente da 0,1 a 100 nanometri, cioè un milionesimo di millimetro) per, ad esempio, conservare più a lungo il cibo confezionato, renderlo resistente al calore e alle contaminazioni batteriche, ma anche per impedire l’alterazione della struttura e del sapore dei prodotti conservati in frigorifero. Si stanno studiando sistemi di ‘Smart packaging’ in grado di proteggere meglio gli alimenti e aumentare le tecniche di monitoraggio che permettono la tracciabilità del prodotto dal produttore al consumatore. Materiali di imballaggio più leggeri e più flessibili che sono più resistenti al calore, alla luce, al danno meccanico e materiali in grado di assorbire l’ossigeno e l’umidità ci aiuteranno a mantenere freschi gli alimenti più a lungo. Nanoparticelle dotate di proprietà antimicrobiche e con superfici repellenti allo sporco si spera trovino un’applicazione diffusa nei materiali di confezionamento e nei macchinari utilizzati nei processi di produzione degli alimenti. Inoltre vi sono le pipeline, materiali che possono modificare le loro proprietà in base alle condizioni interne o esterne, come ad esempio la temperatura, e quelli che si autoriparano in caso di strappamento o bucatura. Un’altra idea innovativa è l’utilizzo di nanosensori all’interno delle confezioni in grado di rilevare piccolissime quantità di sostanze chimiche come quelle rilasciate dagli alimenti quando iniziano a deteriorarsi. Il consumatore si accorge del deterioramento o della contaminazione del prodotto attraverso il cambio di colore della confezione. La nanotecnologia non ha nulla a che vedere con i nano inquinanti. La nanotecnologia promette molto, ma crea anche inquietudini. Tempo fa la Commissione Europea ha dibattuto con esperti e scienziati di varie branche per capire se fosse necessario disciplinarne le applicazioni in campo alimentare. Poiché nessuno sembra ancora in grado di dare risposte convincenti alle domande più pressanti dei consumatori, Bruxelles ha deciso di non regolare la materia e di risolvere la questione con un codice di comportamento per le aziende interessate. In pratica, un via libera. Il codice richiesto prevede dei criteri piuttosto semplici e prevedibili; si limitano a suggerire prudenza ed eticità per non danneggiare la salute e l’ambiente. (Redazione Fidest)

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Qualità dell’acqua: Controlli continui

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

In riferimento a quanto pubblicato recentemente dalla stampa in merito ai controlli sulla presenza di sostanze chimiche nell’acqua, è necessario anzitutto distinguere tra l’acqua distribuita in rete e l’acqua prelevata dai pozzi prima dei trattamenti. Sia i pozzi sia l’acqua in rete vengono costantemente monitorati attraverso campionamenti effettuati dall’Asl e analisi svolte dall’ARPAT, oltre a quelli fatti dal Gestore (Acque S.p.A.) in auto-controllo. La frequenza dei campionamenti per il rilevamento dei parametri chimici è tale da garantire il monitoraggio efficace della qualità dell’acqua distribuita.
Resta la costante di una procedura per la valutazione del livello di inquinamento dei pozzi e per il monitoraggio più frequente della rete. E’ richiesto, inoltre, di installare a scopo precauzionale un sistema di trattamento aggiuntivo volto a evitare qualsiasi passaggio della sostanza nell’acqua distribuita dalla rete. L’indagine dovrà stabilire le cause di una eventuale contaminazione, che potrebbero risalire anche a parecchio tempo fa dal momento che il CVM è il prodotto di degradazione di altre sostanze chimiche clorurate. Oltre a questo stretto controllo, più in generale, è fondamentale l’impegno a evitare la contaminazione all’origine dell’acqua (che vede diverse segnalazioni nel nostro Paese), mediante un’oculata pianificazione e programmazione del territorio, in particolare di insediamenti produttivi che utilizzano sostanze pericolose. La qualità dell’acqua è un problema primario per la salute e questa deve essere tutelata in modo assolutamente prioritario, come adesso avviene. (Redazione Fidest)

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Diarrea del viaggiatore

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

La Diarrea del Viaggiatore è considerata la sindrome clinica più frequente nei viaggiatori internazionali. Studi epidemiologici recenti hanno dimostrato che essa interessa dal 20 all’80% dei viaggiatori internazionali che si recano in paesi del Medio-Oriente, dell’Africa, del continente indiano, del Sud Est Asiatico e dell’America latina (1 su 5, 4 su 5 a seconda dei diversi studi). La diarrea può essere associata a nausea, vomito, crampi addominali e febbre. Vari batteri, virus e parassiti sono responsabili della Diarrea del Viaggiatore, ma i batteri sono responsabili della maggior parte dei casi, in particolare l’Escherichia Coli Enterotossica (ETEC). I viaggiatori devono prestare grande attenzione a tutti gli alimenti e bevande compresi quelli serviti negli hotel e nei ristoranti di qualità al fine di ridurre il rischio di contrarre la Diarrea del Viaggiatore o di contrarre altre malattie trasmesse da cibo e acqua contaminati come l’Epatite A, il Colera e la Febbre tifoide.
Il rispetto delle norme di sicurezza alimentare rappresenta la misura più efficace di prevenzione:
– evitare il cibo che è stato tenuto a temperatura ambiente per parecchio tempo, come il cibo dei buffet e quello dei venditori ambulanti
– evitare gli alimenti crudi ad eccezione della frutta e della verdura che possono essere sbucciate o pelate personalmente dal viaggiatore
– bere solo acqua imbottigliata, evitare il ghiaccio e non lavarsi i denti con acqua non potabile
– No a uova crude o insufficientemente cotte
– No a gelati di origine dubbia, compresi quelli venduti per strada
– In certi paesi del Centro e Sud America o dell’Asia il pesce e i crostacei possono contenere tossine pericolose
– Attenzione al latte. Bollire quello non pastorizzato.
Pur essendo di buon senso, le norme di sicurezza alimentare vengono rispettate poco anche da persone colte e avvedute. In uno studio della nostra Società Italiana di Medicina del Turismo (2009), il 39% dei medici italiani ammetteva di aver commesso almeno un errore alimentare durante un viaggio all’estero. Un’altra misura di prevenzione contro la Diarrea del Viaggiatore è rappresentata dalla vaccinazione anticolerica, in quanto il vaccino in uso anche il Italia (Dukoral) fornisce una protezione crociata nei confronti dell’Escherichia Coli Enterotossica, responsabile dell’80% dei casi di Diarrea del Viaggiatore. Altri importanti vaccini contro gravi malattie causate da cibo e bevande sono quelli contro l’Epatite A e la Febbre tifoide. Nei casi in cui la diarrea persista anche al ritorno, occorre compiere l’esame colturale delle feci e le necessarie indagini ematochimiche per escludere patologie come amebiasi, giardiasi e brucellosi. (Da un articolo del dott. Walter Pasini Presidente Società Italiana di Medicina del Turismo) (Redazione Fidest)

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Disidratazione: il nemico numero uno per la salute

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Le ondate di calore rappresentano un importante rischio per la salute pubblica specie per la popolazione anziana cui manca lo stimolo della sete quando il corpo si disidrata. Le ondate di calore sono tanto più pericolose quanto maggiore è l’intensità, il tasso di umidità, la durata e quando il caldo persiste nelle ore notturne. I rischi del caldo sono legati agli effetti della disidratazione, condizione fisiopatologica che comporta una serie di effetti sul rene, sul cervello e sull’apparato cardiovascolare. Il rischio principale delle ondate di calore è rappresentato dal colpo di calore che si caratterizza per una grave alterazione dei meccanismi di termoregolazione e per l’incapacità dell’organismo di disperdere calore. La temperatura interna può salire fino a 40/41 gradi, mentre la sudorazione diminuisce fino ad arrestarsi. Compaiono cefalea, confusione mentale, fatica a respirare. Nei casi gravi compaiono insufficienza renale, collasso cardiocircolatorio, aritmie, danno cerebrale e coma. Il colpo di calore può portare a morte in poche ore dall’inizio dei sintomi e miete vittime nei soggetti defedati e in quelli affette da patologie croniche. Prima dell’arrivo del soccorso medico, il trattamento consiste nel porre il paziente in ambiente fresco e ventilato, al riparo dal sole; nel toglierli i vestiti, bagnargli il corpo con asciugamani inumiditi, nell’applicargli una borsa di ghiaccio sul capo. Il trattamento medico deve prevedere il monitoraggio della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, del volume sanguigno e della funzionalità renale. Per prevenire il colpo di calore e gli altri danni da calore specie negli anziani occorre soprattutto non lasciarli soli ad affrontare l’ondata di calore, occorre limitarne l’esposizione al caldo dotando qualche ambiente di aria condizionata, ventilando le stanze in cui vivono, aiutandoli a fare docce frequenti e soprattutto aiutandoli a bere acqua in quantità sufficienti a evitare la disidratazione, L’assunzione di acqua deve avvenire nell’intero corso della giornata senza aspettare lo stimolo della sete per una quantità totale di 1,5-2 litri che può variare a seconda delle condizioni cliniche del soggetto e dello stato di salute. L’assunzione di bicchieri di acqua durante l’intero arco della giornata deve essere considerata una misura salva-vita. I pasti devono essere leggeri, ricchi di frutta e verdura. Da evitarsi le bevande zuccherine, specie quelle ricche di caffeina e teina in quanto aventi effetti diuretici. L’acqua deve essere fresca per abbassare la temperatura interna. (Da un articolo del dott. Walter Pasini Presidente della Società Italiana di Medicina del Turismo) (Redazione Fidest)

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Invecchiare bene si può

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

«Creare la figura del geriatra di base e responsabilizzare il medico di famiglia, il primo anello della catena di spesa sanitaria». Subito dopo s’impone un altro aspetto del problema: come migliorare le condizioni dell’invecchiamento degli italiani? Dobbiamo innanzitutto capire qual è la sua entità. Diciamo che il 34,6% della popolazione italiana ha raggiunto i 65 anni, e se osserviamo il fenomeno a livello mondiale sappiamo che gli over 65 nel mondo passeranno dagli attuali 756,45 milioni a più di un miliardo e 400 milioni. Negli anni abbiamo riempito il territorio di consultori, dove si trovano tutte le professionalità mediche: psichiatri, sociologi, pediatri di base ecc. È incomprensibile come in un paese che invecchia progressivamente come l’Italia, ancora non si sia pensato di istituire la figura del geriatra di base che punti sulla prevenzione per migliorare le condizioni di vita dell’anziano. Dobbiamo inoltre tornare ad attribuire al medico di famiglia quel ruolo centrale che merita. È il medico di medicina generale che può decidere della spesa farmaceutica, diagnostica e specialistica. C’è poi scarsa sinergia tra medico di famiglia, guardia medica, servizi territoriali, pronto soccorso ecc. L’informatizzazione dei dati sanitari potrebbe aiutare a tenere sotto controllo la situazione medico-sanitaria del territorio. Lo stesso medico ospedaliero, in caso di ricovero, troppo spesso non fa che ripetere visite specialistiche e diagnostiche già prescritte al paziente dal medico di medicina generale, con il risultato di raddoppiare la spesa e i tempi di cura». Il servizio sanitario nazionale in generale funziona. Ma negli ultimi 15 anni, non siamo riusciti ancora a definire né i livelli di assistenza sanitaria né quelli socio-assistenziali di base, né a rendere uniforme la qualità del servizio su tutto il territorio nazionale. Tutto ciò rende difficile contribuire al miglioramento delle condizioni degli anziani e non solo. (Redazione Fidest)

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Cartella clinica elettronica

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Negli ultimi anni, le aziende ospedaliere e tutto il mondo della sanità si sono spesso trovati in prima linea nell’introduzione di nuove tecnologie e nella ricerca di applicazioni innovative che potessero da un lato migliorare la qualità del servizio per il paziente, dall’altro ridurre i costi e aumentare l’efficienza e l’efficacia dei processi. La cartella clinica elettronica permette alle aziende sanitarie di ridurre i costi e consente un migliore flusso delle informazioni, che diventano disponibili in modo più sicuro, rapido e omogeneo. In Italia il valore del mercato della cartella clinica elettronica è di circa € 58 milioni, con un tasso di crescita medio del 14.9% nel periodo 2012-2017. L’Italia sembra quindi seguire più di ogni altra nazione gli esempi virtuosi degli ultimi tre anni, rappresentati da Regno Unito, Germania e Francia. Grazie alle importanti iniziative governative e private che l’Italia sta portando avanti nel settore dell’e-Health, il mercato della cartella clinica elettronica raggiungerà un valore pari a circa € 190 milioni nel 2018. I centri studi della Fidest a questo riguardo hanno indicato una possibile introduzione della cartella clinica introducendola nel chip della tessera sanitaria. I vantaggi sono innumerevoli se ad esempio, le ambulanze fossero dotate di appositi lettori potrebbero in tempo reale venire a conoscenza di dati preziosi in specie per terapie d’urgenza come per gli infarti e gli ictus. Lo stesso dicasi per i pronti soccorsi anche per l’assegnazione dei codici di gravità. (Redazione Fidest)

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Come gestire il presente con una politica ingessata

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 agosto 2018

Da ciò dovrebbero oggi trarne coscienza i governanti dei vari paesi allorché preparano le tecniche per governare il presente senza affacciarsi dalla finestra per guardare oltre.
E’, questo, un grave errore che ci fa sfuggire dalla realtà e scava un solco tra il paese reale e i suoi governanti. E’ una pecca che si può pagare a caro prezzo poiché rendiamo possibile un altro convincimento, a mio avviso molto deviante per quanto affascinante, che è possibile fare a meno della politica dei partiti.
E’ un’idea, devo ammetterlo, che mi affascina e sulla quale ho riflettuto a lungo, pur respingendola poiché la considero una logica estremista pericolosa e capace di provocare, alla lunga, più danni che vantaggi.
Sono, invece, propenso nel ritenere che vi possa essere una strada di mezzo, soprattutto in quei paesi a “democrazia incompiuta” come l’Italia, dove s’imporrebbe una “dittatura” a tempo per rimettere in sesto quelle riforme che sono sistematicamente bloccate dai veti incrociati dagli interessi contrapposti e corporativi tra le parti in causa. Una dittatura non solo di breve durata ma vincolata dalla presenza di alcuni garanti istituzionali chiamati sia dal mondo politico sia da quello economico e sociale. Che cosa dovrebbe fare questo dittatore?
Prima di tutto sbloccare i vincoli che tengono stretti alcuni soggetti alla tenuta dei loro “privilegi”. Pensiamo alla riforma della scuola, del sistema tributario, della giustizia e di quello elettorale per dare maggioranze ben definite e capaci di muoversi senza veti di sorta. D’altra parte quando i politici parlano di larghe intese non siamo molto distanti da una soluzione capace di ricavare risultati efficaci per una più corretta gestione della cosa pubblica senza dover tener da conto i forti interessi di categoria e le consorterie di varia natura. Al tempo stesso mi chiedo: ma per fare tutto questo non è sufficiente un forte consenso popolare e movimenti politici ben radicati sul territorio ma anche determinati a non subire i condizionamenti delle lobby? In linea teorica è possibile ma in pratica gli elettori subiscono troppe restrizioni e vengono distratti dalla macchina della disinformazione che non si fa scrupolo nel diffondere notizie non veritiere e tali da suscitare sentimenti di disagio esistenziale che conducono alla stessa degenerazione del sistema. Per farla breve siamo stati troppo a lungo abituati a ragionare con la pancia che non riusciamo del tutto a farlo con la testa. (Riccardo Alfonso)

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