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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°87

Posts Tagged ‘debito’

Debito dei mercati emergenti: l’inizio brillante del 2023 durerà a lungo?

Posted by fidest press agency su venerdì, 10 marzo 2023

A cura di Chris Cooke, Portfolio Manager, Emerging Markets Debt di Columbia Threadneedle Investments Siamo in un buon periodo dell’anno o si tratta solo di un caso di buon investimento? Qualunque sia il motivo, non si può negare che il 2023 sia iniziato in modo straordinario per il debito dei mercati emergenti (ME). Secondo Barron’s, a inizio gennaio i Paesi emergenti hanno collocato obbligazioni per 39 miliardi di dollari, quasi la metà del totale di tutto il 2022. L’impennata ha spinto il Financial Times a sottolineare come gli investitori si stessero “riversando sui mercati emergenti” e a osservare come la velocità dei flussi transfrontalieri verso gli asset ME fosse al momento “seconda solo al flusso che ha seguito la revoca delle misure di blocco del coronavirus alla fine del 2020 e all’inizio del 2021”. In realtà, ci sono una serie di ragioni abbastanza razionali per cui gli investitori sono stati maggiormente attratti dal debito dei mercati emergenti.L’aumento dei tassi d’interesse nei mercati sviluppati ha fatto sì che parte dei flussi, normalmente destinati alla “ricerca di rendimento” nei mercati emergenti, siano rimasti nel mercato locale nel 2022. Inoltre, la guerra in Ucraina ha scatenato l’incertezza e frenato la propensione al rischio degli investitori, contribuendo a un significativo allargamento degli spread con le obbligazioni ME. La forza del dollaro USA ha avuto un impatto sproporzionato sulle valute dei ME, mettendo sotto pressione gli ancoraggi dei tassi di cambio e alimentando l’inflazione attraverso l’aumento del prezzo dei prodotti alimentari e dell’energia. Tutto questo ha colpito duramente i mercati del debito degli emergenti. Complessivamente, il calo dei titoli di Stato USA nel 2022 ha eroso oltre la metà del rendimento delle obbligazioni sovrane in valuta forte dei mercati emergenti. Nel 2023 stiamo assistendo all’inizio di un rimbalzo di tali effetti. Tra le influenze positive per i ME, il riemergere della Cina dalla sua politica di zero-Covid dovrebbe rivelarsi un enorme motore di sostegno macroeconomico per molti Paesi Emergenti. Le autorità cinesi sono riuscite a stabilizzare il settore immobiliare del Paese e al momento le prospettive di ripresa della domanda dei consumatori fanno ben sperare.La riapertura della Cina la pone in una fase del ciclo di crescita diversa da quella di altri Paesi, poiché la domanda, repressa a lungo dalle chiusure, è ancora in attesa di essere soddisfatta. Prevediamo che quest’anno la crescita dovrebbe salire a circa il 5,5%, il che renderebbe la Cina uno dei pochi Paesi in espansione nel 2023. Considerati i legami commerciali che quest’ultima ha con le altre economie dei mercati emergenti, si tratta di un importantissimo pilastro di sostegno per questa asset class, in quanto ci si aspetta che nel 2023 le economie dei mercati sviluppati rallenteranno, entrando anche in recessione.Attualmente, i rendimenti delle obbligazioni dei ME, misurati dall’indice JPMorgan Emerging Market Bondsono a livelli in linea o superiori a quelli offerti nell’ultimo decennio. Oltre al valore nominale di questo rendimento, l’elevato livello dei rendimenti fornisce un cuscinetto di compensazione consistente in caso di variazioni a breve termine degli spread e/o dei prezzi dei treasury USA. A conti fatti, tuttavia, il debito dei ME offre all’investitore consapevole del rischio un rendimento interessante e un’ampia e importante opportunità di diversificazione. Nei nostri portafogli abbiamo aumentato la posizione di rischio complessiva, ridotto il sottopeso della duration e assegnato rischi più equilibrati ai rendimenti obbligazionari. Poiché gli spread nella scala della qualità del credito hanno recuperato gran parte dell’allargamento dello scorso anno, non ci aspettiamo un’ulteriore significativa compressione di quest’ultimi nel 2023 e, pertanto, continuiamo a cercare opportunità di valore relativo in cui i fattori idiosincratici possano essere potenti driver di rendimento. (abstract by Columbia Threadneedle Investments)

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Bankitalia: debito pubblico a 2.762,5 miliardi

Posted by fidest press agency su venerdì, 17 febbraio 2023

Al 31 dicembre del 2022 il debito delle Amministrazioni pubbliche era pari a 2.762,464 miliardi; a fine 2021 il debito ammontava a 2.678,1 miliardi (150,3 per cento del PIL).”Nuovo record annuo. Anche se il primato mensile è stato raggiunto nel mese di ottobre 2023 con 2.771,315 mld, il dato di oggi segna il valore annuo massimo mai raggiunto” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Un bel guaio! Con la nuova politica monetaria della Bce e il rialzo continuo dei tassi di riferimento l’onere sul debito pubblico diventerà un problema sempre più grande, come attestano le stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Sempre più risorse verranno drenate per pagare gli interessi sul debito, aggravando le diseguaglianze tra chi può permettersi di acquistare titoli di Stato e chi non riesce ad arrivare a fine del mese” prosegue Dona.”Se fosse un debito a italiano si tratterebbe di un indebitamento da infarto, pari a 46 mila e 635 euro” conclude Dona.

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T. Rowe Price: USA, il dibattito sul tetto del debito potrebbe avere conseguenze anche per i mercati

Posted by fidest press agency su domenica, 12 febbraio 2023

A cura di Michael Pinkerton, Washington Associate Analyst, US Equity Division, T. Rowe Price. Dal 1960 il congresso americano si è mosso per aumentare il tetto del debito, sospenderlo temporaneamente o per rivedere le modalità di definizione in 78 occasioni. Date le potenziali conseguenze, non alzare il tetto del debito non dovrebbe essere un’opzione. Tuttavia, quest’anno, il processo per raggiungere un accordo potrebbe far vacillare i mercati, come nel 2011, quando la tensione intorno al tetto del debito ha contribuito alla decisione di un’agenzia di declassare il rating sovrano degli Stati Uniti. Analizziamo perché quest’anno il dibattito sul tetto del debito potrebbe essere particolarmente conflittuale ed esaminiamo le possibili implicazioni per gli investitori.Come nel 2011, ci troviamo in una situazione di stallo. Ora che i repubblicani controllano la Camera dei Rappresentanti, alcuni sono stati espliciti riguardo all’utilizzo del limite massimo di indebitamento per perseguire i loro obiettivi di taglio della spesa e riduzione del debito nazionale. I democratici, nel frattempo, hanno detto che non intendono negoziare su spese che sono già state già approvate dal Congresso. Due fattori potrebbero intensificare le lotte politiche e portare i negoziati sul filo del rasoio. Il Congresso ha alzato il tetto del debito così tante volte in passato – anche quando il processo si è mosso a rilento a causa di lotte politiche – che gli investitori potrebbero essere diventati troppo compiacenti.Il Dipartimento del Tesoro ha iniziato ad adottare misure per continuare a far fronte ai propri obblighi senza ulteriori prestiti. Storicamente, queste “misure straordinarie” hanno incluso l’utilizzo della disponibilità di cassa e hanno preservato la liquidità sospendendo alcuni programmi. I pagamenti agli obbligazionisti avranno probabilmente la precedenza durante questo periodo di incertezza. A seconda di quanto il Congresso ci metterà a risolvere l’impasse sul tetto del debito, l’adempimento di questi obblighi potrebbe andare a scapito dell’invio di assegni vitali alle famiglie – uno sviluppo che, dal punto di vista politico, sarebbe molto impopolare. Il Segretario del Tesoro Janet Yellen ha affermato che il Tesoro potrebbe esaurire la liquidità già a giugno, ma questa data è un target variabile che dipende dai tempi e dall’ammontare delle entrate fiscali, tra gli altri fattori. La volatilità dei mercati obbligazionari e azionari aumenterà probabilmente quando il Tesoro degli Stati Uniti si avvicinerà all’esaurimento di denaro per pagare i propri obblighi.Monitoreremo con attenzione gli aggiornamenti sulle attese del Dipartimento del Tesoro in merito a quanto a lungo durerà lo spazio fornito dalle sue misure straordinarie e alle potenziali soluzioni all’impasse sul tetto del debito. I repubblicani, ad esempio, potrebbero spingere per una misura di ripiego che impedisca un default a breve termine ma che allinei il voto sull’innalzamento del tetto del debito con il processo annuale di finanziamento del governo federale. In questo scenario, i repubblicani potrebbero più facilmente negoziare tagli alla spesa in cambio di un tetto del debito a lungo termine. Naturalmente, è probabile che i democratici si oppongano a questa soluzione. Date le conseguenze del fallimento, il Congresso dovrebbe trovare un modo per estendere il tetto del debito. Ma è improbabile che il viaggio per arrivarci sia agevole. (abstract fonte: http://www.verinieassociati.com/

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2023: domina il rischio del debito

Posted by fidest press agency su domenica, 5 febbraio 2023

By Mario Lettieri e Paolo Raimondi L’aumento dei tassi d’interesse e la stagflazione, cioè la situazione che si crea quando la stagnazione economica si combina con l’aumento dell’inflazione, stanno mettendo inevitabilmente la struttura del debito sotto pressione. A giugno si calcolava che il debito globale, pubblico e privato, fosse pari a 300.000 miliardi di dollari, cioè il 350% del pil mondiale. Nel 1999 era di 200.000 miliardi. Negli Usa il rapporto è del 420%, più alto di quello della Grande Depressione degli anni trenta e dell’immediato dopoguerra. Tale percentuale riguarda tutte le economie avanzate. In Cina è del 330%. I debiti in sé non sono un problema se servono a sostenere gli investimenti per lo sviluppo industriale e tecnologico. Il rischio si manifesta quando crescono in maniera sproporzionata e sono prevalentemente speculativi e sganciati dall’economia reale. La crescita del debito ha colpito numerosi settori, come le famiglie, le imprese, le banche, soprattutto quelle cosiddette “ombra”, i governi e persino interi Paesi. In particolare i debitori chiamati “zombie”, gli insolventi, che sono stati mantenuti a galla dalla prolungata politica del tasso di interesse zero. Da quando la Fed e le altre banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi d’interesse nel tentativo di stabilizzare i prezzi, gli “zombie” vedono il costo del loro debito crescere costantemente. A ciò bisogna aggiungere l’erosione dei redditi, dei risparmi e della ricchezza, immobiliare e mobiliare, liquefatta dall’inflazione. L’ultima volta che l’economia mondiale ha sperimentato la stagflazione è stato negli anni settanta. Allora, però, i tassi debitori erano più bassi. Oggi, invece, si potrebbe parlare del rischio di “choc da stagflazione”. Anche perché non si pensa di ridurre i tassi d’interesse per alimentare la domanda, le produzioni e i consumi. Vi sono poi degli eventi geopolitici che hanno avuto e continuano a creare choc negativi nell’offerta: la pandemia, la guerra in Ucraina, certe problematiche interne cinesi, ecc. Rispetto alla grande crisi finanziaria del 2008 e del periodo iniziale del Covid, questa volta non si potrà intervenire con salvataggi pubblici ai settori in difficoltà. Il rischio è generalizzato. Alcuni economisti americani, come il professore di Harvard, Kenneth Rogoff, già capo economista del Fmi, vorrebbero distogliere l’attenzione dalle aree di crisi degli Usa, dove, per esempio, il debito delle grandi imprese è diventato un enorme cancro e dirigerla altrove. In particolare Rogoff ha scelto il Giappone e l’Italia come focolai di crisi, perché, a suo dire, l’aumento dei tassi d’interesse renderebbe per loro sempre più difficile garantire il servizio sul debito pubblico. Anche i Paesi emergenti sono sotto pressione. Essi sono direttamente influenzati dalle politiche monetarie della Federal Reserve. Alti tassi d’interesse, un dollaro forte, la fuga di capitali, la svalutazione delle monete locali e l’inflazione stanno rendendo molto difficile la gestione del loro debito. The Economist ha identificato ben 53 Paesi vulnerabili che sono crollati sotto il peso del debito o sono a rischio di farlo. Non è un caso che la Banca Mondiale sostiene che il 60% dei Paesi emergenti o poveri è diventato debitore ad alto rischio. Poiché i governi non sono intenzionati a tagliare i bilanci o ad aumentare le tasse per ovvi motivi sociali e politici, ancora una volta la patata bollente passa nelle mani delle autorità monetarie. Cresce perciò la richiesta che le banche centrali tornino a monetizzare i deficit. In altre parole, un altro periodo di quantitative easing! Altri, invece, vorrebbero globalizzare gli allargamenti monetari e finanziari facendo giocare un ruolo centrale al Fondo monetario internazionale. Pochi mesi fa il Fmi aveva emesso una montagna di Diritti Speciali di Prelievo, la sua moneta, equivalenti a 650 miliardi di dollari. L’intervento era stato abilmente presentato come necessario al sostegno dei Paesi più poveri. In realtà, all’Africa sub sahariana sono andati soltanto 32 miliardi! Infatti, la distribuzione è stata fatta in rapporto al pil dei Paesi. Non è difficile indovinare chi ne ha beneficiato! Le politiche attuali potrebbero, forse, posporre le crisi ma non evitarle. Troppa “immondizia” è stata nascosta a lungo sotto il tappeto. Non c’è la bacchetta magica per farla sparire. Ciò che, però, si potrebbe fare per avere una più adeguata gestione del debito è almeno l’introduzione di strumenti atti a contenere e a eliminare le varie forme di speculazione e di “leverage”, di leva finanziaria, che imperversano liberamente sui mercati. By Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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GAM: Debito subordinato, il contesto è promettente

Posted by fidest press agency su martedì, 20 dicembre 2022

A cura di Gregoire Mivelaz, gestore della strategia Credit Opportunities di GAM Investments. Nelle ultime settimane abbiamo iniziato ad osservare un mercato decisamente promettente per il credito in generale e riteniamo che il prossimo anno dovrebbe essere un anno di forte ripresa.Per avere un anno molto positivo, deve prima esserci un anno negativo, come è successo nel 2022; riteniamo, quindi, che il 2023 possa essere un anno molto positivo. Potremmo anche assistere a una recessione negli Stati Uniti, ma questo potrebbe essere un evento relativo più alla seconda metà del prossimo anno. Per gli obbligazionisti, ciò significa che l’investment grade (IG) dovrebbe superare l’high yield (HY) perché, per definizione, le obbligazioni IG sono emesse da società solide con solidi parametri di credito.Gli emittenti di debito subordinato sono investment grade, quindi se pensiamo che le obbligazioni IG dovrebbero sovraperformare quelle HY, ciò è fortemente positivo per il debito subordinato. Riteniamo che l’inflazione rimarrà elevata, ma dovremmo assistere a un suo graduale calo nel 2023 e nel 2024, per poterci avvicinare agli obiettivi della banca centrale. Tuttavia, quanto più elevato è il rendimento ottenuto, tanto più protetto è un portafoglio. Relativamente al rischio di recessione, riteniamo che ci stiamo dirigendo verso una lieve recessione in Europa.Per quanto riguarda il credito high yield, negli ultimi anni la Banca Centrale Europea ha iniettato una notevole liquidità nel mercato, il che significa che non abbiamo assistito a default. In prospettiva, il settore corporate potrebbe risentire dell’aumento dei costi di finanziamento dovuto al rialzo dei tassi e, in caso di recessione, potrebbe iniziare a registrare un aumento del rischio di default. Il debito subordinato di emittenti investment grade ha raggiunto un rendimento alla chiamata (Yield to call, YTC) superiore a quello dell’high yield europeo in alcuni casi, oltre a offrire una migliore qualità del credito, una maggiore rivalutazione dei prezzi e una minore sensibilità ai tassi d’interesse, in quanto emesso dal settore finanziario che sta beneficiando dell’aumento dei tassi d’interesse.A nostro avviso, il settore finanziario europeo non è mai stato così forte, considerando la qualità degli attivi, l’indice di liquidità e l’indice di solvibilità. Basilea III, uno schema che stabilisce gli standard internazionali per l’adeguatezza patrimoniale delle banche, gli stress test e i requisiti di liquidità, ha rafforzato il settore. Ciò significa che in caso di recessione e di aumento degli NPL, che fanno parte della ciclicità dei mercati, le banche possono assorbire l’impatto sugli utili, in quanto in un contesto di tassi in aumento, si è registrata una ripresa del margine di interesse netto e il settore beneficia anche di un forte indice di solvibilità.Il prezzo del debito subordinato è diminuito di circa il 20% a causa dell’ampliamento degli spread. Tuttavia, non appena il mercato si normalizzerà (e riteniamo che siano presenti i catalizzatori necessari perché ciò accada, ci aspettiamo che gli spread comincino a restringersi di nuovo. Di conseguenza, riteniamo che i debiti subordinati offrano un’interessante opportunità di mercato con spread più ampi, valutazioni migliori e fondamentali solidi. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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Il peso del debito dei Paesi poveri è insostenibile

Posted by fidest press agency su lunedì, 31 ottobre 2022

Di Mario Lettieri e Paolo Raimondi Il debito dei Paesi più poveri tra quelli in via di sviluppo è tornato a essere ad alto rischio. Lo afferma il recente studio del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp)intitolato “Avoiding: too little, too late”, si fa troppo poco e troppo tardi per evitarlo! Lo studio si riferisce a Paesi che rappresentano quasi il 18% della popolazione mondiale e il 50% delle persone che vivono in povertà estrema. Pur essendo ricchissimi di materie prime e di altre commodity alimentari, essi rappresentano un misero 3% del pil globale. Sarebbero 54 i Paesi in via di sviluppo che necessitano di una riduzione urgente del debito pubblico, pena una imminente catastrofe umanitaria, emigrazioni incontrollate e guerre di vario tipo: 25 sono nella regione sub sahariana, 10 nell’America Latina e nei Caraibi. . L’aggravamento è dovuto al fatto che i suddetti Paesi emettono debito in dollari e, di conseguenza, subiscono le decisioni prese dagli Stati Uniti. Per esempio, l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed ha per loro un effetto negativo insostenibile. Da qualche tempo almeno 19 Paesi pagano interessi superiori del 10% rispetto a quelli dei Treasury bond. Queste obbligazioni sono in caduta libera con un deprezzamento del 40-60%. Se si considerano tutte le economie in via di sviluppo, ben 26, circa un terzo, sono classificate “rischio sostanziale, estremamente speculativo o insolvenza”. Il peggioramento della loro situazione economica e sociale è confermato anche da un altro studio dell’Undp sul Multidimensional Poverty Index (mpi). Tale indice analizza la povertà combinando il livello del reddito pro capite con i diversi aspetti della vita quotidiana di persone in povertà: l’accesso all’istruzione e alla salute e lo standard di vita come alloggi, acqua potabile, servizi igienici ed elettricità.I dati di prima della pandemia e dell’impennata inflazionistica mostrano che 1,2 miliardi di persone in 111 Paesi vivono in condizioni di povertà multidimensional acuta. Questo è quasi il doppio del numero di chi è considerato povero perché ha un reddito inferiore a 1,90 dollari al giorno. L’analisi evidenzia che oltre il 50% delle persone povere (593 milioni) non ha elettricità e gas per cucinare; quasi il 40% dei poveri non ha accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici; più del 30% delle persone povere è privato contemporaneamente di cibo, combustibile per cucinare, servizi igienici e alloggio.La maggior parte delle persone povere multidimensional (83%) vive nell’Africa sub sahariana (579 milioni) e nell’Asia meridionale (385 milioni). L’Undp sostiene che la risposta del G20 sia del tutto inadeguata. Ricorda anche che, nella pandemia del 2020-2021, il G7 ha stanziato ben 16.000 miliardi di dollari. Lo stesso Fmi potrebbe espandere le sue linee di credito e accelerare la ricanalizzazione dei diritti speciali di prelievo. Perciò, volendo, “i problemi di liquidità non sono ingestibili”.Lo studio propone il coordinamento dei creditori, compresi quelli privati, ​​e l’uso di clausole per le obbligazioni statali che mirino alla resilienza economica e fiscale. Si sostiene che in alcuni casi si debba cancellare il debito. Oggi mancano le assicurazioni finanziarie dei principali governi creditori per raggiungere un accordo. Perciò si proporrebbero i cosiddetti Brady Bonds, obbligazioni della durata di 30 anni, sostenute da Treasury bond, emesse negli anni ottanta dai Paesi in crisi per finanziare il debito con le banche commerciali. Si ricordi il default dell’Argentina. Il debito di questi Paesi è pesante per loro, non per il G20. Nel 2020, il debito dei 54 Paesi in considerazione (senza Argentina, Venezuela e Ucraina) era di 552 miliardi di dollari, 186 dei quali in mani private. Gli interessi ammontavano a 69 miliardi, 42 dei quali dovuti a privati. Il loro rapporto debito/pil nel 2022 è del 66,3%, sotto la media europea e di quello degli Usa. I Paesi poveri, però, non sono in grado di gestire il pagamento degli interessi e il rifinanziamento dei debiti. Sono cifre enormi ma i Paesi ricchi potrebbero affrontarle. D’altra parte, lo si fa in supporto dell’Ucraina. Secondo l’Institute for the World Economy di Kiel, in Germania, dal 24 gennaio al 3 di ottobre sono stati dati aiuti militari, finanziari e umanitari all’Ucraina pari a 94 miliardi di euro, dei quali 52 dagli Usa e 29 dall’Ue. Di Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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Bankitalia: debito pubblico, nuovo record

Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 settembre 2022

Il debito pubblico dell’Italia raggiunge a luglio un nuovo record toccando i 2.770,463 miliardi di euro.”Un bel guaio! Con i tassi di interesse dei titoli di Stato che si sono già rialzati e la Bce che non solo non ci acquista più i titoli come prima ma che sta rialzando i tassi di riferimento, l’onere sul debito pubblico sta diventando un problema sempre più grande e non consentirà al prossimo Governo di poter intervenire con stanziamenti massicci e sufficienti per risolvere il problema del caro bollette e dell’inflazione alle stelle, ma solo di tamponare l’emorragia che sta dissanguando famiglie e imprese” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Se fosse un debito a famiglia, si tratterebbe di un indebitamento da infarto, pari a 105 mila e 773 euro. Ad italiano sarebbe pari a 46 mila e 970 euro” conclude Dona.

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Fixed Income – La forza della sostenibilità per i mercati del debito emergente

Posted by fidest press agency su giovedì, 25 agosto 2022

A cura di Kate Griffiths, Client Portfolio Manager di Pictet Asset Management. L’aumento dei tassi di interesse globali e la volatilità dei mercati hanno gravato pesantemente sia sull’offerta che sulla domanda di obbligazioni, soprattutto nei mercati emergenti (ME). Tuttavia, c’è un segmento che ha sorpreso con la sua resilienza: la nostra ricerca mostra infatti che le obbligazioni orientate ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) hanno continuato ad accrescere la loro popolarità tra emittenti e investitori.Ciò, più in generale, dovrebbe andare a sostegno del debito dei mercati emergenti, agevolando infine la strada verso uno sviluppo strutturale migliore di questa asset class.Nella prima metà del 2022, gli emittenti dei mercati emergenti hanno emesso un totale di 81,9 miliardi di dollari di obbligazioni con etichetta ESG, un aumento del 2% rispetto allo stesso periodo del 2021.La resilienza delle emissioni ESG a livello di mercati emergenti è in forte contrasto con ciò che accade nel più ampio universo del reddito fisso. Sui mercati emergenti, in generale, le emissioni sono diminuite del 48% (sebbene l’offerta in valuta locale asiatica abbia invertito la tendenza, crescendo di quasi un quarto). Nel frattempo, secondo Refinitiv, nel primo semestre dell’anno, l’emissione globale complessiva di debito è diminuita del 14% rispetto al 2021, attestandosi a 4.800 miliardi di dollari.Tendenzialmente, i mercati emergenti devono fare di più in relazione ai fattori ESG rispetto agli omologhi dei Paesi sviluppati, motivo per cui gli investitori apprezzano particolarmente l’emissione di loro prodotti ESG. Ciò a sua volta sostiene la domanda, il che può essere allettante per gli emittenti. A volte beneficiano anche di un “greenium” (ovvero della possibilità che gli investitori potrebbero essere disposti a pagare un premio aggiuntivo per tali obbligazioni), con conseguente riduzione dei rendimenti e, quindi, minori costi di finanziamento per gli emittenti.Le obbligazioni con etichetta ESG si sono dimostrate particolarmente popolari tra gli emittenti con rating investment grade (che hanno rappresentato oltre la metà delle emissioni complessive nei primi sei mesi dell’anno). Questi titoli possono così offrire agli investitori rendimenti paragonabili a quelli del debito high yield dei mercati sviluppati, ma con un rischio di credito significativamente migliore: una proposta particolarmente interessante in un momento di accentuata volatilità dei mercati e di rialzo dei tassi. Fonte: https://am.pictet/it/italy/articoli/2022/analisi-dei-mercati-e-asset-allocation/08/fixed-income–la-forza-della-sostenibilita-per-i-mercati-del-debito-emergente.

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Valutazioni troppo alte del rischio di default aprono nuove opportunità nel debito emergente

Posted by fidest press agency su lunedì, 11 luglio 2022

A cura di Robert Simpson, Co-Head of Emerging Hard Currency Debt di Pictet Asset Management. Raramente gli investitori nel debito dei mercati emergenti hanno dovuto affrontare un contesto economico e geopolitico più complesso di quello attuale. Tuttavia, dato che tali complessità costringono molti investitori a tenersi lontani da questa classe di attivi, si aprono opportunità di acquisto interessanti. Ciò emerge in maniera evidente osservando il modo in cui i mercati hanno scontato i rischi che gravano sui mercati emergenti (ME): il rischio di insolvenza del debito emergente è prezzato a livelli interessanti non solo storicamente, ma anche rispetto ad altre classi di attivi, non ultimo il credito corporate high yield.Tale modo di prezzare il rischio si lega principalmente all’elevata incertezza sul probabile percorso che seguiranno i tassi di interesse globali. I titoli di Stato dei mercati emergenti sono considerati particolarmente vulnerabili al contesto attuale dei tassi di interesse, dato il possibile sviluppo dei costi di finanziamento e il probabile impatto che esso avrà sulle condizioni di liquidità globali, come ad esempio sull’andamento dei flussi di capitale o sulla maggiore difficoltà nel ripagare il debito in dollari a causa del rafforzamento della moneta. Di certo, la forza con la quale i prezzi dei Treasury USA si sono mossi ha comportato un notevole aumento della volatilità del debito emergente: negli ultimi 12 mesi, i rendimenti dei titoli di Stato americani a dieci anni sono saliti di 148 punti base, raggiungendo il 3,03%. Allo stesso tempo, lo scenario è reso più complesso dalla frammentazione dei prezzi delle materie prime, in particolare dei generi alimentari e dell’energia, che pesano in modo consistente sul paniere dei consumi dei Paesi emergenti. Alcune economie emergenti, tuttavia, sono importanti produttori di materie prime e hanno quindi beneficiato dell’aumento dei prezzi, mentre altre riversano in condizioni di difficoltà. La domanda chiave che gli investitori devono affrontare ora è: in cosa differiscono le condizioni attuali rispetto al passato per giustificare questi prezzi di mercato esagerati? Una preoccupazione è che i livelli di debito dei ME restino molto più alti rispetto al periodo precedente la pandemia, e ai livelli toccati nel corso dei precedenti cicli monetari globali. Già solo basandosi su questo, l’aumento dei tassi di interesse rappresenterebbe un significativo fattore di rischio per il debito emergente. È però vero che ciò significherebbe ignorare in quale misura i Paesi emergenti sono stati in grado di emettere debito a rendimenti storicamente bassi negli ultimi anni e, in particolare, nel 2020, quando la pandemia ha fatto crollare i tassi di interesse globali a livelli mai visti in precedenza. Di conseguenza, questo debito viene restituito a tassi molto bassi e si prevede che i costi per farlo (come percentuale del PIL) diminuiranno ulteriormente nei prossimi anni. Ciò, a sua volta, rende altamente improbabile il rischio di un’insolvenza in blocco del debito sovrano dei mercati emergenti. Il rischio di default, invece, si concentra su crediti più piccoli e più deboli, con esigenze di finanziamento a breve termine elevate, nonché dipendenti dalle importazioni di cibo ed energia. All’interno delle varie regioni, Mozambico, Costa d’Avorio, India, Indonesia, Vietnam, Uzbekistan, Georgia, Panama, Repubblica Dominicana e Colombia dovrebbero mostrare le performance più solide, con tassi di crescita compresi tra il 3,9% e il 7,2% annuo. Si tratta di un risultato considerevolmente migliore rispetto alla migliore performance prevista per il mondo sviluppato (quella degli Stati Uniti, al 2,2%), nonché di un’inversione dell’immediata tendenza post-pandemica. Ciò è importante per diverse ragioni: in un momento in cui si prevede che i mercati sviluppati faranno fatica a crescere, la forza delle economie emergenti dovrebbe attirare flussi di capitale e quindi stimolare i mercati locali del debito. La storia dimostra che è importante scegliere il momento giusto per allocare il capitale. Tendenzialmente, gli investimenti effettuati in periodi di stress, quando la visibilità è bassa e il contesto macroeconomico e geopolitico è complesso, mostrano rendimenti a lungo termine più solidi di quelli fatti in un clima sereno, quando le valutazioni sono in genere più care. Su questa base, l’attuale contesto di mercato per il debito emergente pare propizio. Questa classe di attivi ha però un elevato grado di dispersione ed è quindi necessaria un’attenta analisi per evitare le insidie. L’attuale fase del ciclo e l’oculata selezione che proviene da un’attenta gestione attiva dovrebbero permettere, nei prossimi anni, di raccoglierne i frutti. (abstract) Fonte: https://am.pictet/it/italy/articoli/2022/analisi-dei-mercati-e-asset-allocation/06/valutazioni-troppo-alte-del-rischio-di-default-aprono-nuove-opportunita-nel-debito-emergente

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PGIM Fixed Income: Opportunità nel debito Investment Grade con la fine delle politiche accomodanti

Posted by fidest press agency su domenica, 3 luglio 2022

A cura di Ed Farley, Managing Director e Head of the European Investment Grade Corporate Bond Team di PGIM Fixed Income. Dato il potenziale di un ulteriore, ma più modesto, allargamento degli spread, cerchiamo opportunità di generazione di alfa in specifici settori e titoli di credito. Gli spread delle obbligazioni USA Investment Grade si sono ampliati in modo significativo all’inizio dell’anno; tuttavia, rimangono nella media del periodo post-crisi finanziaria globale pari a 135 punti base, anche se i rischi connessi alla politica monetaria e di natura geopolitica rimangono elevati. Per questo motivo, adottiamo un approccio cauto verso il mercato e il nostro scenario di base prevede un aumento degli spread di 30-40 punti base nei prossimi mesi. Il rischio di uno scenario ribassista in cui gli spread si allargano di 50-75 punti base è leggermente superiore alla probabilità di uno scenario rialzista in cui gli spread si restringono di 20-30 punti base.In questo contesto, cerchiamo di approfittare di interessanti offerte pubbliche di acquisto, quando possibile, e di vendere in momenti di forza per ridurre il rischio o creare spazio per investire in nuove emissioni con compensazioni interessanti.Da un punto di vista settoriale, i prezzi elevati dei fattori produttivi potrebbero comprimere i margini nei settori alimentare e delle bevande, dei prodotti di consumo, dei trasporti e della sanità, mentre le incertezze nei settori dei semiconduttori e dell’auto potrebbero protrarsi più a lungo di quanto inizialmente previsto. Al contrario, riteniamo che le banche offrano un buon valore nel lungo periodo, grazie a fondamentali solidi e a spread più ampi rispetto agli emittenti industriali con rating simile. Tuttavia, gli spread delle banche potrebbero essere soggetti a volatilità nel breve termine, poiché la liquidità del settore amplifica i movimenti del mercato. Infine, i settori dell’energia, dei metalli e della chimica dovrebbero beneficiare dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Per quanto riguarda le future implicazioni ESG, i recenti sviluppi hanno portato a due conclusioni. In primo luogo, la compressione globale dei prezzi delle commodity condurrà probabilmente a una accelerazione della transizione verso forme di energia più ecologiche, con conseguente aumento delle spese in conto capitale. In secondo luogo, i mercati si sono coalizzati sulla base di un messaggio: gli Stati e i relativi asset che non seguiranno questa trasformazione si troveranno rapidamente tagliati fuori dal sistema finanziario globale.Le condizioni dell’investment grade europeo sono simili a quelle di altri settori del credito, in quanto l’ampiezza della dispersione in tutta l’asset class sottolinea l’espansione del ventaglio delle opportunità di alfa.Sebbene le metriche del credito siano generalmente solide, le condizioni richiedono un’analisi a livello del singolo titolo di credito per determinare gli effetti delle strozzature nella catena di approvvigionamento e dell’inflazione dovuta ai costi dei fattori produttivi sui margini aziendali. Inoltre, è sempre più importante comprendere le esigenze di finanziamento delle singole imprese, dato che l’emissione primaria richiede compensazioni di spread considerevoli che possono di conseguenza mettere sotto pressione gli spread del credito sul mercato secondario.Affidarsi al beta per ottenere rendimenti potrebbe mettere gli investitori di fronte a ulteriori elementi sfavorevoli. Ad esempio, la risposta della BCE allo shock energetico consiste nell’accelerare la conclusione degli acquisti di asset – compreso il programma di acquisto di obbligazioni corporate – e del regime dei tassi negativi.Dal punto di vista della strategia, manteniamo un leggero sottopeso sulla duration degli spread e ci aspettiamo una compressione degli spread finanziari a favore di quelli societari. Riteniamo inoltre che il rialzo degli spread delle obbligazioni BB rispetto alle BBB sia interessante, laddove applicabile, e vediamo valore in alcune obbligazioni societarie ibride. I portafogli globali sono inoltre leggermente sottopesati nella duration degli spread e sovrappesati nel rischio. Sebbene gli spread in dollari abbiano finora superato quelli in euro nel 2022, riteniamo che il differenziale tra i due possa ridursi nel corso dell’anno.

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Capital Group: Il debito in valuta locale dei ME, un porto sicuro dai rialzi della Fed?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 22 giugno 2022

Flavio Carpenzano, Investment Director per il Reddito Fisso di Capital Group. In passato i cicli restrittivi degli Stati Uniti sono stati generalmente fonte di stress per le economie emergenti e, di recente, hanno rappresentato un fattore di volatilità del debito in valuta locale dei ME, con variazioni nella valutazione delle tempistiche e del ritmo della normalizzazione della politica monetaria negli USA, influenzando il debito in valuta locale.Il debito in valuta locale dei ME tende a indebolirsi nei periodi di aumento dei tassi di interesse USA, in quanto l’aumento dei tassi statunitensi spesso coincide con il rafforzamento del dollaro USA e l’indebolimento delle valute dei ME, e anche per il fatto che normalmente l’aumento dei tassi USA determina una diminuzione del differenziale con i ME, riducendo la remunerazione ricevuta dagli investitori a fronte del rischio paese emergente assunto.Attualmente il dollaro USA è sopravvalutato in base al nostro modello fondamentale interno di valutazione dei tassi di cambio. Tuttavia, date le differenze nelle prospettive di crescita e la differenziazione dei tassi d’interesse reali tra Stati Uniti e resto del mondo, è probabile che questa situazione rimanga tale per un po’ di tempo. In base al nostro modello, le valute dei ME sono perlopiù sottovalutate, ma alcune economie a crescita più rapida potrebbero registrare un certo apprezzamento del relativo tasso di cambio rispetto al dollaro. Da inizio anno la maggior parte delle valute dei ME ha in realtà registrato un apprezzamento rispetto alle valute dei mercati sviluppati diverse dal dollaro, a conferma di questa sottovalutazione. I differenziali dei tassi di interesse sono scesi ai minimi del decennio nel 2020 per poi tornare a salire nel 2021. Le banche centrali dei ME hanno iniziato a normalizzare i tassi già nel 2021, ossia prima delle banche centrali dei mercati sviluppati (MS), sia a causa dell’aumento dell’inflazione dovuto all’eccesso di domanda nel mercato del lavoro (ad esempio in Europa orientale e Russia), sia a causa delle pressioni sulla credibilità politica e sulle finanze pubbliche (ad esempio in America Latina). I tassi d’interesse sia nominali che reali sono saliti, in particolare nei paesi a più alto rendimento che, in genere, risultano i più vulnerabili alla stretta della Fed.Un altro fattore da valutare è se il debito in valuta locale dei ME abbia già scontato l’aumento dei tassi d’interesse USA. Il debito in valuta locale dei ME tende a subire un’ondata di vendite massicce quando i rialzi della Fed iniziano a essere incorporati nei prezzi, ma spesso resta relativamente stabile, o addirittura in rialzo, una volta annunciati i rialzi della Fed.Guardando al taper tantrum del 2013, si nota in realtà che i rendimenti negativi sono stati per la maggior parte realizzati durante le fasi di discussione sulla stretta monetaria, piuttosto che durante il periodo di rialzo dei tassi. Infatti, durante il periodo di rialzo dei tassi tra dicembre 2013 e ottobre 2014, il rendimento in valuta locale è stato positivo, anche se l’elemento del tasso di cambio ha trascinato i rendimenti al ribasso.Sebbene i rendimenti complessivi del debito in valuta forte dei ME siano stati molto negativi rispetto alla media storica, questa volta (da agosto 2021 a maggio 2022) la maggior parte del calo è attribuibile alla duration, poiché gli extra rendimenti (che non tengono conto della componente di duration) hanno effettivamente mostrato una buona tenuta.È interessante notare come i tassi di cambio dei ME siano stati la principale fonte di debolezza dei rendimenti in valuta locale dei ME durante i periodi di inasprimento delle condizioni finanziarie, mentre attualmente la debolezza ha riguardato soprattutto la duration locale. Ciò evidenzia che, rispetto ai precedenti periodi con condizioni finanziarie più restrittive, la maggior parte delle valute dei ME risulta più debole rispetto al passato.Dopo un decennio di crescita debole, commercio stagnante e flessione dei prezzi delle materie prime, la pandemia ha obbligato i ME ad aumentare drasticamente la spesa pubblica. I disavanzi fiscali e il debito pubblico dei ME risultano quindi più elevati rispetto ai picchi precedenti, anche se i livelli di debito pubblico sono ancora nettamente inferiori ai livelli dei MS e rimangono gestibili (l’FMI prevede un debito pubblico dei ME pari al 66% del PIL nel 2022 rispetto al 116% del PIL dei MS).Anche la composizione valutaria, la scadenza e la proprietà del debito sono importanti per determinare l’esposizione di un paese ai rischi di mercato e di rifinanziamento. Dal 2013 i titoli di Stato dei ME sono in genere meno dipendenti dai prestiti esteri, molti paesi emergenti hanno allungato le scadenze delle relative emissioni e le partecipazioni estere nelle obbligazioni in valuta locale hanno tendenzialmente subito una flessione. Quindi, nonostante l’incremento del debito pubblico e dell’inflazione subito dal 2013, lo spostamento verso il debito in valuta locale e il debito a lungo termine ha contribuito a ridurre la dipendenza dai flussi di capitale estero a breve termine.Nel frattempo, è probabile che la debolezza del debito in valuta locale dei ME dovuta all’aumento dei tassi d’interesse USA si sia già in gran parte manifestata. I rendimenti sono saliti e le valutazioni sono diventate più convenienti per tassi di cambio e debito in valuta locale dei ME.

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Schroders: La BCE deve agire rapidamente per evitare un’ulteriore crisi del debito

Posted by fidest press agency su sabato, 18 giugno 2022

La Banca Centrale Europea deve ora mantenere la promessa di creare un nuovo strumento politico, ampio e giuridicamente valido, per proteggere i Paesi periferici da un aumento eccessivo dei costi del debito.Le preoccupazioni per l’indebitamento dei governi periferici, come l’Italia, hanno portato a un aumento del costo di finanziamento per questi governi rispetto a Paesi core come la Germania. In passato, ciò ha innescato una crisi del debito che la BCE sta cercando di evitare nel suo avvio di un percorso di inasprimento della politica monetaria. Nel corso della riunione di ieri, la BCE ha ribadito il piano definito la scorsa settimana, che prevede di utilizzare gli asset in suo possesso nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) per bloccare l’ulteriore allargamento degli spread. Per fare ciò è quindi necessario svincolare il capitale dagli asset in scadenza, prima che vengano “reinvestiti” in titoli di Stato periferici.Nonostante gli sforzi messi in campo per mascherare le preoccupazioni del mercato sulla solvibilità di alcuni Paesi in seguito alla pandemia, la BCE dovrà essere molto più creativa per riuscire nell’intento. L’argomento che la BCE ha usato in passato è che la “frammentazione”, definita dagli investitori professionali “selezione” o “discriminazione”, potrebbe causare una crisi del debito. Questa crisi, a sua volta, creerebbe un contesto deflazionistico con una potenziale recessione. Tuttavia, con l’inflazione ai massimi da molti decenni e la volontà della BCE di alzare i tassi di interesse nei prossimi mesi, le argomentazioni a supporto del rischio di deflazione mancano di credibilità. L’annuncio della Bce rappresenta un passo nella giusta direzione, ma non ha risposto alle aspettative di un’immediata implementazione di uno strumento anti-frammentazione. Molte volte, in passato, la BCE ha fatto riferimento all’utilizzo dei reinvestimenti PEPP per indirizzare gli acquisti verso un Paese piuttosto che un altro. Questa intenzione è stata nuovamente confermata nel discorso di Schnabel dell’altra sera, quindi, non è una novità. Ciò che è nuovo, invece, è la menzione del nuovo strumento anti-frammentazione, che però deve ancora essere finalizzato prima di essere approvato dal Consiglio direttivo. In breve, sembra che gli spread periferici e i rendimenti all-in abbiano raggiunto il punto in cui la BCE si vede costretta a riaffermare il proprio impegno a sostegno di questi mercati. Tuttavia, il piano di reinvestimento non è una novità e resta da vedere quanto velocemente lo strumento anti-frammentazione possa essere implementato. Ci aspettiamo che le notizie di ieri forniscano un sollievo temporaneo e che, in ultima analisi, limitino il livello degli spread BTP-Bund, ma pensiamo che il mercato continuerà a sfidare la BCE e a spingere gli spread verso i recenti massimi.” Abstract by http://www.verinieassociati.com.

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Bankitalia: debito pubblico a 2.755 mld

Posted by fidest press agency su sabato, 21 Maggio 2022

Il debito pubblico, secondo Bankitalia, a marzo ha raggiunto i 2.755,372 miliardi.”Ennesimo record storico! Dopo il primato di febbraio, pari a 2.736,507, segue quello di marzo con un rialzo mensile non indifferente di 18,9 mld. Un debito che se fosse a famiglia sarebbe pari a 105 mila e 197 euro” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Anche calcolando il debito a italiano, si raggiunge un nuovo traguardo, pari a 46 mila e 715 euro” conclude Dona.

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Bankitalia: debito pubblico 2021 a 2.678.397 mld

Posted by fidest press agency su martedì, 15 febbraio 2022

Il debito pubblico, secondo Bankitalia, nel 2021 è pari a 2.678.397 miliardi.”Bene, è positivo che dopo il record storico raggiunto in agosto, pari a 2.734.988 mld, il debito pubblico sia sceso, anche se va ricordato che resta il valore annuale più alto e che si straccia il precedente primato del 2020, pari a 2.573.468 mld, il 155,6% del Pil” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Inoltre, anche se a marzo scopriremo, come anticipato dal Governatore, che il debito è sceso su valori prossimi al 150 per cento del Pil, resta un valore assoluto abnorme e preoccupante, specie considerato l’imminente cambio della politica monetaria della Bce, con il conseguente innalzamento dei tassi di interesse e degli oneri sul debito” prosegue Dona.”Inoltre, si tratta di oltre 102 mila euro di debito a famiglia, 102 mila e 258 euro per la precisione. Per ogni italiano si raggiunge il nuovo traguardo di 45 mila e 216 euro, un valore superiore a ogni precedente annuale” conclude Dona.

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Bankitalia: debito pubblico a 2.706,4 mld

Posted by fidest press agency su sabato, 20 novembre 2021

“Il fatto che il debito pubblico sia sceso a settembre di 27,9 miliardi è, purtroppo, solo un effetto ottico. Si tratta di una pausa nell’escalation che dura ininterrottamente dal dicembre 2020, ma che di fatto è iniziata a marzo del 2020, con lo scoppio della pandemia, quando il debito cominciò a salire da 2.433,6 mld a 2.469 di aprile” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Il calo, infatti, è dovuto prevalentemente al fatto che alcune imposte che erano state congelate sono ritornate in auge, anche se una parte dell’aumento delle entrate, pari a 35,6 mld, +19,7% su settembre 2020, si deve alla ripresa economica e questa è certamente la buona notizia” conclude Dona.

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Mercati emergenti: focus sul debito

Posted by fidest press agency su mercoledì, 10 novembre 2021

A cura di Kristin Ceva, responsabile strategie paesi emergenti di Payden & Rygel. Gli investitori generalmente percepiscono il debito dei mercati emergenti come altamente rischioso, ma, in realtà, questa asset class è abbastanza ampia da offrire opportunità di investimento che coprono l’intero spettro del rischio. Nell’universo dei mercati emergenti rientrano infatti 80 Paesi, il che consente di costruire portafogli con un’esposizione ad un’ampia gamma di Paesi in Africa, America Latina, Asia e anche in Europa.In effetti, il debito dei mercati emergenti non è così rischioso come molti tendono a credere: il rapporto rischio/rendimento è significativamente migliore rispetto alle azioni dei mercati emergenti e negli ultimi 20 anni gli investitori hanno ottenuto lo stesso rendimento totale annualizzato rispetto alle azioni, ma con un terzo della volatilità.Una questione che incoraggia alcuni investitori e sconcerta altri è rappresentata dal dominio della Cina nel panorama dei mercati emergenti: oggi affrontare il debito cinese è, infatti, una vera e propria sfida. Il debito corporate gioca un ruolo enorme nei portafogli investment-grade e i problemi di rimborso affrontati da China Evergrande Group, la più indebitata società immobiliare cinese, hanno sollevato non poche preoccupazioni.Da un punto di vista ESG, la Cina presenta un’interessante contraddizione. Alcune notizie riportate dai media internazionali sono profondamente inquietanti, ma le schede di valutazione ESG dovrebbero nel complesso sottolineare un miglioramento dei parametri, invece che il loro peggioramento. Detto ciò, la Cina rappresenta oltre il 30% dell’indice MSCI EM (azionario) e i primi cinque Paesi di quell’indice ne costituiscono il 75%, laddove i primi cinque Paesi degli indici di debito dei mercati emergenti ne costituiscono solo il 40%, a significare come ci siano molte altre opportunità da considerare.La chiave sta nel cercare quei Paesi in via di miglioramento. L’Ucraina, per esempio, si è dimostrata capace di approvare riforme davvero importanti per poter rimanere in un programma del FMI, dal momento che entrare in tali programmi è essenziale per attenersi ai progetti di riforma. Allo stesso modo l’Indonesia, che attualmente presenta un contesto politico molto positivo, è un Paese investment grade attraente dal punto di vista della valutazione e sta favorendo gli investimenti stranieri come mai prima d’ora.Anche Paesi più piccoli come l’Ecuador, che ha combattuto contro il Covid, ma che ora ha eletto un governo più market friendly, dovrebbero essere sul radar degli investitori. Inaspettatamente, le recenti elezioni hanno decretato la vittoria di Lasso, che ha aperto nuove opportunità per l’Ecuador per l’approvazione di alcune riforme necessarie ma politicamente difficili e anche per lo sblocco dei finanziamenti del FMI.Il debito dei mercati emergenti è sottorappresentato nei portafogli istituzionali e individuali, ma per via delle sue dimensioni, diversità e caratteristiche di rischio-rendimento, la maggior parte degli investitori potrebbe trarre vantaggio da un’allocazione, soprattutto in un contesto mondiale in cui circa 16,5 trilioni di dollari di debito hanno un rendimento negativo e dove i portafogli di titoli sovrani EM, per esempio, stanno rendendo il 5%-7% annuo. (abstract)

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GAM: ottimisti sul settore finanziario in particolare sul debito subordinato

Posted by fidest press agency su mercoledì, 10 novembre 2021

A cura di Gregoire Mivelaz, gestore delle strategie Credit Opportunities di GAM. Tra i principali avvenimenti dell’ultimo trimestre che ci hanno avvantaggiato, due riguardano la BCE e uno il mercato in generale. A inizio luglio la Banca Centrale Europea ha annunciato che avrebbe iniziato a integrare i cambiamenti climatici nella sua politica monetaria. Secondo noi è una notizia di grande rilievo. D’altra parte, il settore finanziario è certamente in grado di contribuire alla transizione verso un’economia a bassa intensità di carbonio, come dimostra la Net Zero Banking Alliance, per esempio, dove sono già stati impegnati 37 mila miliardi di dollari per l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. Il secondo annuncio della BCE ha riguardato la rimozione dei limiti sui dividendi delle banche europee. Altro aspetto molto positivo; ed implica che la BCE è ottimista sulle prospettive del settore bancario, e questo non è una sorpresa. Gli utili sono in alcuni casi estremamente robusti. Sappiamo che il settore finanziario è in una forma eccellente e molto solido, ma tali sviluppi influenzano anche la fiducia nei confronti del settore in generale, il che beneficia i titoli finanziari. Terzo, sul fronte macroeconomico, le banche centrali ci stanno dicendo che la ripresa è in corso. Per esempio, la Federal Reserve fa sapere che il tapering potrebbe iniziare già il mese prossimo, mentre il rendimento dei titoli del Tesoro e dei Bund delineano uno scenario diverso che, secondo noi, dipende più da fattori tecnici che dai fondamentali. Dunque, a parità di condizioni, nel prossimo trimestre ci aspettiamo un rialzo dei tassi, che gioverebbe alla strategia; infatti, il debito subordinato in genere ottiene performance robuste persino quando i tassi di interesse sono al rialzo.Le prospettive per il prossimo trimestre ci sembrano molto positive. Ci aspettiamo altri tre mesi con un reddito elevato e stabile, in concomitanza con la rivalutazione dei prezzi. Le ragioni per cui siamo ottimisti sono, innanzitutto, i fondamentali molto robusti. La stagione delle trimestrali ha confermato la solidità del settore con utili che non erano così brillanti da tempo. Il secondo elemento riguarda le valutazioni. Sono ancora molto interessanti relativamente al debito subordinato. Terzo, a livello dei fattori tecnici sul mercato, in questo momento, c’è più domanda che offerta e ciò potrebbe far restringere ulteriormente gli spread. Dunque, le prospettive per il prossimo trimestre si confermano molto positive. Secondo noi, una delle opportunità di investimento più interessanti in termini di generazione di alpha riguarda proprio il debito subordinato, perché consente di cogliere un reddito in linea con l’high yield ma attraverso emittenti investment grade. In questo modo, si ottiene il meglio dei due mondi. Ovvero un reddito elevato, ma attraverso società di alta qualità. Per quanto concerne le singole posizioni, il nostro è un approccio bottom-up attivo, dunque ci sono molte opportunità anche nelle singole posizioni. Lo scorso trimestre ho citato la nostra posizione e il grado di convinzione elevato nei confronti di Rabobank. Il prezzo dell’obbligazione in effetti è salito di oltre il 6% durante il trimestre. Con questa posizione otteniamo un rendimento del 4,7% circa per una delle banche più solide in Europa rispetto ai CoCo AT1 che offrono un rendimento inferiore al 3%.

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Bankitalia: debito pubblico a 2.734,4 mld

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 ottobre 2021

Il debito pubblico, secondo Bankitalia, ad agosto ha raggiunto i 2.734,426 miliardi. “Nuovo record storico del debito pubblico. Si tratta di oltre 104 mila euro di debito a famiglia, 104 mila e 398 euro per la precisione” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Anche calcolando il debito ad italiano, si raggiunge un nuovo traguardo, pari a 46 mila e 145 euro, un valore superiore a ogni precedente. Prima o poi questo debito dovrà essere ridotto, finita la pandemia. Ci domandiamo a chi saranno chiesti i soldi. Seriamo non si soliti lavoratori dipendenti” conclude Dona.

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Bankitalia: debito pubblico a 2.680,5 mld

Posted by fidest press agency su sabato, 19 giugno 2021

Il debito pubblico, secondo Bankitalia, ad aprile ha raggiunto i 2.680,469 mld.”Nuovo primato in valore assoluto del debito pubblico. Per la terza volta nella storia si è superata la fatidica soglia di 100 mila euro di debito a famiglia, arrivando a 102 mila e 337 euro” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Anche calcolando il debito ad italiano, si raggiunge un nuovo traguardo, superando per la prima volta la soglia di 45 mila euro a italiano. Se, infatti, consideriamo la popolazione residente, è come se ogni italiano avesse un debito di 45 mila e 234 euro, un valore superiore a ogni precedente” prosegue Dona.”Il problema del debito, al di là delle soglie simboliche, è che, anche se sostenibile nel lungo periodo, quando finirà la politica monetaria accomodante della Bce e i tassi di interesse cominceranno a risalire ci sarà un aumento delle tasse non indifferente per pagare l’onere del debito, con pesanti effetti redistributivi, come accaduto nel 2011, quando l’innalzamento dello spread è stato fatto pagare alla casalinga di Voghera con l’aumento dell’aliquota Iva” conclude Dona.

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Bankitalia: debito pubblico a 2.650,9 mld

Posted by fidest press agency su martedì, 18 Maggio 2021

Il debito pubblico, secondo i dati di Bankitalia, a marzo ha raggiunto i 2.650.882 mld.”Nuovo primato in valore assoluto del debito pubblico. Inoltre, per la seconda volta nella storia si è superata la soglia simbolica di 100 mila euro di debito a famiglia, battendo il precedente record di febbraio 2021 e arrivando a 101 mila e 208 euro” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Anche calcolando il debito ad italiano, si raggiunge un nuovo traguardo. Se, infatti, consideriamo la popolazione residente, è come se ogni italiano avesse un debito di 44 mila e 735 euro, un valore superiore a ogni precedente” conclude Dona.

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