«Abu Bilal al-Masri, sposato con una jihadista,entrato in Afghanistan con la scusa di lavorarenel campo dell’informazione, per incontrare Osama bin Laden e mettersi in contatto con bande di talebani…». Nel campo di prigionia di Guantanamo l’inquirente inglese, assegnato ai servizi segreti americani, è fermamente convinto che il giovane arabo del Nord del Sudan sia l’uomo che, col nome di battaglia di Abu Bilal al-Masri, è penetrato in Afghanistan per raggiungere il capo di al-Qa‘ida e dare manforte ai talebani. Il giovane, tuttavia, è innocente. Lo hanno rapito per sbaglio nella zona di confine fra Pakistan e Afghanistan, dove, in qualità di operatore, si era spinto per filmare gli eventi. Appartenente per parte di madre al clan dei Ja‘fara, il cui lignaggio risale fino al casato del Profeta, non ha mai pensato di incontrare Osama bin Laden, né ha mai voluto unirsi alle bande di talebani che uccidono chiunque non la pensi come loro e distruggono gli antichi monumenti archeologici col pretesto di difendere la religione e instaurare la shari‘a. Nel campo, però, nessuno gli crede. Quando, preso da una smania improvvisa, il giovane inveisce e urla di far parte della stampa, le guardie lo deridono ripetendo Press, Press. Con addosso una tuta arancione acceso coi bottoni che corrono lungo la schiena, tra prigionieri incatenati ridotti in uno stato di prostrazione estrema, le facce inaridite, i cenci scomposti, gli occhi spenti con lo guardo obliquo, il giovane prega e rivolge tutti i suoi pensieri alla moglie Muhaira, alle sue ciglia lucide quando distoglieva pudicamente lo sguardo da lui, e a Nora, la ragazza con cui ha condiviso ad Alessandria attimi travolgenti ormai irrangiungibili. Narrando di un giovane arabo rinchiuso senza colpa nel campo di prigionia di Guantanamo, negli anni immediatamente successivi agli attentati dell’11 settembre, Youssef Ziedan affronta uno dei temi fondamentali del nostro tempo, in cui la lotta al terrore col terrore finisce inevitabilmente col minare i fondamenti stessi della democrazia e della dignità dell’uomo.Traduzione dall’arabo di Daniele Mascitelli Euro 17,00 292 pagine
EAN 9788854516861 Neri Pozza Editore.
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Guantanamo di Youseff Ziedan
Posted by fidest press agency su martedì, 10 luglio 2018
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Omar Khadr detenuto a Guantanamo
Posted by fidest press agency su domenica, 30 Mag 2010
“L’UNICEF esprime preoccupazione per l’imminente processo nei confronti di Omar Khadr, detenuto a Guantanamo. Omar Khadr era stato arrestato in Afghanistan nel 2002 con l’accusa di avere commesso crimini terroristici quando aveva 15 anni. Omar è l’ultimo bambino soldato ancora in carcere a Guantanamo. Il reclutamento e l’impiego di minori nelle ostilità è un crimine di guerra, e gli adulti che se ne rendono responsabili devono essere puniti. I bambini così coinvolti ne sono vittime, e agiscono sotto coercizione. Come l’UNICEF ha ripetutamente affermato in altre dichiarazioni sull’argomento, i minori combattenti hanno bisogno di assistenza per essere recuperati e reintegrati nelle comunità di appartenenza, e non di processi o condanne. Il procedimento contro Omar Khadr rischia di creare un grave precedente internazionale a svantaggio di altri minori vittime di reclutamento nei conflitti armati. Nel momento in cui le Nazioni Unite celebrano il decimo anniversario dell’approvazione del Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati, chiediamo ai Governi di tutti gli Stati che hanno ratificato questo trattato – inclusi gli Stati Uniti – di far rispettare lo spirito del Protocollo e di tutte le sue norme. Inoltre, chiunque sia perseguito per reati che si ritiene siano stati commessi quando era minorenne dovrebbe essere trattato secondo i principi basilari della giustizia minorile internazionale, che prevede una protezione speciale per tali soggetti. Omar Khadr non dovrebbe essere processato da un tribunale che non è attrezzato né ha ricevuto un mandato per fornire questo genere di tutela e per rispettare questi principi
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Parlamento europeo: Guantanamo
Posted by fidest press agency su domenica, 7 febbraio 2010
In seguito alla mancata chiusura della prigione di Guantanamo, prevista originariamente il 22 gennaio dall’amministrazione americana, i deputati discuteranno col Consiglio e la Commissione possibili forme di cooperazione con il governo USA sul trasferimento dei detenuti.
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I carcerati di Guantanamo
Posted by fidest press agency su sabato, 20 giugno 2009
“Chiediamo al Governo di riferire al più presto in Aula sul presunto accordo intervenuto tra l’amministrazione statunitense ed il governo italiano relativo al trasferimento nel nostro Paese di alcuni detenuti del carcere di Guantanamo” lo ha chiesto l’on. Massimo Donadi, capogruppo di IDV alla Camera, intervenendo oggi in Aula. “Intorno a questa vicenda aleggia troppa incertezza: vogliamo conoscere il numero definitivo, l’identità, le condizioni personali dei soggetti accusati di terrorismo che verranno in Italia. Il Governo deve chiarire se questi soggetti verranno nel nostro paese a piede libero, se verranno immediatamente incarcerati in quanto già imputati di reati in Italia e, quindi, fatti oggetto di provvedimenti di restrizione personale” aggiunge Donadi. “Non ci è dato sapere in base a quali strumenti giuridici avverrà questo trasferimento e, soprattutto, ci preoccupano quegli aspetti di ordine pubblico che potrebbero essere collegati a questo trasferimento” spiega il capogruppo di Idv. “Per tutte queste ragioni, riteniamo che sia assolutamente doveroso da parte del Governo venire quanto prima, e senza indugio, in Aula per spiegare esattamente al Parlamento e, quindi, a tutti gli italiani, in cosa consiste questo accordo” conclude Donadi.
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