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Posts Tagged ‘diagnosi’

Arti inferiori, dalla diagnosi al trattamento. In tanti al Centro San Luca di Battipaglia per il secondo evento accreditato ECM

Posted by fidest press agency su lunedì, 22 Maggio 2023

Si è tenuto nella giornata di sabato, al Centro San Luca Medicina & Riabilitazione di Battipaglia, il secondo evento accreditato ECM per la formazione, rivolto agli operatori sanitari che si occupano di medicina fisica e riabilitativa. Nel corso del convegno si è parlato delle patologie degli arti inferiori, dalla diagnosi al trattamento. I relatori hanno discusso dell’importanza degli interventi specifici nella fase diagnostica e in quella riabilitativa, pre e post chirurgica. Cercare di conoscere bene le tappe d’evoluzione dell’acquisizione dei movimenti è fondamentale in maniera tale da poter tranquillizzare il paziente ed approfondire quelle situazioni che possono essere significative per eventuali diagnosi. La valutazione post chirurgica per un recupero migliore è importante soprattutto per far si che il paziente possa tornare alle sue attività di vita quotidiana il più presto possibile. I protocolli di terapia fisica con l’utilizzo delle terapie strumentali sono fondamentali perchè possono essere d’aiuto al fisioterapista. “Siamo soddisfatti del numero delle presenze registrate anche per questo secondo evento formativo da noi organizzato – ha dichiarato Elisa Vitolo, responsabile del Centro Medico San Luca – che ricordo essere un centro di medicina e riabilitazione. La nostra missione è quella di offrire qualità ed innovazione, con uno sguardo sempre rivolto al futuro e alle nuove tecnologie, alla robotica e all’importanza del trattamento riabilitativo attraverso strumenti all’avanguardia. Non a caso siamo già partiti all’inizio del 2023 con un modello di riabilitazione, che la nostra equipe mette in atto per ogni paziente. Una riabilitazione che non è solo manuale, quindi rapporto individuale tra il terapista e il paziente ma accompagnata anche con dei macchinari tecnologici che prevedono una riabilitazione 4.0”

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Tumore della prostata diagnosi precoce e approccio multidisciplinare

Posted by fidest press agency su lunedì, 22 Maggio 2023

Secondo i dati AIOM “I numeri del cancro” del 2022, in Italia il tumore alla prostata corrisponde al 19,8% di tutti i tumori maschili ed è il più diffuso tra gli uomini, con 564 mila pazienti registrati, 40.500/ anno nuove diagnosi, 7.200 decessi/anno, 91% di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi e 7 milioni di uomini dai 55 anni in su, che potenzialmente potranno ricevere una diagnosi di tumore alla prostata. Negli ultimi decenni sono aumentati i casi di tumore alla prostata e ciò principalmente perché sono stati sempre più affinati gli strumenti che sono in grado di portare ad una diagnosi precoce di questa patologia. Nonostante però l’aumento dell’incidenza, si registra una diminuzione della sua mortalità, a dimostrazione che una diagnosi precoce oltre a portare a una possibile guarigione, favorisce una più corretta e facile gestione della malattia. A differenza di altri tumori, per il cancro alla prostata esistono più alternative di cura. Caso per caso possono offrire al paziente probabilità di trattamento ottimale con diversi effetti collaterali. Diventa quindi fondamentale la scelta condivisa medico paziente.“Il cancro alla prostata è una malattia molto complessa e per questo richiede la collaborazione di più specialisti – sostiene il prof. Massimo Di Maio, Segretario Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica/AIOM -. Per quanto riguarda le terapie farmacologiche, anche se più lentamente rispetto ad altri tumori, si sta assistendo a progressi nella direzione della “medicina di precisione”. Stiamo procedendo verso una maggiore caratterizzazione delle alterazioni molecolari presenti nelle cellule tumorali. Così potremo prevedere quali farmaci possono funzionare e quali no, cosa che oggi purtroppo non sappiamo fare in maniera ottimale. Altro aspetto da considerare è la crescente attenzione che dobbiamo prestare alla qualità di vita dei pazienti. Questa è determinata non solo dal controllo della patologia e dei suoi sintomi ma anche dagli effetti collaterali dei trattamenti. Il percorso di malattia, anche in stadio avanzato, grazie all’efficacia dei trattamenti può durare molti anni e non è possibile prescindere da considerare anche questi aspetti. Più recentemente va segnalato un interessante risultato nell’ambito dei trattamenti innovativi per la malattia avanzata: la teranostica (“terapia + diagnostica”), che rappresenta l‘integrazione di un metodo diagnostico con uno specifico intervento terapeutico, basato sull’impiego di un ligando radioattivo che va a colpire selettivamente le cellule tumorali”.La disponibilità di queste nuove terapie e delle innovazioni scientifiche si accompagna a una crescente attenzione alla qualità di vita dei pazienti, che è determinata non solo dal controllo della malattia e dei suoi sintomi, ma anche dagli effetti collaterali associati ai trattamenti. Il percorso di un paziente con tumore della prostata, anche se in stadio avanzato, può durare anni, e non è possibile prescindere dall’attenzione alla sua qualità di vita.

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Aumenta in Italia il numero di nuove diagnosi di tumore della vescica

Posted by fidest press agency su venerdì, 21 aprile 2023

Solo nel 2022 sono state 29.200 e si è registrato un +8% di casi l’anno rispetto al 2017, quando furono 27.000. I più colpiti risultano gli uomini (oltre 23mila) ma crescono in cinque anni dell’11% anche i casi femminili. Sotto accusa sono soprattutto gli stili di vita scorretti, a partire dal fumo di sigaretta che è responsabile del 43% delle patologie neoplastiche uroteliali maschili e del 25% di quelle femminili. Senza dimenticare che non esistono programmi di screening per la prevenzione secondaria. Quando si riesce ad ottenere una diagnosi precoce, la sopravvivenza a cinque anni è dell’80% anche grazie agli ultimi progressi delle terapie. E’ quanto evidenziato dalla FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) durante il convegno nazionale: “Utilizzo dei dati in ricerca clinica. Come destreggiarsi nei vincoli della normativa privacy”. Di più difficile gestione sono invece i casi metastatici che ammontano in Italia a circa a 7.300 l’anno. Per questi malati le opzioni terapeutiche al momento sono ancora piuttosto limitate”. Proprio per questo la FICOG ha attivato il primo Registro Nazionale la cui realizzazione è stata resa possibile con il supporto non condizionante di Gilead Sciences. “E’ uno progetto di ricerca di cui vi è assoluta necessità nel nostro Paese – sottolinea il prof. Carmine Pinto, Presidente FICOG -. Siamo riusciti a coinvolgere oltre 50 centri e abbiamo raggiunto una copertura uniforme dell’intero territorio nazionale. Lo studio SATURNO è multicentrico, prospettico e si pone l’obiettivo di raccogliere dati riguardanti la gestione dei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico sottoposti a trattamento attivo o ad una terapia di supporto in linea con le raccomandazioni nazionali e internazionali. Il cancro della vescica risulta essere la dodicesima neoplasia più diffusa a livello mondiale. Solo in Italia vivono 313mila persone con questa neoplasia: 255.000 uomini e 58.600 donne. “Nel corso degli ultimi anni siamo riusciti a ridurre i tassi di mortalità grazie soprattutto all’arrivo nella pratica clinica di nuove cure – prosegue il prof. Pinto -. Nonostante l’innovazione terapeutica i decessi ammontano ancora a più di 6.000 l’anno in Italia e preoccupa anche l’aumento dell’incidenza. Bisogna quindi intervenire anche sulla prevenzione primaria, l’unica possibile per questa forma di cancro. I fumatori corrono un rischio almeno tre volte più elevato di sviluppare il carcinoma rispetto ai non tabagisti. Questo spiega in parte l’aumento dell’incidenza tra le donne, maggiore rispetto a quella registrati tra gli uomini. Un altro fattore di rischio conclamato è l’esposizione a sostanze chimiche presenti in alcuni coloranti, diserbanti o idrocarburi. Per i lavoratori a rischio sono state avviate negli anni scorsi dei programmi di screening specifici. L’impatto della malattia sull’intero sistema sanitario nazionale può essere ridotto e come FICOG vogliamo dare un nostro contributo con il nuovo Registro”.

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Paragangliomi vescicali: diagnosi, terapia e fattori di rischio

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2023

I parangangliomi (PGL) sono rari tumori di derivazione neuroendocrina, che originano dai gangli simpatici toracoaddominali (definiti feocromocitomi quando prendono origine dalla midollare surrenalica) o dai gangli parasimpatici del distretto testa-collo (Lenders JW, et al. J Clin Endocrinol Metab 2014).La presenza di eccesso di CA, prosegue De Filpo, è stata valutata nel 63% dei casi e confermata in 48 pazienti (44%). In 9 dei 39 pazienti con diagnosi post-operatoria, l’eccesso di CA era stato valutato pre-operatoriamente, ma la diagnosi non era stata posta correttamente per livelli normali o borderline associati o meno a negatività dell’imaging funzionale. In un caso il PGL vescicale non è stato riconosciuto nonostante l’eccesso di CA, vista la presenza contestuale di altro PGL. «Prima di procedere con la chirurgia o biopsia o altra gestione terapeutica, in quasi la metà dei pazienti (48%) sono stati eseguiti uno o più esami strumentali» riferisce De Filpo. «Il più alto tasso di falsi negativi si è avuto con la scintigrafia con MIBG (42%), seguita da PET/TC con 68Ga-DOTATATE (36%), ecografia (25%), PET/TC con FDG (18%), TC (14%) e RM (9%). Non si è dimostrata associazione dei falsi negativi né con l’eccesso di CA né con la presenza di varianti patogenetiche del gene SDHB». Riguardo alle terapie, specifica la specialista, il 94% dei pazienti è stato sottoposto a intervento chirurgico (cistectomia radicale o parziale, resezione vescicale trans-uretrale o altra chirurgia non meglio precisata). Nel 9% dei casi è stato necessario un secondo intervento (per resezione incompleta del tumore primitivo o recidiva di malattia). Nel 25% dei pazienti sono state impiegate terapie multiple (es. chemioterapia, radioterapia loco-regionale, terapia medico-nucleare).Lo studio mette in evidenza come la diagnosi di PGL vescicale sia avvenuta nella maggior parte dei pazienti dopo chirurgia o biopsia, senza un’adeguata valutazione dell’eccesso di CA prima della procedura, commenta De Filpo. «Pertanto, si rende necessario un approccio multi-disciplinare, al fine di ottimizzare il processo diagnostico nonché la gestione terapeutica di questi rari tumori. La corretta diagnosi di PGL funzionanti prima di una procedura chirurgica è infatti cruciale per evitare le complicanze peri-operatorie legate al massivo rilascio di CA. Le varianti patogenetiche del gene SDHB non sono risultate associate né allo sviluppo di malattia metastatica né alla mortalità. Tale dato, seppur in linea con un precedente studio condotto su un piccolo gruppo di pazienti (n = 27) affetti da PGL vescicale (Martucci VL, et al. Urol Oncol 2015), potrebbe essere influenzato dalla mancata disponibilità dell’analisi genetica per tutti i pazienti inclusi nello studio, il che ne rappresenta uno dei limiti. La presenza di metastasi sincrone è risultato l’unico fattore associato ad aumentata mortalità per PGL. È noto come la tempistica di comparsa di metastasi influenzi la prognosi dei pazienti affetti da PGL metastatico, ma, vista la difficoltà nel predire accuratamente lo sviluppo di metastasi, gli autori considerano la possibilità di sottoporre i pazienti con PGL vescicale a follow-up a vita». (abstract by Doctor33)

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Endometriosi, il punto su diagnosi e cura. Ecco come gestire

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 marzo 2023

Uno studio di revisione pubblicato sul Canadian Medical Association Journal (CMAJ) fornisce una panoramica delle cause, della diagnosi e della gestione dell’endometriosi sulla base delle prove più recenti.«L’endometriosi, disturbo piuttosto frequente che può causare dolore pelvico e infertilità peggiorando la qualità della vita, è definita come la presenza di tessuto simile all’endometrio al di fuori dell’utero. Ha cause non completamente comprese e attualmente non esiste alcun trattamento in grado di risolverla in modo definitivo» esordisce la prima firmataria dell’articolo Catherine Allaire, dell’Università della British Columbia a Vancouver, Canada, che assieme ai colleghi ha condotto una ricerca MEDLINE mirata e non sistematica dal 1960 al gennaio 2022 utilizzando il termine “endometriosi” da solo e con la funzione AND con i termini “fisiopatologia” , “diagnosi”, “trattamento”, “dolore”, “infertilità, “chirurgia” e “farmaci”, concentrandosi su studi clinici, linee guida, revisioni sistematiche e trial randomizzati.A conti fatti, le terapie oggi disponibili mirano al controllo dei sintomi e comprendono la soppressione ormonale, la chirurgia o una combinazione di entrambi gli approcci, nonché l’assistenza multidisciplinare per affrontare il dolore persistente. Ma per impostare un corretto trattamento serve una diagnosi tempestiva: sebbene la chirurgia possa fornire un riscontro istopatologico definitivo, la maggior parte delle linee guida internazionali raccomanda una diagnosi non chirurgica basata su sintomi, risultati dell’esame obiettivo e imaging per ridurre i ritardi nell’inizio del trattamento.«L’endometriosi può coinvolgere più sistemi di organi e i suoi sintomi, spesso cronici, possono influenzare in modo considerevole la produttività lavorativa, la vita sociale, le relazioni intime e la salute mentale oltre a comportare notevoli costi sociali» riprende Allaire, ribadendo che il riconoscimento dei sintomi e la diagnosi precoce sono fondamentali per un trattamento tempestivo. «Già i medici di famiglia possono porre diagnosi clinica di endometriosi e avviare una prima gestione medica, inviando quanto prima la paziente al ginecologo per la terapia ormonale o la chirurgia di seconda linea» concludono gli autori. (Fonte Doctor33)

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Rendere uniformi la diagnosi e la cura del tumore del polmone su tutto il territorio

Posted by fidest press agency su sabato, 18 febbraio 2023

Occorre valorizzare il ruolo del team multidisciplinare, valutare questa neoplasia su ampia scala dal punto di vista epidemiologico e del trattamento, con particolare riferimento all’efficacia della chirurgia associata alla medicina di precisione ed alla qualità di vita del paziente. Sono i principali obiettivi dello studio LUCENT (Lung Cancer Observational Study), promosso dal Professor Roberto Crisci, Ordinario di Chirurgia Toracica all’Università dell’Aquila, e presentato oggi in un convegno nazionale online (“Il trattamento chirurgico delle neoplasie polmonari”).Il cancro del polmone rappresenta la terza neoplasia più diffusa in Italia, con poco meno di 44mila diagnosi stimate nel 2022, in forte crescita fra le donne e (meno) negli uomini. I progressi in campo oncologico si stanno realizzando anche nel carcinoma polmonare che, in questi anni, ha registrato miglioramenti in ambito prognostico grazie alla medicina personalizzata e alle nuove terapie che hanno aperto interessanti prospettive, ma molto resta ancora da fare.“La profilazione genomica del paziente, dopo lo studio delle possibili alterazioni genomiche, permette di trattare in modo più mirato, anche se la percentuale di pazienti che le presentano sono una minoranza – spiega il Prof. Crisci -. Importante è rendere omogenei questi strumenti diagnostici, in particolare l’NGS (Next Generation Sequencing), ancora presente in pochi centri. È opportuno, quindi, che chi è colpito da questa patologia si rivolga agli Istituti di riferimento e possa accedere alle cure più mirate. Nel convegno di oggi, è stata ribadita l’assoluta importanza del team multidisciplinare che coinvolge chirurgo, oncologo medico, radioterapista, anatomo patologo, biologo genetista, psico oncologo, per gestire al meglio la complessità di una patologia dai numeri estremamente rilevanti e che risente pesantemente di scorretti stili di vita, in primo luogo il fumo. Il Covid-19 ha incrementato il numero dei fumatori nel nostro Paese, ed è necessario insistere con campagne di prevenzione che devono essere sempre più mirate, soprattutto verso i giovani”. L’obiettivo dello studio LUCENT sarà proprio quello di analizzare le differenti strategie di trattamento che possano rendere omogenei i percorsi di diagnosi e cura. Troppo spesso l’approccio multidisciplinare è attivo solo sulla carta. È indispensabile, invece, un confronto continuo che possa consentire una condivisione e un approccio sempre più personalizzato anche per queste neoplasie. Lo studio LUCENT, indipendente e senza fini di lucro, si pone obiettivi ambiziosi, proprio per questo sarà realizzata una survey osservazionale che coinvolgerà centri in tutta Italia, da nord a sud della Penisola, con l’obiettivo di raccogliere un numero di casi statisticamente significativi per renderlo uno strumento importante, non solo per i clinici, ma anche per le Istituzioni e per le Associazioni di pazienti.

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Diagnosi del carcinoma midollare della tiroide

Posted by fidest press agency su giovedì, 15 dicembre 2022

Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) è una rara neoplasia tiroidea originata dalle cellule para-follicolari o cellule C, che si manifesta in forma familiare in un caso su cinque. Il timing della diagnosi ha un importante impatto sull’outcome del paziente: il ritardo diagnostico e terapeutico è correlato a una prognosi peggiore (Trimboli P, et al. Head Neck 2014). Di recente è stata pubblicata una metanalisi sull’argomento. «Le banche dati utilizzate sono state PubMed/MEDLINE e Scopus. Gli studi ideali da includere erano quelli in cui veniva eseguita la diagnosi citologica e la FNA-CT sulla stessa serie di noduli in esame o linfonodi del collo, per permettere un vero e proprio confronto testa a testa tra le due metodologie diagnostiche» spiega Delle Cese. «Dopo lo “screening” delle banche dati online, i principali criteri di esclusione erano: a) articoli che non rientravano nel campo di interesse dello studio; b) revisioni, editoriali, lettere, commenti; c) articoli che non fornivano chiare caratteristiche dello studio; c) studi che includevano meno di 10 casi di CMT». Due ricercatori – riporta – hanno esaminato in modo indipendente quanto raccolto e dopo aver applicato i criteri di esclusione, nella metanalisi sono stati inclusi 6 articoli, con 278 pazienti, con un totale di 399 lesioni sottoposte sia a FNA-citologia che a FNA-CT. «Il numero totale delle lesioni con diagnosi definitiva di CMT era 173» prosegue Delle Cese. «La sensibilità dell’analisi citologica registrata nei sei studi variava dal 20% all’86%. La sensibilità aggregata della procedura, ottenuta dalla meta-analisi, era del 54% (IC 95% 35-73%) con significativa eterogeneità dei risultati. La sensibilità della FNA-CT era superiore al 95% in tutti gli studi tranne uno (che riportava sensibilità dell’88%). La sensibilità aggregata della FNA-CT era del 98% (IC 95% 96-100%), in assenza di eterogeneità. Poiché i due IC al 95% della FNA-citologia e della FNA-CT non erano sovrapponibili, la sensibilità della FNA-CT può essere valutata come significativamente superiore a quella osservata per la FNA-citologia». (abstract) fonte Doctor33

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Vasculopatie, nuovi metodi diagnostici, prospettive di cura

Posted by fidest press agency su venerdì, 18 novembre 2022

Padova sabato 19 novembre con inizio alle ore 8,30 nell’Aula magna di Palazzo Bo si terrà il Convegno L’Angiologia tra storia e futuroapre una grande finestra che abbraccia la storia, l’attualità e uno scorcio sul futuro sull’Angiologia, dalle tecnologie per la diagnostica alle diverse patologie legate ai problemi vascolari.Erano gli inizi del 1600 quando a Padova Fabrici d’Aquapendente effettuando osservazioni sulle valvole venose pubblica il De venarum ostiolis. Nonostante le valvole fossero simili a quelle sigmoidee alla radice delle grandi arterie, Fabrici le interpretò erroneamente come porticine (ostiola) che rallentavano il flusso di sangue nel suo movimento centrifugo. William Harvey propose invece un’interpretazione opposta, affermando che queste piccole porte servivano a ostacolare il ritorno del sangue all’indietro nel suo flusso centripeto.Si parlerà tra l’altro dei danni microcircolatori legati all’obesità, delle vasculopatie legate alla genetica, degli studi per rigenerare i vasi sanguigni, alle prospettive di cura di linfedema e lipedema, fino alle problematiche legate al trapianto di cuore.Il programma prevede inoltre un excursus sulla figura di Bruno da Longobucco, tra i fondatori dell’Università di Padova e primo Magister di Chirurgia nel 1222, per moltissimo tempo “dimenticato” fino alla pubblicazione nel 2004 (Laruffa Editore) del libro del prof. Alfredo Focà: “Maestro Bruno da Longobucco Chirurgo”. Alfredo Focà è stato ordinario di Microbiologia dell’Università Magna Graecia e grazie alla collaborazione del prof Giovanni Meloni, altro insigne ordinario di Microbiologia dell’Università di Padova, ebbe accesso alle biblioteche patavine, dove condusse le sue ricerche.Ma la scienza è il luogo preferito dell’incontro con l’arte, particolarmente quella raffigurativa, fin dagli esordi lo studio del corpo umano ha infatti prodotto tavole anatomiche di particolare pregio, basti ricordare le sei tavole eseguite da Andrea Vesalio e accompagnate da didascalie sulle vene, l’aorta e lo scheletro, che furono pubblicate nel 1538.Affianca il Convegno una esposizione nella Sala della Basilica del Bo di quadri opera di due medici: Giuseppe Tarantini, Direttore di Emodinamica e Cardiologia interventistica, e Antonio Zanon, direttore della Chirurgia vascolare dell’Ulss 4 San Donà, di scuola padovana.«Questa mostra vuole sottolineare l’indissolubile rapporto esistente tra arte e professione medica – spiega il prof Giampiero Avruscio, presidente del Congresso -, fin dai tempi di Vesalio, le cui illustrazioni anatomiche furono affidate alla scuola di Tiziano. Infatti ricordo che l’OMS definisce la Salute non come stato di assenza di malattia, bensì come il raggiungimento di un equilibrio psico-fisico-sociale. La Medicina quindi consiste nell’opera di “far star bene” le persone e questo si realizza anche attraverso altri strumenti, quali l’armonia, la musica, la danza e in questo caso la pittura. Medicina e Arte in questo perseguono un obiettivo comune.»Il Congresso rientra nelle celebrazioni degli 800 anni dell’Università di Padova.

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Riunione scientifica su “La sordità: possibilità diagnostiche e terapeutiche”

Posted by fidest press agency su martedì, 14 giugno 2022

Torino Martedì 21 giugno alle ore 21, l’Accademia di Medicina di Torino terrà una riunione scientifica, sia in presenza, sia in modalità webinar, dal titolo “La sordità: possibilità diagnostiche e terapeutiche”. L’incontro verrà introdotto da Roberto Albera, Professore Ordinario in Otorinolaringoiatria e socio dell’Accademia di Medicina. I relatori saranno Claudia Cassandro e Andrea Canale, entrambi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università degli Studi di Torino.Il primo obiettivo consiste nello sfatare miti e percezioni errate. Uno di questi è che la perdita dell’udito sia un problema delle persone anziane ed un segno di senilità e declino. La perdita dell’udito colpisce persone di tutte le età (globalmente 360 milioni di persone, circa il 5% della popolazione mondiale, vive con una perdita uditiva disabilitante; di questi 32 milioni sono bambini). In aggiunta, più di un miliardo di giovani tra i 12 ed I 35 anni hanno un maggiore rischio di sviluppare precocemente una perdita d’udito per l’ascolto di musica ad alto volume specie se attraverso cuffie. Il secondo mito è che la perdita dell’udito sia inevitabile. Oggi abbiamo una diagnostica avanzata, anche neonatale ed infantile con lo screening uditivo neonatale inserito nei LEA, che ci permette un’accurata diagnosi precoce di tutti i tipi di sordità e la possibilità di curare efficacemente infezioni, malformazioni e patologie dell’orecchio sia con terapie mediche che con tecniche chirurgiche microscopiche ed endoscopiche sofisticate.Anche sul piano della terapia riabilitativa si sono fatti passi da gigante con gli apparecchi acustici di ultima generazione e con gli impianti cocleari (orecchio bionico) con risultati inimmaginabili sul piano del recupero dell’udito solo 20 anni addietro. La sordità costa in termini personali (gli adulti più anziani sperimentano un disabilitante isolamento sociale con associate ansia, depressione, declino cognitivo e demenza) ed in termini sociali: gli ipoacusici hanno una maggiore frequenza di disoccupazione e le mansioni degli occupati il più delle volte non sono adeguate; inoltre, la collettività affronta costi riabilitativi sicuramente maggiori di un efficace intervento di prevenzione. Il World Report on Hearing dell’OMS ha calcolato che investire nella prevenzione dei danni uditivi può, in dieci anni, avvantaggiare oltre 1,4 miliardi di persone e portare ad un ritorno di quasi 16 volte per ogni euro investito. Si potrà seguire l’incontro sia accedendo all’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino (via Po 18, Torino), sia collegandosi da remoto al sito http://www.accademiadimedicina.unito.it.

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Diagnostica in studio, ecco cosa prevede il nuovo testo e che cosa cambierà per i medici

Posted by fidest press agency su giovedì, 12 Maggio 2022

«Ben venga il riparto dei 235 milioni tra regioni per incentivare la diagnostica di primo livello negli studi dei medici di famiglia. Ma quegli stanziamenti hanno bisogno di personale dedicato, di collegamenti – ad esempio, il radiologo che legge i referti -e di connessioni stabili, il che esclude per ora aree d’Italia. Abbiamo infrastrutture e personale per le nuove tecnologie?». Benedetto Magliozzi nuovo Segretario Generale di Cisl Medici succeduto a Biagio Papotto il 5 marzo scorso fa riferimento al decreto attuativo della manovra 2020 che per la diagnostica di primo livello stanziava 235 milioni: nel nuovo testo portato all’attenzione delle regioni per il riparto si specifica come le apparecchiature, acquistate dalle Asl per i medici di famiglia e i pediatri, verranno assegnate in prima battuta alle Case della Comunità hub, spoke ed alle medicine di gruppo “tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche per favorire più equità di accesso in aree interne, rurali, piccole isole e periferie urbane”. L’obiettivo è far sì che nessuno resti scoperto e che gli studi dei medici tra prima diagnostica e telemedicina siano rinforzati ovunque. Ciascuna regione o provincia autonoma deve presentare entro 2 mesi dall’uscita del decreto, una volta che sarà approvato, un piano pluriennale dei fabbisogni con obiettivi di salute, elenco dei beni da acquistare con costo e descrizione della tecnologia, esame delle diverse forme organizzative di medici destinatarie della “macchina”, tempi di acquisizione e di messa in funzione, piano di manutenzione, indicatori di processo e risultato per misurare l’attività svolta. Mauro Miserendino (Fonte doctor33)

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Perché le donne aspettano 8 anni per una diagnosi di endometriosi?

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 marzo 2022

Verrebbe da chiedersi solo perché, forse perché la risposta non è per nulla facile. Per dare voce a quante soffrono di endometriosi, il marchio di benessere intimo INTIMINA se da un lato ripropone la campagna di sensibilizzazione “The Wait” (con un video “provocatorio” di bambine di 8 anni che recitano le esperienze lunghe 8 anni di molte donne), dall’altro vuole mostrare come cambia la percezione di questa malattia da chi è direttamente coinvolto e da chi deve dare consigli.Coinvolte nell’intervista, la ginecologa per INTIMINA Manuela FARRIS, e ROBERTA la donna che ha prestato la sua storia alla voce delle bambine nel video “The Wait”. Ha 39 anni e da 3 anni è madre di un bambino, ma non dimentica la fatica che ha fatto (e gli oltre 10 anni da un medico all’altro) per arrivare a una diagnosi e poi alla chirurgia. Fondata nel 2009, Intimina è la linea completa di prodotti a marchio svedese per il benessere intimo delle donne. Con tre gamme di cure (Mestruale, Rinforzo del pavimento pelvico e Benessere femminile), Intimina ha prodotti per donne di tutte le età. Ogni prodotto è realizzato con materiali di alta qualità sicuri per il corpo ed è stato progettato e testato con il supporto di un gruppo mondiale di consulenti medici e ginecologi.

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I ritardi nelle diagnosi di melanoma a causa della pandemia continuano a farsi sentire

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 febbraio 2022

Lo sono in termini di casi di tumore della pelle più avanzati e difficili da trattare. Lo rivela uno studio condotto presso la Melanoma Unit dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) di Roma e pubblicato sulla rivista “Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology”. Il lavoro ha confermato che la gravità dei melanomi diagnosticati all’IDI nei primi mesi del 2021 si è mantenuta più elevata rispetto al periodo pre-pandemia. Già nel 2020, uno studio, condotto sempre dall’IDI, aveva osservato un aumento significativo della gravità dei nuovi casi di melanoma con un aumento sostanziale del loro grado di infiltrazione (lo spessore di Breslow) che era passato da una media di 0,88 mm nella fase pre-pandemica ad una media di 1,96 mm nell’immediato post-lockdown.Dal nuovo lavoro emerge che i giorni del periodo di studio (gennaio-giugno 2021) sono stati 157 e i nuovi casi di melanoma riscontrati 294, con un numero medio di 1,9 nuove diagnosi al giorno (leggermente inferiore rispetto alle 2,3 nuove diagnosi giornaliere osservate presso l’IDI in fase pre-pandemica). La maggiore gravità dei melanomi vista nell’immediato post-lockdown del 2020 si è ripetuta anche nei primi mesi del 2021. Questa maggiore gravità è stata evidente sia per quanto riguarda lo spessore di Breslow medio (1,4 mm del 2021 contro lo 0,88 mm del periodo pre-pandemico), sia per le caratteristiche cliniche di questi tumori, con una maggiore proporzione di melanomi nodulari (13,7% rispetto a 4,2%), ulcerati (10,4% contro 5,9%) o con una componente di crescita nodulare (10,0% rispetto al 5,0%). “Lo studio è importante perché l’IDI assorbe una quota molto elevata di tutti i melanomi diagnosticati in Italia – afferma Paolo Marchetti, Direttore Scientifico IDI di Roma, Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata -. Le conseguenze indirette della pandemia si fanno sentire per i pazienti che ricevono diagnosi di melanoma in stadio più avanzato. Lo spessore del melanoma è determinante per stabilire il percorso di cura. Quando è inferiore al millimetro, nella maggior parte dei casi basta la chirurgia per ottenere la guarigione. Quando supera il millimetro, è invece necessario effettuare la valutazione di un eventuale interessamento dei linfonodi (tecnica del linfonodo sentinella) e un diverso bilancio di estensione di malattia con esami di secondo e terzo livello, perché il rischio di ripresa della malattia è più alto. Diagnosi più avanzate si traducono non solo in maggiori sofferenze per i pazienti e per le loro famiglie, ma anche in costi notevoli per il sistema sanitario nazionale”. “Il ritardo diagnostico accumulato nel 2020 non è stato del tutto assorbito nel 2021 – continua il prof. Marchetti -. Sono quindi necessari interventi da parte delle Istituzioni, anche in termini di investimenti per assumere più personale medico e infermieristico, con l’obiettivo di ripristinare e accelerare i percorsi di diagnosi e cura del melanoma”.La percentuale di melanomi meno severi è rimasta sostanzialmente stabile nelle varie fasi pandemiche (25-28% del totale dei melanomi) ed è molto vicina ai valori osservati nel periodo 2018-2019. Il ritardo diagnostico ha riguardato prevalentemente gli uomini di età pari o superiore a 50 anni. “Una nota positiva che emerge dallo studio è la maggiore attenzione da parte delle donne nei confronti del corpo e della salute in generale – conclude il Prof. Marchetti -. Infatti il ritardo diagnostico è inferiore nelle donne rispetto agli uomini. Da qui l’importanza di campagne mirate di sensibilizzazione rivolte alla popolazione maschile. In conclusione, i nostri risultati suggeriscono che potremmo ancora pagare il prezzo della riduzione della prevenzione, delle diagnosi più tardive e del numero ridotto di diagnosi precoci causato dalla pandemia”.

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“Comunicare le diagnosi difficili”

Posted by fidest press agency su lunedì, 8 novembre 2021

Torino Lunedì 15 novembre dalle ore 18 alle 19.30, l’Associazione Amiche e Amici dell’Accademia di Medicina di Torino organizza un incontro in presenza, in condizioni di massima sicurezza, e in diretta web dal titolo “Comunicare le diagnosi difficili”. Interverranno Paolo Leombruni, psichiatra, Francesco Scaroina, internista e Simone Veronese, palliativista. Modera la dottoressa Margherita Marchetti.In questo incontro verrà trattato un tema che interessa la maggior parte dei medici, la comunicazione è una componente fondamentale della relazione umana, quindi anche della relazione medico paziente. Come comunicare diagnosi difficili? Come gestire i colloqui e l’emotività? Come prepararsi? Comunicare non è solo dare informazioni, ma è parte della pianificazione delle cure, quelle attuali e quelle future. I relatori approfondiranno aspetti operativi e teorici e mettendo insieme i loro diversi punti di vista cercheranno di fornire spunti di riflessione e consigli concreti da utilizzare nella pratica clinica.Si potrà seguire l’incontro sia accedendo all’Aula Magna dell’Accademia di Medicina in via Po 18 a Torino (gradita prenotazione da effettuare via mail all’indirizzo amicheamiciaccademia@gmail.com), sia collegandosi da remoto al link https://unito.webex.com/meet/accademia.medicina.

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Dalla diagnosi alle terapie: ecco il ruolo della ia

Posted by fidest press agency su venerdì, 15 ottobre 2021

“Connubio tra conoscenze cliniche medico e capacità computazionali macchine” L’evento, dal titolo ‘Cimo, un grande passato, un futuro da protagonisti’, è stato di scena a Roma. “Per esempio- ha spiegato Barbieri- una delle situazioni che stanno stravolgendo l’approccio clinico alla malattia è l’impiego della bioinformatica e, di conseguenza, la possibilità di arrivare alla cosiddetta ‘terapia personalizzata’, cioè la terapia che non tiene solamente conto dei parametri clinici di patologia ma anche del profilo genetico del paziente, delle sue abitudini di vita e del luogo in cui vive, dell’ambiente che lo circonda. Questa è una cosa molto importante per lo sviluppo dei cosiddetti ‘farmaci intelligenti’, che andranno a intervenire su specifiche situazioni che possono essere diverse da caso a caso”. Barbieri ha poi informato che “l’intelligenza artificiale avrà un altro secondo grande impatto sulla professione medica dal punto di vista diagnostico, perché ci sono alcune specialità, come per esempio la radiologia, la cardiologia, la dermatologia e l’oncologia, in cui l’impiego di queste tecniche di intelligenza artificiale, soprattutto quelle basate sulle reti neurali, consente di avere una appropriatezza diagnostica superiore a quella del medico stesso”. “Quindi- ha proseguito- chiaramente in queste branche l’approccio degli specialisti dovrà cambiare, perché si dovrà creare una sorta di connubio tra le conoscenze cliniche del medico e le capacità computazionali delle macchine”. “Un altro ambito molto importante in cui impatterà- ha affermato- sono gli studi sperimentali, perché adesso noi partivamo da un’ipotesi creata dallo specialista, dal medico, dal clinico, dal ricercatore che doveva essere confermata con uno studio che, a sua volta, dava origine ad altre idee. I primi due passaggi vengono completamente bypassati perché, utilizzando la cosiddetta ‘Data analysis’, ossia la capacità di analizzare contemporaneamente decine di milioni di dati, è lo stesso algoritmo che ti dice in quali direzione muoverti per la ricerca”. “Un altro approccio molto importante di intelligenza artificiale- ha aggiunto- è quello relativo alle Biobanche, siano esse di tessuti o elettroniche, di segnali elettrochimici cerebrali. Queste Biobanche si svilupperanno sempre di più e, soprattutto, sarà molto più facile estrarre da esse le informazioni che si devono avere”. L’ultimo ambito su cui si è soffermato il vicepresidente vicario Cimo è stato “l’impatto sulla terapia del paziente, la medicina territoriale, perché ovviamente ci sono algoritmi che consentono di perfezionare la telemedicina, le visite a distanza e i teleconsulti. Quindi, anche in quell’ambito le cose verranno cambiate da questa nuova introduzione di algoritmi molto sofisticati”, ha concluso. (fonte Agenzia Dire)

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Troppe le differenze territoriali nella diagnosi e cura delle interstiziopatie polmonari

Posted by fidest press agency su sabato, 31 luglio 2021

Sono ancora troppe le differenze territoriali nella diagnosi e cura delle interstiziopatie polmonari (Interstitial Lung Disease, ILD) nelle malattie reumatologiche autoimmuni. Sono, infatti, presenti in Italia strutture sanitarie di eccellenza alle quali però si affiancano situazioni di grandi carenze. E’ pertanto necessario prevedere delle nuove modalità di inclusione del territorio. E’ questo uno dei punti emersi in un incontro multidisciplinare del progetto RETE ILD, organizzato da ISHEO con il contributo incondizionato di Boheringer Ingelheim Italia S.p.A. Il progetto, giunto al secondo incontro nazionale, si intitola “Verso una proposta organizzativa di collaborazione multidisciplinare nella diagnosi e trattamento delle ILD in pazienti con MRA”. L’evento online ha visto la partecipazione di specialisti reumatologi, pneumologi, radiologi, internisti, e il contributo delle Associazioni ANMAR e GILS, che hanno dato voce e portato il punto di vista dei pazienti. “Il 50% degli ospedali italiani non ha una reumatologia né una pneumologia – ha affermato il prof. Antonino Mazzone, Direttore del Dipartimento Area Medica, Cronicità e Continuità Assistenziale dell’Asst Ovest Milanese di Legnano -. Identificare i centri HUB sarebbe fondamentale poiché consentirebbe di coinvolgere i centri SPOKE. È infatti necessario prevedere un sistema che permetta di includere nel dialogo i centri periferici per fornire dei riferimenti e adeguata formazione. Raggiungere il vasto territorio non può che prevedere il coinvolgimento dell’internista, figura presente in tutti gli ospedali e che rappresenta spesso il primo interlocutore per questi pazienti”. L’aspetto di inclusione del territorio è stato fortemente sottolineato anche dall’ ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici. “Il numero di pazienti reumatologici colpiti da interessamento polmonare non è irrilevante ed esistono delle complessità relative all’aspetto di diagnosi precoce – ha aggiunto Silvia Tonolo, Presidente di ANMAR -. Gli HUB dislocati sul territorio possono rappresentare dei punti di eccellenza e di riferimento che devono coinvolgere, includere e stimolare il territorio poiché è qui che ci sono i pazienti in attesa di diagnosi precoce e che hanno necessità di essere presi in carico al più presto”. Si delinea una progettualità che parte dalla definizione di criteri di individuazione dei centri che possano rappresentare dei riferimenti sul territorio, per porre in comunicazione i centri, creare delle occasioni di confronto per definire delle metodologie di approccio comuni, modelli realmente applicabili e declinabili a livello nazionale, e uniformare il linguaggio. Ad oggi è necessario partire stimolando il dibattito e allineando la comunicazione tra gli specialisti. Adottare un linguaggio comune per favorire il confronto e l’analisi multidisciplinare dei casi è un ulteriore aspetto, emerso come fondamentale per assicurare la migliore diagnosi e successiva assistenza ai pazienti. L’implementazione dei modelli di telemedicina, ulteriore aspetto emerso durante il dibattito, è fondamentale poiché questi strumenti consentirebbero di colmare nell’immediato importanti carenze territoriali, che potrebbero essere in futuro sanate attraverso l’implementazione di modelli di gestione e la formazione di figure specializzate che siano presenti in modo capillare sul territorio. Il valore di questi strumenti è riconosciuto e supportato anche dagli stessi pazienti, poiché come affermato da Ilaria Galetti, rappresentante GILS “Sarebbe sempre auspicabile la presenza di un team multidisciplinare per la presa in carico dei pazienti affetti da patologie reumatiche autoimmuni poiché coinvolgono diversi organi. Ad oggi c’è una grandissima discrepanza tra centri del nord e del sud e bisogna, quindi, “portare la conoscenza” laddove non è presente. Le piattaforme di condivisione dei dati, ad esempio, rappresentano uno strumento prezioso il cui utilizzo consentirebbe ai pazienti di ricevere una valutazione di livello senza doversi necessariamente spostare, quindi una soluzione economicamente vantaggiosa per il paziente. L’ideale sarebbe sviluppare una piattaforma in cui condividere, in maniera del tutto sicura, i dati sensibili dei pazienti che possa essere utile soprattutto ai centri più piccoli dove c’è maggiore bisogno di un confronto con colleghi esperti”.

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Scoperta una diagnosi precoce per due malattie neurodegenerative

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 giugno 2021

Esiste un dato biologico, cioè un biomarcatore, rilevabile attraverso le analisi, che possa indicarci la presenza di una malattia neurodegenerativa? La ricerca di un biomarcatore per le malattie neurodegenerative rappresenta un obbiettivo molto importante e la proteina definita “neurofilamento a catena leggera” (NFL) è un possibile candidato, almeno per quanto riguarda la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e la Demenza Frontotemporale (FTD), due malattie accomunate in una unica base patogenetica. Il NFL è stato studiato originariamente nel liquido cerebrospinale, ma le moderne tecnologie ci stanno aiutando a rilevarlo anche nel sangue, rappresentando un utile indizio di malattia, di gravità e di eventuale risposta alla terapia. I contributi degli ultimi anni sono sapientemente riassunti in una esaustiva pubblicazione apparsa su Frontiers in Neuroscience a firma Federico Verde, Markus Otto e Vincenzo Silani dell’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano – Università degli Studi di Milano, Centro “Dino Ferrari” in collaborazione con l’ Università di Ulm in Germania. “Questa revisione critica – afferma il prof. Vincenzo Silani, Ordinario in Neurologia della Università degli Studi di Milano e Direttore della UO di Neurologia dell’ IRCCS Istituto Auxologico Italiano – rappresenta, per la completezza e competenza, un riferimento per il presente ed il futuro. Il dott. Federico Verde, ricercatore della Università degli Studi di Milano, ha raggiunto una particolare padronanza dell’ argomento dopo un periodo di intensa ricerca presso l’ Università di Ulm in in Germania ed ha potuto raffinare le tecniche di rilevamento del NFL anche grazie alla acquisizione di nuove tecnologie (“saggio di singola molecola”, Simoa). Patologie rimaste per decadi senza un biomarcatore che ne facilitasse la diagnosi, come SLA e FTD, possono ora vantare una priorità tra le malattie neurodegenerative”.“La revisione – spiega il dott. Federico Verde – è il frutto di una analisi della letteratura in un campo a cui sono stato introdotto da un maestro quale il prof. Markus Otto dell’Università tedesca di Ulm ed a cui ho potuto apportare negli ultimi anni un contributo diretto insieme con i colleghi sia tedeschi sia italiani. Il NFL fa parte di una sorta di impalcatura interna delle cellule nervose; quando queste degenerano per effetto di patologie quali la SLA e la FTD, rilasciano al loro esterno frammenti di tale impalcatura, tra i quali appunto il NFL, che pertanto possono essere rilevati e quantificati nei liquidi biologici. Ciò ci fornisce informazioni sul tipo, l’entità e la velocità della degenerazione delle cellule nervose. Le evidenze finora accumulate – continua il Dott. Verde – dimostrano che il NFL può supportare la diagnosi della SLA e della FTD, fornire informazioni utili nella prognosi e – dato di notevole importanza in prospettiva – aiutare a misurare la possibile efficacia dei trattamenti che vengono e verranno sperimentati per l’una e per l’altra malattia”.“È possibile – conclude il prof. Silani – che il NFL, affiancato ad altri biomarcatori, possa amplificare la propria specificità fornendo un riferimento insostituibile per la gestione di pazienti con patologia neurodegenerativa, entrando nel bagaglio degli esami da acquisire per il corretto inquadramento dei pazienti affetti da SLA e/o FTD”.

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La diagnosi di patologie come il coronavirus, gli attacchi di cuore o il diabete possono presto appartenere al passato?

Posted by fidest press agency su domenica, 13 giugno 2021

La diagnosi di patologie come il coronavirus, gli attacchi di cuore o il diabete possono presto appartenere al passato? Un nuovo regolamento UE richiede ai produttori di test rapidi e materiali di laboratorio di presentare tutti i prodotti per una nuova approvazione. L’impegno per le aziende medtech è così grande che molte stanno già riducendo il loro portfolio, dice Roland Meißner, CEO di nal von minden GmbH a Moers, Germania. Pertanto, è obbligatorio agire ora – prima che molti diagnostici in vitro scompaiano dal mercato! Roland Meißner risponde alle domande più importanti sul regolamento UE sulla diagnostica in vitro (IVDR) qui di seguito. Domanda. In cosa consistono esattamente i nuovi regolamenti dell’UE? Meißner: I nuovi regolamenti UE si applicano a prodotti come test rapidi, test PCR e test di laboratorio. La diagnostica in-vitro gioca un ruolo importante nelle diagnosi e viene usata quotidianamente negli studi medici e negli ospedali. I nuovi regolamenti UE per la diagnostica in-vitro (IVDR) mirano a migliorare la sicurezza dei prodotti medici nell’interesse dei cittadini. Tutti i prodotti devono essere rivisti secondo criteri più rigorosi ed essere riapprovati. Il fattore scatenante è stato uno scandalo riguardante le protesi mammarie. Come azienda di tecnologia medica, nal von minden è a favore di questi nuovi regolamenti, ma il calendario previsto non può essere rispettato. Domanda.Come si presenta il calendario attuale? Meißner: Tutti i prodotti nel campo della diagnostica in vitro devono essere nuovamente approvati entro maggio 2022. Si tratta di migliaia di prodotti che sono importanti per la diagnosi, per esempio, del diabete, dell’infarto, del cancro e di molte altre patologie. I regolamenti dell’UE non riguardano solo i produttori tedeschi, ma devono essere applicati a tutti i produttori di diagnostica in-vitro i cui prodotti sono sul mercato europeo. Domanda. Perché questo è ora un grande problema? Il maggio 2022 è ancora lontano… Meißner: Questo argomento è urgente ora, perché molti produttori di diagnostica in-vitro devono ridurre radicalmente il loro portfolio di prodotti. Poiché i produttori sono consapevoli che non c’è abbastanza tempo per far approvare di nuovo tutti i loro prodotti, stanno valutando quali prodotti ne valgono davvero la pena. Solo alla nal von minden, abbiamo oltre 100 diversi test rapidi e dispositivi nel nostro portfolio. Non possiamo presentarli tutti entro maggio 2022. Semplicemente non si può fare. Domanda: Perché non si può fare? Meißner: Negli ultimi mesi, molte aziende di tecnologia medica come nal von minden hanno messo tutta la loro energia nella lotta contro la pandemia di coronavirus. Abbiamo davvero aumentato la produzione per essere in grado di produrre il numero necessario di test rapidi per il coronavirus. Oltre a questo, non ci sono abbastanza cosiddetti “organismi notificati” per assumere il compito di approvare i prodotti in linea con i nuovi regolamenti dell’UE. Purtroppo, al momento ci sono solo 3 Organismi Notificati per tutti i produttori che cercano di vendere i loro prodotti diagnostici in vitro in Europa. Domanda: Solo 3 organismi notificati in tutta Europa? Meißner: Sì, questo è anche a causa del coronavirus. Come risultato della pandemia e delle restrizioni di viaggio connesse, nessun altro Organismo Notificato ha potuto essere approvato finora. Affinché un organismo di controllo possa essere certificato come Organismo Notificato UE, gli ispettori stessi devono venire a vedere tutto sul posto. Naturalmente ha senso assicurare che i criteri di qualità siano soddisfatti. Fino ad oggi, tuttavia, ci sono ancora solo tre Organismi Notificati per tutti i produttori di diagnostica in-vitro in Europa Domanda: Quanto tempo ci vuole per controllare un prodotto? Meißner: Per gli oltre 100 prodotti di nal von minden GmbH che devono essere registrati secondo l’IVDR, nel migliore dei casi sarebbero necessarie 100 settimane. Questo perché ogni Organismo Notificato stima almeno 1 settimana per prodotto, il che significa che non è possibile approvare tutti i prodotti entro maggio 2022. E, come ho già detto, non è una sola azienda a produrre diagnostica in vitro. Domanda: Cosa succederà ai prodotti che non saranno approvati in tempo? Meißner: Secondo i nuovi regolamenti UE per la diagnostica in vitro, i produttori non possono più produrre questi prodotti dopo maggio 2022. Solo i prodotti che sono già stati fabbricati e sono in magazzino possono continuare ad essere venduti fino alla loro data di scadenza. La chiusura di una linea di prodotti che non è stata approvata è quindi prevedibile. Ci saranno carenze di prodotti e alcuni di questi spariranno completamente dal mercato. Domanda: Perché i prodotti spariranno dal mercato? Meißner: Dato che il calendario non può essere rispettato, ogni produttore deciderà quali dei suoi prodotti sono più importanti. Di solito si tratta di prodotti che sono usati più comunemente, perché chiaramente ogni azienda ha bisogno di sopravvivere economicamente e di occuparsi dei propri dipendenti. Si tratta principalmente di prodotti diagnostici per patologie molto comuni. C’è il pericolo che i prodotti per la diagnosi di malattie rare vengano approvati solo dopo un certo periodo di tempo – o addirittura non vengano approvati affatto, perché non è più vantaggioso economicamente per l’azienda. Non bisogna dimenticare che la riapprovazione ora necessaria è anche un’enorme impresa in termini finanziari. Domanda: Sono interessate tutte le aziende in Europa? Meißner: Tutte quelle che producono diagnostica in vitro sono interessate. Più piccola è l’azienda, più presumibilmente sarà difficile. Alcuni produttori dovranno ridurre drasticamente il loro portfolio per sopravvivere economicamente. Per le società più grandi, non sarà affatto un problema. Un’estensione dell’IVDR sarà più importante per le aziende medio-piccole in Germania e in Europa. Domanda.Teoricamente, fino a quando dovrebbe essere esteso l’IVDR? Meißner: Una proroga di un anno sarebbe la cosa migliore. Questo significherebbe che le aziende avrebbero più tempo e che potrebbero essere istituiti più Organismi Notificati. Inoltre, le stesse condizioni dovrebbero essere applicate a tutte le aziende. L’anno scorso – a causa della crisi del coronavirus – il periodo di transizione per i dispositivi medici secondo il MDR (Medical Device Regulation, ad esempio i pacemaker) è stato esteso di un anno.

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Melanoma: Come possiamo evitare gli ostacoli ad una diagnosi precoce

Posted by fidest press agency su martedì, 25 Maggio 2021

Il melanoma, un tumore della pelle particolarmente aggressivo in fase metastatica, è in costante aumento nel nostro Paese e, nel 2020, sono stati stimati quasi 14.900 nuovi casi. Il progetto “Bersaglio Melanoma”, avviato nel 2019, ha l’obiettivo di comprendere le motivazioni che possono causare diagnosi tardive, per ridurre i casi individuati in fase avanzata aumentando così le probabilità di guarigione. “Bersaglio Melanoma” è promosso dalle associazioni di pazienti AIMAME (Associazione Italiana Malati di Melanoma e tumori della pelle), APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma), Emme Rouge e Melanoma Italia Onlus (MIO), con il patrocinio di ADOI (Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani), AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), IMI (Intergruppo Melanoma Italiano) e SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse).Le Associazioni dei pazienti e le società scientifiche coinvolte nel progetto hanno stilato un decalogo con le raccomandazioni per migliorare il percorso di diagnosi precoce del melanoma. Il documento sarà presentato giovedì 27 maggio alle 11 in una conferenza stampa on line con gli interventi di Giovanni Pellacani (Direttore Struttura Complessa di Dermatologia Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena), Ketty Peris (Presidente SIDeMaST), Paola Queirolo (Direttore Divisione Melanoma, Sarcoma e Tumori rari Istituto Europeo di Oncologia di Milano), Ignazio Stanganelli (Presidente IMI) e Chiara Puri Purini (Vicepresidente MIO).

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Cure domiciliari Covid-19. Dal ministero scale di gravità per diagnosi e terapia

Posted by fidest press agency su martedì, 4 Maggio 2021

Coronavirus. In Veneto parte sperimentazione con farmaci a domicilio dei pazienti. Ecco come funziona No a vitamine, idrossiclorochina, eparina in soggetti che comunque riescono a staccarsi dal letto. Anticorpi monoclonali, cortisonici ed antibiotici vanno dati solo in casi particolari. Fondamentale monitorare la saturazione di ossigeno: sotto il 92% vanno valutati il ricovero o l’ossigenoterapia a casa. Così la nuova circolare “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2” firmata dalle Direzioni generali Prevenzione e Programmazione del ministero della Salute che aggiorna la precedente del 30 novembre 2020 e in parte la nota Aifa del 9 dicembre scorso. Posto che “sull’efficacia di alcuni approcci terapeutici permangono tuttora larghi margini d’incertezza” e che le cure ai malati ricoverati vanno monitorate in trial clinici specifici, per medici di famiglia e pediatri la circolare inquadra le condizioni in cui serve “cambiare marcia”. L’infezione può riassumersi in tre fasi: una iniziale in cui il virus nel replicarsi provoca malessere generale, febbre e tosse secca. Se il sistema immunitario dell’ospite riesce a bloccare l’infezione il decorso è benigno e va trattato con paracetamolo o Fans, a meno di chiara controindicazione all’uso; in altri casi la malattia può evolvere in polmonite interstiziale bilaterale, con sintomi respiratori che possono o auto-limitarsi o in un 15% di casi (soprattutto maschi >65 anni con malattie croniche od obesi con Bmi>30) sfociare nell’insufficienza respiratoria con “ipossiemia silente”, caratterizzata da bassi valori di ossigenazione ematica in assenza di sensazione di dispnea soggettiva, e alto rischio di stato infiammatorio in grado di produrre a livello polmonare quadri quali l’Acute Respiratory Distress Syndrome-Ards. La circolare riepiloga innanzi tutto i compiti dei medici di primo livello: segnalare alle Asl i casi sospetti dove serve il tampone; talora eseguire di persona i test indicando esiti, dati di contatto dell’assistito e condizioni di applicabilità dell’isolamento a casa; gestire a casa chi non richiede ricovero; identificare pazienti ad alto rischio, specifici parametri di peggioramento e potenziali beneficiari della terapia con anticorpi monoclonali; fare educazione sanitaria ed istruzione su uso dei presidi di monitoraggio; collaborare con infermieri sui pazienti complessi. Saturimetro e terapie. Si ricorderanno i medici che hanno portato al Tar Lazio la nota Aifa del 9 dicembre 2020 secondo la quale nei primi giorni di malattia è bene la sola “vigile attesa” con uso di Fans e paracetamolo e di eparina per i soli malati cronici allettati. Il Tar aveva sospeso la nota, di fatto evitando fosse pregiudicata la possibilità di usare a domicilio antibiotici, cortisonici, idrossiclorochina; ora il Consiglio di Stato ha rigettato la sospensiva Tar dando ragione all’Agenzia del farmaco. Oggi, la nuova circolare ministeriale ribadisce che la “vigile attesa” implica sorveglianza clinica attiva e costante monitoraggio dei parametri vitali del paziente; e suggerisce di usare la scala MEWS (Modified Early Warning Score, MEOWS per le donne in gravidanza) per misurare su 5 gradi la gravità del quadro clinico in base all’instabilità di parametri quali pressione, frequenza cardiaca e respiratoria, temperatura corporea, livello di coscienza, saturazione. Inoltre, conferma l’importanza del test cammino per la saturazione e della comunicazione di quei dati da parte del paziente. “In base alla letteratura scientifica e alle caratteristiche dei saturimetri in commercio, si ritiene di considerare come valore soglia di sicurezza per un paziente domiciliato il 92% in aria ambiente (e non il 94%). Valori di saturazione superiori, infatti, hanno assai bassa probabilità di associarsi a un quadro di polmonite interstiziale grave”. Tra i casi moderati e gravi, l’eparina va somministrata a pazienti realmente immobilizzati; a chi ha un rischio aumentato di sarcopenia va garantito appropriato apporto proteico e compatibilmente con le condizioni gli va detto di muoversi dal letto anche per evitare il ricorso eccessivo all’anticoagulante. Va raccomandata la posizione prona a riposo; e vanno proseguiti i trattamenti immunosoppressivi di patologie gravi a meno di diverso parere dello specialista curante. I corticosteroidi si danno solo a soggetti con malattia grave o a rischio di progressione verso forme severe, in presenza di un peggioramento della saturazione che richieda o ricovero in ospedale o, nell’impossibilità, ossigeno a casa. Gli antibiotici sono ammessi solo se l’infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico o se c’è fondato sospetto clinico. No all’idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata dai trial condotti. E no ai farmaci in aerosol se ci sono conviventi in casa. Vanno evitate le benzodiazepine, specie ad alto dosaggio, per i possibili rischi di depressione respiratoria. Per vitamine ed integratori alimentari mancano prove derivanti da trial di efficacia. Gli anticorpi monoclonali, che potrebbero non essere efficaci contro le varianti inglese e sudafricana, andrebbero somministrati in ospedale per gestire eventuali reazioni avverse gravi, non oltre i 10 giorni dall’inizio dei sintomi. Bambini e telemedicina. In età pediatrica, nei bambini con febbre >38,5°C, mal di gola, cefalea, dolori articolari vanno bene paracetamolo (10-15 mg/kg/dose ogni 5-6 ore) od ibuprofene (20-30 mg/kg di peso al giorno, in tre dosi). Vanno considerati fattori di rischio di aggravamento e necessitanti ricovero l’età sotto l’anno (specie i primi 6 mesi), cardiopatie, malattie polmonari croniche, malformazioni, diabete, tumori, epilessia, patologie neurologiche, disordini metabolici, nefropatie, immunodeficienze. La telemedicina è sconsigliata nei disabili, nei malati cronici o acuti, e nei pazienti “nuovi” che al primo contatto mostrino stato di coscienza alterato, o dispnea a riposo, o PA sistolica <100. In questi casi o si visita in presenza o si avvia al ricovero ospedaliero. By Mauro Miserendino Fonte Doctor33

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La diagnosi precoce dell’Alzheimer

Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 aprile 2021

Anche se viene considerata una patologia dell’età avanzata, la malattia di Alzheimer può colpire persone relativamente giovani, al di sotto dei 65 anni di età. In questi casi diventa ancora più importante avere una diagnosi precoce. Con questo obiettivo, il Dipartimento di Fisica Medica ed Ingegneria dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con la Huazhong University of Science and Technology (HUST) di Wuhan, in Cina, e con l’Università di Roma Tor Vergata, ha ora realizzato una nuova tecnica di indagine automatica delle immagini PET (Tomografia a Emissione di Positroni).Il nuovo metodo diagnostico, pubblicato sulla rivista scientifica European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging, si basa sulla cosiddetta “texture analysis”, l’esame delle caratteristiche presenti nelle varie zone di una immagine. Il gruppo di ricercatori ha concentrato la sua attenzione sulle placche di Beta-amiloide (Aβ) che si accumulano in determinate aree cerebrali. Le concentrazioni di questa proteina, considerata tipica della malattia di Alzheimer, possono essere evidenziate da un normale esame PET, le cui immagini vengono tradizionalmente esaminate dall’occhio esperto del Medico Nucleare. Ora un esame computerizzato ha permesso ai ricercatori di definire quattro caratteristiche principali capaci di distinguere in modo automatico l’Alzheimer precoce da quello che compare in età avanzata.“Questa nuova capacità di analisi delle immagini PET – dice Nicola D’Ascenzo, professore nel Dipartimento di Ingegneria Biomedica della HUST e Responsabile del Dipartimento di Fisica Medica ed Ingegneria del Neuromed – ci consente di individuare le caratteristiche tipiche dell’Alzheimer in persone relativamente giovani. Questo potrà fornire ai neurologi uno strumento in più, un vero e proprio marcatore della malattia, che li aiuterà nel diagnosticare più rapidamente la malattia in persone di età inferiore ai 65 anni, aiutando a distinguerla da altre patologie che possono avere gli stessi sintomi iniziali. E vorrei sottolineare che proprio in questi pazienti la diagnosi precoce è estremamente essenziale per pianificare gli interventi terapeutici”. La ricerca nasce nell’ambito di un progetto internazionale tra Italia e Cina, finanziato dai Ministeri degli Affari Esteri dei due Paesi (MAECI Great Relevance 2019 contributions Italy-China (Grant No. PGR00846), che punta allo sviluppo di nuovi strumenti tecnologici, software e statistici capaci rivoluzionare l’analisi delle immagini PET. (fonte: http://www.adnkronos.com)

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