Accra, Ghana, January 30, 2023: TradeMark East Africa, one of the world’s leading Aid for Trade organisation, has today rebranded to TradeMark Africa (TMA) (www.TradeMarkAfrica.com) and simultaneously officially launched its West Africa operations. Founded in 2010 in Kenya, today marks TradeMark Africa expansion from its previous core operational area of East Africa and the Horn, to also support countries in West and Southern Africa. TradeMark Africa now has a presence in fourteen countries in sub-Saharan Africa (SSA): Kenya, Uganda, Tanzania, Rwanda, Burundi, the Democratic Republic of Congo (DRC), South Sudan, Ethiopia, Somaliland, Djibouti, Malawi, Zambia, Mozambique, and Ghana.TradeMark Africa has to date made cumulative investments of over $1.3 billion in East Africa and the Horn, to reduce the time and costs of trading across borders, and to improve export competitiveness of African businesses. These have among other results slashed the time for traders to cross borders – by 70% on average; and for businesses to receive certification – often from many days to a number of hours. Its programmes have contributed to a 16.5% reduction in the total time it takes to transport a container on the Northern Corridor from Kenya’s Mombasa Port to Bujumbura, Burundi. As part of the pivot to West Africa, TradeMark Africa will support the Secretariat of the African Continental Free Trade Area (AfCFTA), based in Accra, Ghana, to realise its vision of integrating the $3.4 trillion African market. TradeMark Africa will also work with regional economic communities (RECs) such as the Economic Community of West African States (ECOWAS), to boost regional economic integration and accelerate trade. Further, it will work with Member States to ensure Governments and businesses benefit practically from the opportunities presented by these shifts – in particular along the Lagos-Abidjan corridor. The successful implementation of the AfCFTA is predicted to boost incomes in Africa by $450 billion by 2030.At the same time, TradeMark Africa announced that its new strategy will build on and scale up on its core strengths, to focus on facilitating development of digital and green trade corridors, to position Africa as a partner of choice for global off takers; as well as promoting inclusive trade that drives down poverty levels and ensures that vulnerable groups are more integrated in trading systems. Some of TradeMark Africa successes in the last 12 years include the construction and operationalisation of 15 One Stop Border Posts (OSBPs) across East Africa, which have reduced the time taken to cross select borders by up to 89% in some cases. Moreover, TradeMark Africa has supported the implementation of 60 Single Window Information for Trade (SWIFT) Systems in multiple Government agencies, thus reducing the time and cost of acquiring trade documents, designed the Regional Electronic Cargo Tracking System (RECTS) on the Northern Corridor in East Africa, which ensures safety of cargo, and operationalised programmes like Standards, Sanitary and Phytosanitary (SPS), and reduction of Non-Tariff Barrier (NTBs). It has also supported over 200,000 women cross-border traders and small and medium enterprises. TradeMark Africa est une organisation d’aide au commerce créée en 2010, dans le but d’accroître la prospérité grâce au développement des échanges commerciaux. Organisme à but non lucratif, TMA est financée par les agences de développement des pays suivants : Belgique, Canada, Danemark, États-Unis d’Amérique, Finlande, France, Irlande, Norvège, Pays-Bas, Royaume-Uni et Union européenne.
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TradeMark Africa Launches in West Africa
Posted by fidest press agency su martedì, 31 gennaio 2023
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Cooperazione: ASeS-Cia, creare rete per diritti civili e sociali a partire dall’Africa
Posted by fidest press agency su domenica, 18 dicembre 2022
Creare una rete internazionale che attivi azioni virtuose non solo di carattere umanitario, ma anche a garanzia dei diritti sociali e civili, a cominciare dall’Africa. Ѐ questo l’obiettivo rinnovato oggi, a Roma, da ASeS – Agricoltori Solidarietà e Sviluppo, Ong di Cia-Agricoltori Italiani, attraverso il convegno dal titolo “Sicurezza, stabilità e sviluppo: l’impegno dell’Italia con l’Africa” che ha visto riuniti tra i più importanti rappresentanti di organizzazioni e istituzioni attive nel settore. Un incontro di rilievo alla presenza di Maria Tripodi, sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale; Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani; Cinzia Pagni, presidente ASeS-Cia; Karima Bounemra Ben Soltane, Director of the African Institute for Development and Economic Planning (IDEP); Javier Fiz Pérez, vicepresidente Core Values, co/presidente Mercati Emergenti SME Connect EU. Università Europea di Roma; Mario Enrico Pè, professore di Genetica Agraria del Centro di Scienze delle Piante Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Fabrizio Lobasso, Min. Plen. vicedirettore Centrale per l’Africa Subsahariana – MAECI. A rilanciare il confronto e nuove riflessioni, il documento strategico “Partenariato con l’Africa” pubblicato lo scorso anno dal ministero degli affari Esteri italiano e della Cooperazione internazionale e il sostegno di ASeS-Cia al progetto di integrazione economica multilaterale dell’Unione Africana, avviato nel 2021 e denominato “African Continental Free Trade Area” con l’intento di contribuire a creare un mercato unico continentale per la circolazione di merce e servizi. Al convegno ha partecipato anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e arcivescovo di Bologna che in un video messaggio ha affermato: “Tanti sforzi sono stati fatti e altrettanti sono richiesti. Imprese e banche devono lavorare insieme in modalità sistemica, anche per affrontare le difficoltà. Dobbiamo fare tesoro della nostra esperienza consolidata in Africa -ha aggiunto- e fare in modo che le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, possano investire per uno sviluppo il più possibile rapido e sostenibile. Perché gli interventi siano finalizzati ed efficaci occorre conoscere l’Africa, le sue differenze e potenzialità. Tra i possibili ambiti di lavoro, quello agricolo è fondamentale: le nostre imprese possono aprire grandi possibilità”. Fonte: http://www.cia.it
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Le esportazioni dall’Italia verso l’Africa
Posted by fidest press agency su lunedì, 24 ottobre 2022
Valgono 18 miliardi di euro l’anno. Proprio per questo motivo l’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale, un anno fa ha creato l’ “Africa IP SME Helpdesk”, aiutando così in dodici mesi più di 500 piccole e medie imprese (PMI) dell’UE a proteggere la loro proprietà intellettuale (PI), quando durante l’ultimo anno hanno deciso di espandersi in Africa. L’UE e i suoi Stati membri costituiscono il più importante partner commerciale dell’Africa. Nel 2021, il 68% delle merci esportate dall’UE in Africa era costituito da manufatti. Francia (24 miliardi di euro), Germania (23 miliardi di euro), Spagna e Italia (entrambe 18 miliardi di euro), Paesi Bassi (17 miliardi di euro) e Belgio (16 miliardi di euro) sono stati i maggiori esportatori di beni in Africa nel 2021. In occasione del primo anno di attività, Christian Archambeau, direttore esecutivo dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), dichiara: “Concentrandosi sul sostegno alle PMI, l’Africa IP SME Helpdesk aiuta le imprese dell’UE a gettare le basi per un investimento sicuro in Africa. In cambio, l’Helpdesk permette ai Paesi africani di accedere all’economia globale ed è uno degli attori dell’Area di libero scambio continentale africana”. Nei prossimi mesi sono previsti altri casi studio e schede informative, tra cui una relativa all’ARIPO (l’Organizzazione regionale africana per la proprietà intellettuale), che integreranno la scheda già esistente sul sistema regionale dei Paesi OAPI (dall’acronimo francese dell’Organizzazione per la proprietà intellettuale africana). Entrambe queste organizzazioni intergovernative promuovono la convergenza normativa in materia di brevetti e diritti di proprietà intellettuale tra i vari Paesi africani. (abstract by bounce.emailsp.net)
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In Africa, e non solo, fino all’80% bambini malnutriti
Posted by fidest press agency su sabato, 8 ottobre 2022
700 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021, ben 150 milioni in più dall’inizio della pandemia, e la situazione è particolarmente drammatica in Africa dove in alcune zone si arriva al 60%-70% di popolazione e fino all’80% di bambine e bambini sottonutriti. Il quadro è emerso in occasione della presentazione del Bilancio sociale di COOPI a Milano, dove è stato analizzato il contesto globale appesantito dagli effetti di crisi climatica, conflitti e pandemia di Covid-19. I dati non sembrano destinati a migliorare: l’Onu prevede che nel 2030 quasi 670 milioni di persone affronteranno la fame, l’8% della popolazione mondiale. L’ong COOPI risponde con progetti in 33 nazioni, sostenendo 6 milioni di persone, e dal 2020 è attiva anche in Italia per contrastare l’insicurezza alimentare. In Italia, COOPI da due anni ha intensificato le attività di contrasto all’insicurezza alimentare, che proseguono dal 1999. Le persone in povertà assoluta nel Paese sono 5,6 milioni, di cui 1,3 milioni bambini, mentre 2,6 milioni di abitanti vivono in povertà relativa. Con l’esacerbarsi delle condizioni di fragilità a causa della pandemia, la distribuzione di aiuti è stata incrementata: nel 2020 l’organizzazione ha aperto il primo centro di distribuzione di cibo nel quartiere San Siro a Milano e in seguito ha inaugurato il secondo nel quartiere Gallaratese, continuando in parallelo le attività nell’hinterland e nel Varesotto. Nel marzo 2020 le famiglie sostenute erano 140, mentre ad agosto 2022 erano aumentate a 412, per un totale di oltre 1.100 persone a cui sono stati consegnati cibo, prodotti per l’infanzia e beni di prima necessità. Nel 2021 COOPI ha distribuito 36 tonnellate di alimenti, quantità che ad agosto 2022 risultava già superata.
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World Sustainability Organization Puts the Focus on Africa With High-Level Visit to the Region and New Projects
Posted by fidest press agency su mercoledì, 29 giugno 2022
Until to July 7th, the Director of the World Sustainability Organization/Friend of the Sea & Friend of the Earth will visit South Africa, Zambia, and Nigeria. The visit will highlight outstanding stories of sustainable transformation while unveiling new initiatives in favor of sustainable development, contributing to local, national, and regional efforts. The African continent has a vital role in the global movement towards achieving a more sustainable development. Indeed, Africa hosts a quarter of the world’s biodiversity, with more than 4700 mammal species and unique landscapes. However, on the path towards sustainability, improvements have been slow. According to the latest “Africa Sustainable Development Report” elaborated by the United Nations, in the global ranking that measures the improvement in the implementation of the SDG, the average score across all African member States was 53.82 in 2020. That means the region is halfway towards achieving the sustainable goals.The first stop of the high-level visit is South Africa. WSO’s Director will spend several days at the Rhino Orphanage, a non-profit company based in the Limpopo Province dedicated to rescuing and rehabilitating rhinos since 2012. The Rhino Orphanage specializes in saving and giving a new life to baby rhinos whose mothers have been killed by poachers.The World Sustainability Organization’s program Friend of the Earth is contributing funds to the project to help the rehabilitation process, specifically the relocation of all baby rhinos to their new home, a 4800 hectares farm. The second part of this “African Sustainability Tour” will take WSO leadership to Zambia. The country, located at the crossroads of Central, Southern, and East Africa, will become the headquarter of the World Sustainability Organizations’ first Hub on the continent.Finally, the World Sustainability Organization will be at the Zambia International Trade Fair in Ndola. This year’s theme is “Promoting Value Addition for Sustainable Growth.” WSO/Friend of the Sea & Friend of the Earth will have a special stand in the Fair, a place to continue developing the sustainability network with the event’s participants.Named the “Giant of Africa” for its solid economic position, Nigeria also faces the challenge of fighting extreme poverty and building a more sustainable economic model. In this context, Mr. Bray will take advantage of this last trip stop to highlight the stories of companies that represent an example of good practices, especially regarding sustainability and social accountability.On July 5th, at an official ceremony, Friend of the Sea will deliver the “Turtle Safe Certification” to Atlantic Shrimpers, one of the largest fishing companies in West Africa, producing and exporting premium frozen seafood products. This unique eco-label recognizes the company’s efforts to protect endangered sea turtles, reducing the threat of bycatch thanks to responsible fishing techniques.It’s expected to count on the participation of Doyinsola Ogunye as guest speaker during the event. Mrs. Ogunye runs the “Kids Beach Garden” NGO dedicated to rescuing and rehabilitating sea turtles while teaching kids about recycling and sustainability. The ceremony will take place in Lagos.
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Università Cattolica e E4Impact per un dottorato per l’Africa
Posted by fidest press agency su sabato, 11 giugno 2022
Oltre cento imprenditori diplomati, un network di atenei partner in crescita e un nuovo programma di dottorato internazionale per l’Africa. A inizio giugno si è svolta la Pan-African Graduation Ceremony 2022 per il Global MBA in Impact Entrepreneurship di Fondazione E4Impact, l’iniziativa di ALTIS, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che favorisce lo sviluppo sostenibile delle economie emergenti supportando la formazione di imprenditori ad alto impatto sociale e ambientale.I diplomati del corso sono 108, residenti in Etiopia (19), Mozambico (11), Sierra Leone (28), Tunisia (7), Uganda (10) e Zimbawe (33) e si aggiungono agli oltre 1400 che studenti che hanno frequentato il Global MBA erogato da Fondazione E4Impact dal 2010 a oggi. La cerimonia di consegna dei titoli è avvenuta in collegamento online con tutti gli atenei coinvolti: per l’Etiopia la St. Mary University, dalla Sierra Leone l’Università di Makeni, lo Zimbawe era rappresentato dalla Catholic University of Zimbawe, la Tunisia dalla Université Centrale Honoris United, il Mozambico dalla Universidade Sao Tomàs de Moçambique e l’Uganda dalla Ugandan Martyrs University. Assieme ai rappresentanti dei sei atenei coinvolti sono intervenuti l’Ambasciatore Fabrizio Lobasso, direttore per l’Africa sub-sahariana del Ministero degli Affari Esteri della Cooperazione Internazionale italiano, Thierry Vodounou, Managing director della senegalese Sarenga Group Llc e il professor Mario Molteni, ordinario di Economia Aziendale presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica, CEO di Fondazione E4Impact e delegato del Rettore ai rapporti con le imprese. «Siamo felici di aver supportato anche quest’anno la formazione di numerosi imprenditori e di aver sviluppato ulteriormente la nostra alleanza con gli atenei africani – ha dichiarato il professor Molteni – La E4Impact Alliance è un network destinato a diventare un punto di riferimento per ogni tipo di impresa che sia attenta all’impatto sulla società e sull’ambiente, anche grazie al nuovo programma di dottorato internazionale per l’Africa». E4Impact Foundation. Presente in 18 paesi africani con programmi di formazione imprenditoriale, acceleratori di impresa e molteplici progetti, da anni la Fondazione E4Impact favorisce e rende operative partnership win-win tra aziende italiane e africane. Grazie al nesso con oltre 6000 imprenditori africani formati, un’ampia rete di rapporti istituzionali e contatti con business network locali, E4Impact è in grado di garantire alle imprese italiane un approccio professionale e sicuro ai nuovi mercati.
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Nuova emergenza alimentare in Africa
Posted by fidest press agency su martedì, 26 aprile 2022
I venti di guerra stanno mettendo a dura prova l’economia mondiale con effetti negativi, soprattutto sul continente africano. Secondo l’economista del South African Institute of International Affairs (SAIIA), Steven Gruzd, “l’insicurezza alimentare avrà conseguenze molto gravi a causa del conflitto in corso, considerato che la Russia è il maggiore esportatore di grano in Africa e l’Ucraina è al quinto posto”. A loro si deve quasi un terzo delle esportazioni di grano, orzo e semi di girasole. La produzione e l’export di questi beni sono in drammatica crisi non solo a causa dei danni diretti della guerra, dell’interruzione delle vie di comunicazione e dei porti, ma anche perché un’elevata quota delle terre ucraine potrebbe perdere la stagione delle semine. Molti campi sono stati abbandonati e non stanno arrivando dalla Russia i fertilizzanti necessari per la normale produzione.La Food and Agricultural Organization delle Nazioni Unite (Fao) giustamente lancia allarmi sulla sicurezza alimentare. Alla 32.ma Sessione della Conferenza Regionale per l’Africa, tenutasi a metà aprile a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, ha affermato che “il numero di persone che soffrono la fame nell’Africa sub sahariana è, dopo anni di declino, di nuovo in aumento. Secondo gli ultimi dati, 282 milioni di persone nel continente, in altre parole oltre un quinto della popolazione, non hanno cibo a sufficienza, con un aumento di 46 milioni rispetto al 2019”. L’Indice Fao dei prezzi alimentari ha raggiunto una media di 159,3 punti a marzo 2022, in aumento del 12,6% rispetto a febbraio, il livello massimo dal suo inizio nel 1990. Nello specifico, in un mese l’indice per i cereali è cresciuto del 17,1% e quello dell’olio vegetale del 23,2,%. A dire il vero, i prezzi delle materie prime agricole avevano preso a correre già prima della guerra in Ucraina. La “manina” della sempre presente e attiva speculazione finanziaria era ben visibile. David Beasley, direttore del World Food Programme ha avvisato che il conflitto può provocare “una catastrofe alimentare di portata globale, la peggiore crisi alimentare dalla seconda guerra mondiale”. Prima del 24 febbraio l’agenzia Onu nutriva 125 milioni di persone. Il 50% del grano acquistato dal Wfp era ucraino. Adesso deve tagliare le razioni a causa dell’aumento dei prezzi del cibo e del carburante. Infatti, come sostiene anche l’Ocse, la Russia fornisce circa il 19% del gas naturale mondiale e l’11% del petrolio. I prezzi dell’energia sono aumentati in modo preoccupante. Ad esempio, i prezzi spot del gas in Europa sono di 10 volte superiori rispetto a un anno fa, mentre il costo del petrolio è quasi raddoppiato nello stesso periodo. Beasley ha affermato che l’Ucraina è passata dall’essere “il granaio del mondo” ad avere essa stessa bisogno di pane. Lo stop dell’export di grano dall’Ucraina andrà a gravare soprattutto su quei Paesi dove è già diffusa la povertà. Per esempio, il Libano importa dall’Ucraina il 74% di grano per la propria sussistenza, l’Egitto il 30%, la Tunisia il 47,7%, la Libia il 43% e lo Yemen il 22%. Eritrea e Somalia dipendono interamente dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina. Il dramma delle popolazioni dipendenti dall’import alimentare è stato evidenziato anche dal vice direttore della Fao, l’italiano Maurizio Martina, ricordando che 26 Paesi a basso livello di reddito, molti dei quali africani ma anche dell’Asia meridionale, dipendono da Russia e Ucraina per oltre la metà della loro importazione di cereali. Non si può, quindi, non condividere le raccomandazioni della Fao di tenere aperti i mercati dei beni alimentari e dei fertilizzanti e di rivedere le restrizioni al loro export, considerando le conseguenze delle sanzioni sulla vita di centinaia di milioni di persone. Si stima che quest’anno arriveranno nei Paesi più bisognosi 35 milioni di tonnellate di cereali in meno rispetto a quelli dello scorso anno. Sono già cominciate le file per il pane a Tunisi; l’Egitto ha riserve di grano per qualche mese e altri Paesi africani vedono lo spettro di inevitabili crisi alimentari. E’ opportuno ricordare che questi grandi importatori di grano in passato sono stati spesso teatro di rivolte popolari causate proprio dall’aumento dei prezzi del pane. Il problema, quindi, non è solo dei Paesi in guerra ma anche di tutti i Paesi occidentali che hanno dettato sanzioni senza valutarne appieno gli effetti negativi nelle altre parti del mondo. Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista
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La crescita delle criptovalute in Africa
Posted by fidest press agency su sabato, 20 novembre 2021
By Mario Lettieri e Paolo Raimondi. Da qualche tempo i media esaltano la crescita straordinaria delle criptovalute nei Paesi dell’Africa e, in generale, in quelli emergenti e in via di sviluppo. Secondo Chainalysis, la società privata di New York che studia le applicazioni delle nuove tecnologie chiamate blockchain, nel 2020 il mercato delle criptovalute in Africa è cresciuto più del 1200%. Nella top list internazionale dei 20 Paesi, primi per il loro utilizzo, 5 sono africani, la Nigeria, il Kenya, il Togo, il Sudafrica e la Tanzania. Per l’Africa non si tratta della quota del mercato ma del numero di cittadini coinvolti. Anche il World Economic Forum afferma che nel 2020 il settore sarebbe cresciuto di 105,6 miliardi di dollari nel continente africano. La cosiddetta blockchain è un insieme di tecnologie informatiche che permettono di creare un registro digitale che memorizza le transazioni di dati tra diverse parti collegate tra loro in modo aperto e protetto. Può avere applicazioni positive e innovative in vari settori. Può essere usata anche in rapporto al cosiddetto “internet del valore”, con il quale, invece delle informazioni, si scambiano dei valori, come le monete. E qui entrano in gioco le criptovalute, di cui abbiamo parlato in passato. Esse operano globalmente attraverso reti informatiche che mettono in contatto diretto, peer-to-peer, gli utenti e i loro computer. Sono decentralizzate e, quindi, senza la tradizionale gestione centralizzata delle banche e dei governi. Sono già parecchie centinaia. Anche tutte le bigtech, i giganti tecnologi globali, come Amazon, Google, Facebook, la cinese Alibaba, ecc. lavorano per creare le proprie criptomonete, totalmente private e fuori da ogni tipo di controllo governativo e istituzionale. Ve ne sono per transazioni finanziarie di ogni dimensione, come la dash per piccoli acquisti, il litecoin per pagare le bollette, gli abbonamenti, la paxful in particolare per le rimesse e il bitcoin per operazioni più grandi. Per la popolazione africana, che per il 57% non ha ancora accesso ai servizi bancari, esse sono molto attraenti. Basta avere uno smartphone. In Africa, anche la debolezza delle monete locali, i tassi di cambio volatili, i sistemi politici e bancari instabili, le restrizioni finanziarie, i rischi d’inflazione e la poca fiducia nelle istituzioni nazionali, giocano un ruolo a favore delle criptovalute. Possono essere usate, e lo sono già, per le rimesse dei migranti. I costi di transizione sono inferiori a quelli dei centri di money transfer. Il volume di rimesse supererebbe i 50 miliardi di dollari in criptomonete. Per esempio, un terzo degli utenti della paxful si trova in Africa, in particolare in Nigeria, dove se ne contano già un milione e mezzo. Se a livello locale appaiono interessanti, a livello globale le cose sono più complesse. L’andamento altalenante del bitcoin nel 2021 docet!. Non si tratta di semplice “volatilità” ma di speculazioni forsennate e fuori da ogni controllo. In caso di un loro crollo, si perderebbe tutto. La loro capitalizzazione totale è passata dai 16 miliardi di dollari di 5 anni fa a oltre 2.300 miliardi di oggi. Sono diventate un potenziale “rischio sistemico” e possono provocare degli sconquassi finanziari globali. I governi e le banche centrali del mondo sono giustamente preoccupati per la tenuta del sistema monetario. Sottraendosi a ogni controllo, le criptovalute possono anche essere usate da organizzazioni criminali e terroristiche. Non è un caso che gli hacker abbiano recentemente sottratto informazioni preziose alla Regione Lazio e alla SIAE, chiedendo un riscatto in bitcoin per rilasciare i dati rubati. Il G7 e la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea hanno definito le criptomonete una «crescente minaccia alla politica monetaria, alla stabilità finanziaria e alla concorrenza». Ovviamente, le monete digitali, come l’eNaira della Nigeria o l’euro digitale, non sono da confondere con le criptovalute. Tutti i Paesi del mondo stanno affrontando la digitalizzazione dei pagamenti e dei trasferimenti monetari. Le prime sono gestite dalle autorità governative e dalle banche centrali, le seconde, invece, non avendo alcuna garanzia né controllo, sono delle valute esclusivamente private. Come nel medio evo! Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista
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Sachs a Draghi: “Includiamo l’Africa nel G20 per sconfiggere il Covid
Posted by fidest press agency su giovedì, 14 ottobre 2021
Dall’incontro internazionale di Sant’Egidio “Popoli fratelli, terra futura”, Jeffrey Sachs lancia un appello a Draghi: “Il prossimo G20 diventi G21: occorre aggiungere l’Unione Africana per avere un’assemblea rappresentativa che riesca a prendere decisioni urgenti”. Il consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per le questioni ambientali, è intervenuto stamattina al forum “La cura della casa comune” alla Nuvola. “Includendo l’Africa, che conta 1,4 miliardi di persone – ha aggiunto Sachs – i paesi del G21 arriverebbero al’88% del PIL mondiale: un consesso così sarebbe finalmente in grado di fare passi decisivi per il rispetto degli obiettivi di riduzione delle emissioni e per elaborare piani di vaccinazione universale contro il Covid-19”.
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Release G20: la proposta per lo sviluppo dell’Africa
Posted by fidest press agency su sabato, 31 luglio 2021
By Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista. Lo sviluppo e il futuro dell’Africa sono sempre menzionati nelle conferenze internazionali dei Paesi cosiddetti avanzati. Ma spesso ci si ferma a mere parole vuote o a pochi aiuti caritatevoli. Eclatante è il caso della pandemia: nessuna sospensione dei brevetti dei vaccini che permetterebbe la loro produzione anche in loco ma tante promesse di “regalare” centinaia di milioni di dosi in modi e tempi troppo incerti. Eppure, tutti sanno che le economie dei Paesi africani sono state colpite duramente, in particolare quelli della regione sub sahariana. Sono state già penalizzate dalla Grande Crisi per responsabilità altrui.Si aggiunga che nei prossimi tre anni il debito pubblico dei Paesi africani supererà i 950 miliardi di dollari.In questa situazione povera di idee e di interventi concreti, vi è, per fortuna, una iniziativa lungimirante, la proposta del cosiddetto “Release G20”, fatta da un gruppo di ong italiane impegnate nella cooperazione internazionale, coordinate dall’organizzazione LINK2007 con sede a Milano. Essa propone la ristrutturazione e la riconversione di parte del debito in investimenti in valuta locale finalizzati agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Nello specifico, si propone una conversione flessibile, totale o parziale, del debito sovrano di uno Stato africano debitore in un fondo in valuta locale. Ciò garantirebbe l’alleggerimento del peso del debito e nello stesso tempo favorirebbe il progresso delle comunità tramite l’avvio di investimenti produttivi di medio-lungo termine. Il fondo sarebbe gestito dal governo del singolo Stato, il quale, in assenza di pressioni dovute al debito, potrebbe promuovere e realizzare i progetti di sviluppo. Al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza, efficacia e accountability, “Release G20” prevede l’utilizzo di efficaci meccanismi di monitoraggio e di supervisione da parte del Ministero delle finanze dello Stato interessato e il coinvolgimento degli altri ministeri competenti e delle organizzazioni della società civile. Questi strumenti e procedure servirebbero a rafforzare le capacità amministrative e operative nell’utilizzo dei fondi.La proposta è stata fatta pervenire al G20 a presidenza italiana. Pochi giorni prima della Conferenza ministeriale “Sviluppo” del G20 tenutasi a Matera il 29 giugno, essa è stata presentata in un incontro online, promosso dalla rete di ong LINK2007 in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Nel citato incontro online, cui hanno partecipato numerosi ambasciatori dei Paesi africani, il vice ministro Marina Sereni ha spiegato che «ridurre il debito dei Paesi più poveri è una sfida cui l’Italia non si sottrae, soprattutto ora che, con la crisi di Covid-19, diventa sempre più difficile, in particolare in Africa, perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu». Ha ricordato, inoltre, che “i ministri delle finanze del G20 stanno lavorando a strategie di finanziamento di questi obiettivi, accogliendo così le proposte che emergono, come nel caso di quest’incontro, dalle organizzazioni della società civile”. Ibrahim Assane Mayaki, responsabile di “NEPAD”, l’agenzia per lo sviluppo dell’Unione Africana, ha dichiarato che “la ristrutturazione del debito può aiutare l’Africa ad andare avanti a perseguire gli obiettivi dell’Onu in tutti i settori chiave”. Ha ricordato che “il continente perde circa 90 miliardi di dollari ogni anno a causa di flussi finanziari illeciti. Per tale ragione, “Release G20” è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu”. La trasformazione del debito sovrano in investimenti per la ripresa post Covid-19 sarebbe auspicabile non solo in una prospettiva politica di rafforzamento della collaborazione tra gli Stati ma anche per qualificare la cooperazione internazionale con l’avvio di un’effettiva programmazione di investimenti orientati dai principi dell’equità e della sostenibilità. In un più recente incontro online organizzato dall’Eurispes, Roberto Ridolfi, presidente di LINK2007, ha invitato i Paesi BRICS a far propria e a sostenere con forza l’iniziativa “Release G20”. Il che non sarebbe irrilevante ai fini della sua concreta realizzazione.
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Combattere le diverse epidemie che colpiscono l’Africa
Posted by fidest press agency su sabato, 26 giugno 2021
Un laboratorio di analisi biomediche utilizzato come strumento di lotta al Covid-19 e, insieme, come centro di ricerca e monitoraggio per le malattie tropicali – come la malaria, la tubercolosi, l’AIDS-HIV, le epatiti, la Chikungunya – che continuano a mietere vittime.È questo il nuovo e innovativo progetto avviato all’Ospedale universitario Le Bon Samaritain, situato a N’Djamena – capitale del Ciad, nel centro dell’Africa – grazie alla Fondazione Magis, ONG dei gesuiti con sede a Roma che promuove attività di cooperazione internazionale attraverso l’impegno di gesuiti e di laici in varie parti del mondo, con l’obiettivo di sostenere le comunità locali nel diventare protagonisti di uno sviluppo sostenibile.L’obiettivo del laboratorio è garantire l’assistenza ai più vulnerabili, concentrandosi sull’attuale situazione emergenziale causata dalla pandemia ma senza dimenticare l’impatto di quelle malattie che in Africa provocano migliaia di morti ogni anno.Dotato di moderne attrezzature in grado di realizzare indagini sierologiche e tamponi in tempi brevi, il laboratorio effettua anche studi e ricerche sul Covid-19, fondamentali per monitorare i contagi ed effettuare analisi attendibili, oltre che permettere uno screening di massa della popolazione.Inoltre il laboratorio di analisi è in grado di intervenire su altre gravi malattie che colpiscono il Ciad; ne è un esempio la malaria, che costituisce il 50% delle patologie più diffuse nel Paese e, come in molti Paese dell’Africa subsahariana, è la principale causa di morte.Oltre alla costruzione del laboratorio specializzato, Fondazione Magis ha ampliato il progetto dedicato all’Ospedale con l’allestimento di un’unità di terapia sub intensiva (con 4 letti), la dotazione di attrezzature elettromedicali, la ristrutturazione di spazi adibiti alla formazione (sale universitarie e alloggi per gli studenti) e il supporto ai Centri nutrizionali infantili. Fondamentale è infine la formazione del personale sanitario locale: 90 professionisti tra medici, biologi, tecnici di laboratorio e infermieri, più 450 studenti universitari in Medicina.Il progetto gode del finanziamento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e della stretta collaborazione della task force del Ministero della Sanità Pubblica ciadiano in risposta al Covid-19, oltre che dell’Università statale e varie strutture sanitarie.
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Giornata Mondiale dell’Africa
Posted by fidest press agency su sabato, 22 Maggio 2021
Martedì 25 maggio – Amref Health Africa-Italia presenta la seconda edizione de “L’Africa MEDIAta”, un rapporto a cura dell’Osservatorio di Pavia. Il documento analizza l’Africa nella rappresentazione dei media e nell’immaginario dei giovani, in un arco temporale che va dalla fine del 2019 ai primi mesi del 2021. L’evento sarà trasmesso online, martedì 25 maggio, dalle ore 11 sui canali Facebook e Youtube di Amref Health Africa-Italia, in diretta dalla Casa del Cinema di Roma. Media partner dell’evento Rai Ragazzi, Rai Radio Kids e Rainews24. Interverranno all’evento: Paola Crestani – Presidente di Amref Italia; Guglielmo Micucci – Direttore Amref Italia; Paola Barretta – Osservatorio di Pavia; Mackda Ghebremariam Tesfau’ – Sociologa e attivista di Razzismo Brutta Storia; Massimo Giannini – Direttore La Stampa; Andrea Salerno – Direttore La7; Walter Veltroni – Giornalista e regista; Luca Milano – Direttore Rai Ragazzi; Carolina Benvenga – Conduttrice Rai Ragazzi; Haroun Fall e Dylan Magon – Attori di Zero. Modererà Federica Lodi, giornalista Sky.In Italia Amref lavora attivamente per contribuire ad una percezione diversa del continente africano. Una percezione più inclusiva che possa arginare la pericolosa deriva che nasce dall’ignoranza. Per questo, dal 2019, Amref dedica parte del suo impegno alla ricerca, analizzando i media nazionali e lo spazio che viene dato all’Africa, sia in termini di quantità che di veridicità delle informazioni. Da qui è nato il rapporto “L’Africa Mediata”, realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerca Osservatorio di Pavia. Un documento ricco di dati e analisi che ha l’ambizione di fotografare una buona parte della narrazione del Continente africano nel nostro Paese.L’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 ha reso evidente la dimensione globale di certe fragilità e ha evidenziato alcuni meccanismi socio- economico-politici che definiscono la drammatica situazione attuale. Lasciare fuori dal dibattito temi e aree del mondo già ai margini dell’informazione è un errore grave. Per questo, in occasione della prossima edizione del rapporto “L’Africa Mediata”, Amref si propone di analizzare le caratteristiche che ha assunto l’informazione nel corso del 2020 e del primo trimestre del 2021 relativamente all’Africa.Oltre a quotidiani, notiziari, programmi tv e social, la seconda edizione vedrà protagonisti i programmi per i bambini e ragazzi. Questa parte è stata sviluppata anche con dei focus group realizzati con studenti di scuole italiane. Come vedono l’Africa loro? Da questo contributo, offerto dal report, nasce l’ispirazione per il progetto video realizzato da Walter Veltroni per Amref, il cui trailer sarà presentato in anteprima all’evento del 25 maggio a Roma. Il report “L’Africa Mediata” avrà uno spaccato dedicato anche ai confini e alla migrazione. Un contributo che nasce dal progetto Snapshots From the Borders, che ha supportato la ricerca. Tale progetto – che vede il Comune di Lampedusa capofila, Amref partner, finanziato dall’Unione Europea – offre uno spunto rilevante per raccontare, quella che il report definisce “Africa qua”.Sarà possibile seguire l’evento attraverso la pagina Facebook di Amref Health Africa Italia e il canale Youtube (Amref Italia). La Rai, in collaborazione con Amref Health Africa-Italia, dedicherà alla giornata mondiale dell’Africa, dei momenti all’interno della sua programmazione. Media partner dell’evento sono Rai Ragazzi, Rai Radio Kids e Rainews24.
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Africa e nuovi mercati. Altro che protezionismo…
Posted by fidest press agency su lunedì, 18 gennaio 2021
La notizia è clamorosa, ma non ne parla nessuno, fuorchè Radio Radicale che, se non ci fosse bisognerebbe inventarla per il servizio informativo che svolge relativamente a un continente che preoccupa gli europei solo per i migranti.Dunque, da “Africana”, la rubrica di RR, apprendiamo che è stato sottoscritto un accordo fra tutti gli Stati africani per l’istituzione della zona continentale di libero scambio, il che porterebbe ad un aumento di più del 50% del commercio nei prossimi due anni.L’Africa si estende per 30 milioni di kmq (l’Italia per 300 mila kmq), ha una popolazione di 1,3 miliardi di persone. Abbonda in risorse naturali: detiene il 90% del cobalto mondiale, il 90% del platino, il 50% dell’oro, il 98% del cromo, il 70% della tantalite, 64% di manganese e il 30% di uranio, e abbonda, inoltre, di petrolio e gas, ma è un continente povero.La libera circolazione di merci, di persone, di servizi e dei capitali sono stati gli elementi che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’Europa verso mete di prosperità mai raggiunte prima. I governi africani lo hanno capito: chiudersi nei propri ambiti non risolve i problemi. In Europa (Brexit docet), purtroppo, c’è qualcuno che non lo ha ancora capito. Primo Mastrantoni, segretario Aduc
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A holiday gift with impact: crowdfunding solar-powered water access in Africa
Posted by fidest press agency su giovedì, 24 dicembre 2020
Rome. This holiday season, some of the world’s poorest families in Somalia and Malawi look set to access water through innovative solar energy products financed through a crowdfunding project set up by the UN’s International Fund for Agricultural Development (IFAD). Through this pilot project, IFAD has invested in training NGOs, who currently work with them in Africa, to raise funds through crowdfunding to bring solar-powered irrigation to Malawi, and purified water to Somalia. In Somalia, only 30 per cent of people have access to clean water, leaving them vulnerable to life-threating diseases. Through this crowdfunding campaign, 2,400 Somalis could access clean water and energy through a OffGridBox – a mobile solar system that purifies water and distributes energy with no environmental impact. In Malawi, food insecurity is a major issue with over 3 million people requiring food aid this year, and with more than a third of children under five chronically malnourished. Farmers are at the mercy of unreliable weather and battle to produce enough food. With donations from crowdfunding, a solar irrigation system will provide water for 30 farming families, enabling them to supply food to 12 surrounding villages. The families will be trained to use and maintain the system.Crowdfunding emerged after the 2008 financial crisis. When entrepreneurs faced difficulties in raising funds, they turned to the internet to access pooled donations from multiple individuals. In 2017, US$65 billion was raised on global crowdfunding platforms and there is a growing trend to use crowdfunding to mobilise finance in developing countries. The World Bank has estimated that by contributing small amounts, households in developing countries could deploy up to $96 billion a year in crowdfunding investments by 2025.IFAD’s crowdfunding campaign will run until 15 January.
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L’Africa tra due virus
Posted by fidest press agency su venerdì, 4 dicembre 2020
La pandemia da Covid-19 in Africa rischia di avere effetti devastanti su una popolazione già messa a dura prova da un altro virus con cui lotta da decenni: l’HIV. Il Coronavirus mostra ancora una volta quanto il diritto alla salute sia strettamente legato alla riduzione delle disuguaglianze, ai diritti umani, alla protezione sociale e alla crescita economica. Un fenomeno che ha colpito tutti, anche in Italia, ma che in Africa può avere ripercussioni molto più pesanti, con un’onda anomala che si aggiunge a un mare in tempesta. E, per quanto questo mare, visto dall’Europa, possa sembrare molto lontano, la questione africana assume sempre di più i connotati di un problema globale. Il Coronavirus ha dimostrato al mondo che nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro. Sono necessarie “solidarietà globale, responsabilità condivisa”. Un binomio che è anche il tema della Giornata Mondiale contro l’AIDS che si celebra oggi. Ed è anche lo spirito con cui il programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio continua il suo impegno in Africa, raddoppiando gli sforzi di fronte a un doppio nemico: l’HIV e il Covid-19. DREAM è il programma di Salute Globale, della Comunità di Sant’Egidio nato nel 2002 per la prevenzione e cura dell’AIDS in territorio africano. Proprio grazie al personale formato e alle strutture stabili, DREAM è riuscito ad affrontare con efficacia l’arrivo del Coronavirus in Africa. In tutti i Paesi in cui è presente il programma della Comunità di Sant’Egidio, i pazienti sono stati sottoposti allo screening per il Coronavirus nei centri attrezzati per gestire in sicurezza la nuova pandemia. I laboratori di biologia molecolare DREAM, si sono messi a disposizione dei Ministeri della Salute locali per processare i test necessari alla diagnosi di COVID19. In particolare in Mozambico e Malawi, sono diventati un supporto importante per arginare la pandemia nei paesi. A Balaka i test sono iniziati il 4 maggio e ad oggi se ne contano più di 3.000. A Blantyre ne sono stati effettuati dal 22 maggio oltre 10.000, mentre a Beira, dal 16 giugno, si è giunti a circa 13.000 tamponi.L’obiettivo è non lasciare che la pandemia metta a rischio la già fragile condizione di chi già combatte contro l’HIV. Per questo, i medici di DREAM lavorano per impedire al nuovo virus di vanificare gli importanti risultati raggiunti finora. Ma questo potrebbe non bastare. Oggi si assiste ad una preoccupante riduzione delle risorse sufficienti per la lotta ad HIV/AIDS. E l’arrivo del Covid-19 non fa altro che complicare il quadro.
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“Italian Higher Education with Africa”
Posted by fidest press agency su domenica, 11 ottobre 2020
Già partite le prime iniziative: il programma di mobilità virtuale è stato attivato nel semestre in corso ed è rivolto ad alcune Università Africane già partner degli atenei. L’accordo prevede la possibilità di selezionare un numero prestabilito di studenti ai quali viene consentito di partecipare ad alcuni corsi erogati online. Tale iniziativa è resa possibile, poiché le Università della Fondazione, di concerto con il Ministero della Ricerca e dell’Università hanno confermato l’erogazione dei propri corsi in modalità estesa, cioè sia fisica che virtuale, mettendo a frutto l’esperienza positiva dello scorso semestre e valorizzando la didattica innovativa. Per rafforzare la resilienza dei sistemi educativi terziari, la Fondazione sta inoltre lavorando alla definizione di un Master universitario dedicato ai giovani ricercatori e docenti delle Università Africane. Il programma di natura multidisciplinare mira a rafforzare un insieme di conoscenze trasversali per la didattica e la ricerca in merito ai temi strategici per il Continente Africano, come la gestione delle risorse e lo sviluppo locale. Il Master, che sarà avviato nel 2021, è ispirato all’Agenda 2030 e all’Agenda 2063 e prevede diversi moduli teorici e pratici ciascuno gestito da docenti delle università della Fondazione IHEA favorendo al contempo la partecipazione attiva di docenti delle università Africane stesse.L’ambizione? Lavorare già a partire dalle fasi di erogazione del Master, con gli allievi del programma, che sono colleghi nelle Università Africane, per disegnare percorsi di Laurea innovativi, in particolare nei campi civile e ambientale, meccanico ed energetico, agroalimentare e del cultural heritage, in grado di far sviluppare le competenze necessarie nel continente e promuovere la qualità didattica e del sistema educativo italiano, come primo esempio pilota di Transnational Education per il nostro Paese.
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Torna in edicola Focus on Africa
Posted by fidest press agency su martedì, 6 ottobre 2020
Lo fa con la copertina dedicata a un reportage esclusivo dal Sudan di Antonella Napoli, a un anno dalla nascita del governo di transizione dopo la caduta del regime del presidente dittatore Omar Hassan al Bashir, torna in edicola Focus on Africa, la prima iniziativa editoriale pura dedicata al continente africano. Il magazine, fondato e diretto dalla giornalista fermata a Khartoum lo scorso anno mentre seguiva le rivolte nel Paese, propone tra gli altri contributi un’inchiesta sul traffico e lo sfruttamento dei migranti africani nell’Agro Pontino, con dati e notizie inediti, un’analisi di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International sulla libertà di stampa negata in Africa, e un approfondimento di Francesco Lepore, collaboratore dell’Inkiesta, sulle violazioni dei diritti della comunità Lgbti nel continente africano.“Nelle ore in cui chiudevamo la rivista, uno dei leader del movimento che ha portato alla caduta di Bashir – ha raccontato la direttrice Antonella Napoli, nel corso della presentazione via Zoom del numero di ottobre – mi informava che il caso del mio fermo in Sudan lo scorso anno è stato citato nella relazione che accompagna il testo della riforma. È stato infatti accertato che i servizi di sicurezza mi arrestarono illegalmente mentre ero a Khartoum a seguire le proteste contro Bashir e solo l’intervento del ministro Moavero e dell’ambasciata in Sudan, sollecitati da Articolo 21 e Amnesty, scongiurarono il peggio” ha concluso la direttrice di Focus on Africa.
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Le quattro fasi dei vaccini. Richiesta ai Governi africani di agire subito
Posted by fidest press agency su giovedì, 10 settembre 2020
Nella prima fase di sperimentazione del vaccino ne viene determinata la sicurezza e la capacità di stimolare il corpo umano a produrre immunità. Vengono anche determinati il dosaggio, il metodo di somministrazione più adeguato e l’intensità adatta.
La seconda fase di sperimentazioni coinvolge una popolazione più ampia e determina i risultati del vaccino, la capacità del corpo umano di sviluppare l’immunità e gli effetti collaterali.
La fase tre conferma l’efficacia e la sicurezza a lungo termine del vaccino, e prevede la somministrazione a popolazioni più ampie e l’osservazione dei risultati per un prolungato periodo di tempo. Una volta che un vaccino supera la fase tre, viene concessa la licenza per la produzione commerciale e l’uso pubblico.
L’ultima fase, la fase quattro, implica la sorveglianza continua, mentre il vaccino viene somministrato alle comunità. Le sperimentazioni possono essere interrotte in qualsiasi fase, riavviate, modificate, ecc., a seconda di ciò che viene osservato. Per studiare efficacemente la reazione del corpo umano ai vaccini, ogni continente, nazione, Paese, villaggio o comunità, deve essere coinvolto nelle sperimentazioni. I vaccini devono essere testati in contesti diversi e su persone con un diverso corredo genetico. Pertanto, gli africani non possono permettersi di non partecipare ai trial per la sperimentazione di nuove terapie e vaccini anti-COVID-19.
Gli africani devono essere coinvolti nella sperimentazione di nuove terapie e vaccini anti-COVID-19, e iniziare a lavorare su una preparazione adeguata, che garantisca a tutto il continente un accesso tempestivo ed equo al vaccino, una volta ottenuta l’approvazione.
Secondo le stime, l’immunità di gregge per COVID-19 sarà raggiunta quando più del 60% della popolazione sarà infettata. Ciò equivale a circa 780 milioni di africani. Al 23 agosto 2020, circa cinque mesi dalla segnalazione del primo caso nel continente, l’Africa ha 1,18 milioni di casi, 27.610 morti e 900.584 guarigioni. Essendo quindi il continente molto lontano dall’immunità del gregge, è irragionevole pensare di ottenerla in modo naturale.
Le sperimentazioni possono essere interrotte in qualsiasi fase, riavviate, modificate, ecc., a seconda di ciò che viene osservato. Per studiare efficacemente la reazione del corpo umano ai vaccini, ogni continente, nazione, Paese, villaggio o comunità, deve essere coinvolto nelle sperimentazioni. I vaccini devono essere testati in contesti diversi e su persone con un diverso corredo genetico. Pertanto, gli africani non possono permettersi di non partecipare ai trial per la sperimentazione di nuove terapie e vaccini anti-COVID-19.
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In Africa occidentale si intensifica la violenza islamista
Posted by fidest press agency su martedì, 25 agosto 2020
L’Associazione per i popoli minacciati (APM) ha messo in guardia dall’escalation della violenza islamista in Africa occidentale in seguito all’assassinio del Grande Imam Souaibou Cissé in Burkina Faso. Il Grande Imam di Djibo, 73 anni, è stato rapito martedì scorso ed è stato trovato assassinato ieri. Il barbaro assassinio dell’importante dignitario musulmano dimostra quanto sia scarsa la sicurezza in molte regioni del Burkina Faso. L’Unione europea deve prestare maggiore attenzione al drammatico deterioramento della situazione della sicurezza in gran parte dell’Africa occidentale. Non bastano più semplici dichiarazioni di rammarico per l’escalation di violenza. Dopo l’assassinio di 20 persone in un mercato del bestiame in Burkina Faso, l’Unione europea ha condannato la settimana scorsa la violenza contro i civili. Il Grande Imam era stato rapito su un autobus pubblico davanti agli altri passeggeri; presunti islamisti avevano fermato l’autobus all’aperto, controllato i documenti di tutti i passeggeri e poi trascinato fuori dall’autobus l’Imam Souaibou Cissé. L’alto sacerdote musulmano era sotto la protezione della polizia fino all’inizio di quest’anno, dopo l’attentato subito nel maggio 2017. L’Imam era diventato un bersaglio di attacchi islamisti dopo aver pubblicamente condannato il terrore degli islamisti radicali.L’assassinio del sacerdote era solo un’indicazione di quanto fosse grave la situazione della sicurezza in alcune regioni del Paese. Ad esempio, il vicesindaco della città di Djibo, da dove proveniva l’Imam, e tre dei suoi collaboratori sono stati assassinati nel novembre 2019. La maggior parte dei dignitari politici della città si trova ora solo nella capitale Ouagadougou per paura di attacchi terroristici. Le promesse del governo di ripristinare la sicurezza non sono state mantenute. È scandaloso che in Burkina Faso lo Stato stia rinunciando alla sua responsabilità di proteggere il proprio popolo. Dopo tutto, la popolazione civile non ha alternative alla vita in città e dipende dalla protezione dello Stato. http://www.gfbv.it/3dossier/africa/nigeria-it.html
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Dopo il franco cfa: sfida per l’Africa e l’Europa
Posted by fidest press agency su martedì, 30 giugno 2020
Di Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista Il franco cfa, la moneta in vigore nell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Uemoa), composta da 8 Paesi, quali Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo, ha terminato il suo ruolo. Dovrebbe essere rimpiazzato da una nuova moneta, l’Eco. Dopo un lungo negoziato, anche il governo francese ha accettato la riforma. Il franco cfa era nato nel 1945, lo stesso giorno in cui la Francia firmava gli accordi di Bretton Woods. Il ‘franc des colonies françaises d’Afrique’ (franco delle colonie francesi d’Africa, franc cfa) negli anni ’60 era diventato il ‘franco della comunità finanziaria africana’.Tra l’altro, la riforma stabilisce che la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale (Bceao) d’ora in poi non dovrà più depositare la metà delle sue riserve di cambio presso la Banque de France. Dopo sessant’anni dalla realizzazione dell’indipendenza delle ex colonie francesi, tale obbligo era umiliante e insostenibile. La Francia, inoltre, non farà più parte degli organismi africani di governance finanziaria. Anche i 6 Paesi dell’Africa centrale Cemac (Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo) stanno muovendosi nelle stessa direzione. Una volta raggiunto l’accordo con Parigi, dovrebbero lasciare il franco cfa per una nuova moneta che vorrebbero chiamare Afrik. Il sistema del franco cfa si basa su quattro principi: il cambio fisso con il franco e poi con l’euro, la libertà di movimento dei capitali verso la Francia; la convertibilità dei franchi cfa soltanto con l’euro (per cui qualsiasi pagamento verso l’estero deve passare attraverso Parigi); la centralizzazione delle riserve valutarie presso la Banca centrale francese. Inoltre, le riserve d’oro dei paesi africani erano tenute a Parigi e, di fatto, contabilizzate come francesi. La Banque de France, infatti, poteva e può anche decidere la quantità di moneta stampata messa a disposizioni di ciascun paese. Finora i vantaggi per Parigi sono stati enormi e innumerevoli. Ad esempio, la libertà di movimento di capitali ha permesso un impressionante drenaggio di risorse attraverso lo spostamento verso l’estero dei profitti delle multinazionali impegnate in Africa, soprattutto nello sfruttamento delle materie prime e delle miniere. Mentre il dollaro ha esteso dal dopoguerra la sua egemonia sui commerci e sulle finanze mondiali, la Francia è stata l’unica nazione a mantenere un forte controllo sulle sue ex colonie. Infatti, la concessione dell’indipendenza negli anni sessanta è sempre stata accompagnata da accordi bilaterali decennali ed esclusivi con i vari Paesi africani garantendosi un conveniente sfruttamento del territorio, delle materie prime, di quelle energetiche, tra cui l’uranio, e il controllo della loro politica monetaria. Gli effetti conseguentemente si sono riverberati anche in tutti gli altri settori, come la difesa, la politica estera, il commercio, l’istruzione, la giustizia, ecc. In passato, i governanti africani, come Sankara del Burkina Faso, che si sono permessi di sfidare il dominio francese, dopo l’indipendenza, non sono durati a lungo.Vari studi dimostrano che la dipendenza dalla Francia e la parità fissa con una moneta forte come l’euro hanno comportato una debolezza economica per tutti i paesi delle aree del franco cfa. Negli ultimi 20 anni questi ultimi hanno registrato una crescita del pil pari all’1,5% annuo mentre la media degli altri paesi dell’Africa sub sahariana è stata del 2,5%. Se l’aggancio all’euro ha garantito una certa stabilità monetaria, per l’altro verso le produzioni locali, sia nel campo agricolo sia in quello estrattivo, hanno subito decenni di mancanza di competitività. In merito, si ricordi che la svalutazione del franco cfa nel 1994 fu accompagnata da violente proteste e moti popolari poiché tutti i prodotti importati subirono un repentino aumento di prezzo. Necessariamente vi sarà una fase transitoria per tutti e due i gruppi di paesi. La costruzione di un loro percorso economico e monetario virtuoso, oggettivamente, non sarà facile. Sarà indubbiamente una grande sfida di ordine politico, economico e morale soprattutto per l’Unione europea. Come cambierà il suo rapporto nei confronti dell’Africa sub sahariana? Se dovesse irresponsabilmente disinteressarsi a ciò che accade in Africa, inevitabilmente il vuoto sarà riempito dalla Cina e dallo yuan e forse anche dagli Usa e dal dollaro. Il continente diventerebbe una zona di scontro e di “guerre per procura”, come accaduto in passato.Alcuni economisti africani propongono di ancorare la nuova moneta africana a un paniere delle principali valute mondiali, che includa, tra l’altro, l’euro, il dollaro e lo yuan. Attualmente l’unico paniere di monete esistente è rappresentato dai diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale. Essi, però, non possono essere la soluzione realistica perché significherebbe sottomettersi ad una istituzione internazionale che per decenni ha pesantemente penalizzato i paesi dell’Africa e quelli in via di sviluppo con le sue politiche di “condizionalità” e di austerità. Invece, la proposta africana potrebbe diventare uno stimolo forte per la creazione di un nuovo sistema monetario internazionale basato su un paniere di monete importanti. In merito si ricordi che l’anno scorso, in Mali, tutti i governi dell’Unione africana avevano sottoscritto l’accordo per la creazione di un mercato comune africano di libero scambio, sollecitando la riforma del sistema monetario internazionale. Il tema è da tempo sul tappeto. Purtroppo, finora le fibrillazioni geopolitiche mondiali ne impediscono un suo approfondimento e la dovuta soluzione.
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