A cura di Razan Nasser, Credit Analyst, T. Rowe Price. Il 24 febbraio 2022, l’invasione russa dell’Ucraina ha dato inizio al conflitto più significativo in Europa dalla Seconda guerra mondiale, non solo per la crisi umanitaria che ne è derivata, ma anche come catalizzatore di uno sconvolgimento dei mercati economici e finanziari in Europa e altrove. L’economia di guerra in Ucraina continua a imporre sfide significative, con un prodotto interno lordo (PIL) che, secondo le stime, si è ridotto di oltre il 30% nel 2022. Quest’anno a causa dei continui attacchi alle infrastrutture e alla carenza di energia, prevediamo che l’attività economica si contrarrà ancora, anche se a un tasso a una sola cifra. Questo potrebbe rappresentare il primo passo verso la ristrutturazione, con un probabile significativo haircut del debito. Finora, i danni alle infrastrutture sono stati enormi. Le pesanti ed estese sanzioni hanno causato un notevole indebolimento dell’economia russa, con una contrazione di circa il 3% del Pil prevista per il 2022. Quest’anno ci aspettiamo un ulteriore indebolimento mentre prevediamo che l’economia russa si assesterà a un livello di crescita significativamente inferiore nel lungo periodo. Tuttavia, è importante notare che la Russia è un grande esportatore di petrolio e gas, dunque sarà più difficile isolarla rispetto al resto del mondo. L’economia dell’Eurozona si è indebolita, ma non così profondamente come si temeva subito dopo l’invasione dell’Ucraina. L’infrastruttura europea per il gas è stata creata per ricevere le importazioni dalla Russia attraverso i gasdotti, e per cambiare questa situazione ci vorranno tempo e denaro. Le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti e dal Qatar offrono una potenziale alternativa, ma è improbabile che l’offerta sia sufficiente a soddisfare la domanda europea oltre il breve termine. In Europa, inoltre, la capacità di trattamento delle importazioni di GNL è limitata e, sebbene siano previsti piani per la costruzione di nuove infrastrutture di trattamento, è probabile che ci vorranno diversi anni per completare queste opere. In questo contesto, riteniamo che i Paesi europei continueranno probabilmente a dover affrontare sfide per ottenere combustibili fossili sufficienti a soddisfare la domanda nell’inverno 2023-2024 e oltre. In linea con le altre materie prime, i prezzi dei cereali sono scesi dai massimi grazie ai raccolti abbondanti e all’accordo sul grano stipulato tra Ucraina e Russia. Tuttavia, questo potrebbe essere un alleggerimento solo a breve termine, poiché l’accordo deve essere rinnovato a marzo. In assenza di un percorso chiaro verso la fine delle ostilità, è probabile che la guerra prosegua con implicazioni continue per l’economia e i mercati delle materie prime. Prevediamo, dunque, che l’economia ucraina continuerà ad affrontare sfide significative e che, in futuro, si prospetti un’ampia ristrutturazione del debito. (abstract by http://www.verinieassociati.com)
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T. Rowe Price – Un anno di guerra in Ucraina: l’impatto sui mercati
Posted by fidest press agency su sabato, 25 febbraio 2023
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Non dimentichiamolo: È Putin che ha provocato la guerra invadendo l’Ucraina
Posted by fidest press agency su venerdì, 24 febbraio 2023
“In primis, un ringraziamento al presidente del Consiglio Giorgia Meloni per il viaggio effettuato in Ucraina. Una missione che si rendeva necessaria e che ha sottolineato in modo inequivocabile di chi è la responsabilità di questa guerra. Il popolo ucraino è stato aggredito da Putin con un’invasione militare. Ci troviamo di fronte a una democrazia giovane, perfettibile e a un popolo che vuole restare indipendente, crescere e difendersi da chi vuole sottometterlo”. E’ quanto ha dichiarato a Ominibus su la7 il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia commentando un anno dall’inizio della guerra in Ucraina “Eventuali strade autonome da parte dell’Italia – ha puntualizzato – ci costringerebbero a una marginalizzazione sul piano internazionale. La prospettiva di pace dev’essere perseguita ma non si può costruire sulla pelle di un popolo che è stato invaso. In questo scenario bellico, è da sottolineare un elemento che sfugge ai più: la guerra c’è ma la stanno patendo soltanto gli ucraini perché in Russia è un rumore di fondo. Le afflizioni indotte dalle sanzioni da parte dell’Occidente sono state parzialmente mitigate dal fronte orientale, con la Cina che supplisce alla fornitura di ciò che le sanzioni occidentali hanno sospeso. Infine trovo surreale la critica del Pd: hanno agito per 9 mesi con Draghi presidente nella massima fermezza e sostegno dell’Ucraina inviando armi, noi agiamo da tre mesi e anche quando eravamo all’opposizione abbiamo sostenuto le ragioni dell’Ucraina in perfetta coerenza”. “Fermo restando che tutti siamo contro la guerra. I sondaggi sono fuorvianti, se si chiedesse a me se sono a favore o contro la guerra risponderei di essere assolutamente contrario. Se mi si chiedesse se sono d’accordo a salvare la vita di bambini e popolazione civile le cui case vengono bombardate dai missili russi con l’invio di aiuti anche militari risponderei di si”. “Infine ricordo che la risoluzione dell’Onu che chiede il ritiro delle truppe d’invasione russa – ha concluso Rampelli – è stata approvata con 141 sì e soli 7 no. Mi pare chiaro il giudizio prevalente nel mondo dell’offensiva putiniana”.
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Ucraina, un anno dopo: Europa, guerra e memoria
Posted by fidest press agency su lunedì, 20 febbraio 2023
By Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Milano 22, 23 febbraio alle 19.00 In Viale Pasubio 5 Due incontri per riflettere su crisi e prospettive, a un anno dall’invasione dell’Ucraina. Anche in guerra, si può dire, soprattutto in guerra, le parole sono importanti. E dunque «come si racconta, oggi, la guerra? Come si avvicina la guerra a chi da generazioni non la vive?» è la domanda che poneva Francesca Mannocchi in un articolo pubblicato sulle pagine di Fondazione Feltrinelli nel novembre 2021 ricordando Maria Grazia Cutuli. Da allora, la guerra che almeno noi europei eravamo abituati a pensare come remota e residuale è ritornata con prepotenza sulla scena, nella forma classica e deflagrante delle guerre interstatali. E allora la domanda si ripropone, più che mai viva: come raccontare la guerra? È una domanda che Fondazione Feltrinelli si è posta a partire dalla storia e dell’uso politico che della storia è stato fatto in questi mesi di conflitto.Un conflitto che è passato anche per i concetti, per le immagini, per le tradizioni richiamate, le identità rivendicate. Questo da un lato significa mettere in campo, come suggeriva Giulia Lami, “un’analisi puntuale di come il discorso politico sia stato costruito su una revisione storica e una riscrittura di vasta portata”. Dall’altro significa che proprio la storia, se non brandita come arma, può contribuire a disinnescare le premesse su cui si poggiano i conflitti e a proiettare l’immagine di una comunità futura. Nella “Mappa dei rischi 2023” di Sace, vengono elencati anche i dati che certificano l’efficacia delle sanzioni occidentali e la pressione che esercitano sull’economia russa, nonostante gli effetti non siano immediati e alcune cifre ufficiali non vengano ormai più diffuse dal Cremlino (Linkiesta). Ma al di là dell’apparente facciata monolitica del regime e dei sondaggi ufficiali, il malcontento in Russia non serpeggia solo tra i gruppi clandestini dell’opposizione, ma emerge anche in maniera eclatante sui social, negli stessi ambienti militari, tra diverse categorie professionali e nelle aule giudiziarie. Per farsi un’idea del perché, è sufficiente scorrere ad esempio le pagine web del sito della ong OVD-Info, dove vengono riportati i 19.335 casi censiti di persone incriminate dal regime in manifestazioni contro la guerra dal 24 febbraio 2022 e i 48 processi penali che dovranno celebrarsi nella sola prossima settimana (Affarinternazionali).France24 racconta ad esempio il caso di una insegnante che, quando il Cremlino ha imposto le lezioni di patriottismo nelle scuole primarie e secondarie, si è rifiutata di diffondere la propaganda tra i suoi studenti. Prima è stata sanzionata dalla sua scuola, poi è stata trattenuta per diverse ore dalla polizia, infine è stata licenziata. Mosca sta reprimendo sempre più duramente ogni segno di dissenso. Ma – scrive Jacobin – bisogna ricordarsi di chi oggi si oppone. Esiliati o incarcerati, i russi che si sono espressi contro la guerra sono fondamentali per ricostruire una società pacifica e democratica.
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Ucraina: istituire un tribunale per perseguire i crimini di guerra della Russia
Posted by fidest press agency su domenica, 22 gennaio 2023
Strasburgo. Nel testo, i deputati affermano che le atrocità commesse dalle forze armate russe a Bucha, Irpin e in molte altre città ucraine rivelano la brutalità della guerra e sottolineano l’importanza di un’azione internazionale coordinata per stabilire la responsabilità secondo il diritto internazionale umanitario.Inoltre, si esorta l’UE a sollecitare l’istituzione di un tribunale internazionale speciale, in stretta cooperazione con l’Ucraina e con la comunità internazionale, che si occupi di perseguire la leadership politica e militare della Russia e i suoi alleati. L’istituzione di tale tribunale colmerebbe la grave lacuna esistente nell’attuale assetto istituzionale della giustizia penale internazionale oltre ad integrare gli sforzi investigativi della Corte penale internazionale, che attualmente non può indagare sul crimine di aggressione contro l’Ucraina.Il testo, non legislativo, è stato adottato con 472 voti favorevoli, 19 contrari e 33 astensioni.La leadership politica e militare in Russia e Bielorussia devono rispondere delle loro azioni. Sebbene l’esatta composizione e le modalità di funzionamento del tribunale speciale debbano ancora essere determinate, il tribunale dovrebbe avere la competenza per indagare non solo su Vladimir Putin e sulla leadership politica e militare della Russia, ma anche su Aljaksandr Lukašenka e i suoi alleati in Bielorussia.I lavori preparatori dell’UE sul tribunale speciale dovrebbero iniziare senza indugio e concentrarsi sulla definizione delle sue modalità in cooperazione con l’Ucraina, oltre a sostenere le autorità ucraine e internazionali nel reperimento delle prove da utilizzare nel futuro tribunale speciale. Il Parlamento è fermamente convinto che l’istituzione di tale tribunale speciale invierebbe sia alla società russa che alla comunità internazionale un segnale molto chiaro del fatto che Putin e la leadership politica e militare russa possono essere condannati per il crimine di aggressione commesso in Ucraina, e che non è più possibile per la Russia, sotto la guida di Putin, tornare alla situazione preesistente nei suoi rapporti con l’Occidente.
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Europa. Non basta covid, guerra, energia per capire che è l’Unione che fa la forza
Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 dicembre 2022
Che l’Ue sia importante non siamo certo noi a doverlo ricordare. Oggi siamo vivi e possiamo ancora mangiare, riscaldarci, lavorare e divertirci solo grazie al fatto che siamo nell’Unione. Ma sembra che nell’Unione questo non sia chiaro, partendo proprio da cose elementari e di base. Ora, a parte l’Ungheria di Orban, per capire che – banalmente – l’Unione fa la forza, ci sembra che non ci voglia tanto, ma sembra che questo non sia chiaro a due Paesi importanti come Austria e Paesi Bassi.. L’area Schengen dell’UE, priva di frontiere, è la più grande zona di libera circolazione al mondo ed è spesso citata come uno dei principali risultati dell’integrazione europea. Dal 1 gennaio 2023 ne farà parte la Croazia (in Ue da luglio 2013), ma è stata respinta l’adesione a Bulgaria e Romania (in Ue dal 2007). Il veto viene per entrambi dall’Austria, per la sola Romania dai Paesi Bassi. Eppure Romania e Bulgaria “soddisfano tutti i requisiti. Hanno aspettato a lungo. I loro cittadini meritano di far parte a pieno titolo dell’area Schengen”, ha dichiarato ai giornalisti Ylva Johansson, Commissario europeo per gli Affari interni. Il Parlamento europeo ha votato a favore. Il veto sarebbe a causa delle preoccupazioni che Austria e Paesi Bassi hanno su come Bulgaria e Romania affrontano corruzione e migrazione… preoccupazioni che possono ben essere estese a tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale, ma anche a Italia e Grecia…. C’è qualcuno che sembra considerare l’Unione come una sorta di club e non un progetto politico verso gli Stati Uniti d’Europa. Progetto in cui è bene “lavare i presunti panni sporchi in casa” piuttosto che aspettare che ognuno si presenti alla porta con un lindo corredo di lusso. Valga un solo esempio: non è forse la legislazione Ue ad aver favorito ricchezza e diritti? Imponendo anche a chi fa finta di non aver compreso la superiorità in certi ambiti del diritto europeo su quello nazionale, e della opportunità di estendere questi ambiti (salute e difesa, per esempio)?Crediamo ci si confronti male con l’esclusione contrapposta all’inclusione, per quanto problematica potrebbe essere. By Vincenzo Donvito Maxia http://www.aduc.it
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Immigrati: Guerra ai trafficanti di esseri umani
Posted by fidest press agency su sabato, 19 novembre 2022
“Concordo pienamente con il ministro dell’Interno Piantedosi: solidarietà ai chi fugge dai conflitti e guerra ai trafficanti di essere umani. Non sono i criminali sfruttatori della disperazione che possano determinare le politiche migratorie in Italia, non sono gli aguzzini con le mani sporche di sangue a fare le selezioni d’ingresso in Europa. L’indegno giro d’affari e la mattanza di esseri umani annegati nel Mediterraneo, con il governo Meloni, finirà”. E’ quanto ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia interpellato dai giornalisti sull’informativa del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
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Clusit: scenario di guerra cibernetica globale
Posted by fidest press agency su sabato, 12 novembre 2022
Nei primi sei mesi del 2022 sono stati 1.141 gli attacchi cyber gravi, ovvero con un impatto sistemico in diversi aspetti della società, della politica, dell’economia e della geopolitica: nel dettaglio, si è registrata una crescita dell’8,4% rispetto al primo semestre 2021, per una media complessiva di 190 attacchi al mese, con un picco di 225 attacchi a marzo 2022, il valore più alto mai verificato. I dati sono stati illustrati oggi nell’ambito della presentazione dell’edizione di fine anno del Rapporto Clusit 2022[1] a cura di Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica. Nelle pagine del Rapporto, i ricercatori raccolgono e analizzano i dati relativi agli incidenti informatici su scala globale degli ultimi 12 mesi, proponendo un confronto critico con gli anni precedenti, al fine di fornire una fotografia dei rischi attuali e futuri su cui sviluppare threat modeling, studio e gestione del rischio cyber e impostazione di una strategia di difesa a livello aziendale ed istituzionale.Per dare un’idea in prospettiva, i ricercatori di Clusit hanno identificato, classificato e valutato dal 2011 – data della prima pubblicazione del Rapporto Clusit – ad oggi oltre 15.000 attacchi informatici gravi. Di questi, più della metà (8.285) si sono verificati negli ultimi 4 anni e mezzo, a causa di una accelerazione smisurata delle minacce cibernetiche. Se confrontati con il primo semestre 2018, gli attacchi da gennaio a giugno 2022 hanno fatto registrare una crescita del 53%. In 4 anni e mezzo la media mensile di attacchi gravi a livello globale è passata da 124 a 190. Negli ultimi quattro anni è avvenuto un vero e proprio cambiamento epocale nei livelli globali di cyber-insicurezza, secondo gli esperti di Clusit, al quale tuttavia non è corrisposto un incremento sufficiente delle contromisure difensive. Per quanto riguarda la distribuzione delle vittime, le categorie più colpite dopo i “Multiple targets” sono “Healthcare” e “Gov / Mil / Law Enforcement”, ciascuna con circa il 12% degli attacchi totali. Al quarto posto segue Information Technology – “ICT” (11%) e “Financial / Insurance” (9%). Le successive sei categorie merceologiche (che sommate rappresentano il 23% degli attacchi rilevati) sono comprese tra il 6% ed il 2% degli attacchi: secondo i ricercatori di Clusit, questo conferma che gli attaccanti si muovono sempre più a tutto campo, e che tutti sono potenziali bersagli. Sono otto le macrocategorie analizzate dai ricercatori di Clusit, sulla base di classificazioni internazionali[3]: nel primo semestre di quest’anno hanno prevalso in maniera assoluta gli attacchi perpetrati attraverso “Malware” che, pur registrando una leggera flessione dal primo semestre 2021(-4,6%), rappresenta il 38% del totale. Le tecniche sconosciute (categoria “Unknown”) sono al secondo posto, con un aumento del 10% rispetto al primo semestre 2021, superando la categoria “Vulnerabilità” (-26,8%) e “Phishing / Social Engineering”, che però crescono del 63,8%. In conseguenza della natura sempre più complessa degli attacchi, la categoria “Tecniche Multiple” sale del +93,8%.In concomitanza con l’aumento di attività riferibili ad Hacktivism ed Information Warfare, rispetto al totale gli attacchi gravi con finalità di “Distributed Denial of Service”, pur pochi in valori assoluti, crescono di un significativo 308,8%, così come quelli realizzati tramite “Identity Theft / Account Hacking” (+12,9%). Il 22% di “tecniche sconosciute” è principalmente dovuto al fatto che molti attacchi analizzati (oltre un quinto del totale) diventano di dominio pubblico a seguito di un “data breach”, nel qual caso le normative impongono una notifica agli interessati, ma non di fornire una descrizione precisa delle modalità dell’attacco. Di rilievo anche il capitolo che presenta l’evoluzione degli attacchi cyber in Italia grazie alle rilevazioni e segnalazioni della Polizia Postale e delle Comunicazioni, sulla base delle operazioni svolte nel corso dei primi sei mesi del 2022. Il Rapporto Clusit 2022 è disponibile gratuitamente sul sito Clusit.
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La guerra dei suicidi in carcere
Posted by fidest press agency su venerdì, 14 ottobre 2022
Perché si continua a morire in carcere? Nel 2022 già 67 suicidi nelle carceri italiane, probabilmente perché i prigionieri hanno più paura di vivere che di morire. “La donna di 51 anni, detenuta nel carcere bresciano di Verziano, si è uccisa impiccandosi con un lenzuolo legato al collo.” (Corriere della Sera, 9 ottobre 2022) In questi giorni pensavo che i detenuti conducono la vita più “sicura” al mondo, forse anche perché è difficile che facciano un incidente stradale. Eppure i dati dicono che i detenuti si tolgono la vita e muoiono più delle persone libere. Nessuno però dice nulla del fatto che hanno buoni motivi per farlo perché il carcere in Italia non insegna molte cose, ma una cosa la sa fare molto bene, sa “convincerti” a toglierti la vita. I detenuti si domandano perché devono continuare a vivere anziché farla finita con una vita che tanto spesso è un inferno. E ammazzarsi non è affatto una domanda, ma una risposta perché per un detenuto a volte è più importante morire che vivere, per mettere fine allo schifo che ha intorno. Purtroppo spesso in prigione la vita è un lusso che non ti puoi permettere e per smettere di soffrire non puoi fare altro che arrenderti, perché in molti casi nelle nostre “Patrie Galere” vale più la morte che la vita. Spero che un giorno qualcuno finalmente si domandi perché molti detenuti in Italia preferiscono morire piuttosto che vivere. Spesso mi chiedo: ma il suicidio di un detenuto non rientra forse nella legittima difesa? Credo che sotto certi aspetti sia più “normale” e razionale chi si suicida, rispetto a chi continua a vivere nella sofferenza. Uccidersi non è facile, ma vivere nelle patrie galere italiane è ancora più difficile. Per questo nelle carceri italiane si continua a morire. I nostri politici dovrebbero sapere che in carcere si muore in tanti modi: di malattia, di solitudine, di sofferenza, di ottusa burocrazia e d’illegalità. Riuscire a vivere nelle galere italiane è diventato un lusso che alcuni detenuti non si possono permettere. Per questo a volte ammazzarsi diventa una vera e propria necessità. E questa non è una libera scelta, come alcuni cinici potrebbero pensare, ma è legittima difesa contro l’emarginazione e la disperazione. By Carmelo Musumeci
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Latte: quanto costa la guerra in Ucraina alle aziende italiane?
Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 settembre 2022
«Questo report, il terzo dall’inizio dell’anno 2022, si inserisce nel solco, tracciato dal CREA Politiche e Bioeconomia, che fotografa e documenta le difficoltà di un’agricoltura che sta affrontando una crisi senza precedenti, ulteriormente aggravata dall’emergenza idrica. Dopo l’analisi di carattere generale degli effetti della guerra in Ucraina sui risultati economici delle aziende agricole italiane, ci siamo concentrati su uno specifico settore, quello zootecnico, in particolare dell’allevamento dei bovini da latte, uno tra i settori più colpiti dall’impennata dei costi». Così Alessandra Pesce, direttrice del CREA Politiche e Bioeconomia, commenta la pubblicazione del report Crisi energetica: gli effetti sui bilanci delle aziende con bovine da latte e sui costi di produzione del latte, elaborato sulla base dei dati aziendali rilevati dalla rete RICA (Rete d’Informazione Contabile Agricola, gestita dal CREA Politiche e Bioeconomia, fonte ufficiale UE, che monitora il reddito e le attività delle imprese).Diversamente dai precedenti, che contenevano le categorie di costo ritenute oggettivamente influenzabili dall’aumento dei prezzi pagati dagli allevatori, in questo report non solo sono state aggiornate le precedenti voci di spesa, ma sono state integrate con i fattori di produzione, prima non considerati.Le 8 voci di costo analizzate dai ricercatori del CREA – sementi/piantine, fertilizzanti, prodotti di difesa (antiparassitari e diserbanti), mangimi, foraggi e lettimi, gasolio, energia elettrica e noleggio passivo – hanno causato un aumento dei costi di produzione del 111% nel primo semestre del 2022 rispetto al 2020. L’ impatto medio aziendale nazionale stimato è di 29.060 euro, mentre sugli allevamenti da LATTE sale addirittura a 90.129 euro. Tali aumenti sono legati all’eccezionale rincaro (a livello medio aziendale) delle spese per l’energia elettrica (+35.000 euro), per l’acquisto di mangimi (+34.000 euro) e dei carburanti (+6.000 euro).Il report evidenzia anche le variazioni su scala territoriale: la circoscrizione nord occidentale, che registra il più elevato incremento dei costi (oltre 138.000 euro per azienda), è quello con i minori incrementi percentuali (+106%), mentre in quella nord orientale i costi aumentano del 108%, per crescere progressivamente nel centro (+112%), nel meridione (+129%) e nelle isole (+138%).Si stima che un’azienda su 4 potrebbe non riuscire a far fronte ai pagamenti immediati e a coprire i costi correnti, con il forte rischio di dover chiudere l’attività.I dati ovviamente risentono di forti variazioni, e il report tiene conto di tali differenze. I risultati, infatti, sono strettamente correlati alle caratteristiche strutturali aziendali, alla dimensione economica, al modello organizzativo, nonché alla vocazione produttiva e al contesto economico e territoriale, in cui le aziende zootecniche operano e al collegamento con i mercati di approvvigionamento dei mezzi tecnici di produzione.
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Prima che la guerra cancelli l’uomo dalla storia
Posted by fidest press agency su sabato, 24 settembre 2022
Scrive Erasmo ne “La formazione del principe cristiano, XI°. Dell’intraprendere una guerra, 1-5”: “Platone chiamava sedizione, non guerra, quella che i Greci combattevano contro i Greci. Ma se proprio dovesse succedere, comandava che la si conducesse con la massima moderazione”. Papa Benedetto XVI° ha detto: “E’ sul rispetto di tutti che si fonda la pace”. Ed infine, Papa Francesco afferma: “Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo, prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Malgrado i moniti del Pontefice e gli appelli dei cittadini che ripudiano la guerra, le armi parlano ai confini dell’Europa nella stanchezza generale e senza intravvedere soluzioni di pace. Anzi, proprio coloro che si dicono cristiani non solo ignorano gli accorati allarmi della Chiesa, ma continuano imperterriti a fornire armi nel disappunto generale della gente che, tra l’altro, fatica ad arrivare a fine mese. E’ vero, i morti non protestano: non piangono più i fanciulli falciati dalle bombe e dalle mitraglie. Quello che stupisce è che mentre Papa Francesco ci va pesante sulla necessità di finire questo bagno di sangue, i politici europei ed anglo-americani non sanno fare di meglio che partecipare con finanziamenti, tecnologie, addestramenti e via dicendo. Anzi, sembra di assistere ad una gara tra chi è più ligio agli interessi strategici delle potenze mondiali. Oggi, la doverosa fedeltà verso il Patto Atlantico si misura nella massa di fondi e di armi dati al Paese invaso, ignorando che le cause del conflitto risalgono al mancato rispetto delle minoranze prese di mira da un nazionalismo spietato. Non so se l’esito delle urne, già annunciato come se non servisse attendere i risultati, porterà a cambiamenti di linea, ma dubito che la voglia di accreditarsi farà la differenza tra il bene ed il male. Del resto, quando mai la volontà del popolo italiano è stata rispettata? Ed ancora: come mai in Italia chi perde le elezioni finisce poi per comandare? Tutti i salmi finiscono in gloria, mentre le salme vanno sottoterra. By Gianfranco Fisanotti (abstract)
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La minaccia di una guerra nucleare sembra riaffacciarsi
Posted by fidest press agency su venerdì, 23 settembre 2022
By Angelo Baracca (fonte: Pressenza International Press Agency in abstract) Il tema è ovviamente molto complesso, ma vorrei fornire un’informazione molto schematica (e ovviamente incompleta) rivolta soprattutto alle/i giovani che domani manifesteranno in Italia e in tutto il mondo perché i governi intervengano in modo radicale contro i cambiamenti climatici e oggi anche contro la (le) guerre. La guerra in Ucraina ha riportato l’incubo di una guerra nucleare, ma è assolutamente necessario dire che il rischio di uso – intenzionale o accidentale, per usare un eufemismo – delle armi nucleari si è progressivamente aggravato nei decenni recenti. Da una quindicina d’anni le potenze nucleari hanno in corso programmi “triliardari” di cosiddetta modernizzazione delle armi atomiche (testate, missili, sommergibili, bombardieri) che le rendono sempre più pericolose! Con questa premessa da non dimenticare, vengo al tema. La distinzione tra bombe nucleari strategiche e tattiche sorse specialmente durante la “Crisi degli Euromissili” (1977-1987) quando vennero installati in Europa dall’Urss e “in risposta” dagli USA missili nucleari a media gittata (max. 500 km), i quali, si badi bene, potevano colpire l’Urss, ma ovviamente non gli Usa. La crisi si risolse con il trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) del 1987, con il quale questi missili vennero eliminati. Va anche detto che questo trattato, un tassello fondamentale, è caduto tre anni fa quando Trump lo ha disdetto. Qual è allora, sommariamente, la distinzione fra bombe nucleari strategiche e tattiche, anche se non si tratta di una distinzione netta e adottata da tutti gli Stati nucleari? In primo luogo la gittata: le armi strategiche sono portate da missili intercontinentali con gittata 10-12.000 km. C’è una “complicazione”, però: i sommergibili con missili nucleari si avvicinano a distanze enormemente minori dagli obiettivi “avversari” e costituiscono una delle minacce maggiori, anche perché in caso di “crisi” bellica potrebbero perdere i contatti con il rispettivo comando e l’eventuale decisione di lanciare i missili nucleari verrebbe presa dal comandante del sommergibile. Le armi tattiche con gittata inferiore a circa 500 km sono potenzialmente destinate al campo di battaglia (anche questa è una definizione generica, perché non è esclusa l’eventuale decisione, terrificante, di utilizzarle sulle città). Una seconda distinzione riguarda la potenza delle bombe: quelle definite tattiche hanno potenze “limitate” a un massimo di 50 kt (migliaia di tonnellate di tritolo equivalente). Mi sembra opportuna un’osservazione: le bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza di 15-20 kt e i bombardieri le trasportarono per meno di 500 km da un’isola del Pacifico: insomma, oggi sarebbero da considerare bombe nucleari tattiche! Nel gennaio scorso le cinque maggiori potenze nucleari confermarono che <>, ma poche di loro hanno adottato un impegno ufficiale di no-fist-use: formalmente solo la Cina e l’India. In generale le dottrine nucleari delle maggiori potenze (compresi USA e Russia) contengono una clausola che più o meno prevede il ricorso all’arma nucleare in caso di un attacco, anche con armi convenzionali, che metta a rischio l’esistenza stessa del Paese. Con l’evoluzione della guerra in Ucraina è stata sollevata l’eventualità di questa opzione. Devo dire a titolo personale che la ritengo remota, ma i recenti sviluppi aprono scenari imprevedibili. Ma noi in Italia siamo “innocenti”? Questo è un aspetto cruciale e so per esperienza personale che molti purtroppo non lo conoscono. L’Italia fa parte della NATO, che ha adottato, in ossequio agli USA, la “condivisione nucleare” (nuclear sharing), “grazie” (!) alla quale quattro Paesi europei ospitano bombe nucleari tattiche statunitensi sul proprio territorio. La cosa è rigorosamente segreta (come il segreto di Pulcinella!), il loro numero non viene rivelato, ma è certo che una quarantina sono schierate nella base militare italiana di Ghedi nei pressi di Brescia e nella base statunitense di Aviano. Le bombe statunitensi a Ghedi sarebbero operate in caso di uso dall’aeronautica italiana: questa è una cosa gravissima, che fa dell’Italia di fatto uno Stato nucleare! Va detto che nel caso sciagurato di un conflitto nucleare queste basi militari potrebbero essere uno dei primi obiettivi dell’avversario, che potrebbe eliminare in un colpo solo una quarantina di bombe nucleari. Sembra superfluo dire che ci sarebbe una strage spaventosa per lo meno in gran parte dell’Italia settentrionale: vittime … “collaterali” della follia nucleare! Non mi sembra ozioso osservare che i cittadini statunitensi sanno esattamente (per il trattato Nuovo Start del 2010 fra USA e Russia) quante bombe nucleari hanno gli USA e dove sono schierate. In Italia invece noi cittadini e cittadine siamo tenuti all’oscuro: è ufficialmente un mistero dove e quante bombe nucleari statunitensi “ospitiamo”! Fra l’altro queste testate B-61 saranno fra poco sostituite con testate B-61-12 molto più precise.
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In TV ci si domanda perché la guerra in Ucraina è sparita dalla campagna elettorale
Posted by fidest press agency su domenica, 28 agosto 2022
Già, perché è sparita? Chi sa un po’ di giornalismo sa che a “fare notizia” è ciò che è nuovo e fuori dell’ordinario, per esempio un padrone che morde il cane, non un cane che morde il padrone. La guerra in Ucraina non fa più notizia perché è diventata di routine, dura da sei mesi, e non accenna a finire. E perché non finisce? È una guerra bizzarra e insensata: essa non era affatto necessaria: platealmente annunciata (dall’armata russa sul confine) non ci voleva niente ad evitarla. Bastava smettere di dire che l’Ucraina doveva entrare nella NATO (come aveva osato fare il cancelliere tedesco Scholz), bastava per il Donbass rispettare gli accordi di Minsk, e l’aggressione non ci sarebbe stata; poi sarebbe bastato un negoziato in cui si stabilisse la neutralità dell’Ucraina e un’autodeterminazione per il Donbass, come ventilato subito nell’incontro tra i belligeranti ad Ankara, e la guerra sarebbe immediatamente cessata. Invece Biden e la NATO si sono affrettati a dire che sarebbe stata una guerra di lunga durata, Zelensky è andato su tutti i teleschermi del mondo a chiedere armi, gli “Alleati” e Draghi gliene hanno fornito sempre di più, e la guerra è diventata perenne, né Putin ha scatenato l’Armata ex Rossa o ha voluto rischiare i 26 milioni di morti della II guerra mondiale per occupare Kiev e farla finire in fretta. Così la guerra d’Ucraina è diventata una guerra strutturale, non più tra Russia e Ucraina, ma per il nuovo “ordine” del mondo, mettendo ai margini la Russia e la Cina. La guerra mondiale “a pezzi”, lamentata dal Papa, è diventata così una guerra mondiale intera, con un solo “pezzo” votato al sacrificio dai suoi amici, dai suoi nemici e dai suoi cattivi governanti, l’Ucraina. È questa la ragione per cui prendiamo il lutto per l’Ucraina, partecipiamo al suo immenso dolore, vittima com’è di un gioco che la supera. Ma come mai, evitata la terza guerra mondiale per tutto il Novecento, si è preso spensieratamente il rischio di farla nel 2000? La ragione è che tutti sono convinti, o sperano, che non sia una guerra nucleare; Putin ha del resto assicurato che non userà l’atomica se non nel caso che la Russia sia al limite di scomparire come Stato. D’altra parte la dottrina sulla guerra non è più quella virtuosa millantata fino a ieri, solo “di difesa” (come si chiamano ora i ministeri che prima erano “della guerra”) o di reazione a un’aggressione; dopo la catastrofe imprevista delle Due Torri la “Strategia della sicurezza nazionale americana” ha stabilito che non si può lasciare “che i nemici sparino per primi”, la deterrenza non funziona, la miglior difesa è l’attacco, gli Stati Uniti agiranno, se necessario, preventivamente: tutto testuale. Così, esorcizzata l’atomica, Il recupero della guerra, deciso subito dopo la rimozione del muro di Berlino con la guerra del Golfo, si è reso effettivo, ed ecco che ora la guerra è diventata strutturale, fondativa, è stata ripristinata cioè come strutturante delle relazioni internazionali e dell’ordine del mondo, come è sempre stata dall’inizio della storia fino ad ora, indissolubile dalla politica degli Stati; la guerra non solo come continuazione, ma come sostituzione della politica con altri mezzi. Questa è la ragione per farne il ripudio. Nella Costituzione italiana esso già c’è, ma la guerra non si fa mai da soli, se non è ripudiata anche dagli altri il ripudio non funziona. E neanche ci permettono di praticarlo: durante l’equilibrio del terrore, nella divisione internazionale (atlantica) del lavoro a noi era assegnato il compito di distruggere l’Ungheria con i missili da Comiso; chissà perché dovevamo prendercela con l’Ungheria. Poi abbiamo fatto anche noi la guerra all’Iraq, poi da Aviano sono partiti gli aerei che bombardavano Belgrado, ed ora abbiamo riempito di armi l’Ucraina e facciamo anche quella guerra là. Perciò abbiamo preso l’iniziativa di proporre ai candidati al futuro Parlamento di promuovere un Protocollo ai Trattati internazionali esistenti per un ripudio generalizzato della guerra e la difesa dell’integrità della Terra; e in pochi giorni da quando l’abbiamo annunciata, nell’ultima newsletter, le adesioni sono state molte centinaia: un successo, ma soprattutto un impegno e una speranza. E il ripudio deve essere “sovrano”: cioè deve stare sopra a tutto, ed essere propugnato non solo dai governi, ma dai parlamentari e dagli abitanti del pianeta come sovrani. Sul Corriere della Sera si sono domandati poi “dove stanno i cattolici in questa campagna elettorale”, dato che non si preoccupano nemmeno del Credo proclamato da Salvini (ma quale, il credo niceno-costantinopolitano?). Bene, se li cercassero li troverebbero, insieme agli altri, tra i sostenitori di questa iniziativa, tra quelli che vanno a portare gli aiuti all’Ucraina invasa, tra quelli che con la Mediterranea Savings Humans e le altre navi umanitarie tirano fuori i naufraghi dal Mediterraneo e li fanno scampare ai flutti e alla Guardia costiera dei lager libici, finanziata e patrocinata da noi, e in chi ogni domenica chiede la pace dalla finestra di piazza san Pietro. Nel sito pubblichiamo l’appello e il Protocollo da promuovere “per il ripudio sovrano della guerra e la difesa dell’integrità della Terra” con le firme che finora siamo riusciti a registrare; e ai firmatari chiediamo ora di rivolgersi ai candidati alle elezioni, di cui ieri sono state pubblicate le liste, per sapere se vogliono assumerne il relativo impegno.
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Papa Francesco all’Angelus: “Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra!”
Posted by fidest press agency su sabato, 16 luglio 2022
Il Card. Zuppi ha fatto sue le parole di Papa Francesco all’Angelus: “Che Dio mostri la strada per porre fine a questa folle guerra!”, invitando ad “interrogarci su cosa dobbiamo fare perché tacciano le armi e prevalga il rispetto della vita”. Mentre il conflitto non smette di provocare distruzione e morte, continua l’impegno di Caritas Italiana verso i fratelli e le sorelle ucraini: oltre 10mila le persone accolte in tutta Italia; numerose le diocesi attivate per garantire un’ospitalità adeguata a chi è fuggito dalla guerra, assicurando in questi mesi tutto il necessario.“È uno sforzo che abbiamo cercato di condividere anche con le istituzioni locali e nazionali”, sottolinea don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, rilevando che “questa grande solidarietà rischia, però, di essere compromessa dalle lungaggini e dalla farraginosità delle procedure amministrative. Ad oggi, infatti, non è stata ancora firmata la convenzione con la Protezione Civile, necessaria per liberare le risorse utili per accogliere altri 2.000 cittadini ucraini ospitati negli alberghi della penisola. Anche l’accesso ai cosiddetti sussidi di sostentamento sta incontrando molte difficoltà sul piano operativo. Auspichiamo che questa situazione venga risolta nei prossimi giorni, permettendo così di sbloccare i posti già destinati a questa accoglienza, al momento non utilizzabili nemmeno per l’attività ordinaria”.Allo stesso tempo, conclude Pagniello, “ci auguriamo che si possa prevedere un supporto anche per le accoglienze al di fuori del circuito istituzionale – al momento la maggior parte – per continuare a garantire un accompagnamento dignitoso di quanti, visto il protrarsi della guerra, decideranno di rimanere nel nostro Paese”.
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Sondaggio: con la guerra in Ucraina, aumenta il sostegno all’UE
Posted by fidest press agency su sabato, 25 giugno 2022
Quasi due terzi (65%) degli europei vedono favorevolmente l’appartenenza all’UE. Si tratta del risultato più alto dal 2007, quando il dato era al 58%. L’adesione è vista infatti come “una cosa positiva” dalla maggioranza relativa dei cittadini in tutti i paesi, ad eccezione di Grecia e Slovacchia, dove un numero maggiore di intervistati la considera “né una cosa buona né una cattiva”. Rispetto all’ultimo sondaggio Parlemeter del Parlamento condotto alla fine del 2021, i risultati sono aumentati in modo significativo nella maggior parte dei paesi, in particolare in Lituania (+20 punti percentuali), Malta (+12 pp) ed Estonia (+9 pp). Per l’Italia, il 49% ha risposto di avere un’immagine positiva dell’appartenenza all’Unione, con un aumento di 5 punti rispetto al 2021, contro il 10% che ha dato una risposta negativa.Il 52% degli europei oggi ha una percezione positiva dell’UE con un aumento di tre punti rispetto a novembre-dicembre 2021. Si tratta del miglior risultato misurato dai sondaggi del Parlamento europeo dal 2007. Per quanto riguarda i risultati nazionali sull’immagine positiva dell’UE, si va dal 76% in Irlanda al 32% in Grecia. L’Italia si posiziona appena sotto il dato medio, con il 48% di cittadini che ha una percezione positiva dell’UE (+3 pp sul 2021).La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha accolto i risultati commentando: “Con il ritorno della guerra nel nostro continente, gli europei si sentono rassicurati dal far parte dell’Unione europea. I cittadini sono profondamente attaccati alla libertà, sono pronti a difendere i propri valori e si stanno rendendo conto sempre più che la democrazia non può più essere data per scontata.” Gli eventi recenti hanno anche definito la percezione che gli europei hanno di altri importanti attori sulla scena internazionale. La Russia è vista positivamente solo dal 10% degli intervistati, in calo rispetto al 30% del 2018, quando è stata posta l’ultima volta questa domanda. La Cina torna al penultimo posto con il 22% (-14 pp). Al contrario, gli europei hanno un’immagine più positiva del Regno Unito (65%, +1 pp), seguito dagli Stati Uniti con il 58% (+13 pp).La maggior parte dei cittadini percepisce la guerra in Ucraina come un cambiamento fondamentale: il 61% degli europei non è sicuro che la propria vita continuerà come prima, opinione condivisa dal 50% degli italiani. Solo un terzo circa degli intervistati UE (37%) crede resterà tale, mentre in Italia la percentuale di fiducia sale al 49%. Un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dalla Commissione europea mostra che otto intervistati su dieci (80%) sono d’accordo nell’imporre sanzioni economiche al governo russo, nonché alle aziende e ai cittadini russi. La maggioranza dei cittadini in 22 Stati membri è soddisfatta della risposta dell’UE all’invasione russa dell’Ucraina.Con l’inflazione e il costo della vita in aumento da molto prima dell’inizio della guerra russa in Ucraina, quattro europei su dieci affermano di subire già un impatto sul proprio tenore di vita (40%). In Italia il dato scende al 33%. Come segno della resilienza e dell’unità europea, il 59% degli europei considera prioritaria la difesa di valori europei comuni, come la libertà e la democrazia, anche se ciò dovesse incidere negativamente sul costo della vita. Questo vale anche per il 55% degli italiani. Le crescenti preoccupazioni economiche si riflettono anche nelle priorità politiche su cui i cittadini vogliono che il Parlamento europeo si concentri: prima viene citata la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (38%), seguita dalla salute pubblica (35%), che è diminuita significativamente di 7 pp negli ultimi sei mesi, e democrazia e stato di diritto (32%), che a sua volta ha subito un aumento significativo di 7 pp. La percezione della guerra e di cosa significhi per l’Unione europea emerge anche nei valori fondamentali dei cittadini che vogliono che il Parlamento europeo difenda in via prioritaria: la democrazia è ancora una volta in cima alla lista, con un aumento di sei punti rispetto all’autunno 2021 (38%, +6pp); per gli italiani il dato sale al 40%. La protezione dei diritti umani nell’UE e nel mondo, così come la libertà di parola e di pensiero, seguono entrambe con il 27%. In Italia, la salute pubblica (47%) e il sostegno all’economia e al mercato del lavoro (43%) sono i temi che più si vorrebbero affrontati dall’istituzione.
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Confindustria e guerra Ucraina. Come i ladri di Pisa. Pecunia non olet
Posted by fidest press agency su venerdì, 24 giugno 2022
Solo alcuni giorni fa alla cosiddetta “Davos russa” a San Pietroburgo, i rappresentanti di Confindustria nella Russia di Putin, Alfredo Gozzi e Vincenzo Trani, sono stati applauditi ed encomiati tra consigli per investire, rassicurazioni e auspici “le nostre aziende restano”, quindi continuano a contribuire a quell’economia che finanzia l’invasione in Ucraina. Oggi, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha siglato un “Memorandum of understanding” col ministro ucraino dell’Economia, durante la missione di Confindustria a Kiev per la ricostruzione del Paese. Ci vengono in mente i “ladri di Pisa” che, nella tradizione toscana sono quelli che di giorno litigano e di notte vanno a rubare insieme.La nostra Confindustria, di giorno litiga coi russi di Putin perché dà una mano agli ucraini per ricostruire, e di notte, d’accordo con gli stessi russi, va a distruggere quello che poi la mattina ricostruirà. Sappiamo che “pecunia non olet” (il denaro non puzza), ma proviamo disagio per tanta sfrontatezza, senza tra l’altro neanche aspettare che i cadaveri ucraini siano sotterrati.Questi sono i presupposti della rinascita economica delle nostre aziende che tanto hanno sofferto durante il covid per il calo dei lavori in altri Paesi.Oltre ad evidenziare come faccia schifo la politica economica delle aziende di Confindustria, c’è poco da stupirsi rispetto agli intrecci tra assassini di vari tacca e industrie che li finanziano magari investendo per i diritti umani. Si pensi allo Yemen, l’Arabia Saudita e il loro petrolio che finisce nei nostri veicoli.Vincenzo Donvito Maxia http://www.aduc.it
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Codici: prevediamo un’economia di guerra per l’Italia, una guerra non voluta
Posted by fidest press agency su venerdì, 17 giugno 2022
“La decisione della Banca centrale europea di chiudere il Qe e di alzare i tassi di interesse a partire da luglio – afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – sarà anche dettata dall’intenzione di contrastare il livello di inflazione, che ha toccato quota 8% a maggio nell’Eurozona, ma non possiamo e non dobbiamo ignorare le conseguenze che avrà questa scelta. Per i consumatori significa un incremento del costo di mutui e prestiti. Non solo. Con l’accantonamento, di fatto, della famosa Europa a due velocità, si profila una situazione in cui gli Stati più indebitati si avvicineranno al default a meno che non riescano ad attuare un’inversione di marcia a livello di crescita e di occupazione. Nonostante i proclami e gli slanci di ottimismo, l’Italia non si trova in una condizione che permette voli pindarici. Mentre si riapre il dibattito sul salario minimo e su come difendere i lavoratori dall’aumento dei prezzi, i consumatori fanno i conti con i continui rincari, dalle bollette ai carburanti. L’impatto della guerra in Ucraina è devastante, basti pensare alla spesa alimentare. L’analisi di Coldiretti parla di una stangata da 8,1 miliardi per le famiglie italiane. Ad avere la peggio le categorie più deboli, quindi si tratta di un aggravamento di una situazione già critica. Del resto, ci sono 5,5 milioni persone che vivono in una condizione di povertà assoluta. Negli ultimi mesi, con i nostri Sportelli, abbiamo registrato un aumento esponenziale delle richieste di aiuto per casi di sovraindebitamento. Gli ultimi dati Istat sulla produzione industriale che hanno fatto esultare qualcuno andrebbero letti in modo obiettivo. È evidente che l’aumento dei costi energetici è stato scaricato sui consumatori, attraverso l’aumento dei prezzi. Non a caso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è attivata, e noi con essa, per monitorare la shrinkflation, ovvero l’inflazione nascosta, il fenomeno del momento. Sono tutti segnali gravi e preoccupanti, che ci portano a prevedere un’economia di guerra per l’Italia, una guerra non voluta. Ed è per questo che riteniamo fondamentale un cambio di rotta, l’avvio di politiche che puntino a tutelare gli italiani in questo momento così drammatico”.
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Guerra e speculazione: una miscela esplosiva
Posted by fidest press agency su giovedì, 16 giugno 2022
By Mario Lettieri e Paolo Raimondi.Che la pandemia e la guerra in Ucraina abbiano causato grandi turbolenze economiche globali non è in discussione. Dire, però, che siano le sole cause dell’inflazione nel mondo e dell’incipiente recessione economica non sarebbe vero. Non si può nascondere sotto il “tappeto” della pandemia e della guerra tutta l’”immondizia speculativa finanziaria” che ci trasciniamo da decenni. Sarebbe un imperdonabile errore di analisi. Anche i recenti avvisi di crisi fatti da alcuni esponenti della finanza non devono trarre in inganno. Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan, si aspetta “un uragano economico” provocato dalla riduzione del bilancio della Fed e dalla guerra in Ucraina. Lor signori sono preoccupati della bolla finanziaria che hanno creato più che delle sorti dell’economia. E’ come il grido di un drogato che non ha più accesso alla droga. Basta analizzare il bilancio della Federal Reserve per comprendere meglio il problema. Dai 900 miliardi di dollari pre crollo della Lehman Brothers, esso era arrivato a 4.500 miliardi nel 2014. C’è stata un’immissione di liquidità per salvare il sistema. Poi, dall’inizio della pandemia si è passati da 4.100 agli attuali 9.000 miliardi di dollari. Più del doppio in due anni!Questo comportamento è stato replicato dalla Bce e dalle altre banche centrali. Negli Usa una parte rilevante è andata a sostenere “artificialmente” le quotazioni di Wall Street e i cosiddetti corporate debt, cioè i debiti delle imprese spesso vicini ai livelli “spazzatura”. A ciò si aggiunga la politica del tasso zero e negativo che ha favorito l’accensione spregiudicata di nuovi debiti, con il rischioso allargamento del cosiddetto “effetto leva”, e ha generato titoli, pubblici e privati, per decine di migliaia di miliardi a tasso d’interesse negativo. Di fatto la Fed, e in misura minore le altre banche centrali, è diventata una vera e propria “bad bank”. L’impennata dell’inflazione ha reso il loro accomodante modus operandi non più sostenibile. L’aumento del tasso d’interesse e la riduzione dei quantitative easing stanno facendo saltare il banco.Anche la narrazione della crescita dell’inflazione non regge. Non basta sostenere che sia l’effetto degli squilibri generati dalla ripresa economica e dalla guerra. Sarebbe stupido negarne l’effetto. La narrazione, però, fa sempre perno sul meccanismo “imparziale e oggettivo” della domanda e dell’offerta. Cosa che però non si è pienamente manifestata con la diminuzione dei prezzi quando la domanda era scesa all’inizio del Covid. Nei mesi della pandemia non c’è stata una smobilitazione industriale mondiale tanto grande da giustificare le forti pulsioni inflattive generate da una modesta ripresa economica e dei consumi. Anche il rallentamento delle “catene di approvvigionamento” è stato esagerato da una certa propaganda interessata. Occorre mettere in conto l’effetto dell’enorme liquidità in circolazione e la necessità per il sistema finanziario di generare a tutti i costi dei profitti, anche con la speculazione. Ecco alcuni dati per una più corretta valutazione dell’inflazione. Riguardo all’indice dei Global Prices of Agriculture Raw Materials, le derrate alimentari, la Fed di St Louis riporta che mediamente era di 91 punti ad aprile 2020, 114 un anno dopo e 123 ad aprile 2022. Il prezzo del petrolio WTI, che era di 18 dollari al barile ad aprile 2020, aveva già raggiunto i 65 dollari un anno dopo. A maggio 2022 superava i 114 dollari. Simili andamenti sono riportati dal Fmi per l’indice delle commodity primarie che sale progressivamente dai 60 punti del 2020 per poi crescere vertiginosamente negli ultimi mesi fino a raggiungere i 150 punti. Evidentemente gli effetti della guerra e delle sanzioni incidono non poco sull’impennata dei prezzi di detti prodotti. L’indice dei prezzi dei fertilizzanti della Banca mondiale, che nell’aprile 2020 era 66,24 a dicembre 2021 era esploso a 208,01, più che triplicato in 20 mesi. L’aumento del 60% negli ultimi due mesi del 2021 ha devastato gli agricoltori di tutto il mondo. A gennaio, un mese prima della guerra in Ucraina, The Wall Street Journal titolava “ Le fattorie stanno fallendo mentre i prezzi dei fertilizzanti fanno aumentare il costo del cibo”. Più che di fisiologici aumenti dei prezzi ancora una volta la fa da padrone la speculazione, cioè i soliti manovratori del mercato e delle borse. E’ singolare che si chieda, anche giustamente, l’immediata sospensione delle attività belliche e non s’intervenga contro la speculazione i cui effetti devastanti si riverberano a livello globale. Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista
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I prezzi non arrestano la loro corsa, la guerra continua a devastare l’Ucraina
Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 giugno 2022
Le prospettive per la situazione economica non accennano a migliorare, ma, nonostante ciò, l’Istituto Nazionale di Statistica fotografa una situazione rosea, in cui la fiducia dei consumatori e quella delle imprese aumentano.Cresce l’indicatore relativo alla situazione personale e quello sulle prospettive future, rileva l’Istat. “Ci dispiace non condividere l’ottimismo di queste analisi, ma la situazione che ogni giorno i cittadini denunciano ai nostri sportelli è decisamente differente – afferma Michele Carrus, Presidente di Federconsumatori. – I rincari dei costi energetici e dei beni alimentari hanno messo in ginocchio molte famiglie, che sono costrette ad un numero sempre maggiore di rinunce e privazioni.”Secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, diminuisce di oltre il 16% il consumo di carne e pesce (visti i forti rincari soprattutto della carne, dovuti ai maggiori costi sostenuti per l’allevamento), si scelgono verdure e ortaggi più convenienti e di stagione, si evita sempre più spesso di mangiare fuori casa. Anche le spese per la cura della persona e la salute sono molto intaccate dalla crisi.Lo studio di Legacoop-Ipsos, pubblicato oggi, aggiunge ulteriori dati negativi a tale quadro: il 50% di chi ha contratto un mutuo dichiara di avere difficoltà a pagare le rate dei prossimi mesi.Le misure finora adottate dal Governo per far fronte a questa grave situazione si limitano ad interventi di carattere emergenziale, che, seppur positivi, rappresentano ancora un palliativo temporaneo e insufficiente per far fronte ad un andamento che si prospetta di ampio respiro, che avrà ripercussioni, come minimo, nel medio termine.Per questo, Federconsumatori, insieme a tutte le Associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale, ha avanzato al Governo una piattaforma di proposte di carattere strutturale per calmierare i prezzi, sostenere le famiglie, ridurre le disuguaglianze e rilanciare il sistema economico. Proposte che ribadiremo prossimamente nelle principali piazze italiane, per manifestare contro i rincari e rivendicare dal Governo misure adeguate.
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Marco Bertolini e Giuseppe Ghini: Guerra e pace al tempo di Putin
Posted by fidest press agency su mercoledì, 25 Maggio 2022
Genesi del conflitto ucraino e nuovi equilibri internazionali. Tra la Russia e l’occidente è in atto uno vero è proprio scontro di civiltà. Occorre ammettere con coraggio e chiarezza che questo è il motivo principale della Guerra che è scoppiata in Ucraina e che perciò è molto difficile aprire un tavolo di trattative serio per la pace. Chiunque, che per dovere di chiarezza, riferisca fatti che non avvallano la tesi occidentale amplificata dai Media, ovvero che la Russia e il Tiranno Putin rappresentano il male assoluto, è tacciato di intelligenza con il “Nemico”. È assolutamente intollerabile che nella culla della democrazia e della libertà venga avvalorato solo un racconto che considera unicamente alcuni aspetti di una vicenda che ha risvolti volutamente taciuti e non considerati.Cantagalli 2022 | pp. 288 | euro 20,00 In libreria dal 20 maggio 2022
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Cyber: Siamo in guerra digitale
Posted by fidest press agency su martedì, 24 Maggio 2022
Gli attacchi cibernetici verso i siti istituzionali italiani vanno considerati, come proposto anche dal presidente del Copasir Adolfo Urso, come veri e propri attacchi terroristici. I livelli di resilienza cibernetica della Nazione vanno aumentati e garantiti amplificando le risorse finanziarie e di personale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, migliorando la qualità della normativa nazionale in materia con un Testo unico e strutturando, all’interno dell’Agenzia, un dialogo fra pubblico e privato nell’ottica dell’interesse nazionale. Presenteremo atti in questo senso.” Così il responsabile nazionale Innovazione di Fratelli d’Italia, deputato Federico Mollicone.
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