Roma 31 maggio, alle ore 14:30, si confronteranno giuristi e accademici presso l’Università degli Studi Link, Biblioteca dell’Ateneo Via del Casale di S. Pio V, nel convegno “L’intelligenza artificiale nei rapporti bancari”.Le implicazioni dell’intelligenza artificiale influenzeranno il settore bancario. Questo, inevitabilmente, solleva parecchie questioni giuridiche: automazione, privacy dei dati, tutela dei consumatori sono solo alcuni degli elementi che incombono sui rapporti tra banche, clienti e intermediari finanziari. I relatori coinvolti saranno Claudio Sconamiglio, ordinario di diritto privato presso l’Università Tor Vergata di Roma; Marisaria Maugeri, ordinaria di diritto privato presso l’Università degli di Catania; Fernando Greco, associato di diritto privato e diritto del risparmio presso l’Università del Salento; Pietro Sirena, ordinario di diritto civile, diritto privato comparato e diritto europeo dei contratti presso l’Università Bocconi; Lara Modica, ordinaria di diritto privato presso l’Università di Palermo; Francesca Bartolini, associata di diritto privato presso l’Università degli Studi Link di Roma. Introduce Massimo Proto, ordinario di diritto privato presso l’Università degli Studi Link. Modera Massimo Zaccheo, ordinario di istituzioni di diritto privato all’Università degli studi Roma ‘La Sapienza’. Interviene Roberto Ciciani, dirigente generale del Dipartimento del Tesoro Direzione VI – Interventi Finanziari nell’Economia, MEF. Conclude Guido Alpa, ordinario di diritto civile presso l’Università degli studi Roma ‘La Sapienza’.
Posts Tagged ‘banche’
Intelligenza artificiale e rapporti bancari
Posted by fidest press agency su mercoledì, 31 Maggio 2023
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: artificiale, banche, intelligenza | Leave a Comment »
Quanto è probabile un nuovo credit crunch e quali sono i rischi per le banche?
Posted by fidest press agency su venerdì, 12 Maggio 2023
A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management I dati americani mostrano una crescita negativa del nuovo credito nell’ultimo trimestre, nella misura del -37,2% Dato il contesto attuale, non siamo ancora davanti a un credit crunch, ma più probabilmente solamente a un credit tightening in settori specifici, come quello dell’immobiliare commerciale Non ci troviamo di fronte a un nuovo 2008; il rapporto loan to value è nettamente più basso Un’altra area da tenere sotto controllo è quella del credito commerciale non investment grade che è cresciuta molto negli ultimi anni con tassi di default bassissimi, spingendo le banche ad aumentare la propria esposizione Riteniamo che la crisi della Silicon Valley Bank avrà una serie di conseguenze sul sistema bancario, incluse una maggiore regolamentazione, un aumento della tassazione, stress test più severi, una stretta creditizia, maggior pressione sui margini e una minore redditività. Dato il contesto attuale, non siamo ancora davanti ad un credit crunch, ma più probabilmente solamente a un credit tightening in settori specifici, come quello dell’immobiliare commerciale. Per gli operatori del settore che devono affrontare notevoli rifinanziamenti del debito o che sono esposti a tassi di interesse variabili, il rischio è che gli interessi da pagare sul debito siano superiori a quello che viene incassato soprattutto dagli affitti degli uffici. Non ci stiamo certamente avviando verso un nuovo 2008, in quanto il valore di questi immobili non è così elevato come quello del residenziale e perché il rapporto loan to value è nettamente più basso. Per questi motivi, potremmo assistere a delle riduzioni del credito disponibile ma non a problemi di ricapitalizzazione del sistema bancario in maniera generalizzata. Le politiche restrittive delle banche centrali hanno determinato grosse perdite non contabilizzate nel bilancio delle banche. Questo è un problema soprattutto per le banche regionali americane; per le banche europee il problema è minore in quanto per una questione di regolamentazione queste perdite in parte sono già contabilizzate. Se le perdite non dipendono da un’uscita forzosa di depositi, in cui le banche sono costrette a vendere un portafoglio titoli, queste possono rientrare nel momento in cui i titoli arrivano a scadenza e vengono liquidati al valore di carico. Senza considerare che eventuali buchi potrebbero essere compensati da iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali. Pur essendo essenzialmente sotto controllo, riteniamo che la crisi della Silicon Valley Bank avrà una serie di conseguenze sul sistema bancario. Soprattutto negli Stati Uniti ci aspettiamo un aumento delle fusioni bancarie, specie per quanto riguarda le banche regionali il cui business model è a rischio sostenibilità. (abstract font Il Gruppo Pictet)
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, credit crunch, rischi | Leave a Comment »
Più alti rendimenti del Governativo Giapponese pesano sullo Yen e sui bilanci delle banche
Posted by fidest press agency su venerdì, 28 aprile 2023
A cura di Wolf von Rotberg, Equity Strategist di J. Safra Sarasin.Rimaniamo cauti sulle azioni giapponesi e manteniamo la nostra posizione di sottopeso, visto il presunto cambiamento della politica della BoJ e le sue conseguenze sullo yen. Il previsto apprezzamento del 6,5% del dello Yen (ponderato su base commerciale) entro la fine dell’anno equivarrebbe a una sottoperformance del 10% delle azioni giapponesi rispetto a quelle globali. Inoltre, le valutazioni non sono eccessivamente attraenti e i portafogli a reddito fisso delle banche giapponesi rischiano di subire perdite nel caso di un aumento di 50 punti base dei rendimenti dei JGB – Japanese Government Bond (il nostro scenario di base). Sebbene queste perdite non rappresentino un pericolo per il capitale bancario, evitando così scenari di rischi di coda, potrebbero comunque pesare sugli utili delle banche nei prossimi trimestri.Il mercato azionario giapponese ha toccato un massimo di 15 anni rispetto all’MSCI AC World ex-US (in valuta locale) a ottobre, prima di sottoperformare le azioni globali di circa il 7% negli ultimi 6 mesi. Questa sottoperformance si è verificata nel contesto di un aumento del 4% dello yen (ponderato su base commerciale), a dimostrazione del fatto che la valuta rimane il principale driver delle azioni giapponesi.Tra i principali mercati, solo le azioni del Regno Unito presentano una maggiore correlazione inversa con la valuta nazionale. Di conseguenza, le nostre prospettive più caute, ma comunque positive, per lo yen continuano a sostenere una posizione sottopesata nelle azioni giapponesi. Prevediamo che lo yen si apprezzerà di un altro 6,5% entro la fine dell’anno, il che implica un’ulteriore sottoperformance del 10% delle azioni giapponesi rispetto a quelle globali nei prossimi 9 mesi, in valuta locale (coperta).Alcuni sostengono che le azioni giapponesi mostrino valutazioni interessanti. Noi respingiamo questo ragionamento sulla base del fatto che quasi tutti i mercati sembrano valutati in modo attraente se confrontati con le azioni globali, a loro volta dominate da quelle statunitensi. Se si eliminano le azioni statunitensi o si considerano le valutazioni relative rispetto all’Europa, i rapporti prezzi /utili (PE) giapponesi appaiono improvvisamente più allineati alle medie di lungo periodo o addirittura leggermente superiori.Viste le prospettive per lo yen, siamo quindi tranquilli nel mantenere la nostra posizione di sottopeso. Inoltre, sebbene riteniamo che i rischi di coda nel settore bancario derivanti dall’aumento dei tassi siano gestibili, l’aumento dei rendimenti dei JGB rappresenta chiaramente un rischio per il valore dei portafogli a reddito fisso delle banche e per i loro utili. Nel suo ultimo Rapporto sul sistema finanziario dell’ottobre 2022, la BoJ afferma che i rischi di tasso d’interesse derivanti dalle obbligazioni denominate in yen sono vicini ai massimi storici, poiché negli ultimi anni le banche hanno continuato ad aumentare le proprie posizioni obbligazionarie e hanno allungato la duration.Lo stesso stress test della BoJ rileva che le perdite sui portafogli obbligazionari delle banche in caso di spostamento parallelo di 100 pb della curva dei JGB equivarrebbero a circa il 18% del capitale bancario totale. Si stima che l’esposizione delle grandi banche all’aumento dei tassi sia relativamente moderata, con un potenziale impatto del 10% sul capitale, mentre le banche più piccole sarebbero sostanzialmente più esposte. Nello scenario di stress test della BoJ, le banche Shinkin (equivalenti alle banche cooperative regionali) subirebbero un impatto del 30% del proprio capitale. Anche se non sono quotate in borsa, le potenziali ripercussioni non dovrebbero essere ignorate. Le 264 banche Shinkin sono molto importanti per i prestiti alle piccole e medie imprese e potrebbero avere effetti di contagio anche sul più ampio settore bancario giapponese. Poiché nel nostro scenario di base ipotizziamo che la BoJ allarghi gradualmente gli YCC (curva dei rendimenti) di soli 50 punti base (anziché 100 pb come ipotizzato nello scenario di stress test della BoJ stessa), l’impatto effettivo sul capitale dovrebbe essere più moderato.Uno stress test dimezzato della BoJ equivarrebbe quindi a un più moderato 5% del capitale delle principali banche. Inoltre, gli effetti sul capitale potrebbero essere ancora inferiori, in quanto queste perdite di valutazione probabilmente non verrebbero immediatamente conteggiate e si tradurrebbero in un impatto sul capitale.Poiché’ il coefficiente medio di adeguatezza patrimoniale delle principali banche si attesta all’11,8% (e al 10,1% per le banche regionali), ben al di sopra dei requisiti minimi del 7% (e del 4% per le banche regionali), i coefficienti patrimoniali resterebbero ben al di sopra delle soglie minime regolamentari, anche se le perdite di valutazione fossero interamente contabilizzate. Tuttavia, sebbene sia improbabile che le banche abbiano problemi di solvibilità, le perdite contabili dei principali istituti potrebbero comunque ammontare a più di due terzi degli utili annuali. Ciò rende la situazione giapponese simile a quella europea, dove le principali banche sembrano sufficientemente capitalizzate per sostenere i costi derivanti dall’aumento dei tassi, ma rimangono esposte in termini di utili.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, bilanci, rwendimenti | Leave a Comment »
Mercato azionario globale a seguito dello shock del sistema bancario
Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2023
Analisi di Eric Turjeman, Co-CIO per i Mutual Fund di Ofi Invest Asset Management. Per un attimo lungo una vita, a inizio marzo è sembrato che il mondo tornasse indietro al 2008. Al tempo, dopo il fallimento di Lehman Brothers, il mercato azionario cedette più del 60% del suo valore in sei mesi e si sono visti anche altri eventi che possono essere assimilabili a dei veri cataclismi per il mondo finanziario che nessuno che li ha vissuti potrà mai dimenticare. Negli anni successivi, le banche centrali più importanti al mondo e i governi hanno imparato dagli errori, adottando contromisure drastiche che hanno fatto sì che lo shock di sistema non uscisse dai confini di Stati Uniti e Svizzera, ma che hanno portato vincoli più stringenti per la concessione di finanziamenti da parte delle banche, i quali, a loro volta, si sono tradotti in costi più elevati per le imprese che cercano un accesso al credito. Se questa tendenza fosse confermata anche nel lungo periodo, potremmo assistere a un freno per la crescita globale, generata da una pressione al ribasso sui tassi d’interesse. In particolare, questo secondo punto è un’ottima notizia per il mercato azionario, che può trarre maggiori guadagni futuri (scontati) se la controparte obbligazionaria restituisce rendite minori. Tuttavia, non è corretto attribuire il recente rialzo dei mercati azionari solamente a una contrazione dei rendimenti dei bond. Infatti, con il primo trimestre da poco conclusosi e con il periodo della pubblicazione dei risultati annuali che inizierà tra circa 10 giorni, noi di Ofi Invest AM e anche altri analisti finanziari non vediamo ragioni per modificare le loro previsioni sui guadagni per il 2023 e anche per il 2024, almeno in Europa. Negli Stati Uniti, questa conclusione non è così solida, in quanto le imprese attive in questa nazione stanno soffrendo a causa di molteplici fattori, uno su tutti un dollaro molto forte, anche se recentemente si è leggermente indebolito.Per quanto riguarda l’inflazione, pare che questa abbia raggiunto il suo picco, anche se resterà un problema con cui dover fare i conti anche nel prossimo futuro e capire come le imprese sono riuscite (o meno) a proteggere i loro margini di guadagno trasferendo i maggiori costi sulla loro clientela e, soprattutto, se e come potranno continuare a farlo anche in futuro, sarà fondamentale per determinare una strategia di investimento.Nel mese di gennaio avevamo abbassato le nostre valutazioni sul mercato azionario di una tacca, abbandonando la nostra posizione di neutralità. Il motivo era da ricercare nel rally frenetico che queste avevano vissuto e che, a nostro avviso, era stato troppo precipitoso. Ad oggi, dato che molti dei dubbi presentati sopra restano ancora impossibili da sciogliere, l’incertezza che aleggia sui mercati rimane molto alta, continuando a giustificare questa nostra visione leggermente negativa. Se la volatilità persisterà, ci saranno sicuramente occasioni future per correggere il tiro. Tuttavia, nonostante questa nostra conclusione generale, riteniamo che il settore equity presenti comunque delle buone opportunità di investimento. Dal punto di vista geografico, la nostra posizione sul mercato azionario statunitense rimane prudente, anche a causa delle recenti valutazioni che sembrano ridurre molto la possibilità di sorprese inaspettate. Per questo motivo, prediligiamo maggiormente i mercati europei e asiatici. (abstract by ecomunicare.onmicrosoft.com)
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: azionario, banche, mercato, sistema | Leave a Comment »
Come le banche, con la scusa delle feste, ti prendono più soldi
Posted by fidest press agency su lunedì, 10 aprile 2023
E’ nota che le banche si stanno attrezzando per fare il diavolo a quattro per evitare che i bonifici istantanei, come vorrebbe la Commissione Ue, vengano a costare perlomeno quanto quelli ordinari (mediamente 1-1,50 euro e valuta da 1 a 3 giorni). E’ noto che quando facciamo un bonifico la banca guadagna non solo il costo che ci viene chiesto ma dall’aver a disposizione per 1-3 giorni quella valuta e giocarsela come ritiene opportuno sui mercati finanziari.Il “diavolo a quattro” per Abi significa inventarsi tutte le scuse possibili e immaginabili per cercare di scoraggiare il passaggio a quanto vorrebbe la Commissione, e tra i motivi ci sarebbe anche una misteriosa lesione che questo provvedimento provocherebbe per il libero mercato e la concorrenza. E’ facile pensare che quando la proposta Ue si concretizzerà, il modello “balneari” per non ottemperare sarà usato come strategia… tanto, male che vada ci fanno qualche multone che verrà pagato coi soldi dei contribuenti. E politici disponibili a sostenere le banche, anche violando le direttive Ue, non è difficile trovarli. Vale anche l’esempio dei costi per la riscossione via pos, dove le banche ci guadagnano in valuta e in balzelli fissi. Queste feste di Pasqua sono anche occasione perché, quando si può guadagnare, tutto fa brodo. Alcuni istituti, per i bonifici ordinati in data giovedì 6 marzo, fanno sapere che la valuta per il destinatario sarà quella dell’11 gennaio, mentre quella dell’ordinante è del 7 marzo. Giorni di festa ed è tutto chiuso? Non proprio. Se l’ordinante vuole fare il bonifico istantaneo, in qualunque momento è possibile, con un costo che va dai 2,50 ai 3,50 euro. Quindi se il bonifico istantaneo funziona, vuol dire che il sistema di trasferimenti finanziari è in vigore, festa o non festa. E allora? Tutto fa brodo, per l’appunto e, nel caso di una banca che abitualmente fa bonifico con valuta il giorno dopo per il beneficiario, ecco che per l’occasione 1 giorno diventa 4 giorni. Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, soldi | Leave a Comment »
Schroders: nonostante le recenti turbolenze, il settore bancario continua ad offrire opportunità
Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 aprile 2023
A cura di Ben Arnold, Investment Director, Schroders. Lo shock bancario iniziato in California ha ricordato al mondo che le banche sono imprese che dipendono in modo cruciale dalla fiducia di depositanti e investitori. Ma ha anche permesso agli investitori di distinguere tra i tipi di rischio che le diverse banche stanno affrontando. Le ramificazioni di questo crollo non si sono ancora manifestate del tutto, ma il mondo finanziario si è subito messo alla ricerca di altre istituzioni vulnerabili. Silvergate (una banca focalizzata sulle criptovalute) è collassata, con poca compassione da parte delle autorità di regolamentazione statunitensi, mentre Signature bank – un’altra banca focalizzata sulla tecnologia con problemi simili a quelli di Silicon Valley Bank – è stata rilevata dai liquidatori. Il rischio di fallimento delle banche regionali statunitensi permane, con tutti gli occhi puntati su First Republic. L’ansia degli investitori si è intensificata intorno al gruppo bancario svizzero Credit Suisse e il 19 marzo UBS ha annunciato di aver accettato di acquisirlo. Questo ha posto fine a diversi anni difficili per l’azienda svizzera, che includono la sua fallace gestione del rischio di Archegos Capital Management e Greensill Capital. Ma le banche non sono tutte uguali. Vediamo opportunità nel settore bancario. Gli istituti che preferiamo rimangono su valutazioni basse, ma generano utili significativi. Il nostro team è esposto a Standard Chartered, Natwest, ABN Amro, UniCredit, Citigroup, Intesa Sanpaolo e BNP Paribas. Il contesto dei tassi a zero ha spinto molte di queste aziende verso una ristrutturazione. Dopo un decennio di riduzione dei costi, oggi sono molto più snelle di quanto non fossero all’inizio della crisi. Ora che i tassi d’interesse sono aumentati, beneficiano di un gearing operativo e finanziario in cui l’aumento dei ricavi si ripercuote direttamente sulla redditività. Il mercato continua a temere che un deterioramento delle condizioni economiche possa portare a perdite sui prestiti che andranno a intaccare questi profitti. Sebbene la preoccupazione sia valida, le banche che deteniamo hanno livelli elevati di capitale Tier 1. I loro bilanci dovrebbero essere in grado di assorbire tali perdite. Molte hanno anche disposizioni significative precedentemente accantonate per la pandemia Covid-19. Tali accantonamenti sono rimasti inutilizzati e sono quindi a disposizione. Alcune banche stanno anche restituendo liquidità agli azionisti, attraverso programmi di riacquisto di azioni, dividendi o entrambi. Siamo favorevoli a queste iniziative, a patto che i bilanci rimangano solidi. Abstract by http://www.verinieassociati.com/
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, Schroders, turbolenze | Leave a Comment »
T. Rowe Price – Banche: non è un nuovo 2008
Posted by fidest press agency su venerdì, 31 marzo 2023
A cura di Stephon Jackson, Director of Associate Analyst Programs, T. Rowe Price. La maggior parte dei fallimenti bancari è causata da problemi significativi nel portafoglio prestiti di una banca o da una crisi di liquidità, comunemente nota come “corsa agli sportelli”. L’inasprimento della politica monetaria della Fed ha creato un contesto in cui gli investitori potrebbero ridurre i loro depositi bancari, ma le caratteristiche relativamente uniche di SVB hanno reso più acuta la pressione sui depositi. Infatti, i rapidi aumenti dei tassi e la stretta quantitativa della Fed hanno aumentato i rendimenti disponibili sugli strumenti di investimento a breve termine, come le obbligazioni, incentivando gli investitori a prelevare i depositi bancari. Le start-up tecnologiche dominavano la base clienti di SVB e la riduzione dei finanziamenti da parte delle società di venture capital ha aumentato il fabbisogno di liquidità di questi clienti, inducendoli a ritirare i depositi. Questo ha provocato un crollo dei depositi del 25% in un solo giorno lavorativo e rimane tuttora una preoccupazione per una potenziale fuga dei depositi. La recente pressione sul prezzo delle azioni del colosso bancario europeo Credit Suisse non è direttamente collegata ai fallimenti bancari negli Stati Uniti, ma ha indirettamente contribuito al malessere del sistema bancario globale. La mancanza di fiducia in Credit Suisse è dovuta a carenze nella contabilità finanziaria, che potrebbero innescare problemi di liquidità. Ora, mentre consideriamo quali altre banche regionali statunitensi potrebbero essere vulnerabili a una crisi di liquidità, dovremmo prestare molta attenzione alle basi di deposito delle banche. In particolare, siamo preoccupati per le banche che hanno sia un’alta percentuale di depositi superiori a 250.000 dollari, non assicurati dalla FDIC, sia grandi concentrazioni di depositi da clienti di settori specifici. Se da un lato è probabile che le autorità di regolamentazione applichino regole di liquidità per le banche più piccole, dall’altro esaminiamo i bilanci bancari per determinare quali imprese abbiano la capacità di vendere asset per coprire eventuali gravi perdite di depositi. In questo momento non vediamo alcun fondamentale impatto o contagio dei recenti fallimenti bancari sui fondi comuni del mercato monetario e riteniamo che la Fed controllerà l’inflazione tramite rialzi dei tassi, nonostante i recenti fallimenti bancari.Inoltre, il nuovo programma di finanziamento a termine della Banca Centrale (BTFP), che consente alle banche di prendere in prestito dalla Fed fornendo come garanzia i Treasury o altri titoli di debito pubblico, dovrebbe consentire alle banche di soddisfare il proprio fabbisogno di liquidità nel breve termine.Quando si cercano opportunità nelle banche regionali, bisogna concentrarsi sulle dimensioni e sulla qualità della base di depositi delle banche. Oltre la metà dei prestiti bancari negli Stati Uniti proviene da istituti con un patrimonio inferiore a 250 miliardi di dollari, pertanto il settore bancario regionale è essenziale per l’economia in generale.In questo momento, stiamo lavorando per capire come posizionare in modo più efficace i nostri clienti per massimizzare il loro rischio/rendimento in due o tre anni, trovando banche regionali con bilanci solidi e una buona liquidità, ma le cui valutazioni sono state colpite dalla crisi. (abstract by http://www.verinieassociati.com)
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, rowe price, t | Leave a Comment »
Crisi banche e governo … che non sa di cosa parla?
Posted by fidest press agency su lunedì, 27 marzo 2023
La crisi delle banche che sta attraversando il mondo dopo il crack della Silicon Valley Bank (SVB) e il salvataggio di Credit Suisse (per citare solo le maggiori), fa venire qualche grattacapo anche ai nostri governanti. Che non sapendo grossomodo con cosa hanno a che fare usando l’unica arma per la quale hanno mostrato maestria: il preannuncio. Oggi è il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti che, vantando una presunta (e non spiegata) solidità del nostro sistema bancario (come se fosse avulso dai sommovimenti europei e mondiali… il sovranismo porta anche ad una sovrastima di e stessi…) preannuncia un intervento del suo governo in caso di contagio del sistema bancario italiano. Quale, come, dove, perché.. non è dato sapere: il ministro dell’Economia (vuoi mettere?) ci dice di stare tranquilli ché lui e i suoi colleghi interverranno. La poca credibilità e spavalderia di affermazioni del genere è purtroppo marcata da un fatto grave: il nostro è l’unico Paese che non ha ancora approvato la ratifica della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che contiene il cosiddetto backstop, un nuovo strumento europeo di difesa dei risparmiatori in caso di crisi degli istituti di credito. Mancanza di ratifica giustificata nei giorni scorsi dal premier Meloni durante un question time al Parlamento, in cui la premier ha dimostrato di non sapere neanche di cosa si stesse parlando. Ora abbiamo le promesse del ministro dell’Economia… Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, crisi, governo | Leave a Comment »
Finanza e banche: Matrimonio alla Svizzera
Posted by fidest press agency su sabato, 25 marzo 2023
A nostro avviso in Europa la solidità del sistema bancario non è in discussione, la normativa sui requisiti patrimoniali si applica a tutti gli istituti a prescindere dalle loro dimensioni e l’impatto del rialzo dei tassi, che comporta una discesa del valore delle obbligazioni che le banche hanno in pancia, viene contabilizzato nei bilanci ai prezzi di mercato. Il caso di Credit Suisse è sicuramente isolato, la crisi viene da lontano e non è certamente legata alle politiche monetarie restrittive ma a scelte gestionali sbagliate. Diversa invece la situazione negli Stati Uniti. Il problema che ha interessato SVB potrebbe allargarsi ad altre banche regionali, per questo la Fed e i maggiori istituti bancari (come JP Morgan) si sono affrettati a fornire supporto a quelle in difficoltà. Ci troviamo quindi in una fase delicata, dove nuovi rovesci non possono essere esclusi. Allo stesso tempo, però, è nei momenti come questo che si possono trovare ottime opportunità d’investimento. Riteniamo che il settore bancario europeo, finanziariamente solido e con una dinamica degli utili robusta come non si vedeva da anni, resti di grande interesse sia in ambito azionario che obbligazionario.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, finanza, svizzera | Leave a Comment »
Crisi delle banche regionali americane e asset allocation
Posted by fidest press agency su mercoledì, 15 marzo 2023
A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management. Durante il fine settimana, sono state poste in amministrazione controllata due banche americane non rilevantissime: si tratta infatti della sedicesima (Silicon Valley Bank o SVB) e della ventinovesima (Signature Bank) banca americana. In particolare, ha fatto scalpore SVB, nota per la sua attività nella Silicon Valley, anche se il tutto sembra partire già da qualche scricchiolio tra le banche e, soprattutto, tra le piattaforme di criptovalute. Queste due banche americane hanno subito una combinazione tossica di perdite in conto titoli: con il rialzo dei tassi nel 2022 avevano infatti sofferto un’importante conseguenza negativa nel portafoglio. A ciò si è probabilmente aggiunto, soprattutto per il caso della Silicon Valley Bank, un calo rilevante dei depositi. Questa banca, inoltre, partiva da un rapporto elevato tra attivo e una passività piuttosto ridotta sul fronte dei depositi: scarsa stabilità, quindi, sul fronte delle liability, che l’ha messa in condizioni di particolare fragilità. Come misure di intervento da parte delle autorità finanziarie, al di là della protezione sempre presente per statuto tramite accordi interbancari sui depositi dei correntisti fino a $250.000, è stato anche posto in essere, in maniera rapida, una facility da parte della Fed, in base alla quale le banche possono avere accesso fino a $25 miliardi di finanziamenti – a fronte di garanzie di collateral – che verranno valutati al 100% e fino a un anno di durata. Dovrebbero essere estese le garanzie anche sui depositi oltre i $250.000: si tratta, in sostanza, di una rete di protezione abbastanza efficace. Eppure, il mercato si è preoccupato. Rimane infatti il timore, seppur residuale, di un contagio al sistema bancario, che è effettivamente soggetto a perdite in conto capitale. Si parla di alcuni nomi importanti come, per esempio, Bank of America che avrebbe avuto più di 100 miliardi di perdite sulla componente titoli, con una potenziale erosione del capitale proprio.In questi casi, non appena ci si rivolge al mercato per aumenti di capitale, si rischia di reagire con la corsa agli sportelli e il ritiro dei depositi, come effettivamente successo per SVB. Riteniamo però che le facility messe a disposizione dalla Fed siano adeguate dal punto di vista sistemico. Sul dollaro vediamo una situazione di compromesso: da un lato resta un porto sicuro; dall’altro, essendo l’epicentro del sisma in America, la valuta non sta beneficiando tanto quanto si crederebbe. Ovviamente sono giornate di panico, in cui è difficile fare un assessment definitivo su quanto sta accadendo. Non lo riteniamo però sistemico. Stiamo prendendo profitto sulla buona parte di duration che avevamo acquisito nel nostro portafoglio: ciò dimostra che il ritorno a correlazioni normali consente di costruire un portafoglio robusto. Saranno giornate in realtà positive per il nostro fondo MAGO grazie al contributo dei bond. D’altro canto, sul lato azionario avevamo già preso protezione, in particolare sul VIX e anche sull’Europa. Ribadiamo quindi che sia doveroso avere cautela sull’azionario, ma l’obbligazionario potrebbe a questo punto avere un miglior assestamento. Stiamo però considerando di rimettere delle posizioni di copertura sul 2 anni americano che ci sembra frutto più che altro, in questo momento, di uno “squeeze”. (abstract fonte: Gruppo Pictet)
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, crisi, regionali | Leave a Comment »
Conti correnti: 4 milioni di italiani cambiano banca per gli aumenti
Posted by fidest press agency su giovedì, 16 febbraio 2023
Il 2023 è iniziato con un aumento del costo dei conti correnti; secondo l’analisi di Facile.it, realizzata sull’Indicatore dei Costi Complessivi (ICC) dei conti offerti oggi da sei primari istituti bancari, rispetto al 2022 i prezzi sono saliti tra l’8% e il 26%, con costi compresi fra i 28 e i 154 euro annui. Con questi rincari non sorprende vedere che molti italiani abbiano scelto di cambiare istituto di credito; il dato è confermato dall’indagine che Facile.it ha commissionato agli istituti mUp Research e Norstat da cui è emerso che, nell’ultimo anno, il 15,1% dei correntisti, pari a 5,6 milioni di individui, ha detto di aver cambiato conto corrente e, tra questi, 4,4 milioni hanno dichiarato di averlo fatto a causa dell’eccessivo costo. Quando si cambia conto, i contrattempi non mancano; tra coloro che al momento del cambio avevano spese domiciliate sul conto vecchio quasi il 34% (pari ad oltre 1,5 milioni di individui) ha avuto problemi nel trasferire le domiciliazioni su quello nuovo.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: aumenti, banche, conti correnti | Leave a Comment »
Schroders: Le banche centrali continuano ad aumentare i tassi, ma per quanto tempo ancora?
Posted by fidest press agency su sabato, 4 febbraio 2023
A cura di George Brown, Economist, Schroders: “La Fed ha rallentato il ritmo a febbraio, ma ha segnalato l’intenzione di aumentare ulteriormente i tassi nei prossimi mesi. Con l’aumento di 25 punti base (bps), ha portato il limite superiore della fascia obiettivo al 4,75%. Si tratta di una moderazione della politica, se paragonato all’aumento di 50 punti base dell’ultima riunione e a quello precedente di 75 punti base. Tuttavia, il comitato ha dichiarato di avere in programma un ulteriore inasprimento. Il presidente Jerome Powell ha cercato di trasmettere questo messaggio durante la conferenza stampa, insistendo sul fatto che la Fed ha una “lunga strada da percorrere” prima di poter dichiarare vittoria contro l’inflazione. 1. L’attività economica comincia ad attenuarsi e i rialzi dei tassi si fanno sentire. Le misure previsionali, come il leading indicator del Conference Board, sono in rosso. 2. Il mercato del lavoro mostra timidi segnali di svolta. La domanda di lavoro sembra rallentare, mentre i licenziamenti, visti inizialmente nel settore tecnologico, stanno aumentando. 3. L’inflazione si è moderata in modo convincente e dovrebbe continuare a farlo. Se si esclude la categoria degli alloggi, che tende a essere più resiliente al cambiamento, l’IPC core è in calo da tre mesi consecutivi.Sebbene il presidente Powell abbia sottolineato che la Fed sarà “cauta nel dichiarare vittoria sull’inflazione”, la sua conferenza stampa ha avuto sfumature da colomba, tra cui il riconoscimento che è in corso un “processo disinflazionistico”.Il Presidente ha inoltre espresso un parere ottimistico sull’economia, affermando di poter intravedere un percorso di riduzione dell’inflazione senza un “declino economico davvero significativo o un aumento significativo della disoccupazione”. Pur non essendo impossibile, è uno scenario a cui attribuiamo ancora una bassa probabilità.È un compito erculeo mettere a punto la politica di inasprimento tale da architettare un cosiddetto atterraggio morbido rispetto a una recessione più severa, soprattutto in considerazione dei lunghi e variabili ritardi associati a uno strumento così smussato come i tassi. Per questo motivo, manteniamo la nostra opinione secondo cui l’economia statunitense si deteriorerà ulteriormente e finirà in recessione nel 2023. Ci aspettiamo che la Fed passi al taglio dei tassi più avanti nel corso dell’anno, spostando l’attenzione sul sostegno alla crescita, ormai pienamente prezzato dal mercato.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, Schroders, tassi | Leave a Comment »
Risparmi, banche. Le riforme importanti
Posted by fidest press agency su giovedì, 8 dicembre 2022
Un contenzioso con una banca è all’ordine del giorno di qualunque correntista. E siccome le banche sopravvissute a falcidie, fallimenti, recuperi politici et similia, sono dei colossi, quando minacciamo al nostro istituto di andar via se non risolvono i problemi che sono sorti … non gliene frega nulla. Sembra quasi che il mercato non esista per loro, eppure sono in prima linea nel metterci i bastoni fra le ruote per qualunque cambiamento che non rientri nel loro business. E se un utente pronuncia la mitica frase “ti faccio causa”, ha riscontro con un muro di indifferenza, tanto le cause sono spesso più costose della soluzione economica del problema, ci vogliono anni ed anni perché si arrivi a qualche decisione (anche perché le banche quando perdono fanno sempre ricorso per scoraggiare il ricorrente).Ecco che la Banca d’Italia ha inventato da anni l’Arbitro Bancario Finanziario (Abf), organismo abbastanza efficiente, tempestivo e attento alle istanze degli utenti. Ma c’è un “ma” grosso quanto una casa sull’Abf: quando decide, la banca che viene ritenuta colpevole può rifiutarsi di accettare il responso. Il “grande” provvedimento che l’Abf prende è di iscriverla in un elenco di banche che non accettano la decisione… e tutto finisce lì. L’utente a quel punto può solo rivolgersi al giudice ordinario e intraprendere una costosa e lunga causa. Insomma, se non si trova una banca disponibile a risolvere il problema subito (magari dopo una raccomandata A/R di diffida) o che accetti il responso dell’Abf, per il nostro utente la prospettiva è pessima: se non si tratta di questioni di molti soldi (o di – raro – principio) lascia perdere. Tra i tanti provvedimenti che il nostro Governo e Parlamento stanno prendendo in questo periodo, avranno considerazione per questa riforma non marginale del procedimento extragiudiziale tramite Arbitro Bancario?Il contante, nonostante gli incentivi del governo a farlo circolare più del passato, non nasce dal nulla (gli stipendi non vengono pagati in contanti) ma da un rapporto che l’utente ha con una banca, rapporto sempre più costoso e problematico dove, l’indispensabilità del servizio reso, sembra non essere incentivo a che le banche facciano meglio e con meno costi… ma proprio il contrario. Deve l’utente essere lasciato in balia di una “giustizia a singhiozzo”, con i responsi che valgono solo se la parte soccombente li accetta? E’ bene ricordare che altre Autorità (per esempio Energia/Arera e Tlc/Agcom), quando emettono un provvedimento, quest’ultimo ha valore come sentenza giudiziale. Perché non deve essere altrettanto con le nostre banche? Perché si dà la giusta importanza a servizi essenziali come energia e telecomunicazioni e non altrettanto per i risparmi… ché – non crediamo di eccedere – sono più importanti degli altri? Vincenzo Donvito Maxia
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, riforme, risparmi | Leave a Comment »
Banche Centrali: l’imperdonabilità di un possibile, nuovo errore e le strategie di asset allocation
Posted by fidest press agency su mercoledì, 23 novembre 2022
A cura di Jon Mawby, Co-Head of Absolute & Total Return Credit di Pictet Asset Management. Stiamo vivendo un anno da “tempesta perfetta” sui mercati. Si sta osservando un ciclo economico del tutto anomalo, reso tale da una serie di shock esogeni causati prima dalla pandemia e in seguito dalla guerra in Ucraina. Il risultato è stata una sorpresa continua nei dati macroeconomici. La minore crescita non ha evitato all’inflazione di continuare ad aumentare, determinando un contesto di stagflazione. Nulla di questo ciclo ha a che fare con quanto già osservato in passato e ha come genesi il rapporto tra domanda e offerta aggregate. Entrambe, infatti, sono collassate all’inizio della pandemia. La prima, però, grazie al sostegno della politica monetaria e fiscale (soprattutto negli USA) e in seguito alle riaperture, si è ripresa molto rapidamente, culminando con l’attuale boom dei servizi. La seconda, invece, non ha avuto una risposta altrettanto elastica, generando un rallentamento della crescita con alla base i colli di bottiglia sulle catene di fornitura. Va da sé che, una domanda più forte esercitata su beni scarsi, si è trasformata inevitabilmente nell’escalation dei prezzi. Le Banche Centrali hanno deciso di rompere ogni indugio. Di fronte a un’inflazione a due cifre, infatti, la normalizzazione della dinamica dei prezzi ha assunto la priorità assoluta. La Federal Reserve, seguita dalla Banca centrale europea, ha deciso di alzare in modo sostenuto i tassi d’interesse, a costo di provocare una recessione la cui probabilità è di conseguenza aumentata, anche se ciò non rappresenta lo scenario più probabile almeno per gli USA. L’economia, infatti, si è mostrata resiliente anche in Europa all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, che si temeva avere ripercussioni peggiori sulla crescita. Considerando lo scenario base ritenuto al momento il più probabile, ovvero quello di soft-landing, il picco per l’inflazione americana sarebbe già stato raggiunto ed è previsto un dato del 7% a fine anno per arrivare a una stima del 3,3-3,4% a fine 2023. Per l’Europa, invece, è prevista un nuovo massimo attorno al 10% entro fine anno, per arrivare allo stesso livello dell’America al termine dell’anno successivo. Qualcuno potrebbe pensare a una previsione rosea, ma di fatto non ne abbiamo certezza, perché, considerando il ciclo anomalo, anche il percorso dell’inflazione è difficilmente prevedibile. In ogni caso, se la crescita dei prezzi si arrestasse subito, riteniamo che l’economia avrebbe le risorse per ripartire spedita, poiché non è convalescente come nelle crisi del passato, ma soffre di un rallentamento ‘artificiale’, indotto dalle banche centrali per curare il male dell’inflazione. Potrebbe, tuttavia, esserci un effetto secondario capace di rendere più persistente l’inflazione. Le rivendicazioni salariali, infatti, provocano inflazione futura. Il mercato del lavoro, fortemente colpito dalla pandemia, ha visto un tasso di partecipazione (Forza Lavoro in proporzione della Popolazione in età lavorativa) che, anche dopo le riaperture, non è rimbalzato al livello pre-COVID. Molte persone che hanno lasciato il lavoro hanno deciso di non tornare a cercarlo. Forse i generosi sussidi hanno avuto l’effetto, soprattutto nelle fasce più giovani, di ritardare il rientro al lavoro. Al momento negli Stati Uniti c’è un ampio gap tra domanda e offerta di lavoro che ha innescato una dinamica salariale sostenuta. La situazione, tuttavia, non è sfuggita di mano: la crescita dei salari, al momento, è intorno al 5% e i salari reali sono quindi in calo. Questa dinamica va tenuta sotto osservazione perché un riallineamento tra i due termini (prezzi e salari) è doveroso, pena il rischio di tensioni sociali, ma sarebbe meglio questo avvenisse attraverso un calo dell’inflazione. Inoltre, una miglior dinamica della produttività favorirebbe l’aggiustamento rendendolo meno frizionale e più sostenibile e consentirebbe che il recupero di potere d’acquisto dei lavoratori non i ripercuota negativamente sulla redditività aziendale. A fronte di tutto questo, ci sono diversi dati che giocano a favore di un’ipotesi di recessione tecnica e non profonda. Il motivo, come già accennato, è che questa è una recessione indotta e non provocata da una degenerazione endogena del ciclo economico. Le finanze private (così come la salute dei bilanci aziendali) non rilevano situazioni critiche né eccessi da smaltire, fattori questi che rendono le recessioni più lunghe e difficili. In assenza di inflazione, infatti, la salute finanziaria di famiglie e imprese americane è buona. (abstract by Pictet Asset Management)
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, centrali, strategie | Leave a Comment »
Stato di salute delle banche italiane
Posted by fidest press agency su venerdì, 21 ottobre 2022
In questi ultimi mesi sono continuate numerose fusioni tra istituti di credito nel sistema bancario italiano, in particolare quelli più piccoli, che hanno dato vita a nuove entità di dimensioni maggiori. Di recente la Banca centrale europea ha sollecitato le banche europee a limitare lo stacco di dividendi e la corresponsione di bonus. Il monito della Bce parte dalla considerazione che la guerra in Ucraina porrebbe portare a uno shock macroeconomico e, per farvi fronte, le banche devono essere in più possibile in salute e ben patrimonializzate.Per valutare qual è stato l’impatto dei primi mesi del conflitto sui bilanci delle banche italiane, e come si presentano equipaggiate di fronte alle inevitabili difficoltà che ci aspettano nei prossimi mesi, Altroconsumo ha svolto un’indagine prendendo in considerazione gli ultimi risultati disponibili a fine settembre, liberamente consultabili sul sito delle banche medesime. Molte, oltre al bilancio del 2021, hanno già pubblicato anche i dati semestrali e questo ha permesso di valutare se il conflitto ha inciso in modo significativo sui bilanci delle banche italiane. Dall’indagine emerge che, per il momento, molti istituti di credito italiano si siano comportati con prudenza e abbiano usato i mesi passati per rafforzare la propria solidità in vista delle prossime sfide future.In sintesi, il dato che emerge con maggior chiarezza è l’aumento del numero di banche nella fascia alta della classifica, quelle a 5 stelle, che passano da 63 a 89, mentre quelle a 4 stelle sono rimaste più o meno invariate, è diminuito molto il numero delle banche a 3, 2 e 1 stella. Si deve segnalare comunque che in seguito a numerose fusioni e acquisizioni, il campione delle banche analizzate è diminuito rispetto alla precedente rilevazione, pur mantenendosi di poco sopra le 250.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, salute, stato | Leave a Comment »
PIMCO: i 75 sono i nuovi 25
Posted by fidest press agency su domenica, 25 settembre 2022
A cura di Joachim Fels, Global Economic Advisor di PIMCO Sono ormai lontani i tempi in cui le banche centrali muovevano i tassi solo con incrementi di 25 punti base. La scorsa settimana sia la Banca Centrale Europea che la Banca del Canada hanno aumentato i tassi ufficiali di 75 punti base, seguendo le orme della Federal Reserve con due aumenti da 75 punti base a giugno e luglio. Inoltre, dopo l’ennesima sorpresa al rialzo dell’inflazione statunitense CPI di questa settimana, la Fed sembra destinata a continuare la stretta a questo ritmo la prossima settimana e forse ancora a novembre e dicembre. Inoltre, i mercati stanno prezzando una probabilità superiore al 50% che la prossima mossa della Banca of England e della BCE sia un rialzo di 75 punti base piuttosto che di 50. Il perché i 75 punti base siano la nuova normalità in questa fase del ciclo di inasprimento è ovvio: di fronte a continui e massicci overshoot dell’inflazione, le banche centrali si stanno concentrando fortemente sul mantenimento dell’ancoraggio delle aspettative di inflazione a lungo termine. Attualmente i funzionari sembrano tutti guidati dal vecchio detto secondo il quale solo i falchi vanno nel paradiso dei banchieri centrali e sono quindi determinati, per usare le parole di Jerome Powell, a “continuare così finché il lavoro non sarà finito”. Ma come faranno i banchieri centrali e gli operatori di mercato a sapere quando il lavoro sarà concluso e sarà opportuno fare una pausa? Data l’incertezza sul livello del tasso di interesse neutro non osservato, i funzionari hanno chiarito di voler vedere l’inflazione su un prolungato percorso di ribasso, che interpreto come almeno diversi mesi di calo dell’inflazione core. Tale percorso discendente potrebbe rimanere irraggiungibile per diverso tempo, soprattutto negli Stati Uniti, data l’accelerazione degli aumenti salariali, che sono importanti motori dell’inflazione del settore dei servizi, e la prospettiva di prolungati forti aumenti della componente shelter del CPI.Non è chiaro quale sia il livello terminale dei tassi necessario per completare il lavoro, ma il sospetto è che sia superiore al picco del 4,25% per il tasso sui Fed Funds che i mercati stanno prezzando in questo momento. È abbastanza chiaro, tuttavia, che il lavoro non può essere indolore. I mercati finanziari dovranno soffrire ancora perché le condizioni finanziarie sono il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, ed è probabile che ciò sia imminente man mano che le banche centrali continuano ad aumentare i tassi e la Fed riduce il proprio bilancio.Nonostante un probabile atterraggio duro sotto forma di recessione nelle economie dei mercati sviluppati, una rapida svolta della banca centrale da un rialzo dei tassi a un loro taglio appare molto improbabile, a meno che non si verifichi un grave crollo finanziario o un massiccio attacco di “disinflazione immacolata” dal nulla. I banchieri centrali vorranno evitare gli errori delle politiche di stop-go degli anni ’70, quando i loro predecessori invertirono la rotta subito dopo che l’inflazione aveva raggiunto il picco, gettando così le basi per il successivo periodo di inflazione verso picchi ancora più elevati. Un duraturo stallo dei tassi a livelli più alti sembra quindi più probabile dell’inversione dei tassi della Fed che è prezzata nella curva a termine per il prossimo anno.Questo ci porta all’ultimo punto, che abbiamo già sottolineato nel Secular Outlook di quest’anno: Sebbene la prossima recessione dovrebbe essere relativamente contenuta, data l’assenza di grandi squilibri nel settore privato, è improbabile che sia seguita da una ripresa a forma di V, perché la viscosità dell’inflazione impedirà alle banche centrali di allentare la politica monetaria in modo significativo in tempi brevi. Inoltre, le tutele per i mercati finanziari saranno minori, poiché le banche centrali non verranno in soccorso con la stessa rapidità e prontezza degli ultimi due decenni. L’inverno sta arrivando.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, pimco | Leave a Comment »
Il nuovo Whatever It Takes delle banche centrali
Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 agosto 2022
A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Il dato sopra le attese registrato dal livello dei prezzi americani nel mese giugno (+9,1% anno su anno) lascia poco spazio all’interpretazione: per vedere il superamento del picco massimo di inflazione e delle conseguenze ch’esso comporta, bisogna attendere. Alla conferma di un contesto stagflattivo, decretato dalla revisione a ribasso delle stime di crescita da parte del Fondo Monetario Internazionale (negli Stati Uniti, dal 4% di gennaio 2022, al 2,3% di luglio) si è presto affiancato il timore di un rischio recessione globale, dettato dall’innescarsi di crisi consecutive (l’ultima delle quali, quella energetica) e dall’azione restrittiva congiunta delle banche centrali. In tal senso, il mercato americano appare oggi diviso tra due fuochi: da un lato, l’analisi macro data dall’insieme dei principali indicatori economici, che mostra una tenuta dei fondamentali, coerenti con una probabilità oggettiva di recessione ancora al di sotto della soglia di guardia; dall’altro, le probabilità implicite di recessione, che rivelano un sentiment di mercato più preoccupato. Alla base di questa incongruenza ci sarebbe la fermezza delle parole della Federal Reserve, pronta ad attuare un ‘Whatever It Takes’ sul contenimento dei prezzi, sacrificando se necessario una parte di crescita economica. Per studiare quali scenari si prospettino all’orizzonte, ancora una volta, è opportuno risalire alle componenti base del tasso di inflazione: la prima, il cosiddetto ‘base effect’ di natura tecnica, rappresenta le pressioni di breve legate a fattori esogeni (il recente rialzo del petrolio, ad esempio) destinate a riassorbirsi nel corso di qualche mese; la seconda, i fattori sensibili legati alla scia lunga del Covid, include voci quali l’aumento dei prezzi di auto usate, acquistate in sostituzione alla carenza di nuove macchine (per via delle difficoltà lato supply chain); la terza, la componente più pura dell’inflazione, quella legata ai consumi, si sta consolidando, pur non destando particolari preoccupazioni. In generale, i mercati sono oggi accomunati da una incapacità di previsione, che si lega alla stratificazione di più shock. Parliamo di shock stagflattivi, capaci di frenare la crescita economica impattando però al contempo sul rialzo dell’inflazione. Il 2022 si è aperto come un anno difficilissimo da affrontare sui mercati. L’azione stringente della Fed è diventata il market mover per tutto il negoziabile in ambito UCITS, e ha spinto a mosse più brusche le altre major tra gli istituti centrali. Le strategie prudenti hanno dovuto fare i conti con il venir meno della classica relazione inversa tra equity e bond, che ha annullato il ruolo di diversificatore della componente obbligazionaria. Su tale fronte, stanno progressivamente venendo meno i rischi legati a un aumento troppo brusco e repentino sui tassi di interesse (e quindi sulla parte direzionale degli spread), ma permangono quelli connessi a un possibile peggioramento dei fondamentali qualora una recessione avesse luogo. Si ribadisce quindi cautela sul fronte del credito, specie americano, che tende ad avere meno duration e più rischio, mentre si iniziano ad aprire finestre per un aumento del peso sulla parte più lunga della curva a 10 e 30 anni, scadenza quest’ultima entrata di recente per la prima volta a far parte del portafoglio MAGO. Anche la Banca centrale europea ha adottato negli ultimi mesi un atteggiamento più severo, intenzionata a contenere sopra ogni altra cosa il livello di inflazione (a riprova, il recente aumento da mezzo punto percentuale rispetto al preannunciato +0,25%). Il piano anti-frammentazione europeo presentato in occasione del meeting di luglio, il Transmission Protection Mechanism (TPI), inoltre, potrebbe offrire ai falchi della Bce ulteriori motivazioni per intervenire in maniera più marcata sui tassi di interesse, appellandosi allo schema di protezione da movimenti disordinati degli spread, attuabile da Francoforte in caso di necessità. Questo, invita alla prudenza sulle lunghe scadenze, dove ancora permangono aree di incertezza.Un’ultima nota sul dollaro americano: la possibilità di una risoluzione di alcuni degli shock che hanno preoccupato i mercati nell’ultimo semestre potrebbe togliere parte dell’appetibilità al dollaro, che ha beneficiato di una fase di risk off, ma che potrebbe tornare a deprezzarsi contro euro entro la fine dell’anno qualora lo scenario di base mostrasse qualche svolta positiva. (abstract) fonte: https://am.pictet/it/italy/articoli/2022/analisi-dei-mercati-e-asset-allocation/07/il-nuovo-whatever-it-takes-delle-banche-centrali#PAM_Section_7
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, centrali | Leave a Comment »
Altroconsumo sui conti correnti
Posted by fidest press agency su lunedì, 25 luglio 2022
Lo scenario politico-economico attuale è carico di incertezza: con le dimissioni appena rassegnate dal Presidente del Consiglio Mario Draghi il clima generale, già molto teso a livello nazionale e internazionale, tra crisi energetica e recessione, rischia di mettere ulteriormente sotto pressione le banche e i conti correnti dei cittadini. Per molti Italiani la scelta della banca di fiducia risulta quindi ancora di più una decisione difficile, soprattutto nel cambiare istituto. Tendenzialmente, infatti, si vuole rimanere fedeli alla banca in cui si è aperto il primo conto corrente. Nonostante ciò, è importante che le banche creino un rapporto di fidelizzazione solido con i clienti, comunicando e offrendo un’ampia gamma di prodotti e servizi nella maniera più trasparente. I dati dimostrano che mantenere un conto aperto per molti anni con la stessa banca non è per niente conveniente. Dall’indagine annuale di Banca d’Italia pubblicata a inizio gennaio, emerge che i conti aperti da più di 10 anni costano più del doppio di quelli aperti nell’ultimo anno. Nell’annuale indagine statistica Altroconsumo ha esaminato il grado di soddisfazione dei correntisti rispetto al servizio offerto dalla propria banca, affidandosi a 34.135 valutazioni dei soci. Inoltre, al fine di orientare i consumatori tra i costi, l’Organizzazione ha provveduto ad analizzare i foglietti FID (Fee information document – il documento informativo sulle spese) di 19 grandi banche scelte tra gli operatori tradizionali e quelli online, confrontando gli Icc (Indicatori di costo complessivo) per tre profili tipo tra i sei individuati dalla Banca d’Italia: giovani, famiglie con operatività media e pensionati con operatività media. Dall’analisi dei foglietti FID emerge che i conti correnti costano in media il 2% in più dell’anno scorso. A subire gli aumenti più consistenti sono pensionati (+5%) e famiglie (+4%) sia quando le operazioni sono fatte che online che allo sportello. Viceversa, sembrano diminuire i costi per i giovani, sempre più agevolati nell’apertura di un conto corrente attraverso offerte appetibili, al fine di rendere anch’essi fidelizzati nel lungo periodo.Sono numerosi i cambiamenti nel settore bancario avvenuti negli ultimi anni, molti istituti storici sono stati fusi in altre banche. In questo caso, i rapporti di conto corrente vengono ceduti direttamente alla nuova banca, senza necessariamente variare le condizioni del correntista. In caso contrario, è possibile modificare le condizioni, purché ci sia un preavviso di almeno 60 giorni e dei motivi validi. Un esempio è l’iter di fusione tra Credito Valtellinese e Crédit Agricole Italia, che purtroppo ha causato una serie di problemi di pagamento, transizione e funzionamento dell’app. In queste circostanze, i clienti insoddisfatti possono fare reclamo a Crédit Agricole, la quale dovrà rispondere entro 15 giorni lavorativi. Se così non fosse, è possibile rivolgersi anche in questo caso all’Arbitro bancario e finanziario. Un altro snodo importante per il sistema bancario, che è attualmente all’analisi dell’Antritrust, riguarda la commissione per il prelievo contanti dallo sportello atm. Bancomat Spa, la società che gestisce il circuito degli atm, gli sportelli automatici per il prelievo. ha presentato una proposta che prevede che ogni banca proprietaria dell’atm decida in autonomia quanto addebitare per ogni prelievo (con un massimo di 1,50 euro), annullando l’attuale commissione interbancaria di 0,49 euro. In questo modo però non viene favorita la concorrenza, andando a penalizzare le banche piccole e quelle online che hanno meno sportelli sul territorio. Per questo Altroconsumo è parte attiva nel procedimento contro Bancomat Spa aperto dall’Antitrust e che si chiuderà entro il prossimo 31 ottobre.
Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: banche, conti correnti | Leave a Comment »