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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 108

Il Manuale diagnostico e statistico DSM-5

Posted by fidest press agency su lunedì, 19 agosto 2019

Caserta, 21 e 22 settembre 2019 Le diverse ideologie psichiatriche sembrano alimentare una dissociazione che spinge il pluralismo integrativo della ricerca psico-patogenetica in un dominio caotico prossimo a una commedia pirandelliana.Lo Psicologo David Rosenhan, negli anni ’70, pubblicò un lavoro sulla rivista Science in cui aveva reclutato finti pazienti, educandoli poi nella simulazione dei sintomi primi della schizofrenia. Egli riuscì, così, ad indurre un grande bluff psicodiagnostico nelle diverse strutture specialistiche di recezione dei falsi pazienti, che confermarono per tutti l’errata diagnosi.
C’è ancora spazio nella nostra coscienza e nella speculazione scientifica per la carismatica psicanalisi?
Il DSM 5 nasce, dunque, dallo sforzo durato 14 anni e dal lungo lavoro dialettico frutto della sintesi di una task force composta da più di 1000 scienziati e ricercatori nord americani e non solo. Ma tale fatica sarà riuscita a dare una risposta a un dilemma di shakespeariana memoria?
È più utile tendere verso una classificazione di tipo funzionale-dimensionale o verso quella di tipo nosografica-categoriale?
L’opera è nata non per essere la bibbia degli psichiatri ma in essa si è cercato di rispettare un orientamento classificativo-ateoretico, direi quasi “algebrico”, fondato sulla sommatoria dei diversi sintomi che andavano a confluire poi in un disturbo. La principale agenzia di ricerca federale americana, Il National Institute of Mental Health (NIMH) ha lanciato un progetto ambizioso sui criteri da utilizzare nell’ambito della ricerca (Research Domain Criteria – RDoC) nell’intento di legare, con il sottile filo della obiettiva consapevolezza, la fisiopatologia, la genomica e le neuroscienze per arrivare a una futura classificazione dei disturbi mentali (forse, l’ottava meraviglia del mondo è in corso d’opera).
Non ci sono più spirochete, treponemi o bacilli di Kock che possano tradurre e giustificare un’etiopatogenesi lineare, ma esiste la possibilità di costruire modelli complessi orientati a contemplare nel loro interno il rischio genetico, in relazione all’ambiente.
Ogni teorema e ogni rete presentano dei limiti, ed è proprio grazie a questi limiti che noi cerchiamo di mettere ordine nella realtà; è necessario però considerare alcuni caveat, avvertimenti o riserve: non possiamo più sostenere che il livello fondamentale della psicopatologia si trovi solo nei circuiti cerebrali, ciò potrebbe essere penalizzante per la psicoterapia, anche se tale assioma può diventare una piattaforma di lancio e di significato per lo sviluppo di nuovi farmaci. L’empatia, l’autoriflessione e la meta-rappresentazione consentono di rinunciare, in ragione dell’umiltà e della sensibilità, agli imperativi categorici dell’evidence based per proiettarsi verso una psichiatria complex systems based, dove il senso del limite diventa il motore di ricerca per navigare nella complessità.
La complessità nella schizofrenia è una parola “problema” e non una parola “soluzione” (Edgar Morin).La nostra navigazione, attraverso la complessità, toccherà i temi della salienza aberrante, dell’anedonia consumatoria e di quella anticipatoria propria della schizofrenia e attraverserà ciò che Jaspers, il padre della psicopatologia, ha definito Wahnstimmung – concetto tradotto con il termine di “atmosfera delirante”.Si cercherà, in uno stile abbastanza ateoretico, di percorrere il cammino classificativo e tassonomico seguito nel DSM-5 facendo riferimento alle patologie più importanti. L’interattività del workshop consentirà la possibilità di tradurre, in una dimensione interpersonale, credenze o pezzi di coscienza che noi potremmo aver troppo personalizzato e forse troppo ego-centrato.

Una Risposta to “Il Manuale diagnostico e statistico DSM-5”

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