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Posts Tagged ‘emergenti’

I mercati emergenti sono più avanti sulla curva in termini di politica monetaria

Posted by fidest press agency su domenica, 21 Maggio 2023

A cura di Jens Søndergaard, Analista valutario di Capital Group. Quando l’inflazione è aumentata nel 2021, le banche centrali dei ME hanno reagito in modo rapido e aggressivo, trainate da quelle latino-americane. La banca centrale brasiliana ha iniziato ad alzare i tassi a marzo 2021 e ha portato il tasso di riferimento dal 2,00% all’attuale 13,75%. Le banche centrali dei paesi dell’Europa orientale hanno accelerato la stretta dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Infine, l’aumento dei prezzi dell’energia dello scorso anno ha indotto alcune banche centrali asiatiche ad aumentare i tassi.Tassi di interesse elevati in termini sia nominali che reali hanno sostenuto le valute dei ME, attirando gli investitori in cerca di reddito. Real brasiliano e peso messicano sono stati tra le poche valute ad apprezzarsi nei confronti del dollaro americano nel 2022. Oltre ai rendimenti nominali e reali allettanti, anche le condizioni macroeconomiche sono migliorate. L’orientamento verso fondamentali più positivi dovrebbe continuare a prevalere sui timori di rischi politici in tali paesi, per il momento. In molte economie asiatiche, la combinazione tra tassi di interesse allettanti, miglioramento delle previsioni di crescita e fondamentali macroeconomici solidi sostiene le valute.La riapertura dell’economia cinese dovrebbe ampiamente favorire la crescita in Asia. A nostro avviso, nel Sud-Est asiatico il baht thailandese diventa sempre più interessante, poiché l’aumento del turismo sostiene i tassi di crescita economica e i flussi stranieri. La ripresa delle esportazioni di materie prime dall’Indonesia in Cina potrebbe favorire la rupia indonesiana. Anche il won coreano appare sottovalutato. Le esportazioni verso la Cina probabilmente aumenteranno e la situazione finanziaria del paese potrebbe migliorare. La Corea, grande importatrice di energia, è stata pesantemente penalizzata dal forte rialzo dei prezzi dello scorso anno – che ha colpito imprese e consumatori – ma le difficoltà dovrebbero attenuarsi sensibilmente quest’anno. L’interruzione dei rialzi dei tassi da parte della Fed potrebbe fornire ulteriore sostegno alle valute dei ME, poiché faciliterebbe il taglio dei tassi di riferimento da parte delle banche centrali dei ME, soprattutto in caso di ulteriore calo dell’inflazione o rallentamento della crescita. Detto questo, il differenziale dei tassi tra molti mercati emergenti e Stati Uniti rimarrà probabilmente interessante, favorendo potenzialmente le valute dei ME.

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Un ciclo secolare di nuove opportunità per il debito dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su martedì, 9 Maggio 2023

A cura di Paolo Paschetta, Equity Partner, Country Head di Pictet Asset Management. Nei mercati emergenti sta prendendo forma un allineamento di pianeti favorevole, che lascia intravedere l’inizio di una storia d’investimento affascinante. Secondo le nostre analisi, ci troviamo agli albori di una traiettoria di crescita destinata a protrarsi a lungo: sostenute da tre variabili chiave – la riapertura della Cina, un dollaro più debole, e fondamentali economici robusti – le obbligazioni sovrane e societarie degli emerging markets potrebbero essere tra le asset class del reddito fisso con la miglior performance dei prossimi cinque anni. Crediamo che le obbligazioni sovrane e societarie dei mercati emergenti possano rivelarsi tra le asset class del reddito fisso con la miglior performance dei prossimi cinque anni e ci aspettiamo che il debito (sia in valuta locale che in dollari) renda almeno un 7% all’anno. A condizione, però, di saper intercettare i temi e gli emittenti più interessanti e di tenere in considerazione possibili fasi di volatilità. Dopo anni di politiche monetarie ultra-espansive, le banche centrali del mondo sviluppato sono state costrette a un repentino cambio di rotta. Un sentiero ripidissimo di rialzo dei tassi ha imposto un drastico repricing dei mercati, generando ondate di volatilità e una serie di effetti a catena, sull’economia e sul sistema finanziario, di cui si fatica a intravedere la fine. Il fattore di innesco è stato il ritorno dell’iperinflazione, a livelli che non si vedevano da 40 anni. C’è un aspetto che molti investitori spesso tralasciano: l’inflazione oggi è un problema dell’Occidente. Le autorità monetarie dei Paesi emergenti, infatti, hanno agito in modo proattivo per contenere le pressioni inflazionistiche. Il loro giocare d’anticipo ha permesso di ancorare le aspettative sulla traiettoria dei prezzi al consumo, mettendo le rispettive economie nelle condizioni di evitare shock estremi.

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PIMCO: La riapertura della Cina e le tensioni commerciali creano opportunità nei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su sabato, 6 Maggio 2023

A cura di Pramol Dhawan, Managing Director e Portfolio Manager for Emerging Markets, Lupin Rahman, Executive Vice President e Portfolio Manager, e Carol Liao, China Economist di PIMCO. L’allentamento delle politiche zero-COVID-19 fa ben sperare per l’economia cinese quest’anno, rafforzando un contesto macroeconomico globale già costruttivo per i mercati emergenti. La crescita dei mercati sviluppati è stata più resiliente del previsto, anche se le recenti tensioni nei settori bancario statunitense ed europeo potrebbero aumentare il rischio di una recessione più profonda. Inoltre, l’inflazione headline a livello globale sembra aver raggiunto il suo picco e la Federal Reserve potrebbe essere vicina alla fine del suo ciclo di inasprimento delle politiche. Anche se gli emergenti beneficeranno in generale della ripresa cinese, è probabile che persistano attriti geopolitici e commerciali tra Cina e Stati Uniti. Ciò avrà impatti diversi tra i Paesi emergenti, a causa del riassetto delle relazioni commerciali globali. La ripresa in questo ciclo non sarà come al solito, poiché il motore della crescita cinese dovrebbe passare dagli investimenti ai consumi. Prevediamo un forte slancio nei settori dei viaggi, del turismo, dell’intrattenimento, degli eventi aziendali e della ristorazione, sostenuto dall’eccesso di risparmio delle famiglie. Dalla crisi finanziaria globale del 2008, l’impatto della Cina sulla crescita degli emergenti è aumentato e ha superato quello degli Stati Uniti e dell’Eurozona. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale e di J.P. Morgan, un incremento di un punto percentuale della crescita cinese fa salire la crescita degli emergenti di 0,2-0,4 punti percentuali. Sebbene si tratti di una stima eccessiva per questo ciclo, data la minore propensione marginale della Cina a consumare beni dei mercati emergenti anziché servizi, dovrebbe comunque essere di supporto alla crescita degli emergenti. In generale, i mercati emergenti dovrebbero beneficiare dell’impatto indiretto sulla crescita globale e sul sentiment dei mercati, con la potenzialità di compensare l’ostacolo ciclico di un rallentamento atteso nei mercati sviluppati.Inoltre, poiché gli investimenti in uscita verso la Cina potrebbero essere il prossimo bersaglio delle restrizioni statunitensi, le multinazionali americane stanno già cercando di delocalizzare le catene di fornitura fuori dalla Cina, in particolare per le esportazioni destinate agli Stati Uniti e per quelle specifiche del settore tecnologico. Paesi come la Malesia e l’India sono potenzialmente in grado di beneficiare di queste tendenze a lungo termine verso il nearshoring della tecnologia da parte degli Stati Uniti. Entrambi i Paesi hanno già settori tecnologici competitivi, con capitale umano qualificato e infrastrutture da espandere ulteriormente.Le tendenze a medio termine della catena di approvvigionamento cinese stanno influenzando gli emergenti in modi diversi. Tra questi, lo spostamento della produzione a valle verso produttori regionali a basso costo come Vietnam e Bangladesh. Gli investimenti diretti cinesi verso la regione sono aumentati notevolmente, così come le esportazioni cinesi verso la regione rispetto al resto del mondo (cfr. Figura 2). Sul versante a monte della catena, in particolare nei flussi commerciali legati alla tecnologia, Taiwan ha guadagnato quote rispetto a Corea e Giappone, potenzialmente a causa di considerazioni geopolitiche e di costo. A lungo termine, riteniamo che queste tendenze continueranno. Gli esportatori cinesi cercheranno probabilmente di esplorare nuovi mercati nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi emergenti, cercando di mitigare l’impatto delle restrizioni statunitensi. Detto questo, riteniamo che, dato il significativo squilibrio commerciale con gli Stati Uniti e l’ampio divario nei mercati tecnologici e finanziari, è improbabile che la Cina adotti misure di ritorsione sostanziali contro gli Stati Uniti. Inoltre, come gli Stati Uniti, la Cina continuerà probabilmente a espandere la propria influenza globale e a cercare cooperazione con possibili alleati. Le nostre prospettive cicliche per gli emergenti sono costruttive, in quanto la riapertura della Cina li favorisce in maniera spropositata e la Fed sembra vicina alla fine del ciclo di rialzo dei tassi. I vantaggi di diversificazione e di rendimento degli emergenti rispetto ai mercati core dovrebbero persistere. Riteniamo che un modo per cercare opportunità derivanti dagli effetti della riapertura della Cina sugli emergenti sia quello di considerare le valute asiatiche come il baht thailandese e il won coreano. PIMCO ritiene che il dollaro, che si è deprezzato dopo aver toccato il picco di 20 anni lo scorso settembre, probabilmente scenderà ulteriormente nel 2023 con il ridursi dell’inflazione, l’aumento dei rischi di recessione e l’attenuarsi di altri shock. Alcune esposizioni selezionate nel debito locale degli emergenti (denominato in valuta locale), come in Brasile e Messico, possono offrire elevati rendimenti reali relativi, che appaiono interessanti data la fase dell’attuale ciclo economico e dei tassi. Vediamo anche opportunità nel debito in valuta forte di Paesi selezionati di alta qualità che possono beneficiare delle tendenze al nearshoring, oltre che i Paesi che possono essere meno esposti ai relativi rischi di ribasso. (abstract by http://www.verinieassociati.com

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Schroders – Paesi emergenti: tre ragioni per cui la crisi bancaria potrebbe essere evitata

Posted by fidest press agency su giovedì, 27 aprile 2023

A cura di David Rees, Senior Emerging Markets Economist, Schroders. Nel corso degli anni, i mercati emergenti hanno subito diverse crisi bancarie e finanziarie, poiché i precedenti cicli dei tassi di interesse hanno messo in luce le loro vulnerabilità. Sebbene non esistano due crisi uguali, i problemi nei Paesi emergenti sono stati spesso preceduti da un periodo di rapidi afflussi di capitale che hanno alimentato una ripresa della crescita del credito. Quando la domanda eccessiva si riversa sulle importazioni, gli ampi disavanzi delle partite correnti finanziati da questo “denaro caldo” rendono gli emergenti vulnerabili a una brusca frenata dell’economia quando le condizioni monetarie si inaspriscono nei mercati sviluppati, guidati dalla Fed.Oggi si vedono alcune delle condizioni che hanno preceduto le passate crisi nei mercati emergenti. Certamente la Fed ha aumentato i tassi di interesse in modo molto aggressivo, con un inasprimento di 475 punti base nell’ultimo anno, superiore a qualsiasi altro ciclo di rialzo degli ultimi quarant’anni. Inoltre, si è verificato un deterioramento della bilancia dei pagamenti della maggior parte dei Paesi emergenti, tanto che molti di essi registrano ora significativi disavanzi delle partite correnti, finanziati almeno in parte da afflussi di capitale a breve termine. Questi problemi non possono essere presi alla leggera, data la natura instabile del sentiment globale, ma ci sono almeno tre ragioni per pensare che non siamo sull’orlo di una grave crisi bancaria nei Paesi emergenti. La situazione può essere così riassunta: 1. Ampie riserve di capitale offrono protezione alle banche, 2. Scarsa evidenza di un eccesso di prestiti bancari, 3. Assenza di squilibri macroeconomici più ampi. Tuttavia, gran parte del deterioramento delle posizioni della bilancia dei pagamenti degli emergenti è dovuto all’aumento delle importazioni di energia. A parte alcune eccezioni, come Ungheria e Turchia, dove anche le importazioni non energetiche sono aumentate in modo significativo, questa situazione riflette l’aumento dei prezzi globali a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina piuttosto che il surriscaldamento della domanda interna. Semmai, è probabile che la necessità di finanziare le ingenti spese per l’importazione di energia abbia fatto ridurre il consumo di altri beni. Le banche dei Paesi emergenti si trovano ad affrontare un periodo difficile, via via che l’aumento dei tassi d’interesse colpisce la crescita economica e provoca un aumento dei non-performing loan. Inoltre, l’aggravarsi delle preoccupazioni sulla salute del sistema finanziario globale potrebbe causare volatilità nei mercati finanziari emergenti. Ma i fondamentali macroeconomici relativamente solidi fanno sì che ci sia una bassa probabilità che emergano crisi dal settore bancario. http://www.verinieassociati.com/

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TCW – La Cina e i paesi emergenti saranno il motore della crescita globale nel 2023

Posted by fidest press agency su mercoledì, 12 aprile 2023

A cura di Anisha A. Goodly, Managing Director, Emerging Markets – Portfolio Specialist, TCW In prospettiva, riteniamo che i rendimenti dei paesi emergenti saranno in gran parte guidati da differenti fattori. In primis, l’inflazione statunitense e la politica della Fed. I dati statunitensi rimangono solidi e non ci sono segnali significativi di un rallentamento dell’economia nel breve termine. Per questo motivo, oltre a prevedere ulteriori rialzi dei tassi, il mercato ha prezzato tassi più alti più a lungo, con tagli dei tassi sempre più lontani. Data l’entità del ribasso dei tassi a febbraio – ovvero 50 punti base (bps) in più nel rendimento del Treasury a 10 anni – riteniamo che la maggior parte di questo movimento sia probabilmente già avvenuta e, anche se il breve termine sarà probabilmente volatile, saremmo orientati a trarre vantaggio da ulteriori ribassi dei tassi per aggiungere duration. Nel nostro scenario di base, prevediamo ancora una lieve recessione negli Stati Uniti, ma riconosciamo che i rischi sono tanto più bassi quanto più la Fed dovrà aumentare i tassi. In seconda battuta, riteniamo che la Cina sia pronta per una forte ripresa nel 2023 e che questa crescita si trasmetterà al resto del mondo attraverso il commercio, il turismo e le materie prime, con altri mercati emergenti destinati a beneficiarne in modo particolare.. Infine, lo spread dell’EMBI Global Diversified è di circa 442 punti base e riteniamo che il fair value sia compreso nell’intervallo 400-450 punti base. Al di sopra dei 450 punti base, e in particolare al di sopra dei 500 punti base, saremmo propensi ad aggiungere rischio, a ridurre, invece, il rischio se gli spread si trovano all’interno dei 400 punti base. Dal punto di vista del rendimento complessivo, l’EMBI Global Diversified si colloca al 92° percentile rispetto alla storia, il che significa che solo nell’8% dei casi negli ultimi due decenni i rendimenti sono stati superiori. Le società emergenti high yield si collocano al centro della fascia di spread rispetto alle high yield statunitensi. In particolare, dopo il Covid le società dei mercati emergenti hanno ridotto la leva finanziaria a un ritmo molto più rapido rispetto ai loro omologhi statunitensi, il che ha spinto gli spread relativi per turno di leva finanziaria a livelli interessanti su base storica. In conclusione, nel breve termine, i dati economici statunitensi domineranno probabilmente il sentiment del mercato, il che probabilmente aumenterà la volatilità, ma potrebbe presentare opportunità di aggiungere rischio in caso di sell-off dei tassi. Nel medio-lungo termine, riteniamo che i mercati emergenti saranno sostenuti dalla ripresa della Cina e dai rendimenti interessanti rispetto ai dati storici. Tuttavia, la differenziazione all’interno dell’asset class rimane fondamentale alla luce delle variazioni di una serie di fattori, tra cui il contesto politico, la qualità del credito e la duration. (abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Fixed Income – Il debito dei mercati emergenti brilla quando il dollaro perde il suo smalto

Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 aprile 2023

A cura di Mary-Therese Barton, Head of Emerging Market Fixed Income e Alain Nsiona Defise, Head of Emerging Corporates di Pictet Asset Management e con i contributi supplementari di Christopher Preece e Patrick Zweifel. L’allineamento dei pianeti è favorevole al debito in valuta locale dei mercati emergenti (ME). Secondo la nostra analisi, ci sono buone ragioni per ritenere che il debito emergente (sia sovrano che societario) sia in procinto di dare il via a un movimento al rialzo che potrebbe durare per i prossimi anni. Per iniziare, l’andamento del dollaro USA ha cambiato direzione. I segnali indicano infatti che l’avanzata inarrestabile registrata nell’ultimo decennio inizia a rallentare. È probabile che il ridimensionamento del ruolo del dollaro permetta ad altri fattori di fare da traino al reddito fisso dei mercati emergenti. C’è inoltre da considerare la gestione ottimale dell’inflazione da parte delle economie dei mercati emergenti. Le loro banche centrali hanno agito in anticipo e con decisione per contenere le pressioni inflazionistiche, lasciando le economie in via di sviluppo ben posizionate per superare in misura significativa le controparti sviluppate. Per il reddito fisso dei mercati emergenti, le oscillazioni valutarie sono rilevanti, non solo per le obbligazioni emesse in valuta locale, ma anche per quelle denominate in dollari USA. I movimenti valutari possono produrre effetti retroattivi di notevole impatto sulle finanze complessive di un Paese. Analogamente possono svolgere un ruolo fondamentale nei bilanci delle società dei mercati emergenti. Questo può tradursi in effetti compositi concreti per gli investitori: l’apprezzamento delle valute locali genera un circolo virtuoso che si traduce in rendimento per il reddito fisso. La forza del dollaro è stata più o meno universale: è salito rispetto a quasi tutte le valute, sia nei mercati emergenti che in quelli sviluppati. Un’inversione o anche solo un andamento laterale del dollaro dovrebbe sostenere gli asset dei mercati emergenti. Per le economie emergenti, tutti questi anni di dollaro forte hanno avuto ripercussioni di vasta portata, la maggior parte delle quali si è dispiegata sui mercati valutari. Come se non bastasse, un dollaro forte contribuisce anche alle pressioni inflazionistiche nei mercati emergenti: le importazioni prezzate in dollari alimentano il rincaro dei prezzi al consumo. Negli oltre dieci anni di massima forza del dollaro, la vita è stata particolarmente dura per le società emergenti con debito in valuta estera. Paradossalmente, alcune delle principali società del settore delle materie prime sono soggette alle maggiori sanzioni politiche. Prendiamo i produttori di petrolio e gas dei mercati emergenti. In condizioni normali sarebbero protetti dagli effetti valutari: i prezzi sono in dollari, così come servizi e costi del capitale per produzione ed estrazione. Tuttavia, considerazioni di carattere politico spingono a controllare rigorosamente i prezzi del carburante in molti di questi Paesi, mantenendoli spesso ben al di sotto dei benchmark globali. I cicli dei mercati emergenti durano a lungo. Gli investitori che li colgono al momento giusto possono beneficiare di rialzi gratificanti per molti anni. E sembra che uno di questi rialzi sia in procinto di iniziare. Chi riuscirà a cogliere per tempo questo cambiamento epocale, ne trarrà probabilmente i maggiori benefici. Tuttavia, gli investitori non dovrebbero lanciarsi sul mercato per la mera paura di restarne fuori (la cosiddetta fear of missing out); possono invece iniziare gradualmente e costruire le loro posizioni nel tempo. In ogni caso, non devono dimenticare che ci saranno correzioni lungo la via né tantomeno ignorare i rischi idiosincratici. La dispersione in questi mercati offre ai gestori attivi l’opportunità di approfittare di cicli più brevi, beneficiando al contempo di potenti trend strutturali, come quelli che abbiamo delineato. È essenziale investire basandosi su un solido processo analitico, che faciliti un’ approfondita valutazione top-down dei fondamentali macroeconomici e bottom-up di quelli idiosincratici. (abstract by Gruppo Pictet)

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Asset Allocation: sovrappesare i mercati emergenti

Posted by fidest press agency su venerdì, 31 marzo 2023

A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management. Nel mondo azionario, tutte le strade portano ai mercati emergenti (ME). Secondo i nostri modelli, gli investitori azionari troveranno valore nel mondo emergente, dove si concentrano prospettive di crescita economica più solide e condizioni di liquidità più favorevoli. Prevediamo che quest’anno il divario di crescita del PIL tra economie emergenti e sviluppate (attualmente al 2,5%) raggiungerà il massimo degli ultimi 10 anni. Inoltre, l’inflazione è in calo grazie alla rapida e tempestiva stretta monetaria da parte delle Banche Centrali dei mercati emergenti. Proprio le Banche Centrali emergenti si sono date un freno durante la pandemia; grazie alla loro moderazione, la liquidità in tutte le economie in via di sviluppo continua a sostenere gli attivi rischiosi, a differenza delle condizioni negative o al massimo neutrali di gran parte del mondo sviluppato. La riapertura cinese aumenta inoltre l’attrattiva degli investimenti azionari dei mercati emergenti. I dati di febbraio dell’indice dei direttori degli acquisti (PMI) hanno mostrato che il ritmo di crescita dell’attività manifatturiera cinese è il più sostenuto degli ultimi dieci anni, così come è solida la crescita del settore dei servizi. Anche il dato sulla produzione industriale di febbraio indica una ripresa dell’attività nella regione, sebbene serva ancora un po’ di tempo prima che il rallentamento legato alla fase prolungata di lockdown che ha colpito il Paese possa dirsi del tutto superato. Considerevole è anche il potere d’acquisto dei consumatori cinesi: secondo i nostri economisti, se ipotizziamo che saranno necessari due anni per spendere i risparmi accumulati durante la pandemia, l’aumento dei consumi dovrebbe essere del 6% all’anno. Ciò, a sua volta, si traduce in una maggiore domanda di importazioni e in una crescita del turismo cinese: due fattori che dovrebbero stimolare le prospettive economiche, in particolare quelle asiatiche. Singapore, Vietnam e Thailandia potrebbero esserne i principali beneficiari. Manteniamo pertanto la nostra posizione di sovrappeso per i mercati emergenti e per le azioni cinesi. Considerata la recente correzione, le azioni cinesi paiono particolarmente convenienti. Attualmente sono scambiate con uno sconto del 30% rispetto alle azioni globali, cosa che riteniamo giustificata vista l’unicità dei rischi geopolitici e normativi cinesi. A partire da questi livelli, i rendimenti dovranno essere trainati dagli utili societari e i segnali che giungono da questo fronte sono incoraggianti. Le revisioni degli utili per le società cinesi sono mutate in positivo e intravediamo un potenziale per ulteriori aggiornamenti al rialzo. Tutto ciò, unito al fatto che il posizionamento degli investitori nei confronti dei titoli cinesi è ribassista, sostiene con forza l’investimento in questa asset class. Per contro, restiamo cauti sui titoli azionari statunitensi ed europei, malgrado un certo miglioramento delle prospettive di crescita delle due economie. Le valutazioni sono relativamente più care per quanto riguarda gli Stati Uniti, le prospettive di crescita sono anemiche in tutto il mondo sviluppato e le insicurezze legate alla politica monetaria permangono.

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La proattività delle Banche Centrali dei paesi emergenti

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 marzo 2023

La crescita degli EM è stata abbastanza resistente anche a fronte di una situazione sfavorevole legata all’economia cinese nel corso del 2022. Ma con la riapertura del Dragone e la fine della politica “Zero-COVID”, assistiamo a buone prospettive per la crescita cinese, con il settore immobiliare che dovrebbe stabilizzarsi. Questo è un fattore particolarmente importante, poiché i risultati di crescita degli EM sono sempre più legati alla Cina. Anche una eventuale recessione in USA o in Europa più modesta del previsto porterebbe dei benefici alla galassia EM (L’Economic Team di Payden & Rygel non vede comunque una recessione acuta negli Stati Uniti, dato il buon livello di crescita del settore privato). La riapertura della Cina, infine, dovrebbe essere positiva anche per il petrolio e le materie prime, per le quali vediamo un rimbalzo della domanda dopo un periodo di debolezza protratto fin dal 2020.A livello tecnico, prima del rally di ottobre-novembre 2022, i gestori delle obbligazioni emergenti detenevano posizioni di liquidità storicamente elevate, con deflussi consistenti per otto mesi consecutivi. Ma così come i dati tecnici hanno esacerbato il sell-off per la maggior parte del 2022, ora potrebbero essere utili nel contesto di una ripresa. Le valutazioni, infatti, favoriscono il debito EM: i vantaggi nell’attuale contesto sono rappresentati da valutazioni convincenti e anche da un’interessante opportunità di reddito a lungo termine. Il tempismo d’ingresso nei bond emergenti, in tale contesto di volatilità, è, allo stesso tempo, un’opportunità e una sfida per gli investitori. Sebbene non sia possibile prevedere il picco dei tassi USA o degli spread EM, esiste un argomento storico a favore delle obbligazioni EM. Quando gli spread sovrani EM superano i 500 punti base rispetto ai Treasury USA, infatti, il rendimento medio annuo triennale è stato dell’8,9%. A questo proposito, per quanto riguarda alcuni titoli sovrani ad alto rendimento, vediamo valutazioni interessanti.Per i mercati locali EM, le opportunità che si prospettano sono brillanti. L’inflazione sembra rallentare, le Banche Centrali hanno aumentato i tassi di interesse in modo aggressivo e le valute degli EM hanno mostrato una certa resistenza. Le valutazioni del dollaro statunitense, inoltre, sono sotto pressione e l’aggressiva politica di inasprimento monetario da parte della Fed andrà probabilmente rallentando nel corso del 2023. La componente valutaria dei mercati locali può essere soggetta a volatilità, in quanto le Banche Centrali non si oppongono alla tendenza al deprezzamento delle valute; tuttavia, in molti mercati locali è possibile ottenere un reddito solido anche se si coprono i rischi valutari.

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Asset Allocation: le valutazioni favoriscono gli investimenti nelle obbligazioni dei Mercati Emergenti

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 marzo 2023

A cura di Kristin Ceva, responsabile strategie paesi emergenti di Payden & Rygel. Milano. Dopo un 2022 difficile, gli investitori possono ora trarre vantaggio dal debito dei mercati emergenti (EM), una classe d’investimento sottoutilizzata ma che offre diversificazione e rendimenti interessanti. L’allocazione delle obbligazioni EM nei portafogli istituzionali è, secondo la nostra esperienza, ancora limitata: rappresenta, infatti, circa il 4-6%. Eppure, l’universo del debito dei mercati emergenti è molto ampio: secondo quanto stimato da JP Morgan, l’intero stock si attesterebbe attorno ai 27 mila miliardi di dollari. E non si parla di un mercato sottosviluppato, come ritengono molti investitori. Gran parte del debito emergente, infatti, è costituito da emittenti Investment Grade, diversificato geograficamente in più di 90 paesi. Se consideriamo l’indice sovrano denominato in dollari JP Morgan EMBI Global, quasi il 59% dell’indice è infatti IG, con una percentuale addirittura più elevata per le società EM (66%) e gli EM locali (76%).

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GAM: Numerose opportunità all’orizzonte nel debito dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su martedì, 21 marzo 2023

Commento a cura di Paul McNamara, Investment Director, Debito dei mercati emergenti di GAM. Il 2022 è stato un anno difficile per tutte le asset class, ma quest’anno i mercati sembrano in buona forma grazie alle prospettive inflazionistiche più favorevoli. Le opportunità nel debito dei mercati emergenti sono numerose. Riteniamo sia importante sottolineare i principali sviluppi dell’anno da poco conclusosi. In termini economici, l’impennata dell’inflazione e la stretta monetaria, in particolare da parte della Federal Reserve ma anche delle altre banche centrali, sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti. Le conseguenze per tutti i mercati, non solo quelli emergenti, sono state particolarmente dolorose. Nessuno aveva mai visto un anno così in perdita sia per le azioni che per le obbligazioni, praticamente senza alternative. A livello politico, l’invasione russa in Ucraina ha avuto parecchie implicazioni economiche, non solo in maniera diretta per i prezzi degli alimentari (considerata l’importanza dell’Ucraina in campo agricolo), ma anche per le ripercussioni della sospensione delle forniture di gas e petrolio all’Europa da parte della Russia. Per il momento sembra che sia stato evitato il peggio grazie a un inverno mite in Europa. Se il clima fosse stato molto rigido, l’Europa sarebbe rimasta a corto di gas. Comunque, il prezzo del petrolio è rimasto elevato, con pesanti ripercussioni sui prezzi di numerose materie prime. E questa è anche una delle ragioni per cui il pessimismo ha prevalso per buona parte dell’anno.Finalmente sono giunte alcune buone notizie sul fronte dell’inflazione. L’inflazione negli Stati Uniti sembra aver ormai raggiunto il picco. In Europa si vanno diffondendo notizie più positive. Persino nel Regno Unito sembra che il peggio sia passato. Certamente, le banche centrali continuano ad alzare ancora i tassi. Ma, come nel caso della Russia, abbiamo evitato il peggio e questo è fondamentale. Le condizioni ideali per l’Europa coincidono con una crescita robusta in tutto il mondo, ma non trainata dagli Stati Uniti perché quando la crescita è concentrata in America il dollaro è forte e le valute dei mercati emergenti arrancano. L’Europa sta comunque recuperando dopo essere scampata alla crisi del gas provocata dalla Russia. La Cina ha finalmente rimosso le restrizioni dovute ai ripetuti focolai di Covid e sta facendo ripartire l’economia. Dunque, gli altri due grandi poli dell’economia globale sembrano in forma migliore. Fintanto che l’Europa e la Cina terranno, le prospettive per i mercati emergenti resteranno favorevoli. Infatti, storicamente i mercati emergenti globali dipendono molto dalla crescita e sia le valute che le azioni fanno bene quando la crescita globale è buona. Le cose andranno bene a condizione che le prospettive inflazionistiche restino favorevoli. Il resto dell’inverno dev’essere mite, anche se non necessariamente caldo come è stato finora. Ma l’Europa non può restare a corto di gas. In tal caso, le prospettive sono abbastanza positive. I problemi comunque non mancano, ad esempio lato tassi: crediamo che i rialzi dei tassi di interesse negli Stati Uniti continueranno. a essere uno dei fattori da monitorare quest’anno. Lo scenario però è favorevole. I mercati emergenti in genere sembrano convenienti e, in questo momento, crediamo che le opportunità nella nostra asset class siano numerose.

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Debito dei mercati emergenti: l’inizio brillante del 2023 durerà a lungo?

Posted by fidest press agency su venerdì, 10 marzo 2023

A cura di Chris Cooke, Portfolio Manager, Emerging Markets Debt di Columbia Threadneedle Investments Siamo in un buon periodo dell’anno o si tratta solo di un caso di buon investimento? Qualunque sia il motivo, non si può negare che il 2023 sia iniziato in modo straordinario per il debito dei mercati emergenti (ME). Secondo Barron’s, a inizio gennaio i Paesi emergenti hanno collocato obbligazioni per 39 miliardi di dollari, quasi la metà del totale di tutto il 2022. L’impennata ha spinto il Financial Times a sottolineare come gli investitori si stessero “riversando sui mercati emergenti” e a osservare come la velocità dei flussi transfrontalieri verso gli asset ME fosse al momento “seconda solo al flusso che ha seguito la revoca delle misure di blocco del coronavirus alla fine del 2020 e all’inizio del 2021”. In realtà, ci sono una serie di ragioni abbastanza razionali per cui gli investitori sono stati maggiormente attratti dal debito dei mercati emergenti.L’aumento dei tassi d’interesse nei mercati sviluppati ha fatto sì che parte dei flussi, normalmente destinati alla “ricerca di rendimento” nei mercati emergenti, siano rimasti nel mercato locale nel 2022. Inoltre, la guerra in Ucraina ha scatenato l’incertezza e frenato la propensione al rischio degli investitori, contribuendo a un significativo allargamento degli spread con le obbligazioni ME. La forza del dollaro USA ha avuto un impatto sproporzionato sulle valute dei ME, mettendo sotto pressione gli ancoraggi dei tassi di cambio e alimentando l’inflazione attraverso l’aumento del prezzo dei prodotti alimentari e dell’energia. Tutto questo ha colpito duramente i mercati del debito degli emergenti. Complessivamente, il calo dei titoli di Stato USA nel 2022 ha eroso oltre la metà del rendimento delle obbligazioni sovrane in valuta forte dei mercati emergenti. Nel 2023 stiamo assistendo all’inizio di un rimbalzo di tali effetti. Tra le influenze positive per i ME, il riemergere della Cina dalla sua politica di zero-Covid dovrebbe rivelarsi un enorme motore di sostegno macroeconomico per molti Paesi Emergenti. Le autorità cinesi sono riuscite a stabilizzare il settore immobiliare del Paese e al momento le prospettive di ripresa della domanda dei consumatori fanno ben sperare.La riapertura della Cina la pone in una fase del ciclo di crescita diversa da quella di altri Paesi, poiché la domanda, repressa a lungo dalle chiusure, è ancora in attesa di essere soddisfatta. Prevediamo che quest’anno la crescita dovrebbe salire a circa il 5,5%, il che renderebbe la Cina uno dei pochi Paesi in espansione nel 2023. Considerati i legami commerciali che quest’ultima ha con le altre economie dei mercati emergenti, si tratta di un importantissimo pilastro di sostegno per questa asset class, in quanto ci si aspetta che nel 2023 le economie dei mercati sviluppati rallenteranno, entrando anche in recessione.Attualmente, i rendimenti delle obbligazioni dei ME, misurati dall’indice JPMorgan Emerging Market Bondsono a livelli in linea o superiori a quelli offerti nell’ultimo decennio. Oltre al valore nominale di questo rendimento, l’elevato livello dei rendimenti fornisce un cuscinetto di compensazione consistente in caso di variazioni a breve termine degli spread e/o dei prezzi dei treasury USA. A conti fatti, tuttavia, il debito dei ME offre all’investitore consapevole del rischio un rendimento interessante e un’ampia e importante opportunità di diversificazione. Nei nostri portafogli abbiamo aumentato la posizione di rischio complessiva, ridotto il sottopeso della duration e assegnato rischi più equilibrati ai rendimenti obbligazionari. Poiché gli spread nella scala della qualità del credito hanno recuperato gran parte dell’allargamento dello scorso anno, non ci aspettiamo un’ulteriore significativa compressione di quest’ultimi nel 2023 e, pertanto, continuiamo a cercare opportunità di valore relativo in cui i fattori idiosincratici possano essere potenti driver di rendimento. (abstract by Columbia Threadneedle Investments)

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Capital Group: I mercati emergenti con fondamentali più solidi saranno i beneficiari dei nuovi flussi in entrata

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 marzo 2023

A cura di Peter Becker, Investment Director di Capital Group.Nel 2022, il contesto globale ha innescato ampi deflussi dai mercati del debito dei ME. Il rialzo dei tassi di interesse negli USA (e l’aumento dell’inflazione nei ME) e l’incremento del premio al rischio generale hanno ridotto l’attrattiva relativa del debito dei ME per gli investitori globali; i tassi USA più elevati si sono direttamente tradotti in costi di finanziamento più onerosi per gli emittenti di debito in dollari dei ME. Nei primi 11 mesi dell’anno, i deflussi globali netti dai ME hanno totalizzato poco meno di USD 100 miliardi. Di conseguenza, la partecipazione globale nel debito dei ME è oggi al livello più basso in quasi un decennio. Data la base di partenza ridotta, esiste la possibilità di ampi flussi in entrata – quando questi ultimi riprenderanno, ossia probabilmente quando la Fed interromperà i rialzi dei tassi oppure ne ridimensionerà il ritmo. Dopo un anno di rialzi aggressivi dei tassi di interesse, ci aspettiamo ulteriori incrementi in questo 2023 ma riteniamo che i prossimi mesi faranno da sfondo a una situazione politica meno drammatica. I Paesi dei ME che potrebbero beneficiare di questi primi afflussi saranno probabilmente quelli con tassi di riferimento reali interessanti e saldi con l’estero solidi. I tassi di riferimento reali sono in genere più alti nei Paesi dell’America Latina come il Brasile e il Messico perché hanno alzato anticipatamente i tassi di interesse, contribuendo a contenere l’inflazione. L’inflazione nell’America Latina sembra ora vicina al picco, aiutata non solo dall’impatto ritardato dell’inasprimento monetario, ma anche dall’inflazione dell’energia più ridotta, insieme alla crescita più debole. L’inflazione in Asia continua tuttavia a salire, seppur lentamente, sulla scia dei ritardi nella riapertura del mercato insieme all’eliminazione dei sussidi per l’acquisto di carburante in alcune economie. La situazione appare più eterogenea nell’Europa centrale e orientale, nel Medio Oriente e in Africa (CEEMEA): l’inflazione potrebbe aver ormai raggiunto il picco in alcuni Paesi come il Sudafrica (anche se il dato inerziale ha recentemente ricominciato a salire) ma rimane elevata nell’Europa orientale. Le previsioni relative ai saldi con l’estero sono piuttosto eterogenee. La combinazione di aumento dei tassi di interesse USA e del premio al rischio generale ha comportato un netto incremento del costo di finanziamento per gli emittenti di debito in dollari dei ME. Alcuni Paesi sono stati effettivamente esclusi dai mercati primari e le ristrutturazioni del debito sovrano hanno raggiunto livelli record negli ultimi due anni. Questa, in linea generale, è stata la situazione dei mercati di frontiera.La situazione è completamente diversa per alcuni dei Paesi dei ME più sviluppati, molti dei quali sono ora meno dipendenti dai finanziamenti esteri rispetto ai periodi di volatilità precedenti. Questi Paesi hanno esteso la scadenza delle loro emissioni e il possesso estero delle obbligazioni in valuta locale è in generale diminuito, il che dovrebbe ridurre il rischio di un’improvvisa inversione dei flussi di capitale. Molti di questi Paesi hanno bilanci esterni sufficientemente solidi e un accesso ai capitali tale da poter gestire la volatilità e hanno costruito ampie riserve in valuta estera, che rimangono a livelli confortevoli nonostante la pressione di quest’anno. I differenziali dei tassi reali positivi rispetto agli USA offrono un ulteriore elemento di protezione.

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La Fed, i tassi e le crisi dei Paesi emergenti

Posted by fidest press agency su lunedì, 6 marzo 2023

Di Mario Lettieri e Paolo Raimondi. Il continuo aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed, seguito a ruota dalla Bce, sta avendo conseguenze catastrofiche soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Ciò ha spinto i capitali a lasciare questi Paesi e ha deprezzato le loro valute rispetto al dollaro. Ovvia conseguenza è l’aumento dei prezzi delle commodity, del costo delle importazioni, anche dei beni di sussistenza. Inoltre, l’enorme crescita del costo del debito li ha resi incapaci di far fronte al pagamento degli interessi. Si aggiunge una specifica situazione della Cina. Oltre agli effetti economici della pandemia, le sanzioni imposte a Pechino non colpiscono solo la Cina ma anche quei Paesi connessi alla sua “catena di approvvigionamenti”. Le merci cinesi che vanno nel resto del mondo non sono prodotte esclusivamente in Cina, ma soprattutto nei Paesi dell’Asia e dell’Africa che fanno parte della sua filiera produttiva. Il “World economic outlook” di gennaio 2023 del Fmi stima che il 15% dei Paesi a basso reddito sia in difficoltà debitoria, un altro 45% sia ad alto rischio di sofferenza e il 25% delle economie dei mercati emergenti sia anch’esso ad alto rischio. L’ultimo rapporto della Banca Mondiale rileva che alla fine del 2024 il pil dei Paesi emergenti e di quelli in via di sviluppo resterebbe del 6% sotto di quello registrato prima della pandemia. Per loro si prevedono un lungo periodo di debiti crescenti e pochi investimenti. I capitali, infatti, saranno assorbiti dalle economie avanzate a loro volta colpite da tassi e debiti alti. Per 37 Paesi poveri la situazione sarà molto peggiore. Nell’Africa sub – sahariana si stima un aumento del tasso di povertà assoluta nel biennio 2023-4.Il vero problema, soprattutto per noi occidentali, è che si prendono iniziative prettamente geopolitiche legate alla sicurezza e alla forza militare, spesso senza valutarne le conseguenze economiche e sociali in altre parti del mondo. Gli effetti impattano i Paesi geograficamente lontani ma poi si riverberano in casa nostra. Di solito, quando i governi sono costretti a ridurre i bilanci, tagliano le spese sociali. Ciò porta all’instabilità politica e a rivolte popolari. Globalmente siamo di fronte a delle situazioni peggiori di quanto sperimentato, a cavallo del primo decennio di questo secolo, quando la speculazione sui beni alimentari ha mischiato l’inflazione con le cosiddette “primavere arabe”. Il Libano, ad esempio, sta affrontando ciò che la Banca mondiale ha descritto come “tra le crisi più gravi a livello globale dalla metà del XIX secolo”. Dal 2019 la moneta ha perso il 98% del suo valore. In Iraq, le proteste sono scoppiate a Baghdad per il crollo del dinaro, la valuta irachena. In Egitto, il valore della sterlina egiziana in un anno si è dimezzato mentre i prezzi sono aumentati. L’anno scorso lo Sri Lanka, nel mezzo di rivolte sociali, è stato inadempiente per la prima volta nella sua storia. Oggi le autorità hanno aumentato il prezzo dell’elettricità del 66% nel tentativo di ottenere un salvataggio dal Fmi. Il Pakistan sta affrontando la sua peggiore crisi economica, con mancanze di gas, interruzioni di corrente, aumenti dei prezzi. In Argentina, l’inflazione ha raggiunto, di nuovo, quasi il 100% su base annua.Alti tassi e inflazione sono un mix esplosivo. Il caso dell’Argentina è emblematico, dove il tasso della banca centrale è salito dal 35% di un anno fa al 75% di oggi. Allora la pensione media era di 450 dollari al mese, oggi è di 150. L’aumento del tasso d’interesse della Fed ha spinto anche quello della banca centrale del Brasile dal 10,7% di un anno fa al 13,75% di oggi. In Messico, il tasso d’interesse è quasi raddoppiato, passando dal 6% all’11,25%. Il tasso d’interesse della Nigeria è aumentato dall’11,5% al 17,5%, l’inflazione è del 22%.Il mondo sta pagando un altissimo prezzo. Le cause, secondo noi, sono l’acquiescenza della Fed di fronte a una finanza aggressiva, i suoi errori di valutazione e i suoi mancati interventi. Non è un caso che, come per la cecità dimostrata alla vigilia della grande crisi finanziaria del 2008, oggi, fino all’ultimo minuto, la Fed ha continuato a ripetere che l’inflazione era “transitoria”. Tutto è transitorio, ma il problema è la durata della transizione e le sue conseguenze. In Europa non c’è da stare tranquilli. La Bce ha sempre dimostrato la sua “straordinaria indipendenza”, ma ripetendo qualche mese dopo gli stessi errori della Fed. Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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Perché la riapertura cinese potrebbe rivelarsi estremamente positiva per le obbligazioni dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 febbraio 2023

A cura di Mickael Benhaim, Head of Fixed Income Investment Strategy & Solutions e di Patrick Zweifel, Chief Economist di Pictet Asset Management. Il ritorno della Cina sul palcoscenico dell’economa globale è un evento di grande importanza. La seconda economia al mondo è fondamentale per i suoi livelli di produzione, il consumo di beni, il settore dei servizi e le risorse naturali, nonché per la liquidità.Pertanto, la ripresa del Paese avrà ricadute sul resto del mondo a livello di scambi commerciali, turismo e materie prime. Ed è significativo che a trarne il beneficio maggiore saranno le altre economie emergenti, più del mondo sviluppato. Prendiamo in considerazione le importazioni. La domanda cinese di beni provenienti da oltreoceano è destinata a crescere, in quanto i consumatori stanno ricominciando a spendere dopo aver acquistato solo generi alimentari e altri beni di prima necessità per quasi tre anni. La portata della domanda repressa è considerevole. La nostra analisi indica che i risparmi in eccesso delle famiglie (reddito disponibile meno consumi) hanno raggiunto i 5.000 miliardi di RMB, più del doppio rispetto al 2014, nonché pari al 4% del PIL. Secondo le nostre ricerche, gran parte di questa spesa si indirizzerà verso altri Paesi emergenti, come Singapore, Thailandia e Cile. Una ripresa del turismo cinese fornirebbe un’ulteriore spinta all’economia del mondo emergente. La Thailandia, ad esempio, prevede 5 milioni di arrivi dalla Cina per quest’anno e una spesa dei consumatori in grado di toccare i massimi degli ultimi tre anni. Gli esportatori di materie prime, soprattutto quelli dell’America Latina, dovrebbero beneficiare anche della maggiore domanda cinese di risorse naturali.Il mondo in via di sviluppo godeva già di un premio di crescita superiore rispetto alle controparti sviluppate. La riapertura in Cina andrà semplicemente ad ampliare ulteriormente questo divario di crescita. Tenendo in considerazione tutto ciò, prevediamo una crescita delle economie emergenti di oltre il 4% per quest’anno, superiore, quindi, alle controparti dei Paesi sviluppati (in aumento solo dello 0,5%). Alcuni investitori temono che la sua ripresa congiunturale possa mettere a dura prova le catene di approvvigionamento globali, già ampiamente stressate, portando a un rincaro delle materie prime e alimentando l’inflazione. Ciò costringerebbe quindi le banche centrali di tutto il mondo a inasprire ulteriormente la politica monetaria, con il rischio di un’impennata dei rendimenti obbligazionari dei mercati sviluppati, replicando quanto avvenuto nel 2022 in occasione dell’uscita dai lockdown delle economie statunitensi ed europee. Uno scenario simile è certamente plausibile. In termini di domanda finale, la Cina ha già superato gli Stati Uniti come maggior consumatore di beni sia energetici che non energetici. In effetti, i prezzi di materie prime come il minerale di ferro e il rame sono aumentati del 20-40% negli ultimi tre mesi.Tuttavia, non crediamo che una ripresa della domanda cinese cambierebbe in maniera consistente le dinamiche dell’inflazione globale. Innanzitutto, gran parte dell’economia mondiale si trova oggi in uno stato di fragilità. Molti Paesi del mondo sviluppato sono al momento pericolosamente vicini a una recessione. Inoltre, è sbagliato presumere che la riapertura della Cina avverrà in maniera simile a quella di Europa e Stati Uniti, quando, agli inizi del 2022, fu il loro turno di rimuovere le restrizioni dovute al COVID. In quell’occasione, l’inflazione salariale si affermò soprattutto a causa della situazione insolitamente tesa del mercato del lavoro. Al momento della riapertura degli Stati Uniti, ad esempio, il rapporto tra posti di lavoro vacanti e disoccupati aveva raggiunto il livello record di 2 a 1. Quello che era iniziato come un rincaro del costo dei servizi si diffuse rapidamente a ogni aspetto dell’economia, innescando una spirale inflazionistica prezzi-salari. L’Europa, a sua volta, riscontrò problemi simili. Il mercato del lavoro cinese, invece, non sembra trovarsi al momento in questa situazione, è anzi è ben lontano dall’essere sotto pressione: il rapporto tra opportunità di lavoro e disoccupati rimane stabile intorno a quota 1,5. Ciò ci suggerisce che è improbabile che le pressioni sui prezzi appartenenti al mercato cinese possano essere trasmesse al resto del mondo. Tutto questo, a sua volta, significa che l’impatto della Cina sull’inflazione globale non è abbastanza forte per alimentare da sé la stretta aggressiva da parte delle principali banche centrali. Al contrario, le principali banche centrali arriveranno presto alla fine delle loro politiche di aumento dei tassi. Prevediamo che la Fed interromperà i suoi rialzi dei tassi intorno a quota 5%.I mercati stanno già iniziando a scontare tagli dei tassi d’interesse statunitensi fino a 171 punti base nei prossimi tre anni: si tratterebbe del ciclo di allentamento più aggressivo mai visto. Per il momento, tuttavia, siamo ancora in una fase di rialzo.Questo dovrebbe essere un sollievo per le obbligazioni dei mercati sviluppati. Non prevediamo vendite massicce (come quelle viste lo scorso anno per questa asset class) e i rendimenti dovrebbero oscillare entro fasce ristrette.È probabile che l’apertura improvvisa della Cina provochi effetti anche rilevanti su tutta l’economia mondiale. Ma i vantaggi del ritorno cinese sul palcoscenico internazionale supereranno i rischi e stimoleranno le prospettive del debito emergente senza destabilizzare i mercati sviluppati del reddito fisso. (abstract by Gruppo Pictet)

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PIMCO: Il peggio per i mercati emergenti sembra alle spalle

Posted by fidest press agency su martedì, 21 febbraio 2023

A cura di Pramol Dhawan, Head of Emerging Markets e Lupin Rahman, Head of EM Sovereign Credit di PIMCO. Nonostante una confluenza di shock senza precedenti, i mercati emergenti hanno dato prova di resilienza, con scarsi segnali di crisi su vasta scala. Come asset class, i mercati emergenti sembrano essere indirizzati verso performance più robuste. I tassi reali elevati nei mercati emergenti, o corretti per l’inflazione, attenuano i rischi di contagio derivanti da ulteriori rialzi dei tassi d’interesse della Federal Reserve (Fed) statunitense e gli effetti del dollaro forte. La riapertura dell’economia cinese fornisce una notevole spinta e i picchi dell’inflazione e delle pressioni fiscali sembrano essere stati superati. Siamo complessivamente sempre più positivi sui mercati emergenti e su alcuni titoli di debito locali dei mercati emergenti in particolare. Rimaniamo comunque cauti fino a quando le prospettive di politica monetaria non saranno più chiare, poiché molto dipende dalla capacità della Fed di contenere l’inflazione e dalla capacità della Cina di stimolare l’attività economica. Nel 2022 è successo praticamente tutto quello che poteva penalizzare i mercati emergenti, con le pressioni pandemiche esacerbate dalla guerra in Ucraina, il rapido aumento dei tassi da parte della Fed, i prezzi elevati dell’energia e dei generi alimentari, la politica zero-COVID della Cina, l’ascesa dei regimi populisti e i problemi climatici irrisolti. Tuttavia, la maggior parte dei paesi emergenti ha recuperato i livelli del PIL precedenti alla pandemia. La leva finanziaria nei mercati emergenti è rimasta sotto controllo, con un debito sostanzialmente stabile rispetto al PILOggi i mercati emergenti contraggono prestiti prevalentemente in valuta locale e con scadenze più lunghe rispetto al passato. Questo, insieme alla crescita del risparmio pubblico dei mercati emergenti, contribuisce a minimizzare i rischi di rifinanziamento esterno e l’impatto dell’aumento dei tassi statunitensi sui costi di finanziamento e sulla sostenibilità del debito.La bilancia commerciale dei ME è finanziata prevalentemente dai flussi di investimenti diretti esteri (IDE). Questi tendono a essere più stabili rispetto alla volatilità dei flussi di mercato dell’era post-crisi finanziaria globale del 2008 (GFC), caratterizzata dal quantitative easing delle banche centrali mondiali. I flussi di IDE sono guidati da forze di più lungo periodo che hanno subito un’accelerazione, come il “nearshoring” in paesi come il Messico, la necessità di indipendenza energetica nei paesi industrializzati e gli investimenti legati al clima nei paesi emergenti. La riduzione degli squilibri esterni – sotto forma di un minor numero di ancoraggi valutari sopravvalutati e di una minore leva finanziaria esterna – offre un ulteriore cuscinetto, consentendo al cambio dei ME di essere una valvola di sfogo delle implicazioni del ciclo di politica monetaria della Fed. Dopo la crisi finanziaria mondiale, la Cina è subentrata agli Stati Uniti e all’Europa come principale motore della crescita dei mercati emergenti, in quanto si è trasformata da utilizzatore finale di materie prime, a ingranaggio della produzione globale, a consumatore di beni e servizi dei mercati emergenti, come il turismo. Finora la crescita dei mercati emergenti ha resistito nonostante il rallentamento della Cina. Una riapertura positiva della Cina avvantaggerebbe in modo sproporzionato i mercati emergenti, anche se in questo ciclo la domanda si è spostata dalle materie prime ai servizi. Con la crescita cinese in aumento del 5%-5,5% su base annua nel 2023 nello scenario di base di PIMCO, i mercati emergenti probabilmente resisteranno anche in caso di recessione dei paesi industrializzati (che secondo noi sarebbe lieve). Il nostro scenario base indica che la crescita dei mercati emergenti si contrarrà al 3,5%, dal 5,5%, man mano che il rallentamento dei paesi sviluppati si accentuerà e i gap di produzione dei mercati emergenti si ridurranno. Tuttavia, questo dato non riflette pienamente i benefici derivanti dalla riapertura della Cina, che, secondo le nostre previsioni, dovrebbe affermarsi nella prima metà del 2023 e accelerare nella seconda metà.I mercati di frontiera appaiono vulnerabili, con alcuni paesi esclusi dai mercati dei capitali. Il tasso di insolvenza sovrana per questo sottoinsieme dei mercati emergenti sta aumentando, con diversi paesi che probabilmente ristruttureranno il loro debito nei prossimi anni. È quindi imperativo concentrarsi sui potenziali aspetti negativi e disporre di un quadro complessivo per affrontare questi rischi. Riteniamo che il peggio sia alle spalle per i mercati emergenti e che quest’anno gli investitori possano trovare migliori opportunità in tutto il panorama dei mercati emergenti. In particolare, attualmente privilegiamo gli asset locali dei mercati emergenti in paesi con tassi reali elevati, come il Brasile; il credito societario nei paesi esportatori di materie prime; alcuni titoli finanziari dei mercati emergenti; le posizioni rialziste sui cambi in paesi come la Thailandia, che riteniamo ben posizionati sulla ripresa della Cina. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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GAM: Ripresa dei mercati azionari emergenti

Posted by fidest press agency su domenica, 19 febbraio 2023

A cura di Tim Love, Investment Director, Emerging Markets Equities di GAM. A seguito di una correzione del 30% circa e 21 mesi di andamento altalenante al ribasso, all’inizio del 3° trimestre del 2022 abbiamo incrementato l’esposizione nei mercati emergenti poiché, sulla base dei dati sia qualitativi che quantitativi, sembrava avessero raggiunto un punto di acquisto anticiclico. Per quanto abbiamo avuto ragione relativamente alle azioni dei mercati sviluppati, stiamo iniziando solo ora a rilevare un rialzo assoluto delle azioni dei mercati emergenti a metà novembre 2022.Il potenziale rialzo delle valutazioni delle azioni dei mercati emergenti dipende da una serie di catalizzatori, quali il raggiungimento del picco del dollaro e nuovi aiuti, in particolare al settore immobiliare e alle banche, in Cina oltre alla riduzione (almeno parzialmente) delle restrizioni contro il Covid, a seguito del Congresso nazionale del Partito comunista cinese a novembre 2022. Crediamo che questi catalizzatori farebbero salire i mercati azionari emergenti nel 2023, tenendo anche conto della tenuta degli utili in questi Paesi, che porterebbe a una crescita dell’utile per azione nel 2022/2023 unitamente a una forte espansione dei multipli PE.Inoltre, 15 anni di performance altalenante hanno creato una specie di molla pronta a saltare. Oggi rileviamo diverse opportunità di rendimento adeguate al rischio (rallentamento del mercato/Covid/shock petrolifero) che ricordano la situazione nel 2003-2008 (dopo le crisi in Asia e la SARS). Il rendimento assoluto e relativo porterà a rivalutare quest’opportunità di investimento ciclica e nel lungo periodo. A nostro giudizio, la liquidità contenuta, il basso posizionamento e il sentiment negativo potrebbero delineare un profilo di rischio e rendimento interessante per le azioni dei mercati emergenti nel 2022/2023. Giocare in difesa è una strategia che appartiene al passato.Tra i temi da preferire per l’asset allocation vediamo: · Cina: riapertura post-Covid e politica fiscale · Ripresa della crescita globale: esportazioni IT e veicoli elettrici in Corea del Sud e Taiwan · Catena di distribuzione delle rinnovabili: platino in Sud Africa, litio in Cile, terre rare in Malesia. · I fanalini di coda nel secondario in India dotati di liquidità, i beneficiari della deglobalizzazione/onshoring in Messico, Vietnam e Romania. È importante mantenere un approccio non vincolato a uno stile specifico, liquido, con un profilo ESG di qualità elevata. Infine, crediamo che potrebbe servire mantenere la posizione in linea col mercato nei titoli START (Samsung, TSMC, Alibaba, Reliance Industries e Tencent). Questo indice (coniato da noi nell’articolo sui titoli START nel 2020/2021) è ora in grado di cogliere il potenziale di rialzo rispetto ai FAANG in vista del 2023.

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Asset Allocation: interesse per le azioni in Europa, Cina e mercati emergenti

Posted by fidest press agency su mercoledì, 15 febbraio 2023

A cura di Fabrizio Santin, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Assistiamo a un’evoluzione positiva sui mercati finanziari a gennaio, con forti guadagni azionari e assestamento dei rendimenti obbligazionari dei paesi sviluppati. Diversi fattori hanno giocato a favore: registriamo innanzitutto una forte discesa dei prezzi del gas e dell’elettricità sui mercati all’ingrosso in Europa. Il clima relativamente mite per la stagione permette di risparmiare sulla domanda, scongiurando le ipotesi pessimistiche dello scorso autunno. L’Europa, in quanto area economica orientata all’export, trae beneficio anche dalla riapertura della Cina: il cambiamento delle politiche di Zero-Covid, che consente maggiore facilità negli spostamenti dei cittadini, renderà possibile un maggior livello di consumi di beni e servizi (come, ad esempio, hotel, ristoranti e turismo). Occorre tenere in considerazione che i consumi privati in Cina sono all’incirca il 20% in meno rispetto al periodo pre-Covid. Nel 2022, la Cina è cresciuta di circa il 3%, mentre quest’anno la crescita dovrebbe rimbalzare al 5%, secondo i nostri economisti. Se la riapertura avverrà senza intoppi, potremo anche assistere a una crescita maggiore. L’economia cinese (e dei mercati emergenti Asiatici in generale) sono, in principio, i primi beneficiari di questo nuovo corso politico in Cina, ma il ritorno di tensioni geopolitiche nei rapporti con gli USA sta togliendo smalto agli indici domestici, almeno per quanto visto nelle ultime sessioni di mercato. In questa fase, alcune azioni, tipicamente quelle maggiormente rivolte all’aumento dei consumi, hanno performato particolarmente bene, come ad esempio il settore del lusso e quello minerario. Le Banche Centrali in USA ed Europa hanno continuato a rialzare i tassi ma, allo stesso tempo, hanno attenuato i toni aggressivi. Gli indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese registrano un miglioramento relativo, soprattutto in Europa, attribuibile alla caduta dei prezzi dell’energia. Per questi motivi, ci sembrano ottimistiche le previsioni di tagli dei tassi sotto il 4% fin dalla seconda metà di quest’anno, mentre le parti lunghe delle curve dei rendimenti sembrano meglio prezzate.La stagione degli utili è contrastata: nel complesso, le aziende riescono a mantenere una marginalità accettabile, anche grazie a decisioni rapide di taglio dei costi del personale come osservato per diverse aziende del settore IT statunitense. Tuttavia, le “guidance”, ossia gli obiettivi preannunciati per il resto dell’anno, dipenderanno dallo stato di salute complessivo del consumatore americano e dell’economia nel suo complesso. Guardiamo con interesse ad Europa ed Emergenti, Cina e temi relativi collegati come il settore lusso o minerario. Negli USA, alcune parti del mercato Growth, come i servizi di comunicazione, sono molto interessanti. Nel breve termine, tuttavia, dopo la rapida accelerazione osservata a gennaio, propendiamo per un atteggiamento di attesa.L’aspetto maggiormente positivo è però la progressiva stabilizzazione delle correlazioni bond-azioni che aiuta le strategie multi-asset: a tal fine, è cruciale il superamento della ‘crioterapia’ antiinflazionistica praticata dalle principali Banche Centrali. Anche se il ciclo economico è estremamente incerto, i passi avanti sul fronte della lotta all’inflazione sembrano andare finalmente nella giusta direzione. (abstract by Gruppo Pictet)

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Mercati emergenti ed emissioni di carbonio

Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 gennaio 2023

A cura di Sabrina Jacobs, Senior Client Portfolio Manager e Sabrina Khanniche, Senior Economist di Pictet Asset Management. Il combustibile fossile ti fa ricco. A partire dalla Rivoluzione Industriale, elevate emissioni di carbonio e crescita economica sono andate di pari passo. Venendo a tempi più recenti, lo stesso fenomeno si sta verificando per le economie dei mercati emergenti, la cui impronta di carbonio è strettamente correlata allo standard di vita degli abitanti. Tradizionalmente, i paesi in via di sviluppo sono i maggiori emittenti di carbonio, in quanto la loro crescita economica dipende in gran parte dalle risorse naturali e dai settori che le utilizzano, come quello manifatturiero.Ciò significa che anche gli investitori nei mercati emergenti hanno avuto un’elevata impronta di carbonio.Ma ora il punto di svolta sembra essere vicino.È sempre più evidente che le economie emergenti siano in grado di ridurre le proprie emissioni pro capite, o la propria intensità di carbonio, senza sacrificare la crescita economica.Ciò si deve ai tentativi da parte di paesi come la Cina di adottare energie rinnovabili, ottimizzare la catena produttiva, aumentare l’efficienza energetica e introdurre normative ambientali.Le innovazioni nel settore finanziario potrebbero accelerare questo cambiamento. La crescita delle obbligazioni green e legate alla sostenibilità nei mercati emergenti fa sì che i capitali vengano indirizzati sempre più verso progetti e investimenti a ridotte emissioni di carbonio.Questo significa che, adesso, gli investitori in obbligazioni societarie emergenti hanno la possibilità di diversificare ulteriormente i loro portafogli, accrescendo il proprio contributo alla transizione sostenibile e allineando gli investimenti agli obiettivi delle “zero emissioni nette”.

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PGIM Fixed Income: Le obbligazioni dei mercati emergenti offrono condizioni di ingresso favorevoli?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 dicembre 2022

A cura di Cathy Hepworth, Head of Emerging Markets Debt di PGIM Fixed Income. Innanzitutto, le obbligazioni dei mercati emergenti non costituiscono una classe d’investimento omogenea. Ciononostante, gli investitori dovrebbero essere cauti sulle obbligazioni emesse da Paesi con rating moderato e solidità economica inferiore alla media. A nostro avviso, la situazione è generalmente migliore per gli emittenti di qualità più elevata; la loro solidità nei fondamentali economici attenua l’impatto dell’aumento dei costi di finanziamento. La maggior parte di questi emittenti sovrani dispone di un ampio mercato interno dove può collocare continuamente obbligazioni. Inoltre, hanno accesso al mercato del dollaro USA, dove incontrano una domanda elevata. Ad esempio, emittenti con rating BB come la Serbia e la Repubblica Dominicana sono economicamente solidi e, tuttavia, scambiano a valutazioni interessanti. Inoltre, esistono opportunità di investimento in Paesi del Medio Oriente come il Qatar e l’Arabia Saudita. L’America Latina, invece, è condizionata in maniera evidente dall’influenza della sfera politica sul mercato obbligazionario; anche in questo caso, però, gli emittenti potrebbero registrare performance migliori a breve termine rispetto a quelli di altre regioni. Nel complesso, le obbligazioni dei mercati emergenti sono di migliore qualità e con una duration inferiore rispetto alle obbligazioni societarie dei mercati sviluppati. Il loro spread è attualmente molto più ampio della media storica di lungo periodo. Ad esempio, le obbligazioni societarie dei mercati emergenti con rating BB sono scambiate 150 punti base al di sopra delle obbligazioni societarie USA con lo stesso rating, una posizione di partenza favorevole per ottenere rendimenti superiori alla media nel medio e lungo termine. Attualmente, esistono interessanti opzioni di ingresso nelle obbligazioni dei mercati emergenti. Tuttavia, in questo momento, gli investitori dovrebbero osservare il tutto con molta cautela. (abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Investire nei mercati emergenti: rischi e opportunità in Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca

Posted by fidest press agency su venerdì, 9 dicembre 2022

Commento a cura di Antonella Manganelli, AD e Responsabile Investimenti di Payden&Rygel Italia. Ungheria: (finalmente) la mossa giusta? Dopo la richiesta della Commissione Europea di tagliare 7,5 miliardi di euro di fondi UE all’Ungheria per via dell’incapacità del Paese di trovare un accordo con l’Unione sul suo Piano di Ripresa e Resilienza (RRF), l’Ungheria rischia di perdere il 70% di questi fondi qualora l’UE non dovesse accettare il piano entro la fine dell’anno. Una perdita di finanziamenti di tale portata potrebbe essere disastrosa per l’Ungheria in un anno di per sé complicato come si prospetta il 2023, già segnato dall’aumento dei prezzi dell’energia che ha spinto il disavanzo commerciale in territorio negativo, portando a un notevole deterioramento delle partite correnti. Questa mancanza di alternative di finanziamento potrebbe avere dei risvolti inaspettatamente positivi: le autorità ungheresi si sono dette infatti disposte ad affrontare le questioni sollevate dalla CE attuando i cambiamenti richiesti attraverso una legislazione che dovrebbe entrare in vigore a breve. Le preoccupazioni rispetto alla situazione economica della Polonia riguardano anzitutto la politica monetaria. La Banca Nazionale di Polonia (NBP) sembra quasi pronta per una pausa nel ciclo di rialzi, con un probabile tasso terminale del 7% (contro l’attuale tasso di riferimento del 6,75%) e dal confronto con le autorità monetarie polacche è emerso un chiaro spostamento del focus dall’inflazione alla crescita. Un allentamento fiscale prematuro introdurrebbe, di conseguenza, rischi significativi di aumento del deficit di bilancio, che potrebbe essere solo parzialmente compensato da un aumento delle entrate a causa dell’inflazione. Il timore è che l’allentamento fiscale, a fronte di un mercato del lavoro resiliente, sia una ricetta per aumentare l’inflazione, e non per ridurla.Inoltre, i rapporti tra Polonia e Unione europea si sono nuovamente deteriorati. In Polonia il Piano di Ripresa e Resilienza è stato approvato all’inizio dell’anno dopo mesi di negoziati e ritardi, ma sembra improbabile che i fondi effettivi saranno erogati fino alla fine del 2023. L’erogazione dei fondi da parte dell’UE sarà subordinata al raggiungimento dei risultati richiesti al sistema giudiziario polacco, mentre, dal canto suo, la politica interna sembra ostacolare l’adempimento di queste condizioni, piuttosto che agevolarlo. Il rischio per la Polonia è, se non quello della perdita dei finanziamenti come nel caso dell’Ungheria, di un ritardo nell’erogazione dei fondi, che, pur non avendo un impatto diretto sul bilancio, costringerebbe comunque il governo a finanziare i progetti in corso in un momento in cui il costo del denaro è aumentato in maniera sostanziale. Cattive notizie sui fondi dell’Unione Europea rappresenterebbero indubbiamente un problema anche per gli investitori. Repubblica Ceca: la meno preoccupante delle tre, ma i rischi rimangono. A settembre, le autorità ceche hanno lanciato un messaggio rassicurante: difficilmente il gas naturale rappresenterà un problema per l’economia manifatturiera del Paese. Per ora l’approccio equilibrato della politica monetaria sembra coerente con i dati economici: la crescita rallenta, così come rallentano i salari e i prestiti in valuta locale. La diminuzione di mutui e prestiti al consumo rispetto allo scorso anno sembra coerente con le aspettative di una recessione tecnica nella seconda metà di quest’anno. Alla luce di queste considerazioni, abbiamo modificato il nostro posizionamento sul mercato locale in Polonia e Repubblica Ceca. Riteniamo inopportuna la svolta dovish della NBP, in quanto permangono forti pressioni sui prezzi, dati economici misti e rischi di allentamento fiscale, che, in base alle nostre previsioni, peserebbero sia sui tassi sia sulla valuta locale. Mentre la nostra strategia prevedeva già di sottopesare la duration e di essere corti sullo zloty polacco, abbiamo aumentato il sottopeso sulla duration per riflettere questo rischio.In Repubblica Ceca, abbiamo chiuso il nostro short sulla corona, ritenendo che la valuta rimarrà forte, data la capacità di intervento della CNB, mentre le considerazioni sul carry hanno confermato la nostra decisione. Infine, abbiamo mantenuto la nostra esposizione sul mercato locale ungherese, con l’opinione che i problemi tra Ungheria e Unione Europea saranno, in ultima analisi, risolti. (abstract by Payden & Rygel)

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