Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 35 n°87

Posts Tagged ‘emigrazione’

Impatti economici dell’immigrazione

Posted by fidest press agency su domenica, 12 marzo 2023

Venezia 14 marzo 2023 alle ore 16:00, presso l’Aula Baratto, un incontro per discutere gli impatti economici dell’immigrazione, ma anche iniziative mirate di collaborazione tra Università e imprese in grado di contribuire ai processi di integrazione come parte sempre più importante dello sviluppo economico e culturale del nostro territorio.Nell’incontro verrà innanzitutto presentato e discusso il XII Rapporto sull’Economia dell’Immigrazione, integrato con gli ultimi dati aggiornati al 2023. Il Rapporto permette di comprendere non solo l’importanza che l’immigrazione ha assunto nell’economia del paese, ma anche come una politica migratoria seria e lungimirante sia oggi un’azione necessaria per consolidare la ripresa e fornire prospettive di crescita in un contesto demografico e geopolitico molto più difficile del passato. Il centro della discussione sarà il ruolo che Università e imprese possono svolgere nel governo di un fenomeno complesso come quello migratorio, per il quale serve senz’altro più ricerca, ma anche maggiore impegno nella formazione di competenze professionali e manageriali in grado di incidere sui processi di integrazione. Università e imprese possono inoltre collaborare nell’attrazione di talenti e nella preparazione di studenti internazionali che, una volta completati gli studi in Italia, possono aiutare le nostre imprese nei loro progetti di crescita sui mercati esteri. Ca’ Foscari ha inoltre attivato da tempo un Master per formare figure professionali per il governo dei processi migratori e ha sviluppato iniziative innovative come il FAMI impact Veneto, volto alla creazione di un dialogo interculturale e all’integrazione di studenti con un background migratorio. Assieme alla Rettrice Tiziana Lippiello interverranno all’incontro il dott. Enrico Di Pasquale, ricercatore della Fondazione Leone Moressa e il Prof. Giancarlo Corò, Delegato di Ca’ Foscari alla Cooperazione internazionale. Alla tavola rotonda che discuterà dati e proposte sulle politiche migratorie sono stati chiamati Annalisa Bisson, Direttrice delle Relazioni Internazionali della Regione Veneto, Francesco Lissoni, professore di Economia all’Università di Bordeaux, Clara Grano dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ INDIRE e Gianfranco Simonetto Presidente ICM SpA, impresa di Costruzioni con importanti progetti di sviluppo in Africa.

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Emigrazione: codice di condotta per le navi Ong

Posted by fidest press agency su venerdì, 18 novembre 2022

Fu proposto dall’ex ministro dell’Interno del Partito Democratico Marco Minniti. Spero che tutto il Parlamento, opposizione compresa, sia d’accordo ad approvarlo per certificare delle regole che facilitino le operazioni di soccorso e impediscano altresì di scivolare in comportamenti tali dal favorire l’immigrazione irregolare. Salvare vite umane sì, foraggiare i trafficanti di esseri umani no. Spesso non vengono informate neppure le guardie costiere, altro tema che dev’essere codificato nel regolamento, così come sarebbe utile mettere in chiaro le fonti di finanziamento di cui usufruiscono per sostenere spese molto costose di acquisto del natante, manutenzione, personale marittimo, assistenti sociali, mediatori culturali, operatori sanitari e carburante”. E’ quanto ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia interpellato sul regolamento per le navi Ong.

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Politiche giovanili e emigrazione

Posted by fidest press agency su domenica, 22 Maggio 2022

Che le prospettive per i giovani nel nostro Paese non siano delle migliori ormai è un dato di fatto. Non risulta quindi difficile capire perché molti di loro decidano di emigrare. Secondo l’Istat dal 2008 al 2020 si è trasferito all’estero il 6% degli italiani fra i 25 e i 34 anni e secondo l’ultima indagine della Fondazione Visentini (che risale al 2020) il 29% di loro proietta il proprio futuro all’estero. Le principali cause risiedono nelle difficoltà di trovare un lavoro soddisfacente, soddisfare il benessere economico del proprio nucleo familiare e raggiungere l’indipendenza economica.“Quando succede questo – commenta Graziano Ceglia, Vicepresidente Nazionale di Unilavoro PMI – l’Italia perde due volte: da una parte spende molte risorse nella formazione dei ragazzi, dall’altra però, non fornendo loro delle concrete opportunità di crescita, li consegna di fatto ad altri paesi che sono disponibili ad offrire loro di più. Ricordiamo che l’Italia ha sempre investito molto nel settore della formazione, tant’è che le nostre Università sono tra le migliori al mondo: solo per fare un esempio, secondo la classifica del Qs World ranking redatta nel 2022, la Sapienza è prima per studi classici e decima in archeologia. L’altro lato della medaglia però non è così brillante perché una volta formati molti dei nostri ragazzi decidono di fare i bagagli per cercare altrove prospettive migliori. In questo modo, oltre a vanificare l’investimento iniziale, perdiamo l’opportunità di avere delle professionalità di eccellenza”.I motivi sono da andare a ricercare nella regolamentazione del mercato del lavoro ancora troppo farraginosa che in molti casi non favorisce l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e non garantisce loro le opportunità necessarie a programmarsi un futuro a medio-lungo termine. Tra le cause vi è anche l’alto costo del lavoro, direttamente collegato al continuo e costante innalzamento dell’età pensionabile. “Purtroppo – riprende Ceglia – la politica ha sempre creduto poco nei giovani, per questo è necessario un patto generazionale in cui finalmente si predispongano delle risorse da destinare all’occupazione giovanile. Le possibilità di intervento non mancano: innanzitutto azzerare le tasse sui contratti di assunzione di un giovane invece che disperdere risorse economiche su bandi spesso di difficile gestione. Aggiungerei poi la possibilità per le aziende di usufruire di sgravi fiscali visto che apprendistato a parte, non c’è molto. Infine credo sarebbe opportuno agevolare i giovani che vogliono fare impresa sollevandoli da ogni tipo di imposizione fiscale almeno per i primi anni di avvio dell’attività, sarebbe un buon modo per accompagnarli in un percorso imprenditoriale all’inizio sempre all’insegna delle difficoltà e incentivarli a costruire il proprio futuro qui, non altrove”. By Unilavoro PMI

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L’ultimo studio sull’emigrazione italiana in Svizzera

Posted by fidest press agency su martedì, 21 dicembre 2021

Dalla fine dell’Ottocento ad oggi si sono diretti nella Confederazione 5 milioni di italiani. I flussi furono particolarmente elevati dopo la Seconda guerra mondiale. Nel decennio 1946-55 si trattò del 26% degli espatri totali e di quasi il 50% degli espatri in Europa. Nel decennio 1966-64 circa un terzo sugli espatri totali e il 40% sugli espatri continentali riguardarono la Confederazione. Poi il ruolo di primo Paese di arrivo degli italiani passò alla Germania, pur continuando a rimanere la Svizzera una delle principali destinazioni della nuova emigrazione. Fino al 1964, anno della firma del secondo accordo bilaterale sul collocamento della manodopera, la situazione degli italiani fu segnata da una estrema precarietà e da un cumulo di restrizioni. Gli italiani erano considerati non solo stranieri ma anche “estranei” per effetto di una storica “anti-italianità”, già evidenziata, fin dall’inizio dei flussi, dalle rivolte popolari contro gli italiani, scoppiate a Berna e a Zurigo (rispettivamente nel 1893 e nel 1896). L’accordo costituì la base per dare inizio all’inserimento stabile degli italiani, facilitando l’arrivo dei loro familiari. Ma il cammino fu tutt’altro che facile e fu anche messo in forse dal referendum promosso da Schwarzennbach nel 1970, che esprimeva la ricorrente paura degli svizzeri di essere sopraffatti dagli stranieri (il cosiddetto “inforestieramento”). Questa paura si è manifestata ancora una volta nel 2014, anno in cui un altro referendum (questa volta convalidato dai votanti) intese ridurre rigidamente l’afflusso degli immigrati. Rimane sempre lo stesso il dilemma di fondo: da un lato, lo straordinario benessere svizzero non sarebbe stato possibile senza una elevata presenza straniera; dall’altro, questa presenza è vista socialmente come un disturbo dagli autoctoni. In tale contesto fu di grande aiuto l’associazionismo: dalle Missioni cattoliche italiane alle Acli, dalle Colonie libere ai Patronati e ad altre forme associative. La condizione degli italiani era destinata a migliorare ulteriormente perché la tutela assicurata dalla contrattazione bilaterale (avviata dall’esule e poi ambasciatore a Berna) fu completata dall’adesione della Svizzera alla normativa Ue sulla ibera circolazione, un istituto giuridico che, entrato in vigore nel 1968 e poi successivamente perfezionato, ha restituito dignità anche ai lavoratori italiani. L’attuale collettività italiana in Svizzera conta 660.000 membri, dei quali circa un terzo possiede la doppia cittadinanza. Vanno menzionati anche i 60.000 frontalieri, che con il loro lavoro sostengono l’economia del Canton Ticino e in parte del Canton Grigioni. La ricerca promossa da IDOS fa anche il punto sulla politica migratoria svizzera, nata sotto il segno della precarietà con la prima legge sull’immigrazione degli anni ’30 e rimasta tale anche nel dopoguerra. La prima deroga a tale impostazione fu proprio l’accordo italo-svizzero del 1964. Anche dopo le aperture a una presenza straniera stabile, ai politici non sfuggì la radicale divisione dei cittadini su questo tema ed ebbe così inizio la strategia della gradualità. Rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, quelli latinoamericani o, in Europa, la Francia, i percorsi di integrazione in Svizzera si sono dischiusi dopo gli anni ’60. Secondo gli autori della ricerca, sarà il futuro a mostrare in quale misura la presenza italiana, ampliando gli spazi di protagonismo, riuscirà a fondersi con la peculiarità svizzera. Michele Schiavone evidenzia come questo processo sia già in atto, poiché gli italiani sono sempre più presenti in campo parlamentare (federale e cantonale), amministrativo, professionale e imprenditoriale, il che lascia ben sperare.

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Medici italiani tornano a emigrare

Posted by fidest press agency su lunedì, 6 settembre 2021

Dopo l’arresto nei mesi di lotta al Covid-19, torna forte l’emorragia di medici dall’Italia verso gli stati esteri. In media un medico ogni 40 emigra verso Emirati, Qatar o Nordamerica. L’allarme lo lancia il presidente Omceo Mi Roberto Carlo Rossi segnalando che ogni anno firma oltre 500 certificati “good standing” per consentire l’espatrio a medici italiani (su 27 mila iscritti, a Roma Antonio Magi ne firma 1000 su 42 mila iscritti). Per una proporzione corretta bisogna aggiungere gli espatri di medici italiani verso paesi dell’Unione europea, gestiti con una procedura di attestazione della “buona condotta” che coinvolge ministero della Salute e Fnomceo. Rossi aggiunge che non vanno via solo giovani camici ma anche medici 45-50enni, specialisti della dirigenza pubblica, dipendenti del privato. Tra convenzione e dipendenza, un distinguo: «In convenzione la maggior parte dei medici è a 10-15 anni alla pensione, c’è poi uno zoccolo non nutritissimo di quarantenni, infine ci sono i giovani, e in quella fascia la tendenza alla mobilità, anche verso l’estero, è più elevata che in passato. Nella dipendenza invece tendono ad andare via anche i quarantenni, molti in piena carriera», dice Rossi. «Cardiochirurghi da un giorno all’altro si stabiliscono negli Emirati, e li capisco; un direttore di dipartimento responsabile di più unità dove si effettuano migliaia di prestazioni delicate, con annessi rischi legali, incassa 4500 euro mensili, meno che nel resto dei paesi industrializzati. Gli stipendi dei medici italiani a tutto il 2019 erano i peggiori in Europa occidentale eccezion fatta per la Spagna (di cui non conosco i limiti posti dalle incompatibilità); oggi forse siamo all’ultimo posto». Tra i medici di famiglia è prevedibile che a breve qualcuno, più giovane o avvezzo alle lingue straniere, chiuda la convenzione ed emigri? «Anche la nostra categoria è meno remunerata rispetto alle omologhe nel resto d’Europa, con buona pace dei Beppe Grillo secondo cui guadagneremmo come i cardiochirurghi, del ministro Giancarlo Giorgetti per il quale non serviamo più e della giornalista Milena Gabanelli nei cui pezzi leggiamo di entrate per noi cospicue (a fronte di un lavoro minimo) ma non dei costi dello studio e del personale. La realtà è diversa – dice Rossi – in una grande città le entrate non coprono le uscite, mentre in montagna il carico di lavoro e di chilometri è spesso superiore alle possibilità umane. Il turnover sarà sempre più precario e in certi casi potrà fallire, a meno di affrontarlo con due soluzioni alternative. Una è far entrare il privato nella medicina territoriale, aprendo una competizione che vedrà arretrare il servizio sanitario pubblico e i livelli di assistenza rispetto a quanto oggi erogato. L’altra è aumentare gli stipendi ai medici; osservo una certa timidezza dei sindacati nel parlare di aumenti ma per consentire al medico di respirare si potrebbe puntare alla rimozione di alcune incompatibilità».In effetti proprio lo Snami in questi mesi con il presidente Angelo Testa chiede l’abolizione di molte incompatibilità sia dei medici che già esercitano sia dei corsisti di medicina generale «per non lasciar scoperte cliniche private, guardie mediche, Rsa e 118». «La strada è quella – dice Rossi – già nel 2005 mi chiedevo come si sarebbe potuti andare avanti con un medico di famiglia garante dei Lea senza offrire a questa professione motivazioni per crescere. Oggi, peraltro i margini di libera professione rimasti sono residuali. Il lavoro prende gran parte delle nostre energie; non c’è più il rischio di un medico con più lavori, alcuni dei quali in contrasto, quel “mito” che diede il destro alla riforma bindiana e all’introduzione dell’indennità di esclusività in ospedale (pochi soldi in confronto a quanto danno all’estero, si veda Israele). Bene sarebbe concedere a chi ha residue energie e ha bisogno di soldi di poter effettuare altre attività, anche complementari a quelle rientranti nei livelli essenziali di assistenza. Anziché far entrare il privato nei Lea, daremmo al medico di fiducia la possibilità di fare qualcosa di più, di andare oltre, a fronte di prospettive economiche. Del resto, un nodo certo sta per venire al pettine: televisite e teleconsulti sono all’ordine del giorno nella medicina generale, i pazienti ce li chiedono, spesso noi riusciamo a offrirli senza problemi. Ma è lavoro supplementare e va pagato a parte». By Mauro Miserendino fonte: Doctor33.

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In un paese lontano – Emigrazione e Nuova Mobilità

Posted by fidest press agency su venerdì, 11 giugno 2021

17.06.2021 18.06.2021 Online Conferenza. Le persone sono in continuo movimento. Sebbene la società sia stata scossa dal clima di incertezza innescato dall’attuale pandemia, la globalizzazione e la digitalizzazione giocano il ruolo, ora più che mai, di fattori chiave per spingere le persone a cercare nuove opportunità ed evitare lo svantaggio. Le ragioni degli spostamenti tra stati, regioni, o dalla campagna ai centri urbani sono multiple, e spaziano dalla necessità alla scelta individuale. Possono riguardare la ricerca di condizioni economiche migliori, prospettive di carriera vantaggiose, o il mantenimento dei legami famigliari. Il cyberspazio rende le opportunità di lavoro e di carriera visibili e istantaneamente accessibili a un bacino di applicanti molto più vasto, aprendo i mercati del lavoro a una maggiore competizione internazionale. I soggetti pubblici e privati competono per la manodopera straniera, mentre la mancanza di opportunità di lavoro in certe aree e settori incoraggia lo spostamento verso luoghi dove le possibilità di essere assunti sono ancora intatte.Sul piano politico, gli anni precedenti hanno assistito ad accesi dibattiti sull’immigrazione e al disaccordo sulla questione della gestione del flusso di migranti e rifugiati. A livello europeo, per esempio, la cosiddetta crisi della migrazione è divenuto un tema fortemente contestato riguardo il numero di nuovi arrivi, la loro distribuzione all’interno dell’Eurozona, e la gestione delle rotte migratorie. C’è però almeno un’altra realtà che a questo proposito viene raramente messa a fuoco: una risorgente ondata di emigrazione che è particolarmente pronunciata nei paesi del sud Europa. La conferenza, della durata di due giorni, pone l’attenzione su questo fenomeno e le sue implicazioni per l’individuo e la società. Le prospettive multiple – che comprendono sia l’esperienza personale sia la ricerca scientifica – getteranno luce sull’argomento, considerando questa nuova emigrazione nel contesto delle politiche di mobilità europea e del principio della libera circolazione. Saranno tre i nodi fondamentali che verranno discussi durante la conferenza: Il panel indaga la complessa relazione tra la percezione dell’emigrazione, il suo nesso con la storia nazionale, ponendoli in relazione con gli effettivi dati della migrazione. L’equazione tra migrazione e decadenza e la formazione di un’auto-identità nazionale come popolo di emigranti sarà discussa prendendo l’esempio dell’Italia come punto di partenza. Il panel si concentra sulle regioni di confine tra Svizzera, Italia e Francia – come il confine italo-svizzero, la regione del Sud Tirol o l’area del Lago di Ginevra – per discutere le specificità sociali e politiche della mobilità di confine. Inoltre, verranno considerati anche i casi di confine esteso, come gli esempi di pendolarismo su lunga distanza. Il panel considera il modello della residenza, profondamente radicato nella struttura sociale della città di Roma. Nelle sue diverse manifestazioni storiche, ha portato molti stranieri a entrare in contatto con la realtà romana, per ricerche artistiche o scientifiche o pellegrinaggio religioso. La trasformazione digitale odierna sfida il concetto classico e introduce il dibattito su nuove forme di mobilità. L’evento è organizzato in collaborazione con NCCR-On the Move, University of Neuchatel, e il CNR IRPPS – Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali. Comitato scientifico organizzativo: Enrico Pugliese, Università Sapienza, Roma, CNR IRPPS Corrado Bonifazi, CNR IRPPS Gianni D’Amato, Università di Neuchâtel, NCCR On The Move. La conferenza si terrà in inglese con traduzione simultanea in italiano.

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Governo Draghi: urgono risposte in sanità, economia, lavoro, scuola ed immigrazione

Posted by fidest press agency su martedì, 16 febbraio 2021

Foad Aodi: “Le nostre associazioni sempre in prima linea a sostenere l’Italia, chiediamo di coinvolgere di più il mondo del volontariato e le associazioni e comunità straniere per una nuova legge d’immigrazione”. Cosi l’associazione medici di origine straniera in Italia(Amsi), la comunità del mondo arabo in Italia(Co-mai), l’unione medica euromediterranea (Umem) presente in 80 paesi ed il movimento internazionale transculturale interprofessionale Uniti per Unire con le 1000 associazioni e comunità internazionali aderenti esprimono le loro congratulazioni e buon lavoro al Governo Draghi che comprende e coinvolge quasi tutte le forze politiche. Auspichiamo che il Governo possa subito lavorare con tutti i suoi ministri per rispondere e risolvere tutte le criticità in particolare in sanità, economia, lavoro, scuola ed immigrazione con unità e responsabilità.” “E’ un momento storico e difficile in Italia e in tutto il mondo per colpa dell’emergenza sanitaria e umanitaria causate dalla pandemia, noi siamo impegnati dal primo giorno in Italia e all’estero per combattere il coronavirus, facciamo i nostri auguri e buon lavoro al Presidente Draghi, al Ministro Speranza e a tutti i ministri del Governo Draghi. Auspichiamo che venga intensificata la politica dell’ascolto coinvolgendo di più la società civile, il mondo del volontariato ed il terzo settore. La priorità assoluta oggi in Italia e nel mondo è vincere la guerra contro il coronavirus e far arrivare i vaccini a tutti i professionisti della sanità pubblici e privati, cittadini italiani e di origine straniera, anziani e non, paesi ricchi e poveri per arrivare il più presto possibile all’immunità di gregge in Italia e nel mondo. Inoltre per vincere questa battaglia occorre valorizzare le buone pratiche, correggere gli sbagli, migliorare la comunicazione ed informazione da parte di tutti ed in particolare da parte dei medici e politici per non creare maggiore confusione e conflitti politici e scientifici, tutelare il diritto alla salute, il diritto al lavoro, internazionalizzare di più il SSN, intensificare la collaborazione con l’Oms ed i ministeri della salute in Europa e nel mondo. Per l’immigrazione urge una nuova legge d’immigrazione, d’unità e non di divisione, rispettare la reciprocità degli accordi bilaterale tra l’Italia ed i paesi di origine dei migranti ed i rifugiati, promuovere politiche d’integrazione per chi sta in difficoltà, rispettare i diritti umani e combattere la violenza contro i migranti, donne, bambini ai confini italiani e nei Balcani. Infine al nuovo Governo chiediamo di coinvolgere maggiormente i professionisti della sanità di origine straniera nella sanità italiana pubblica e privata che fino adesso ha ricevuto solo promesse senza mai concretizzarle”. Cosi Dichiara Foad Aodi Presidente Amsi e Co-mai e membro esperti Fnomceo. http://www.unitiperunire.org

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Emigrazione: un “vademecum per vincere gli stereotipi”

Posted by fidest press agency su domenica, 29 novembre 2020

È fresco di stampa il RIM junior 2020, pubblicato dalla Fondazione Migrantes, che torna a raccontare l’emigrazione italiana, questa volta attraverso la storia dei pregiudizi e delle discriminazioni di cui sono stati vittime i nostri connazionali. Il volume è stato presentato all’interno della quinta edizione del Festival della Migrazione.Il RIM junior nasce come una sorta di “fratello minore” del Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) e si pone l’obiettivo di coinvolgere il lettore di ogni età nel racconto delle nostre migrazioni, grazie allo stile fresco e accattivante dei testi di Daniela Maniscalco, alle magnifiche illustrazioni di Carmela D’Errico sotto la direzione artistica di Mirko Notarangelo dell’Associazione MamApulia, con il coordinamento scientifico di Delfina Licata della Fondazione Migrantes. L’edizione di quest’anno si è arricchita dei moderni video in grafica animata di Silvano Delli Carri e della collaborazione di Amir Issaa, noto rapper e produttore discografico italiano, da cui è nato un contenuto speciale realizzato ad hoc per il RIM junior. I fan del musicista troveranno anche un testo inedito che potrà essere anche ascoltato tramite l’applicazione Qr code.Come nelle precedenti edizioni, infatti, i lettori potranno approfondire i temi trattati nel RIM junior utilizzando con uno smartphone il QR code, che dà accesso a vari contenuti aggiuntivi. Tra questi, un video che ripercorre i dati più salienti della presenza italiana all’estero.Dal 2006 al 2020 la mobilità degli italiani è aumentata del 76,6%. Gli italiani ufficialmente residenti all’estero oggi sono quasi 5,5 milioni. Nell’ultimo anno hanno lasciato l’Italia alla volta dell’estero e in modo regolare quasi 131 mila connazionali da 107 province e verso 186 destinazioni differenti del mondo.Carcamanos, dagos, mozzarella nigger e Spaghettifresser: sono solo alcuni dei nomignoli che furono affibbiati agli italiani emigrati all’estero. Si riteneva fossero disonesti e li si accusava di calcare volentieri la mano quando vendevano frutta e verdura. Si rimproverava loro la passionalità, che li avrebbe spinti ad adoperare spesso e volentieri il coltello. Esponenti di spicco di una certa pseudoscienza li consideravano appartenenti ad una razza subalterna, che aveva molti tratti in comune con gli afroamericani, anche loro ritenuti inferiori. E come se non bastasse, i nostri connazionali venivano criticati perché amavano cibarsi di una pietanza un tempo tanto esotica quanto ributtante come gli spaghetti.Con il passare del tempo, e grazie al duro lavoro e agli innumerevoli sacrifici degli italiani, la maggior parte di questi pregiudizi sono stati superati e spesso addirittura ribaltati in modo positivo.Il libro si conclude con un glossario dei termini relativi all’emigrazione, una bibliografia per approfondire gli argomenti trattati e infine un “vademecum per vincere gli stereotipi” che presenta alcune valide strategie per imparare a spezzare le categorizzazioni preconcette della realtà.

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Nissoli (FI): La memoria di Marcinelle ci aiuti a capire l’importanza dell’emigrazione nella storia dell’Italia!

Posted by fidest press agency su mercoledì, 7 agosto 2019

“Domani ricorre l’anniversario della tragedia di Marcinelle, in Belgio. In quella tragedia mineraria del 1956 persero la vita duecentosessantadue minatori, tra cui centotrentasei italiani.La data di quella tragedia è diventata, dal 2001, la “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo” per ricordare e onorare l’importanza del lavoro che gli italiani hanno svolto e svolgono nel mondo.Marcinelle, oggi, quindi, rappresenta un simbolo, un luogo della memoria per tutti coloro che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro, lontani da casa, e deve essere parte del nostro patrimonio culturale, assieme a Monongah, per farci comprendere i vari aspetti dell’emigrazione italiana nel mondo e le difficoltà incontrate dai nostri connazionali.Un simbolo che ci ricorda l’importanza dell’emigrazione affinché sappiamo inserirla pienamente nelle politiche elaborate per promuovere il nostro Sistema Paese e affinché sappiamo porre in essere politiche del lavoro sempre rispettose della dignità delle persone, di cui la sicurezza è premessa fondamentale.”Lo ha dichiarato l’on. Fucsia Nissoli Fitzgerald alla vigilia della “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”.

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Festival delle Spartenze

Posted by fidest press agency su domenica, 14 luglio 2019

L’on. Fucsia Nissoli Fitzgerald (FI) è intervenuta alla presentazione del Festival delle Spartenze per rafforzare la cultura dell’emigrazione per arrivare a proposte concrete per gli italiani all’estero dichiarando: “sono intervenuta, con il collega Nicola Carè, nella Sala Stampa di Montecitorio, alla presentazione del “Piccolo Festival delle Spartenze. Migrazione e cultura. Ringrazio di vero cuore il Prof. Giuseppe Sommario e l’associazione “AsSud” per l’impegno profuso per realizzare il Festival. Sono convinta che dalla riflessione culturale che ne scaturirà possano derivare sia conoscenza che idee progettuali utili per il bene dell’Italia e degli italiani all’estero.Il Festival è incentrato sul tema della “casa” ed io ho sottolineato che la riflessione su questo tema ci deve portare a elaborare proposte politiche concrete, affinché si possano dare risposte, anche a partire dagli aspetti fiscali, come l’IMU, a quegli italiani all’estero che hanno conservato la propria casa in Italia come segno del loro legame con le radici. Essi possono essere al centro di un grande progetto di rivitalizzazione turistica che, a partire dal turismo di ritorno, potrebbe ridare vitalità a quelle realtà del Sud che rischiano la marginalità anche se caratterizzate da splendide condizioni paesaggistiche”.
Alla presentazione sono intervenuti, moderati dalla giornalista Sabrina Iadarola, anche gli on.li Fabio Porta e Vittoria Baldino e Mons. Gianni de Robertis, direttore della Fondazione Migrantes. Tutti sono stati concordi, maggioranza e opposizione, sull’importanza degli italiani all’estero e sulla necessità di una adeguata attenzione da parte delle Istituzioni ai temi che li riguarda e ci riguarda. Ora, si spera che si possa essere conseguenti anche durante l’attività parlamentare, nell’Aula di Montecitorio!

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L’emigrazione italiana raccontata da Marisa Fenoglio

Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 giugno 2019

A distanza di vent’anni dalla prima edizione Rubbettino lancia in libreria il libro – più attuale che mai – della scrittrice piemontese Marisa Fenoglio “Vivere altrove”
C’è una narrazione dell’emigrazione italiana oggi largamente diffusa che vede i nostri emigrati quasi delle icone di stile, portatori nel mondo del “made in Italy”, diffusori di cultura, civiltà e bellezza. È un racconto che non tiene conto delle storie (verissime) di clandestinità, di disagio sociale, di delinquenza, di emarginazione. Storie che renderebbero quella emigrazione fin troppo simile a quella moderna che ha nell’Italia uno dei Paesi di maggiore approdo (seppure spesso solo di passaggio).
C’è poi un aspetto che è spesso ignorato o, meglio, rimosso. Ed è quello del dolore e dello spaesamento di chi è partito (e spesso di chi è rimasto), della ricerca spasmodica di nuovi equilibri e nuove identità, sempre più difficili da raggiungere e che finiscono per identificarsi con l’instabilità stessa e lo spaesamento.
A narrare questa condizione è il libro della scrittrice piemontese Marisa Fenoglio “Vivere altrove”. L’autrice (sorella di Beppe Fenoglio) narra la sua di emigrazione, quando negli anni ’50, da “sposina”, segue il marito, funzionario di una nota azienda piemontese, in uno sperduto paesino della Germania, dove l’uomo è incaricato di seguire lo sviluppo di una succursale della casa madre.
Quella della Fenoglio è senza dubbio una forma di emigrazione privilegiata, non contrassegnata dallo spettro della miseria e del bisogno, ma, ciononostante, l’autrice è consapevole che la distanza tra la sua esistenza e quella dei tanti poveracci che lasciavano la stazione di Milano centrale con le loro valige di cartone è minore di quanto si possa pensare. Con i lavoratori che assiepano i treni in partenza verso il Nord Europa condivide quel senso di smarrimento, di solitudine di ogni emigrato. “Esiste un’emigrazione facile? – si chiede l’autrice. – Nessun emigrato conosce alla partenza la portata del suo passo, il suo sarà un cammino solitario, incontrerà difficoltà che nessuno gli ha predetto, dolori e tristezze che pochi condivideranno. L’emigrazione gli mostrerà sempre la sua vera faccia, il prezzo da pagare in termini di solitudine e di rinunce. E a ogni ritorno in patria scoprirà quanto poco sappiano coloro che restano di ciò che capita a coloro che sono partiti.” Quella dei primi anni, descritta dalla giovane Fenoglio, è una Germania minacciosa, una aliena entità geografica, ancora gravida dei tragici eventi della guerra, terra ostile per clima e paesaggi. Col tempo scoprirà che per ogni straniero l’indispensabile strumento di integrazione e di appartenenza al nuovo paese è la lingua: “La patria non è soltanto una casa, una famiglia, un paese, la patria è sopratutto una lingua. Ogni lingua è un confine territoriale che esclude chi non parla, un mondo a se stante che non rimpiange altri mondi perché tutto contiene, un tessuto connettivo che forgia i pensieri e fa di individui un popolo”. “Vivere altrove” è un libro che è oggi, paradossalmente più attuale di quando venne scritto e che merita pertanto di essere letto e conosciuto. http://www.rubbettinoeditore.it

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Emigrazione: Fratelli d’Italia chiede il blocco navale

Posted by fidest press agency su lunedì, 25 giugno 2018

“Il blocco navale è l’unico provvedimento che agisce all’origine del fenomeno dell’immigrazione clandestina e interrompe la catena della morte incentivata dagli scafisti che trafficano in esseri umani. Non è una presa di posizione ideologica, è la cronaca quotidiana a suggerircelo. Abbiamo di fronte a noi un’occasione formidabile, quella del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Per questo Fratelli d’Italia nei prossimi giorni presenterà in Parlamento una risoluzione che impegni il governo Conte a chiedere ufficialmente in quella sede l’istituzione del blocco navale. Vediamo chi ci sta, e chi invece si limita a fare retorica sulla solidarietà europea, salvo poi chiudere le proprie frontiere in faccia agli immigrati”.E’ quanto scrive il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in un suo intervento in merito alla proposta di blocco navale sul quotidiano Libero di oggi.”In queste ore – osserva Meloni – sta navigando nel Mediterraneo la nave Lifeline con il suo carico di oltre 200 immigrati, raccolti e trasportati in mare aperto contro qualunque regola, contro le indicazioni della Guardia costiera italiana e di quella libica. Siamo contenti che il ministro Salvini, ascoltando la nostra proposta, abbia annunciato in caso di attracco in un porto italiano il sequestro della nave e l’arresto dell’equipaggio, dal momento che ci troveremmo davanti a un palese caso di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Rimane il dato incontestabile che si tratta di (sacrosanti) palliativi, in attesa che parta il prossimo barcone. L’unica decisione che può affrontare di petto l’emergenza (che si tratti di emergenza ormai non lo negano più neppure la Merkel e Macron) è impedire le partenze stesse. La via è il blocco navale, che non si configurerebbe affatto come una minaccia nei confronti della Libia, anzi a nostro giudizio si può e si deve attuare in accordo con le autorità libiche, mettendo sul tavolo tutta la forza e l’autorevolezza negoziale dell’Unione Europea. In ogni caso, in punta di diritto internazionale, stiamo parlando di una non più procrastinabile reazione difensiva rispetto a un’ondata migratoria (600mila persone in 6 anni) che è in se stessa un atto d’aggressione. Oltre che, ovviamente, di un’azione di giustizia rispetto ai rifugiati autentici: il blocco navale sarebbe chiaramente da accompagnare con la creazione di hot spot funzionanti in Libia, che avrebbero come compito primario quello di individuare chi abbia effettivamente diritto all’asilo”.”Il confine Sud del Mediterraneo – sottolinea Meloni – è il confine di tutta l’Unione, non dell’Italia. Se la moneta è comune, se le regole del commercio sono comuni, anche le frontiere sono comuni, altrimenti non è un’Unione, è una presa in giro. Tra l’altro, è quello a cui ci richiamano il tanto vituperato Orban e tutto il gruppo di Visegrad: come noi difendiamo il confine a Est, ci dicono, non si capisce perché voi non difendiate il confine a Sud”.
“Mi pare il contrario di un approccio estremistico – conclude Meloni – mi pare un’idea di buon senso e soprattutto di buona politica, in difesa dei cittadini italiani che immagino non ne possano più di vedere la propria nazione trasformata nel campo profughi d’Europa”.

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Machiavelli, l’emigrazione e gl’illuministi Scozzesi

Posted by fidest press agency su venerdì, 22 giugno 2018

Di Pietro De Muccio de Quattro. Nel capitolo XV del “Principe” il nostro Machiavelli pronuncia la celeberrima sentenza che ritengo basilare per la politica e la scienza sociale: “Ma sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa.” Nella sua famosa ‘versione italiana’ del capolavoro, Piero Melograni la traduce così: “Ma essendo il mio scopo quello di scrivere qualcosa di utile per chi vuol capire, mi è parso più conveniente inseguire la verità concreta, piuttosto che le fantasie.” Senza sminuire in nulla la lodevole fatica di Melograni, azzardo a dire che qui la potenza di scrittura di Machiavelli viene alquanto snervata dalla traduzione, altrimenti spesso indispensabile. Certo, la ‘verità effettuale’ è ‘concreta’, tuttavia anche più che concreta, cioè ‘necessaria’, ‘costante’, ‘ineluttabile’. Certo, ‘l’immaginazione di essa’ sono ‘fantasie’, ma soprattutto ‘illusioni’, perché, infatti, fantasticare in politica può risultare innocuo; illudersi, no. Pure ‘conveniente’ va meglio letto nel senso dell’epoca, cioè ‘concordante’, dunque ‘proporzionato’ e ‘corrispondente’. Machiavelli ci sta dicendo che egli richiama puramente e semplicemente quel che accade nel mondo reale. “Ma c’è una tale differenza tra come si vive e come si dovrebbe vivere, che colui il quale trascura ciò che al mondo si fa, per occuparsi invece di quel che si dovrebbe fare, apprende l’arte di andare in rovina, più che quella di salvarsi. E’ inevitabile che un uomo, il quale voglia sempre comportarsi da persona buona in mezzo a tanti che buoni non sono, finisca per rovinarsi. Ed è pertanto necessario che un principe, per restare al potere, impari a poter essere non buono, e a seguire o non seguire questa regola, secondo le necessità.” Facciamo adesso un salto di circa 250 anni e voliamo nelle braccia di quei maestri di libertà e sapienza che furono, e sono, gl’Illuministi scozzesi. Essi ci hanno insegnato alcune “verità effettuali”: le regole della morale non sono conseguenze della nostra ragione; esiste un ordine sociale spontaneo che nessuno ha progettato; la società può essere migliorata soltanto attraverso la comprensione delle conseguenze inintenzionali dell’azione umana, eccetera. Insomma, non basta volere il bene per ottenerlo. Come in effetti sta accadendo nel fenomeno dell’immigrazione, nel quale il buonismo latu sensu di sinistra si salda con il buonismo parareligioso e con il buonismo pseudointernazionalista. L’ennesima prova irrefutabile dei danni procurati da tale saldatura, che genera un ordine contrario alla verità effettuale perché buonista a prescindere oltre che riluttante a considerare e incapace di comprendere le conseguenze inintenzionali delle azioni pubbliche e private presuntamente a favore dei migranti in potenza e in atto, la ritrovo nell’articolo davvero eloquente di un giornalista serio come Lorenzo Imarisio (Corriere della Sera, 12 giugno), che intervista alcuni comandanti di organi militari di Tripoli. Ebbene, che dichiarano questi sorprendenti ufficiali, machiavelliani e illuministi inconsapevoli? Eccone alcuni scampoli: “Certo nell’immediato sono da prevedere ulteriori sofferenze per i migranti in mare. Ma le chiusure italiane indurranno chi è ancora a terra a pensarci sopra mille volte prima di imbarcarsi”; “oggi le centinaia di migliaia di africani che si assiepano sulle nostre coste, insieme alle bande criminali che li accompagnano, significano unicamente destabilizzazione e caos, ma voi europei con la vostra cieca politica umanitaria ci create problemi immensi”; “sappiamo che, almeno alcune Ong, sebbene non tutte, operano a fini umanitari, altri sono ‘criminali’ travestiti da Ong, però, anche nel caso di quelle più pulite, ogni volta che le loro navi si avvicinano alle nostre coste vediamo puntualmente la crescita esponenziale delle partenze dei migranti. Non so che grado di coordinamento esista con gli scafisti. Sta di fatto che gli umanitari inglesi, tedeschi, danesi, olandesi, spagnoli, facilitano le attività criminose.” Marco Imarisio sottolinea che i capi delle milizie, benché divisi e in lotta, “su di un punto concordano: vorrebbero bloccare gli arrivi degli africani nel loro Paese e accusano le organizzazioni non governative assieme ai governi europei di fungere da involontari fiancheggiatori del movimento migratorio, oltre che delle bande criminali di trafficanti d’esseri umani, che proprio grazie alla politica dei salvataggi in mare e dei porti aperti hanno enormemente facilitate le loro attività.” In conclusione, la verità può dirsi sotto gli occhi “di chi vuol capire”. E’ una verità così vera che la intende chiunque non sia pregiudizialmente disposto ad ignorarla. (fonte: Società Libera online Anno XVIII – n. 373 – 19 giugno 2018)

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La Genealogia delle origini: Radici ed Emigrazione

Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 febbraio 2018

Bojano venerdì 23 febbraio 2018 alle 18.00 al Palazzo Colagrosso – aula universitaria, si terrà il convegno dal titolo “La Genealogia delle origini. Radici ed Emigrazione”, condotto da Maurizio Varriano, referente nazionale di Borghi d’Eccellenza. Storie, volti, vicende; chi siamo, da dove veniamo, le partenze che hanno costruito l’Italia, per quello che si rivela un unicum nel panorama regionale, dove si parla per la prima volta di quella che è una scienza documentaria interdisciplinare che, coniugando in modo sistematico esperienze di carattere storico-sociale, archivistico e giuridico, nonché socio-linguistico e di storia della scrittura, fornisce gli strumenti idonei per reperire, leggere, comprendere e contestualizzare le fonti. Esattamente quello che è il focus di Molise Noblesse: un progetto che si sviluppa sul filo conduttore della “nobiltà” del Molise e dell’emigrazione, puntando tutto sul piano comunicativo, con l’intento di veicolare la realtà di una terra poco conosciuta, che potrebbe diventare interessante destinazione turistica. La Grande Bellezza, appunto, di una piccola regione! Ma siamo consapevoli della nobiltà della terra molisana? La genealogia è lo strumento che ci consente di tornare indietro nel tempo e ricostruire le storie.
Il convegno si aprirà con i saluti di Marco Di Biase, Sindaco di Bojano e di Vincenzo Cotugno, Presidente del Consiglio Regionale. Gli interventi saranno affidati a: Domenico Carriero, Esperto di Genealogia, con un intervento su “La ricerca genealogica: ricostruire la storia familiare”; Mina Cappussi, giornalista e docente all’Università Roma Tre, parlerà di “Genealogia nella ricerca di Emigrazione”; Giuseppe Pardini, docente di Storia contemporanea all’Università del Molise, ci diletterà con “L’emigrazione Molisana nel Novecento”; Giulio De Jorio Frisari, dell’Istituto Italiano Studi Filosofici, relazionerà su “Genealogia come modello ermeneutico” ed infine Nunzia Lattanzio, Pedagogista, Criminologa e Grafologa giudiziaria, affronterà un tema più specifico, quale “Grafologia e consanguineità”.
In chiusura la Tavola rotonda con la partecipazione di Ferdinando Pisco, Vicesindaco del comune di Morcone, che racconterà del “Modello di ricerca genealogica a Morcone”, Igor Picciano e Serena Valente, della Pro Loco “Agorà – Giulio Pittarelli” di Campochiaro, che ripercorreranno l’esperienza della “Ricerca genealogica a Campochiaro”. A seguire l’esibizione del costume tipico di Campochiaro.
Il convegno segue il successo del corso di Genealogia tenutosi di recente a Napoli, il 27 gennaio e il 17 febbraio, e mira ad incentivare lo studio degli antenati. (fonte: Agenzia Stampa, Casa Editrice, Giornale Quotidiano Internazionale direttore Mina Capussi)

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Dopo la pensione? La valigia

Posted by fidest press agency su venerdì, 21 luglio 2017

viaggiatoriPerché di fronte alla prospettiva di assegni sempre più bassi, quasi due romani su tre (63%) si dicono disposti addirittura a trasferirsi all’estero per poter mantenere uno stile di vita simile a quello attuale e trovare un ambiente e servizi più adatti alla terza età, senza trascurare la possibilità di fare nuove, piacevoli esperienze. È il quadro che emerge dall’Osservatorio di Reale Mutua dedicato al welfare.
Più della metà dei romani (55%), infatti, teme che la propria pensione non sarà sufficiente a mantenere un tenore di vita adeguato una volta usciti dal mondo del lavoro, e un ulteriore 22% vede molta incertezza all’orizzonte. Fra i principali timori, quello di non poter sostenere le spese mediche di cui si potrebbe aver bisogno andando in là con gli anni (54%), o persino cadere in povertà assoluta (30%), non riuscire a dare sostegno economico a figli e nipoti (28%) e dover gravare economicamente sulla famiglia anche per le necessità quotidiane (15%).Non si tratta solo di pessimismo. A gettare ombre sul futuro pensionistico degli abitanti della capitale sono anche le difficoltà del presente, a partire dalla precarietà del lavoro (48%) e dall’instabilità dello scenario economico (48%). Incidono anche una generale difficoltà a risparmiare per la vecchiaia (46%), gli imprevisti e spese straordinarie, che costringano a metter mano al portafoglio anzitempo (41%) e l’incertezza del quadro normativo (26%) del momento.Ma quali sono le misure di welfare a cui guardano i romani per integrare la pensione e prepararsi agli anni della vecchiaia? Il 43% degli abitanti di Roma punterebbe sulla previdenza complementare: di questi, il 43% con un fondo pensione, una quota analoga con un piano individuale di risparmio e il restante 13% stipulerebbe una polizza assicurativa. Ciò che conta, dicono i romani, è pensarci per tempo, fin da giovani (30%) o da quando si inizia la propria carriera lavorativa (39%).Il 50% degli abitanti della capitale, invece, investirebbe i propri soldi nel mattone. Un dato interessante, che si discosta dalla media nazionale (25%), segno del fatto che a Roma la casa rappresenta ancora un bene rifugio in tempi incerti. Per il 24% infine la soluzione è investire i propri risparmi sul mercato finanziario, mentre per il 20% la soluzione è tenere i soldi sul proprio conto corrente.Ma a chi si rivolgono i romani per farsi consigliare? Il 44% si affiderebbe a un consulente, il 30% si muoverebbe in maniera autonoma, cercando informazioni sul web (17%) o decidendo da sé (13%). Se il 28% si rivolverebbe all’agente assicurativo, una quota analoga ricorrerebbe a familiari, colleghi o amici, mentre il 24% alla propria banca. “Integrare la pensione di base con una rendita complementare è sempre più una necessità per gli italiani”, afferma Marco Mazzucco, Direttore Distribuzione Marketing e Brand di Gruppo di Reale Mutua. “Occorre essere lungimiranti, giocare d’anticipo e quindi comprendere l’importanza di costruire per tempo, con una forma di welfare appropriata, una vecchiaia serena giorno dopo giorno. Ed è proprio questo uno dei punti chiave del nostro Osservatorio, l’iniziativa che abbiamo lanciato quest’anno per monitorare l’attenzione e la propensione degli italiani rispetto al macro tema del welfare. Analizzando i risultati della ricerca emerge come i nostri connazionali stiano in effetti sviluppando una sensibilità al tema del futuro pensionistico e agli strumenti e opportunità disponibili.”

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La mobilità dei cervelli sotto la lente dell’Europa

Posted by fidest press agency su martedì, 11 luglio 2017

cervelloIl Vecchio Continente, in mancanza di adeguate strategie per arginare le migrazioni intellettuali verso Stati Uniti, Canada e Australia, rischia di trovarsi impoverito, nel giro di un decennio, di conoscenze. E’ lo scenario già descritto dal progetto Brain Drain – Emigration Flows of Qualified Scientists, che però evidenzia anche le misure adottate: dalle apposite normative ad un programma comunitario di monitoraggio a cui, per l’Italia, partecipa il Consiglio nazionale delle ricerche. Quest’iniziativa rappresenta il primo tentativo della Commissione Europea di tradurre in cifre il fenomeno della mobilità intellettuale europea. Per quanto riguarda gli occupati in professioni scientifiche, anche se l’incidenza degli europei negli Usa non supera il 4,5%, i numeri assoluti sono consistenti. I lavoratori ad altissima qualificazione (con visto H1B) provenienti dall’Europa ed immigrati negli Usa se andiamo a ritroso a partire dal 2003 erano oltre 100.000; tra i cinque paesi che forniscono questo capitale umano, l’Italia occupa il quarto posto con 5.900 persone, dopo Regno Unito (31.000 persone), Francia (15.000), Germania (13.000), e prima della Spagna (5.800). Nel solo 2013 tale numero è stato quasi triplicato e continua in un crescendo impressionante. Dagli studi si deduce che gli europei vanno in Usa, in Canadà e in Australia non solo per svolgere una ricerca migliore, ma anche per avere più opportunità di lavoro, carriera, e finanziamenti più alti: tra le loro motivazioni, la possibilità di fare carriera prevale con il 78%, seguita dal prestigio dell’istituzione che li ospita con il 74,6%, dalle possibilità di accesso alle tecnologie di punta (73%), dai maggiori fondi disponibili per la ricerca (69%), dalle opportunità di contatto con le reti di ricercatori e professionisti (68%). In coda alla graduatoria delle motivazioni, la mera opportunità occupazionale, che conta per il 56%, e i miglioramenti retributivi (54%). Molto diversa la spinta degli studiosi statunitensi a lasciare il loro paese: il prestigio dell’ente destinatario prevale con il 61%, seguito dalle condizioni di vita del paese ospitante (60%). Speculari le motivazioni che portano al rientro in patria: prevalgono per i ricercatori europei le condizioni di vita del paese di origine (80%) e il desiderio di ricongiungersi alla famiglia (71%). Per i colleghi americani il rientro in patria è motivato soprattutto da ambizioni di carriera (71%), dai miglioramenti salariali (63%) e dall’esigenza di maggiori fondi per la propria attività (61%). Ora che siamo nel 2017 ci troviamo in Italia con il più alto indice di migrazione giovanile dopo gli anni postbellici, oltre 200mila unità in un anno e la loro stragrande maggioranza è laureata e con un alto livello di professionalità mentre con gli attuali immigrati ci ritroviamo con un numero elevato di analfabeti o con un livello modesto d’istruzione. (Riccardo Alfonso direttore centro studi politici e sociali della Fidest)

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Emergenza immigrazione

Posted by fidest press agency su giovedì, 13 aprile 2017

immigrazione-via-mareProsegue anche nel 2017 il massiccio flusso di ingressi via mare in Europa, in particolare verso l’Italia che ha visto sbarcare sulle proprie coste oltre 24mila migranti in tre mesi. Tra gli sbarcati, 2.293 minori non accompagnati (consulta la pagina dedicata ai MSNA). Questa la situazione al 5 aprile: per il nostro Paese si tratta di un nuovo aumento, il 30% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre 10mila arrivi nel mese di marzo appena concluso. Il confronto con gli arrivi sulle isole Greche, limitati dopo l’accordo UE- Turchia, è notevole: in Grecia il flusso anche in questi primi tre mesi dell’anno resta contenuto, con 4mila sbarcati al 3 aprile. E in Spagna il numero è ancor più ridotto (1.500 arrivi via mare in tre mesi). Complessivamente sono dunque oltre 30mila i migranti giunti via mare in Europa attraverso il Mediterraneo. Rispetto alle provenienze prevalgono in Italia tra gli arrivi più recenti i migranti originari della Nigeria, della Guinea e del Bangladesh, quest’ultimo in notevole crescita.L’impatto degli sbarchi sul sistema di accoglienza italiano resta considerevole: al 5 aprile risultano presenti più di 176.470 migranti. In particolare il 78% dei migranti è ospitato in strutture di accoglienza temporanee, il 13,5 % nei centri del sistema SPRAR e il restante 8% negli hotspot e centri di prima accoglienza nelle regioni di sbarco.Continua seppur a rilento il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo in altri Paesi Membri: la situazione al 30 marzo indica che complessivamente sono stati ricollocati 16.025 migranti, di cui 4.746 dall’Italia (su un totale di 34.953 previsti) e 11.279 dalla Grecia (su 63.302 previsti per settembre 2017).E’ già molto significativo anche il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno sino al 4 aprile scorso: 663 migranti hanno perso la vita nel viaggio verso l’Europa – 7 persone ogni giorno- e principalmente sulla più pericolosa rotta del Mediterraneo Centrale dal Nord Africa- Libia in particolare all’Italia (602 le vittime).
Nei primi due mesi del 2017 i richiedenti asilo nel nostro Paese sono stati 24mila, in aumento del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel 2016 si era già registrato un record con il più alto numero di richieste mai registrato in un ventennio: oltre 123mila – 10mila ogni mese, il 47% in più rispetto al 2015 (consulta la pagina dedicata). Nel 2016 le Commissioni Territoriali hanno esaminato oltre 90mila domande, e per il 60% dei casi l’esito è stato negativo (nel 2015 la percentuale di dinieghi era stata del 39%).Le domande di asilo in Europa nel 2016 sono state 1.204.300. In Germania, il Paese che accoglie di più sia in termini assoluti che rispetto alla popolazione, si è registrato un vero e proprio boom: 722mila richiedenti, il 63% in più rispetto al 2015. In Italia migranti che hanno fatto richiesta di asilo per la prima volta sono stati oltre 121mila, + 46% rispetto al 2015. Il nostro Paese è al secondo posto come numeri assoluti, ma solo decimo in base al numero di abitanti (consulta i dati Eurostat)
Sono quasi 5milioni i siriani che hanno abbandonato il proprio paese: 2 milioni e 910mila sono rifugiati in Turchia, 1.011mila in Libano, e 656mila in Giordania: secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati si tratta della più grave crisi umanitaria degli ultimi 25 anni. In tutta Europa le richieste d’asilo presentate da siriani da aprile 2011 a ottobre 2016 sono state 885mila, di cui 867mila nei paesi dell’Unione più Svizzera e Norvegia. Tra i Paesi UE Germania e Svezia insieme rappresentano i due terzi delle domande presentate da siriani.

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I giovani europei: Emarginati dalla crisi ma pochi vanno a studiare o lavorare all’estero

Posted by fidest press agency su sabato, 21 Maggio 2016

parlamento europeoIn Italia il 78% dei giovani tra i 16 e i 30 anni (quasi otto su dieci) si sente emarginato dalla crisi, oltre 20 punti percentuali in più rispetto alla media europea. Allo stesso tempo, più della metà non è interessata a trasferirsi in un altro Paese UE per studiare o lavorare.Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’ultimo Eurobarometro commissionato dal Parlamento europeo, condotto tra il 9 e il 25 aprile su un campione di 10,964 giovani.
In 20 Paesi su 28 dell’Unione Europea, la stragrande maggioranza dei giovani si sente emarginata dalla crisi, con i Paesi più colpiti che fanno registrare i dati più negativi: si va infatti dagli oltre nove greci su dieci (93%) a meno di tre tedeschi su dieci (27%). Tuttavia, soltanto il 15% degli intervistati tra tutti i Paesi UE riferisce di essersi sentito obbligato a lasciare il proprio Paese a causa della crisi.Il 61% dei giovani in Europa non vuole studiare o lavorare in un altro Paese europeo, una cifra che si abbassa al 52% se vengono presi in considerazione soltanto gli italiani.Per quanto riguarda l’Italia, il 41% esprime invece il desiderio di fare un’esperienza all’estero, un dato ben più alto rispetto alla media UE del 32%. Eppure il nostro paese ha la maglia nera per quanto riguarda i giovani tra i 16 e i 30 anni a non aver mai fatto un’esperienza accademica o lavorativa in un altro Paese europeo (ben il 95%, contro l’88% della media Ue).
Nove giovani europei su dieci ritengono che sia importante studiare il funzionamento dell’UE e delle sue istituzioni.Il 51% crede che votare alle elezioni europee sia la miglior maniera di partecipare alla vita pubblica nell’UE, mentre in Italia è dello stesso parere soltanto il 44% dei giovani. I giovani italiani sono tra i più ottimisti d’Europa per quanto riguarda l’impatto dei social media sulla democrazia: il 63% ritiene che con il loro avvento si sia fatto un passo avanti considerevole, permettendo a tutta la popolazione di prendere parte al discorso pubblico.

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Dall’Inghilterra segnali preoccupanti per i giovani italiani residenti

Posted by fidest press agency su martedì, 1 settembre 2015

Paola-Binetti“Con la fine dell’estate il dibattito sulla immigrazione comincia ad assumere una diversa forma: appaiono nuovi problemi, nuove ipotesi di soluzione e nuove preoccupazioni per tutti”.Lo dichiara in una nota Paola Binetti, deputato di Area Popolare (Ncd- Udc).”Dall’Inghilterra giungono notizie che ci toccano direttamente, non come Paese in cui sostano e in parte rimangono migranti che vengono da situazioni drammatiche ma come nazione da cui partono giovani italiani neolaureati, determinati, ambiziosi, quel tanto che rende loro insopportabile la disoccupazione nazionale, le lunghe attese, i fenomeni ancora perduranti di privilegi e raccomandazioni.
Sono almeno 250.000 gli italiani presenti a Londra e impegnati nelle più diverse occupazioni, una intera città italiana di medie dimensioni che si è ricollocata a Londra per fare di tutto: dalla ristorazione al mondo dell’arte, dalla moda alla finanza, dalla ricerca all’attività sanitaria. Lavorano, si fanno apprezzare, fanno esperienza, e danno al loro futuro una dimensione costruttiva. Ci hanno messo del tempo per raggiungere posizioni discrete e sono passati come è logico dalla fase del precariato giovanile, flessibile e ancora incerto nella strada da intraprendere. Ma è proprio ai giovani appena arrivati che Cameron si rivolge e che vorrebbe rispedire indietro, il no all’immigrazione a Londra significa anche questo. Ci sono drammi diversi- spiega Binetti- c’è chi fugge dalla fame e dalla persecuzione, dalla guerra e dalla morte, chi lotta per la sopravvivenza. Ma c’è anche chi fugge dalla disoccupazione e dall’inerzia, dal rischio della depressione e dalla paura di sprecare la sua gioventù. Per tutti questi giovani occorrerebbe trovare soluzioni creative, nuove nella formula burocratico-istituzionale, ma ancor più nuove sul piano delle opportunità professionali. Casa, Lavoro, Famiglia sono ancora te valori cardini nella vita di tutti. Renzi in questi giorni- commenta la Parlamentare- ha lanciato una sorta di formula magica: un passaporto europeo per i migranti che consenta loro di spostarsi serenamente nel rispetto delle regole del vivere civile e delle leggi nazionali, finchè non trovano una situazione in cui diritti e doveri si amalgamano opportunamente. Una risposta europea ai bisogni delle nuove generazioni: non sarà certo facile da realizzare, ma è un’ottima sollecitazione per rinnovare il dibattito sui fenomeni migratori del prossimo autunno”.

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Quando l’emigrazione era il prolungamento di potenza dell’Italia

Posted by fidest press agency su venerdì, 7 agosto 2015

colonialismo popolareE’ uscito il quarto libro della collana di studi storici e sociali sull’emigrazione italiana “Italia nel mondo” coordinata da Gian Luigi Ferretti e Stefano Pelaggi.La collana, nata su iniziativa del quotidiano “L’Italiano”, si propone di dare spazio a studi e ricerche di carattere storico, politico e sociale sul tema dell’emigrazione. Lo scopo è quello di rendere disponibile ad un pubblico vasto una serie di lavori per favorire la comprensione storica del fenomeno migratorio italiano, le prospettive degli organismi che si occupano degli italiani nel mondo, le possibilità di interazione tra i discendenti italiani e le istituzioni che si occupano della promozione della cultura italiana all’estero e dell’internazionalizzazione dei mercati.Il titolo del volume è “Colonialismo popolare – L’emigrazione e la tentazione espansionistica italiana in America Latina” ed è incentrato sulla ricerca delle molteplici influenze che contribuirono a creare il mito del “colonialismo popolare”, un modello politico e culturale che riuscì a catturare l’immaginario collettivo di molti italiani e costituì un grande incentivo nella scelta dell’emigrazione transoceanica verso America latina. L’analisi e la genesi storica dell’idea di un espansionismo politico e commerciale nella regione attraverso i flussi migratori hanno costituito i prodromi delle successive spinte coloniali italiane in terra africana. La politica del Regno d’Italia, diretta a costruire e mantenere un continuo rapporto con le comunità oltreoceano, è strettamente collegata alla volontà di sfruttare le stesse in un disegno di espansionismo da attuare tramite un processo di nazionalizzazione culturale ed economico dei paesi dell’America latina. Gli eventi ricostruiti nel volume rappresentano diverse interpretazioni del colonialismo popolare e prassi distinte della Marina militare nella tutela delle comunità italiane all’estero. Alcuni episodi si ascrivono alla volontà del Regno d’Italia di conquistare uno spazio tra le potenze internazionali mentre la difesa degli interessi degli emigranti resta una semplice modalità per alimentare le velleità italiane in politica estera. In altri casi le azioni della Regia Marina si rifanno alle spinte espansionistiche dell’epoca, che interpretano i protagonisti dei flussi migratori come gli epigoni dei mercanti rinascimentali. Il quadro ideologico del colonialismo popolare è illustrato da un’analisi dell’azione della Società Geografica Italiana e dell’industria marittima genovese all’interno del dibattito politico e culturale dell’epoca.
Stefano Pelaggi è Dottore di ricerca in Storia dell’Europa presso Sapienza Università di Roma. È vicedirettore del quotidiano L’Italiano, svolge attività di ricerca presso il Centro di Ricerca “Cooperazione con l’Eurasia, il Mediterraneo e l’Africa sub.sahariana” (CEMAS) di Sapienza Università di Roma e presso il Centro Studi Geopolitica.info. Si occupa di migration studies, ha pubblicato numerosi saggi e articoli dedicati ai flussi migratori italiani in America latina e in Europa e alla proiezione coloniale del Regno d’Italia. Autore del volume L’altra Italia. Emigrazione storica e mobilità giovanile a confronto (Edizioni Nuova Cultura, Roma 2011).

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