A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte. L’ultima settimana di maggio ha evidenziato un consistente recupero dei listini azionari, che può essere ricollegabile a due fattori: parziale rientro da eccessi segnalati da alcuni indicatori di Financial Conditions, uno per tutti il fear&greed effetto dei ribilanciamenti di fine mese, che JPM ha stimato nel range $34-56 mld da parte di fondi comuni bilanciati Cosa attendersi, a questo punto, per giugno e per l’estate? Premetto la view generale, per poi scendere nei dettagli: giugno potrebbe rappresentare mediamente una sorta di tregua, soprattutto nella seconda parte del mese, in vista di ribilanciamenti molto corposi il trend calante dei mercati azionari potrebbe però riprendere nel corso dell’estateQuindi, in sintesi, mutuando un’immagine metereologica, sprazzi di sole più frequenti a giugno in vista di un’estate mediamente piovosa.A giugno, pertanto, in assenza di aggiornamenti micro (salvo annunci straordinari) ed ipotizzando la continuazione della guerra a bassa intensità insieme a tentativi di allentamento dei lockdown cinesi, i fattori di maggiore attenzione saranno rappresentati dai dati macro e dalle banche centrali (9 giugno BCE e 15 giugno Fed). Per le banche centrali il sentiero di rialzo dei tassi è stato praticamente già scontato dagli operatori e rimane da definire l’eventuale accelerazione o meno della partenza BCE (25 vs 50 pb) e l’ipotesi di rallentare/accelerare il ritmo di rialzo Fed a settembre, dopo rialzi di 50 pb a giugno e luglio. Oggi il mercato del lavoro presenta un forte squilibrio tra domanda ed offerta, con circa due posti di lavoro offerti per ogni lavoratore disoccupato, un fattore spesso citato da Powell. Durante l’estate si potrebbe assistere ad una riduzione di tale squilibrio, con aziende che riducono i posti di lavoro offerti in vista di un quadro macro di rallentamento marcato al confine con la recessione prospettica nel 2023 (come segnalato dall’inversione della curva dei tassi ad inizio aprile). Nei mesi estivi i fattori prima delineati potrebbero far riprendere il trend al ribasso in vista di ulteriori tagli del consenso dei margini aziendali e di livelli più equilibrati tra capitalizzazioni di mercato e liquidità in circolazione, calante per effetto del QT/stop QE.I tagli dei margini aziendali storicamente arrivano con circa 100 gg lavorativi in ritardo rispetto all’andamento delle quotazioni. A sua volta, il raggiungimento di livelli stimati di margini significativamente più bassi rispetto a quelli attuali, potrebbe rappresentare un buon indicatore del possibile livello minimo di approdo degli indici azionari. LUGLIO/AGOSTO è il periodo in cui i fattori prima delineati (QT/stop QE, indicazioni aggiornate dalle trimestrali e rallentamento della dinamica del mercato del lavoro US) potrebbero far riprendere il trend calante delle Borse Contestualmente si potrebbe assistere alla continuazione del calo dei tassi, soprattutto a breve termine in US, in vista di una percezione di più elevato rischio di recessione nel 2023, tale da costringere la Fed a fare retromarcia dopo la rapida fase di rialzo tassi e QT che potrebbe iniziare a concludersi intorno alle elezioni di medio termine di novembre, come in parte già scontato dal mercato obbligazionario.Per individuare il potenziale punto di minimo dell’anno è importante monitorare il livello del premio al rischio raggiunto congiuntamente con altri due indicatori: il livello di revisioni peggiorative raggiunto sul fronte margini aziendali; il rapporto market cap/indicatori di liquidità. (abstract da http://www.bc-communication.it/
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Finanza: Giugno mediamente soleggiato, prima di un’estate più piovosa
Posted by fidest press agency su venerdì, 3 giugno 2022
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Andamento dei mutui fissi
Posted by fidest press agency su domenica, 6 marzo 2022
Come emerge dall’analisi di Facile.it, l’IRS, l’indice di riferimento che guida l’andamento dei mutui fissi, negli ultimi giorni è salito superando quota 1% (indice a 20 anni), cosa che non accadeva da maggio 2019. Questo ha determinato che per un mutuo fisso da 126.000 euro al 70%, da restituire in 25 anni, il miglior tasso (TAEG) disponibile oggi online* è pari a 1,44%, con una rata da 489 euro al mese; dodici mesi fa, per un’operazione analoga, il miglior tasso era 1,04% e la rata 466 euro. Questo significa che chi chiede adesso un mutuo a tasso fisso paga, per tutta la durata del finanziamento, circa 6.900 euro in più di interessi rispetto a un anno fa. «Da mesi» – spiegano gli esperti di Facile.it – «l’Europa è alle prese con l’aumento dell’inflazione, determinato in larga parte dal rincaro del prezzo dell’energia, e la situazione di crisi tra Russia e Ucraina potrebbe complicare ulteriormente lo scenario.». Se i mutui a tasso fisso sono oggi già ben più costosi di quanto non fossero un anno fa, sul fronte del variabile, per ora, la situazione è ancora stabile; «L’Euribor» – continuano da Facile.it – «è ancora in negativo, ma per il futuro sarà determinante l’andamento dell’inflazione. Se il livello attuale diventerà strutturale, sarà inevitabile un intervento da parte della BCE sui tassi di interesse e questo avrebbe un impatto diretto sulle rate dei mutui variabili, sia per coloro che hanno già un finanziamento in essere, sia per coloro che lo sottoscriveranno in futuro».
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Andamento del settore factoring per il Gruppo Credem
Posted by fidest press agency su sabato, 4 settembre 2021
Si conferma in decisa crescita in tutti i principali indicatori di sintesi ma soprattutto in misura superiore rispetto all’andamento del sistema nel suo complesso. I risultati approvati al 30 giugno 2021 di Credemfactor, società del Gruppo Credem specializzata nel factoring guidata dal Direttore Generale Gabriele Decò, registrano un utile netto di € 4,8 milioni (+97,7% a/a), un risultato lordo di gestione di €5,3 milioni (+8,1% a/a) ed un utile lordo pari a €6,9 milioni (+94,5% a/a), a conferma della solidità e della qualità del core business societario. In crescita anche gli impieghi pari a €879 milioni (+7,2% a/a) ed il numero dei clienti in progresso del 2,3%. Nel corso dell’anno è stato portato avanti un importante piano di innovazione e digitalizzazione finalizzato alla crescita del valore e della qualità della consulenza degli specialisti che rimangono al centro, insieme al cliente, della strategia aziendale. In dettaglio sono stati realizzati investimenti per creare una piattaforma digitale on line e on time, denominata Fast Factoring Digitale, che consente di gestire l’intero processo dall’attivazione di un nuovo cliente a distanza alla contrattualizzazione, fino all’intera transazionalità operativa sia cedente sia debitore, con l’azzeramento della carta. Obiettivo per il 2021 è di rafforzare ulteriormente le sinergie con le reti commerciali di Credem, Credemtel e del Gruppo con soluzioni di supply chain management e finance a sostegno delle imprese, nell’ambito dell’importante progetto di accelerazione digitale di Gruppo “Digital Hub Imprese”.
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“Un anno bizzarro di vincitori e vinti nella regione Asia Pacifico”
Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 febbraio 2021
(Giappone escluso)”, a cura di Soo Nam Ng. Se dovessimo riassumere l’andamento dei mercati azionari asiatici (Giappone escluso) nel 2020, potremmo dire che dopo le difficoltà, la volontà di vincere e l’ingegno umano hanno trionfato. Forse un’interpretazione troppo ottimistica per un anno come questo, viste tutte le sofferenze causate dal Covid-19 a livello mondiale, ma non così tanto inverosimile se per tirare le somme ci basiamo sulla performance dei mercati azionari. Verso fine marzo i mercati azionari hanno rapidamente toccato un punto di minimo, a poca distanza dall’annuncio della Cina sull’assenza di contagi locali per la prima volta dall’emergenza di Wuhan. Gli investitori asiatici hanno recepito la notizia come un importante segnale a conferma del fatto che la diffusione del virus poteva essere fermata. Per far fronte alla pandemia, gli Stati Uniti hanno adottato ingenti misure di stimolo monetario, il che ha aiutato gli istituti asiatici a fare altrettanto senza il timore di un grave indebolimento valutario. Queste mosse hanno riacceso l’ottimismo.
Con la svolta digitale delle attività aziendali e dei consumi, le tecnologie hardware e software hanno guadagnato terreno, accelerando tendenze già in atto prima della crisi. Il sottoindice del settore informatico ha quindi messo a segno una netta sovraperformance (cfr. Figura 1), permettendo agli indici azionari di Taiwan e Corea di registrare a loro volta ottimi risultati.
La solidità dell’ecosistema digitale della Cina, fortemente rappresentato nell’indice cinese, ha contribuito a sostenere il ritorno a una crescita economica positiva nel secondo trimestre, quando la produzione ha iniziato a riprendersi una volta messa sotto controllo la diffusione del virus. Pertanto, per l’intero 2020 la Cina dovrebbe evidenziare un’espansione del 2%, superando di un ampio margine i paesi sviluppati. Tuttavia, non tutte le economie asiatiche hanno risposto altrettanto bene. I paesi maggiormente dipendenti dal turismo, come la Thailandia, sono stati duramente penalizzati. India, Indonesia e Filippine hanno fatto fatica a tenere a bada i contagi, senza contare che non hanno potuto fare affidamento sui vantaggi di un ecosistema digitale solido, in grado tenere in piedi le attività commerciali nel momento in cui gli spostamenti erano necessariamente limitati.
L’amministrazione Trump ha portato avanti l’antagonismo nei confronti della Cina, arrivando a esercitare pressioni sugli alleati affinché smettessero di utilizzare attrezzature 5G di Huawei e adottando misure volte a limitare le catene di produzione di chip a semiconduttori e sistemi di fascia alta destinati alle società cinesi. Ciò ha spinto la Cina a raddoppiare gli sforzi verso l’autosufficienza della catena di approvvigionamento, specialmente nel campo dei componenti high-tech. Tutto questo rientra nella più ampia strategia della “doppia circolazione” della Cina, che intende aumentare la dipendenza dalla propria domanda interna per sostenere la crescita economica. Il paese intende inoltre promuovere il turismo locale e migliorare la qualità dei brand cinesi affinché possano competere con i beni di lusso esteri. È importante sottolineare che questo approccio non implica un allontanamento del paese dalle reti di scambi globali, come dimostra la firma a novembre del Partenariato economico generale regionale (RCEP) guidato dalla Cina con i 10 paesi del Sud-est asiatico, Corea del Sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Pechino sta altresì valutando se aderire o meno all’Accordo globale e progressivo per il Partenariato Trans-Pacifico (CPTPP), che ha sostituito il Partenariato Trans-Pacifico (TPP) in seguito al ritiro degli Stati Uniti sulla scia della strategia “America first” di Trump. La prospettiva di una ripresa post-Covid dovrebbe tradursi in ottime performance delle economie di tutto il mondo, con la crescita dell’Asia nuovamente ancorata alla Cina, dove i mercati e la Banca mondiale prevedono un’espansione del PIL reale di circa l’8%.1 In questo contesto, il 2021 dovrebbe essere un altro anno favorevole per le azioni, con performance settoriali meno polarizzate. I settori non tecnologici dovrebbero registrare una netta ripresa, ma anche le azioni delle società tecnologiche dovrebbero conseguire buoni risultati, in quanto temi come il 5G, l’intelligenza artificiale, i big data, i veicoli elettrici, il cloud computing, l’e-commerce e il video live-streaming godono ancora di un notevole slancio.
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Andamento delle richieste di moratorie sul credito da parte di famiglie e imprese
Posted by fidest press agency su mercoledì, 2 settembre 2020
Nello specifico, la fase post lockdown ha fatto segnare un deciso recupero delle richieste di credito da parte di famiglie e imprese, che sono tornate sui livelli pre emergenza Covid. La rilevazione da parte di CRIF relativa alle istruttorie contribuite sul proprio sistema di informazioni creditizie nella prima settimana di agosto ha fatto registrare una performance positiva, rispettivamente con un +7% per le famiglie e un +15% per le imprese. In questo scenario, sicuramente in recupero ma ancora fortemente condizionato dalla perdurante incertezza causata dall’emergenza pandemica, famiglie e imprese non hanno però smesso di richiedere l’accesso alla moratoria varata dal Governo per sospendere il pagamento delle rate sui finanziamenti in essere.Relativamente al comparto business, il 72,6% delle richieste di moratoria che sono state ottenute in questi mesi sono riconducibili a società di capitali a fronte di una quota pari al 23,9% per le società di persone e del 2,3% per le ditte Individuali. Un altro dato significativo riguarda l’importo medio della rata mensile che è stata sospesa e il debito residuo, che risultano pari rispettivamente a 2.796 Euro e 136.689 Euro.Per quanto riguarda, invece, i privati consumatori, i mutui immobiliari rappresentano il 46,6% delle richieste, mentre il 26,6% del totale riguarda prestiti personali, che tipicamente rappresentano le due forme di finanziamento più onerose per le famiglie. A seguire, il 12,6% delle moratorie ottenute dalle famiglie riguarda mutui di liquidità contro l’8,6% dei prestiti finalizzati e il 5,6% dei contratti di leasing e altri prodotti rateali. Complessivamente la rata mensile che è stata sospesa in questi mesi risulta pari a 534 Euro mentre il debito residuo in carico alle famiglie relativamente ai contratti sui quali è stata applicata la moratoria è pari a 61.708 Euro.
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I° trimestre: andamento dell’economia italiana
Posted by fidest press agency su sabato, 25 luglio 2020
Anche l’agricoltura, come gli altri settori produttivi dell’economia italiana, ha risentito dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia in atto, registrando rispetto al trimestre precedente una diminuzione del valore aggiunto pari a -1,9%, flessione meno marcata dei tre principali settori, e dell’occupazione (-2,4% di ore di lavoro e -1,8 di unità di lavoratori impiegati). Grande incertezza, inoltre, sul fronte degli investimenti, dato complessivo relativo ai tre settori economici, con una perdita che supera l’8%. È quanto emerge dalla fotografia scattata nel I trimestre del 2020 da CREAgritrend, il bollettino trimestrale messo a punto dal CREA, con il suo Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia. Si è verificata una forte contrazione nei primi quattro mesi del 2020 dell’indice della produzione industriale dell’industria alimentare (-4% a marzo e -2% ad aprile) e delle bevande (-7,1% a marzo e -23% ad aprile), con i comparti maggiormente colpiti dal lockdown di pesca (a marzo -9%) dei prodotti da forno (-6,1% a marzo), e della produzione di altri prodotti alimentari (-19,3% a marzo e -21,8 ad aprile) della produzione di bevande alcoliche (-39,4% a marzo e, addirittura, -73,7% ad aprile) e delle bibite analcoliche (ad aprile -23%) rispetto al 2019. Diversamente, l’indice del fatturato dell’industria alimentare continua a crescere (+quasi 5% rispetto al primo quadrimestre dell’anno precedente), trainato dal fatturato estero (+ 10%), nonostante la riduzione del -4,4% sul mercato interno. L’industria delle bevande registra sul mercato interno una forte riduzione (-14%) e sul mercato estero un incremento di +3,5%. Una spiegazione può essere rintracciata nell’aumento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari e delle bevande nell’ultimo quadrimestre rispetto ai mesi corrispondenti del 2019 (nei mesi di marzo e aprile l’indice per i prodotti alimentari è aumentato rispettivamente dell’1,5% e del 3,3%).Le esportazioni agroalimentari nel I trimestre 2020, pari a circa a 11,25 miliardi di euro, registrano, rispetto allo stesso periodo del 2019, un aumento del +8%, mentre le importazioni crescono del +4,2%. In forte aumento (oltre al 10%) i flussi verso Germania, Francia e Stati Uniti, I settori merceologici maggiormente dinamici per l’export sono stati “pasta, prodotti della panetteria e pasticceria” e “ortaggi e legumi”, con variazioni che superano il 10% e “caffè, tè, e spezie” con oltre il 30%; per le importazioni carni (+17,3%), frutta (+24,8%) e soprattutto bevande (+41,7%).Sulla base dei dati raccolti su twitter dal 30 gennaio, data ufficiale di inizio della pandemia Covid-19 in Italia indicata dal Ministero della Salute, e il 15 giugno 2020, data corrispondente all’inizio della fase 3, emerge un clima di leggera sfiducia nei confronti del settore primario e delle sue politiche con prevalenza dei giudizi negativi e molto negativi (50%), rispetto a quelli positivi e molto positivi (47%). (fonte: CREAgritrend)
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L’andamento del coronavirus nella capitale
Posted by fidest press agency su martedì, 21 aprile 2020
Roma. Sono poche le persone colpite da coronavirus nella Capitale rispetto alla platea di chi potrebbe essere ancora contagiato. E, tra chi ha contratto l’infezione, solo una percentuale irrisoria ha guadagnato la piena immunita’. E’ quanto emerge da uno studio condotto da Altamedica Medical Center di Roma, che ha eseguito un’analisi epidemiologica su 617 soggetti del territorio romano (303 uomini e 314 donne di diverse classi di eta’) sottoposti a test sierologici per la ricerca di anticorpi contro il Covid-19 al fine di verificare l’esposizione all’infezione e lo stato di immunita’ completa. Tutti i soggetti hanno reso completo consenso informato e sono stati sottoposti a prelievo venoso a domicilio. Nessuno presentava condizioni critiche.
Lo studio, partito nel mese di marzo, ha esaminato il campione con metodologia multipla. Nel dettaglio e’ emerso che solo il 5%
dei soggetti risulta essere stato infettato, mentre il 95% e’ potenzialmente ancora a rischio. L’infezione viene contratta piu’ spesso dagli individui di sesso maschile (60%) che femminile (40%). In piu’ del 50% dei soggetti che hanno contratto il virus e’ stata rilevata assenza di sintomi (70% uomini e 30% donne). Tra i sintomi maggiormente accusati nei soggetti con anticorpi positivi il piu’ frequente e’ stata l’ipertermia (43%), seguita dalla perdita dell’olfatto (29%). L’infezione, datata sulla storia naturale dei movimenti anticorpali, e’ concentrata nei due mesi precedenti gli ultimi 15/20 giorni. Infine, solo in un caso (0,15%) si e’ riscontrata una piena immunita’ con presenza di sole IgG. “Si tratta del primo studio su popolazione sottoposta a screening anticorpale e sebbene il campione raccolto sia ancora esiguo si possono trarre importanti deduzioni che dovranno poi essere confermate in casistiche piu’ ampie- spiega Claudio Giorlandino, ginecologo, direttore sanitario Gruppo Sanitario Altamedica e direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine- Se infatti venisse confermata una percentuale dello 0,15% di soggetti portatori di immunita’ acquisita, ricercare quello che impropriamente viene chiamato ‘patentino di immunita” sembrerebbe destituito di ogni valore e utilita’ e la scelta sanitaria di screenare tutta la popolazione italiana risulterebbe insensata per il fatto che, comunque, si dovrebbe proteggere dalla infezione la stragrande maggioranza della popolazione che non ha contratto l’infezione. Le enormi risorse che si stanno impiegando per tali test potrebbero invece essere impiegate nella prevenzione e nel supporto sociale”. “La ricerca segue uno studio pilota sulla analisi della sensibilita’ e specificita’ di test sierologici che, anche se gia’ perfettamente validati a livello europeo e registrati presso il ministero della Salute, sono stati sottoposti a verifica per conoscere la reale affidabilita’- prosegue Giorlandino- In considerazione del fatto che nessun soggetto ha riferito di essere a conoscenza di aver avuto contatti con persone infette da meno di 15 giorni e’ lecito supporre che, nella maggioranza dei casi, i soggetti negativi non siano venuti a contatto con il virus, presupponendo che l’attivita’ anticorpale si manifesti 15
giorni dopo l’inizio della infezione. Inoltre- ha concluso Giorlandino- in circa il 90 % dei soggetti l’infezione e’ occorsa negli ultimi 2 mesi, solo in un caso e’ stata riscontrata un’infezione risalente a oltre 80 giorni prima (seconda meta’ di gennaio) mentre in due casi si stima un’infezione occorsa da non oltre 15 giorni”. (Fonte: Agenzia Dire)
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Le risorse idriche del Paese sono sempre più condizionate dall’andamento meteorologico
Posted by fidest press agency su martedì, 5 novembre 2019
E’ caratterizzato da eventi temporaleschi copiosi, se non violenti, ma localizzati: lo afferma l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), analizzando lo stato delle portate di fiumi e bacini.
Al Nord, mentre i grandi laghi (Maggiore, Como, Iseo, Garda) sono tutti sopra la media stagionale, il fiume Po è sotto media; significativo è l’andamento del Grande Fiume, la cui portata è inferiore allo scorso anno nei territori a monte per poi ingrossarsi notevolmente durante il corso grazie ai cospicui apporti degli affluenti. Analogo è l’andamento di Dora Baltea e Stura di Lanzo, mentre restano abbondantemente sopra i livelli di un anno fa i fiumi, protagonisti dell’emergenza idrogeologica della scorsa settimana: Stura di Demonte, Toce e Sesia; emblematico è il caso del fiume Tanaro che a Montecastello segna una portata di 188 metri cubi al secondo (un anno fa: mc/sec 373), ma ad Alessandria raggiunge i 125 metri cubi al secondo contro i 29,6 di un anno fa.
Scendendo verso Sud, mentre restano sostanzialmente nella media gli invasi di Umbria (Maroggia), Abruzzo (Penne) e Calabria (Monte Marello e Sant’Anna), sull’anno scorso segnano un deficit le riserve idriche di Basilicata (-123 milioni di metri cubi), Puglia (-21 milioni di metri cubi), Sardegna (-109 milioni di metri cubi); opposta è invece la condizione della Sicilia, i cui invasi contengono 50 milioni di metri cubi d’acqua in più rispetto a 12 mesi fa.“Questa situazione a chiazze – analizza Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI – conferma la necessità di investire per la realizzazione di nuovi invasi, al fine di stoccare più dell’11% di acqua piovana, che attualmente riusciamo a trattenere; disporremmo così di maggiori riserve idriche da utilizzare nei momenti di bisogno con evidenti vantaggi per l’agricoltura e l’ambiente, ma anche per la sicurezza idrogeologica.”“Attualmente – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – il Piano Straordinario Invasi ha finanziato 21 progetti in 5 anni per un importo di 144 milioni di euro, mentre altri 23 progetti sono finanziati dal primo stralcio del Piano Nazionale Invasi per un importo complessivo di 106 milioni di euro; a questi stanziamenti va aggiunto il primo stralcio del Piano Nazionale Mitigazione Rischio Idrogeologico: finanziati 25 progetti per un importo di 44,3 milioni di euro. Sono risorse importanti – conclude il DG di ANBI – ma insufficienti rispetto all’evoluzione dei cambiamenti climatici, che espongono il nostro Paese al paradosso del pericolo sia di tragiche alluvioni che di disastrose siccità; per questo, mentre stiamo adoperandoci per aprire al più presto i cantieri, chiediamo di destinare nuovi stanziamenti per il Piano Nazionale Invasi. Gestire efficientemente le acque di superficie, sia quando sono troppe che quando sono poche, è propedeutico a qualsiasi ipotesi di sviluppo economico e territoriale.”
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Agroalimentare veneto: Andamento 2018
Posted by fidest press agency su giovedì, 24 gennaio 2019
Legnaro-Pd oggi 24 gennaio (ore 11:00) presso la sede di Veneto Agricoltura (Agripolis) “tradizionale” conferenza stampa di inizio anno. Sono poco più di 63.400 le imprese agricole attive in Veneto iscritte nel Registro delle Imprese delle Camere di Commercio al terzo trimestre del 2018. Un numero ancora in leggero calo (-0,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) e in linea con l’andamento registrato dal settore anche a livello nazionale. È questo il primo dato che emerge dall’analisi della grande mole di numeri in corso di elaborazione da parte degli esperti di Veneto Agricoltura in vista del tradizionale incontro di inizio anno con i giornalisti sull’andamento del settore agroalimentare veneto nell’anno appena concluso. Com’è tradizione ormai da molti anni, gli esperti dell’Agenzia regionale forniranno un primo quadro sull’andamento economico-produttivo del comparto, comprendente numero degli occupati, superficie, produzione per singolo comparto, risultati dell’export agroalimentare regionale, ecc. La Conferenza Stampa rappresenta un importante momento per comprendere in anteprima lo stato di salute e il reale andamento dell’agricoltura veneta nel 2018, in attesa dell’incontro in programma nel mese di giugno quando sarà diffuso il Report consuntivo congiunturale.All’incontro saranno presenti l’Assessore regionale all’Agricoltura, Giuseppe Pan e il Direttore di Veneto Agricoltura, Alberto Negro.
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Federal Reserve e andamento rialzo tassi
Posted by fidest press agency su venerdì, 28 settembre 2018
LONDRA.La Federal Reserve (Fed) potrebbe a breve mettere in pausa il suo programma di rialzo dei tassi, dando finalmente tregua ai mercati emergenti e potenzialmente suscitando un ‘rally da sollievo’. A sostenerlo è Carl Eichstaedt, fixed income portfolio manager di Western Asset, affiliata Legg Mason.Quest’anno i mercati emergenti sono stati messi sotto pressione dai timori sulle effetti di una guerra commerciale e dal rafforzamento del dollaro, con ingenti perdite soprattutto per le valute emergenti, a causa della fuga degli investitori da questa asset class.Secondo Eichstaedt, manager del fondo Legg Mason Western Asset US Core Plus Bond, la maggior parte di queste pressioni potrebbe dissolversi con la fine del ciclo di rialzi della Fed, che potrebbe arrivare prima di quanto il mercato si aspetti.“Le ultime minute della Fed sono state a nostro parere piuttosto dovish” spiega Eichstaedt “ci aspettiamo un altro rialzo in questa riunione, ma dopodiché, per ora, non ce ne saranno altri.”
“La formulazione delle prossime minute sarà fondamentale. In particolare, se la Fed dovesse rimuovere la parola accomodante dalla sua dichiarazione ufficiale, ciò potrebbe significare che il ciclo di rialzi verrà messo in pausa. E, a nostro parere, non riprenderà nemmeno con la riunione di dicembre: potremmo dunque avere un ‘rally da sollievo’ nella parte a breve termine della curva dei rendimenti: sarebbe un’ottima notizia sia per i mercati emergenti che per il credito corporate.”Eichstaedt, che è entrato in Western Asset nel 1994 e ha oltre vent’anni di esperienza nei mercati obbligazionari, sostiene dunque che il debito dei mercati emergenti fosse rappresentato in maniera eccessiva nel budget di rischio del team.“Se guardiamo all’attuale crisi dei mercati emergenti confrontandola con quelle passate, vediamo che oggi questi mercati sono in una posizione completamente diversa” afferma il gestore.“Nel complesso i mercati emergenti hanno fatto un ottimo lavoro nel ridurre la loro dipendenza dal debito in dollari, e a nostro parere rispetto alle crisi passate il problema è molto minore.” “Per questo, dal nostro punto di vista, questa asset class continua ad avere lo stesso appeal di sempre, nonostante ci siano dei rischi idiosincratici.”
Tra i rischi in questione ci sono punti nodali come Tuchia e Argentina: “La Turchia, come ci si aspettava, ha appena alzato i tassi al 24%” spiega Eichstaedt “ e l’Argentina sta attuando le giuste manovre, pur non ottenendo al momento risultati positivi. Ma altre aree restano attraenti.”Tra le posizioni che il team preferisce in portafogli come quello del fondo Legg Mason Western Asset US Core Bond ci sono paesi come Messico, Brasile, Russia e Indonesia.“Molti dei ribassi sui mercati emergenti sono stati eccessivi. Il peso messicano, ad esempio, è la nona valuta più liquida al mondo, mentre la Russia ha oggi valutazioni molto attraenti e gli investitori sono più che compensati per il rischio” conclude Eichstaedt. (by punto di vista di Western Asset (affiliata Legg Mason) sulla riunione della Fed)
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Veneto: secondo trimestre positivo per l’industria
Posted by fidest press agency su giovedì, 9 agosto 2018
Nel secondo trimestre 2018, sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura, la produzione industriale ha registrato un incremento del +4% (era +3,2% nel trimestre precedente) ed anche la variazione congiunturale destagionalizzata ha confermato una crescita del +3% (era -0,8% nel trimestre precedente). L’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera di Unioncamere Veneto è stata effettuata su un campione di 1.505 imprese con almeno 10 addetti (www.venetocongiuntura.it).«Il quadro che emerge dall’analisi congiunturale del settore manifatturiero nel secondo trimestre 2018 è complessivamente positivo, ma evidenzia anche segnali di preoccupazione per il trimestre successivo – sottolinea Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto –. Sono risultati in sintonia da un lato con l’andamento dell’economia globale, che continua a crescere su livelli significativi, dall’altro con le incertezze globali che condizionano l’andamento dell’economia regionale orientando le previsioni al ribasso. Diventa fondamentale quindi un costante monitoraggio del sistema industriale per conoscere in tempo reale lo stato di salute delle imprese che non possono essere lasciate sole, mettendo in atto politiche di rilancio che rafforzino la competitività del tessuto produttivo, che puntino sull’internazionalizzazione, digitalizzazione e la valorizzazione del capitale umano».
Sotto il profilo dimensionale l’indicatore ha mostrato la performance migliore nelle imprese di piccole dimensioni con un aumento del +4,9%; seguono le medie e grandi imprese con una crescita del +3,6%. La crescita più marcata ha riguardato i beni di investimento (+5,9%), seguiti dai beni intermedi (+5%) e di consumo (+2,1%). A livello settoriale la tendenza positiva è evidente nel comparto della gomma e plastica (+8,4%), nei comparti delle macchine ed apparecchi meccanici (+6,5%), nei mezzi di trasporto (+6%) e nei metalli e prodotti in metallo (+5,2%). Nel secondo trimestre 2018 è leggermente aumentata la quota di imprese che registrano incrementi dei livelli produttivi (56% contro il 55% del trimestre precedente) mentre è rimasta stabile al 27% la quota di quelle che dichiarano variazioni negative della produzione. Il tasso di utilizzo degli impianti si è ridotto attestandosi a 72,5%. I valori massimi riguardano i settori della carta, stampa ed editoria (79,2%), gomma e plastica e metalli e prodotti in metallo (entrambi 75,9%), mentre le variazioni minime si registrano nei comparti dei mezzi di trasporto (68,3%), marmo, vetro, ceramica (68,6%) e legno e mobile (68,7%). Il livello di giacenze dei prodotti finiti è ritenuto adeguato dal 56% delle imprese industriali, per il 5% le giacenze sono in esubero e per il 37% non ne tiene. Le previsioni, invece, indicano un peggioramento delle aspettative degli imprenditori per i prossimi tre mesi. Solo per gli ordini esteri il saldo si attesta a +3,5 punti percentuali, mentre per tutti gli altri indicatori il saldo ha registrato un valore negativo: produzione -4,6 p.p. (era +17,3 p.p.); fatturato -1,7 p.p. (era +19,5 p.p.); ordini interni -6,3 p.p. (era +13,7 p.p).
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Industria: produzione giugno +0,5% su mese, +1,7% su anno
Posted by fidest press agency su lunedì, 6 agosto 2018
Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, la produzione industriale a giugno sale dello 0,7% su base mensile e del 2,1% su base annua.”Bene che, dopo i continui sali e scendi, ci siano stati due mesi consecutivi di rialzi, ma non basta! A giugno, infatti, siamo solo tornati sullo stesso livello di marzo e l’indice destagionalizzato è ancora inferiore rispetto a dicembre 2017. Insomma, siamo ben lontani dall’aver imboccato un percorso positivo di crescita, che è quello che servirebbe al Paese” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Se, infatti, si confrontano i dati di oggi con quelli pre-crisi del giugno 2008, la produzione industriale è ancora inferiore del 17,1% ed i beni di consumo durevoli hanno una voragine da colmare, un gap del 32,4 per cento. Va meglio per i beni di consumo non durevoli, anche se permane una distanza del 5,1 per cento” conclude Dona.
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Andamento positivo per il Museo Egizio
Posted by fidest press agency su lunedì, 16 luglio 2018
Torino. In relazione alle notizie relative al calo di pubblico diffuse ieri da più testate, il Museo Egizio precisa che i dati dell’OCP si riferiscono esclusivamente all’emissione di biglietti ordinari (biglietteria) che non tengono conto dei visitatori degli eventi privati (aperture private in orario serale) e degli eventi gratuiti (come “Io Sono Benvenuto” organizzato lo scorso 23 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, a cui hanno partecipato più di 3.100 persone), altrettanto rilevanti per un corretto monitoraggio dell’andamento del Museo di Via Accademia delle Scienze.
Nel primo semestre 2018, l’Egizio ha accolto 470.430 visitatori, pari a – 2,1% rispetto all’anno precedente.Un dato non trascurabile, ma che indica un sostanziale pareggio e un recupero raggiungibile.
A fianco dell’attività ordinaria, il Museo Egizio ha da tempo adottato una strategia di “diversificazione” che pone al centro la valorizzazione delle collezioni e la loro promozione attraverso una serie di progettualità sinergiche e complementari (notevole occasione di visibilità internazionale anche per la Città di Torino e la Regione Piemonte): le mostre itineranti e gli eventi speciali sono azioni che producono risultati rilevanti, che premiano gli investimenti in termini progettuali e di risorse, dedicate a questi nuovi ambiti.I reperti delle collezioni egizie di Torino sono attualmente in tour in Cina, con la mostra Egypt. House of Eternity, giunta alla terza tappa al Liaoning Museum di Shenyang, e in Canada, con l’esposizione Regine d’Egitto a Pointe-à-Callière, Cité d’archéologie et d’histoire de Montréal. L’interesse dei visitatori all’estero è notevole: le mostre hanno registrato rispettivamente oltre 2.000.000 di visitatori nelle prime due tappe a Zhengzhou e a Taiyuan (Cina) e quasi 200.000 a Montréal (Canada).
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Prestiti: continuano a crescere gli importi medi richiesti
Posted by fidest press agency su giovedì, 24 novembre 2016
A fronte di una buona tenuta della domanda di prestiti personali, anche gli importi richiesti confermano l’interesse degli italiani nei confronti di questo strumento per la gestione delle proprie spese: secondo l’Osservatorio sul credito al consumo di Prestiti.it (http://www.prestiti.it) e Facile.it (http://www.facile.it/prestiti.html), le cifre medie richieste sono cresciute dell’1,2% in sei mesi e del 9% in un anno. Siamo tornati, in buona sostanza, ai valori di un anno e mezzo fa: dall’analisi, condotta su oltre 30 mila domande di prestito presentate nel periodo compreso tra maggio e ottobre 2016, è emerso che gli italiani hanno cercato di ottenere mediamente 11.200 euro. Il profilo tipo di chi chiede accesso al credito è piuttosto chiaro: parliamo di un uomo – lo è il 73% del campione esaminato, contro il 27% di donne – ha 40 anni (ne aveva 2 in più sei mesi fa) e vorrebbe ripagare il denaro chiesto a banche e finanziarie contando su uno stipendio mensile di 1.570 euro (+1,3% rispetto alla precedente rilevazione); unica differenza sostanziale rispetto al semestre precedente è relativa alla durata del prestito, che si ferma a 60 rate, contro le 66 mensilità registrate in passato.
Il finanziamento si accorcia, quindi, ma cambiano anche le finalità per cui questo viene sottoscritto: per la prima volta in tre anni la richiesta di liquidità da gestire in autonomia viene superata dalla volontà di comprare un’auto usata, che rappresenta il 21,9% delle motivazioni date. La liquidità è quindi seconda, con la percentuale del 15,3% mentre a seguire troviamo la ristrutturazione di casa, con il 15%: incentivi e bonus offerti dallo Stato piacciono sempre agli italiani.
Che siano quattro o due ruote, ma questo semestre segna un rinnovato interesse per il mondo dei motori: aumentano in percentuale le domande di finanziamento per comprare l’auto nuova (ora al 7,6%, mentre sei mesi fa erano al 5,9%), mentre una motivazione che cresce in maniera significativa è quella dell’acquisto di moto usate, in sei mesi passate dal rappresentare poco più del 2% al 7,2%. Percentuali molto più piccole – ma per questo motivo il salto è ancora più evidente – per le moto nuove, che vedono triplicare le domande di prestito (dallo 0,4% all’1,2% del totale delle finalità indicate in fase di preventivo). Raddoppiati anche i prestiti per le vacanze (dallo 0,7% all’1,5% del totale), ma in questo caso incide particolarmente la stagionalità, visto che nel semestre considerato rientrano i mesi vacanzieri per antonomasia, quelli estivi.
È una costante la differenza di comportamento tra uomini e donne, sia in termini di importo richiesto, sia per lo stipendio con cui restituirlo: non solo le donne ricorrono in misura minore ai finanziamenti, ma puntano a somme più basse (10.600 contro 11.500 euro) da rimborsare contando su uno stipendio di 1.350 euro, contro i 1.650 euro degli uomini. In comune vi è la ricerca di liquidità e di un’auto usata, anche se quest’ultima motivazione è molto più comune tra gli uomini (tra di loro sale al 22,7% del totale).
Per quanto riguarda le differenze regionali, le cifre più cospicue sono state richieste in Valle d’Aosta (con 12.800 euro), Sardegna (12.000) e Calabria (11.600), mentre il Molise è l’unica regione a scendere sotto la richiesta media dei 10mila (9.800 euro). La durata oscilla tra i 55 mesi del Molise e i 65 mesi della Valle d’Aosta; simili in tutta Italia gli stipendi medi con cui si intende ripagare il finanziamento: in tutte le regioni si aggirano tra i 1.450 e i 1.600 euro, con l’eccezione verso l’alto della Valle d’Aosta (1.700 euro). (foto: prestiti)
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Italia: andamento del mercato immobiliare
Posted by fidest press agency su giovedì, 24 marzo 2016
«L’analisi sull’andamento del mercato immobiliare compiuta da Nomisma certifica la sensazione generale di una effettiva ripresa del settore, anche se i segnali positivi continuano a rimanere piuttosto timidi come a fine 2015. Per una decisa crescita del numero delle compravendite ci vorrebbe un intervento legislativo di forte impatto: ad esempio una drastica riduzione delle imposte sull’acquisto. Un provvedimento del genere, anche della durata di un solo anno, potrebbe costituire il detonatore ideale per una consistente impennata del mercato».Lo dichiara l’ing. Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA.«Le rilevazioni effettuate dal nostro Centro Studi – spiega Simoncini – dicono che sicuramente è aumentato l’interesse da parte di chi vuole comprare: si registra una media di venti visite al mese per un immobile in vendita, mentre fino a qualche tempo non si andava oltre le due unità. Più che la destinazione dello stesso, però, a pesare di più è la tipologia: i compratori, in pratica, mostrano soprattutto interesse per immobili di qualità superiore, indipendentemente dall’uso abitativo, commerciale o terziario che intendono farne. Ciò anche perché spesso sono gli stessi proprietari a scegliere di privarsi di beni da cui possono ricavare un introito consistente: ad esempio per fare fronte a necessità dovute al lungo periodo di crisi economica attraversato dal nostro Paese, per avviare o rilanciare un’attività imprenditoriale oppure scegliendo di spostarsi in una abitazione più piccola per realizzare un surplus finanziario. In ogni caso, per parlare di una ripresa sostanziale del settore immobiliare, c’è bisogno che la tendenza degli ultimi mesi si confermi nel medio-lungo periodo e che investa il mercato nel suo complesso».
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Andamento del mercato immobiliare USA
Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 febbraio 2016
Secondo un’indagine condotta da RE/MAX, network immobiliare internazionale in franchising, le vendite di immobili nel mese di gennaio sono state del 6,3% maggiori rispetto a quelle dello stesso periodo lo scorso anno, eguagliando l’aumento su base annua registrato in dicembre. Allo stesso tempo, le tendenze stagionali previste hanno registrato il 31,7% di vendite in meno a gennaio rispetto a dicembre. Dal mese di gennaio 2009, il calo medio delle vendite di dicembre era del 27,6%. Negli ultimi 12 mesi la media dell’incremento nelle vendite su base annua è stata del 5,6% e solo due mesi, novembre e ottobre, hanno registrato un calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il prezzo mediano di tutte le case vendute a gennaio è stato di $200.714, pari ad un incremento del 6.7% rispetto a gennaio 2015. L’offerta di case in vendita rimane molto ristretta in molte metropoli in tutto il paese, mostrando una diminuzione del 14,7% rispetto allo scorso anno. Nel mese di gennaio, la media nazionale di mesi sul mercato è stata di 4.6, inferiore al 5.2 dello scorso anno. Nelle 52 aree metropolitane coinvolte nell’indagine RE/MAX a gennaio, il numero medio di immobili venduti è stato del 6,3% maggiore rispetto allo scorso anno, ma del 31,7% inferiore rispetto al mese precedente. Le vendite di gennaio sono solitamente inferiori rispetto a dicembre e da gennaio 2009 la media di diminuzione è stata del 27,6%. Le vendite di gennaio sono sembrate particolarmente forti nel nord est, in città come Boston, Philadelphia, Trenton, Manchester e Burlington. A dicembre, 38 delle 52 aree metropolitane intervistate hanno registrato vendite maggiori su base annua, 13 delle quali con aumenti a doppia cifra: Trenton, NJ +31.3%, Burlington, VT +30.9%, Manchester, NH +27.0%, Boston, MA +22.1%, Philadelphia, PA +16.8%, and Minneapolis, MN +16.2%.
Il prezzo mediano di vendita di tutte le case vendute nel mese di gennaio è stato di $200.714, inferiore del 2,3% rispetto a dicembre. Su base annua, il prezzo mediano di vendita è ora salito per 48 mesi consecutivi, ma l’incremento di gennaio del 6,7% è inferiore alla media del 7,6% per ciascun mese nel 2015. Una scarsa offerta di immobili continua a fare pressione sui prezzi, nonostante il loro incremento si stia moderando negli ultimi mesi. Tra le 52 aree metropolitane intervistate a gennaio, 49 hanno registrato prezzi maggiori rispetto allo scorso anno, con 15 percentuali a doppia cifra, che includono Tampa, FL +19.4%, Nashville, TN +16.1%, Trenton, NJ +15.2%, Orlando, FL +14.6%, Des Moines, IA +13.9% and Denver, CO +12.9%. (foto: vendite immobili)
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Mercato immobiliare in calo
Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 febbraio 2015
Il 2014, per il mercato immobiliare, è stato un anno con luci ed ombre: da un lato è tornata a salire la domanda di mutui, complici i migliori tassi applicati dalle banche a chi chiede un finanziamento, dall’altro i prezzi di vendita hanno continuato a scendere, appena meno rispetto a quanto accaduto nel 2013. Secondo l’Osservatorio sul Mercato Immobiliare residenziale italiano condotto da Immobiliare.it (http://www. immobiliare.it) nel 2014 i prezzi degli immobili residenziali hanno subito un calo annuale pari al -5,6%.
Se nel primo semestre il calo rilevato era stato più contenuto (-1,8%) – tanto da far ipotizzare una stabilizzazione – considerando solo il secondo semestre 2014 la diminuzione dei prezzi richiesti è stata del 4,1%. A dicembre 2014 il prezzo medio ponderato degli immobili residenziali italiani si è assestato a 2.166 € per metro quadro.
Scomponendo i dati in base alle macro aree del Paese, a livello annuale il calo maggiore delle cifre richieste si è registrato al Centro (-7%) e al Sud (-6,8%), con una significativa svalutazione degli immobili rilevata in Molise (-18,2% in un anno). Considerando solo il secondo semestre, la contrazione più forte si registra nel Mezzogiorno (-5,9%). L’area che, di contro, ha mostrato nell’anno la tenuta maggiore dei prezzi è il Nord-Est: Trentino Alto Adige (-1,2%) e Friuli Venezia Giulia (-2,2%) sono le regioni che hanno arginato meglio il calo. Rispetto alla precedente rilevazione i prezzi tornano a calare in misura più evidente nelle grandi città (-4,8% in sei mesi), dopo un semestre in cui erano le più piccole a soffrire di più (queste si fermano al -3,5%).
Mentre i prezzi del mattone continuano a scendere sale ancora, ma meno che in passato, l’offerta di immobili in vendita: nel corso del secondo semestre 2014 la crescita registrata è pari al +5,7%, mentre considerando il 2014 nel suo complesso ci si ferma ad un +4,1%. Il costante aumento di questa tipologia di offerta (che prosegue dal 2012, anno di inizio delle rilevazioni) sta tuttavia rallentando a seguito del forte ridimensionamento del settore dell’edilizia, che produce sempre meno: secondo l’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni, redatto dall’ANCE, nel 2013 la produzione di nuove abitazioni è calata del 18,4%. Da qui l’impossibilità di una crescita con la stessa intensità del passato. Si rafforza, d’altro canto, la differenza di disponibilità sul mercato di immobili residenziali in locazione, da sempre meno numerosi di quelli in vendita: nel corso del secondo semestre il divario numerico aumenta perché l’offerta di case in affitto è calata del 10,4% (-10,1% nel 2014). Fenomeno, questo, che offre una prova del calo della volontà degli italiani di mettere a reddito i propri immobili: complici l’alta tassazione legata alle locazioni e gli alti tassi di morosità registrati nel nostro Paese, il trend che emerge vede gli italiani più intenzionati a vendere il proprio immobile, piuttosto che continuare ad operare nel difficile mercato della locazione.
Esaminando l’andamento dei prezzi nelle città capoluogo di regione emerge un peggioramento in corrispondenza del secondo semestre: se la prima parte dell’anno aveva visto diverse città con contenuti rincari dei prezzi (su tutte, +2,4% a Trieste), complessivamente nel 2014 tutti i capoluoghi chiudono in negativo. L’Aquila (-17,7%) e Aosta (-11,9%) sono i capoluoghi che soffrono maggiormente nel 2014, ma particolarmente significativo è il dato di Roma: la città, che copre ben il 94% dell’offerta di immobili di tutta la regione Lazio, ha subito un calo dei prezzi di vendita pari all’8,4% in un anno.
Questo tonfo porta la città eterna a perdere il suo storico primato di città con i prezzi più elevati del comparto residenziale: Roma viene superata da Firenze (solitamente seconda) stabile a 3.657€ al metro quadro (-0,5% nei sei mesi, -0,7% nei 12), mentre Milano, che pure cala del 3,1% in un anno e arriva a 3.463€/mq, rimane il terzo capoluogo di regione della classifica.
In coda alla rilevazione sin dal 2012, i capoluoghi meno costosi d’Italia sono sempre Catanzaro (1.188€ al metro quadro, in flessione del -9,7% nel 2014) e Perugia (1.460€/mq, con prezzi in calo del 10,7% rispetto ad un anno fa).
La città che, nel 2014, ha subito la contrazione maggiore dei prezzi è L’Aquila (-17,7%), mentre considerando solo il secondo semestre perde più di tutte Campobasso (-11,6%). L’unico capoluogo di Regione che da giugno a dicembre abbia registrato un segno positivo circa l’andamento dei prezzi è Potenza, che vede un rincaro del 4,7%.
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Cresce la domanda di mutui
Posted by fidest press agency su sabato, 24 gennaio 2015
In particolare, per quanto riguarda la domanda di mutui, nell’arco dei 12 mesi, ha fatto segnare una crescita pari al +15,0%, dopo ben 3 anni caratterizzati dal segno meno, sostenuta sia dagli stimoli proposti dagli istituti di credito, con offerte focalizzate sulla modularità e flessibilità del prodotto, sia dalle richieste di surroga, in virtù della convenienza dell’attuale tasso variabile. L’importo medio dei mutui richiesti nell’anno 2014 è ulteriormente calato, attestandosi a 124.346 Euro rispetto ai 127.328 Euro dell’anno precedente, confermando così un trend in contrazione che perdura da diversi anni sia a causa della diminuzione del prezzo di acquisto degli immobili sia per la tendenza a privilegiare soluzioni che gravino il meno pesantemente possibile sul bilancio famigliare.Il dettaglio relativo alla domanda di prestiti (personali e finalizzati) mostra come, nell’aggregato dei 12 mesi del 2014, la variazione della domanda ha mantenuto il segno negativo, con un complessivo -2,0%, sintomo di un quadro congiunturale che risulta ancora fragile, con il persistere di segnali negativi sul fronte dell’occupazione che ha raggiunto livelli record, penalizzando soprattutto le fasce di popolazione più giovani. Nel mese di dicembre appena concluso, però, la domanda di prestiti ha fatto registrare un incremento del +10,6%, dato che va a consolidare la dinamica positiva già rilevata a ottobre e novembre (rispettivamente in crescita del +7,6% e del +5,2%). Infine, rispetto al 2013, l’analisi condotta da CRIF mette in evidenza una sostanziale stabilità dell’importo medio dei prestiti richiesti (sempre nell’aggregato di prestiti personali più finalizzati), attestatosi a 7.422 Euro contro i 7.395 Euro del 2013 (+0,4%).
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Crescono le parafarmacie
Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 marzo 2012
Con il 91,6% di confezioni vendute (284,5 milioni) e un giro di affari di poco superiore ai due miliardi di euro (92,6% del mercato a valore), la farmacia si conferma il canale di acquisto privilegiato per le specialità senza obbligo di prescrizione, anche se l’unico canale a registrare una crescita è la parafarmacia. Il risultato emerge dall’analisi dell’Anifa recentemente pubblicata che ha preso in esame l’andamento del mercato farmaceutico del 2011 e ha messo in evidenza come il mercato di Sop e Otc, pur con una contrazione nei volumi rispetto al 2010, riconferma la tenuta del fatturato. Secondo i dati, «stabile al 3,5% la quota della Gdo, mentre la parafarmacia ha costantemente eroso, seppure di misura, quote di mercato alla farmacia con vendite, a fine 2011, pari al 4,9% del numero di confezioni (poco più di 15 milioni) per un giro d’affari di circa 102 milioni di euro (4,6% del mercato a valori). Rispetto alla performance dell’anno appena trascorso, le farmacie e i corner Gdo assistono a una contrazione delle confezioni vendute rispettivamente del 2,7% e del 2,1%, mentre la parafarmacia registra un +1,0%». Quanto all’andamento a valori si evidenzia «una tenuta dei fatturati da parte delle farmacie (-0,3%), una modesta crescita per i corner (+0,8%) e un aumento per la parafarmacia pari al 3,1%. Guardando ai prezzi, rispetto a dicembre 2010, le parafarmacie hanno avuto gli aumenti più contenuti e pari +2,36% contro il +2,87% della farmacia e il +5,05% della Gdo». Importante il commento dell’Anifa, secondo cui «i dati evidenziano come la leva del prezzo, liberamente stabilito dal titolare di ogni punto vendita, non incide significativamente sulle abitudini di acquisto degli italiani e, quindi, sulla leadership di mercato della farmacia»(fonte farmacista33)
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