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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°195

Posts Tagged ‘cibo’

La minaccia rappresentata dalla introduzione del cibo sintetico sarà una delle sfide decisive del futuro

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 novembre 2022

Come già stanno facendo altre Regioni, anche la nuova Amministrazione del Lazio dovrà attivarsi per sventare questo attacco distruttivo alla filiera agroalimentare che è cifra determinante del PIL nazionale. Sono in gioco cultura di impresa, investimenti, professionalità e posti di lavoro, per le tante PMI del comparto, che hanno storie commerciali di lungo corso. Un segnale preciso in questo senso è arrivato dal Ministro della Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, che ha preso una posizione fortemente contraria al cibo in provetta. Il cibo di laboratorio è una rischiosa incognita per la salute umana e molto probabilmente priverà il consumatore anche del piacere del gusto che tanta parte ha nella cultura alimentare italiana. Ma soprattutto è un pericolo ed un insulto alla identità secolare delle produzioni nostrane che vantano qualifiche D.O.C e D.O.P. ottenute con il lavoro di generazioni e generazioni di agricoltori. A rischio anche il comparto della commercializzazione dei prodotti in cui non poche sono le eccellenze che si distinguono per la qualità delle lavorazioni anche artigianali. Dalla salvezza delle coltivazioni esclusive delle nostre diverse regioni e degli allevamenti di bestiame tipico solo delle nostre terre, passa la conservazione della biodiversità e la continuità di una filiera che va dai campi alle tavole degli chef stellati ed è punta di diamante del Made in Italy. Stiamo presentando in tutte le Regioni un ODG in cui si chiede al Presidente della Giunta e alla Giunta Regionale di adottare tutti i provvedimenti utili al sostegno della petizione Coldiretti contro il cibo sintetico fornendo, a tal fine, specifiche direttive ai competenti uffici e servizi della Regione anche per la sollecita trasmissione della presente deliberazione al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste, nonché ad adottare tutti i provvedimenti utili a fornire i necessari seguiti di competenza al Governo italiano nel contrasto alla diffusione del sistema di etichettatura Nutriscore.>> Così in un comunicato Giancarlo Righini vicepresidente della Commissione Regionale Agricoltura e Ambiente della Regione Lazio.

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Cibo italiano. Sano a prescindere secondo il governo

Posted by fidest press agency su martedì, 22 novembre 2022

Settima edizione della rassegna cucina italiana nel mondo, il Governo si è presentato nella propria unicità alimentare che prevede, a prescindere, che il cibo italiano sia sano. L’occasione è stata la denigrazione dell’etichetta a semaforo su cui l’Ue dovrebbe decidere a breve per la sua uniformità sul territorio dell’Unione. Hanno parlato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani (“Colossale errore che è parte di un attacco alla cucina mediterranea”), il ministro delle Politiche Agricole, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida (“”Non pensiamo che possa essere un semaforino a fermare le potenzialità benefiche di un modello come quello che abbiamo conosciuto”), e il ministro della Salute, Orazio Schillaci (“Sistemi di etichettatura come Nutriscore rappresentano azioni di semplificazione caratterizzate da un’assenza della componente educativa verso sane abitudini alimentari”, “potenzialmente ingannevole per il consumatore e ingiustificatamente penalizzante per gli alimenti tradizionali di alta qualità”). Tutti per promuove il sistema attuale in vigore, NutrInform Battery (elenco ingredienti in etichetta), ritenuto migliore del Nutriscore (etichetta con dei colori che indicano il livello di salubrità del prodotto rispetto ad equilibri sanitari standard) .Le posizioni autorevoli espresse dai nostri governanti, crediamo che pecchino di informazione oggettiva, valutando il tutto con molto peso all’interesse della produzione nazionale che, anche come esplicitamente detto iin questo seminario, viene considerata sana a prescindere. Qualcuno ci ha anche inserito una sorta di volontà complottista dell’Unione e altri paesi che già usano la Nutriscore contro l’Italia… ma questo lo lasciamo al “colore” e alla foga del dibattito politico. A noi interessa la salute e l’informazione, e nessuno ci ha ancora convinto che sia meglio leggere un etichetta con l’elenco degli ingredienti (Nutriform Battery) rispetto ad una indicazione sulla salubrità rispetto ad equilibri e parametri standard della salute umana (Nutriscore). Vincenzo Donvito Maxia http://www.aduc.it

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Cibo e salute: l’etichetta nutrizionale non basta

Posted by fidest press agency su giovedì, 8 settembre 2022

Gli alimenti non sono caratterizzati solo dalla loro composizione e qualità nutrizionale, ma anche dal grado di lavorazione a cui sono sottoposti. Quest’ultimo elemento risulta cruciale per conoscere il reale effetto del cibo sulla salute, e la sua indicazione sulle etichette aiuterebbe i consumatori a scegliere con maggiore consapevolezza. Sono i risultati di uno studio italiano realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese e Como, l’Università di Catania e Mediterranea Cardiocentro di Napoli. Pubblicata sulla prestigiosa rivista British Medical Journal, che le ha dedicato anche un editoriale, la ricerca ha indagato quale aspetto dell’alimentazione definisca meglio il rischio di mortalità. I ricercatori hanno monitorato per 12 anni lo stato di salute di oltre 22mila persone partecipanti al Progetto epidemiologico Moli-sani e lo hanno correlato con le loro abitudini alimentari, prendendo in considerazione sia gli aspetti nutrizionali che quelli legati al grado di trasformazione dei cibi. “I nostri risultati – dice Marialaura Bonaccio, epidemiologa del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli e primo autore dello studio – confermano che il consumo sia di alimenti di scarsa qualità nutrizionale che quello di cibi ultra-processati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari. Quando però abbiamo tenuto conto congiuntamente sia del contenuto nutrizionale della dieta che del suo grado di lavorazione industriale, è emerso che quest’ultimo aspetto è quello più importante nell’evidenziare il maggiore rischio di mortalità. In realtà, oltre l’80 percento degli alimenti classificati come non salutari dal Nutri-Score sono anche ultra-lavorati. Questo suggerisce che il rischio aumentato di mortalità non è da imputare direttamente (o esclusivamente) alla bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, bensì al fatto che questi siano anche ultra-lavorati”. “Si stima che nel mondo una morte su cinque sia dovuta a una scorretta alimentazione, per un totale di 11 milioni di morti all’anno – ricorda Augusto Di Castelnuovo, ricercatore del Mediterranea Cardiocentro di Napoli -. Ecco perché migliorare le abitudini alimentari è in cima alla lista delle priorità delle agenzie di salute pubblica e dei governi di tutto il mondo”. Una soluzione suggerita per fare scelte alimentari più salutari è quella di utilizzare un sistema di etichettatura per i prodotti commerciali. Già utilizzate da tempo su base volontaria in alcuni Paesi europei, come Francia e Spagna, ora le etichette alimentari sono al vaglio della Commissione Europea che vorrebbe identificare un unico sistema da applicare in tutti gli Stati membri. Il Nutri-Score, sviluppato in Francia, è dato come favorito. Il sistema valuta la qualità nutrizionale di un alimento (ad esempio in base al contenuto di grassi, sale, fibre, etc.), con una scala di cinque colori, che vanno dal verde (cibo più salutare) al rosso e a cui corrispondono le prime cinque lettere dell’alfabeto, A-B-C-D-E.

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Prezzi: Unc, le città dove cibo, luce e gas sono più cari

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 agosto 2022

L’Unione Nazionale Consumatori ha condotto uno studio stilando la classifica completa delle città con i maggiori rincari annui per quanto riguarda 2 voci del paniere, cibo e bevande, e luce e gas, elaborando gli ultimi dati Istat relativi al mese di luglio. Se in Italia i prezzi dei Prodotti alimentari e le bevande analcoliche sono saliti a luglio del 10% su base annua, determinando già una stangata pari in media a 564 euro a famiglia, in molte città è andata ancora peggio.A guidare la classifica della città peggiori è Cosenza dove per cibo e bevande si registra un rialzo del 13,1% rispetto a luglio 2021, +847 euro in termini di aumento del costo della vita per una famiglia media. Al secondo posto Viterbo, con un incremento dei prezzi del 12,8% e un aggravio annuo pari a 713 euro, al terzo Imperia dove mangiare costa il +12,7% in più, pari a 680 euro.Seguono Sassari (+12,4%, 569 euro), Ascoli Piceno (+12,2%, 664 euro), al sesto posto Catania (+9,5%, +551 euro), poi Verona e Terni (entrambe +11,5%, rispettivamente 621 e 690 euro), e Padova, Forlì-Cesena, Arezzo e Olbia-Tempio (+11,4% per tutte). Va considerato, poi, che le somme in euro si riferiscono a una famiglia media. La situazione per i nuclei più numerosi è decisamente peggiore. Per l’Italia si passa dalla media di 564 euro, a 769 euro per una coppia con 2 figli, 919 euro per le coppie con 3 o più figli. Analoga progressione vale anche per le singole città. Sull’altro versante, la città più risparmiosa per mangiare e bere è Bergamo, dove i prezzi crescono “solo” del 7%, pari a una spesa aggiuntiva di 400 euro. Medaglia d’argento per Cremona (+7,3%, +418 euro) e sul gradino più basso del podio Parma (+7,7%, +412 euro). Bene anche Como (+8,1%, 463 euro), Milano (+452 euro), Aosta e Piacenza (+8,3% per tutte e 3). Per Energia elettrica, gas e altri combustibili, voce che include gas, luce (mercato tutelato e libero), gasolio per riscaldamento e combustibili solidi, se in Italia il rincaro a luglio è stato già spaziale, +59,2% il dato tendenziale, con una mazzata a famiglia pari in media a 798 euro su base annua, in alcune città si è avuto addirittura un raddoppio rispetto allo scorso anno. A vincere la classifica dei cittadini più bastonati è Bolzano, dove le spese per luce e gas decollano del 107,3% su luglio 2021, medaglia d’argento a Trento, +105,2%, anche qui oltre il doppio. Sul gradino più basso del podio Perugia (+65,9%).Seguono Terni (+65%), Teramo (+64,4%), al sesto posto Varese e Lodi (+63,6% per entrambe), poi Milano e Catania (+63,5% per ambedue). Chiude la top ten Brescia con +63,4%.Le città meno tartassate sono Genova (+51,1%), al secondo posto Reggio Calabria (+51,7%), medaglia di bronzo a Benevento (+51,8%). Tra le grandi città bene anche Napoli, all’ottavo posto delle virtuose con +52,6% e Torino che chiude la top ten delle migliori con +52,7%.

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Molise: riconoscimento del Distretto del cibo “Olio Evo Molisano”

Posted by fidest press agency su lunedì, 6 giugno 2022

By Pasquale Di Lena. Il recente riconoscimento del Distretto del cibo “Olio Evo Molisano” è, per il Molise, la grande occasione per rimettere l’agricoltura al centro dello sviluppo economico, sociale e culturale, e, con essa, il suo comparto primario l’olivicoltura. A partire da Larino, che, nel corso dei millenni, deve la sua grandezza e la sua fama all’agricoltura, ai suoi olivi e al suo “Olio Gentile”. Alla fine del secondo millennio, 17 dicembre 1994, culla dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio e, dal 2017, grazie alla lungimiranza dell’allora sindaco, Vincenzo Notarangelo, sede del 1° Distretto biologico “Laghi Frentani”, in seguito rinominato “BioMolise”. Sede, anche, del secondo panel test aperto e operativo in Italia; del prestigioso premio “Goccia d’Oro”, che tanto impulso ha dato alla crescita della qualità e dell’immagine dell’olio molisano. Il luogo di nascita e di formazione di ben quattro campioni italiani di potatura. La città che ha, con le sue tre varietà (Gentile di Larino, Salegna o Saligna e san Pardo), il primato mondiale della biodiversità olivicola, e che, se scendono in campo i giovani, ha ancora la possibilità di recuperare il tempo perso, soprattutto in questi ultimi 4 anni, per pensare a un: – Parco agricolo e della biodiversità olivicola italiana, con l’impianto di un oliveto dedicato alle oltre 550 varietà di olivo autoctone italiane. Un primato mondiale che nessun altro paese al mondo può raggiungere. Una straordinaria risorsa che guarda alla qualità e alla diversità, le armi vincenti sul mercato di oggi e di domani. – Università dell’olivo e dell’olio del Mediterraneo, da affiancare all’Istituto Tecnico Agrario Statale “San Pardo”, quale centro di formazione di giovani provenienti dai paesi segnati da millenni dall’olivo e dall’olio, fonti, con la vite e il vino, della civiltà mediterranea e di uno stile di vita e un modo di mangiare. la Dieta Mediterranea, la più amata e ricercata al mondo. – Biennio post diploma dedicato al biologico, con particolare riferimento all’olivo ed al suo olio. – Un centro regionale di comunicazione, promozione e valorizzazione che elabora quella strategia di marketing di cui ha bisogno un piano di sviluppo regionale, con il recupero di villa Petteruti. – Un museo dell’olivo e dell’olio nell’ex convento che affianca la Chiesa di san Francesco, con annesso un bar-ristorante. – Il pieno utilizzo del centro fieristico con la plurisecolare Fiera d’Ottobre (quest’anno la 279a edizione) da trasformare in Fiera regionale “Bio Molise”, tutta dedicata alla sostenibilità e al rispetto della Terra, oggi maltrattata dalla ricerca della quantità ad ogni costo. Un centro fieristico che ospita tutte le altre fiere, quelle mensili, oggi semplici continuazioni dei mercati settimanali, dando alle stesse un pari carattere per renderle punti di riferimento del consumatore molisano e non solo. Opportunità di richiamo turistico con la possibilità di una visita a una città bella con il suo centro storico, attrattiva con il suo Anfiteatro e la Villa Zappone, piacevole con i suoi paesaggi argentati dai venti che arrivano da ogni parte. – Procedura per l’inserimento di Larino, con i suoi oliveti sparsi da ogni parte, nel Registro Nazionale dei Paesaggi rurali storici, che, per quanto riguarda, il Molise e l’olivo, ad oggi, vede presente solo il Parco Regionale storico dell’olivo di Venafro. – Procedura, anche, per il riconoscimento Dop della “Gentile di Larino”, la varietà rappresentativa di un terzo dell’olivicoltura molisana, per rendere Larino, grazie a questa sua varietà autoctona, immagine della qualità dell’olio italiano nel mondo., – Rendere Larino snodo delle strade dell’olio, in particolare di quelle segnate di olivi secolari, che da Venafro partono per raggiungere Portocannone e il Basso Molise. Denominare “l’Olio del Tempo” quello ricavato dalle olive di queste piante che sono storia, cultura, paesaggio, ambiente, e, soprattutto, continuità di un passato con l’oggi e il domani. Continuità interrotta dalla prepotenza del neoliberismo – il sistema che, con le banche e le multinazionali, governa il mondo – per dare spazio a un nuovo dio, il denaro, che, non avendo il senso del limite e del finito, sa solo depredare e distruggere. Il clima malato, che sta per raggiungere la fase del non ritorno, è solo un esempio della sua voracità e della guerra dichiarata alla natura. Idee che hanno, anche nell’attualità del momento che viviamo, il seme della speranza in un nuovo domani, sapendo che solo il sogno, l’amore per la propria terra e la propria identità, la voglia di fare, può modificare e trasformare tutto quello che uno ha in opportunità. Hanno la possibilità di essere realizzate, solo se chi governerà Larino avrà la consapevolezza del significato e valore del territorio e di tutti i suoi tesori sparsi. Importante questa consapevolezza per preservarlo e valorizzarlo e non per regalarlo a chi lo distrugge con cemento e asfalto.

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Il cibo che protegge e quello che danneggia

Posted by fidest press agency su giovedì, 16 settembre 2021

L’alimentazione che per tanti anni è stata un po’ snobbata dalla medicina, intesa come terapia farmacologica, è stata ormai pienamente riscoperta dalla scienza come il miglior mezzo per la prevenzione delle patologie cardiovascolari e oncologiche. “Il cibo – spiega la dottoressa Anna Villarini, biologa nutrizionista, professoressa a contratto all’Università di Milano e ricercatrice presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano – può rappresentare una difesa in più per proteggerci, ma può fare anche dei danni. Già semplicemente mangiare troppo (le ‘grandi mangiate’ sono un elemento purtroppo caratteristico della cultura italiana, soprattutto al Centro-Sud) e aumentare di peso, soprattutto a livello addominale, comporta la produzione di sostanze ad azione infiammatoria che, liberate in circolo, favoriscono l’insorgenza delle malattie cardiovascolari”. Insomma è un dato di fatto purtroppo: mangiamo ancora troppo e mangiamo male. “Tutti sanno che il sale è uno di quei condimenti che possono aumentare il rischio di ipertensione arteriosa – soprattutto negli anziani – e l’ipertensione è il principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. Nonostante ciò consumiamo ogni giorno tantissimi alimenti salati (formaggi, salumi, cibi in scatola) e usiamo troppo sale come condimento; l’eccesso lo fa diventare un cibo che danneggia. Consumiamo anche troppi zuccheri semplici non solo come tali o all’interno dei dolci. Soft drink, bibite e succhi confezionati possono infatti contenere molto zucchero; per questo le grandi società scientifiche di cardiologia, sia europee che americane, sconsigliano il consumo di bevande zuccherate.Ma il cibo ci può far anche bene. “Mangiare frutta e soprattutto verdura di stagione – afferma la dottoressa Villarini – aiuta molto la salute cardiovascolare perché apporta sostanze antiossidanti e fibre. Le fibre, oltre a indurre senso di sazietà, riducono l’assorbimento di grassi saturi e del colesterolo e questo rappresenta già un elemento positivo. Gli antiossidanti contrastano gli effetti di quelle sostanze ossidanti che potrebbero andare a danneggiare arterie, tessuti e cuore. Sempre tra i vegetali, devono entrare a far parte di una dieta sana legumi e cereali, non raffinati, ma integrali, anch’essi ricchi di fibre che aiutano a controllare l’apporto di zuccheri e grassi. Anche la frutta a guscio, come le noci, ricche di omega-3, in piccole quantità (sono molto caloriche, dunque non bisogna superare i 30 g al giorno) può entrare a far parte di una dieta amica del cuore. Sul versante delle proteine, è consigliabile ridurre il consumo di carne e aumentare invece quello di pesce, in particolare di quello grasso, ricco di omega-3 ad azione antinfiammatoria e protettiva per il cuore e le arterie. Il consumo di crostacei, ricchi di colesterolo, va limitato a una volta a settimana, ma non va demonizzato perché sono comunque più sani dei grassi saturi contenuti nei formaggi che consumiamo su base quotidiana, anche sotto forma di grana grattugiato sulla pasta”. “L’olio extravergine d’oliva – spiega la dottoressa Villarini – è fatto principalmente da oleico, un grasso insaturo amico del cuore (attenzione però, deve essere ‘extravergine’ e non ‘olio d’oliva’), naturalmente nelle giuste quantità; se non si superano i 30 gr al giorno, non si ingrassa e proteggiamo cuore e arterie. I grassi vegetali sono generalmente buoni, a meno che non vengano ‘lavorati’ cioè estratti con dei solventi e poi raffinati per eliminare le tracce dei solventi, come accade per esempio con l’olio di palma e con altri oli vegetali. Quando vengono lavorati, questi grassi, pur essendo vegetali, diventano ‘cattivi’, al punto da essere indicati come il principale fattore di rischio cardiovascolare legato al consumo di grassi. Nel corso della raffinazione infatti la molecola di questi grassi cambia, il riscaldamento ne modifica la conformazione, facendola ‘girare’; questa ‘rotazione’ si verifica più o meno nel 50% delle molecole di un grasso vegetale raffinato (succede anche nel grasso del dado vegetale). I grassi che ne derivano si chiamano in configurazione ‘trans’ (sono i famosi grassi ‘trans’) e sono particolarmente pericolosi per le arterie e per il cuore”. anche tra i grassi animali troviamo dei ‘Robin Hood’ della salute cardiovascolare: sono gli omega-3 del pesce azzurro (che è anche il pesce più economico)e quelli contenuti nella frutta secca a guscio. Fanno benissimo alla salute del cuore ma attenzione a non esagerare con le quantità perché, come tutti i cibi ricchi in grassi, sono un concentrato di calorie.

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Cibo contaminato da ossido di etilene

Posted by fidest press agency su giovedì, 5 agosto 2021

La tutela della salute non può limitarsi a fronteggiare una singola minaccia, per quanto seria, ma deve prevedere un’azione a 360 gradi se si vuole proteggere la popolazione – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Il richiamo di decine di prodotti a base vegetale risultati contaminati da pesticidi, ordinato in questi giorni dal ministero della Salute, conferma come la strada per assicurare cibo sano a tutti sia ancora lunga. Non si può risolvere un problema senza risalire alla sua radice, che in questo caso è rappresentata da quell’agricoltura che fa ancora grande ricorso ai fitofarmaci, mettendo al centro il profitto e dimenticando altre più importanti istanze. Sono ormai centinaia i prodotti contaminati da ossido di etilene, fumigante cancerogeno e genotossico contenuto nei prodotti a base di farine vegetali, ritirati in tutta Europa – continua Tiso. L’allarme riguarda in particolare yogurt, gelati, salse, condimenti, creme e prodotti a base vegetale, come carne veg e tofu. Sempre più studi collegano la presenza di sostanze tossiche nel cibo a numerose patologie che si stanno progressivamente diffondendo tra la popolazione. In un periodo in cui la salute è al centro del dibattito politico, è opportuno prendere provvedimenti per tutelarla contro tutte le minacce che quotidianamente la mettono in pericolo, nessuna esclusa. Solo grazie alla graduale trasformazione della nostra agricoltura, attraverso l’adozione di pratiche sostenibili per l’uomo e l’ambiente, sarà possibile restituire fiducia ai consumatori ed evitare il diffondersi di nuove patologie.

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Eliana Liotta: “Il cibo che ci salverà”

Posted by fidest press agency su giovedì, 8 aprile 2021

La svolta ecologica a tavola per aiutare il pianeta e la salute collana i Fari, pp. 256, 18 euro. La nave di teseo.In collaborazione con lo European Institute on Economics and the Environment e con il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato. Esiste un cibo che è allo stesso tempo gentile con il corpo e con il pianeta. È un cibo intelligente, adatto all’Antropocene, l’epoca in cui viviamo e dove sono gli esseri umani a influenzare gli eventi della natura. Il cibo che ci salverà, il nuovo libro di Eliana Liotta, dimostra quanto sia indispensabile una svolta ecologica a tavola per aiutare la terra e la salute. Per salvare l’ambiente non basta più, anche se aiuta, andare in giro in bici, comprare un’auto ibrida e ricordarsi di spegnere le luci. Non è sufficiente pensare solo a petrolio e carbone, come avverte l’Onu. Il riscaldamento globale non potrà arrestarsi senza modificare il sistema alimentare, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature. Ma l’aspetto straordinario di una svolta ecologica a tavola è che i pranzi e le cene invocati per frenare l’inquinamento e il clima impazzito sono esattamente gli stessi che proteggono la salute e che potenziano il sistema immunitario. Tendiamo a dimenticarcene: siamo parti del tutto. E oggi il cibo rappresenta una via per riformulare un equilibrio tra l’uomo e il pianeta.Il cibo che ci salverà presenta per la prima volta una riflessione che parte da un approccio scientifico duplice, ecologico e nutrizionale, con la consulenza di due partner d’eccellenza: lo European Institute on Economics and the Environment (EIEE, Istituto europeo per l’economia e l’ambiente) e il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato.Cinque le diete proposte, sia ecocarnivore sia vegetali, capaci al tempo stesso di mitigare le emissioni inquinanti e di migliorare la linea e lo stato di salute. Centinaia le risposte offerte nel saggio alle curiosità sull’impatto degli alimenti, dagli allevamenti intensivi alla pesca, dalla coltivazione dell’avocado ai prototipi di bistecca sintetica. Siamo quello che mangiamo e quello che mangiamo cambia il mondo. Eliana Liotta è giornalista e autrice di best seller come La dieta Smartfood, tradotta in oltre 20 Paesi.

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Eliana Liotta: Il cibo che ci salverà

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 marzo 2021

La svolta ecologica a tavola per aiutare il pianeta e la salute. Collana i Fari, pp. 260, 18 euro In collaborazione con lo European Institute on Economics and Environment e con il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato. Esiste un cibo che è allo stesso tempo gentile con il corpo e con il pianeta. È un cibo intelligente, adatto all’Antropocene, l’epoca geologica in cui sono gli esseri umani a influenzare gli eventi della terra. Nel libro Il cibo che ci salverà Eliana Liotta, autrice best seller, traccia la svolta ecologica indispensabile che passa dalle nostre tavole. Non è più sufficiente pensare solo a petrolio e carbone, come avverte l’Onu. Il riscaldamento globale non potrà arrestarsi senza modificare il sistema alimentare, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature. Ma l’aspetto straordinario è che i pranzi e le cene invocati per frenare l’inquinamento e il clima impazzito sono esattamente gli stessi che proteggono la salute e che potenziano il sistema immunitario.
Il saggio presenta per la prima volta una riflessione con un approccio scientifico duplice, ecologico e nutrizionale, e propone cinque diete, sia ecocarnivore sia vegetali. Lo fa in collaborazione con lo European Institute on Economics and Environment (EIEE, Istituto europeo per l’economia e l’ambiente) e con il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato.

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Il Covid ci ha allertato su cibo e salute: per ripartire bisogna cominciare da qui

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 marzo 2021

Di Pasquale Di Lena. C’è l’urgente bisogno di una programmazione che parte dal territorio e dall’attività che più lo caratterizza, l’agricoltura, per quello che già dà e per quello che ancor più può dare. La pandemia continua a dirci che è urgente rivedere il modello di sviluppo a impronta neoliberista, il sistema che ha dimostrato di saper solo depauperare e distruggere tutto quello che il pianeta ha. In pratica la natura, ponendo l’uomo, sotto la spinta del dio denaro, in una posizione di contrapposizione con gli altri esseri, vegetali e animali, e il territorio stesso. Si ha sempre più la consapevolezza che dal rapporto tra l’uomo e la natura dipende – il Covid-19 l’ha già dimostrato ampiamente e continua a farlo – non solo la salute ma la sopravvivenza stessa della specie. Non c’è da pensare che si possa tornale alla normalità dopo tutto quello che l’umanità intera ha passato e continua a passare, ma solo di mettere in atto le tante idee innovative nei diversi campi (economia, scienza, istruzione, cultura, ambiente, turismo ed altro) per progettare, programmare, costruire una normalità diversa, nuova, che rimette al centro i valori e non il denaro. Serve agire subito, non aspettare la fine della tempesta quando la pandemia resta un lontano ricordo e, così, torna la voglia di riprendere la strada della normalità che l’ha generata. Serve un diverso tipo di sviluppo , e, soprattutto, ridare ad esso l’anima che il dio denaro ha pensato di mettere da parte per non avere ostacoli lungo il percorso dell’accaparramento di tutto, soprattutto di territori e dei valori e delle risorse da questi espressi, nella gran parte beni naturali. Un’anima, dicevo, che è sempre stata, è, e resterà – nella sua accezione più ampia di allevamenti, forestazione, prati/pascoli – l’agricoltura. Per uscire dalle crisi prodotte da uno sviluppo sbagliato, non ultima quella che è in atto con la pandemia, tutte frutto di una cultura che non prevede il senso del limite e del finito, c’è bisogno di una visione diversa dello sviluppo stesso. La visione di una ruota con il suo cerchio e i suoi raggi, che ha, diversamente da quello attuale, l’asse intorno al quale girare, appunto l’agricoltura, anima, come prima scrivevo, ma anche, cuore che raccoglie e sopporta i tanti raggi, ognuno incastrato nel cerchio, il pezzo rappresentativo del territorio. Il bene comune primario, anche’esso sfasciato dall’attuale tipo di sviluppo, che l’ha trasformato in merce, e, come tale, prodotto che diventa denaro, spesso virtuale. Altro pezzo fondamentale. Il cerchio/territorio, da rimettere in sesto perché la ruota possa davvero girare e girare nella direzione giusta, quella, come prima veniva detto, di uno sviluppo diverso da quello attuale. C’è da pensare e credere che Il sistema – visti i suoi comportamenti che hanno caratterizzato questi ultimi 50anni – non sa cos’è la ruota e, se lo sa, non ne conosce le parti che la compongono, non a caso le sfascia volendo farla girare per forza. Lo dimostra il fatto che, dopo ogni crisi, insiste a percorrere la stessa strada. Lo ha fatto dopo quella strutturale dell’agricoltura, registrata nel 2004; quella del 2007/8, che ha riguardato l’intera economia, e, da un anno, la crisi che stiamo vivendo, generata dal Covid-19, solo l’ultimo dei tanti messaggi che la natura ha inviato all’umanità. Eppure riportare al centro l’agricoltura e considerare, grazie ai raggi della ruota, il suo rapporto stretto con il territorio, vuol dire programmare il futuro del Paese, salvare i tesori rimasti! Ovverosia porre la giusta attenzione a un patrimonio enorme di valori e di risorse, quali la storia, la cultura, l’ambiente, il paesaggio, le tradizioni; dare nuove opportunità all’artigianato; animare il commercio e le esportazioni; promuovere il turismo; raccogliere altri successi negli scambi di prodotti con gli altri paesi del mondo. Vuol dire, anche, rilanciare l’occupazione e, con essa, assicurare un futuro nel nostro Paese alle nuove generazioni, quel futuro che, con l’attuale situazione, le previsioni indicano pieno di nubi e di incertezze causa la provvisorietà e lo spreco di valori e di risorse. Tutta colpa di uno sviluppo male programmato, che non ha in sé la capacità di rigenerare le risorse e meno che mai di arricchire i valori che la natura ci ha messo a disposizione. Sta qui l’urgente bisogno di una programmazione che parte dal territorio e dall’attività che più lo caratterizza, l’agricoltura, per quello che già dà e, soprattutto, per quello che ancor più può dare. Un’agricoltura che sceglie – con la presidente dell’Ue, Ursula Von der Leyen – il biologico e la sostenibilità; ripropone le rotazioni, e, con esse, torna a considerare il tempo e le stagioni; riavvia e riscopre l’antico rapporto che l’uomo ha sempre avuto con le piante e gli animali, venuto meno, purtroppo, con la diffusione delle colture e degli allevamenti superintensivi, che sono tanta parte della perdita di biodiversità e del clima malato, nel nostro Paese e nel mondo. Un’agricoltura biologica, naturale, organica, che si avvale delle nuove tecnologie e delle innovazioni per produrre cibi di qualità; aiutare il clima a stare meglio con la captazione da parte del terreno, ben curato e ben alimentato, della CO2, e, in cambio, l’invio di ossigeno nell’atmosfera; ripristinare un rapporto solido con la natura, ancor più di un tempo; rilanciare la biodiversità e, con essa, arricchire l’offerta con la diversità dei caratteri organolettici di un prodotto oltre che con la qualità, che ha nel territorio l’origine. Il Covid-19, con le tante paure, ci ha subito allarmati su due cose, il cibo e la salute. Due necessità strettamente legate alla vita, alla sopravvivenza nostra, e non solo, anche degli altri esseri viventi, piante e animali. Il cibo è l’espressione della filiera agroalimentare che, oggi, si presenta la prima ricchezza del Paese e, non solo, fonte di nuova ricchezza e, sempre più, l’immagine che più e meglio lo racconta, grazie alla bontà dei territori e della biodiversità e grazie, anche, al successo della Dieta Mediterranea, sempre più sul gradino più alto nella classifica dei costumi alimentari di 60 popolazioni sparse sul pianeta. Il Made in Italy ha mostrato, soprattutto in questa fase della pandemia, che sa prendere per la gola il consumatore. Il cibo – va detto ai legislatori che danno nuove possibilità di furto di terreno a chi installa giganteschi pali eolici e pannelli solari a terra – è l’energia rinnovabile primaria proprio perché è la sola legata alla vita, e, quale atto agricolo, è strettamente legato al clima, il problema dei problemi, quello che causa morti che non piangiamo e non ricordiamo. Il cibo è un atto agricolo a significare il valore strategico dell’agricoltura, se – nei programmi dei governi, delle forze politiche e sindacali, del mondo della cultura – torna ad essere il settore primario, centrale per lo sviluppo. Il governo Draghi, che si è appena insediato, non l’ha fatto, visto che, come i precedenti (tanti), si è solo preoccupato della nomina del Ministro dell’Agricoltura e dei sottosegretari, a dimostrare che il percorso scelto non è cambiato, è quello già tracciato dal sistema. A questo punto non resta che augurare ai nominati l’augurio di buon lavoro e sperare che siano loro a dare quei segnali nuovi di cui ha forte bisogno l’agricoltura italiana e la sua filiera del cibo che, chi ben sa, è tanta salute. Di Pasquale Di Lena

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Fame nel mondo e sperpero di cibo

Posted by fidest press agency su domenica, 24 gennaio 2021

(AJ-Com.Net) «Oltre alle questioni etiche ed all’ingente danno economico, lo spreco di cibo porta anche ad un irreparabile danno ambientale. A livello globale, lo spreco alimentare è infatti responsabile di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra emesso nell’atmosfera e di un consumo di acqua pari a 180 miliardi di metri cubi» sottolinea Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte, presidente e segretario generale della World Organization for International Relations (WoirNet.org).Ci sono già oltre 20 Paesi ad alto rischio se non si interviene tempestivamente per scongiurare carestia e fame acuta. Paesi come lo Yemen, già fiaccato dalla guerra civile e dall’invasione di locuste che ne distruggono i raccolti.Ma il “triangolo rosso” —quello più critico— questa volta parte dal Burkina Faso, dalla Nigeria Nordorientale e dal Sudan del Sud, riportando alla memoria la situazione estrema che nel 2011 si determinò in Somalia, dove morirono oltre 260 mila persone.«Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo possa accadere nuovamente: dobbiamo agire subito per evitare perdite umane irragionevoli» commenta Viola Lala, press officer della World Organization for International Relations (WoirNet.org).«Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è essenziale —aggiunge Viola Lala— perché ogni anno si sprecano 1,4 miliardi di tonnellate di generi alimentari con un costo di circa 800 miliardi di dollari per l’economia globale». «Certo l’umanità ha fatto grandi progressi nella riduzione della fame. Rispetto ai primi degli Anni Novanta —seppure vi sia stato l’aumento di quasi 2 miliardi della popolazione mondiale— sono ben 300 milioni le persone che non soffrono più la fame» puntualizza Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte.«Ma ancora oggi si contano 850 milioni di uomini, donne e bambini che soffrono di denutrizione in ben 55 Paesi. Stiamo parlando di 150 milioni di persone che soffrono di insicurezza alimentare acuta e —nonostante gli sforzi— di 700 milioni le persone che vanno a letto quasi sempre a stomaco vuoto» conclude il presidente e segretario generale della World Organization for International Relations.La World Organization for International Relations afferma dunque la necessità improrogabile di cambiamenti radicali nel modo in cui le società producono e consumano. E per questo proclama il 2021 “Anno Internazionale dell’Alimentazione”, sottolineando la necessità di focalizzare l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica su una tematica così importante per la sopravvivenza dell’intero pianeta.L’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale per le Relazioni Internazionali (WOIR) è oggi quello di unirsi agli sforzi della Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) e del World Food Programme (WFP) per mettere fine alla fame entro il 2030, raggiungendo la sicurezza alimentare, migliorando la qualità della nutrizione e promuovendo l’agricoltura sostenibile così come previsto dalla nuova Agenda 2030 sottoscritta dai Paesi delle Nazioni Unite.«Attraverso questa politica “Fame Zero” propugnata da WoirNet.org insieme all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura ed al Programma Alimentare Mondiale, si potrà arrivare anche ad una minore deforestazione ed alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, fermando così l’innalzamento delle temperature sotto i 2° C, il punto limite oltre il quale si avranno effetti catastrofici sull’ambiente mondiale» enfatizza Viola Lala. (AJ-Com.Net) AJ/VL 22 GEN 2021 09:00 NNNN

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La fame nel mondo e lo sperpero di cibo

Posted by fidest press agency su mercoledì, 20 gennaio 2021

Ogni anno si spreca oltre un terzo del cibo prodotto a livello globale per il consumo umano. Nei Paesi più industrializzati, come l’Italia, si tratta per l’80% di alimenti gettati via dai consumatori e per il 20% di scarti del processo di produzione e di trasporto.«Ma lo spreco di cibo —oltre alle questioni etiche ed all’ingente danno economico— porta anche ad un irreparabile danno ambientale. A livello globale, lo spreco alimentare è infatti responsabile di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra emesso nell’atmosfera e di un consumo di acqua pari a 180 miliardi di metri cubi» sottolinea Alejandro Gastón Jantus Lordi de Sobremonte, presidente e segretario generale della World Organization for International Relations (WoirNet.org).Insomma, vi è una pericolosa correlazione tra allarme climatico e spreco alimentare. Una correlazione che oltretutto si accentua con la pandemia di Covid-19 e con la conseguente recessione economica, facendo precipitare intere popolazioni nell’emergenza di una grave insicurezza alimentare.Il “triangolo rosso” questa volta parte dal Burkina Faso, dalla Nigeria Nordorientale e dal Sudan del Sud, riportando alla memoria la situazione estrema che 10 anni fa si determinò in Somalia, dove —era proprio il 2011— morirono oltre 260 mila persone.«Non possiamo e non dobbiamo permettere che questo possa accadere nuovamente: dobbiamo agire subito per evitare perdite umane irragionevoli» commenta Viola Lala, press officer della World Organization for International Relations (WoirNet.org).Ci sono già altri 20 Paesi ad alto rischio se non si interviene tempestivamente per scongiurare carestia e fame acuta. Paesi come lo Yemen, già fiaccato dalla guerra civile e dall’invasione di locuste che ne distruggono i raccolti.
La World Organization for International Relations afferma dunque la necessità improrogabile di cambiamenti radicali nel modo in cui le società producono e consumano. E per questo proclama il 2021 “Anno Internazionale dell’Alimentazione”, sottolineando la necessità di focalizzare l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica su una tematica così importante per la sopravvivenza dell’intero pianeta.

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Prezzi: Unc, la classifica delle città e delle regioni dove il cibo è più caro

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 giugno 2020

L’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni che hanno registrato i maggiori rincari annui per quanto riguarda i prodotti alimentari, gli unici che durante l’emergenza Covid sono stati effettivamente venduti, subendo pesanti rincari.Insomma, mentre l’Italia, per via del lockdown, è teoricamente in deflazione, con un’inflazione pari nel mese di maggio a -0,2%, il cibo, il solo realmente acquistabile anche prima della riapertura generale dei negozi, subisce rincari pesanti del 2,6%, con una maggior spesa annua di 145 euro per una famiglia media, 195 per una coppia con 2 figli, 175 per una coppia con 1 figlio, 95 per un pensionato con più di 65 anni.Anche nel territorio, solo 4 regioni (Campania +0,5%, Umbria +0,2%, Trentino +0,1% e Sicilia +0,1%) e 13 città sulle 70 monitorate registrano un’inflazione positiva, per quanto molto bassa (record per Grosseto, con +0,8%, seguita da Napoli con +0,7%). Ma per il cibo i rincari sono decisamente molto più alti, oltre che differenti a seconda della città.Ecco perché l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia dove il cibo (prodotti alimentari e bevande analcoliche) è più rincarato, elaborando i dati Istat dell’inflazione di maggio.
Ebbene, la città con i maggiori rincari alimentari (tabella n. 1) è Caltanissetta, +6,4% su base annua, due volte e mezzo la media italiana, pari a +2,6%, città già in testa alla classifica di aprile con +5,7%. Al secondo posto, come lo scorso mese, Trieste, (+5,1%, era +5,3%) e al terzo Avellino e Trapani (+4,7% per entrambe). Le più risparmiose Siena, +0,2%, la città più virtuosa anche in aprile, a pari merito con Arezzo e Modena (+0,2%), segue al secondo posto Bologna (+0,3%) e al terzo Reggio Emilia (+0,4%).Per quanto riguarda le regioni (tabella n. 2), il cibo più caro, in termini di aumento dei prezzi, si trova in Basilicata, +3,9%. Seguono Umbria, Lazio e Calabria (+3,4% per tutte), al terzo posto Campania e Sicilia (+3,3%). La regione migliore, l’Emilia Romagna, con un rialzo dei prodotti alimentari dello 0,9 per cento, poi Valle d’Aosta (+1,5%) e al terzo posto Veneto (+1,9%).”Le disparità così ampie tra una città e l’altra, da +6,4% a +0,2%, in alcuni anche all’interno della stessa regione, possono avere varie motivazioni, ma la spiegazione più probabile è che, approfittando della ridotta mobilità del consumatore e, quindi, della minore possibilità di scelta, molti esercizi hanno alzato i prezzi e questo è stato maggiormente possibile in quelle città dove c’è minore concorrenza e non ci sono abbastanza forme distributive. Laddove il consumatore, invece, ha più alternative, tra ipermercati, supermercati, discount, negozi di vicinato, mercati, i rialzi, mediamente, sono stati più contenuti. Non è un caso se l’Antitrust proprio sui prezzi alimentari ha aperto un’indagine preistruttoria” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

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Classifica delle città e delle regioni dove il cibo è più caro

Posted by fidest press agency su mercoledì, 20 Maggio 2020

L’Istat ha reso noti oggi i dati dell’inflazione di aprile, sulla base dei quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni che hanno registrato i maggiori rincari annui per quanto riguarda i soli prodotti alimentari.Il dato dell’inflazione generale di oggi, infatti, è falsato dall’effetto Coronavirus. In Italia si registra una variazione nulla dei prezzi, e anche nel territorio è sempre prossima allo zero. Sei regioni sono addirittura in deflazione, così come 10 delle 29 città sopra i 150 mila abitanti monitorate in aprile dall’Istat. Solo che si tratta della solita media del pollo di Trilussa. Mentre il calo della voce Trasporti (-2,5% in media nazionale) non produce alcuna riduzione di spesa reale per le famiglie costrette a stare a casa dal lockdown, il rialzo dei prodotti alimentari (+2,8% in media nazionale) produce una maggior spesa di 155 euro per una famiglia media, 213 per una coppia con 2 figli, 187 per una coppia con 1 figlio.Ecco perché l’Unione Nazionale Consumatori non ha stilato l’ormai tradizionale classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita complessivo, ma, eccezionalmente, quella dei maggiori rincari registrati per gli acquisti alimentari (prodotti alimentari e bevande analcoliche), l’unica voce che durante l’emergenza Coronavirus non ha subito riduzioni delle vendite, come dimostrano i dati Istat sul commercio al dettaglio.Inoltre è proprio su questa divisione che si sono registrate le maggiori speculazioni sui prezzi, tanto che l’Antitrust ha avviato un’indagine preistruttoria sull’andamento dei prezzi di generi alimentari di prima necessità, oltre che su detergenti, disinfettanti e guanti, basandosi proprio sui dati Istat emersi a marzo. Nella nostra classifica, i nuovi dati tendenziali di aprile. Ebbene, la città con i maggiori rincari alimentari è Caltanissetta, +5,7% su base annua, più del doppio rispetto alla media italiana, pari a +2,8%. Al secondo posto Trieste (+5,3%) e al terzo Palermo (+4,8%). Le più virtuose Siena, +0,6%, Macerata (+0,9%) e Arezzo e Pistoia (entrambe +1,4%). Per quanto riguarda le regioni, il cibo più caro, in termini di aumento dei prezzi, si trova in Friuli, +4,1%. Seguono Liguria e Umbria (+3,6% per ambedue), al terzo la Sicilia (+3,4%). La regione migliore, le Marche, con un rialzo dei prodotti alimentari del 2,1 per cento.

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Spreco di cibo ed educazione alimentare

Posted by fidest press agency su sabato, 9 novembre 2019

Ridurre gli sprechi di cibo è possibile attraverso l’educazione alimentare e un differente approccio all’agricoltura che privilegi i metodi di coltivazione ecosostenibili e le filiere corte – dichiara il presidente nazionale Confeuro Andrea Michele Tiso. Il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova ha sollevato un problema diffuso che non riguarda solo l’Italia: le Nazioni Unite ricordano che nel mondo c’è cibo a sufficienza per sfamare tutti, ma più di 820 milioni di persone soffrono ancora la fame. Al tempo stesso, un terzo del cibo prodotto ogni anno viene buttato nella spazzatura senza nemmeno arrivare sulla tavola. Lo spreco di alimenti in Italia ammonta a 12 milioni di euro l’anno. Per ridurlo è indispensabile un’azione mirata di educazione rivolta ai consumatori finali, che parta dai bambini per arrivare fino ai genitori, principali responsabili delle scelte alimentari all’interno della famiglia – spiega Tiso. Esiste tuttavia un’altra faccia dello spreco alimentare, legato alle inefficienze nelle fasi di produzione, trasformazione e trasporto. Per ridurlo al minimo la risposta migliore sono l’agricoltura sostenibile, le filiere corte e le nuove tecnologie di gestione in grado di ottimizzare i processi produttivi. Oltre a garantire cibo sano, l’agroecologia permette infatti di abbattere sprechi e inefficienze lungo l’intero percorso che il cibo compie prima di arrivare sulla tavola.

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I doni della natura: acqua, paesaggio e cibo

Posted by fidest press agency su martedì, 24 settembre 2019

Volterra Sabato 26 e domenica 27 ottobre, e ancora venerdì 1, sabato 2 e domenica 3 novembre si rinnova l’attesissimo appuntamento con VOLTERRAGUSTO (www.volterragusto.com), manifestazione ormai tappa obbligata per tutti gli appassionati delle eccellenze enogastronomiche di Toscana.
“I DONI DELLA NATURA: ACQUA, PAESAGGIO, CIBO” è il tema scelto quest’anno dagli organizzatori, sviluppato attraverso momenti che uniranno le ricchezze gastronomiche locali – il tartufo su tutte – con il patrimonio storico ed architettonico unico che Volterra è in grado di offrire: tra le iniziative nel corso della manifestazione si segnalano ad esempio visite in luoghi generalmente non accessibili della città, itinerari fuori porta fra colline e scorci da cartolina, e ancora tour guidati per le vie della città “sulla via delle acque” alla scoperta di una Volterra quanto mai misteriosa ed inedita.
Cuore dell’evento la XXII edizione della MOSTRA MERCATO DEL TARTUFO BIANCO E DEI PRODOTTI TIPICI DELL’ALTA VALDICECINA che dalle 10 alle 20 celebrerà Sua Maestà il tartufo, affiancato dai tanti produttori che proporranno un viaggio gourmet – dai formaggi ai salumi, passando per il vino, dolci, cioccolata e tanto altro ancora – fra i sapori del territorio e non solo.
Come sempre ricco di spunti il calendario della manifestazione, con appuntamenti ormai divenuti autentici must come il PALIO DEI CACI VOLTERRANI lungo Via Franceschini, sfida inserita nell’albo regionale delle “rievocazioni storiche” in collaborazione con il Comitato delle Contrade Città di Volterra; l’esibizione del GRUPPO STORICO, SBANDIERATORI E MUSICI CITTÀ DI VOLTERRA; le VISITE IN TARTUFAIA per scoprire dove nasce il tartufo e come trovarlo in compagnia dei tartufai locali e dei loro inseparabili segugi; la IV edizione dell’ESCURSIONE CICLISTICA “DI VIGNA IN VIGNA” tra vigneti e colline del volterrano. Senza dimenticare la consegna del PREMIO JARRO, riconoscimento destinato ogni anno a chi in ambito professionale si sia distinto nella divulgazione della cultura della buona tavola.Per tutta la durata della manifestazione sarà inoltre possibile scoprire e degustare i vini del territorio volterrano proposti in assaggio dalla Fisar, oltre ad usufruire della tante scontistiche previste sugli ingressi dei musei cittadini.

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“In Italy Festival 2019. Culture del cibo e dell’ospitalità”

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 Maggio 2019

Perugia Dal 15 al 17 maggio a palazzo Gallenga. Si chiama “In Italy Festival 2019. Culture del cibo e dell’ospitalità”, l’evento presentato alla stampa a palazzo Gallenga dell’Università per Stranieri di Perugia, dalla prof.ssa Giuliana Grego Bolli, rettrice dell’Ateneo internazionale insieme al prof. Giovanni Capecchi, presidente del corso di laurea in Made in Italy, cibo e ospitalità (MICO), Mauro Cesaretti della Fondazione Cassa di Risparmio Perugia; Maurizio Beccafichi, nella doppia veste di rappresentante di Confcommercio Umbria e dell’Università dei Sapori; e Diego Furia, direttore regionale della Coldiretti Umbria. Si tratta della prima edizione di una tre giorni, a palazzo Gallenga dal 15 al 17 maggio, dedicata alle culture del cibo e dell’ospitalità. Una kermesse ricca e variegata di appuntamenti, tra lezioni, tavole rotonde, cooking show, presentazioni di libri, proiezioni di film, laboratori, workshop. “Questo festival – ha detto la rettrice Giuliana Grego Bolli – rappresenta una sinergia importante fra istituzioni che si occupano di formazione e il territorio con un obiettivo di una promozione reciproca. L’Umbria ha la fortuna di avere molte realtà vocate all’alta promozione che deve trovare con queste istituzioni, uno strumento di sviluppo che non è solo culturale, ma anche sociale ed economico. Credo che la Stranieri – ha aggiunto la rettrice – abbia da sempre svolto una funzione importante in questo cento anni di nostra storia che festeggeremo nel 2021. Questo palazzo per due giorni intensi sarà un luogo di incontro e di confronto, che conferma il ruolo che la Stranieri ha sempre avuto e vuole continuare ad avere: un Ateneo internazionale aperto all’approfondimento culturale e al dialogo”.Per Mauro Cesaretti della Fondazione della Fondazione Cassa di Risparmio Perugia si tratta “di un progetto condiviso da molte realtà non solo umbre ma anche su scala nazionale. La Fondazione non ha voluto far mancare il proprio sostegno a questo nuovo progetto della Stranieri. Siamo di fronte ad un esempio di sperimentazione e innovazione didattica che coniugando innovazione e tradizione cultura scientifica e cultura umanistica avesse tutte le caratteristiche per offrire il bagaglio formativo trasversale necessario per formare professionisti in grado di promuovere e valorizzare uno dei settori trainanti dell’economia italiana”.
Un progetto dalla duplice valenza secondo Diego Furia, direttore regionale della Coldiretti Umbria: “perché da una parte può formare professionisti che possono portare il vero Made in Italy nel mondo – ha affermato – e dall’altra formare e promuovere figure per diffonderlo nel nostro territorio. La nostra presenza in questo festival è significativa perché porta alla ribalta quello il made in Italy rappresenta come vetrina da diffondere e custodire”.
Maurizio Beccafichi, in veste di rappresentante di Confcommercio Umbria e dell’Università dei Sapori, ha ribadito l’importanza della condivisione fra realtà culturali innovative che promuovono idee brillanti e che le trasformano in concrete opportunità per gli studenti.
Il festival, in partnership con Coldiretti Umbria, Confcommercio Umbria e Università dei Sapori, è realizzato grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia.
L’Università per Stranieri di Perugia ha istituito un nuovo corso di laurea triennale su “Made in Italy, cibo e ospitalità” (MICO). Il corso, che è iniziato il 1° ottobre 2018, unisce due classi di laurea (Scienze del turismo e Scienze culture e politiche della gastronomia) ed è incentrato sul Made in Italy, con particolare attenzione a cibo, turismo e ospitalità. L’Università per Stranieri, che è nata per diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo, ha così aggiunto un nuovo tassello alla sua missione: quello di conoscere e raccontare l’Italia attraverso i suoi prodotti, il suo paesaggio, le sue eccellenze enogastronomiche. Strettamente collegato al corso MICO, nato in partnership con Coldiretti Umbria, Confcommercio per l’Italia e Università dei Sapori, è il progetto IN-ITALY: un festival dedicato alle culture del Made in Italy, del cibo e dell’ospitalità, con cadenza annuale, aperto a tutti e gratuito, realizzato grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Tra gli eventi da non perdere si segnala quello di giovedì 16 maggio, alle 21.30, alla Sala Raffaello delll’ hotel Brufani, sul cibo e altre storie, un incontro con Simonetta Agnello Hornby; e quelli di Palazzo Gallenga di venerdi 17 maggio, (sala Goldoni, ore 16.30) con Allen J. Grieco, professore emerito dell’Harvard University Center of Italian Renaissance Studies – Villa I Tatti, (aula magna, ore 17.30); la “Storia dei sentimenti umani”, un incontro con Oscar Farinetti, fondatore di Eataly.

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“Abbandonare il sistema consumistico per riscoprire il vero valore del cibo”

Posted by fidest press agency su venerdì, 7 dicembre 2018

“Le strategie di alcune corporation mondiali del cibo e un certo tipo di assetto capitalistico hanno prodotto un percorso di omologazione che annulla le differenze e hanno prodotto una massificazione dei consumi snaturando il valore del cibo”. A denunciarlo è Antonio Rosati, presidente di Arsial (Agenzia regionale per lo Sviluppo e Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) intervenuto al convegno “Attorno al cibo per costruire dialogo, incontro, confronto e pace” organizzato a Roma in collaborazione con l’associazione di giornalismo ambientale Greenaccord Onlus.“Per fortuna da un decennio si sta diffondendo una nuova consapevolezza sull’importanza del cibo” aggiunge Rosati. Una tendenza che va aiutata in un modo ben preciso: difendendo il reddito degli agricoltori. “La grande sfida della sostenibilità ambientale passa per gli uomini che stanno materialmente sulle terre. Questo vuol dire consentirgli di vivere. Un discorso che vale per l’Italia ma anche per il resto del mondo. Dobbiamo imparare a mangiare di prossimità, con meno chimica, leggere le etichette, essere soggetti attivi. Scegliere cosa mangiare ogni giorno è un gesto politico che può aiutare a costruire un nuovo ordine sociale”.In tal senso essenziale il ruolo delle istituzioni pubbliche del territorio: “Essenziale fare politiche concrete per la difesa del reddito degli agricoltori, per diffondere i mercati contadini. E poi mano tesa per distribuire terre pubbliche, dando opportunità ai ragazzi per entrare in questa filiera, diffondere nell’opinione pubblica la consapevolezza che la possibilità di un mondo diverso passa per un cibo coltivato e consumato in un modo diverso”.

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Il Diritto al cibo è un pilastro fondamentale del diritto umano alla vita

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 ottobre 2018

Eppure come hanno denunciato alla FAO oltre 300 rappresentanti di 12 milioni di contadini, pescatori, comunità indigene a Roma per la celebrazione della Giornata mondiale del cibo, 821 milioni di persone nel 2017 hanno sofferto la fame o l’insicurezza alimentare. I Governi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia, pur essendosi impegnati a raggiungere entro il 2030, tra gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (SDGs), quello della “Fame zero”, in realtà non stanno rispettando questa decisione. Il 2018, infatti, risulta essere il terzo anno consecutivo in cui il numero degli affamati nel mondo è cresciuto: dal 2016, quando se ne registrarono 804 milioni, ce ne sono 13 milioni in più.
Una tendenza negativa che sembra confermata, tanto che il Meccanismo della Società civile (Civil Society Mechanism – CSM), che la rappresenta all’interno del Comitato per la sicurezza alimentare (CFS), non solo indica il diritto umano al cibo come quello più violato al mondo nel 2018, ma denuncia anche un forte peggioramento a causa della restrizione degli spazi democratici e della repressione contro chi tenta di rivendicarlo o farlo rispettare. Anche in Italia il diritto al cibo non è scontato nel 2017, 1 milione e 778 mila famiglie (6,9% del totale), di cui fanno parte 5 milioni e 58 mila individui (l’8,4% del totale degli italiani residenti), si trovavano in condizione di povertà assoluta, secondo l’Istat. Due decimi di punto in più rispetto al 2016. Ci sono ancora 768 milioni di persone che non hanno a disposizione una fonte d’acqua potabile sicura e 185 milioni di persone costrette ad abbeverarsi alle fonti di superficie, come fiumi e laghi. Le politiche commerciali promosse in ambito dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), ma anche dall’Unione Europea in tutti i suoi trattati bilaterali, in primis il trattato di liberalizzazione commerciale con il Canada (CETA), antepongono gli interessi delle grandi aziende al diritto al cibo, alla salute e alla lotta contro i cambiamenti climatici che aggrava la crisi alimentare. A 14 anni dall’approvazione in ambito FAOdelle Linee guida per il Diritto al Cibo, il CSM ha presentato a Roma un Rapporto di monitoraggio della loro implementazione in tutto il mondo. Anche la società civile italiana vorrebbe portare avanti un’analisi condivisa su cosa succede nel Belpaese: per questo le associazioni italiane che partecipano ai lavori del CFS, come Action Aid, Terra Nuova, Crocevia, il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua e la Campagna Stop TTIP italia con l’associazione Fairwatch e Attac Italia, hanno invitato alcuni rappresentanti dei movimenti per il Diritto al cibo e il Diritto all’acqua pubblica per descrivere i problemi aperti e presentare alcune raccomandazioni emerse nell’ambito del Forum in corso alla FAO.

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Nuovo corso di laurea in “Made in Italy, cibo e ospitalità”

Posted by fidest press agency su giovedì, 12 luglio 2018

Perugia Lunedì 16 luglio, ore 11 Sala Goldoni – palazzo Gallenga. All’Università per Stranieri di Perugia sarà attivato il nuovo corso di laurea in Made in Italy, cibo e ospitalità. Il corso, nato da un progetto comune con Confcommercio e Coldiretti, è l’unico in Italia a fondere insieme il percorso e gli obiettivi formativi di due classi di laurea: Scienze del turismo e Scienze, culture e politiche della gastronomia. Attraverso l’interclasse, il corso intende offrire una formazione culturale riguardante il Made in Italy nel suo complesso e una formazione tecnico-pratica che consenta di operare nell’ambito delle imprese del made in Italy e nei settori del cibo, della gastronomia e dell’ospitalità.
I dettagli saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa in programma lunedì 16 luglio, alle ore 11, presso la Sala Goldoni di palazzo Gallenga. All’incontro interverranno, insieme al rettore, prof. Giovanni Paciullo, il prof. Giovanni Capecchi, presidente del nuovo corso di laurea; la professoressa Giovanna Zaganelli, direttore del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali; Anna Rita Fioroni, presidente dell’Università dei Sapori; Vasco Gargaglia, direttore di Confcommercio Umbria; Diego Furia, direttore di Coldiretti; Albano Agabiti, presidente di Coldiretti Umbria. Saranno, inoltre, presenti rappresentanti ed esponenti del mondo della scuola, e dell’imprenditoria umbra.

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