Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 35 n°165

Archive for 25 marzo 2023

Credit Suisse e la bolla globale dei derivati

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi. Il credito di salvataggio di ben 54 miliardi di dollari da parte della Banca centrale svizzera non è bastato a stabilizzare il Credit Suisse. Anche la fusione con la più grande banca elvetica, l’Ubs, non sembra calmare le acque turbolente dei mercati finanziari internazionali. La ragione, di cui si tende a non parlare, è una e semplice: l’esposizione in derivati finanziari speculativi otc, quelli non regolamentati e tenuti fuori bilancio, del Credit Suisse e delle banche too big to fail. In particolare quelle americane. L’ultimo rapporto sui derivati dell’Office of the Comptroller of the Currency, l’agenzia Usa di controllo bancario, ha rilevato che, al 30 settembre 2022, quattro banche statunitensi detenevano ben 195.000 miliardi di dollari di derivati finanziari, pari all’88,6% del valore nozionale di quelli presenti nel sistema bancario nazionale. JPMorgan Chase ne deteneva 54.300 miliardi di dollari, Goldman Sachs 50.970, Citibank 46.000 e Bank of America 21.600. Sebbene la legislazione Dodd-Frank, promulgata dopo la grande crisi del 2008, richiedesse che i derivati passassero attraverso la compensazione centrale, il 58,3% di essi non lo fa, rimanendo nella totale opacità. Anche un recente studio della Banca dei regolamenti internazionali analizza le gravi complicazioni nella gestione dei derivati ed evidenzia che “le banche estere con sede al di fuori degli Stati Uniti hanno un debito in derivati otc di 39.000 miliardi. Più del doppio del loro debito registrato in bilancio e più di 10 volte il loro capitale”. Un’esposizione ritenuta “sbalorditiva” e foriera di nuovi sconvolgimenti. Il Tesoro Usa sta esaminando l’esposizione delle banche statunitensi verso il Credit Suisse. Non si scopre adesso che il sistema bancario internazionale è strettamente interconnesso e che la crisi di un componente importante può diventare sistemica. Perciò, non regge la giustificazione secondo cui il problema sarebbe di origine estera, come le autorità americane hanno più volte sostenuto. Negli Usa il quadro normativo distingue le banche con sede sul territorio nazionale da quelle con sedi estere. Queste ultime non sono sottoposte agli stessi standard, come i requisiti patrimoniali e una liquidità più stringente. Conoscendo bene i rischi, l’hanno fatto per attirare negli Usa capitali, anche speculativi, per restare, a tutti i costi, il mercato dominante. La storia delle crisi del Credit Suisse è stata bellamente ignorata per anni e consapevolmente sottovalutata. D’altra parte, rivelava la malattia dell’interno sistema che non s’intendeva affrontare drasticamente e curare. Nel 2021 la banca aveva perso 5,5 miliardi di dollari a seguito di derivati pericolosi con l’hedge fund speculativo americano Archegos Capital Management, poi fallito. I segnali di allarme furono ignorati da tutti, non solo dal Credit Suisse. Quest’ultimo era già stato coinvolto, con forti perdite, anche nello scandalo e nel fallimento di Greensill Capital, la società di servizi finanziari britannica, che aveva lasciato un buco di 10 miliardi. In precedenza aveva pagato una multa di 5,3 miliardi di dollari alle autorità americane per aver ingannato gli investitori sul rischio dei titoli subprime legati alle ipoteche immobiliari. Credit Suisse, quindi, ha sempre operato sul mercato Usa. Da anni controlla la First Boston. Tra i suoi azionisti vi sono gli arabi, Arabia Saudita e Qatar, con il 20% e, poi, come sempre c’è l’onnipresente fondo americano BlackRock con circa il 5% delle azioni. Ben sapendo che si mettono in difficoltà le banche che hanno ingenti investimenti in titoli di Stato a lunga scadenza e a basso rendimento, l’aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali sembra essere una scelta obbligata. Nelle loro intenzioni mettere un freno all’inflazione resta la priorità, per evitare sconquassi economici e sociali. Per gli istituti finanziari in crisi metteranno a disposizione decine, centinaia di miliardi. E’ chiaro, però, che simili salvataggi pubblici non sono la soluzione. A ogni crisi il problema si ripresenta in dimensioni maggiori e peggiori. Perciò non ci si dovrebbe mai stancare di ripetere che una riforma globale della finanza è necessaria e ineludibile. Per riportare un po’ di sanità nel sistema finanziario, sarebbe opportuno ritornare alla separazione bancaria, alla legge Glass Steagall Act del presidente FD Roosevelt, e battere la speculazione attraverso l’accantonamento dei derivati otc e il divieto della cosiddetta leva finanziaria. Di Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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Schroders – Crisi, quale crisi? La Fed alza i tassi nonostante lo stress del settore bancario

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders. Nel corso dell’ultima riunione, la Federal Reserve ha alzato il tasso di riferimento dei Fed fund di 25 punti base, portandolo al 5% nel suo limite superiore. La mossa arriva dopo una settimana tumultuosa in cui le aspettative di rialzo dei tassi in vista di questo meeting sono passate da un rialzo di 50 punti base dopo la testimonianza del presidente Powell al Congresso, ad una probabilità del 50% di un rialzo di 25 pb.Durante la conferenza stampa, il presidente Powell ha sottolineato le azioni intraprese dalla Fed, dal Tesoro e dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) per sostenere il sistema bancario e garantire un’adeguata liquidità. Tuttavia, la decisione di continuare ad aumentare i tassi non ha ignorato la situazione del settore bancario. La dichiarazione della Fed ha rilevato che le condizioni del credito nell’economia sarebbero state inasprite dai recenti eventi e la forward guidance è stata ammorbidita, dicendo che potrebbe essere necessario un “ulteriore irrigidimento” della politica invece di un “proseguimento dell’aumento dei tassi”.La Fed era chiaramente in difficoltà su come reagire. Se avesse enfatizzato l’impatto delle banche sull’economia e non avesse proceduto a un rialzo, avrebbe potuto alimentare il timore che la situazione fosse peggiore di quanto temuto dall’opinione pubblica e dai mercati. Gli investitori si sarebbero chiesti: cosa sa la Fed che noi non sappiamo? Questo avrebbe potuto portare a un ulteriore ritiro dei depositi, a un maggiore intervento delle autorità e a un inasprimento ancora maggiore delle condizioni di credito. Se fosse andata avanti con un rialzo di 50 punti base, ci sarebbe stato il rischio di esagerare e di essere accusati di aver aggravato la situazione e innescato una recessione. La Fed ha invece scelto una via di mezzo e Powell ha sottolineato di ritenere il settore bancario sano e ben capitalizzato, pur rilevando che l’impatto complessivo sull’economia non è noto.Le proiezioni dei futuri tassi d’interesse (dot plot), ampiamente seguite, sono scese solo di 25 punti base. Sia il FOMC che i mercati prevedono un ulteriore rialzo a maggio, ma sul futuro le view sono diverse: i membri del FOMC prevedono tassi fermi fino al 2024, mentre il mercato si aspetta un taglio di 50 punti base entro la fine di quest’anno. Noi concordiamo con le prospettive del mercato, poiché ci aspettiamo che il rallentamento prenda piede e costringa la Fed a intervenire nel corso dell’anno. La crisi bancaria è un segno che la politica di restrizione sta mordendo e che, a nostro avviso, domerà l’inflazione una volta che gli effetti ritardati si saranno manifestati.

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T. Rowe Price – Growth: i tre fattori di supporto nel 2023

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Paul Greene, Portfolio Manager, T. Rowe Price. Il 2022 è stato un anno difficile per i titoli Growth, che hanno registrato ampie sottoperformance rispetto al Value. Nonostante ciò, in qualità di investitori di lungo periodo, abbiamo imparato preziose lezioni dai mercati ribassisti, in particolare che i cambiamenti che ne derivano possono dare forma ai rendimenti futuri e premiare gli investitori più pazienti. In particolare, tre cambiamenti potrebbero creare nuove opportunità per gli investitori Growth: la ciclicità delle big tech, l’aumento dell’inflazione di base e dei tassi d’interesse e la deglobalizzazione.Gli ultimi 12-18 mesi hanno confermato che le storie di crescita più popolari non sono immuni alle perturbazioni e alla debolezza dell’economia in generale – un netto cambiamento rispetto alla narrativa che circondava queste società prima e durante la pandemia di coronavirus.L’inflazione e i tassi d’interesse dovrebbero moderarsi rispetto ai picchi raggiunti, ma a nostro avviso è probabile che si assestino su livelli più alti rispetto a quelli dell’ultimo decennio.È improbabile che emergano soluzioni facili a causa di alcuni dei principali fattori alla base della carenza di manodopera negli Stati Uniti e della recente inflazione salariale, che comprendono temi come l’invecchiamento della popolazione e il calo dell’immigrazione negli USA e l’epidemia degli oppioidi e gli effetti a lungo termine del Covid-19.In un simile contesto, l’aumento degli utili e dei free cash flow (anziché l’aumento delle valutazioni) potrebbe diventare un importante motore di rendimento. Questo scenario potrebbe favorire le strategie Growth che enfatizzano la disciplina delle valutazioni e la qualità dei business.Con l’approvazione del Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors (CHIPS) and Science Act del 2022, gli Stati Uniti si sono uniti ai Paesi che hanno adottato politiche a sostegno della produzione nazionale di semiconduttori.Nei prossimi anni, la spinta strategica verso la “riqualificazione” della produzione di semiconduttori dovrebbe aumentare il fabbisogno di strumenti e attrezzature utilizzati nel complesso processo di fabbricazione dei chip. Questa tendenza rafforzerebbe altri fattori di spinta della domanda a lungo termine, come le più ampie spinte all’elettrificazione e alla digitalizzazione dell’economia. Ciò significa che l’industria dovrà affrontare costi più elevati per espandere la capacità produttiva.Guardando al futuro, l’ascesa dell’intelligenza artificiale (IA) ha suscitato molto scalpore. Ma il recente lancio e la popolarità dei cosiddetti modelli di IA generativa, in grado di produrre risposte testuali e grafiche a domande o richieste dell’utente, per quanto serie o insensate, ha reso questo tema più tangibile per l’industria e gli investitori. Dunque, bisognerà prestare molta attenzione al modo in cui l’IA generativa e gli algoritmi di autoapprendimento potrebbero guidare l’innovazione e la disruption nell’economia digitale e nel mondo reale. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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PGIM Fixed Income: I messaggi contrastanti sul settore bancario insidiano la svolta dovish della Fed

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Daleep Singh, Chief Global Economist, PGIM Fixed Income. L’esito della riunione del FOMC di mercoledì ha rispettato le nostre aspettative (e quelle del mercato) di un rialzo dovish, anche se permangono più domande che risposte. La parte meno sorprendente del meeting è stata il segnale di prudenza che ha accompagnato il rialzo dei tassi di 25 punti base verso un target del 4,75-5,00%: la Fed ha ammorbidito le proprie indicazioni su ulteriori rialzi dei tassi – si è passati dal dichiarare “aumenti costanti dei tassi saranno appropriati” a “potrebbe essere necessario un ulteriore irrigidimento della politica monetaria”. Inoltre, il tasso di picco previsto dalle proiezioni del FOMC è stato lasciato invariato al 5,25%, segnalando che la fine della campagna di rialzo dei tassi è ormai alle porte; il presidente della Fed Powell ha riconosciuto che, in occasione di quest’ultima riunione, è stata valutata l’ipotesi di una pausa. La dichiarazione ha anche chiarito, con una particolare enfasi da parte del presidente Powell durante la conferenza stampa, che lo stress del settore bancario peserà sulla crescita, sul mercato del lavoro e sull’inflazione – in sostanza, un pretesto per ulteriori rialzi dei tassi.Tuttavia, discutendo i recenti sviluppi del settore bancario, non possiamo fare a meno di rimanere perplessi di fronte alla continua enfasi del Presidente della Fed Powell sul fatto che “tutti i correntisti sono al sicuro” quando, quasi nello stesso momento, il Segretario al Tesoro Yellen ha dichiarato al Congresso che l’assicurazione sui depositi senza massimale “non è qualcosa che abbiamo preso in considerazione”. Senza una chiara copertura governativa per i correntisti non assicurati delle banche di medie dimensioni (oltre il 40% del totale delle banche di medie dimensioni nel quarto trimestre del 2022), la probabilità che le tensioni continuino e si intensifichino rimane elevata. In effetti, come ha riconosciuto il presidente Powell, l’entità e la persistenza dello shock del settore bancario sull’economia reale rimangono molto incerte, mettendo in dubbio la convinzione che non saranno necessari tagli dei tassi per quest’anno. La nostra previsione rimane che il rialzo odierno sarà probabilmente l’ultimo di questo ciclo e che la coda lunga dell’attuale shock del settore bancario costringerà la Fed a tagli dei tassi di 50-75 punti base entro fine anno.Sebbene i mercati siano stati inizialmente sostenuti dall’inclusione dei rischi di ribasso nella valutazione del presidente Powell, compresi i suoi tentativi di rassicurare i correntisti, l’ottimismo è venuto meno con il discorso al Senato del Segretario al Tesoro e l’esclusione, avvenuta quasi in contemporanea, di potenziali e ampie garanzie sui depositi. Dopo che sono state svelate le difficoltà delle banche regionali, i titoli azionari hanno subito un ampio calo e gli spread creditizi si sono ampliati.Tutte queste cattive notizie, tuttavia, non sono state altro che buone notizie per il mercato dei Treasury. Mentre i rendimenti sono scesi lungo tutta la curva, l’attenzione della Fed per il sostegno alla crescita e l’affievolimento dell’attenzione per la lotta all’inflazione, almeno per il momento, hanno portato a un irripidimento della curva, in quanto i tassi a breve sono scesi più di quelli a lunga scadenza.In prospettiva, i movimenti del mercato saranno logicamente guidati dai dati e dagli eventi. Se i numeri della crescita e dell’inflazione dovessero risultare elevati e forti, i mercati del rischio probabilmente ne risentiranno, poiché il margine di manovra della Fed per combattere lo stress bancario con condizioni più favorevoli sarebbe limitato. Al contrario, una moderazione della crescita e dell’inflazione – che sembra probabile visto l’inasprimento delle condizioni del credito – dovrebbe mantenere viva la speranza di una fine dei rialzi dei tassi della banca centrale e guadagnare tempo per la stabilizzazione del settore bancario.

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PIMCO: La Fed guarda più alla persistente inflazione rispetto allo stress del sistema bancario

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Tiffany Wilding, North American Economist e Allison Boxer, Economist di PIMCO. Nel corso della riunione di marzo, la Federal Reserve ha aumentato il tasso di riferimento di 25 punti base, segnalando al contempo una prospettiva più cauta, in quanto i funzionari sono alle prese con le recenti tensioni nel settore bancario e con un’inflazione ancora elevata. Il comunicato della Fed premette infatti che “i recenti sviluppi potrebbero comportare un inasprimento delle condizioni di credito per le famiglie e le imprese e pesare sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione”. I funzionari della Fed hanno anche avvisato che potrebbero rimanere in attesa dopo questo rialzo, affermando che un ulteriore irrigidimento della politica “potrebbe” essere appropriato, anziché “sarà” appropriato come affermato nella precedente dichiarazione di febbraio.In linea di massima, riteniamo che le tensioni nel settore bancario rallenteranno l’attività economica, la domanda e infine l’inflazione, rendendo necessario un minore intervento della Fed per inasprire sufficientemente le condizioni finanziarie. Di conseguenza, la Fed si è probabilmente avvicinata alla fine del ciclo di rialzi. Tuttavia, notiamo che mantenere la politica a livelli restrittivi è diverso dall’avviare il processo di normalizzazione o addirittura di allentamento della politica. Infatti, i tempi e la velocità di un eventuale ciclo di riduzione dei tassi dipenderanno dall’evoluzione dell’inflazione e dei rischi per la stabilità finanziaria nel tempo.Lo scenario economico si è modificato in modo rapido e significativo nelle settimane e nei giorni precedenti la riunione della Fed di marzo. Dopo che la Fed ha rallentato il ritmo dei rialzi dei tassi nella precedente riunione (con un rialzo di 25 punti base), i dati sull’attività economica di febbraio e marzo hanno indicato una crescita più solida del previsto. In primo luogo, i dati sull’inflazione del quarto trimestre, che in precedenza mostravano una moderazione più pronunciata del tasso di inflazione statunitense, sono stati rivisti al rialzo. In secondo luogo, l’economia statunitense ha continuato ad aggiungere posti di lavoro a un ritmo ben superiore al trend, con oltre 800.000 posti solo nei primi due mesi dell’anno.Di fronte a queste sfide contrastanti, la Fed ha aumentato il tasso sui fed funds di 25 punti base, ma ha anche segnalato cautela e dipendenza dai dati in un contesto di elevata incertezza. È stata eliminata la forward guidance che prevedeva rialzi dei tassi “continui”, mentre il presidente Powell ha sottolineato che non si prevedono più rialzi continui, ma che invece “potrebbero” essere necessari.I funzionari della Fed hanno inoltre apportato modifiche minime al dot plot e alle proiezioni economiche, riflettendo l’accresciuta incertezza e i vari fattori che offuscano le prospettive. Durante la conferenza stampa, il presidente Powell ha sottolineato la capacità di ripresa del sistema bancario statunitense, ma ha anche ammesso che i funzionari della Fed monitoreranno attentamente la misura in cui i recenti sviluppi inaspriscono le condizioni del credito, il che potrebbe contribuire a compensare la necessità di ulteriori rialzi dei tassi.Sebbene i fallimenti di SVB e Signature Bank a marzo possano rivelarsi in ultima analisi casi isolati, riteniamo probabile che portino a un rallentamento della crescita del credito nell’economia in generale, nonostante le misure adottate dai politici per sostenere il settore bancario. Non è obbligatoriamente necessario un evento di deleveraging massiccio e sistemico (come abbiamo visto nel 2008) perché l’economia cada in recessione; il rallentamento della crescita del credito può da solo rappresentare un significativo vento contrario alla crescita del PIL. Nel corso del tempo, riteniamo che le sfide contrastanti che i funzionari della Fed hanno affrontato nella riunione di marzo finiranno per far pendere l’ago della bilancia verso una crescita più debole e un’inflazione con il tempo più bassa. Infatti, i tempi e la velocità di un eventuale ciclo di riduzione dei tassi dipenderanno probabilmente dalla rapidità con cui l’economia reale risponderà alla recente stretta. (abstract) Fonte: http://www.verinieassociati.com

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Commento post meeting FED

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Dave Chappell, Senior Fixed Income Portfolio Manager di Columbia Threadneedle Investments. La Fed sta girando intorno alla pista di atterraggio, preparandosi ad atterrare in questo ciclo di inasprimento storicamente aggressivo. Le recenti turbolenze hanno ostacolato quello che sembrava un atterraggio morbido, suggerendo inizialmente un volo più lungo, mentre ora la pista di atterraggio appare illuminata. Il “punto” mediano è rimasto invariato rispetto a dicembre, anche se Powell aveva sostenuto dinanzi al Congresso una maggiore probabilità di un aumento dei tassi terminali, pochi giorni prima del fallimento della SVB. Tuttavia, l’atteso ulteriore inasprimento degli standard di prestito, causato dagli attuali problemi bancari, andrà ad aggiungersi al rapido inasprimento della Fed sostenuto fino ad oggi, i cui effetti si faranno sentire sull’economia reale nei prossimi mesi/trimestri. I mercati hanno lanciato avvertimenti rispetto a un possibile errore politico per mesi, e i servizi di salvataggio restano quindi in attesa per quello che potrebbe ancora rivelarsi un percorso accidentato. Fonte: http://www.columbiathreadneedle.it

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Energia nel Dl aiuti-quinquies: manca all’appello la sterilizzazione degli oneri di sistema

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Sempre più vicina, nel decreto Aiuti-quinquies, la proroga degli aiuti per altri tre mesi del bonus sociale sulle bollette per le famiglie con Isee fino a 15.000 euro. Secondo le prime ipotesi sarebbe prolungata fino a giugno anche l’aliquota agevolata IVA al 5% sul gas e sarebbe allo studio dell’esecutivo anche una possibile riforma della bolletta, differenziandola in base ai consumi di elettricità, nonché, per le imprese, l’applicazione di un credito di imposta che varia in base ai consumi.Provvedimenti necessari e in alcuni casi doverosi, che rappresentano un sostegno indispensabile in questa fase ancora estremamente delicata, soprattutto per le famiglie.A quanto pare, però, il Governo si è dimenticato di un provvedimento fondamentale e imprescindibile su questo fronte: la sterilizzazione degli oneri di sistema, che pesano in maniera eccessiva sulle bollette delle famiglie, specialmente per quanto riguarda l’energia elettrica.Ci auguriamo si tratti solo di una “svista”, che auspichiamo venga corretta al più presto, in attesa della definizione di una profonda revisione di tali oneri e dell’intero sistema di tassazione sulle bollette, che elimini voci obsolete e ne sposti altre sulla fiscalità generale. Reintrodurre gli oneri di sistema, infatti, significherebbe non solo azzerare i benefici determinati dalla lenta riduzione dei costi della materia prima, ma addirittura determinare ulteriori aumenti, di oltre 300 euro, che graveranno pesantemente sulle tasche delle famiglie. Per questo motivo torniamo a ribadire la necessità di un confronto immediato con il Governo, attraverso l’apertura di un tavolo con le Associazioni dei consumatori per definire le misure più opportune e adeguate ad aiutare le famiglie, ascoltando la voce di chi da sempre ne rappresenta le esigenze e gli interessi.

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Fed e BoE rialzano i tassi di 25 pb

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. Con un rialzo di 25 punti base, la Bank of England, analogamente alla Federal Reserve, alla Swiss National Bank e alla Norge Bank, continua a dare priorità alla lotta all’inflazione e opta per l’undicesimo aumento consecutivo dei tassi che, seppur ampiamente previsto alla luce del dato sull’inflazione britannica di ieri superiore alle attese (10,4%) e del target del 2%, può essere un segnale di fiducia nel sistema finanziario, in grado di superare le recenti turbolenze che hanno scosso il settore bancario. Nonostante il dato shock di ieri, quindi, la BoE è convinta che nel corso dell’anno si assisterà a una riduzione significativa dell’inflazione, dovuta ad un calo sostanziale dei prezzi di gas e petrolio e all’attenuazione delle limitazioni dell’offerta.Anche la Fed ha chiarito che la lotta all’inflazione resta la priorità assoluta, nonostante le recenti turbolenze che hanno scosso il settore bancario e portato al secondo più grave fallimento di un istituto bancario nella storia degli Stati Uniti. Il presidente della Fed ha chiarito nel dettaglio la sua posizione, affermando che un ulteriore inasprimento potrebbe essere all’orizzonte e che per quest’anno non è previsto un taglio dei tassi, anche se al momento gli operatori del mercato obbligazionario puntano sul contrario. La Fed, così come le principali banche centrali, è netta nel ritenere che la crisi del settore bancario non rappresenti un rischio per il sistema finanziario globale e mostra piena fiducia negli elevati standard di capitale e di liquidità che sono in vigore oggi rispetto al 2008.

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Finanza e banche: Matrimonio alla Svizzera

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A nostro avviso in Europa la solidità del sistema bancario non è in discussione, la normativa sui requisiti patrimoniali si applica a tutti gli istituti a prescindere dalle loro dimensioni e l’impatto del rialzo dei tassi, che comporta una discesa del valore delle obbligazioni che le banche hanno in pancia, viene contabilizzato nei bilanci ai prezzi di mercato. Il caso di Credit Suisse è sicuramente isolato, la crisi viene da lontano e non è certamente legata alle politiche monetarie restrittive ma a scelte gestionali sbagliate. Diversa invece la situazione negli Stati Uniti. Il problema che ha interessato SVB potrebbe allargarsi ad altre banche regionali, per questo la Fed e i maggiori istituti bancari (come JP Morgan) si sono affrettati a fornire supporto a quelle in difficoltà. Ci troviamo quindi in una fase delicata, dove nuovi rovesci non possono essere esclusi. Allo stesso tempo, però, è nei momenti come questo che si possono trovare ottime opportunità d’investimento. Riteniamo che il settore bancario europeo, finanziariamente solido e con una dinamica degli utili robusta come non si vedeva da anni, resti di grande interesse sia in ambito azionario che obbligazionario.

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Crisi bancarie: effetti sul mercato

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Commento a cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGRDopo un lunghissimo periodo a tassi zero, il 2022 è stato l’anno della grande svolta, complice l’inattesa impennata dei prezzi al consumo. Le Banche Centrali si sono ritrovate a rincorrere l’inflazione con massicci rialzi dei tassi, portati avanti senza esitazioni in un brevissimo lasso di tempo. Ora però iniziano a vedersi i primi effetti collaterali. La crisi è arrivata, come sempre accade in questi casi, senza che nessuno se ne accorgesse. In soli due giorni, fra il 9 e il 10 marzo, tre banche regionali statunitensi sono finite in default per il più classico dei motivi: la corsa agli sportelli. I tre istituti avevano moltissimo in comune: una clientela concentrata nei segmenti delle start-up tecnologiche, del venture capital e mondo delle criptovalute ed erano soggetti alla regolamentazione “semplificata” che comporta minori requisiti patrimoniali e garanzie sui depositi. La Silicon Valley Bank (SVB), la maggiore del gruppo, era il sedicesimo istituto finanziario degli Stati Uniti con oltre 200 miliardi di asset. In un solo giorno ha avuto richieste di rimborso per oltre 42 miliardi (il 20 % del totale degli attivi). Nessuna fila fuori dalle sue filiali, è avvento tutto per via elettronica, il primo “digital bank run” della storia. Per far fronte ai prelievi, SVB ha venduto i Treasury che aveva in bilancio, che però erano valorizzati al costo storico. I rialzi dei tassi da parte della Fed ne avevano fatto calare sensibilmente il prezzo e le perdite realizzate, quasi 3 miliardi di dollari, hanno portato al fallimento. E come era accaduto nel 2008, le crisi finanziarie non conoscono confini e il contagio in Europa è arrivato pochi giorni dopo. A farne le spese è stata Credit Suisse, alle prese ormai da tempo con un forte calo di fiducia da parte della propria clientela a causa dei ripetuti scandali che l’avevano coinvolta nel 2020 e 2021. Dopo aver perso oltre 110 miliardi di depositi fra ottobre e dicembre dello scorso anno, nel weekend del 18-19 marzo è arrivata l’acquisizione da parte di Ubs, praticamente imposta dalle Autorità Elvetiche. Molti investitori ora si chiederanno se ci troviamo di fronte a casi isolati o se è in agguato un nuovo credit crunch.

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Capital Group: Tempo di rivincita per i portafogli 60/40?

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Julie Dickson, Investment Director per l’azionario di Capital Group. La classica suddivisione 60/40 tra azioni e obbligazioni è stato un punto fermo dei portafogli bilanciati sin dall’introduzione del concetto da parte dell’economista Harry Markowitz nel 1952. La logica che sta alla base della suddivisione 60/40 era semplice – cercare di generare rendimenti di investimento assumendo un rischio inferiore a quello di un portafoglio puramente azionario. In teoria, la componente obbligazionaria dovrebbe controbilanciare la volatilità della componente azionaria in caso di crisi dei mercati azionari. Un impatto chiave dell’inflazione elevata è che tende a coincidere con una maggiore correlazione azioni/obbligazioni. Come si spiega questo fenomeno? Quando aumenta l’inflazione, aumenta anche l’incertezza nelle aspettative inflazionistiche. Aspettative inflazionistiche più incerte determinano premi obbligazionari superiori e dunque prezzi obbligazionari inferiori. La combinazione di inflazione elevata e rendimenti obbligazionari più alti implica altresì un fattore di sconto maggiore per l’azionario, che innesca una flessione dei prezzi delle azioni. Il 2022 non è stato un anno facile per i portafogli 60/40. Ma a causa delle incertezze associate alle risposte politiche delle banche centrali, al rallentamento dell’economia globale, alla guerra in corso in Ucraina e all’avvicendamento alla leadership di mercato dai titoli growth ai titoli value, rimane estremamente necessario che gli investitori con un profilo di rischio più prudente cerchino soluzioni di investimento in grado di bilanciare la crescita del capitale a lungo termine, la conservazione della quota investita e il reddito corrente. Il calo dell’inflazione dai recenti livelli elevati potrebbe a sua volta riportare il tradizionale rapporto tra l’azionario e l’obbligazionario globale ai livelli normali. Se l’inflazione continua a scendere, la Federal Reserve (Fed) potrebbe ridimensionare il ritmo della sua politica di rialzo dei tassi. In tale scenario, le obbligazioni di qualità elevata dovrebbero tornare a offrire una relativa stabilità e un reddito più consistente. Il calo dell’inflazione potrebbe inoltre favorire le azioni perché un costo del capitale inferiore potrebbe far migliorare i margini di profitto, i ricavi e dunque la crescita degli utili, anche se l’impatto effettivo può variare fortemente tra i diversi settori. Le recessioni sono dolorose ma sono necessarie per ripulire gli eccessi dei periodi di crescita precedenti, in particolare la crescita più o meno ininterrotta di cui hanno goduto gli investitori nell’ultimo decennio. Un’altra potenziale nota positiva è che le recessioni, storicamente, non durano a lungo. Dalla nostra analisi di 11 cicli statunitensi dal 1950 si evince che le recessioni hanno avuto una durata compresa tra due e 18 mesi, con una media di 10 mesi.L’inflazione elevata e i pesanti rialzi dei tassi da parte della Fed hanno creato un contesto difficile per i mercati obbligazionari nel 2022. Sebbene siano dolorose da sopportare sul momento, queste perdite possono creare le premesse per un reddito più elevato in futuro. Il ritorno del reddito nel comparto obbligazionario ha portato una rinnovata attenzione verso questa asset class. Anche il reddito potrebbe svolgere un ruolo più prominente nell’azionario in futuro, mentre il cambio di passo da parte del mercato nel corso dell’ultimo anno all’insegna di un allontanamento dai titoli growth ha rimesso al centro dell’attenzione i dividendi come componente della performance azionaria complessiva. Con il rallentamento della crescita, l’aumento del costo del capitale e la riduzione delle valutazioni delle aziende meno redditizie, i dividendi potrebbero apportare un contributo più significativo e stabile ai rendimenti totali in questo nuovo contesto di mercato.Inoltre, il repricing che stiamo vedendo in molte aree di crescita tradizionali, come i software, i social media, i pagamenti digitali e i semiconduttori, potrebbe creare specifiche opportunità per gli investitori bottom-up. La chiave è individuare le aziende capaci di adattarsi con successo alla nuova realtà di tassi di interesse più alti, minore disponibilità di capitale, adattamento delle supply chain e costo del lavoro maggiore. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Schroders – Settore bancario: esiste un rischio contagio?

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

A cura di Justin Bisseker, European Banks Analyst e Jonathan Harris, Global Credit Investment Director, Schroders. Il crollo di Silicon Valley Bank, istituto di credito statunitense, è stato seguito, una settimana dopo, dalla notizia dell’acquisizione da parte di UBS di Credit Suisse. Entrambi gli annunci hanno causato turbolenze nei prezzi delle azioni del settore bancario. Tuttavia, le due banche si sono trovate in difficoltà per motivi in gran parte diversi.I problemi di Silicon Valley Bank derivavano da una base di clienti dominata da start-up tecnologiche, i cui depositi erano investiti dalla banca in Treasury Usa e titoli simili. Con il forte aumento dei tassi di interesse da parte della Fed, il valore di questi titoli è sceso. Allo stesso tempo, l’aumento dei tassi d’interesse ha provocato l’esaurimento dei finanziamenti alle start-up, che hanno iniziato a ritirare i depositi da SVB. Il prezzo delle azioni di Credit Suisse, invece, è stato in diminuzione negli ultimi due anni. Ciò è dovuto in gran parte all’impatto dei fallimenti nella gestione del rischio, come l’esposizione della banca ad Archegos Capital Management, fallita nel 2021. A ottobre 2022 Credit Suisse ha annunciato un nuovo piano di rilancio, che però è stato considerato dal mercato non sufficientemente aggressivo. Questo, insieme alla pressione sul prezzo delle azioni per un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi svizzeri, ha provocato un significativo deflusso di depositi dalla banca. Durante lo scorso fine settimana, UBS ha annunciato l’acquisizione di Credit Suisse, i cui azionisti riceveranno 3 miliardi di franchi svizzeri in azioni di UBS. Le autorità di regolamentazione hanno convinto UBS a concludere l’accordo per preservare la stabilità finanziaria. L’alternativa sarebbe stata il disordine, con un calo ancora più marcato del prezzo delle azioni di Credit Suisse e implicazioni negative per la percezione globale della stabilità del sistema bancario svizzero.Il settore bancario è davvero un gioco di fiducia. Non c’è banca al mondo che possa sopravvivere se ogni singolo depositante ritira il proprio denaro. È per questo che una buona regolamentazione e la prudenza sono fondamentali.È politicamente inaccettabile che i depositanti perdano denaro. Bisogna quindi essere sicuri di avere un sistema che funzioni, in cui non perdano denaro e in cui il governo non debba intervenire.Per il settore paneuropeo in generale, questo accordo dovrebbe eliminare il rischio di un’implosione disordinata di Credit Suisse. Si tratta di un fatto positivo per le banche. Credit Suisse è stato un caso isolato nel settore bancario europeo e non c’è alcuna possibilità che la situazione si trasmetta ad altre banche.Inoltre, la situazione che il settore bancario si trova ad affrontare è molto diversa e molto meno grave di quella della crisi finanziaria del 2008. Le banche sono molto più conservative, il capitale è molto superiore rispetto a quello del 2008, la liquidità è strettamente regolamentata e le banche centrali sono in una posizione migliore per rispondere, data l’esperienza maturata dal 2008.Una parte interessante dell’operazione di salvataggio del Credit Suisse è che, mentre gli azionisti riceveranno 3 miliardi di franchi svizzeri in azioni di UBS, il valore di 16 miliardi di franchi svizzeri di obbligazioni Additional Tier 1 (AT1) verrà azzerato.Le obbligazioni AT1 sono un tipo di debito bancario concepito per sopportare le perdite durante una crisi come quella attuale. Tuttavia, l’aspettativa era che gli azionisti subissero le perdite prima dei detentori di obbligazioni AT1. In effetti, la normativa svizzera è stata modificata per rendere possibile l’imposizione di una perdita totale ai detentori del debito AT1 di Credit Suisse, al fine di portare a termine l’operazione, nonostante il debito AT1 sia di grado superiore rispetto alle azioni nella struttura del capitale. L’Autorità bancaria europea e la Bank of England hanno rilasciato dichiarazioni separate, prendendo le distanze da questa decisione, rispettivamente per le banche dell’UE e del Regno Unito. Queste dichiarazioni sono importanti perché confermano che i bond AT1 nell’Unione Europea e nel Regno Unito potranno essere salvati solo dopo l’azzeramento dei titoli azionari. Abstract By http://www.verinieassociati.com

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Torna l’ora legale: a volerla tutto l’anno sono sempre più italiani

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Oltre due terzi degli imprenditori (67 per cento) sarebbe favorevole a lasciare l’ora legale tutto l’anno. È quanto emerge da una ricerca dell’organizzazione datoriale Unsic – con quasi quattromila sedi in tutta Italia – condotta tra i propri associati alla vigilia del ritorno dell’ora legale nella notte tra sabato 25 e domenica 26 marzo. Nel prossimo weekend le lancette dell’orologio andranno spostate un’ora avanti.Il dibattito sulla possibilità di mantenere l’ora legale tutto l’anno, sia per sfruttare ulteriormente i benefici sia per attenuare gli effetti negativi del cambio d’ora, è attivo da anni. L’accentuarsi della crisi energetica ed economica ha però ampliato notevolmente il fronte dei favorevoli. Tanto che numerose petizioni riscuotono sempre più successo.“Mantenere l’ora legale tutto l’anno determinerebbe un doppio beneficio: da una parte eviterebbe il cambio d’ora due volte l’anno, che studi scientifici correlano a problemi di salute, per quanto modesti; parallelamente permetterebbe di risparmiare sui consumi energetici, con ricadute benefiche su tutto l’ambiente – sottolinea Domenico Mamone, presidente dell’Unsic. “Un altro fattore positivo, che evidenziano i nostri associati, riguarda la spinta al turismo, realtà economica sempre più strategica in tutte le regioni italiane. A ciò aggiungerei un quarto elemento, importante in questa fase postpandemica: la possibilità di accrescere le occasioni relazionali, un’esigenza avvertita soprattutto dai più giovani, che hanno patito in modo drammatico le restrizioni del lungo periodo pandemico”.

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Sanità: Fp Cgil, Schillaci dia le risposte necessarie

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

“Il Ministro Schillaci dia le risposte necessarie”. Così la Fp Cgil commenta le dichiarazioni del titolare del dicastero della Sanità ieri nel question time alla Camera dei Deputati. “Condividiamo le preoccupazioni del ministro – afferma la Funzione Pubblica Cgil – per la piaga delle aggressioni nelle strutture sanitarie, ma ci permettiamo di fargli notare che la lotta alle aggressioni è il sintomo di una malattia che si chiama impoverimento del Servizio sanitario nazionale. Siamo già in ritardo su questo fronte, ogni iniziativa è utile ma dica da quando e quanto sarà diffusa”. Così come, prosegue il sindacato, “è certamente apprezzabile l’intenzione di mettere risorse per rendere attrattivo il lavoro nel Servizio sociosanitario nazionale, peccato che quelle parole vengano dall’esponente di un Governo che non ha messo un euro per il rinnovo del contratto dei lavoratori della sanità che, anziché essere premiati, vedranno di nuovo il blocco dei salari”. Quanto inoltre, osserva la Fp Cgil, “alla scelta di potenziare, a questo scopo, il valore delle prestazioni aggiuntive, spacciando questa soluzione come quella che può convincere i professionisti a non lasciare o a tornare nel Ssn, si ricade sempre nello stesso errore. Se le retribuzioni sono insufficienti e i carichi di lavoro insopportabili non si tratta di fare lavorare di più chi è già in servizio: si tratta di pagare meglio quei professionisti per quello che già fanno e assumerne altri. Il ministro non lisci il pelo ai cottimisti della sanità nascosti dentro qualche ordine, qualche associazione e qualche lobby datoriale: non è quella la strada giusta. Dica piuttosto cosa intende fare per far fronte all’esodo di personale che egli stesso annuncia per i prossimi anni. A costo di essere ripetitivi: serve un piano straordinario di assunzioni. Invece, aggiunge la Funzione Pubblica Cgil, “è molto positiva la presa di coscienza del ministro Schillaci rispetto al fenomeno delle esternalizzazioni che stanno mangiando pezzi interi del Servizio sanitario nazionale, essendo spesso la chiave per aggirare il fenomeno dei tetti alla spesa di personale e ai blocchi delle assunzioni e rischiando di cambiarne per sempre la natura. Lo aspettiamo alla prova dei fatti, ribadendo fin da subito la nostra disponibilità a un confronto vero, ad esempio per condurre insieme una battaglia affinché l’applicazione del Dm 77/22, a vincoli esistenti, non trasformi il Pnrr nella più grande operazione di esternalizzazione della sanità mai vista nel nostro paese. Sui trattamenti previdenziali agevolati da tempo chiediamo che il periodo di lavoro prestato nella pandemia covid valga doppio e che per la sanità come per tutti si superi la Fornero”. Per il sindacato, “assunzioni, salari e giusta pensione potrebbero essere un primo passo nella pacificazione fra gli operatori tutti e quelle istituzioni che, dopo averli definiti eroi, non hanno dato seguito adeguato a quelle parole. Ma il grande assente è il finanziamento del Fondo sanitario nazionale. Il ministro lo sa che, come denunciano anche le Regioni, sarà il responsabile del collasso della sanità pubblica? Dalle sue parole sembra omettere questo che non è un dettaglio ma il problema del Paese”, conclude la Fp Cgil.

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How Xi Jinping is reshaping the world order

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

We publish this week’s issue as I am in China, attending the China Development Forum. Plenty of Americans and Europeans will be here, in spite of the tensions. Deng Xiaoping urged China to “hide your capacities, bide your time”, but his successor, Xi Jinping, wants to reshape the post-1945 world order. His ambition has been on display in Moscow this week, where he has visited his Russian counterpart, Vladimir Putin. Mr Xi believes in the inexorable decline of the Amer­ican-led world order, with its professed concern for rules and human rights. He aims to twist it into a more transactional system of deals between great powers. Do not underestimate the perils of this vision—or its appeal around the world. Our other concern has been the banking crisis, which over the weekend claimed the independence of Credit Suisse. By midweek the focus was on America, where the Federal Reserve faced an excruciating decision on whether to raise interest rates–then did so, by a quarter of a percentage point. That did not dispel all the confusion. Deposits above $250,000 per customer are not formally insured by the American government. But nobody is sure which larger depositors would be bailed out if a bank failed. Answering a question from Simon Rabinovitch, our US economics editor, Jerome Powell, the chairman of the Fed, said depositors “should assume” they are safe. Around the same time Janet Yellen, the treasury secretary, said that expanding insurance to all depositors is not under consideration. They can’t both be right! By Zanny Minton Beddoes Editor-in-chief The Economist

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InvestEU: il FEI e CGM Finance firmano un accordo da 18,75 milioni di euro per sostenere le imprese sociali in Italia

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI), con l’appoggio dell’Unione europea, fornisce una garanzia del valore di 18,75 euro milioni di euro a CGM Finance finalizzata a sostenere le piccole mid-cap in Italia.L’accordo si inserisce nell’ambito di intervento relativo agli investimenti sociali e alle competenze del programma InvestEU dell’Unione Europea. Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI), sostenuto da InvestEU, fornirà una garanzia del valore di 18,75 milioni di euro a CGM Finance per finanziare investimenti nelle imprese sociali in Italia. Questa transazione si realizza nella cornice del programma della Commissione europea InvestEU, volto a mobilitare 372 miliardi di euro entro il 2027 in investimenti a favore delle priorità politiche dell’UE.Grazie a questo accordo, CGM Finance aumenterà i finanziamenti alle imprese sociali italiane, cioè alle organizzazioni impegnate in attività a forte impatto sociale, fondate su un modello che antepone le persone al profitto Nel dettaglio, il FEI metterà a disposizione un importo di 18,75 milioni di euro — incrementabile fino a un massimo di 25 milioni di euro — in garanzie a favore di imprese sociali e start-up per prestiti approvati da CGM Finance nel triennio 2023-2025. Il tasso di copertura del rischio potrà raggiungere l’80% del valore iniziale del finanziamento e la garanzia si estenderà fino a un massimo di 12 anni dopo la fine del periodo di iscrizione.CGM Finance sarà così in grado di ampliare ulteriormente il proprio sostegno alle imprese sociali, riducendo il rischio e finanziando anche le realtà più giovani e più piccole. Il buon margine di copertura del rischio consentirà a CGM di ridurre al minimo eventuali rischi futuri e di investire quindi in un più ampia cerchia di progetti e imprese innovativi.Si tratta della terza operazione conclusa tra il FEI e CGM Finance dal 2019. Grazie ai due fondi di garanzia pre-esistenti, uno nell’ambito del programma dell’UE per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI ) e l’altro tramite il Fondo di garanzia paneuropeo (EGF) — CGM Finance ha finanziato complessivamente ben 126 imprese erogando finanziamenti garantiti per quasi 25 milioni di €.

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Da marzo 2022 a marzo 2023 è diminuito di 56 miliardi di euro il saldo totale dei conti correnti degli italiani

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Le proiezioni sono state elaborate da Ener2Crowd.com, la prima ed unica piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico, insieme agli specialisti del GreenVestingForum, basandosi sui dati della Banca d’Italia.Inflazione e caro-vita, insomma, hanno invertito la nostra tendenza al risparmio dopo il periodo di crescita costante degli accumuli bancari che hanno caratterizzato il quinquennio 2017-2021. In particolare da agosto a novembre 2022 —e questa non è una proiezione, ma un dato certo— il calo è stato dell’1,5%, pari a ben 18 miliardi di euro in meno, passando dai 1.177 miliardi di euro di agosto 2022 ai 1.159 miliardi di euro di novembre 2022.L’eclatante inversione di tendenza sulla propensione all’accumulo dei correntisti italiani arriva dopo un lungo periodo di incremento dei saldi dei conti correnti che sono passati da 967 miliardi di euro (dicembre 2017) a 990 miliardi di euro a dicembre 2018 (+2,4%), per salire a 1.044 miliardi di euro a dicembre 2019 (+5,5%), a 1.110 miliardi di euro a dicembre 2020 (+6,3%) e poi ancora a 1.144 miliardi di euro a dicembre 2021 (+3,1%). Da dicembre 2021 a dicembre 2022 vi è invece stato un crollo (con un -1,7% di depositi nei conti correnti bancari) e tale tonfo si acuisce maggiormente prendendo in considerazione il periodo che va da marzo 2022 a marzo 2023 che, nella proiezione elaborata da Ener2Crowd.com, segna un -4,8%.

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Politecnico di Torino consolida la sua posizione nella top 50 a livello mondiale

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Anche in questa edizione, il Politecnico di Torino consolida la sua posizione nella top 50 a livello mondiale nell’area di Ingegneria su 530 Atenei classificati nel Ranking e oltre 2000 Atenei valutati. Mechanical, Aeronautical & Manufacturing entra tra i migliori 30 Atenei al mondo su oltre 500 Atenei classificati; ottima anche la posizione per Electrical and Electronic engineering nelle top 40 sempre su oltre 500 Atenei. Si mantiene stabile e in buona posizione Civil and Structural che si conferma intorno alle top 30 nel suo ambito disciplinare. Notevole il miglioramento per l’ambito Chemical Engineering che, con un guadagno di ben 35 posizioni nelle ultime due edizioni, si colloca al 63° posto su 420 Atenei. Da segnalare inoltre il salto di 28 posizioni per Computer Science and Information systems, che si avvicina così alla top 100 su quasi 700 Atenei. Le ottime performance del Politecnico non si limitano al campo dell’ingegneria: l’Ateneo si conferma in top 30 anche nell’ambito disciplinare Architecture/Built Environment. Si segnalano inoltre importanti miglioramenti in Material Sciences (top 60) e Mathematics che con un guadagno di oltre 30 posizioni entra nelle top 100 su oltre 500 Atenei.Per la prima volta il Politecnico entra nel ranking nell’ambito disciplinare Business & Management Studies (fascia 301-550) e in Environmental Sciences dove si colloca nel top 150. Per costruire questa classifica, QS valuta la reputazione in ambito accademico e in ambito industriale, il numero di citazioni delle pubblicazioni scientifiche, il grado di internazionalizzazione della produzione scientifica, oltre ad alcuni indici bibliometrici tra i quali l’H-index.

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Il dolore osteoarticolare è uno dei primi motivi di consulenza in medicina

Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023

Scandicci (FI). Le malattie osteoarticolari rappresentano una patologia degenerativa che colpisce oltre un quinto (22%) della popolazione europea. Affiora all’evidenza clinica quando compare il dolore che induce il paziente a rivolgersi al medico. Un recente articolo dal titolo “Osteoarticular Pain: Therapeutic Approach by Paradigms” – realizzato con il supporto incondizionato di Molteni Farmaceutici e frutto di un Expert Meeting tra un gruppo multidisciplinare di specialisti in ortopedia, fisiatria, reumatologia, terapia del dolore e farmacologia – si è posto l’obiettivo di semplificare l’approccio al dolore dell’apparato locomotore partendo dal concetto di paradigma, rispetto ad un approccio tradizionale. L’approccio paradigmatico si distingue perché aggiunge alle informazioni sulla patologia osteoarticolare, una visione globale del paziente guidata dalle sue condizioni generali. Per questo motivo il paradigma può rivelarsi come il percorso più appropriato per una migliore e più efficace comprensione del sintomo doloroso e per guidare il clinico nella scelta della terapia più adeguata, farmacologica e non. Nello specifico, nel suddetto articolo, il paradigma è stato costruito individuando quattro tipi di pazienti con dolore osteoarticolare: traumatologico; post-chirurgico; ortopedico e reumatologico. Per definire il paradigma generale sono stati presi in esame il tipo di dolore, acuto o cronico e le caratteristiche del dolore, infiammatorio, meccanico, neuropatico o nociplastico. Il risultato sono tabelle che lo specialista può consultare per prendere la migliore decisione terapeutica, combinando queste informazioni con un’analisi correlata al singolo paziente, alle sue condizioni generali, comprese eventuali comorbidità o politerapie, al fine di giungere a un trattamento personalizzato e sicuro che tenga in considerazione ogni singolo elemento clinico. In particolare è emerso che, terapie che combinano soluzioni farmacologiche e non, oppure farmaci e tecniche interventistiche, possono fornire un maggior sollievo dal dolore con minori effetti indesiderati. In diverse patologie caratterizzate da dolore sia acuto che cronico, l’oppiaceo short acting, anche in associazione con un analgesico non oppioide, si è rivelata un’opzione terapeutica efficace.

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