L’85% delle organizzazioni industriali europee e non europee è consapevole della nuova direttiva europea sulla sostenibilità aziendale, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), Tuttavia, circa tre quarti delle aziende hanno ancora grandi difficoltà nell’adeguarsi ai requisiti ESG previsti dalla legge. Oltre alla crisi energetica, la difficoltà nella ricerca di personale qualificato e la carenza di specifiche competenze sono le maggiori preoccupazioni. In un terzo dei casi, inoltre, i dati non adeguatamente organizzati impediscono la trasparenza indispensabile per una maggiore sostenibilità. Lo studio ha coinvolto più di 440 top manager provenienti da 19 paesi europei, intervistati per conto di Aras, vendor della piattaforma tecnologica Aras Innovator.Le aziende del settore industriale hanno da tempo riconosciuto l’importanza di posizionarsi strategicamente come aziende sostenibili. Infatti, il 90% delle aziende che hanno partecipato all’indagine hanno espresso la convinzione che l’adozione di azioni sostenibili sia essenziale per conseguire il successo economico a lungo termine.L’attuale scenario richiede un’azione immediata: non è più sufficiente per le aziende adottare un’immagine “green” superficiale. Nel contesto dell’iniziativa Green Deal dell’Unione Europea, la politica ha posto l’economia di fronte ad una scelta cruciale. A partire dal 2024, circa 50.000 aziende dell’UE saranno tenute a pubblicare informazioni dettagliate e attendibili sulla sostenibilità ambientale (Environmental), sociale (Social) e di governance (Governance) secondo standard completi. ” Per garantire il massimo vantaggio operativo, i produttori richiedono un livello elevato di trasparenza riguardo ai dati del prodotto durante tutte le fasi della produzione. Questa trasparenza è fondamentale per adempiere agli obblighi di reportistica ESG e prevenire potenziali sanzioni”, afferma Luigi Salerno, Country Manager di Aras Italia.Le nuove normative di reporting non si applicano solo alle aziende operanti all’interno dell’UE, ma anche ai fornitori provenienti da paesi come la Svizzera o il Regno Unito, poiché questi hanno un impatto significativo sull’intero ESG-Footprint di un prodotto in quanto parte della supply chain.Nonostante ciò, il 72% delle aziende coinvolte nello studio ha ancora difficoltà a conformarsi ai requisiti di sostenibilità futuri previsti dalla legge.Le tradizionali analisi manuali non sono più sufficienti per soddisfare i nuovi obblighi di reportistica sulla sostenibilità aziendale. La soluzione è rappresentata dalla digitalizzazione. “Attraverso un’applicazione PLM, le informazioni sui prodotti e sui processi vengono fornite in modo trasparente lungo l’intero ciclo di vita, creando una base solida per lo scambio di dati tra aziende e la tracciabilità necessaria nel contesto della CSRD”, spiega Luigi Salerno. “Secondo la ricerca studio, le aziende che utilizzano già un Product-Lifecycle-Management (PLM) sono in media molto più preparate alle nuove esigenze ESG rispetto alla concorrenza. Una strategia di sostenibilità ben pensata basata su un PLM consente alle aziende non solo di evitare multe, ma anche di produrre prodotti ecologici in modo economicamente vantaggioso”, conclude Salerno. L’indagine “La transizione delle aziende europee” è stata condotta alla fine dell’autunno 2022 e ha coinvolto 442 dirigenti di 19 Paesi europei. I partecipanti all’indagine operano in aziende con un fatturato minimo di 40 milioni di euro nei seguenti settori: automobilistico, aerospaziale e della difesa, ingegneria meccanica, medicale, chimico, farmaceutico e alimentare.
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Studio: “La transizione delle aziende europee”
Posted by fidest press agency su venerdì, 26 Maggio 2023
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Le aziende giapponesi sono pronte per un cambiamento
Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 Maggio 2023
A cura di Sam Perry, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. A circa 18 mesi di distanza dalla promessa del primo ministro giapponese Fumio Kishida di realizzare una “nuova forma di capitalismo”, si vanno finalmente delineando i contorni del suo programma di rilancio. Kishida esorta gli investitori giapponesi (tradizionalmente avversi al rischio e con molta liquidità) a gestire e investire i propri asset in modo proattivo. La sua amministrazione sta introducendo un nuovo regime di esenzione fiscale per gli investimenti che, insieme ad altri provvedimenti nel settore privato, ha lo scopo di velocizzare il passaggio dal risparmio all’investimento, aumentare il valore a lungo termine della sfera aziendale giapponese e ridistribuire la ricchezza. Un maggiore slancio di questo trend potrebbe trasformare sensibilmente la sfera azionaria giapponese: i risparmiatori nazionali hanno nelle loro casse circa 2 milioni di miliardi di yen (15.000 miliardi di dollari).Tradizionalmente, gli investitori retail giapponesi conservano quasi la metà della loro ricchezza in liquidità e depositi bancari.Solo il 15% del loro patrimonio è detenuto in titoli e fondi fiduciari d’investimento, rispetto al 30% circa di Stati Uniti ed Europa.Dopo i molti tentativi falliti da parte delle amministrazioni precedenti, Kishida sta facendo di tutto per sbloccare questa enorme mole di liquidità.Al fine di risollevare la quota azionaria, sta rivedendo il regime di esenzioni fiscali per gli investimenti, noto anche come Nippon Individual Savings Account, o NISA. Introdotto originariamente nel 2014 e modellato sul britannico Individual Savings Account (ISA), il NISA esenta gli investitori dall’imposta del 20% normalmente applicata sulle plusvalenze e sui dividendi per gli investimenti di importo fino a 1,2 milioni di yen all’anno e per un periodo fino a cinque anni.Potenzialmente, gli investitori nazionali potrebbero diventare una significativa nuova fonte di domanda per il mercato azionario interno, il secondo più grande al mondo. Negli ultimi anni, gli investitori giapponesi hanno cercato rendimenti più elevati fuori dai confini nazionali, ma il fascino degli asset esteri si va affievolendo.In genere, gli investitori giapponesi accolgono volentieri i rendimenti esteri più elevati, ma sempre con copertura dal rischio valutario. Ora, però, il costo della copertura è salito a livelli che superano il differenziale di rendimento, per quanto favorevole. Il costo di copertura trimestrale dal dollaro allo yen, ad esempio, si attesta al 5,2%, ma il differenziale di rendimento tra i Treasury USA a 10 anni e i loro omologhi giapponesi è del 3,4%. Ciò significa che, dopo la copertura, il 3,5% sui Treasury USA diventa una minusvalenza dell’1,8%: un risultato sfavorevole a confronto con i titoli giapponesi, che offrono un dividend yield del 2,6%. Nei prossimi anni, ci aspettiamo un rendimento annuo delle azioni giapponesi superiore al 10%, arrivando a sovraperformare le azioni statunitensi e quasi pareggiando i rendimenti delle azioni emergenti (in dollari), ma con una volatilità molto inferiore. I rendimenti potrebbero essere persino più elevati qualora le riforme sortissero l’effetto desiderato.Ciò significa che le azioni giapponesi dovrebbero essere presenti in misura più preminente nei portafogli internazionali.Nel complesso, gli investitori esteri hanno sottopesato il Giappone per gran parte degli ultimi due decenni. Attualmente, l’allocazione giapponese dei portafogli azionari stranieri è al livello più basso dal 2012.Gli incentivi ad ampliare queste allocazioni diventano però sempre più numerosi con il mutare delle priorità dell’universo azionario giapponese e il ritorno degli investitori nazionali sul loro mercato. I titoli azionari giapponesi dovrebbero, quindi, essere presenti in misura più ampia nel portafoglio di ogni investitore. ((abstract by BC Communication)
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Banche Centrali e margini aziendali alla ricerca del tasso naturale
Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 Maggio 2023
A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset, e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Nel momento in cui è scoppiata l’inattesa crisi finanziaria delle piccole banche USA, a seguito del fallimento della Silicon Valley Bank, la Fed si è trovata a un bivio dovendo scegliere se privilegiare la stabilità dei prezzi o la stabilità finanziaria. La Banca Centrale americana ha attuato rimedi ad hoc per garantire la stabilità finanziaria: linee di credito dirette e moral suasion per coinvolgere le banche sistemiche nei salvataggi; non diversamente, l’Europa ha scavalcato la legislazione sulla posizione dominante per favorire la fusione tra Credit Suisse e UBS. Decisione presa affinché potesse continuare a occuparsi in maniera prioritaria della stabilità dei prezzi attraverso la politica dei tassi. Una strategia che è stata correttamente recepita dal mercato, tanto che le previsioni sui tassi terminali non sono collassate: il mercato si attende che la stretta prosegua portando i tassi in Europa al 3,75% e in America al 5%. Questi livelli sono un punto intermedio tra quelli prevedibili in caso di recessione e quelli che il mercato si aspettava a fine febbraio quando le BC avevano nuovamente inasprito la retorica antiinflazionistica.Il mercato attualmente incorpora circa il 2% di tagli da parte della Fed entro fine 2024 (mezzo già quest’anno e 1,5% il prossimo), che rappresenta ancora un overshooting in termini reali rispetto al punto di equilibrio di lungo periodo, il cosiddetto tasso neutrale. Perciò crediamo che, in caso di recessione, vi sarebbe un’ulteriore discesa nel sentiero previsto dei tassi a due anni, mentre uno scampato pericolo vedrebbe tassi a breve più vicini a massimi di quest’anno. Secondo le stime della contabilità nazionale Usa, i margini 2022 si sono attestati al 12,2%, di cui una parte considerevole è giustificata dall’andamento della tassazione sulle aziende, che in America è passata dal 40% degli anni ’60 all’odierno 14%. Le stima per il 2023 sono vicine al 12%, in uno scenario intermedio, nel quale un’ulteriore riduzione fiscale risulterebbe ovviamente improbabile.I dati di contabilità nazionale ci raccontano le tendenze macro ma sono solo parzialmente qualificanti per gli investimenti. Quando si passa da questi allo S&P 500 (eliminando quindi dai dati medi le piccole capitalizzazioni e tutto quanto il mondo delle società private) le cose potrebbero cambiare nuovamente. Negli ultimi 60 anni, le dinamiche del monte utili di contabilità nazionale e quelle dell’indice S&P500 sono state abbastanza convergenti, ma quando andiamo a investire sull’indice stesso, si passa alla logica dell’utile per azione, che a sua volta dipende dall’emissione o ritiro di azioni da parte delle società. Questo dipende in buona parte quindi da una variabile ulteriore, ovvero quella dei buyback. Il monte utile totale dello S&P500 è stimabile in due trilioni per il 2023; nel 2022 un trilione viene speso dalle quotate per ricomprare azioni proprie, con un effetto potentemente inflattivo sull’utile per azione. In conclusione, pare evidente che gli scenari macro siano tanto rilevanti quando quelli micro. Per i destini del mercato, è quindi cruciale analizzare l’operatività finanziaria delle società, soprattutto di quelle grandi, le vere protagoniste dei buyback. Abstract by BC Communication)
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Apre a Dubai primo hub per aziende italiane che vogliono investire in Medio Oriente
Posted by fidest press agency su venerdì, 28 aprile 2023
Inaugurato oggi il primo Hub per il Made in Italy negli Emirati Arabi Uniti, un ponte per le società italiane che vogliono espandersi in Medio Oriente, Nord Africa e Sud Est Asiatico e nell’ecosistema di business emiratino. L’Hub è gestito da Italiacamp, organizzazione nata nel 2010 con l’obiettivo di creare valore per il Paese, missione che si è evoluta nel tempo e che ora punta a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese italiane nei mercati in espansione, nei quali il Made in Italy ha ancora grandi opportunità da cogliere. All’evento hanno partecipato in collegamento video il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani e il Ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, e per le autorità emiratine ha preso parte al taglio del nastro Helal Saeed Al Marri, Direttore del Dipartimento dell’Economia e Membro del Consiglio Esecutivo di Dubai, insieme all’Ambasciatore italiano presso gli Emirati Arabi Uniti Lorenzo Fanara. All’evento hanno anche preso parte, tra gli altri, la Vice Presidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione Barbara Beltrame Giacomello e Giovanni Lo Storto, Direttore Generale dell’Università Luiss. Intervenuto anche l’artista e scultore Jago. L’interscambio commerciale tra Italia ed Emirati è in significativa e continua crescita: nel 2022 le esportazioni dall’Italia sono aumentate del 25,2% e il nostro Paese è il principale partner commerciale degli Emirati Arabi Uniti tra quelli UE. Gli Emirati sono oggi per l’Italia il primo fornitore e il primo mercato di sbocco del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena).L’Italiacamp Dubai Hub for Made in Italy offre servizi di sviluppo commerciale e si candida a essere una vetrina non solo per le imprese italiane, ma anche per le università e istituzioni formative che guardano al Golfo per estendere la propria offerta ed esportare competenze e know-how del Made in Italy. Negli Emirati, la città di Dubai è diventata sempre più uno dei principali centri mondiali dell’economia, dove convergono imprese e investitori, porta d’accesso per Golfo, Medio Oriente e Nord Africa e finestra sull’India e il Sud Est Asiatico, tutti Paesi in forte crescita.Le opportunità di crescita in questi mercati non riguardano solo il business: la diffusione delle competenze e del know-how del Made in Italy aprono un ponte in entrambi i sensi. Da un lato per sviluppare l’interscambio commerciale con il nostro Paese, dall’altro per consolidarsi negli Emirati, le imprese italiane hanno necessità di personale locale altamente specializzato.
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Giappone: investire in aziende leader a livello mondiale
Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2023
Chantana Ward, Gestore del fondo Comgest Growth Asia di Comgest. Il Giappone rimane un mercato molto interessante per investire in temi globali attraverso società leader a livello mondiale, a valutazioni interessanti perché non ancora conosciute.Uno di questi temi è la ripresa dell’Asia dopo il Covid, che vede le nostre società in portafoglio esposte al trend dei consumatori asiatici emergenti, come Uniqlo (Fast Retailing) o Sushiro (Food and Life) e attraverso fornitori di tecnologia come Fanuc nell’automazione o ShinEtsu Chemical nei wafer per semiconduttori. Un altro tema è la spinta del settore tecnologico, in cui molte delle società in cui siamo investiti sono fornitori per passaggi indispensabili della supply chain, come Lasertec nell’ispezione della miniaturizzazione dei semiconduttori. In questo momento, però, nella primavera del 2023, la riapertura del Giappone dopo tre anni di isolamento è un tema importante nonché un vantaggio economico di cui il Paese gode più tardi di altri perché ha protratto le restrizioni. Japan Air Terminal, l’operatore del principale aeroporto di Tokyo, Orix, un importante operatore di catene alberghiere, PPIH, che gestisce la catena di minimarket Don Quijote, molto apprezzati dai turisti, e Oriental Land, che gestisce Disneyland Tokyo, stanno già rilevando gli effetti di queste riaperture; si tratta di ampie posizioni nel nostro fondo e che forniscono anche importanti contributi alle performance. Per alcuni trimestri, gran parte dei capitali sul mercato giapponese sono stati indirizzati verso il settore bancario, in attesa di un miglioramento dei margini di interesse netti in seguito ai cambiamenti nella politica monetaria. Il settore bancario giapponese ha sovraperformato i settori bancari degli altri mercati sviluppati, ad esempio di quasi il 50% rispetto al settore bancario statunitense nell’arco di un anno. Noi di Comgest, invece, prevediamo una regressione di questa situazione, poiché le aspettative di un cambiamento radicale della politica monetaria sembrano eccessive e la combinazione di utili e valutazioni interessanti in altri settori è senza precedenti.
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Il ransomware rimane il principale rischio cyber per le aziende, ma emergono nuove minacce
Posted by fidest press agency su martedì, 1 novembre 2022
Monaco di Baviera. Il ransomware rimane il principale rischio informatico per le aziende a livello globale, mentre gli incidenti che compromettono le e-mail aziendali sono in aumento e cresceranno ulteriormente nell’era del “deep fake”. Allo stesso tempo, secondo un nuovo report di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS), la guerra in Ucraina e le tensioni geopolitiche più ampie rappresentano una delle principali preoccupazioni, in quanto le ostilità potrebbero riversarsi nel cyber spazio e causare attacchi mirati contro aziende, infrastrutture o supply chain. L’analisi annuale di AGCS sul panorama del rischio informatico evidenzia anche le minacce emergenti poste dal crescente affidamento ai servizi cloud, da un panorama di responsabilità civile in evoluzione che comporta risarcimenti e sanzioni più elevati, nonché dall’impatto della carenza di professionisti della sicurezza informatica. Secondo il report, queste potenziali vulnerabilità fanno sì che oggi la resilienza della sicurezza informatica di un’azienda venga esaminata da un numero maggiore di soggetti rispetto al passato, compresi gli investitori globali, tanto che molte aziende la classificano come il loro principale rischio ambientale, sociale e di governance (ESG).In tutto il mondo, la frequenza degli attacchi ransomware rimane elevata, così come i relativi costi degli indennizzi. Nel 2021 si è registrato un record di 623 milioni di attacchi, il doppio rispetto al 2020. Sebbene la frequenza si sia ridotta del 23% a livello mondiale durante la prima metà del 2022, il totale ad oggi supera già quello degli interi anni 2017, 2018 e 2019, mentre in Europa gli attacchi hanno subito un’impennata in questo periodo. Dal punto di vista di AGCS, il valore delle richieste di risarcimento per ransomware in cui la compagnia è stata coinvolta insieme ad altri assicuratori, ha rappresentato ben oltre il 50% di tutti i costi dei sinistri cyber nel 2020 e 2021.Un numero sempre maggiore di piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di controlli e risorse da destinare alla sicurezza informatica, viene preso di mira dai criminali, mentre le aziende più grandi investono maggiormente nella sicurezza. Gli estorsori utilizzano un’ampia gamma di tecniche di persecuzione, adattano le loro richieste di riscatto ad aziende specifiche e si avvalgono di negoziatori esperti per massimizzare i profitti.Gli attacchi stanno diventando sempre più sofisticati e mirati: i criminali ora utilizzano piattaforme di riunioni virtuali per ingannare i dipendenti e indurli a trasferire fondi o condividere informazioni sensibili. Sempre più spesso, questi attacchi sono consentiti dall’intelligenza artificiale che permette di creare audio o video “deep fake” che imitano i dirigenti. L’anno scorso, un dipendente di una banca degli Emirati Arabi Uniti ha effettuato un trasferimento di 35 milioni di dollari dopo essere stato ingannato dalla voce clonata di un direttore d’azienda.La guerra in Ucraina e le più ampie tensioni geopolitiche sono un fattore importante che sta ridisegnando il panorama delle minacce informatiche, in quanto aumentano il rischio di spionaggio, sabotaggio e attacchi cyber distruttivi contro le aziende legate alla Russia e all’Ucraina, oltre che agli alleati e ai paesi limitrofi. Atti cyber sponsorizzati dallo Stato potrebbero potenzialmente prendere di mira infrastrutture critiche, supply chain o aziende. “Per il momento la guerra tra Russia e Ucraina non ha portato a un notevole aumento delle richieste di risarcimento per la cyberassicurazione, ma indica un potenziale aumento del rischio da parte degli Stati nazionali”, spiega Sayce. Sebbene gli atti di guerra siano tipicamente esclusi dai prodotti assicurativi tradizionali, il rischio di una guerra cibernetica ibrida ha accelerato gli sforzi del mercato assicurativo per affrontare la questione della guerra e degli attacchi cyber sponsorizzati da uno Stato sia nella formulazione dei testi di polizza sia nel fornire chiarezza di copertura ai clienti. (abstract dal nuovo Report sul cyber risk di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS)
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Nasce Registroaziende.it: anagrafiche complete delle aziende italiane scaricabili gratis
Posted by fidest press agency su martedì, 1 novembre 2022
Conoscere il fatturato di un’azienda, il numero dei suoi dipendenti, la sua anagrafica, così come il settore merceologico o l’area geografica di appartenenza è importantissimo per i professionisti o per chi voglia fare affari in sicurezza. Tutto questo è oggi possibile in un semplice click grazie al portale https://registroaziende.it/, che offre tutte le principali informazioni aziendali e di bilancio di tutte le aziende d’Italia, senza più lunghe file o estenuanti ricerche presso la Camera di Commercio.Lanciato a fine settembre da BTOMAIL, azienda leader in Italia e Spagna nella generazione di database B2B orientati alle attività di e-mail marketing, il portale al momento permette di visionare già circa 1 milione di aziende (società di capitali), accedendo a molti dati, compreso fatturato e utile/perdita.All’interno della piattaforma, per ogni azienda è, inoltre, possibile consultare gratuitamente un report con le principali informazioni, come la classificazione merceologica (codice ATECO), la zona geografica, l’anno di fondazione, l’analisi dei fatturati, i dipendenti, etc.Si tratta del primo portale nazionale che offre report gratuiti in base ai trend del momento, oltre ad approfondimenti economici nella sezione Statistiche.
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Energia, Aidda: 4 proposte per aiutare le aziende a diventare indipendenti
Posted by fidest press agency su domenica, 30 ottobre 2022
“Le grandi aziende in qualche modo hanno la capacità di trovare soluzioni, ma il mondo delle piccole imprese si sta spegnendo lentamente. C’è, è un tema di urgenza immediata, in azienda come in casa”.A dirlo è Antonella Giachetti, presidente di Aidda, che nei giorni scorsi ha promosso a Roma un incontro dal titolo “Abbassare i costi energetici in attesa di una soluzione politica”.Michele Russo, partner della società di consulenza Epta Prime, ha condiviso le preoccupazioni e le istanze delle donne di Aidda provando a tracciare insieme la strada per superare la crisi, fra la necessità di un efficientamento dei consumi energetici anche attraverso interventi sui comportamenti delle persone e delle organizzazioni e la prospettiva di un’accelerazione nella produzione di energia da fonti rinnovabili per rendersi più indipendenti.”Sul fronte della limitazione dei consumi – continua Giachetti – una cosa da fare subito è incentivare comportamenti virtuosi attraverso ad esempio interventi dello Stato a fondo perduto tesi ad azzerare l’incremento del prezzo della bolletta fino ad un consumo pari all’80% di quello dell’anno precedente (modello che sta adottando la Germania). Ma anche stabilizzare ed allungare le agevolazioni per l’efficientamento degli edifici aggiornando gli stessi alle numerose innovazioni tecniche che la scienza e la tecnologia stanno producendo, ad esempio sdoganare la agevolabilità degli isolanti termici in forma di vernici speciali da applicare sulle pareti”.
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Argento, puntare sulle aziende minerarie per cogliere il prossimo rally
Posted by fidest press agency su martedì, 4 ottobre 2022
Morgane Delledonne, Head of Investment Strategy Europa di Global X. Da inizio anno i due principali metalli preziosi, oro e argento, hanno dovuto affrontare diversi venti contrari, ma nei prossimi mesi un dollaro più stabile dovrebbe contribuire a una ripresa. L’argento, in particolare, tende a performare bene quando l’economia rallenta o nel periodo immediatamente successivo. Sul lungo termine, inoltre, il suo utilizzo nella produzione delle celle fotovoltaiche gli conferisce un ruolo chiave nella transizione energetica europea e americana, con l’Inflation Reduction Act che rappresenterà un vento a favore strutturale. Attualmente, il rapporto oro-argento è vicino a 90, ossia occorrono 90 once d’argento per acquistare un’oncia d’oro, ben al di sopra della media di lungo periodo, pari a 68. Più alto è il rapporto, più l’argento è sottovalutato rispetto all’oro. Questo rapporto tende in genere a salire durante i mercati ribassisti dei metalli preziosi, e a scendere durante i mercati rialzisti, essendo l’argento è più volatile dell’metallo giallo. La situazione attuale mostra come raramente l’argento è stato così economico rispetto all’oro. E i trend storici ci dicono che se i metalli preziosi dovessero entrare in un mercato rialzista il rapporto oro-argento dovrebbe restringersi significativamente, con un rally dell’argento superiore a quello dell’oro.
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Classifica aziende top in Italia
Posted by fidest press agency su sabato, 1 ottobre 2022
Per il secondo anno consecutivo la Vivenda Spa, azienda del Gruppo La Cascina Cooperativa leader nei settori della ristorazione collettiva e del global service, ottiene un importante riconoscimento dall’Istituto Tedesco Qualità Finanza (Itqf) e dal media partner La Repubblica Affari&Finanza. Se nel 2021 era stata premiata, nel nostro Paese, fra i migliori 200 datori di lavoro per una donna, con l’indagine “Italy’ s best employers for women” (l’85% della forza lavoro è donna), questa volta la Vivenda Spa è stata inserita fra le 400 aziende top attive in Italia.A determinare il premio “Top Job – Italy’s Best Employers 2022/2023” hanno concorso ben 27 parametri come prospettive di crescita, sostenibilità, sviluppo professionale, clima di lavoro e valori aziendali.Basandosi sul social listening, che analizza dettagliatamente i commenti online di dipendenti e clienti, l’istituto ha notato come l’azienda fosse da tutti percepita come luogo di lavoro ideale. Su un campione di 2.000 realtà imprenditoriali italiane, soltanto una su cinque ha quindi ricevuto l’attestato di “best employers”.I risultati sono stati ottenuti dall’ Itqf, ente indipendente leader in Europa nelle indagini di qualità, ascoltando il web, oggi fondamentale nella valutazione di aziende perché dipendenti e consumatori utilizzano sempre di più le piattaforme social per esprimersi.“Questo secondo riconoscimento da parte dell’Istituto Tedesco Qualità Finanza conferma la bontà del nostro operato e delle scelte messe in campo prima per fronteggiare le difficoltà derivate da due anni di pandemia, poi per consolidare la nostra presenza sul territorio accrecendo il numero degli occupati e dando garanzia di stabilità ai nostri lavoratori”, è il commento di Fabrizio Di Maggio, direttore delle Risorse Umane per la Vivenda Spa. È stato possibile grazie a una precisa visione d’insieme, allo spirito di sacrificio e alla professionalità dei nostri lavoratori, per la maggior parte donne. È grazie a loro se oggi possiamo ricevere questo importante premio, frutto del social listening e, quindi, del giudizio e della percezione che hanno della Vivenda sia i clienti sia i lavoratori”.
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Le principali aziende di media intelligence
Posted by fidest press agency su lunedì, 19 settembre 2022
Milano. La maggiore impresa di media monitoring in Italia e tra le principali aziende di media intelligence anche a livello europeo, ha acquisito il 50% delle quote della società PostPickr, prima realtà italiana nello sviluppo di software per il social media management. PostPickr ha contestualmente varato un piano di crescita ambizioso, volto ad estendere le capacità del primo tool di social media publishing italiano. Alla guida della società rimarranno i soci fondatori Maurizio Lotito (Responsabile Marketing e Product Design) e Maria Miracapillo (Amministratore Delegato), mentre Pietro Biglia e Leonardo Frugiuele entreranno a far parte del CDA in rappresentanza de L’Eco della Stampa. Le sinergie tra le due società si faranno sentire presto e si preannunciano iniziative congiunte sul fronte dell’offerta per i content creator e per i professionisti della comunicazione sui social network. «PostPickr intende consolidare la sua presenza nel mercato italiano diventando il principale punto di riferimento per professionisti, agenzie, organizzazioni e brand attivi sui social media, ed avviando parallelamente una fase di progressiva espansione all’estero” commenta Maurizio Lotito, che aggiunge: “La partnership industriale con una realtà complementare e strutturata come L’Eco della Stampa rappresenta una milestone per l’evoluzione del prodotto, che favorirà l’ampliamento dei servizi, la diversificazione dell’offerta ed il potenziamento dell’organico.» Nella fase di negoziazione e di finalizzazione dell’operazione, PostPickr è stata assistita da OnLe Studio Legale di Andria, nelle persone degli avv. Sabino Sernia e dell’avv. Celeste Liso. L’Eco della Stampa si è avvalsa della consulenza finanziaria del dott. Davide Sala Peup e del dott. Alessio Frigerio, entrambi partner dello studio Athena Professionisti e Consulenti Associati di Milano, mentre la consulenza legale è stata curata dall’avv. Lorenzo Biglia dello Studio Legale Biglia di Milano.
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Le aziende italiane e le risorse umane
Posted by fidest press agency su domenica, 14 agosto 2022
Man mano che la pandemia prendeva il sopravvento, 3/4 delle aziende introduceva il congelamento delle assunzioni (un sondaggio Gartner del 2020 ha rivelato che il 74% delle aziende ha bloccato le assunzioni in risposta al COVID-19). Ora, nel momento in cui i mercati e le opportunità iniziano a riaprirsi, le aziende devono affrontare nuove lotte nella cosiddetta “guerra dei talenti”. Da un’intervista di ADP a 2000 lavoratori italiani durante il periodo Covid (“People at Work: a Global Workforce View”), il 27% degli intervistati ha dichiarato di pensare che il Covid abbia contribuito a sviluppare le proprie competenze, e il 25% di perfezionare il proprio metodo di lavoro. L’83% dei dipendenti ritiene di disporre delle competenze necessarie per avere successo nella propria carriera, ma non necessariamente con il datore di lavoro attuale. Un buon 20% ha dichiarato di essere attivamente alla ricerca di un impiego in un settore completamente diverso da quello attuale. Con la diffusione del lavoro remoto, i dipendenti stanno realizzando la possibilità di nuove opportunità di carriera, senza l’ostacolo dalla posizione geografica. A fronte di tutti i progressi compiuti per facilitare il lavoro flessibile e remoto durante la pandemia, esistono ancora numerosi ostacoli da superare, non ultimo il modo in cui le aziende monitorano e gestiscono i team che lavorano in località e in fusi orari diversi.“Le ricadute della pandemia sono servite per ampliare il deficit di competenze in molte aziende, in parte nel momento in cui le aziende si affrettavano per adottare le tecnologie di automazione e intelligenza artificiale. Ma non sono solo le “hard” skill, come le conoscenze digitali, a scarseggiare. Le competenze sociali, di adattabilità e di resilienza contribuiscono alla produttività e alle prestazioni aziendali. Queste ultime diventano ancora più essenziali quando la forza lavoro opera in modo virtuale” sostiene Campagnoli.Il panorama post-COVID presenta molte potenziali disparità legate al posto di lavoro che l’ufficio risorse umane deve valutare: generi, genitori e non genitori, gruppi di età, razze, dipendenti con e senza disabilità e lavoratori essenziali e non essenziali.Mentre il personale comincia a tornare sul posto di lavoro, va da sé che verranno alla luce nuove questioni di cui tenere conto. Come riporta l’indagine, secondo gran parte dei dipendenti italiani con figli (48%), i datori di lavoro si sono dimostrati accomodanti nei confronti delle esigenze genitoriali dei lavoratori alle prese con l’accudimento dei figli o la chiusura delle scuole. Inoltre, secondo il 34% dei genitori, il proprio manager ha addirittura consentito maggiori misure a loro favore rispetto a quelle consentite dall’azienda e previste da regolamento. Infine, arriviamo alle ricadute sui dipendenti della Generazione Z (18-24enni), che con molta probabilità sono stati quelli maggiormente colpiti dall’impatto dal COVID rispetto a qualsiasi gruppo di dipendenti.Secondo i dati ADP Research Institute, a perdere il lavoro (con licenziamento, non rinnovo contratto o momentaneamente) è stato il 23,5% dei ragazzi di età compresa tra i 18 e 24 anni, la stessa fascia d’età più vulnerabile anche a livello contrattuale. Segue la generazione dei millenials (25-34 anni) con l’11,5%, la fascia 35-44 con il 9%, per poi scemare al 6% e 5% per le fasce più alte. Che ci aspettino o meno altri lockdown, nella pandemia attuale o in futuro, i dipendenti esigeranno sempre più che i team delle risorse umane assegnino la priorità e sostengano opzioni lavorative maggiormente flessibili. Garantire una flessibilità significativa ai lavoratori significa offrire opzioni che vanno ben oltre l’orario di lavoro e l’obbligo di lavorare in sede in determinati giorni della settimana. Riguarda la filosofia aziendale nel suo complesso rispetto ai lavoratori come esseri umani con una vita multidimensionale.Occorre però una maggiore attenzione per quel che riguarda il bilanciamento vita privata-lavorativa. Lo smartworking, infatti, se da un lato lo ha migliorato, ha però in certi casi contribuito a un significativo aumento delle ore lavorative: durante la pandemia, le ore di straordinario non pagate a settimana sono passate a circa 6 ore a persona, mentre nei livelli pre-Covid si attestavano a 4 ore settimanali.A mano a mano che lo smart working si è diffuso, molti dei cardini del rapporto tradizionale tra datore di lavoro e dipendente sono stati ridefiniti.I dipendenti sanno che le loro responsabilità non si esauriscono con la garanzia di un orario di lavoro flessibile e che la loro azienda può solo guadagnare dal garantire loro sostegno in altro modo. (abstract)
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Trasformazione digitale delle aziende italiane promossa da CIONET e Workday
Posted by fidest press agency su lunedì, 8 agosto 2022
Per il 71% dei direttori informatici italiani la scarsa cultura aziendale è il primo ostacolo alla digitalizzazione delle imprese. Al secondo posto i Cio hanno indicato le capacità lavorative dei dipendenti (54%), seguite da i requisiti di compliance e privacy in materia di cybersicurezza (33%). Questo è uno degli spunti di interesse che emerge della ricerca “CIOs & The Board”: dal report, inoltre, risulta che le aziende italiane risultano parzialmente digitalizzate, con una percentuale pari al 61%. Sono presenti dati anche relativi al revenue mix: circa il 70% dei Cio dichiara che solamente il 20% del fatturato aziendale deriva da attività digitali. “La trasformazione digitale è un cambiamento culturale prima che operativo e proprio la paura del cambiamento è il primo ostacolo da superare”, commenta Federico Francini, country manager di Workday per l’Italia, azienda multinazionale leader nelle applicazioni cloud native per la gestione finanziaria e delle risorse umane.
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Lavoro, 4 aziende su 10 non riescono a trovare candidati
Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2022
Durante il primo semestre 2022, infatti, circa il 40% delle aziende ha avuto difficoltà nel reperire i lavoratori: all’appello mancano quasi 1 milione di candidati. Ancora più complicata la situazione per operai e artigiani specializzati, introvabili per oltre il 50% delle aziende.Dati che preoccupano se teniamo conto che i Neet (i giovani tra i 15 e i 29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione/formazione) sono complessivamente più di 3 milioni (il 25%), con una prevalenza femminile pari a 1,7 milioni secondo il recente report “Neet working” elaborato dal ministero per le Politiche giovanili. I giovani, intanto, tornano a riscoprire gli antichi mestieri del passato: dall’ornatista fino al conciatore di pelli: “È fondamentale intraprendere un percorso condiviso assieme agli istituti scolastici che possa portare all’incontro formativo tra le imprese artigiane del territorio e i giovani favorendo, al tempo stesso, l’occupazione”, afferma Gino Di Luca, fondatore di Cameo Italiano, azienda leader specializzata nella creazione di camei su conchiglia. Cameo Italiano rappresenta solo un esempio di molte piccole e medie imprese che sono alla ricerca di profili altamente specializzati: i distretti conciari in Toscana, Veneto e Campania cercano conciatori per la lavorazione delle pelli; nelle aziende tessili mancano ricamatrici a mano ed esperte di uncinetto; intagliatori del legno, ornatisti del marmo e decoratori manuali sono sempre richiesti per le loro abilità manuali. Vediamo quindi quali sono, secondo un’indagine effettuata da Espresso Communication per Cameo Italiano sulle principali testate di settore, i 10 antichi mestieri artigiani più ricercati.
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Inflazione, le aziende del Nord America rafforzano la gestione del rischio credito, secondo il sondaggio Atradius
Posted by fidest press agency su lunedì, 11 luglio 2022
Amsterdam/Roma. L’impatto della forte crescita dell’inflazione che ha messo in allarme le aziende e la conseguente necessità di adottare misure per proteggerne la redditività e la stessa sopravvivenza, sono i principali risultati emersi nell’ultima edizione del “Barometro sui comportamenti di pagamento tra aziende in Canada, Messico e Stati Uniti – luglio 2022” condotto da Atradius, tra i leader mondiali nel settore dell’assicurazione del credito commerciale, fideiussioni e recupero crediti in Italia ed all’estero. Diversi fattori, come il brusco aumento dei prezzi dell’energia e la grave instabilità causata dai disordini geopolitici, hanno fatto salire l’indice di inflazione globale ad un livello che non si vedeva ormai da decenni. Una situazione che ha messo in agitazione le aziende di tutto il mondo che temono un aumento del rischio di insolvenza nei pagamenti delle fatture commerciali delle aziende clienti. Secondo le previsioni Atradius, questo fenomeno rappresenterà una minaccia significativa alla redditività e, nella peggiore delle ipotesi, un rischio per le aziende di trovarsi in stato di completa inattività. Il Barometro Atradius rivela che le aziende di Stati Uniti, Canada e Messico, che fanno parte della zona di libero scambio USMCA hanno risposto a tale preoccupazione migliorando notevolmente la gestione del rischio credito nelle transazioni commerciali con i propri clienti B2B. Le imprese locali che hanno scelto di affrontare il problema internamente, hanno riferito di aver effettuato controlli sul credito dei propri clienti in maniera più regolare al fine di individuare con anticipo possibili segnali di allerta su eventuali mancati pagamenti. Questa pratica è stata riportata dal 53% delle aziende della regione, con la percentuale che sale al 61% in Messico. Le aziende intervistate hanno anche riferito di avere il più delle volte aumentato il flusso di cassa offrendo sconti alle aziende clienti per ottenere il pagamento anticipato delle fatture, oppure di aver concesso ai clienti tempi più brevi per saldare i pagamenti delle vendite a credito fatte ai fornitori. Questa pratica è stata segnalata più frequentemente in Canada e in Messico. Dal sondaggio di Atradius risulta inoltre che il 70% delle aziende statunitensi che hanno assicurato i propri crediti commerciali ha dichiarato che continuerà a fare affidamento all’assicurazione del credito strumento il prossimo anno, e, molte di loro, integreranno questo strumento con altre soluzioni come lettere di credito e operazioni di cartolarizzazione dei crediti commerciali. I dati riportati evidenziano un 67% in Messico e un 58% in Canada. Il Barometro sui comportamenti di pagamento tra aziende in USMCA è stato condotto negli Stati Uniti, in Messico e in Canada.
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Allianz: nel 2022 il 17% delle aziende segnala ritardi di pagamento
Posted by fidest press agency su mercoledì, 29 giugno 2022
Allianz Trade in collaborazione con Format Research ha realizzato una ricerca sul sentiment delle imprese analizzando l’impatto della crisi internazionale, tenendo in considerazione cinque grandi fattori di rischio: l’aumento del costo energetico, i problemi delle catene di approvvigionamento globali, l’aumento dei costi delle materie prime, l’accesso al credito e i relativi costi ed infine la ripartenza dei mancati pagamenti e i default aziendali. Tali dinamiche delle imprese sono state clusterizzate in dieci settori del Made in Italy. La crisi in atto ha inferto un duro colpo al livello di fiducia delle imprese italiane sia nell’andamento del proprio settore di attività economica, sia nell’andamento della propria impresa. Dal report “Italia delle Imprese”, emerge che l’indicatore del clima di fiducia rispetto alla propria impresa in prospettiva nel 2022 rispetto al 2021 sul totale del campione è pari a -4,5. Lo stesso dato è comunque visto in lieve rialzo nel 2023 registrando +11,8. L’impatto dell’aumento del costo delle materie prime è risultato rilevante per il 76,5% delle imprese intervistate e determinerà per la maggior parte delle aziende del campione tensioni sulla gestione finanziaria dell’azienda generando un impatto negativo sui margini (EBITDA) pari al -17,1%. Il “rischio del credito”, ovvero il “rischio di insolvenza dei creditori” costituisce in qualche modo un ritorno sullo scenario economico dopo diversi anni di relativa quiete in questo senso. Il primo segnale in questo senso è costituito dal peggioramento dell’indicatore relativo al ritardo nei pagamenti da parte dei clienti. L’indicatore composito relativo al 2022 sul 2021 segna -14,3, la prospettiva del 2023 sul 2022 è pari a -4,2. E’ interessante notare come la pressoché totalità dei settori di attività economica considerati fanno registrare un valore di segno negativo. Le imprese che hanno visto aumentare i tempi di pagamento da parte dei propri clienti, ovvero con pagamenti oltre le date contrattualmente stabilite, sono risultate nel 2022 il 17,1%. Tra queste oltre il 27% ha assistito a ritardi nei pagamenti di oltre 30 giorni, il 37% circa, a ritardi fino a 60 giorni, il 16% a ritardi fino a 90 giorni, e quasi il 20% a ritardi nei pagamenti superiori ai 90 giorni. Il peggioramento del rischio del credito è evidente anche con riferimento alle “perdite” vere e proprie, ossia a quando “il cliente paga meno o non paga affatto”. Con riferimento al mercato domestico il rischio di perdite parziali sui crediti è aumentato nel 2022 rispetto al 2021 secondo l’11,6% delle imprese, mentre il rischio di perdite totali (default) è aumentato per il 10,2% delle imprese. Sui mercati internazionali il rischio di perdite parziali è aumentato secondo l’8,2% delle imprese, mentre il rischio dei default è aumentato per il 7,4% delle imprese.
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Le aziende e il riscatto ai criminali informatici
Posted by fidest press agency su martedì, 24 Maggio 2022
LAS VEGAS, NV: VeeamON. Le aziende stanno perdendo la battaglia contro il ransomware, secondo il Veeam® 2022 Ransomware Trends Report, il 72% delle aziende ha subito attacchi parziali o completi ai propri archivi di backup, con un impatto drammatico sulla capacità di recuperare i dati senza pagare il riscatto. Veeam Software, leader nelle soluzioni di backup, ripristino e data management per la Modern Data Protection, ha rilevato che l’80% degli attacchi andati a buon fine ha preso di mira vulnerabilità note, sottolineando l’importanza di applicare patch e aggiornare il software. Quasi tutti gli aggressori hanno tentato di distruggere i repository di backup per disabilitare la capacità di recupero dei dati senza pagare il riscatto. Il Veeam 2022 Ransomware Trends Report rivela i risultati di un sondaggio condotto da una società di ricerca indipendente che ha coinvolto 1.000 leader IT le cui aziende sono state attaccate con successo da ransomware almeno una volta negli ultimi 12 mesi, rendendolo uno dei report più importanti del suo genere. Il report, primo nel suo genere, esamina i principali insegnamenti tratti da questa tipologia di attacchi, il loro impatto sugli ambienti IT e le misure adottate per implementare strategie per la Modern Data Protection che siano in grado di garantire la continuità aziendale. La ricerca ha intervistato specificamente quattro figure IT (CISO, professionisti della sicurezza, amministratori di backup e operazioni IT). Tra le aziende intervistate, la maggior parte (76%) ha pagato il riscatto per porre fine a un attacco e recuperare i dati. Sfortunatamente, mentre il 52% ha pagato ed è riuscito a recuperare i dati, il 24% non è stato in grado di recuperare alcun dato nonostante il pagamento. Inoltre, il report rivela che il 19% delle aziende non ha pagato alcun riscatto perché è riuscito a recuperare i propri dati. È a questo che deve aspirare il restante 81% delle vittime informatiche: recuperare i dati senza pagare il riscatto. La superficie di attacco per i criminali è molto ampia. Il più delle volte i cybercriminali hanno avuto accesso agli ambienti di produzione attraverso utenti che hanno cliccato su link dannosi, visitato siti web non sicuri o risposto a messaggi di phishing, sottolineando quindi come sia possibile evitare molti incidenti. Una volta ottenuto l’accesso all’ambiente IT, non si rilevano grandi differenze nei tassi di infezione tra i server dei data center, le piattaforme degli uffici remoti e i server ospitati nel cloud. Nella maggior parte dei casi, gli intrusi hanno sfruttato vulnerabilità note, tra cui quelle dei sistemi operativi e degli hypervisor più comuni, delle piattaforme NAS e dei database server, senza lasciare nulla di intentato e sfruttando qualsiasi software senza patch o, più semplicemente, obsoleto. Infine, i tassi di infezione significativamente più alti sono stati riportati dai professionisti della sicurezza e dagli amministratori di backup, rispetto alle operazioni IT o ai CISO, evidenziando come coloro che sono più vicini ad un problema, riescono a vederlo con più chiarezza. Gli intervistati hanno confermato che il 94% degli aggressori ha tentato di distruggere i repository di backup e, nel 72% dei casi, questa strategia ha avuto un successo almeno parziale. La rimozione del backup di un’azienda è una strategia di attacco molto diffusa poiché aumenta la probabilità che le vittime non abbiano altra scelta che pagare il riscatto. L’unico modo per proteggersi da questo scenario è disporre di almeno un livello immutabile o air-gapped all’interno del framework per la protezione dei dati: una strategia utilizzata dal 95% degli intervistati. Molte aziende hanno infatti dichiarato di avere un certo livello di immutabilità o di supporti air-gap in più di un livello della loro strategia su disco, cloud e nastro.
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Il motore delle aziende a conduzione familiare: l’azionariato attivo
Posted by fidest press agency su domenica, 10 aprile 2022
A cura di Duncan Downes, Senior Client Portfolio Manager e Cyril Benier, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. È un problema che ha ossessionato gli economisti per decenni, ma il dilemma principale-agente, vale a dire la tendenza dei proprietari e dei dirigenti senior di una società a orientarsi in direzioni diverse, è una questione che dovrebbe interessare anche agli investitori azionari. Il sorgere di conflitti di questo tipo, infatti, solitamente ha un effetto negativo sui risultati aziendali e, in ultima analisi, sui rendimenti dell’investimento.Le società a conduzione familiare quotate offrono agli investitori la possibilità di evitare la trappola principale-agente: non solo queste aziende, per loro stessa natura, vedono coincidere gli interessi dei proprietari e dei manager, ma hanno anche imparato ad adeguare il loro modello operativo man mano che crescono e si trasformano in aziende più complesse.In altre parole, le aziende a conduzione familiare di oggi hanno scoperto nuovi modi per conservare le caratteristiche del cosiddetto “azionariato attivo” dei loro fondatori. Ciò si è rivelato fondamentale per il loro successo commerciale.Le ricerche dimostrano che, grazie alla loro leadership stabile, le aziende a conduzione familiare ottengono risultati migliori rispetto alle altre tipologie di aziende. Gestiscono le proprie finanze in modo più prudente, investono di più in innovazione e ricerca e sviluppo e, solitamente, non perseguono costose fusioni e acquisizioni.[1] Tendono anche a prendere più seriamente le questioni ambientali, sociali e di governance, ottenendo punteggi ESG migliori rispetto alle società quotate non a conduzione familiare. I ricercatori hanno raccolto dati su 2.000 società quotate, metà delle quali guidate dai CEO fondatori, per determinare se esistesse un rapporto tra questi e la performance finanziaria di un’azienda.Hanno scoperto che le società dirette dal fondatore hanno attirato valutazioni di borsa di quasi il 10% più elevate rispetto alle società senza fondatori nel consiglio di amministrazione. Col tempo, tuttavia, i vantaggi diminuiscono. Lo stesso studio ha scoperto che i fondatori diventano più preziosi per l’azienda quando cambiano ruolo e trasmettono le responsabilità operative e di strategia aziendale a manager professionisti, mantenendo però una certa influenza sulla cultura aziendale. Vi sono segnali che indicano come le aziende a conduzione familiare stiano migliorando nell’attenuare il rischio di avere fondatori-manager più a lungo di quanto sarebbero utili.Nel 2019, il fondatore del marchio sportivo Under Armour, Kevin Plank, ha lasciato il posto di CEO, consegnando le redini all’allora direttore operativo David Bergman. Plank non ha però abbandonato l’azienda. Ha invece assunto i ruoli di presidente e responsabile del marchio: una mossa che gli ha permesso di mettere a frutto la sua esperienza e rimanere parte integrante della cultura aziendale.Le aziende a conduzione familiare, quindi, hanno scoperto nuovi modi per conservare quella particolare energia imprenditoriale propria dei loro visionari fondatori. Riteniamo che i segni distintivi del cosiddetto “azionariato attivo” (pianificazione a lungo termine, management che rischia in proprio, elevati investimenti in innovazione) siano comuni a un universo di aziende a conduzione familiare quotate che continua a espandersi: aziende giovani e società mature, che hanno un membro della famiglia fondatrice come CEO o la cui proprietà familiare mantiene un’influenza senza essere nel consiglio di amministrazione. Questo, a nostro avviso, è ciò che li rende investimenti azionari potenzialmente di qualità superiore. (abstract da https://www.am.pictet/it/italy/articoli/2022/idee-di-investimento/03/il-motore-delle-aziende-a-conduzione-familiare-l-azionariato-attivo
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Aziende: Crisi del personale
Posted by fidest press agency su sabato, 26 marzo 2022
Dagli aspiranti camerieri che chiedono “di poter lavorare in nero per non perdere il reddito di cittadinanza” ai candidati che, dopo un primo colloquio, spariscono letteralmente nel nulla. Da quelli che si rifiutano di lavorare nel fine settimana a cuochi e baristi con famiglia e mutuo a carico che, a causa della pandemia, hanno abbandonato la professione in favore di occupazioni più stabili. Senza dimenticare gli ‘scippi’ di collaboratori tra locali concorrenti (“50 euro in più e ti salutano”). Sono queste alcune delle facce della crisi del personale che da diversi anni a questa parte attanaglia hotel, ristoranti e bar di tutta Italia. I nodi del mercato del lavoro saranno al centro dell’edizione 2022 di “Camerieri Venditori”, il corso dal vivo dedicato alla vendita professionale di sala, in programma martedì 29 marzo al Palazzo dei Congressi di Riccione (Rimini). In arrivo 1.350 persone da tutta Italia.”Non è più pensabile che basti uno stipendio a tenere stretto un dipendente di valore – afferma Giuliano Lanzetti – Sono d’accordo con chi afferma che non si può continuare con politiche retributive al ribasso. Nella mia attività siamo arrivati a garantire vitto e alloggio per essere più competitivi pagando cifre importanti a portarli di ricerca personale. Occorrono poi formazione continua e anche un sistema di incentivi progressivi, basato non solo sui numeri, che porti il cameriere a crescere professionalmente ma anche a vedere ricompensati i propri sforzi. Per le aziende serie il personale è un valore aggiuntivo, su cui investire, da formare, e retribuire degnamente. Non dobbiamo dimenticare che i collaboratori di talento sono come delle mosche bianche: non sono le aziende a sceglierli, ma loro a scegliere le aziende”.
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