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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°195

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Cambiamento climatico e banche italiane

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

Bain & Company ha realizzato un’analisi del rapporto fra cambiamento climatico e portafogli delle banche italiane. Lo scenario globale è caratterizzato da crescenti rischi climatici e da una maggior frequenza di disastri naturali: solo nel 2021, le perdite legate ad eventi naturali hanno pesato per circa 300 miliardi di dollari sull’economia globale; solo il 33% era assicurato. Da una nuova analisi dell’impatto dei rischi climatici sulle istituzioni finanziarie – condotta da Bain & Company e Jupiter Intelligence – entro il 2050, l’80% dei Paesi presi in considerazione dall’analisi (Stati Uniti, Germania, Italia, Indonesia, Australia, Brasile) sarà esposto ad elevati livelli di rischio fisico. In particolare, oltre il 40% del territorio italiano è già oggi esposto al rischio fisico, e si prevede che la superficie di rischio possa superare quota 60% entro il 2050. Diverse tipologie di pericolo sono state prese in considerazione dalla ricerca: inondazioni, precipitazioni, vento, calore, incendi, grandine, siccità e freddo, ma quelle più rilevanti per i portafogli italiani sono inondazioni, siccità ed incendi. Sulla base di un punteggio che sintetizza questi pericoli, l’impact assessment di Bain attribuisce un’intensità di rischio all’area geografica. Al 2050, il 60% degli asset immobiliari nei portafogli delle banche italiane potrebbe essere a rischio, con una concentrazione particolare in Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.“La mitigazione di questi rischi, combinata ad azioni di creazione di valore. potrebbe produrre un aumento di 15-20 punti percentuali del reddito operativo netto delle banche al 2030”, conclude Ghizlene Azira, Associate Partner di Bain & Company. (abstract by Bain & Company Rocco D’Acunto, Partner)

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Le aziende giapponesi sono pronte per un cambiamento

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 Maggio 2023

A cura di Sam Perry, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. A circa 18 mesi di distanza dalla promessa del primo ministro giapponese Fumio Kishida di realizzare una “nuova forma di capitalismo”, si vanno finalmente delineando i contorni del suo programma di rilancio. Kishida esorta gli investitori giapponesi (tradizionalmente avversi al rischio e con molta liquidità) a gestire e investire i propri asset in modo proattivo. La sua amministrazione sta introducendo un nuovo regime di esenzione fiscale per gli investimenti che, insieme ad altri provvedimenti nel settore privato, ha lo scopo di velocizzare il passaggio dal risparmio all’investimento, aumentare il valore a lungo termine della sfera aziendale giapponese e ridistribuire la ricchezza. Un maggiore slancio di questo trend potrebbe trasformare sensibilmente la sfera azionaria giapponese: i risparmiatori nazionali hanno nelle loro casse circa 2 milioni di miliardi di yen (15.000 miliardi di dollari).Tradizionalmente, gli investitori retail giapponesi conservano quasi la metà della loro ricchezza in liquidità e depositi bancari.Solo il 15% del loro patrimonio è detenuto in titoli e fondi fiduciari d’investimento, rispetto al 30% circa di Stati Uniti ed Europa.Dopo i molti tentativi falliti da parte delle amministrazioni precedenti, Kishida sta facendo di tutto per sbloccare questa enorme mole di liquidità.Al fine di risollevare la quota azionaria, sta rivedendo il regime di esenzioni fiscali per gli investimenti, noto anche come Nippon Individual Savings Account, o NISA. Introdotto originariamente nel 2014 e modellato sul britannico Individual Savings Account (ISA), il NISA esenta gli investitori dall’imposta del 20% normalmente applicata sulle plusvalenze e sui dividendi per gli investimenti di importo fino a 1,2 milioni di yen all’anno e per un periodo fino a cinque anni.Potenzialmente, gli investitori nazionali potrebbero diventare una significativa nuova fonte di domanda per il mercato azionario interno, il secondo più grande al mondo. Negli ultimi anni, gli investitori giapponesi hanno cercato rendimenti più elevati fuori dai confini nazionali, ma il fascino degli asset esteri si va affievolendo.In genere, gli investitori giapponesi accolgono volentieri i rendimenti esteri più elevati, ma sempre con copertura dal rischio valutario. Ora, però, il costo della copertura è salito a livelli che superano il differenziale di rendimento, per quanto favorevole. Il costo di copertura trimestrale dal dollaro allo yen, ad esempio, si attesta al 5,2%, ma il differenziale di rendimento tra i Treasury USA a 10 anni e i loro omologhi giapponesi è del 3,4%. Ciò significa che, dopo la copertura, il 3,5% sui Treasury USA diventa una minusvalenza dell’1,8%: un risultato sfavorevole a confronto con i titoli giapponesi, che offrono un dividend yield del 2,6%. Nei prossimi anni, ci aspettiamo un rendimento annuo delle azioni giapponesi superiore al 10%, arrivando a sovraperformare le azioni statunitensi e quasi pareggiando i rendimenti delle azioni emergenti (in dollari), ma con una volatilità molto inferiore. I rendimenti potrebbero essere persino più elevati qualora le riforme sortissero l’effetto desiderato.Ciò significa che le azioni giapponesi dovrebbero essere presenti in misura più preminente nei portafogli internazionali.Nel complesso, gli investitori esteri hanno sottopesato il Giappone per gran parte degli ultimi due decenni. Attualmente, l’allocazione giapponese dei portafogli azionari stranieri è al livello più basso dal 2012.Gli incentivi ad ampliare queste allocazioni diventano però sempre più numerosi con il mutare delle priorità dell’universo azionario giapponese e il ritorno degli investitori nazionali sul loro mercato. I titoli azionari giapponesi dovrebbero, quindi, essere presenti in misura più ampia nel portafoglio di ogni investitore. ((abstract by BC Communication)

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Schroders: Cosa ci dice la siccità del Po sugli impatti del cambiamento climatico

Posted by fidest press agency su mercoledì, 29 marzo 2023

A cura di Irene Lauro, Environmental Economist, Schroders. L’anno scorso il fiume più lungo d’Italia, il Po, ha sperimentato la peggiore siccità degli ultimi 70 anni. Questa crisi sta avendo un forte impatto sull’accumulo di energia del sistema idroelettrico. Oltre l’85% delle 4.000 centrali idroelettriche in Italia si trova nelle regioni settentrionali. L’idroelettrico è la più antica fonte di energia rinnovabile e rappresenta circa il 35% della produzione totale di energia verde, e generalmente soddisfa più del 15% della domanda energetica italiana. A inizio 2022, il livello di energia immagazzinata nei bacini italiani era inferiore del 22% rispetto alla media dello stesso periodo dei 7 anni precedenti. I livelli di stoccaggio si sono ulteriormente deteriorati durante l’estate e a giugno erano inferiori di oltre il 40% rispetto alla media storica. Quest’inverno, il valore dell’energia immagazzinata nei serbatoi italiani è già inferiore del 25% su base storica.Di conseguenza, la carenza d’acqua ha aggravato la crisi energetica, dato che la siccità ha colpito l’economia in un momento in cui le forniture di gas sono diminuite a causa della guerra tra Russia e Ucraina.Naturalmente, la siccità non è un problema solo dell’Europa. L’anno scorso, ad esempio, il Sichuan, una provincia cinese che ricava oltre l’80% dell’energia dall’idroelettrico, ha registrato la peggiore siccità degli ultimi 50 anni. A causa del basso livello d’acqua sono state applicate restrizioni alla fornitura di energia elettrica e alcune case automobilistiche di primaria importanza, come Toyota, hanno riferito di essere state costrette a interrompere la produzione per diversi giorni nelle loro fabbriche nella regione.Anche gli Stati occidentali degli USA sono stati colpiti dalla siccità. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha evidenziato lo scorso anno che, a causa di oltre dieci anni di siccità, i due più grandi bacini idroelettrici degli Stati Uniti hanno raggiunto i livelli più bassi di sempre. I laghi Mead e Powell forniscono acqua ed elettricità a decine di milioni di persone negli Stati di Nevada, Arizona, California, Wyoming, Colorado, Nuovo Messico e in Messico.L’impatto della siccità è solo un esempio di come il cambiamento climatico sia un problema economico. Per questo motivo, il team degli economisti di Schroders elabora annualmente previsioni di rendimento a 30 anni che tengono conto dell’impatto del cambiamento climatico e di ciò che le politiche governative volte a ridurre il riscaldamento globale comportano per i mercati. Le politiche climatiche saranno inoltre oggetto di esame alla COP28, il vertice delle Nazioni Unite sul clima che si terrà quest’anno negli Emirati Arabi Uniti, dove si svolgerà il primo Global Stocktake dell’Accordo di Parigi. Questo processo sarà il primo check-up ufficiale dell’Accordo e valuterà se ogni Paese sta compiendo progressi sufficienti verso gli obiettivi di Net Zero.Le Nazioni Unite hanno avvertito che tali impegni devono essere sostenuti da azioni credibili e che il carbon pricing è considerato una leva politica efficace per affrontare il cambiamento climatico.Sebbene i governi siano stati lenti ad agire, mentre le aziende hanno preso l’iniziativa, forse non sorprende che la risposta al cambiamento climatico stia accelerando. Non solo, ma a seguito della COP15, il vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità, lo scorso anno è stato finalizzato un nuovo quadro sul tema per affrontare e invertire il declino della biodiversità globale. Dobbiamo riconoscere che clima e biodiversità sono profondamente interconnessi. Le richieste di sforzi più ambiziosi per la mitigazione rimangono e possiamo aspettarci molti altri interventi governativi in futuro. (abstract by http://www.verinieassociati.com

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Chi cambierà l’Italia a partire dalla scuola?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 febbraio 2023

Roma, 10-11-12 febbraio CSOA Brancaleone, Quartiere San Lorenzo, Ministero dell’Istruzione 12 febbraio, ore 11 flashmob con 150 studenti davanti al Ministero dell’Istruzione. Centinaia di studenti da tutta Italia insieme a Unione degli Studenti e ActionAid riuniti per discutere di partecipazione e rappresentanza dopo i primi 100 giorni del nuovo Governo. Saranno tre giorni di rivendicazioni, condivisione e valorizzazione di esperienze da tante città per porre l’attenzione sul diritto allo studio, il benessere fisico e psicologico degli studenti, il contrasto alle diseguaglianze educative e alle discriminazioni: dal professore che ha sperimentato la classe senza voti, alla studentessa che è riuscita a ottenere il congedo mestruale, al collettivo che è riuscito ad approvare e difendere la carriera alias, a studenti che sono riusciti a ottenere una legge regionale più equa per il diritto allo studio. Molte saranno le proposte per rafforzare gli strumenti di partecipazione e rappresentanza di studenti e studentesse e richiamare la politica alle proprie responsabilità. Saranno presenti anche attivisti/e, genitori, docenti e rappresentanti di numerose organizzazioni già coinvolti nella campagna nazionale Possiamo Tutto, lanciata lo scorso settembre da Unione degli studenti e ActionAid, per richiedere maggiore spazio e rappresentanza decisionale – non solo consultiva – degli studenti all’interno degli organi collegiali scolastici fino alle sedi decisionali nazionali. L’assemblea si concluderà alle ore 11 di domenica 12 febbraio con un flash mob organizzato davanti al Ministero dell’Istruzione. Al grido “Mai più invisibili” più di 150 studenti indosseranno delle maschere bianche per protestare contro l’invisibilità a cui sono costretti dalla politica.

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Cambiamento: biotecnologie e le “tecnologie indossabili”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 febbraio 2023

Roma giovedì 9 febbraio dalle ore 18.30 alle 20.30, nell’Aula Magna Regina della John Cabot University, in via della Lungara 233, Trastevere. Combinare scienza, tecnologia e design per garantire il benessere delle donne con un approccio innovativo, superando atavici tabù. «Sarà una opportunità per interrogarci e dibattere sulle prospettive presenti e future di cambiamento che riguardano le biotecnologie e le “tecnologie indossabili” per de-stigmatizzare i tabù legati al corpo delle donne. Dobbiamo iniziare a immaginare se e come vogliamo che le innovazioni entrino a far parte di tutti gli aspetti della nostra vita, anche i più intimi», ha spiegato Donatella Della Ratta, docente di Comunicazione della John Cabot University, organizzatrice dell’evento. L’evento è organizzato dal Dipartimento di Comunicazione della JCU, nell’ambito del ciclo “Digital Delights and Disturbances”, incentrato su una serie di incontri con ospiti internazionali per una lettura critica delle tecnologie digitali. Giulia Tomasello è una interaction designer che combina biotecnologia e wearable technology per offrire una nuova conoscenza del benessere e della cura intima femminile. Co-fondatrice di ALMA, per il suo lavoro multidisciplinare ha ricevuto riconoscimenti a livello europeo e internazionale, come il World Omosiroi Japanese Award nel 2020 e il premio STARTS nel 2018. “Coded Biophilia” è la sua piattaforma didattica, progettata per apprendere le basi dei soft wearables. Attualmente, Giulia Tomasello è Visiting Lecturer presso diverse università italiane ed europee, come il Politecnico di Milano, il Royal College of Arts di Londra e la Kunstuniversität di Linz.

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Cambiamento climatico

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 dicembre 2022

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo delle Nazioni Unite fondato nel 1988 che realizza periodici rapporti sulla scienza del cambiamento climatico, ha redatto una sintesi in linguaggio divulgativo del rapporto del Working Group I pubblicato nell’agosto del 2021.Questo Summary for all riassume in modo accessibile a tutti i fondamenti scientifici del cambiamento climatico, spiegando le sue cause, i suoi impatti e le sue soluzioni. Commenta Sandro Fuzzi, dirigente di ricerca presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR e autore IPCC: Come osserva Giorgio Vacchiano, docente di Gestione e pianificazione forestale presso Università degli Studi di Milano, «i rapporti di IPCC non ci raccontano solamente la gravità della minaccia climatica, ma anche che conosciamo già tutte le soluzioni e abbiamo, in teoria, tutte le risorse per metterle in atto. Investire in mitigazione e adattamento diventa quindi una scelta politica, un’azione coraggiosa e indispensabile che dobbiamo chiedere a chi ci amministra. Ogni decimo di grado è importante: non abbiamo una data di scadenza per lottare contro la crisi climatica. Ma per farlo è necessario che tutti, a partire dalle giovani generazioni, abbiano ben presente in quali tipi di futuro la nostra azione – o inazione – collettiva ci porterà a breve».

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La lotta al cambiamento climatico è solo al quinto posto

Posted by fidest press agency su venerdì, 28 ottobre 2022

L’impatto della pandemia e della guerra in Ucraina e la conseguente crisi inflazionistica hanno inciso in maniera negativa sull’interesse delle persone verso le problematiche ambientali, sociali e di governance (ESG), sostituite da nuove priorità, come la lotta all’aumento del costo della vita, la garanzia di un’assistenza sanitaria di qualità e a prezzi accessibili e il rafforzamento dell’economia. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’ESG Monitor, l’indagine di SEC Newgate – tra i primi 30 gruppi globali di consulenza per la comunicazione – che monitora il livello di consapevolezza delle persone sulle problematiche ambientali, sociali e di governance e come queste stiano influenzando i comportamenti d’acquisto e l’opinione nei confronti di governi e imprese. La survey, che ha coinvolto 12 Paesi e territori fra Europa, America, Asia e Pacifico per un totale di oltre 12.000 intervistati, affronta un tema che sarà oggetto di discussione durante COP27, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Sharm el Sheikh a novembre. Proprio il confronto con i dati dello scorso anno mette in luce come gli eventi globali come la guerra in Ucraina e il protrarsi della pandemia e i loro effetti, come l’aumento dei prezzi dell’energia e il forte incremento del costo della vita, abbia distolto attenzione negli italiani verso le tematiche ESG: l’interesse scende infatti dal valore di 7,9[2] del 2021 al 7,3 di oggi.Si tratta comunque di un dato elevato, più alto rispetto a quanto espresso a livello globale (6,5). Inoltre, gli intervistati italiani attribuiscono la massima importanza all’impegno delle aziende sulle questioni riguardanti la sostenibilità (8,1) e affermano che le loro decisioni d’acquisto quotidiane sono comunque influenzate dalle azioni delle imprese (6,9) in ambito ESG.Se dunque le esigenze personali immediate, come il prezzo, la qualità e la convenienza, si rafforzano rispetto a valori e priorità più altruistici, restano ancora elevate le aspettative sulle azioni di cui imprese e governi devono farsi carico in merito alle questioni ambientali, sociali e di governance. Le aziende, perciò, dovranno stare molto attente a non scaricare sui consumatori costi non necessari e a privilegiare le iniziative volte a sostenere realmente le categorie più vulnerabili. Entrando nel merito dei temi ESG, quello che gli italiani reputano più importante per le aziende sono la tutela dell’ambiente (19%), la lotta ai cambiamenti climatici (15%) e i diritti dei lavoratori (15%). Le questioni ambientali sono considerate dal 62% degli intervistati uno dei principali problemi di cui le aziende dovrebbero occuparsi, a fronte del dato globale del 46%. Severo il giudizio degli italiani sulle azioni del governo in ambito ESG (5,0 punti su 10), sensibilmente più basso rispetto al 5,5 del 2021, mentre le organizzazioni no profit si confermano al primo posto per le azioni ESG con un voto medio di 5,9.Insufficienti anche le valutazioni delle imprese: le grandi aziende si posizionano in fondo alla classifica (5,4 punti su 10), seguite dalle PMI (5,7) e dal consumatore in generale (5,6). Quanto ai singoli settori, i più apprezzati per l’impegno ESG sono grande distribuzione organizzata, agricoltura e tecnologia e telecomunicazioni, mentre il settore delle bevande alcoliche, quello chimico e quello del trasporto aereo hanno ricevuto il punteggio più basso. Qui le valutazioni italiane, oltre ad aver registrato cali significativi, sono state generalmente inferiori rispetto alla media globale. Lo scenario globale: pandemia e guerra in Ucraina modificano le priorità in tutto il mondo. By http://www.secnewgate.com.

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Ora siamo alle prese con la destra al potere e con la speranza di un reale cambiamento

Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 ottobre 2022

By Enrico Cisnetto. Soltanto gli stolti, gli autolesionisti e gli affetti da ideologite acuta possono augurarsi che il prossimo governo Meloni fallisca. Chi ama l’Italia e non nutre alcuna animosità preconcetta deve sinceramente sperare che il primo governo di destra dal dopoguerra ad oggi sappia affrontare la difficilissima congiuntura che stiamo vivendo e che ci toccherà vivere, peggiorata, nei prossimi mesi. E anche che, nel farlo, riesca anche a risolvere qualcuno dei tanti problemi strutturali che il Paese si trascina da decenni. Peraltro, i primi passi della leader di Fratelli d’Italia, improntati alla cautela e alla sobrietà e accompagnati dalla utilissima evocazione del “senso di responsabilità”, fanno ben sperare. Inoltre, il mandato elettorale è pieno, sia sotto il profilo numerico che quello politico, non fosse altro per la sonora sconfitta degli avversari, non a caso arrivati al capolinea della loro contraddittoria storia. Per questo appaiono fuori luogo tanto la retorica antifascista che trasuda dai salotti intellò, televisivi e non, quanto l’indignazione preventiva che ha trovato il suo apogeo nell’occupazione del liceo Manzoni di Milano per contestare un governo che ancora non c’è.Detto questo, ci sono molti limiti sia nella vittoria del destra-centro (come d’ora in avanti va chiamato il vecchio centro-destra) che nella prospettiva che essa ha aperto. Sarebbe bene che non venga considerato un atto di disfattismo analizzarli. Anzi, chi dovrebbe tenerne conto nell’impostare la sua azione è proprio Giorgia Meloni. Il primo limite è racchiuso nei numeri elettorali e nella loro traduzione in seggi. Rispetto 2018, la coalizione vincente ha preso 300 mila voti in meno, sicuramente ascrivibili all’aumento di ben 9 punti percentuali del numero degli astenuti (ma sono pur sempre cittadini che non sono stati convinti ad andare alle urne e votare il destra-centro). Questo porta la coalizione ad assommare solo il 26% dei consensi sul totale degli aventi diritto al voto. Partire con una dotazione di un italiano su quattro non rappresenta una gran base sociale per governare con forza il Paese.Inoltre, non può e non deve sfuggire ad un’analisi rigorosa del voto il fattore “nuovismo”. Cioè il fatto che con la crescente volatilità del consenso elettorale, figlia dello scontento per i risultati ottenuti in cambio da ogni partito già testato alla prova del governo, nei cittadini è andata accentuandosi la tendenza a provare leader e forze politiche “vergini”. O vissute come tali. È stato così per Berlusconi, Prodi, Renzi, Grillo, Salvini. Salvo disamorarsi subito dopo averli provati nel cimento del governo. Una parte cospicua del bottino elettorale di Meloni e di FdI ha questa caratteristica. Non averlo a mente sarebbe per i beneficiati un grave errore, perché significherebbe avere in mano già il biglietto di ritorno prima ancora di aver fatto il viaggio di andata. Insomma, essere consapevoli che un conto è vincere le elezioni e un conto è governare – concetto che nel vecchio centro-destra faticava a entrare in testa – sarebbe già un punto di partenza importante perché potrebbe indurre ad innescare un virtuoso processo di legittimazione reciproca tra destra e sinistra. La cui mancanza è una delle grandi tare del sistema politico che si è formato dal 1994 in poi e uno dei principali generatori della più pericolosa delle tossine populiste, cioè l’anti-politica. In termini di seggi, poi, salvo eventuali riconteggi il destra-centro può contare su un margine di 34 deputati alla Camera (235 rispetto alla soglia di maggioranza di 201), che allo stato delle cose appare tranquillizzante. A palazzo Madama tale margine è invece solo di 8 senatori (la quota di maggioranza è 104 e non di 101 come si dice erroneamente, perché vanno calcolati anche i senatori a vita), uno scarto non del tutto rassicurante. Anche perché, oltre alle solite transumanze, c’è da considerare che proprio tra i senatori si pescheranno diversi membri sia per il governo che per altri ruoli istituzionali, abbassando così il numero dei votanti appartenenti alla maggioranza.Poi c’è il limite, di cui la premier in pectore è pienamente consapevole, derivante dal fatto che la coalizione vincente è un cartello elettorale e non una solida alleanza politica. Sarebbe noioso far qui l’elenco delle mille divergenze, anche su temi cruciali come quelli delle relazioni internazionali e della politica estera, che distinguono le forze politiche di maggioranza, e ancor più delle differenze caratteriali dei loro leader che finiscono per metterli ferocemente in contrapposizione. Nulla di sotterraneo. Tutto è emerso alla luce del sole, durante la campagna elettorale e subito dopo il voto. D’altronde, questo è il tratto che accomuna la vicenda politica italiana da Berlusconi in poi: per chi va al governo i problemi più gravi sono quelli di casa e i nemici peggiori sono gli amici. Per Meloni il più evidente si chiama Salvini, ma non è l’unico.Già dalla scelta dei presidenti di Camera e Senato, dalla formazione e dalla guida delle Commissioni e dall’attribuzione degli incarichi parlamentari, se ne avrà un assaggio. E si capirà di quale stoffa è fatto il pragmatismo della prossima premier, di cui è indubbiamente dotata. Per esempio, ripristinare la vecchia e sana prassi dell’attribuire una delle due camere all’opposizione, sarebbe un atto di saggezza politica davvero apprezzabile. A maggior ragione il banco di prova sarà la formazione dell’esecutivo, esercizio su cui è facile prevedere si scaricheranno tutte le tensioni e le contraddizioni che attraversano il destra-centro, così come toccherà capire se ci sarà, e in quale direzione, l’assestamento di un sistema politico da tempo malato terminale e che le elezioni non hanno certo guarito. Meloni è consapevole di avere a disposizione una classe dirigente mediocre e di dover soddisfare forti aspettative interne e internazionali. Per questo pare intenzionata a gestire con il Quirinale – e magari raccogliendo qualche consiglio di Draghi – le nomine ministeriali più delicate, così come sembra orientata a dire di no a nomi vecchi e impresentabili delle nomenclature, anche del suo partito. Di sicuro dalla composizione dell’esecutivo discenderà il primo giudizio dei mercati (per ora sospeso, ma lo spread arrivato quasi a 260 punti non è tranquillizzante) e delle cancellerie occidentali. Subito dopo saranno la manovra di bilancio e le scelte più immediate su crisi energetica e inflazione, da cui discendono il grado di probabilità (alto) e l’intensità (finora moderata) della recessione che potrebbe colpirci a cavallo dell’anno, a dirci se Meloni e il suo governo sapranno superare indenni il percorso a ostacoli che hanno di fronte. Di certo Bruxelles starà con gli occhi puntati su Roma. Sia perché non potrà permettersi di avere uno dei paesi fondatori che guarda più all’Ungheria di Orban e al cartello di Visegrad (pur in disfacimento) che al tradizionale asse franco-tedesco, specie in questa fase di recrudescenza della guerra scatenata dalla Russia. Sia perché avendo a suo tempo fatto del Next Generation Ue una scommessa sulla capacità dell’Italia di affrontare finalmente i suoi atavici problemi strutturali, non potrà permettere che le risorse del Pnrr vadano sprecate o spese per altri fini. Ma anche da parte di Washington ci sarà grande attenzione, specie se le prossime mosse di Putin dovessero mettere l’Italia di fronte a scelte di campo nette, senza margini di ambiguità.Difficile fare pronostici. Il nuovo governo potrebbe effettivamente durare sei mesi – come ripete ossessivamente Calenda, sbagliando perché non è questo che ci si aspetta dal Terzo Polo – se le spinte centrifughe dentro la maggioranza si faranno pesanti (occhio che la smania di Berlusconi di recitare il ruolo del garante della coalizione rischia di rivelarsi più un problema che un aiuto). O anche se il peso dell’inesperienza della Meloni e dei suoi, e dei retaggi del loro passato, si dovesse rivelare maggiore di quello dell’entusiasmo e del realismo, che certo non le mancano. Oppure, viceversa, potrebbe consolidarsi e avanzare nel corso della legislatura, trovando paradossalmente nella epocalità dei problemi che si troverà ad affrontare più un vantaggio che uno svantaggio. Ripeto, le prime mosse saranno decisive. Da esse si capirà se lo sguardo del governo e del nuovo assetto politico sarà rivolto a quella parte del Paese che è in grado di portarlo fuori dal declino se solo gli sarà assicurata più libertà e meno vincoli. O se, al contrario, si penserà che occorrano massicce dosi di statalismo e sovranismo per affrontare i problemi. Forse sarà bene che Giorgia Meloni, tra un toto-ministri e l’altro, si legga il discorso pronunciato poche ore fa da Tim Cook, numero uno della Apple, ricevendo una laurea Honoris causa all’università Federico II di Napoli: “siamo di fronte a problemi immensi, ma vince chi fa innovazione”. (fonte: http://www.terzarepubblica.it

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La BCE compie ulteriori passi per integrare il cambiamento climatico nella politica monetaria

Posted by fidest press agency su sabato, 9 luglio 2022

A cura di Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income. I cambiamenti annunciati oggi confermano che la BCE è uno degli istituti centrali leader nell’integrazione delle considerazioni sul clima nelle politiche. Detto questo, la BCE sta giustamente svolgendo un ruolo complementare piuttosto che primario in materia di cambiamento climatico, dato il suo mandato per la stabilità dei prezzi. Allineandosi agli obiettivi dei governi, dando l’esempio e incentivando i piani di investimento delle imprese affinché siano coerenti con gli obiettivi climatici concordati, l’impatto positivo sarà incrementale nel tempo. Per questo motivo, le misure annunciate sono semplicemente troppo limitate rispetto alla portata della sfida climatica e non dovrebbero essere considerate come un sostituto per la notevole quantità di investimenti pubblici e privati necessari. La svolta annunciata dalla BCE è stata ben comunicata ai mercati ed effettuata in modo ordinato e prevedibile, in linea con le migliori pratiche. La direzione di marcia delle banche centrali, tra cui la BCE e la Banca d’Inghilterra, verso l’inserimento di considerazioni sul clima all’interno dei programmi sulle partecipazioni in obbligazioni societarie, ha dato un segnale importante: esse si stanno mettendo al passo con le tendenze dei mercati pubblici, che si riflettono già nei prezzi.

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Dopo la pandemia, gli italiani hanno voglia di cambiamento

Posted by fidest press agency su lunedì, 20 giugno 2022

A partire dal lavoro, che deve essere più compatibile con le esigenze di vita personale e più appagante sotto il profilo professionale ed economico. Stando all’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, condotta in collaborazione con SWG, più della metà dei lavoratori del Belpaese (55%) vuole cambiare lavoro, perché insoddisfatto dell’occupazione attuale e il 15% è alla ricerca di una nuova occupazione. Salari bassi e scarsa crescita professionale alla base dell’insoddisfazione. Ma anche la ricerca di un maggior benessere personale. Decisivo, in tal senso, lo smart working: modalità promossa a pieni voti dall’84,2% dei lavoratori “agili”. “Rivoluzione tecnologica e smart working – afferma Marina Calderone, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro – stanno cambiando i modelli organizzativi e definendo un nuovo approccio verso il lavoro. Lo smart working è una modalità che ben concilia il lavoro con la vita privata, ma va ben strutturato perché diventi un’opportunità per il futuro”.

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Deloitte: il cambiamento climatico costerà fino a 178 trilioni di dollari

Posted by fidest press agency su martedì, 14 giugno 2022

Nel 2070 la perdita media annua del Pil si assesterebbe sul -7,6%, rispetto a uno scenario non affetto dal cambiamento climatico. Al contrario, accelerando rapidamente il processo di decarbonizzazione, l’economia globale potrebbe guadagnare 43 trilioni di dollari nei prossimi cinque decenni. È quanto emerge dal report Global Turning Point Report 2022 di Deloitte. Secondo il report, sono quattro gli elementi chiave su cui agire per favorire la decarbonizzazione a livello globale: la collaborazione tra settore pubblico e privato, per la costruzione di politiche efficaci volte a guidare il cambiamento; investimenti da parte delle imprese e dei governi, per promuovere cambiamenti strutturali nell’economia globale tali da privilegiare le industrie a basse emissioni e accelerare la transizione verde; l’impegno, in ogni area geografica, a gestire i rispettivi “turning points”, ossia il momento in cui i benefici della transizione verso la neutralità carbonica superano i corrispondenti costi, guidando così una crescita regionale positiva; sulla base del relativo turning point, i sistemi economici e sociali locali devono promuovere un futuro più sostenibile, ovvero un’economia decarbonizzata in grado di crescere a tassi maggiori rispetto a una equivalente economia carbon-intensive. I messaggi chiave del Global Turning Point Report di Deloitte sono allineati con le evidenze del VI Assessment Report – WG II dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che sottolinea come un ritardo nell’azione di mitigazione delle emissioni climalteranti metta a rischio il futuro dell’uomo e del pianeta. Il costante aumento della temperatura media terrestre e il livello attuale e prospettico delle emissioni antropiche impongono così urgenti azioni di adattamento, le quali però, superata la soglia di 2°C, oltre a divenire assai più costose, perderebbero anche drasticamente efficacia. Il Mediterraneo poi è considerato un vero e proprio “hotspot” del cambiamento climatico: si è riscaldato e continuerà a riscaldarsi più della media mondiale.

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Schengen adieu o goodbye. Cambiare verso il peggio?

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 giugno 2022

Schengen è lo spazio di libera circolazione senza controlli alle frontiere, uno dei successi proiettati al futuro della costruzione comunitaria: non solo persone e merci, ma anche diritto, economia, salute, difesa/sicurezza e politica, quello che noi federalisti utopisti chiamiamo “Stati Uniti d’Europa”. Schengen fino a poco tempo fa era la cancellazione di code alle dogane, esibizione di passaporti, barriere fisiche e fili spinati. Per l’appunto “era”, ché dopo gli attacchi terroristici e la crisi dei migranti del 2015, alcuni Stati hanno reintrodotto i controlli e alcuni non li hanno mai tolti anche per la pandemia. Secondo la Corte di Giustizia Ue, le deroghe a Schengen non possono durare più di sei mesi (1) e, siccome molti Paesi i controlli li vogliono, ecco che si sta per cambiare la norma. Riflessioni e iniziative perché una norma così determinante per la costruzione del federalismo europeo non è gradita… troppi problemi… si fa prima a riaffermare il potere decisionale degli Stati nazionali, ché altrimenti si compromette la politica internazionale e non federalista dell’Unione. All’insegna di “modernizzare Schengen” (slogan e impegno dell’attuale presidenza francese) i sei mesi di deroga diventerebbero infiniti, con obiettivo principale la chiusura delle frontiere esterne ai migranti (2): ogni singolo Stato applicherebbe con propria decisione meccanismi di solidarietà che godranno di contributi finanziari, dando priorità a chi ha diritto a protezione internazionale e ai più vulnerabili rispetto ai cosiddetti migranti economici; chi non accetta migranti sul suo territorio potrà contribuire finanziariamente o logisticamente a questa politica. Sembra l’istituzionalizzazione e generalizzazione del “modello” (disperazione umana, economica e politica) delle isole greche: tenere migranti da espellere e richiedenti asilo ai confini esterni dell’Ue.Cambiare tutto per generalizzare e istituzionalizzare il peggio che prima era circoscritto. Queste le intenzioni francesi per dire sostanzialmente “adieu” a Schengen. Al momento non si sa – tipo Germania (3) – quali siano le intenzioni di chi invece vorrebbe solo dire “goodbye”. A fronte anche di quanto in corso in Polonia, principale Paese di accoglienza degli sfollati e profughi ucraini, esperienza per la quale una certa voce in capitolo avrebbe valore.François-Marie Arouet http://www.aduc.it

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Fit for 55: uso terreni agricoli per rafforzare lotta al cambiamento climatico

Posted by fidest press agency su sabato, 11 giugno 2022

Il Parlamento ha adottato la sua posizione negoziale su una proposta di legge per migliorare i pozzi naturali di assorbimento del carbonio nel settore dell’Uso del suolo, dei cambiamenti di uso del suolo e forestale (Land use, land use change and forestry sector – LULUCF), con lo scopo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Il testo legislativo è stato approvato con 472 voti favorevoli, 124 contrari e 22 astensioni. Pozzi di carbonio per aumentare l’obiettivo UE di riduzione dei GHG al 57% nel 2030. I deputati sostengono la proposta della Commissione secondo cui l’obiettivo UE per l’assorbimento netto di gas a effetto serra nel settore LULUCF per il 2030 dovrebbe essere di almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Tale aumento porterebbe di fatto l’impegno di riduzione dei gas a effetto serra UE al 57% entro il 2030.I deputati propongono infine di istituire un meccanismo relativo alle perturbazioni naturali per il periodo 2026-2030, a disposizione di quei Paesi UE che non sono stati in grado di raggiungere i loro obiettivi annuali a causa di perturbazioni naturali come gli incendi boschivi. Infine, ribadiscono la loro posizione secondo cui i pozzi di carbonio naturali sono fragili e volatili e quindi, contrariamente alla proposta della Commissione, non dovrebbero essere messi in comune con le emissioni del settore agricolo.

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Un futuro a prova di cambiamento climatico

Posted by fidest press agency su lunedì, 2 Maggio 2022

A cura di Pauline Grange, gestore investimento responsabile e Jess Williams, analista, investimento responsabile di Columbia Threadneedle Investments. La crisi climatica è ormai una realtà in molte parti del mondo. La quantità di eventi meteorologici estremi registrati nel 2021 è stata eccezionale in base a qualsiasi parametro. Le interruzioni lungo le catene produttive sono dovute anche alle condizioni meteorologiche: le inondazioni che hanno colpito Europa, Stati Uniti e Cina hanno colpito le attività logistiche e produttive. La temperatura media globale si sta rapidamente avvicinando a 1,5 °C. I governi si stanno rendendo conto della necessità di proteggere città e popolazioni dagli effetti del cambiamento climatico e di modernizzare le infrastrutture per isolare meglio le città dall’emergenza climatica, accelerando gli investimenti per scongiurare gli scenari peggiori.Poiché si prospetta un aumento delle alluvioni, dovremo rendere città e infrastrutture a prova di esondazione: un recente rapporto pubblicato dalla First Street Foundation rivela che quasi il 25% delle infrastrutture critiche degli Stati Uniti (utility, aeroporti, porti, ecc.) è a rischio di inondazione. D’altro canto, episodi di siccità sempre più gravi metteranno sotto pressione i nostri sistemi idrici e questo, abbinato alla crescita demografica, significa che la scarsità di acqua sarà un problema a cui dovranno far fronte sempre più paesi. Ciò richiederà massicci investimenti per aggiornare le reti idriche obsolete e promuovere il riciclo delle acque reflue. Riteniamo che questo straordinario sforzo di investimento in infrastrutture ed edifici possa creare un super ciclo pluriennale di investimenti di cui molti sottovalutano la portata. In questo momento è quindi fondamentale investire in aziende posizionate per beneficiare dei flussi di capitale green attesi sul mercato.

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Quando si parla di lotta al cambiamento climatico, non si può non menzionare il ruolo determinante delle singole città

Posted by fidest press agency su giovedì, 7 aprile 2022

Secondo Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico, i centri urbani sono responsabili dell’80% del consumo energetico e delle emissioni.Dati non di poco conto visto che influenzano significativamente la salute delle persone e quello dell’intero pianeta, ma la soluzione può arrivare dalle stesse città se si attua un cambiamento di rotta che vuole il ripensamento dell’urbe in ottica sostenibile. Ed è proprio qui che s’inserisce il ruolo dei GreenHero che proprio nelle grandi città vivono e lavorano.Ad inquinare maggiormente sono le megalopoli cinesi ma anche Mosca, Istanbul, Tokyo e New York. A metterlo in evidenza è una elaborazione di Ener2Crowd, basata sui dati della ricerca “Keeping Track of Greenhouse Gas Emission Reduction Progress and Targets in 167 Cities Worldwide” condotta da Ting Wei, Junliang Wu e Shaoqing Chen, ricercatori della School of Environmental Science and Engineering della Sun Yat-sen University in Cina.«La città italiana più inquinante in assoluto è Torino, settima in Europa ed al 52mo posto del ranking mondiale, con 23 milioni di tonnellate di Co2 equivalenti immesse in atmosfera ogni anno» puntualizzano gli analisti di Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico.E proprio a partire dalle grandi città, il nuovo modello di finanza etica di Ener2Crowd permetterà di ridurre l’inquinamento, grazie all’appetito degli investitori per i prodotti finanziari in grado di combattere il climate change che garantiscono comunque un ottimo ritorno economico.Nelle grandi città italiane, inoltre, risiedono la maggior parte dei GreenHero: i maggiori investitori della piattaforma Ener2Crowd si trovano infatti a Roma, Milano, Napoli e Torino, dove oggi questa forma di investimento è una realtà all’ordine del giorno.La città più inquinante del Continente Europeo rimane Mosca —al settimo posto del ranking mondiale— con 112 milioni di tonnellate di Co2 equivalenti immesse in atmosfera ogni anno, seguita da Istanbul —al quattordicesimo posto del ranking mondiale— con 72,9 milioni di tonnellate di Co2 e da Francoforte con 46 milioni di tonnellate di Co2. E seguono sul podio europeo San Pietroburgo (43 Mt Co2 eq.) Atene (39 Mt Co2 eq.), Berlino (28 Mt Co2 eq.) e Torino (23 Mt Co2 eq.) che è appunto settima in Europa ed al 52mo posto del ranking mondiale.Lo studio trova riscontro anche nei dati del Parlamento Europeo, secondo il quale all’interno dell’Ue le grandi città sono responsabili di emissioni di CO2 in una misura che arriva fino all’80% del totale. L’idea di Ener2Crowd.com è quella di convincere quella massa critica di risparmiatori che da sempre puntano sugli investimenti più sicuri possibili —che una volta erano gli immobili ed i titoli di Stato— oggi in fuga dai prodotti finanziari dai rendimenti irrisori e non più solidi come un tempo.

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Cambiamento climatico sulle produzioni agricole

Posted by fidest press agency su venerdì, 25 marzo 2022

Con più di 1400 eventi estremi il 2021 ha registrato in Italia un aumento del 65% di tempeste, bufere, grandinate e bombe d’acqua alternate a ondate di calore, che hanno provocato gravi danni da nord a sud, con pesanti ripercussioni economiche sulle produzioni agroalimentari. Si tratta di un trend consolidato, che non fa che peggiorare sensibilmente ogni anno, mettendo a rischio l’eccellenza del nostro made in Italy.Gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici vanno prevenuti e mitigati a partire dal campo e a questo serve l’agrometeorologia, la scienza che, utilizzando le tecnologie più sofisticate, studia le interazioni dei fattori meteorologici ed idrologici con l’ecosistema agricolo-forestale e con l’agricoltura intesa nel senso più ampio. Si valuta il rischio climatico di uno specifico territorio, in situ, appunto, per avere parametri climatici “sito specifici”, ossia su misura dell’azienda, grazie ai quali individuare le migliori scelte da fare: dalle pratiche agronomiche alla gestione dell’irrigazione, dalla previsione delle rese produttive alla più efficace difesa dai parassiti delle colture. Dati preziosi, quelli agrometeorologici, che consentono all’azienda di ridurre le conseguenze derivanti da gelate o grandinate o altri eventi climatici estremi. Ciò permette, quindi, miglioramenti produttivi attraverso l’individuazione delle più appropriate misure per l’adattamento dei sistemi agricoli a un determinato contesto agroambientale, soprattutto con una gestione più corretta e sostenibile dell’irrigazione, resa possibile dai modelli previsionali agrometeorologici.

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Change marketing. Gestire il cambiamento partendo dalla corporate identity

Posted by fidest press agency su sabato, 12 marzo 2022

E ‘il nuovo libro di Marco Daturi. Editore: Libri D’Impresa Prezzo: € 22,00 cartaceo, € 9,99 e- è la parola chiave di questi anni: due decenni in cui abbiamo assistito a mutamenti epocali che le generazioni passate non hanno vissuto nell’arco di una vita. Cambia la vita personale, cambia l’economia e cambiano le aziende. In questo contesto è quanto mai attuale il nuovo libro di Marco Daturi, Change Marketing, che esce per Libri d’impresa ed è disponibile su Amazon e tutte le librerie on line. Nel libro viene illustrato il Corporate Identity Matrix Framework, uno strumento di lavoro utile per fornire una strutturata e comprensibile overview della corporate identity, una guida per la comunicazione. «Si tratta di una revisione della Corporate Brand Identity and Reputation Matrix presentata da Mats Urde e Stephen A. Greyser in The Corporate Brand Identity and Reputation Matrix per lo studio del Premio Nobel -spiega Marco Daturi-. Abbiamo utilizzato questo metodo per molte realtà di diverse dimensioni e settori di attività e ci ha aiutato a mettere l’ordine che spesso veniva solo dato per scontato».Tra best practice, descrizione del metodo e una ricca sezione dedicata agli strumenti da utilizzare un questi anni caratterizzati dal marketing 5.0, che deve coniugare le nuove tecnologie alle diverse generazioni e ai nuovi modelli di business, il libro è una guida utile a imprenditori e professionisti per restare e diventare sempre più competitivi. Marco Daturi – Exploring marketing since 1993, questo il suo slogan. Da quell’anno, durante gli studi universitari, ha iniziato a lavorare nel marketing. Laureato in economia e commercio, ha poi tracciato una linea netta per la sua professione con un master in marketing e vari corsi di specializzazione.Ha lavorato per grandi multinazionali, professionisti e piccole medie imprese, gestendo centinaia di progetti in settori diversi e occupandosi in prima persona dal marketing strategico a quello operativo.Nativo digitale con venticinque anni di anticipo, ha grande passione per la tecnologia e la digitalizzazione, in cui opera direttamente come early adopter ed esprime con il figlio nella loro creative room.

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Climart: Immagini del cambiamento

Posted by fidest press agency su martedì, 22 febbraio 2022

Roma Sabato 26 febbraio, a partire dalle ore 11:00, presso la Biblioteca Villino Corsini – Villa Pamphilj si terrà la presentazione del volume curato dagli scienziati Daniele Melini e Spina Cianetti per Pacini Editore e INGV Editore. L’emergenza climatica raccontata alle giovani generazioni da 25 studenti di un Liceo artistico di Roma, accompagnati da due scienziati dell’INGV: ecco “ClimArt – immagini del cambiamento”, il progetto realizzato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dal Liceo Artistico “Alessandro Caravillani” di Roma per trasmettere e comunicare, attraverso il linguaggio universale dell’arte, le evidenze scientifiche sullo stato di salute del nostro pianeta e per risvegliare nelle coscienze la consapevolezza che non è più possibile rimandare azioni comuni a salvaguardia dell’ambiente. È un grido di allarme e di angoscia, ma anche un messaggio di speranza per il futuro. Alla presentazione, che sarà aperta dal Presidente dell’INGV prof. Carlo Doglioni, saranno presenti insieme ai protagonisti il prof. Carlo Eufemi, Dirigente Scolastico del Liceo Caravillani, il dott. Leonardo Sagnotti, Direttore del Dipartimento Ambiente dell’INGV ed esperto di cambiamenti climatici, e la prof.ssa Manuela Policicchio, in rappresentanza del team di docenti che ha seguito il progetto. Curato da Daniele Melini e Spina Cianetti, ricercatori dell’INGV, il volume pubblicato da Pacini Editore e da INGV Editore, affronta attraverso pensieri e opere grafiche realizzate dagli studenti del Caravillani alcuni temi cruciali collegati all’emergenza climatica: l’effetto serra, il riscaldamento globale, l’innalzamento dei mari, lo sviluppo sostenibile e le minacce per gli ecosistemi. Il capitolo iniziale, relativo ai ‘segni vitali del pianeta’, rappresenta una introduzione di carattere scientifico-divulgativo con cui i ricercatori Melini e Cianetti, raccontando i progressi della scienza nello studio della Terra e del suo ‘stato di salute’, chiariscono fenomeni e squilibri che da ormai diversi decenni richiamano alla responsabilità di mettere in atto azioni e comportamenti concreti per salvarla. I proventi del libro, in vendita nelle librerie, saranno utilizzati dal Liceo Artistico “Alessandro Caravillani” per finanziare altri progetti. Le opere pittoriche e grafiche raccolte nel volume saranno esposte in mostra all’interno della Biblioteca Villino Corsini – Villa Pamphilj da sabato 26 febbraio a domenica 6 marzo 2022; sarà possibile visitare l’esposizione negli orari di apertura della biblioteca.

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I mercati emergenti nella fase del cambiamento

Posted by fidest press agency su venerdì, 4 febbraio 2022

A cura di Gene Frieda, Global Strategist e Pramol Dhawan, Head of Emerging Markets Portfolio Management di PIMCO. Negli ultimi due decenni, i mercati emergenti sono stati tipicamente “condition takers”, ogni paese ha un certo grado di sensibilità alla crescita economica cinese e ai tassi di interesse statunitensi. Tuttavia, crediamo che questi tradizionali driver esterni vedranno diminuire la loro importanza. Infatti, prevediamo un rallentamento della crescita del PIL cinese che vedrà ridotta la propria influenza sulle congiunture economiche dei mercati emergenti. E il contesto di tassi d’interesse statunitensi “bassi per più tempo” dovrebbe ridurre l’influenza della Federal Reserve statunitense sui flussi di capitale verso i mercati emergenti, a nostro avviso. In futuro, riteniamo che i mercati emergenti dovranno probabilmente affrontare una serie più complessa di fattori esterni, tra cui la rivalità tra Stati Uniti e Cina, il cambiamento climatico e gli sforzi connessi a esso, la rapida diffusione della tecnologia e il populismo politico. Il risultato dovrebbe essere una crescita economica globale volatile e meno armonizzata, con opportunità d’investimento maggiormente differenziate tra i vari paesi. Di seguito delineiamo i rischi e le opportunità che intravediamo da alcuni fattori di disturbo secolari: Probabilmente guidato almeno in parte dalle preoccupazioni per le politiche di contenimento degli Stati Uniti, il governo cinese sembra allontanarsi da una rapida crescita guidata dal debito e dagli investimenti a favore di una crescita più lenta ma più equa. Anche se la Cina e gli Stati Uniti stanno iniziando ad affrontare la crescente disuguaglianza di reddito, ci aspettiamo che la disuguaglianza all’interno della maggior parte dei paesi emergenti, e tra paesi emergenti e paesi e mercati sviluppati, peggiori nel prossimo decennio. Una variabile da tenere d’occhio è la demografia. Essendo i paesi che riteniamo siano più colpiti dal riscaldamento globale, i mercati emergenti potrebbero avere tutto da guadagnare da una rapida transizione dal brown al green. Ci aspettiamo che maggiori investimenti privati e pubblici in fonti di energia pulita diventino un importante motore di dinamismo. Per alcuni, la portata della transizione verde può essere vista come analoga allo shock positivo della domanda dei primi anni 2000 che è risultato dal boom della Cina. Tuttavia, questo boom sarà probabilmente più duraturo e di portata molto più limitata. Le tecnologie verdi, tra cui l’energia rinnovabile, i veicoli elettrici, l’idrogeno e la cattura del carbonio, tendono ad avere un’intensità di metalli maggiore rispetto ai loro equivalenti basati sui combustibili fossili. Di conseguenza, è probabile che la transizione verso il verde intensifichi la domanda di metalli importanti, tra cui rame, nichel, cobalto e litio. Ancora una volta, cercheremo quei paesi e quelle aziende che potenzialmente ne trarranno i maggiori benefici. Tuttavia, è probabile che i costi di transizione delineati sopra comportino un aumento dei prezzi dell’energia e, data l’importanza degli input energetici per la produzione alimentare, dei prezzi dei prodotti alimentari in molti paesi dell’Europa orientale. Di conseguenza, ci aspettiamo una maggiore volatilità dell’inflazione e una tensione più forte tra gli obiettivi chiave tipici della politica monetaria di inflazione stabile e una piena occupazione. I tassi d’inflazione all’interno dei mercati emergenti potrebbero diventare meno sincroni, offrendo ancora una volta un’importante fonte potenziale di performance differenziata per i gestori attivi. Forse ci stiamo imbarcando in un nuovo sistema per gli investimenti nei mercati emergenti. Crediamo che i mercati locali emergenti continuino a offrire un’ampia gamma di opportunità. I paesi di frontiera di bassa qualità sono probabilmente diversi. Questi paesi, a nostro avviso, ricorreranno a programmi sostenuti da finanziamenti multilaterali e, in alcuni casi, da insolvenze del debito esterno? In questo caso, crediamo che la valvola di sfogo della pressione sarà costituita da programmi sostenuti da finanziamenti multilaterali e, in alcuni casi, da inadempienze del debito esterno. Il nostro quadro d’investimento incorpora quelli che riteniamo essere questi rischi da “buco nero”. Tuttavia, crediamo anche che si debba dare maggior peso al rischio di liquidità e al rischio politico, dato che varie forme di controllo dei capitali e di interventi non convenzionali sui mercati tornano a far parte degli strumenti dei politici dei paesi emergenti. In generale, riteniamo che i premi di rischio dei mercati emergenti si distinguano in positivo, sebbene ci si debba aspettare molta volatilità in futuro. (abstract)

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Il cambiamento della Pubblica Amministrazione parte dalle persone

Posted by fidest press agency su giovedì, 13 gennaio 2022

I loro nomi, le loro storie e le loro opinioni sul futuro delle amministrazioni impegnate nella sfida del PNRR sono raccolti nell’”Almanacco degli innovatori 2021”, il libro pubblicato da FPA, società del gruppo DIGITAL360. L’Almanacco racchiude oltre 100 interviste realizzate da Gianni Dominici, Direttore generale di FPA, nell’arco di 15 mesi a partire dallo scoppio dell’emergenza Covid-19, con l’obiettivo di raccontare questo periodo di crisi, ma anche di grandi cambiamenti, attraverso la voce delle persone che lavorano nella PA o per la PA. Tra i protagonisti del cambiamento della PA raccontati nel libro, ci sono rappresentanti di istituzioni che avevano già cominciato a sperimentare lo Smart Working prima della pandemia, funzionari dei comuni impegnati a rendere i servizi digitali accessibili, docenti che hanno lavorato per una scuola innovativa, protagonisti di progetti di formazione ed empowerment di dipendenti pubblici, promotori di soluzioni che applicano i principi del co-design o degli open data nella pubblica amministrazione. Innovatori come Stefania Allegretti, Direttrice dell’Ufficio sviluppo organizzativo e del personale della Provincia Autonoma di Trento che, ben prima della pandemia, è diventata modello per l’adozione dello smart working, la formazione del personale e l’accompagnamento al cambiamento, realizzando tra gli altri il progetto di affiancamento intergenerazionale “Pat4Young” grazie a cui giovani neo-assunti sono stati inseriti a fianco di lavoratori senior, in una logica di scambio reciproco delle competenze. O come Elena Gamberini, Direttrice Generale dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, ente che promuove la gestione associata dei servizi, grazie a cui piccole amministrazioni del territorio sono riuscite a fronteggiare l’emergenza cooperando, e che ha avviato nei mesi scorsi il progetto CittadINpratica per la digitalizzazione delle pratiche edilizie, un progetto fortemente innovativo per il territorio. O Ilenia Imola, Funzionario del Comune di Rimini, che per l’amministrazione ha sperimentato processi innovativi e nuovi modelli organizzativi, mettendo il digitale al servizio delle “connessioni umane”, con l’obiettivo di “fare squadra”, lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni, aumentare il benessere dell’organizzazione. E ancora Monica Cavallini, Project Manager del progetto “Scuola Digitale Liguria” con cui la società in house della Regione dal 2016 ha supportato l’innovazione digitale per la didattica coinvolgendo i docenti in tutorial online e videoconferenze, un’esperienza diventata fondamentale per la DAD nell’emergenza, grazie a una comunità di docenti che ha lavorato insieme. E poi Salvatore Urso, ingegnere del settore ICT Sanità della Regione Emilia-Romagna, da anni impegnata in politiche di digitalizzazione sanitaria, che durante l’emergenza Covid19 ha creato un sistema di monitoraggio per utilizzare servizi di telemedicina nelle aree montane appenniniche meno accessibili. E Giuseppe Gigante, Dirigente di INAIL Puglia, che ha promosso il progetto ‘Gli ScacciaRischi: le olimpiadi della prevenzione’: un videogioco che aiuta a riconoscere ed evitare i pericoli in casa, a scuola e negli ambienti di lavoro, attraverso dieci livelli di gioco e quiz. Tra i protagonisti dell’Almanacco, anche rappresentanti di start up e associazioni, come Ilaria Ricotti, Responsabile comunicazione e relazioni istituzionali di Too Good To Go, app contro lo spreco alimentare con circa 5 milioni di utenti in Italia, e Andrea Borruso, Presidente dell’associazione OnData, tra i promotori della campagna #datibenecomune, nata per chiedere alle istituzioni il rilascio di tutti i dati disaggregati sull’emergenza Covid e che oggi sta chiedendo al governo di rilasciare i dati necessari per consentire il monitoraggio dei progetti del PNRR. E insegnanti “visionari”, come Daniele Manni, docente di informatica e auto-imprenditorialità nell’Istituto “Galilei-Costa-Scarambone” di Lecce, dove aiuta gli studenti a creare delle micro e piccole imprese innovative, primo italiano a vincere, nel 2020, il Global Teacher Award, importante riconoscimento che premia 50 docenti tra 107 paesi al mondo.

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