Nuova vittoria del sindacato che ha patrocinato ricorsi per l’ammissione di più di 25mila esclusi, dopo aver ottenuto dal Tar Trento decreti monocratici favorevoli e dallo stesso Tar Lazio la remissione in corte costituzionale della legge 107/15 laddove esclude i docenti di ruolo. Su ricorso patrocinato dagli avv. S. Galleano ed E. De Michele, il Consiglio di Stato con ordinanze nn. 1598/16 e 1600/16 riforma rispettivamente l’ordinanza di rigetto (laureati) e sospende la sentenza negativa (diplomati magistrali), alla luce del danno irreparabile e dei precedenti della sezione, concedendo l’ammissione con riserva alle prove concorsuali, che laddove svolte dovranno essere rinnovate. La vittoria avviene il giorno dopo l’inizio delle prove scritte e intorno alla polemica sulle azioni giudiziarie scoppiata nel web. I laureati, quindi, hanno diritto a partecipare a tutte le prove ma a vedersi riconosciuto l’inserimento nelle finali graduatorie di merito soltanto dopo il definitivo pronunciamento, se favorevole, del giudice amministrativo.
Per Marcello Pacifico, è l’ennesima prova che l’azione legale intrapresa con il patrocinio degli avv. F. Ganci e W. Miceli, per migliaia di candidati esclusi, ha e aveva le sue ragione giuridiche. Finalmente ora deve essere dato spazio al merito, alla valutazione delle prove e dei curricula in un concorso che è stato definito da molti una truffa. Nei prossimi giorni, renderemo note tutte le iniziative ulteriori legali per consentire a tutti i ricorrenti di partecipare alle prove dopo i ripetuti dinieghi del Tar Lazio.
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Concorso a cattedra: CdS accoglie gli appelli dei legali dell’Anief e ammette i laureati e diplomati magistrali ad indirizzo linguistico alle prove
Posted by fidest press agency su martedì, 3 Maggio 2016
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Burundi: bilancio a tinte fosche per i diritti umani a un anno dall’escalation della violenza
Posted by fidest press agency su sabato, 23 aprile 2016
A un anno dall’esplosione della violenza a sfondo politico in Burundi, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) stila un triste bilancio sulla situazione dei diritti umani nel paese africano. Solamente questa settimana sono state uccise sette persone in atti di violenza politica mentre da aprile 2015 ad oggi sono morte 700 persone. Almeno 4.300 persone sono state arrestate per motivi politici, centinaia di persone sono sparite nel nulla, la tortura e l’intimidazione sono diventate pratiche comuni. La violenza in Burundi è scoppiata dopo che lo scorso 25 aprile 2015 il presidente Pierre Nkurunziza aveva annunciato di volersi candidare al terzo mandato presidenziale nonostante le forti proteste.La comunità internazionale sembra non prendere atto della situazione nel paese africano, eppure succede ormai quotidianamente che persone apertamente contro il governo vengano uccise davanti agli occhi di tutti, nei locali pubblici o in strada. Altrettanto frequenti sono gli omicidi di sostenitori di gruppi armati opposti al governo. Secondo l’APM questo circolo vizioso di violenza e impunità può essere interrotto solamente dalla maggiore presenza di forze di sicurezza internazionali. In gennaio 2016 il governo del Burundi ha categoricamente rifiutato la presenza di 5.00 soldati dell’Unione Africana (UA), ma ora le Nazioni Unite stanno valutando l’invio di un contingente di polizia delle Nazioni Unite con il compito di fermare e almeno ridurre gli atti di violenza. Mentre le Nazioni Unite vorrebbero inviare nel paese africano un contingente internazionale composto da almeno 3.000 poliziotti, il governo del Burundi si dice d’accordo solo per 20 poliziotti che dovrebbero fungere da consiglieri per la polizia locale. Considerata la terribile situazione i cui versa il paese, l’invio di solo 20 poliziotti equivarrebbe, secondo l’APM, a una farsa. Se la comunità internazionale vuole effettivamente adempiere alla propria responsabilità di proteggere la popolazione civile dai crimini contro l’umanità perpetrati in Burundi deve insistere per l’invio di tutti i 3.000 poliziotti.L’APM inoltre critica fortemente l’impegno dimostrato finora dalla comunità internazionale per prevenire la crisi in Burundi. Secondo l’APM, i segnali della probabile escalation di violenza non sono mancati, ma presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ogni decisione è stata bloccata da Cina, Russia e alcuni paesi africani. La passività di fronte a quanto succede in Burundi caratterizza anche l’Unione Africana che si trova nella morsa degli interessi opposti dei paesi vicini del Burundi.
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Mobilitazione nazionale contro il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti
Posted by fidest press agency su mercoledì, 13 aprile 2016
Roma, venerdì 15 aprile, ore 14.30 Presso la sala stampa della Camera dei Deputati – via della Missione 4 incontro con la stampa per lanciare la mobilitazione nazionale contro il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) e in difesa dei diritti e dei beni comuni.La manifestazione, che avrà luogo a Roma il 7 maggio, sta già registrando l’adesione di decine di movimenti, organizzazioni, sindaci, comitati, sindacati, associazioni contadine e consumeristiche, ambientalisti, agricoltori, piccole imprese. Gli obiettivi, i contenuti e altre informazioni sull’evento verranno illustrati durante la conferenza stampa.
Oltre ad esponenti di Arci, Attac, Cgil, Legambiente, Progressi, Movimento consumatori, Slow Food (tra i promotori della Campagna), interverrà l’ex deputata e parlamentare democratica americana Sharon Treat, docente di diritto ambientale e analista di politiche pubbliche, esperta di commercio internazionale, per illustrare gli ultimi sviluppi dei negoziati tra Unione Europea e USA sul TTIP.
Sharon Treat, anche grazie alla sua esperienza costruita come deputata e senatrice del Maine, metterà in luce gli effetti sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulle politiche agricole di un’eventuale approvazione del TTIP: la Treat, sia nei suoi incarichi pubblici che come avvocato di organizzazioni ambientaliste, ha avuto modo in diverse occasioni di esprimere le proprie preoccupazioni ai negoziatori del trattato.
L’incontro sarà anche l’occasione per presentare il nuovo report “Il TTIP fa bene all’agricoltura italiana?” redatto da Monica Di Sisto, vice presidente di Fairwatch e portavoce della Campagna, nel quale, attraverso un’analisi puntuale e circostanziata, si evidenziano gli aspetti più pericolosi del trattato internazionale in relazione al settore agricolo del nostro Paese: oltre a presentare l’impatto del TTIP sull’intero sistema, si ipotizzano alcuni possibili scenari legati alla produzione di olio, vino, formaggi e carni – settori strategici del consumo quotidiano. Tra gli invitati ci sono i gruppi politici che sostengono la campagna e i parlamentari di tutte le formazioni politiche.
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Il ruolo dell’avvocatura nella tutela dei diritti fondamentali
Posted by fidest press agency su domenica, 31 gennaio 2016
Si è svolto a Milano, presso il Salone Valente, il convegno “Il ruolo dell’avvocatura nella tutela dei diritti fondamentali. Italia e USA a confronto sui diritti LGBTI” organizzato da Rete Lenford, con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, AIJA International Association of Young Lawyers, AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori) Lombardia ed AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati).Hanno preso la parola, tra gli altri, l’avvocata Maria Grazia Sangalli, presidente di Avvocatura per i Diritti LGBTI, l’avvocato Remo Danovi, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano e James Esseks, Attorney at Law Director of the American Civil Liberties Union, che ha vittoriosamente patrocinato avanti la Corte Suprema degli Stati Uniti la causa Obergefell v. Hodges, con la quale è stato esteso alle persone omosessuali il diritto fondamentale al matrimonio.“Dovremmo concentrarci sui bambini in questa situazione. Indipendentemente dal fatto che il secondo genitore può legalmente adottare il bambino, il bambino vivrà con entrambi i suoi genitori. Danneggia il bambino non avere nessun rapporto giuridico con entrambi i genitori. Come può essere potenzialmente una buona cosa?” ha affermato l’avvocato James Esseks.“In Italia il Legislatore sembra non voler risolvere i problemi concreti delle famiglie” ha affermato la Presidente di Rete Lenford Maria Grazia Sangalli. “Negli Stati Uniti, lo ha ricordato oggi Esseks, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rilevato come le leggi che vietano i matrimoni tra persone dello stesso sesso danneggiano ed umiliano i bambini nati nelle famiglie omogenitoriali privandoli del riconoscimento, della stabilità e della certezza del futuro che il matrimonio offre”, ha aggiunto Sangalli.“Le coppie gay e lesbiche non possono limitarsi ad attendere l’intervento legislativo per vedere riconosciuto il proprio diritto fondamentale al matrimonio, ma devono rivendicare con forza i loro diritti nelle aule dei tribunali, chiedendone il riconoscimento alla magistratura. In questo sarà determinante il ruolo dell’avvocatura” ha dichiarato Antonio Rotelli, cofondatore di Rete Lenford.“I diritti fondamentali delle persone non possono essere rimessi ad un voto di maggioranza, non possono dipendere dall’esito di un’elezione o un referendum”, ha evidenziato Marica Moscati, professoressa di diritto di famiglia della University of Sussex. “Negli Stati Uniti, in Sudafrica ed in altri Paesi la minoranza gay oppressa ha ottenuto il matrimonio egualitario grazie all’intervento della Corti Supreme che hanno applicato il principio di uguaglianza delle persone espresso dalle Costituzioni”, ha concluso Moscati. (foto: convegno avvocatura)
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Ci siamo: marcia per il sostegno dei diritti LGBT
Posted by fidest press agency su lunedì, 23 novembre 2015
Vicenza 12 dicembre, dalle ore 15.00, in piazza Matteotti e coinvolgerà tutti i cittadini: al grido di “CI SIAMO” si marcerà per Corso Palladio a sostegno dei diritti LGBT, contro ogni discriminazione e per il pieno riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. Tutti sono invitati e si sentano partecipi in questa svolta storica: l’estensione dei diritti umani è una questione di democrazia e civiltà per l’intera cittadinanza. Con l’approssimarsi di imminenti discussioni parlamentari sul tema, i Veneti e gli Italiani ribadiranno di essere stanchi di aspettare, di vedere calpestati i diritti e la dignità di milioni di cittadine e cittadini da una politica arrogante e sorda. In gemellaggio con la contemporanea “Marcia dei diritti” a Roma, le associazioni promotrici insistono sull’urgenza assoluta di allinearsi subito con il resto del mondo occidentale e adottare finalmente politiche familiari inclusive per chiunque. In una Regione caratterizzata da una insensata e anacronistica omofobia istituzionale – con mozioni regionali e comunali per la “famiglia naturale” e contro la dignità di altre forme di affetto, contro un’inesistente “teoria gender” e indici di libri proibiti da sindaci omofobi in cerca di visibilità – riparte la sfida al Parlamento: stare al passo coi tempi e adottare politiche inclusive e rispettose delle esigenze di vita di ognuno. Tutti in piazza dunque: la Storia avanza e non si può più aspettare. Visita il sito http://www.ci-siamo.com.
le associazioni promotrici: Ass. 15 GIUGNO-Arcigay Vicenza, Tralaltro Arcigay Padova, Arcigay Pianeta Urano Verona, D.E.L.O.S., MaiMa, AGEDO Vicenza per il Triveneto, Queerquilia ArciLesbica Treviso, Coordinamento LGBTE Treviso, Lieviti, Rete degli Studenti Medi, Amnesty International. CI SIAMO! (foto: sostegno diritti)
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Dolore cronico
Posted by fidest press agency su venerdì, 13 novembre 2015
Un europeo su cinque soffre dolore cronico di origine non oncologica, uno su quattro dolore cronico severo, i più colpiti: le persone over 65. Un anziano su due soffre infatti questa patologia, a loro il dolore concede 7 anni di speranza di vita media. A questi pazienti si dirige la ‘Carta Europea dei Diritti dei Cittadini Over 65 con Dolore Cronico’ presentata oggi al Parlamento Europeo di Bruxelles su iniziativa della SIHA, Senior International Health Association con la collaborazione di Pain Alliance Europe e di FederAnziani ed il supporto di molti europarlamentari, quali Mara Bizzotto, Mercedes Bresso, Nicola Caputo, Lorenzo Cesa, Salvatore Cicu, Alberto Cirio, Laura Comi, Santiago Fisas Ayxelà, Elisabetta Gardini, Michela Giuffrida, Francoise Grossetete, Giovanni La Via, Fulvio Martusciello, Barbara Matera, Stefano Maullu, Luigi Morgano, Alessandra Mussolini, Antonio Panzeri, Aldo Patriciello, Giuseppina Picierno, Gianni Pittella, Salvatore Domenico Pogliese, Massimiliano Salini, Antonio Tajani, Flavio Zanonato, Jana Zitnanska, Damiano Zoffoli.A firmare la Carta anche Ignacio Socias, Director of Communication and International Relations IFFD International Federation for Family Development General Consultative Status with the United Nations, Sylvie Carrega, Presidente ENSA European Network of Social Authorities, Juan Manuel Revuelta, Director General Finnova, Athanassios Goumas, Presidente Regioeuropa, Pilar Santamaria, Fondazione Sustainable Pharmacies.
“Abbiamo deciso con i colleghi di tutti i gruppi politici che hanno condiviso la proposta e che la condivideranno, di presentare un dichiarazione scritta, presupposto perché la Commissione Europea formuli una proposta se sarà raggiunto il numero dei voti” dichiara Giovanni La Via, Presidente Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare del Parlamento Europeo. “Chiediamo a SIHA di collaborare con noi per la raccolta dei voti” aggiunge il Presidente La Via “Apriamo sin da adesso la dichiarazione alla firma di tutti i colleghi sperando che sia un primo passo per offrire una prospettiva utile alla soluzione del problema”.
Anche Gianni Pittella, Presidente Gruppo S&D al Parlamento Europeo, ha dato la sua disponibilità a presentare la Carta e a sottoscriverla. “Con questa Carta – spiega il Dottor Roberto Messina, CEO di SIHA – ci poniamo l’obiettivo di aiutare a garantire l’accesso ai trattamenti, la continuità di cura, assicurare qualità, sicurezza, equità ai pazienti anziani con dolore cronico, aiutare i Paesi Membri a salvaguardare i diritti dei pazienti stessi ed incrementare l’awareness sul dolore cronico a livello Europeo affinché vengano definite delle direttive specifiche per risolvere i problemi legati al dolore cronica ed attuate le misure di tutela dei cittadini stessi”.”Le sindromi dolorose croniche hanno un enorme costo socioeconomico pari al 2,3% del PiL” – dichiara il Prof. Gianni Colini Baldeschi, Presidente INS, Italian Neuromodulation Society, Membro della Sezione Ministeriale per l’attuazione dei principi contenuti nella legge 15 marzo 2010, n.38, recante disposizioni per garantire l’accesso delle cure palliative e alla terapia del dolore. “Garantire le cure più appropriate cure ai pazienti con dolore cronico” aggiunge il Professore “non è solo un dovere sancito dalla Costituzione, ma rappresenta anche un risparmio per il sistema sanitario nazionale e la società tutta”.Il mal di schiena, il dolore al cranio ed al collo, il dolore artritico e quello muscolare diffuso, sono le patologie più frequenti, a loro si associano sintomi quali la depressione, la perdita di relazioni sociali e di capacità lavorative. Solo il 69% delle persone con dolore cronico nella Ue assicura di essere trattato e tra questi solo il 41% in maniera adeguata.L’impatto del trattamento del dolore cronico sui sistemi sanitari e sui sistemi economici dei 28 Stati membri si traduce, per gli under 65, in pesanti perdite di giornate di lavoro, e, per tutti, ma soprattutto per gli anziani, in maggiori costi di trattamento socio-sanitario. Un paziente con dolore cronico non oncologico costa ai sistemi sanitari in media 2,6 volte in più di un paziente senza dolore.Secondo una stima di FederAnziani i costi sanitari totali diretti ed indiretti per le patologie di dolore cronico nei 28 Stati Membri variano dal 2% al 2,9% dell’Irlanda, con una media Ue del 2,4% ed un costo pari a 271 miliardi di euro all’anno. Le spese per gli anziani sono pari a quasi 90 miliardi di euro (si escludono i costi indiretti quali le giornate di lavoro perso).Eurostat indica che attualmente ci sono nella Ue 96,6 milioni di persone Over 65, pari al 19% della popolazione comunitaria, una cifra che è destinata a salire fino a 125 milioni nel 2030, il 24,1%, e a sfiorare i 150 milioni nel 2050 (148 milioni per il 28,2% del totale). Cifre che fanno e faranno del dolore cronico degli anziani uno dei più urgenti problemi di salute in tutto il continente europeo.
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Rapporto sui diritti globali
Posted by fidest press agency su giovedì, 12 novembre 2015
Roma, martedì 17 novembre, ore 11.00 CGIL nazionale, Sala Simone Weil, Corso d’Italia 25 Il Rapporto è a cura di Associazione Società Informazione Onlus, promosso da Cgil con la partecipazione di ActionAid, Antigone, Arci, Cnca, Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele,Legambiente partecipano:
Danilo Barbi, segretario nazionale Cgil
Paola Bevere, presidente Antigone Lazio
Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci
Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente Gruppo Abele
Marco De Ponte, segretario generale ActionAid Italia
Maurizio Gubbiotti, coordinatore nazionale Legambiente
Ciro Pesacane, segretario nazionale Forum Ambientalista
Sergio Segio, curatore del Rapporto, direttore di Associazione Società Informazione
Gianni Tognoni, Fondazione Basso – segretario generale Tribunale permanente dei popoli
Don Armando Zappolini, presidente Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
Nel tempo della globalizzazione neoliberista e della crisi strutturale il mondo appare senza più rifugi: né dalle turbolenze dei mercati, come si vede dalle difficoltà crescenti che colpiscono anche la Cina e i BRICS; né dalla destabilizzazione geopolitica, come dimostrano il proliferare dei conflitti territoriali e la nuova guerra fredda che si intreccia agli scenari, vecchi e nuovi, propriamente bellici; né dalla “obsolescenza programmata” dei sistemi di welfare, a partire dal modello sociale europeo da tempo sotto attacco, e delle forme e strutture democratiche di governo; né, infine, dagli effetti delle guerre e delle diseguaglianze, che nel 2015 si sono tradotti in un vero e proprio esodo, di fronte al quale l’Europa e le sue istituzioni si sono mostrate in tutta la fragilità, divisione, impotenza e coazione a riproporre la strada fallimentare e disumana della Fortezza.
Un esodo che, a inizio novembre 2015, ha già prodotto, nel solo Mediterraneo, oltre 3400 vittime, tra le quali un numero crescente di bambini. Nel settembre scorso, l’immagine del piccolo bimbo Alan Kurdi, in fuga con la sua famiglia dalla guerra in Siria, annegato e riverso su una spiaggia turca, ha commosso il mondo solo per un breve istante. Tanti come lui sono morti dopo e continuano a morire senza lasciare traccia, senza destare scandalo e ripensamenti nelle politiche globali e nella chiusura delle frontiere.
Il numero delle persone sradicate, sfollati interni o rifugiati, è arrivato a 59 milioni e mezzo di persone; un numero cresciuto, solo nel 2014, di oltre 8 milioni, la cifra più elevata dalla Seconda guerra mondiale. La pressione migratoria che ha messo in questi mesi in difficoltà l’Europa è, peraltro, solo una piccola parte di quella dolente massa umana, giacché il peso principale viene sostenuto dai paesi cosiddetti in via di sviluppo, che accolgono ben l’86% dei 19 milioni e mezzo di rifugiati.
Eppure, il 2015 è stato l’anno dei nuovi muri, delle barriere di filo spinato erette nel cuore del continente europeo, a tentare di isolare il contagio dai dannati della terra, cui è dedicato uno dei Focus del Rapporto sui diritti globali 2015.
La “lotta di classe dall’alto” nell’ultimo anno, in diverse aree geografiche, ha preso la forma di una guerra contro i poveri e di un divorzio progressivo tra capitalismo globale e democrazia.
Secondo le statistiche europee, nell’Unione vi sono 122,6 milioni di persone a rischio di povertà ed esclusione, vale a dire quasi un europeo su quattro; all’inizio della crisi erano 116 milioni. Alcuni Stati membri hanno percentuali ancor più drammatiche, come la Bulgaria (48%), la Romania (40,4%), la Grecia (35,7%), l’Ungheria (33,5%); a fronte di percentuali tra il 15 e il 16% di Paesi come Svezia, Finlandia, Olanda e Repubblica Ceca. L’Italia registra il 28,4%, dato dunque superiore alla media europea, per un totale di 17 milioni e 330mila persone.
A fronte di questo drammatico ed eloquente quadro, nel quadriennio 2008-2012 – complessivamente, sebbene in modo molto differenziato tra i diversi Stati membri – l’Europa ha disinvestito nel welfare, in ossequio agli imperativi dell’austerità e del Fiscal compact, con un taglio sulla spesa sociale europea per un ammontare totale di circa 230 miliardi di euro.
Disinvestire nel welfare ha, tra gli altri, anche l’esito di distribuire i rischi di impoverimento in modo selettivo e diseguale, gravando soprattutto sui più deboli, e questo è uno dei meccanismi che porta a condizioni di povertà stabili, prolungate e difficilmente reversibili. Anziché essere contrastata, insomma, la crescente povertà – che riguarda sempre più anche chi possiede un lavoro e un reddito – viene perpetuata, diviene una condizione non transitoria, una sorta di buco nero sociale dove le povertà diventano a bassissima reversibilità, nel quale è sempre più facile scivolare e da cui è, e sarà, praticamente impossibile uscire.
Sempre più la povertà, specie se estrema, nelle risposte istituzionali, ma anche nel senso comune, è vista e trattata come crimine, anziché come situazione necessitante sostegno. Un processo, presente da tempo negli Stati Uniti, che sta andando avanti in modo deciso in tutta Europa, a livello legislativo, amministrativo, del governo delle città, mediatico. Alla criminalizzazione della povertà è dedicato un altro dei Focus del 13° Rapporto sui diritti globali.
Anche nell’ultimo anno, le politiche seguite non sono andate nel verso di sostenere le parti sociali più deboli e il lavoro e nel ridurre le diseguaglianze, ma, all’opposto, hanno premiato i responsabili della crisi stessa, vale a dire la grande finanza.
Dal 2007 le Banche centrali di tutto il mondo hanno aumentato la quantità di moneta da 35 mila miliardi di dollari a 59 mila miliardi. Un mare di liquidità che ha inebriato i mercati finanziari, ma non è “sgocciolato” a sostenere l’economia precaria delle famiglie e delle piccole imprese, mentre è continuata la sciagurata politica dell’austerity, oltre ogni evidenza dei suoi effetti devastanti e deprimenti e pur in presenza delle tardive perplessità del Fondo monetario. Una politica che, nel corso del 2015, ha manifestato appieno la propria valenza simbolica, disciplinante e intimidatoria nel caso della Grecia, il cui popolo e il cui legittimo governo sono stati piegati da un pesante e stringente ricatto, come viene ampiamente analizzato nel Focus del primo capitolo del nuovo Rapporto sui diritti globali.
Un anno di rialzi in borsa e di grande euforia finanziaria ha visto il contrappasso di un’altrettanto grande depressione economica e sociale. La crisi è così diventata strumento di governo e moltiplicatrice dell’instabilità. E di ingiustizia sociale. Come mostrano indiscutibilmente i numeri e studi internazionali. La ricchezza delle 80 persone più facoltose al mondo è raddoppiata in termini nominali tra il 2009 e il 2014, mentre la ricchezza del 50% più povero della popolazione nel 2014 è inferiore a quella posseduta nel 2009. Ottanta super-ricchi possiedono la medesima quantità di ricchezza del 50 per cento più povero della popolazione mondiale, 3 miliardi e mezzo di persone. E ancora: nel 2010 le 80 persone più ricche al mondo godevano (è il caso di dirlo) di una ricchezza netta di 1300 miliardi di dollari. Nel 2014 la loro ricchezza complessiva posseduta era salita a 1900 miliardi di dollari, dunque una crescita di 600 miliardi di dollari, quasi il 50 per cento in più in soli quattro anni.
Il titolo scelto per l’Expo 2015 ha posto il tema del cibo all’attenzione mondiale. Ma ha sostanzialmente eluso la riflessione e l’analisi sul modello attuale della produzione e consumo alimentare e sui rischi futuri, accentuati dai trattati commerciali in corso, orientati agli interessi delle grandi corporation e favoriti dal grande investimento che viene fatto per promuovere il lobbismo, a tutto danno della correttezza e trasparenza delle decisioni politiche e dei diritti di cittadini e consumatori. Basti dire che nel 2013, solo negli USA, il settore finanziario ha speso oltre 400 milioni di dollari per fare lobby, mentre nell’Unione Europea la cifra stimata è di 150 milioni di dollari.
Sulla questione alimentare, infatti, si confrontano, anzi si scontrano, due paradigmi: l’agricoltura delle multinazionali, che si appropriano di intere regioni mondiali e le avvelenano con uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti, cercando di imporre ovunque anche gli Organismi Geneticamente Modificati, e quella dei piccoli contadini, che coltivano nel rispetto dell’ecosistema e delle biodiversità. L’agricoltura industriale, pur producendo solo il 30% del cibo consumato a livello mondiale, viceversa, è responsabile del 75% del danno biologico a carico del pianeta, compresa l’emissione, attraverso l’impiego di combustibili fossili, del 40 per cento dei gas serra, causa di quel riscaldamento climatico che sta devastando e desertificando i territori e pregiudicando il futuro del pianeta e delle prossime generazioni.
Anche quella per il cibo, e per l’acqua, insomma, è diventata una forma di guerra contro interi popoli e i poveri delle aree geografiche vittime di forme, vecchie e nuove, di colonialismo; come anche il cosiddetto land grabbing, il crescente fenomeno di accaparramento delle terre. Popoli e poveri la cui qualità di vita e la stessa sopravvivenza sono compromesse da logiche unicamente orientate al massimo profitto e alla speculazione finanziaria.
Logiche che, tuttavia, non riguardano e colpiscono più solo i Sud del mondo, ma gli stessi paesi industrializzati e, in primis, l’Europa, al centro ai grandi interessi soggiacenti al Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), il Trattato commerciale di libero scambio le cui trattative segrete sono in corso tra Stati Uniti e Unione Europea, cui è dedicato un altro del Focus del Rapporto sui diritti globali 2015.
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Sociale: Nuovo fronte a difesa dei diritti
Posted by fidest press agency su giovedì, 22 ottobre 2015
Secondo quanto riportato dall’Inps – dichiara in una nota il Sindacato Labor – sono oltre due milioni gli anziani costretti a vivere con una pensione di 500 euro al mese E questo, per una società che si auto-definisce civile, moderna e sviluppata, è francamente inaccettabile.
Proprio sulla vicenda delle pensioni – continua l’organizzazione – diviene manifesta l’impotenza dei sindacati tradizionali che, pur avendo grandi numeri, non riescono a difendere gli interessi dei propri assistiti e preferiscono continuare con le reciproche contrapposizioni, finendo così per l’avvantaggiare le intenzioni di un governo decisamente insensibile alle difficoltà delle categorie più deboli. Un ulteriore problema di questo esecutivo è infatti la sua scarsa capacità di comprendere le esigenze del Paese. Un ennesimo esempio? La vicenda dei 730 precompilati. Sono 220 mila infatti le persone che riceveranno un avviso dalle agenzia delle entrate per presunte “anomalie”. Il risultato di questa operazione sarà quindi quello di ingolfare ulteriormente la burocrazia italiana.
Purtroppo – prosegue l’organizzazione – questa assurdità è figlia della volontà di colpire i diritti delle persone, d’altronde na ulteriore conferma di questa logica arriva direttamente dall’ultima Legge di Stabilità e dalle sue misure contro le organizzazioni di assistenza ai cittadini come i patronati e i Caf.
Il nostro auspicio – conclude il Sindacato Labor – non può che essere uno: quello che le strutture di rappresentanza raccolgano il nostro invito all’auto-critica e accettino di ricercare insieme a noi dei valori alla base di una nuova unità. Solo in questo modo infatti si potrà fermare il declino del Paese.
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Carta dei diritti di internet
Posted by fidest press agency su giovedì, 22 ottobre 2015
“Entro il 9 novembre la Camera dei Deputati si pronuncerà sulla mozione della Carta dei diritti di Internet. Spero che possa essere approvata all’unanimità”. Lo ha detto oggi alla Link Campus University di Roma il deputato Sel della Commissione di studio per la Carta dei diritti di Internet, Giovanni Paglia, nel corso dell’incontro “L’Internet Governance Forum e la Carta dei diritti di Internet”, uno degli eventi di Ottobre alla Link, il calendario mensile di appuntamenti di Link Campus University su giornalismo, startup, diritti in rete e digitalizzazione.
All’incontro è intervenuto anche il presidente della Commissione di studio per la Carta dei diritti di Internet, Stefano Rodotà, il quale oltre a ricordare come “i diritti fondamentali prevalgono anche sulle esigenze di sicurezza”, citando Tim Berners-Lee ha sottolineato che “il diritto di accesso alla conoscenza in Rete è come l’accesso all’acqua”. Per il giurista emerito gran parte della Carta dei diritti di Internet è orientata al diritto all’identità, alla privacy e all’anonimato che sono una precondizione per esercitare altri diritti. Tra questi, figura anche il diritto alla concorrenza su Internet, necessario a tutelare la generatività della Rete. Nell’ambito della discussione Rodotà ha lanciato anche una provocazione sul fronte della pirateria informatica: “La pirateria ha contribuito a democratizzare il mercato del web? Forse sì”.
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La salute mentale tra libertà e dignità
Posted by fidest press agency su venerdì, 16 ottobre 2015
Parma lunedì 19 ottobre alle ore 14 con l’incontro La salute mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale (Aula D, Palazzo Centrale dell’Ateneo, via Università 12) la quinta edizione del ciclo di seminari Letture sui diritti promosso dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Parma e organizzato dalla cattedra di Diritto costituzionale (Prof. Antonio D’Aloia). Si tratta di un’esperienza avviata già da qualche anno nell’ottica di offrire a studenti e ricercatori, ma anche alla cittadinanza, l’occasione di approfondire tematiche riguardanti le nuove sfide della tutela della persona e delle sue libertà fondamentali.
Da sempre, infatti, l’iniziativa si propone di aprire una riflessione sulle dimensioni più controverse della garanzia dei diritti, capaci di sollevare complessi dilemmi, di ordine etico-giuridico o socio-economico, che interrogano le democrazie contemporanee. Per questa quinta edizione si è scelto di dare voce a studiosi e operatori del diritto che hanno condotto ricerche o maturato esperienze professionali in contesti attraversati da un unico filo conduttore: la difesa dei “diritti in situazioni estreme”. Il calendario prevede:
Lunedì 19 ottobre 2015 , ore 14, Aula D, Palazzo Centrale (via Università, 12) La salute mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionaleStefano Rossi – Università degli Studi di Bergamo
Lunedì 26 ottobre 2015, ore 11.30, Aula D, Palazzo Centrale (via Università, 12) Reddito minimo di cittadinanza? Chiara Saraceno – Berlin Social Science Center Chiara Tripodina – Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
Mercoledì 4 novembre 2015, ore 16, Aula dei Cavalieri, Palazzo Centrale (via Università, 12) Europa e rifugiati Maurizio Ambrosini – Università degli Studi di Milano Micaela Malena – Honorary Research Associate, Oxford Brookes University
Martedì 10 novembre 2015, ore 10, Aula C, Plesso San Francesco (via San Francesco del Prato, 4) I diritti degli esclusi. L’esperienza di un “Avvocato di strada” Cecilia Capossela – Avvocato presso Avvocato di Strada onlus
Lunedì 16 novembre 2015, ore 14, Aula dei Filosofi, Palazzo Centrale (via Università, 12) Dignità nel morire, eutanasia e cure palliative nella prospettiva costituzionale Giovanna Razzano – Università “La Sapienza” Roma
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No al TTIP. No a chi vuole mettere sotto silenzio il sostegno ai diritti dei palestinesi
Posted by fidest press agency su domenica, 13 settembre 2015
Un gruppo di associazioni mostrano tutta la loro contrarietà a quello che considerano un negoziato pericoloso pericoloso sul Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) ed ai tentativi di alcuni politici statunitensi di utilizzare il TTIP per limitare sia la libertà di espressione politica che le campagne di solidarietà con la lotta del popolo palestinese per libertà, giustizia e uguaglianza.
Il TTIP, attualmente in corso di negoziazione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, potrebbe comportare un trasferimento di potere senza precedenti alle corporation allo scopo di salvaguardare i loro interessi e rappresenta un grave attentato alla democrazia, agli standard sociali, ai diritti dei lavoratori e alle normative sull’ambiente. Esso porterebbe all’irreversibile privatizzazione e frammentazione dei servizi pubblici e pregiudicherebbe seriamente l’attuazione di provvedimenti a tutela dell’ambiente.Inoltre, sono molto preoccupanti la segretezza e la mancanza di democrazia, che sono le caratteristiche fondamentali del negoziato, e il meccanismo proposto dello “Investor State Dispute Settlement” (ISDS), che permetterebbe alle multinazionali di avviare azioni legali nei confronti dei governi secondo un sistema giudiziario parallelo riservato esclusivamente ad esse.Come organizzazioni che si oppongono a qualsiasi trattato UE-USA sul commercio che non privilegi l’interesse pubblico, ci preoccupa molto l’introduzione nella legislazione del Congresso degli Stati Uniti di norme che potrebbero permettere di usare il TTIP nella repressione di campagne per i diritti umani in solidarietà con il popolo palestinese.
Il 29 giugno 2015, il presidente Barack Obama ha firmato il Bipartisan Congressional Trade Priorities and Accountability Act, che gli concede l’autorità di procedere attraverso una “corsia veloce” (fast track) sui negoziati commerciali, come il TTIP. La sezione 20 di questa legge stabilisce gli “obiettivi negoziali principali” per i partner commerciali nel TTIP e vi è compresa una clausola che “scoraggia azioni politiche tese a boicottare, disinvestire o sanzionare Israele e mira ad eliminare barriere non tariffarie ed imposte con motivazioni politiche su beni, servizi o altri scambi con lo Stato di Israele”.La definizione di tali azioni specifica inoltre che vi sono incluse non solo quelle mirate a chi svolge attività in Israele, ma anche quelle verso chi opera “in territori controllati da Israele “. La legge, quindi, ha lo scopo di proteggere gli insediamenti illegali di Israele da misure che in futuro li gravino di responsabilità, nonostante che l’Unione europea e le Nazioni Unite li considerino illegali, secondo il diritto internazionale.L’inclusione di tali disposizioni nella legislazione ‘fast track’ è una risposta al crescente successo delle campagne di solidarietà con il popolo palestinese in tutta Europa e negli Stati Uniti, essa potrebbe richiedere all’UE di rivedere le misure esistenti già adottate sulla base degli obblighi previsti dal diritto internazionale. Questi includono la fine di un trattamento preferenziale per le esportazioni provenienti da insediamenti israeliani illegali nella Cisgiordania occupata e l’attuazione delle linee guida che impediscono la concessione di fondi pubblici europei a tali insediamenti.L’UE ha anche adottato misure per mettere in guardia le imprese dall’avere rapporti economici con gli insediamenti israeliani illegali; le principali banche europee hanno disinvestito da banche ed imprese israeliane a causa del ruolo di queste nelle violazioni israeliane del diritto internazionale; grandi aziende europee come G4S e Veolia sono ritenute responsabili per il loro coinvolgimento nelle infrastrutture dell’occupazione israeliana della terra palestinese.
A seguito dell’aggressione di Israele alla Striscia di Gaza nel 2014, che ha provocato la morte di più di 2.200 persone con attacchi deliberati contro i civili, considerati crimini di guerra dall’ONU e da altri organismi, in tutto il mondo è sceso in strada un gran numero di persone per esprimere sostegno alla lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza. Non accetteremo alcun tentativo legislativo di tacitare queste espressioni di solidarietà.
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I deputati chiedono istruzione pubblica libera e uguaglianza di genere per tutti i bambini
Posted by fidest press agency su venerdì, 11 settembre 2015
In una risoluzione non legislativa votata mercoledì, i deputati affermano che le misure sulla parità di genere devono essere applicate a tutti i livelli del sistema di istruzione, includendo la promozione e la formazione degli insegnanti, in modo da porre fine agli stereotipi di genere e contribuire a colmare il divario tra la formazione delle donne e il loro sviluppo professionale. I deputati chiedono inoltre maggiori investimenti per garantire che tutti possano beneficiare di un’educazione pubblica di qualità. La risoluzione è stata adottata con 408 voti a favore, 236 contrari e 40 astensioni.
La relatrice Liliana Rodrigues (S&D, PT) ha dichiarato: “Stiamo ancora vivendo in un’Europa disuguale. Alcuni progressi sono stati compiuti, ma le donne continuano ad essere un obiettivo primario per la discriminazione e la violenza. Credo che la scuola svolga un ruolo fondamentale nel cambiare questo stato delle cose. La mia relazione mira a garantire l’uguaglianza e l’emancipazione delle ragazze attraverso l’educazione, rispettare la Convenzione di Istanbul come strumento per prevenire la discriminazione di genere, creare una cultura della scuola della parità di genere, supervisionare in modo critico i materiali e i programmi educativi, garantire la parità di genere per quello che riguarda le decisioni personali e professionali e migliorare la percentuale di donne in posizioni di responsabilità e di rilievo”.
Anche se le donne oggi costituiscono la maggioranza (60%) dei diplomati nell’istruzione superiore nell’Unione europea, sono tuttora meno ricompensate per le loro qualifiche rispetto agli uomini e sottorappresentate nelle posizioni di management, scienza e ingegneria. Per incoraggiare più donne a formarsi nei campi della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, i deputati chiedono misure uniformi d’accesso e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione fin dall’apprendimento prescolastico.
Gli stereotipi e il sessismo rimangono gli ostacoli maggiori al raggiungimento della parità di genere. Il Parlamento ribadisce l’invito a combattere gli stereotipi di genere, che possono influenzare la fiducia in sè stessi e le scelte intraprese da ragazze e ragazzi, attraverso l’educazione formale e informale a tutti i livelli di istruzione.I deputati invitano gli Stati membri dell’UE a incoraggiare le ragazze e i ragazzi a sviluppare uguale interesse verso tutte le materie, al di là degli stereotipi di genere, sottolineando il ruolo dei modelli femminili positivi nelle scuole, nelle università e nella scienza.
L’educazione di genere dovrebbe far parte dei programmi scolastici e i materiali didattici non dovrebbero contenere contenuti discriminatori, stereotipi o sessismo. Al fine di promuovere l’educazione senza stereotipi, gli insegnanti dovrebbero ricevere una formazione in materia di parità e i programmi e il materiale didattico dovrebbero essere attentamente esaminati.Inoltre, gli Stati membri potrebbero considerare di rendere obbligatoria, in tutti i programmi della scuola primaria e secondaria, l’educazione sessuale e relazionale sensibile, adeguata all’età, per insegnare ai ragazzi e alle ragazze il valore delle relazioni basate sul consenso, rispetto e reciprocità.Per combattere la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, i deputati invitano la Commissione a sostenere l’inserimento di informazioni obiettive sulle questioni relative alle persone LGBTI nei programmi scolastici, per combattere la violenza e la discriminazione di genere, le molestie, l’omofobia e la transfobia, in tutte le loro forme, comprese le forme di cyber-bullismo o molestie online.
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Diritti fondamentali: i deputati criticano gestione migranti e austerità
Posted by fidest press agency su mercoledì, 9 settembre 2015
I diritti fondamentali dei richiedenti asilo potrebbero essere violati dalle condizioni dei centri di accoglienza, dalle cosiddette “procedure di espulsione a caldo” e dalle altre misure di dissuasione, affermano i deputati in una risoluzione non vincolante approvata martedì. Il testo sottolinea anche l’impatto negativo delle misure di austerità sui diritti economici, civili, sociali e culturali.
La risoluzione non legislativa, approvata da 369 voti a favore, 291 contrari e 58 astensioni, offre un quadro generale sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea per 2013-2014.I deputati affermano che l’UE e i suoi Stati membri dovrebbero mettere la solidarietà e il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo al centro delle politiche migratorie dell’UE. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure obbligatorie per prevenire ulteriori tragedie in mare, aggiungono. Essi chiedono inoltre l’istituzione di un sistema di asilo comune efficace e un’equa distribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri.
I deputati criticano per le procedure di rimpatrio “a caldo”, per l’accoglienza offerta ai migranti nei centri di detenzione e per gli stereotipi negativi e la disinformazione sui migranti. La risoluzione condanna anche le misure di sicurezza alle frontiere dell’UE, che ” che può giungere fino alla costruzione di muri e di sbarramenti di filo spinato” e chiede “controlli alle frontiere rispettosi dei diritti fondamentali”.I deputati deplorano il modo in cui la crisi finanziaria ed economica, insieme alle restrizioni di bilancio, hanno influenzato negativamente i diritti economici, civili, sociali e culturali.Al momento di decidere e attuare misure correttive e tagli di bilancio, le istituzioni dell’UE e gli Stati membri dovrebbero eseguire una valutazione d’impatto sui diritti fondamentali e garantire che risorse sufficienti siano messe a disposizione per salvaguardarli, dicono i deputati. Essi aggiungono che si devono garantire “livelli minimi essenziali per il godimento dei diritti civili, economici, culturali e sociali, prestando particolare attenzione ai gruppi maggiormente vulnerabili e socialmente svantaggiati”.
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Attacco al diritto di rappresentanza
Posted by fidest press agency su lunedì, 17 agosto 2015
Ora, dopo la riforma del mercato del lavoro che ha liberalizzato i licenziamenti, il governo lavora ad una legge sulla rappresentanza sindacale. Proprio in questi giorni Renzi parla di sindacato unico.Ormai il disegno di Renzi è così trasparente che solo gli stolti non l’hanno capito. A Renzi va stretta la democrazia.Vuole il sindacato unico, la scuola sotto controllo, i lavoratori ingabbiati e il Parlamento di ‘nominati’. Insomma un regime sul modello fascista. Pensare al sindacato unico equivale a pensare all’esatto contrario del sindacato riformista e unitario, nel quale il pluralismo delle idee è garanzia di dialogo e democrazia.Un altro evidente attacco alla Costituzione. L’art. 39 parla chiaro: l’organizzazione sindacale è libera. Eventuali cambiamenti devono partire dall’interno, non ci deve essere ingerenza da parte della politica. Resta il fatto che per Renzi il sindacato sta diventando inutile.E’ ancora in vita solo per siglare i contratti. Quando i contratti verranno sostituiti da norme e leggi (come il Jobs Act, che ha affondato lo Statuto dei Lavoratori, ma ne arriveranno altri) anche i contratti e i sindacati non serviranno più.E così il sindacato diventerà un organo dello Stato e non uno strumento di persone libere di associarsi. (Ciro Verrati Vice Segretario Nazionale di Democrazia Atea)
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Proteggere i diritti dei bambini
Posted by fidest press agency su giovedì, 13 agosto 2015
A New York, le Nazioni Unite, l’UNICEF, il Global Compact dell’ONU e Save the Children hanno invitato il mondo imprenditoriale a contribuire alla stesura di principi universali che porranno i diritti dei bambini al primo posto dell’agenda mondiale della responsabilità aziendale. Le campagne contro il lavoro minorile e altre violazioni dei diritti dei bambini non sono una novità, ma fino ad oggi non esistevano linee guida universali definite che permettessero alle aziende di capire le potenzialità delle loro attività, compresi i programmi di responsabilità sociale, nei confronti dei cittadini più piccoli e più vulnerabili al mondo. Le tre organizzazioni richiedono ai top manager di collaborare per sviluppare principi – chiamati Children’s Principles for Business – per evitare l’impatto negativo che le loro attività potrebbero avere sui bambini e contribuire invece ad un futuro migliore per tutti. Riconoscendo che per essere efficaci, questi principi devono soddisfare le esigenze di tutte le parti interessate e che tutti hanno qualcosa da proporre al tavolo, i tre partner hanno chiesto agli imprenditori provenienti da tutti i settori e da tutte le regioni di partecipare al processo di consultazione e, grazie alla loro esperienza, di dare un contributo per stilare i Children’s Principles for Business. I Principi serviranno come quadro unificante e come punto di riferimento per le iniziative imprenditoriali riguardanti l’infanzia. Essi contribuiranno ad elaborare i “Principles 1 e 2” del Global Compact delle Nazioni Unite, che chiedono alle imprese di rispettare e sostenere i diritti umani e di non essere complici delle violazioni dei diritti umani. I Principi saranno strumenti importanti e utili per tutte le aziende, anche se non sono membri del Global Compact. ( fonte: http://www.unicef.it)
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Pensionati: Class action contro il governo?
Posted by fidest press agency su sabato, 16 Maggio 2015
«A Matteo Renzi che sostiene che risolve problemi creati da altri e che restituirà solo in parte i soldi dovuti ai pensionati, diciamo chiaramente che il Governo deve ridare tutto il maltolto ai pensionati turlupinati e rapinati da quel Governo Monti voluto e sostenuto dal Pd e che ora hanno il diritto sacrosanto di essere risarciti. L’Esecutivo deve restituire questi soldi a tutti e immediatamente, proprio come ha fatto con i pensionati d’oro. Fratelli d’Italia offre assistenza legale gratuita per aiutare i pensionati a far valere i loro diritti e siamo pronti ad avviare una class action per obbligare il Governo a restituire tutto e fino all’ultimo euro». È quanto dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
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Inneschiamo una spirale virtuosa
Posted by fidest press agency su martedì, 12 Maggio 2015
Vi è da “risvegliare dal lungo letargo” un popolo che si è addormentato da tempo e che stenta a prendere coscienza che sia passato il momento di dormire, di sognare, di sperare. Noi non possiamo delegare agli altri un compito che ci spetta direttamente e personalmente. Prima di tutto dobbiamo sconfiggere un luogo comune che ci fa dire che la politica è una brutta parola e che i politici sono tutti ladri. Se così è perché ci facciamo governare da questi politici? Perché li votiamo? Perché non ascoltiamo la voce della nostra coscienza che ci dice che la politica è insostituibile ma è sostituibile il modo come la conosciamo e opera? Pensate, ad esempio, se avessimo dato non il 24% nelle ultime politiche al M5S ma il 40%? Forse temevamo un Grillo presidente del Consiglio? Ammesso che lo fosse stato avrebbe, se non altro, dato una forte scossa alla politica e al suo modo di governare. E tutti quelli a torto o a ragione che criticavamo se ne sarebbero andati a casa o nella migliore delle ipotesi resi impotenti. E non ci pare questa una grossa rivoluzione che la democrazia ci avrebbe permesso? Eppure ci accontentiamo che i nostri ministri prendano ordini senza fiatare e con la coda fra le gambe ai potentati europei e delle banche. Non ci rendiamo forse conto che noi abbiamo eletto i nostri nemici, i nostri tiranni e non certo i nostri difensori? Più masochisti di così c’è sola la morte civile. (Riccardo Alfonso fidest@gmail.com)
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Overbooking aerea: I diritti del passeggero
Posted by fidest press agency su venerdì, 3 aprile 2015
“Spiacente non abbiamo posti”. E’ la ferale notizia che un passeggero, munito di regolare biglietto e prenotazione confermata e in procinto di partire per le agognate vacanze pasquali, puo’ sentirsi dire in uno degli aeroporti italiani o dell’Unione europea. Si chiamo overbooking (sovraprenotazione) ed e’ un sistema che praticamente tutte le compagnie aeree adottano: vendono cioe’ piu’ biglietti di quanti siano i posti a disposizione. Saltano viaggio e nervi percio’ abbiamo voluto elencare le opzioni alle quali ha diritto il malcapitato turista .In caso di overbooking la compagnia aerea deve offrire al passeggero una delle seguenti scelte:
* Rimborso del prezzo del biglietto per la parte di viaggio non usufruita oppure, in alternativa, ad un nuovo volo (riprotezione) con partenza il prima possibile o in data successiva piu’ conveniente per il passeggero, a condizioni comparabili.
* Assistenza, ovvero:
– pasti e bevande in relazione alla durata dell’attesa;
– adeguata sistemazione in albergo nel caso in cui siano necessari uno o piu’ pernottamenti;
– trasferimento dall’aeroporto al luogo di sistemazione e viceversa;
– due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o e-mail.
(l’assistenza va data in precedenza alle persone con mobilita’ ridotta e ai loro eventuali accompagnatori nonche’ ai bambini non accompagnati).
* Compensazione pecuniaria di:
– euro 250 per i voli, intracomunitari o internazionali, inferiori o pari a 1.500 Km;
– euro 400 per i voli intracomunitari superiori a 1.500 km e per quelli internazionali tra i 1.500 e i 3.500 km;
– euro 600 per i voli internazionali superiori a 3.500 km.
Se al passeggero viene offerta la possibilita’ di viaggiare su un volo alternativo il cui orario di arrivo non superi , rispetto al volo prenotato, rispettivamente le due, le tre o le quattro ore, la compagnia puo’ ridurre queste compensazioni del 50%.
La compensazione va pagata in contanti, con assegno bancario o con bonifico oppure, in accordo col passeggero, con buoni viaggio e/o altri servizi.
Ovviamente il pagamento della compensazione non impedisce al viaggiatore di avanzare una richiesta di rimborso del danno ulteriore, soggettivo, subito a causa del disservizio.
Il passeggero ha diritto alla differenza di prezzo se viaggia in una classe inferiore a quella prenotata. Il passeggero non e’ tenuto a chiedere i risarcimenti e i servizi elencati perche’ devono essere erogati dalla compagnia aerea che deve informare i passeggeri dei loro diritti. (Primo Mastrantoni, segretario dell’Aduc)
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Italia: aumentano i suicidi
Posted by fidest press agency su giovedì, 5 febbraio 2015
«La crisi economica è sempre più fonte di disgregazione e tragico elemento di disperazione sociale. Soltanto nei primi 9 mesi del 2014 i suicidi per cause economiche in Italia erano cresciuti del 59,2%. Un bollettino di guerra al quale bisogna cercare in tutti i modi di porre un freno. Noi non vogliamo rassegnarci, non vogliamo essere complici del fatto che ci si possa quasi abituare a sentire queste notizie e che quindi passino in silenzio, come fredde statistiche. Per questo metteremo a disposizione, a partire dalla prossima settimana, uno Sportello del Cittadino in ogni Municipio della Capitale a sostegno di famiglie ed aziende, nel quale forniremo consulenza gratuita per ottenere la riduzione delle spese di luce e gas o la verifica dei contatori, su come contestare fatture e conguagli, su come ricevere assistenza legale per quanto riguarda le contestazioni alle pratiche di Equitalia, per la verifica dei tassi di usura di mutui e prestiti bancari e a difesa del consumare. Con questa iniziativa intendiamo lanciare un messaggio chiaro e cioè che il suicidio non può mai essere, per nessun motivo, una soluzione e che ci si può aiutare l’un l’altro per superare questi momenti difficili: perché nessuno è solo. Dobbiamo riscoprire il valore della solidarietà e della difesa dei nostri diritti, per uscire da una crisi che oltre che economica è prima di tutto valoriale». E’ quanto dichiara Cinzia Pellegrino, referente romana del Dipartimento di Fratelli d’Italia-An dedicato alla tutela delle Vittime di violenza, nella Giornata di lutto Nazionale per le Vittime della crisi.
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Il diritto all’obiezione di coscienza
Posted by fidest press agency su sabato, 15 marzo 2014
“E’ in atto in questi giorni una nuova e rabbiosa offensiva contro il diritto all’obiezione di coscienza, messa in atto con l’uso strumentale di fatti avvenuti anni fa e ampiamente smentiti dalla documentazione fornita dall’ospedale interessato” dichiara Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita. “Sulle diverse piattaforme mediatiche si moltiplicano duri attacchi ai medici obiettori, con lo scopo di marginalizzare e demonizzare la loro scelta, rimettendo in discussione ciò che è base fondante di ogni democrazia: il diritto di opporsi a un atto che ferisce la propria coscienza. E’ la stessa Legge 194 a riconoscere questo diritto e il sempre più elevato numero di operatori sanitari che vi ricorre, a meno di non voler credere che la ginecologia sia professione scelta solo da cattolici praticanti, denota non una scarsa affezione al lavoro, ma piuttosto una più alta consapevolezza del valore della vita e della responsabilità del proprio operato”. “L’annuale Relazione sulla Legge 194, presentata al Parlamento, ha dimostrato con cifre puntuali e dati verificabili come il numero di interruzioni volontarie di gravidanza a carico di ogni non obiettore sia in realtà molto basso e pari a circa 2 interventi a settimana. Le polemiche pretestuose, che montano da più parti riguardo a una carente applicazione della legge, sono dunque frutto di una volontà ben precisa di accanimento forzoso per delegittimare l’operato di tutti coloro che, coerentemente con quanto previsto dal giuramento d’Ippocrate, preferiscono salvare una vita piuttosto che porvi fine”.
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