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Banche Centrali: l’imperdonabilità di un possibile, nuovo errore e le strategie di asset allocation

Posted by fidest press agency su mercoledì, 23 novembre 2022

A cura di Jon Mawby, Co-Head of Absolute & Total Return Credit di Pictet Asset Management. Stiamo vivendo un anno da “tempesta perfetta” sui mercati. Si sta osservando un ciclo economico del tutto anomalo, reso tale da una serie di shock esogeni causati prima dalla pandemia e in seguito dalla guerra in Ucraina. Il risultato è stata una sorpresa continua nei dati macroeconomici. La minore crescita non ha evitato all’inflazione di continuare ad aumentare, determinando un contesto di stagflazione. Nulla di questo ciclo ha a che fare con quanto già osservato in passato e ha come genesi il rapporto tra domanda e offerta aggregate. Entrambe, infatti, sono collassate all’inizio della pandemia. La prima, però, grazie al sostegno della politica monetaria e fiscale (soprattutto negli USA) e in seguito alle riaperture, si è ripresa molto rapidamente, culminando con l’attuale boom dei servizi. La seconda, invece, non ha avuto una risposta altrettanto elastica, generando un rallentamento della crescita con alla base i colli di bottiglia sulle catene di fornitura. Va da sé che, una domanda più forte esercitata su beni scarsi, si è trasformata inevitabilmente nell’escalation dei prezzi. Le Banche Centrali hanno deciso di rompere ogni indugio. Di fronte a un’inflazione a due cifre, infatti, la normalizzazione della dinamica dei prezzi ha assunto la priorità assoluta. La Federal Reserve, seguita dalla Banca centrale europea, ha deciso di alzare in modo sostenuto i tassi d’interesse, a costo di provocare una recessione la cui probabilità è di conseguenza aumentata, anche se ciò non rappresenta lo scenario più probabile almeno per gli USA. L’economia, infatti, si è mostrata resiliente anche in Europa all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, che si temeva avere ripercussioni peggiori sulla crescita. Considerando lo scenario base ritenuto al momento il più probabile, ovvero quello di soft-landing, il picco per l’inflazione americana sarebbe già stato raggiunto ed è previsto un dato del 7% a fine anno per arrivare a una stima del 3,3-3,4% a fine 2023. Per l’Europa, invece, è prevista un nuovo massimo attorno al 10% entro fine anno, per arrivare allo stesso livello dell’America al termine dell’anno successivo. Qualcuno potrebbe pensare a una previsione rosea, ma di fatto non ne abbiamo certezza, perché, considerando il ciclo anomalo, anche il percorso dell’inflazione è difficilmente prevedibile. In ogni caso, se la crescita dei prezzi si arrestasse subito, riteniamo che l’economia avrebbe le risorse per ripartire spedita, poiché non è convalescente come nelle crisi del passato, ma soffre di un rallentamento ‘artificiale’, indotto dalle banche centrali per curare il male dell’inflazione. Potrebbe, tuttavia, esserci un effetto secondario capace di rendere più persistente l’inflazione. Le rivendicazioni salariali, infatti, provocano inflazione futura. Il mercato del lavoro, fortemente colpito dalla pandemia, ha visto un tasso di partecipazione (Forza Lavoro in proporzione della Popolazione in età lavorativa) che, anche dopo le riaperture, non è rimbalzato al livello pre-COVID. Molte persone che hanno lasciato il lavoro hanno deciso di non tornare a cercarlo. Forse i generosi sussidi hanno avuto l’effetto, soprattutto nelle fasce più giovani, di ritardare il rientro al lavoro. Al momento negli Stati Uniti c’è un ampio gap tra domanda e offerta di lavoro che ha innescato una dinamica salariale sostenuta. La situazione, tuttavia, non è sfuggita di mano: la crescita dei salari, al momento, è intorno al 5% e i salari reali sono quindi in calo. Questa dinamica va tenuta sotto osservazione perché un riallineamento tra i due termini (prezzi e salari) è doveroso, pena il rischio di tensioni sociali, ma sarebbe meglio questo avvenisse attraverso un calo dell’inflazione. Inoltre, una miglior dinamica della produttività favorirebbe l’aggiustamento rendendolo meno frizionale e più sostenibile e consentirebbe che il recupero di potere d’acquisto dei lavoratori non i ripercuota negativamente sulla redditività aziendale. A fronte di tutto questo, ci sono diversi dati che giocano a favore di un’ipotesi di recessione tecnica e non profonda. Il motivo, come già accennato, è che questa è una recessione indotta e non provocata da una degenerazione endogena del ciclo economico. Le finanze private (così come la salute dei bilanci aziendali) non rilevano situazioni critiche né eccessi da smaltire, fattori questi che rendono le recessioni più lunghe e difficili. In assenza di inflazione, infatti, la salute finanziaria di famiglie e imprese americane è buona. (abstract by Pictet Asset Management)

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Il nuovo Whatever It Takes delle banche centrali

Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 agosto 2022

A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Il dato sopra le attese registrato dal livello dei prezzi americani nel mese giugno (+9,1% anno su anno) lascia poco spazio all’interpretazione: per vedere il superamento del picco massimo di inflazione e delle conseguenze ch’esso comporta, bisogna attendere. Alla conferma di un contesto stagflattivo, decretato dalla revisione a ribasso delle stime di crescita da parte del Fondo Monetario Internazionale (negli Stati Uniti, dal 4% di gennaio 2022, al 2,3% di luglio) si è presto affiancato il timore di un rischio recessione globale, dettato dall’innescarsi di crisi consecutive (l’ultima delle quali, quella energetica) e dall’azione restrittiva congiunta delle banche centrali. In tal senso, il mercato americano appare oggi diviso tra due fuochi: da un lato, l’analisi macro data dall’insieme dei principali indicatori economici, che mostra una tenuta dei fondamentali, coerenti con una probabilità oggettiva di recessione ancora al di sotto della soglia di guardia; dall’altro, le probabilità implicite di recessione, che rivelano un sentiment di mercato più preoccupato. Alla base di questa incongruenza ci sarebbe la fermezza delle parole della Federal Reserve, pronta ad attuare un ‘Whatever It Takes’ sul contenimento dei prezzi, sacrificando se necessario una parte di crescita economica. Per studiare quali scenari si prospettino all’orizzonte, ancora una volta, è opportuno risalire alle componenti base del tasso di inflazione: la prima, il cosiddetto ‘base effect’ di natura tecnica, rappresenta le pressioni di breve legate a fattori esogeni (il recente rialzo del petrolio, ad esempio) destinate a riassorbirsi nel corso di qualche mese; la seconda, i fattori sensibili legati alla scia lunga del Covid, include voci quali l’aumento dei prezzi di auto usate, acquistate in sostituzione alla carenza di nuove macchine (per via delle difficoltà lato supply chain); la terza, la componente più pura dell’inflazione, quella legata ai consumi, si sta consolidando, pur non destando particolari preoccupazioni. In generale, i mercati sono oggi accomunati da una incapacità di previsione, che si lega alla stratificazione di più shock. Parliamo di shock stagflattivi, capaci di frenare la crescita economica impattando però al contempo sul rialzo dell’inflazione. Il 2022 si è aperto come un anno difficilissimo da affrontare sui mercati. L’azione stringente della Fed è diventata il market mover per tutto il negoziabile in ambito UCITS, e ha spinto a mosse più brusche le altre major tra gli istituti centrali. Le strategie prudenti hanno dovuto fare i conti con il venir meno della classica relazione inversa tra equity e bond, che ha annullato il ruolo di diversificatore della componente obbligazionaria. Su tale fronte, stanno progressivamente venendo meno i rischi legati a un aumento troppo brusco e repentino sui tassi di interesse (e quindi sulla parte direzionale degli spread), ma permangono quelli connessi a un possibile peggioramento dei fondamentali qualora una recessione avesse luogo. Si ribadisce quindi cautela sul fronte del credito, specie americano, che tende ad avere meno duration e più rischio, mentre si iniziano ad aprire finestre per un aumento del peso sulla parte più lunga della curva a 10 e 30 anni, scadenza quest’ultima entrata di recente per la prima volta a far parte del portafoglio MAGO. Anche la Banca centrale europea ha adottato negli ultimi mesi un atteggiamento più severo, intenzionata a contenere sopra ogni altra cosa il livello di inflazione (a riprova, il recente aumento da mezzo punto percentuale rispetto al preannunciato +0,25%). Il piano anti-frammentazione europeo presentato in occasione del meeting di luglio, il Transmission Protection Mechanism (TPI), inoltre, potrebbe offrire ai falchi della Bce ulteriori motivazioni per intervenire in maniera più marcata sui tassi di interesse, appellandosi allo schema di protezione da movimenti disordinati degli spread, attuabile da Francoforte in caso di necessità. Questo, invita alla prudenza sulle lunghe scadenze, dove ancora permangono aree di incertezza.Un’ultima nota sul dollaro americano: la possibilità di una risoluzione di alcuni degli shock che hanno preoccupato i mercati nell’ultimo semestre potrebbe togliere parte dell’appetibilità al dollaro, che ha beneficiato di una fase di risk off, ma che potrebbe tornare a deprezzarsi contro euro entro la fine dell’anno qualora lo scenario di base mostrasse qualche svolta positiva. (abstract) fonte: https://am.pictet/it/italy/articoli/2022/analisi-dei-mercati-e-asset-allocation/07/il-nuovo-whatever-it-takes-delle-banche-centrali#PAM_Section_7

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Il vaccino arriva dalle banche centrali?

Posted by fidest press agency su lunedì, 21 settembre 2020

A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management. Abbiamo analizzato con il Professor Massimo Galli le possibili evoluzioni della pandemia di COVID-19. Anche sulla base di quanto condiviso dal Professore, abbiamo poi delineato lo scenario macroeconomico e di mercato, in un contesto in cui economia e mercati sembrano seguire percorsi per molti versi separati.
Saranno probabilmente sorpresi al Fondo Monetario Internazionale nel constatare la rapidità della ripresa economica dopo lo shock provocato lo scorso inverno dalla pandemia di COVID-19. Se già all’epoca della pubblicazione del World Economic Outlook di giugno le previsioni dell’organizzazione internazionale erano sembrate alquanto pessimistiche (quasi -5% del PIL globale nel 20201), oggi, dopo un’estate di dati macroeconomici migliori delle attese, lo scenario delineato dall’IMF pare fortunatamente scongiurato, almeno per il momento. A titolo di esempio per un raffronto, le stime di Pictet AM, recentemente riviste al rialzo, predicono una contrazione del PIL globale pari circa al -4% per quest’anno, seguito da un deciso rimbalzo nel 2021 (oltre +6%). Sembra concretizzarsi, dunque, almeno nelle previsioni, lo scenario di recupero a “V” tanto agognato, dove il punto di minimo di tale “V” pare anche meno profondo di quanto inizialmente ipotizzato.Si tratta di uno scenario che premia soprattutto i Paesi emergenti, in particolare quelli asiatici, favoriti sia da una migliore gestione dell’emergenza sanitaria (se si eccettua l’India, ripiombata nel caos di recente) che da una minore dipendenza delle loro economie dal settore dei servizi, il più colpito dalla crisi: il terziario rappresenta, difatti, solamente il 50% del PIL di questi Paesi, contro il 70% per i Paesi sviluppati.
Al contrario, nel settore manifatturiero la ripresa dell’attività è stata decisamente più rapida, superando anche le più rosee aspettative: a livello globale, i PMI hanno impiegato solamente 5 mesi per tornare in territorio di espansione (oltre la soglia del 50), un percorso che nel corso dell’ultima grande crisi del 2008-2009 era stato compiuto in ben 13 mesi. Non dovrebbe sorprendere, quindi, che la Cina, la principale potenza manifatturiera al mondo, è al momento l’unico Paese tornato ai livelli del PIL di fine 2019, chiaramente complice anche il fatto che sia stato il primo ad entrare in stato di emergenza e poi ad uscirne efficacemente.
Il miglioramento del contesto economico non permette, tuttavia, di abbassare la guardia. Il rischio di una seconda ondata di contagi da COVID-19 permane ed è quanto mai concreto. Il numero dei casi è in risalita nelle ultime settimane e le terapie intensive stanno tornando ad affollarsi in modo preoccupante, imponendo alle autorità di restare vigili ed equilibrate nel bilanciare gli aspetti economici della pandemia con quelli sociali e sanitari.
Come il Remdesivir si è rivelato un farmaco sinora tra i più efficaci nella cura degli effetti del COVID-19, la liquidità immessa nel sistema economico-finanziario dalle banche centrali di tutto il mondo, combinata con un mix di misure fiscali di supporto da parte dei governi, ha da un lato protetto l’economia reale ma soprattutto sostenuto le attività finanziarie: è infatti noto che la liquidità in eccesso (ovvero quella non assorbita dell’attività economica) alimenti le valutazioni azionarie ed obbligazionarie. A tal proposito, va però rilevato che il picco dell’iniezione di liquidità sembra alle spalle, soprattutto a causa del rallentamento nelle manovre espansive di Fed e PBoC che, come si fa con un paziente che mostra segnali di ripresa, stanno iniziando a ridurre la quantità di cure somministrate. Ma le stesse banche centrali hanno messo a punto un vero ricostituente per i mercati finanziari: la garanzia di un atteggiamento persistentemente accomodante. Nello scenario economico delineato, in netto miglioramento, ma pur sempre estremamente incerto e comunque recessivo, la corsa sfrenata dei mercati azionari dai minimi di metà marzo sembra confermare l’efficacia delle cure somministrate da banche centrali e governi. In effetti, la riduzione dei tassi reali fino a -1% (-0,5% da giugno) sui TIPS decennali USA è dovuta ad un rialzo delle aspettative di inflazione (di break-even) a parità di rendimenti a scadenza nominali. Ciò ha trainato tutte le valutazioni finanziarie consentendo la continua espansione dei multipli (rapporto prezzo/utili) nonostante un leggero aumento dei premi di rischio
D’altro canto, sul Nasdaq le valutazioni avevano raggiunto valori anomali. Nonostante le revisioni degli utili per le aziende dell’indice fossero tornare a salire ormai da mesi (in modo più deciso rispetto al resto del mercato USA e anticipando le borse europee), gonfiando il denominatore del rapporto prezzi/utili del settore tecnologico, questo era stato spinto su livelli stellari dalla corsa dei listini. Da questo punto di vista, la recente correzione, circoscritta per gran parte al tech, può essere intesa come una pausa di riflessione con cui si è voluto eliminare un eccesso. Risulta più difficile immaginare che si tratti dell’inizio di un bear market, almeno fino a quando i tassi reali resteranno in territorio abbondantemente negativo, trascinati al di sotto del -1% dalla risalita delle aspettative di inflazione. Da qui in avanti, nonostante la svolta attuata dalla Fed abbia rimosso degli importanti freni, è probabile che tali aspettative non si discosteranno ulteriormente in modo significativo dal livello dell’inflazione attuale (inferiore all’1%). Se, come sembra, le banche centrali non muoveranno i tassi nominali, quelli reali rimarranno quindi più stabili, fungendo da supporto ma non più da propulsori del rally azionario: saranno necessarie anche altre leve, sanitarie e/o economiche, affinché possa proseguire la sua corsa. (abstract, Testo integrale:
https://www.am.pictet/it/italy/articoli/2020/analisi-dei-mercati-e-asset-allocation/09/il-vaccino-arriva-dalle-banche-centrali)

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Swisspower Renewables AG acquisisce in Italia altre cinque centrali idroelettriche

Posted by fidest press agency su venerdì, 29 novembre 2019

Swisspower Renewables AG, importante società elvetica nel campo delle energie rinnovabili, ha acquistato altre cinque centrali idroelettriche in Italia portando il suo portfolio a 39 proprietà e diventando uno dei maggiori produttori esteri di energia idroelettrica in Italia.
Con questa operazione Swisspower Renewables AG ha rilevato il 100% delle azioni delle società italiane di energia idroelettrica Tecnowatt e 3Hydro, diventando quindi proprietaria di altre tre centrali idroelettriche nella provincia di Sondrio e due centrali in Basilicata. Complessivamente le centrali acquistate avranno una potenza di circa 12 megawatt (MW) e produrranno circa 32 gigawattora (GWh) di elettricità all’anno.Dopo la recente operazione conclusasi a luglio 2019 in cui la Swisspower Renewables aveva acquisito il 50 percento delle azioni societarie di Energia Ambiente affermando ancora di più la propria presenza nel nostro paese, oggi la produzione annuale di energia elettrica proveniente da fonti idriche prodotta dalla società svizzera raggiungerà circa 242 GWh, a cui si aggiungono altri 400 GWh provenienti da fonti eoliche prodotti dai 26 parchi eolici situati tra Italia e Germania. “Con questa nuova acquisizione, stiamo perseguendo risolutamente la nostra strategia di focalizzazione sull’energia idroelettrica e l’eolico on-shore in Italia e Germania – afferma Felix Meier, CEO di Swisspower Renewables AG -. In futuro prevediamo ulteriori acquisizioni. Allo stesso tempo, la società subentrerà gradualmente nella gestione e nella manutenzione delle proprie centrali idroelettriche in Italia che fino a questo momento erano affidati a fornitori terzi. Gestendo i nostri impianti attraverso la nostra società, possiamo sfruttare le sinergie, approfondire il nostro know-how degli impianti e ridurre i costi operativi”.Con la produzione di energia rinnovabile, Swisspower Renewables contribuisce alla realizzazione del «Master Plan 2050» che in Svizzera ha l’obiettivo di ridurre drasticamente le emissioni di CO2 entro il 2050 permettendo alle municipalizzate svizzere di fornire ai propri clienti solo energia prodotta da fonti rinnovabili e senza emissioni di CO2. Swisspower Renewables sta portando avanti l’espansione all’estero acquisendo centrali di energia rinnovabile che al momento non sono presenti in Svizzera. Al fine di garantire anche in futuro la sicurezza dell’approvvigionamento nel paese, è indispensabile produrre contemporaneamente più energia rinnovabile utilizzando anche le fonti provenienti dalla Germania.Azionisti di Swisspower Renewables AG:Services Industriels de Genève • Eniwa AG • Stadtwerk Winterthur • StWZ Energie AG • ewb Natur Energie AG • Energie Thun AG • Regionalwerke Holding AG Baden • Technische Betriebe Weinfelden AG • SH POWER • SWL Energie AG • Technische Betriebe Kreuzlingen • UBS Clean Energy Infrastructure Switzerland 2

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Mini Idro, massima efficienza nella protezione delle mini centrali idroelettriche

Posted by fidest press agency su martedì, 13 settembre 2016

barrieraMassima efficienza nel trattenere materiali galleggianti di grandi dimensioni, come tronchi e bancali; capacità di impedire il passaggio di volumi considerevoli; ampio soddisfacimento delle richieste operative.Queste alcune delle valutazioni che emergono dalla relazione ufficiale dell’Università di Pavia sulle barriere galleggianti “Mini Idro” realizzate da Airbank, azienda leader per il settore antinquinamento, insieme a Frendy Energy SpA, azienda specializzata nel progetto, sviluppo e realizzazione di piccole centrali idroelettriche, proprio con la collaborazione dell’Università di Pavia, Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura – sez. Idraulica.Il progetto nasce dell’esigenza di evitare che il lavoro delle mini centrali idroelettriche, che forniscono energia pulita e integrabile alle condutture idriche cittadine, sia messo in difficoltà da detriti di notevoli dimensioni come tronchi, pallet e plastiche, che rischiano di arrivare alla turbina, impedendo anche operazioni di manutenzione e riassetti della stessa.
Le barriere Mini Idro rappresentano dunque un’innovazione, essendo in grado di impedire proprio ai grandi detriti di arrivare alla turbina, azzerando i fermi impianto che provocano perdite di denaro e danni all’ambiente a causa della mancata efficienza.
Le attività sperimentali condotte dall’Università di Pavia hanno valutato sia l’efficienza di ritenzione del materiale galleggiante in diverse condizioni idrauliche, sia l’effetto che una barriera per la ritenuta dei detriti galleggianti può avere sul rigurgito idraulico in un canale.Dalla sperimentazione è risultato “evidente che il dispositivo soddisfi ampiamente le richieste operative”, scrive l’ingegner Stefano Sibilla nella relazione ufficiale. In particolare, “in termini di ritenuta di detriti galleggianti, l’apparecchiatura presenta in genere efficienze elevate” e complessivamente “la barriera può essere definita uno strumento efficace nel trattenere il materiale galleggiante più leggero, senza modificare le condizioni della corrente in maniera significativa”. Dalla sperimentazione emerge infine che la disposizione della barriera nel canale che presenta le migliori caratteristiche dal punto di vista idraulico è quella con barriera inclinata, sia per il minore incremento di tirante indotto a monte, sia perché permette la formazione di una zona laterale di raccolta del materiale, che risulta più efficiente dal punto di vista della capacità di ritenuta dei rami di legno con densità di poco inferiori a quella dell’acqua. La barriera Mini Idro di Airbank è dotata di tiranti in acciaio per aumentare la resistenza alla corrente, di maniglie per agevolare il posizionamento, di strisce catarifrangenti ad alta visibilità per segnalare la presenza della barriera. Inoltre, è presente un telo sotto il pelo dell’acqua per migliorarne l’efficienza di contenimento nonché di galleggianti inaffondabili per garantire massima durata in qualsiasi condizione. Infine, il progetto prevede che le barriere siano completamente personalizzabili in lunghezza e altezza per adattarsi ad ogni singola situazione di installazione. (foto: barriera)

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Giro di vite sulle centrali idroelettriche, chiesta moratoria alle concessioni di derivazione idroelettrica

Posted by fidest press agency su lunedì, 5 settembre 2016

regione lombardia“Valutare una moratoria di tutte le nuove concessioni di derivazione su tutto il territorio lombardo, almeno fino a quando non saranno elaborati il bilancio idrologico regionale da parte di ARPA e il Programma di tutela e uso delle acque”, è questa la richiesta del M5S Lombardia che ha presentato una mozione che sarà discussa nel prossimo consiglio regionale di martedì 6 settembre.
Per il consigliere regionale Giampietro Maccabiani: “La situazione delle derivazioni idroelettriche è fuori controllo: sul Serio ce ne sono almeno 30 e hanno gravi problemi al deflusso vitale del fiume, la Provincia di Brescia dichiara 67 derivazioni nel fiume Oglio in istruttoria e, dal 2004 al 2013 ben 15 nuovi impianti. Sono solo due esempi, che denunciano, come la risorsa acqua in Lombardia sia sfruttata oltre ogni limite, a scapito degli ecosistemi fluviali, dell’ambiente, della biodiversità nonché sulla fruizione turistica dei luoghi montani. Troppo spesso gli ambiti territoriali in cui insistono i progetti di impianti idroelettrici presentano particolari valenze naturalistiche, ambientali e faunistiche. La Valle d’Aosta ha bloccato il rilascio di nuove concessioni di derivazione, la Comunità europea auspica che tale approccio cautelativo possa essere seguito da altre Regione. Anche la Lombardia si dia una mossa in questo senso”. (Stefano Bolognini)

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Centrali carbone: Nuovi standard emissioni

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 Maggio 2015

I nuovi standard di emissione che l’Unione Europea sta considerando di adottare per le centrali a carbone sono estremamente deboli e potrebbero tradursi in un costo sanitario di 71 mila morti aggiuntive per inquinamento. Morti dovute all’aumento del rischio di insorgenza di patologie cardiache, infarto, asma e altre malattie connesse all’esposizione agli inquinanti generati dalla combustione del carbone. È questo il dato principale che emerge dal rapporto “Health and economic implications of alternative emission limits for coal-fired power plants in the EU”, commissionato da Greenpeace e dall’European Environmental Bureau.
centrale-a-carboneSecondo il report, i costi sanitari e la perdita di 23 milioni di giorni di lavoro – dato connesso all’insorgenza di queste patologie – si tradurrebbero inoltre per i contribuenti europei in un aggravio di 52 miliardi di euro tra il 2020 e il 2029.L’Unione Europea è attualmente impegnata ad aggiornare i suoi standard di emissione per i grandi siti industriali, tra cui le centrali termoelettriche a carbone e lignite. I nuovi standard dovrebbero essere in linea con le migliori tecnologie di abbattimento degli inquinanti disponibili: ma i limiti in discussione sono ben più deboli degli standard già previsti per centrali attualmente operative nella stessa Europa, in Cina e negli Stati Uniti.«Il costo sanitario, ambientale ed economico della soggezione dell’UE all’industria del carbone rischia di essere enorme e insostenibile», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Quelli che pagheranno un prezzo maggiore, purtroppo, sono i bambini, che più facilmente potranno sviluppare asma, tumore al polmone, problemi cardiaci. Non esistono scusanti per i politici dell’UE che si rifiutano di applicare tecnologie esistenti che possono salvare migliaia di vite. Il carbone causa danni irreparabili ed è tempo per l’Unione di definire i tempi per il superamento di questa fonte energetica», conclude Boraschi.Lo studio commissionato da Greenpeace e dall’European Environmental Bureau utilizza dati ufficiali dell’Unione Europea per produrre una stima dell’impatto sanitario che si avrebbe con l’applicazione degli standard di emissione proposti. Gli effetti delle deboli decisioni dell’UE sono stati poi confrontati con quelli, molto inferiori, che deriverebbero dall’adozione di standard basati sulle migliori tecnologie disponibili. La differenza tra quanto è possibile fare per difendere la salute dei cittadini europei e quello che l’Unione Europea vuol permettere per tutelare gli interessi dell’industria del carbone è espressa, per l’appunto, in un numero di morti aggiuntive dovute all’inquinamento (71 mila casi) e in un aumento delle patologie e dei costi sociali (52 miliardi di euro) nel periodo 2020-2029.I nuovi standard di emissione europei saranno in vigore tra il 2020 e il 2029 e fisseranno le soglie per inquinanti quali biossidi di zolfo, ossidi di azoto, mercurio e particolato. Si tratta di composti i cui danni alla salute umana sono comprovati e documentati da un’ampia letteratura scientifica.Per mettere a punto la proposta finale relativa all’adozione dei nuovi standard di emissione, un gruppo di esperti si riunirà tra l’1 e il 9 di giugno. Per l’occasione, i rappresentanti delle industrie inquinanti si sono riservati numerosi posti al tavolo di questi negoziati, essendo stati inclusi nelle delegazioni nazionali degli Stati membri, come dimostrato da un precedente report di Greenpeace, “Smoke and Mirrors – I più grandi inquinatori d’Europa si dettano le regole”.La Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero votare la proposta degli esperti entro l’anno, prima che venga infine adottata ufficialmente dalla stessa Commissione.

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Nuove centrali nucleari in Europa?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 31 luglio 2013

Una notizia shock a livello europeo che potrebbe mettere a dura prova il risultato del referendum italiano contro il nucleare e la politica tedesca per le rinnovabili. A denunciare pubblicamente in Italia lo scempio ambientale che si sta paventando in Europa è lo “Sportello dei Diritti”, nella persona del presidente e fondatore Giovanni D’Agata, dopo aver appreso da fonti estere dell’esistenza, e in particolare a seguito di uno scoop apparso mercoledì scorso sul quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, di un documento comunitario che annuncia finanziamenti a nuovi impianti nucleari.
La Commissione UE, dunque, nonostante Fukushima, il referendum italiano, l’aumento delle misure di sicurezza delle centrali già esistenti sul territorio dei 28 stati membri, e i forti dubbi espressi in seno al consesso europeo anche da membri importanti come la Germania, avrebbe intenzione di incentivare la costruzione di nuove unità di produzione di energia atomica.
L’atto in questione porta la firmato di Joaquin Almunia, Commissario europeo alla concorrenza, e riporterebbe la circostanza che la produzione energetica nucleare risulta essere ancora tra gli obiettivi strategici dell’Unione Europea, e in futuro gli stati nazionali potranno finanziare nuovi impianti. Anche con il sostegno finanziario di contributi europei, che oggi sono riservati alle fonti di energia rinnovabili. Per il giornale teutonico, Gran Bretagna, Francia, Lituania, Repubblica Ceca e Polonia sarebbero d’accordo con questa scelta che riteniamo distruttiva per l’ambiente e non in linea con la necessità di puntare sulle rinnovabili per il futuro energetico dell’intera Unione. Peraltro, sono tutti stati membri nei quali è in programma la costruzione di nuove centrali nei prossimi anni. La Germania avrebbe espresso contrarietà a questa “nuova” strada energetica essendo stata dopo Fukushima, uno degli alfieri mondiali della denuclearizzazione, avendo optato per una diffusione capillare delle energie rinnovabili e una politica ambientale avanzata.
Vale la pena ricordare che la politica energetica è di competenza principalmente degli stati membri, non dei burocrati UE, ma il documento mostrerebbe una direzione abbastanza delineata verso l’affiancamento del nucleare alle fonti energetiche rinnovabili, il cui sviluppo è orientato dalla politica Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale. Per Giovanni D’Agata è il momento che l’Italia faccia sentire la sua voce esprimendo forte contrarietà al documento in questione soprattutto in ragione della manifesta volontà popolare espressasi solo due anni fa nuovamente contro il nucleare senza se e senza ma, con il successo nel referendum abrogativo. Se il governo non dovesse esprimere, al contrario, una forma di dissenso, avallerebbe di fatto la strategia portata in Commissione, ponendosi nuovamente così un nuovo muro tra Palazzo e Popolo e l’Italia potrebbe ritrovarsi ancor più circondata dalle centrali nucleari degli stati vicini.

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Nuove centrali nucleari in Europa?

Posted by fidest press agency su lunedì, 29 luglio 2013

Una notizia shock a livello europeo che potrebbe mettere a dura prova il risultato del referendum italiano contro il nucleare e la politica tedesca per le rinnovabili. A denunciare pubblicamente in Italia lo scempio ambientale che si sta paventando in Europa è lo “Sportello dei Diritti”, nella persona del presidente e fondatore Giovanni D’Agata, dopo aver appreso da fonti estere dell’esistenza, e in particolare a seguito di uno scoop apparso mercoledì scorso sul quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, di un documento comunitario che annuncia finanziamenti a nuovi impianti nucleari.
La Commissione UE, dunque, nonostante Fukushima, il referendum italiano, l’aumento delle misure di sicurezza delle centrali già esistenti sul territorio dei 28 stati membri, e i forti dubbi espressi in seno al consesso europeo anche da membri importanti come la Germania, avrebbe intenzione di incentivare la costruzione di nuove unità di produzione di energia atomica.
L’atto in questione porta la firmato di Joaquin Almunia, Commissario europeo alla concorrenza, e riporterebbe la circostanza che la produzione energetica nucleare risulta essere ancora tra gli obiettivi strategici dell’Unione Europea, e in futuro gli stati nazionali potranno finanziare nuovi impianti. Anche con il sostegno finanziario di contributi europei, che oggi sono riservati alle fonti di energia rinnovabili. Per il giornale teutonico, Gran Bretagna, Francia, Lituania, Repubblica Ceca e Polonia sarebbero d’accordo con questa scelta che riteniamo distruttiva per l’ambiente e non in linea con la necessità di puntare sulle rinnovabili per il futuro energetico dell’intera Unione. Peraltro, sono tutti stati membri nei quali è in programma la costruzione di nuove centrali nei prossimi anni. La Germania avrebbe espresso contrarietà a questa “nuova” strada energetica essendo stata dopo Fukushima, uno degli alfieri mondiali della denuclearizzazione, avendo optato per una diffusione capillare delle energie rinnovabili e una politica ambientale avanzata.
Vale la pena ricordare che la politica energetica è di competenza principalmente degli stati membri, non dei burocrati UE, ma il documento mostrerebbe una direzione abbastanza delineata verso l’affiancamento del nucleare alle fonti energetiche rinnovabili, il cui sviluppo è orientato dalla politica Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale. Per Giovanni D’Agata è il momento che l’Italia faccia sentire la sua voce esprimendo forte contrarietà al documento in questione soprattutto in ragione della manifesta volontà popolare espressasi solo due anni fa nuovamente contro il nucleare senza se e senza ma, con il successo nel referendum abrogativo. Se il governo non dovesse esprimere, al contrario, una forma di dissenso, avallerebbe di fatto la strategia portata in Commissione, ponendosi nuovamente così un nuovo muro tra Palazzo e Popolo e l’Italia potrebbe ritrovarsi ancor più circondata dalle centrali nucleari degli stati vicini.

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Fotovoltaico per le scuole romane

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 giugno 2011

«Con la realizzazione dei tetti fotovoltaici su 500 scuole romane, daremo piena attuazione ad una importante parte del Piano d’azione per l’energia sostenibile redatto da Roma Capitale. Grazie all’impegno dell’assessore Ghera, che ha annunciato la prossima pubblicazione del bando, potremo dotare Roma di un sistema di approvvigionamento dell’energia solare che trasformerà le scuole in piccole centrali ad energia pulita, in grado non solo di assicurare l’autosufficienza energetica degli edifici scolastici, ma anche di trasferire all’intera rete il surplus di energia prodotta. Tale iniziativa si inserisce in un articolato programma per lo sviluppo del fotovoltaico che prevede anche l’uso delle rinnovabili per l’alimentazione dell’illuminazione pubblica, delle colonnine di alimentazione per auto elettriche e per l’alimentazione degli impianti di cogenerazione delle piscine previste per la candidatura olimpica. Insomma, Roma è pronta a diventare la Capitale dell’energia pulita e stiamo rapidamente mettendo in campo tutti i progetti concreti previsti dall’Amministrazione Alemanno» – ha dichiarato l’assessore all’ambiente di Roma Capitale, Marco Visconti.

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Roma come Fukushima?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 giugno 2011

Roma Mercoledì 8 Giugno 2011, ore 11 piazzale Ostiense lato Metro B Legambiente Lazio presenta un esplosivo dossier, con tutti i numeri e gli effetti della tragedia giapponese, applicati al caso di Roma e del Lazio. E se un incidente nucleare avvenisse nelle ipotetiche centrali di Montalto di Castro (Vt) o di Latina? Parteciperanno: Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio; Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio.

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Nucleare e cosmesi

Posted by fidest press agency su martedì, 29 marzo 2011

Quante furbizie! “Reattori di terza generazione sicuri? Cosmesi!”.  Così la dichiarazione del premio Nobel per la fisica, Carlo Rubbia. Eppure i ministri dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, ce li davano per sicuri, salvo “ripensarci” e rinviare il tutto a dopo le prossime elezioni amministrative. Che furbi! Non si sa mai, dovesse succedere in Italia quello che e’ accaduto alla cancelliere Angela Merkel che, nel goffo tentativo di recuperare il proprio elettorato chiudendo tre centrali e proponendo gli stress-test  alle altre, ha cercato di evitare il disastro elettorale che si e’ verificato nelle elezioni del Baden-Wuttemberg, una regione (land) “da sempre” governata dal partito della Merkel. Merkel la furba, insomma, che pochi mesi fa aveva disposto il prolungamento dell’attivita’ delle centrali nucleari tedesche e poche settimane fa ci aveva ripensato. Furbizie che non pagano elettoralmente e che creano disastri in Giappone il cui governo aveva prolungato l’attivita’ della centrale nucleare di Fukushima, vecchia di 40 anni, per fare un favore (maggiori entrate) alla societa’ di gestione Tepco. Pur di rimanere incollati alla propria sedia di potere, costoro giocano con la nostra salute. Sarebbe il caso di pensare di mandarli a casa, come hanno fatto gli elettori del  Baden-Wuttemberg. (Primo Mastrantoni, segretario Aduc)

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Lo spirito di Chicco Testa

Posted by fidest press agency su martedì, 15 marzo 2011

Lettera al direttore. Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano, l’altra sera nella trasmissione Ottoemezzo (La7), dall’alto della sua sapienza, col suo candido sorriso, ha preso in giro chi parlava di richiesta di aiuto agli Stati Uniti, da parte del Giappone, per raffreddare le centrali nucleari, affermando che siccome le centrali si raffreddano con l’acqua, era come se il Giappone chiedesse acqua agli Stati Uniti. Spiritoso. Adesso però la richiesta del governo nipponico agli USA è formale. Non è che per immettere acqua (o altro liquido) nelle centrali ci vorranno degli esperti, ed è dell’aiuto di questi che ha bisogno il Giappone? Oppure Testa pensa che bastino i pompieri? (Attilio Doni Genova)

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Anaïs Nin di Louis Andriessen

Posted by fidest press agency su sabato, 10 luglio 2010

Siena 10 luglio, ore 21.15, al Teatro dei Rozzi di Siena (replica lunedì 12), per la 67ª Settimana Musicale Senese dell’Accademia Musicale Chigiana viene rappresentata ANA?S NIN di Louis Andriessen, opera su testi della scrittrice francese Anaïs Nin, fra le più controverse artiste che il Novecento ricordi. Riconosciuto come il principale compositore olandese odierno e una delle figure centrali della nuova scena musicale internazionale, nominato compositore dell’anno 2010 da Musical America e titolare del prestigioso Composer Chair della Carnegie Hall di New York per la stagione 2009-10, Louis Andriessen ha scritto questa nuova opera su commissione dell’Accademia Musicale Chigiana e di London Sinfonietta. Composta per voce, pianoforte, percussioni e sette strumentisti che saranno sulla scena, l’opera sarà affidata ai musicisti dell’ensemble strumentale Nieuw Amsterdams Peil e a Cristina Zavalloni, apprezzata interprete per cui Andriessen ha scritto già diversi lavori. Vocalista eclettica per eccellenza, jazzista, cantante d’opera e di musica ‘colta’ (dal barocco al contemporaneo) e di canzoni d’autore, Cristina Zavalloni vestirà i panni della protagonista, donna affascinante, cosmopolìta e dall’eleganza oriental-mitteleuropea, cresciuta tra l’Europa e New York, che nel cuore del Novecento scandalizzò l’ambiente letterario con la pubblicazione dei suoi racconti a contenuto erotico.
L’autrice del testo è dunque anche la protagonista dell’opera. “Anaïs Nin – spiega Louis Andriessen – canta del suo rapporto amoroso col padre, il compositore e pianista Joaquín Nin, seguito al loro nuovo incontro dopo oltre vent’anni di lontananza. Gli amanti di lei, René Allendy, Antonin Artaud e Henry Miller affidano le loro parole a filmati e a registrazioni audio, realizzate dall’espressiva cantante Han Buhrs. I filmati sono una raccolta di materiale esistente e di frammenti nuovi. La scena si apre con una breve intervista-TV con Anaïs Nin, nella quale afferma di essere perennemente inquieta, febbrilmente eccitata, e che nulla mai la potrà soddisfare (…). La musica traccia da vicino l’ironia, la disperazione e la passione di questa sfaccettata, brillante autrice”. L’opera sarà ripresa il 4 novembre 2010 al Muziekgebouw aan ‘t IJ di Amsterdam. (cristina)

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Si firmano accordi sul nucleare

Posted by fidest press agency su venerdì, 9 aprile 2010

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente, sull’annunciato vertice italo-francese di domani nel corso del quale verranno siglati accordi che riguardano il rientro dell’Italia nel nucleare, ha dichiarato: “In vista della firma dei protocolli sul nucleare, Berlusconi avrebbe fatto bene a portarsi, tra i Ministri e gli industriali al seguito, almeno un Governatore di regione disponibile ad ospitare centrali. Dopo i no da parte di tutti i candidati alle presidenze regionali, tutti regolarmente eletti, dalla Polverini a Vendola, passando per Cota, Formigoni e Zaia non si capisce dove il Governo intenda costruire queste centrali. Senza contare che il reattore francese EPR, che ci apprestiamo ad importare, è un autentico fiasco industriale. Insomma, pare proprio che tra Berlusconi e Sarkozy una fregatura tiri l’altra.”

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Due centrali ad energia solare in Italia

Posted by fidest press agency su giovedì, 11 marzo 2010

SunPower Corp. (Nasdaq: SPWRA, SPWRB) e K6 S.a.S. hanno annunciato un accordo per la costruzione di due centrali fotovoltaiche da 1 megawatt in Puglia. La costruzione delle due centrali, che sorgeranno a Casamassima e a Conversano, sarà completata per il mese di agosto 2010.  L’energia fotovoltaica pulita e rinnovabile generata dalle centrali sarà utilizzata localmente e darà il suo contributo alla rete elettrica nazionale italiana.  Oggi SunPower dispone di oltre 200 megawatt di centrali solari funzionanti in tutto il mondo, inclusa la maggiore centrale fotovoltaica italiana da 24 megawatt a Montalto di Castro. All’inizio del mese SunPower ha annunciato la firma di un accordo definitivo per l’acquisizione di SunRay Renewable Energy, uno dei maggiori sviluppatori europei di centrali fotovoltaiche con sedi in Europa e Medio Oriente, incluso un ufficio progettazione a Roma. Alla chiusura delle trattative, SunPower acquisirà progetti di impianti fotovoltaici per oltre 1.200 MW in Italia, Israele, Francia, Spagna, Regno Unito e Grecia.
K6 S.a.S. è stata fondata nel novembre 2008. È una società di gestione e investimenti con sede a Milano. K6 si occupa dello sviluppo, finanziamento, costruzione, proprietà e funzionamento di centrali fotovoltaiche, sviluppate seguendo l’evoluzione commerciale ed i miglioramenti tecnologici.
SunPower  Fondata nel 1985, progetta, costruisce e fornisce la tecnologia fotovoltaica più potente disponibile attualmente. I clienti residenziali, commerciali, governativi e dei servizi pubblici si affidano all’esperienza e ai risultati dell’azienda per massimizzare il ritorno sull’investimento. La sede legale dell’azienda è a San Jose, in California. SunPower dispone di sedi in Nord America, Europa, Australia e Asia. Per ulteriori informazioni, visitate http://www.sunpowercorp.com.

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Nucleare ed efficienza energetica

Posted by fidest press agency su martedì, 16 febbraio 2010

Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in Commissione Ambiente, sull’adozione del decerto contenete i criteri per l’individuazione dei siti nucleari ha dichiarato: “In un settore strategico come quello energetico continua a mancare, anche in questo Governo, la capacità di definire una strategia energetica complessiva. Questo nucleare è infatti frutto di una aprioristica scelta industriale senza una valutazione dei costi e dei benefici legati a soluzioni alternative o a scelte già compiute come quelle nel settore del gas. Tant’è che si procede a colpi di decreti senza dire, alla vigilia del voto regionale, nè dove si intendono ubicare i siti, nè quali impegni si intendono assumere per rinnovabili ed efficienza energetica, nè chi metterà i 30 miliardi necessari a produrre da nucleare, ben che vada tra 10 anni, solo il 4,5% dei consumi finali di energia. In questo modo si pregiudica la possibilità per le Regioni di fare e proporre una programmazione per i prossimi 5 anni. Di fronte a questo, il Parlamento discuta di scelte energetiche. Propongo di farlo con una mozione parlamentare, a partire dalla recente valutazione dell’ENEA documenti come l’efficienza energetica sia l’unica opzione tecnologica con benefici sociali netti o con costi minimi con un potenziale di risparmio energetico al 2020 corrispondente alla produzione elettrica di circa 8 grandi centrali nucleari”

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Nucleare. Il Governo approva i criteri ma non i siti

Posted by fidest press agency su lunedì, 15 febbraio 2010

Il governo ha approvato i criteri per la localizzazione delle centrali nucleari ma non ha individuato i siti dove costruirle. Il motivo e’ semplice: in vista ci sono le elezioni regionali e indicare i luoghi dove allocarle potrebbe avere ripercussioni negative sul voto al centro-destra. Si sta attuando, quindi, le tecnica dello “spoglio del carciofo”, cioe’ una foglia per volta: prima l’annuncio, poi i criteri e, dopo le elezioni, i siti, fermo restando che il gambo, ovvero il classico cerino, rimarra’ in mano al consumatore. Il problema preoccupa per le ripercussioni elettorali regionali tant’e’ che il candidato del centro-destra in Veneto, il ministro alle Politiche Agricole, Luigi Zaia, ha gia’ dichiarato che di centrali nucleari in Veneto non se ne parla proprio. Saremo interessati a sapere cosa ne pensa la candidata nel Lazio, Renata Polverini, visto che la regione e’ una di quelle papabili per l’allocazione di un impianto atomico. Al consumatore e all’utente conviene il nucleare? No, non conviene, vale a dire che il costo dell’energia elettrica che si paghera’ sulla bolletta non subira’ variazioni. I costi di costruzione, smantellamento, allocazione delle scorie, sistemi di sicurezza e gestione sono tali che alla fine non ci sara’ un vantaggio economico per l’utente finale. Il nucleare non e’ alternativo al petrolio, semmai lo e’ alle fonti rinnovabili, infatti, in Francia, patria del nucleare, si consuma piu’ petrolio che in Germania. C’e’ il problema del cambiamento climatico, si dice. Si dimentica di aggiungere che il nostro nucleare produrra’ solo 4,5% del fabbisogno energetico complessivo e quindi non incidera’ sulla questione climatica. Non possiamo dipendere da fonti energetiche “estere”, si dice; si dimentica di aggiungere che non abbiamo miniere di  uranio. Insomma, il nucleare ci sembra un bell’affare, pubblico e privato, e questo significa che il classico cerino rimarra’  tra le dita del consumatore.

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L’Fns dice “no” alle centrali nucleari in Sicilia

Posted by fidest press agency su domenica, 7 febbraio 2010

Gli Indipendentisti di lu Frunti Nazziunali Sicilianu respingono al mittente la ipotesi di allocare a Palma Montechiaro in provincia di Agrigento – o in qualsiasi altra parte della Sicilia – una centrale nucleare. In questi giorni alcuni organi di informazione hanno dato infatti per scontato che una centrale nucleare verrebbe realizzata anche in Sicilia. Il tutto senza tenere in alcuna considerazione la volonta’ , le esigenze ed i diritti costituzionali del popolo siciliano; senza alcun rispetto per le vocazioni del territorio; senza tenere conto del fatto che proprio la  sicilia – l’intero arcipelago siciliano cioè – ( terra  del  sole, per antonomasia) , in quanto a fonti energetiche rinnovabili, ha potenzialità immense e variegate che soltanto la inadeguatezza della classe politica pseudo-dirigente degli ultimi sessant’anni ha impedito di valorizzare e di utilizzare come, queste fonti, avrebbero meritato. E senza tenere conto delle notizie secondo le quali, ancora oggi, la Sicilia esporterebbe energia elettrica. Un’ultima puntualizzazione. Nell’esprimere  apprezzamento per le proteste espresse  e per gli ordini del giorno approvati dal COMUNE Di PALMA Montechiaro (al quale indirizziamo i nostri sentimenti di forte  solidarietà) e dall’ARS e dal Governo Regionale, l’ FNS ritiene che si debba e  si possa esercitare ,con assoluta priorità, il diritto-dovere di impugnare  presso la corte costituzionale- (in attesa che venga ripristinata l’alta corte per la regione siciliana, prevista dallo statuto- ogni provvedimento legislativo o amministrativo dello Stato, mirante alla costruzione, in Sicilia ,di centrali nucleari.  E, ferma restando la opportunità  di mettere in atto da parte dei Siciliani tutti, in prima persona,  e delle istituzioni rappresentative siciliane,- contemporaneamente,- altre forme di protesta e di azioni legali e politiche.

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Cittadini, istituzioni e nucleare

Posted by fidest press agency su venerdì, 29 gennaio 2010

“Il governo ed il ministro Scajola tengano conto del segnale forte e chiaro che arriva oggi dalla conferenza delle regioni che, a maggioranza, ha dato parere negativo al piano di costruzione di nuove centrali nucleari. Imporre ai cittadini dall’alto la realizzazione di nuove centrali, in casa propria, è una scelta sbagliata, arrogante e insana, così come è profondamente sbagliato pensare che il nucleare sia l’unica alternativa possibile” lo dichiara in una nota l’on. Fabio Evangelisti, vicepresidente gruppo IdV alla Camera.

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