Roma Capitale. La Raggi, i rifiuti e il riuso creativo
Posted by fidest press agency su venerdì, 11 ottobre 2019
Un tempo si chiamavano bidelli, ora operatori scolastici, prima erano netturbini ora sono operatori ecologici. E’ la trasformazione di nomi e professioni dei quali, il buonismo imperante, ha tentato di rendere gradevole il suono degli appellativi.Anche ai rifiuti, quelli che a Roma si chiamano “monnezza”, si è trovato il modo di ingentilirne la definizione: materiale post-consumo. E’ la definizione della assessore Pinuccia Montanari, dimessasi mesi fa per contrasti con la sindaca Virginia Raggi.Scriveva, la ex assessore Montanari: “Noi non li vogliamo più chiamare rifiuti, ma li vogliamo definire materiale post-consumo: materiali che potrebbero ritornare ad avere vita, attraverso un processo che li valorizzi dal punto di vista ambientale ma anche da quello sociale e da quello della tutela della salute”.
Parafrasando il Leopardi, invocando indulgenza, potremmo dire “il naufragar è dolce in questo mare di parole”.
Nel frattempo che il nome “rifiuti” si trasformi in valore socio-sanitario e ambientale, a Roma i rifiuti fanno, parte dell’ambiente quotidiano.Una soluzione prospettata dalla sindaca Raggi è quella del “riciclo creativo”, “un luogo dove le persone possono portare oggetti che non usano e che avranno vita nuova. Potrà essere anche un luogo di aggregazione, in Francia li chiamano “repair cafè”. Dimentica, la Raggi, che questi luoghi esistono da tempo, prima della sua elezione a sindaca, e che rimane il problema della prosaica “monnezza” che non trova luoghi dove si pratichi il riciclo creativo.Dopo più di 3 anni dalla sua elezione, la sindaca Raggi offre, alla vista, cassonetti della “monnezza” stracolmi e maleodoranti, sacchi di rifiuti accatastati e frotte di topi e gabbiani intendi a banchettare.Alla faccia del materiale post-consumo e del riciclo creativo. (Primo Mastramtoni, segretario Aduc)
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