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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 113

Le rivoluzioni dell’evo moderno e della nostra contemporaneità

Posted by fidest press agency su domenica, 22 dicembre 2019

Nella grande rivoluzione, quella francese della fine del XVIII secolo, si era affermata una diversa classe sociale: quella borghese e sostenuta, a sua volta, dal proletariato con funzioni subalterne. Quest’ultimo, infatti, non ne aveva tratto un gran giovamento. Occorreva la revisione storico-dialettica di Marx, definita nel “Capitale”, per fissare nuovi paletti a quella società di “emergenti” che un po’ tutti non trovavano di meglio che bistrattare.
Diciamo, quindi, che, alle soglie del Ventesimo secolo il socialismo aveva inglobato una dottrina marxista che i rivoluzionari francesi non potevano conoscere perché fu successiva al loro tempo. La stessa industrializzazione aveva subito un ulteriore sviluppo e i conflitti sociali si rendevano più acuti per l’ansia, da una parte, di facili arricchimenti e, dall’altra, quella di considerare il lavoro umano una condizione da sfruttare come un dovere civico, ma senza riconoscerne i più elementari diritti alla salute, alla previdenza e, in una parola, al welfare.
Per molti occidentali la rivoluzione russa fu vista come una prova generale di ciò che poteva accadere al resto del mondo se non si correva, in qualche modo, ai ripari. D’altra parte la stessa industrializzazione aveva subito un successivo sviluppo portandosi dietro non poche contraddizioni e disuguaglianze sociali. Il fascino, se non l’ansia, che taluni mostravano, per i facili arricchimenti, provocava, sull’altro versante, un appiattimento dei diritti fondamentali dei lavoratori dipendenti.
Ciò si riduce anche nella considerazione che al bisogno vitale dell’umanità di identificarsi in un equilibrio istituzionale la stessa società tende a sbarrare il cammino alla naturale soddisfazione di questo bisogno. Ciò si osserva un po’ ovunque: nella giustizia, nel sociale, nell’istruzione e nella politica. (Riccardo Alfonso)

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