A cura di Tapio Jokisaari, Lead Portfolio Manager, Aktia European High Yield+, Aktia AM, asset manager rappresentato in Italia da Amchor IS I rischi posti dall’inflazione si sono rivelati meno pericolosi del previsto e anche i timori per una recessione in Europa si sono affievoliti. Per questo potrebbe essere il momento di investire in emissioni ad alto rendimento europee con una gestione rigorosamente attiva. L’occupazione in Europa non ha infatti subito contraccolpi, lasciando potere di spesa ai consumatori, nonostante l’aumento dei prezzi. La stessa inflazione appare sotto controllo, con i costi dell’energia in ridimensionamento. I tassi di interesse dovrebbero dunque essere vicino al picco e potrebbero iniziare a scendere l’anno prossimo. Anche i livelli di fallimento delle aziende non si sono impennati: secondo Moody’s dovrebbero salire al 4% di qui ad un anno rispetto al 2-3% degli ultimi anni. Restano alti invece i rendimenti nel segmento delle emissioni high yield europee, che ha visto nel 2021 un alto numero di emissioni: gli yield sono saliti mediamente all’8% rispetto ad una media del 3% dell’era pre-Covid. I rendimenti elevati rappresentano anche un cuscinetto rispetto ad eventi avversi futuri, che potrebbero portare ad un allargamento degli spread, rendendoci ottimisti per questa asset class anche guardando avanti.Tipicamente gli operatori di private equity, infatti, hanno un grande focus sulla generazione di cassa della società in cui investono. Sono inoltre investitori professionali e quindi garantiscono standard di governance e di trasparenza maggiori.Oltre ai temi legati all’investimento sostenibile, puntiamo sugli ibridi high yield di emittenti investment grade, come è il caso di Telefonica ed Energias de Portugal, per cui non dobbiamo preoccuparci del rischio di credito. Pensiamo ci sia valore, inoltre, sui subordinati Additional Tier 1 di banche e assicurazioni come Llodys, SocGen e BNP Paribas che, recentemente penalizzati dalla vicenda Credit Suisse, oggi rendono quasi il 10%.L’investimento in obbligazioni AT1 consente di diversificare il rischio rispetto ad un’esposizione ai soli bond societari puri. Storicamente, i rendimenti delle obbligazioni AT1 sono stati maggiori di quelli dei bond societari high yield, anche se accompagnati da una altrettanto superiore volatilità. Nella selezione degli emittenti AT1 ci avvaliamo dei nostri colleghi specializzati in investment grade.Ci piace anche il debito di Telecom Italia, una posizione che si potrebbe definire “event-driven”, che abbiamo assunto quando lo spread ha iniziato ad allargarsi alla fine del 2021. Puntiamo infatti sulle implicazioni potenzialmente positive per gli obbligazionisti che verranno dalla cessione della rete fissa in termini di riduzione dell’indebitamento complessivo. Ancora in Italia investiamo nel produttore di occhiali Marcolin, che continua ad offrire rendimenti del 10% nonostante un business solido, e in Ima, un’azienda che riteniamo sia molto ben gestita e che attualmente mette la riduzione del debito prima del pagamento di dividendi. Guardiamo infine opportunisticamente ad aziende detenute da singole famiglie, che spesso hanno problemi di governance e di trasparenza ma hanno bisogno di capitali. Le emissioni ad alto rendimento in questo segmento hanno tipicamente come collaterale le azioni della società e quindi rappresentano una opportunità interessante, anche in Italia. L’area di investimento opportunistica in cui abbiamo investito più di recente è quella delle obbligazioni senior delle società immobiliari nordiche, che sono state messe sotto pressione dal contesto di tassi di interesse più elevati. Alla fine dell’anno scorso abbiamo costituito una posizione su tre di queste società, che hanno ancora un rating investment grade ma le cui obbligazioni sono scambiate a livelli di high yield. (abstract fonte: http://www.verinieassociati.com)
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Aktia AM – Variabili macro sotto controllo, è ora di investire negli high yield europei. Anche in Italia
Posted by fidest press agency su martedì, 30 Maggio 2023
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T. Rowe Price – Recessione, tetto del debito: come investire in una fase incerta?
Posted by fidest press agency su sabato, 27 Maggio 2023
A cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price. Ci sono sempre più segnali che indicano che siamo vicini ad una recessione. La fase che precede la recessione comporta solitamente un rallentamento nel mercato del lavoro. Inizialmente avviene in maniera graduale, ma improvvisamente accelera a tal punto che le banche centrali intervengono allentando la politica monetaria. Molti segnali indicano che ci stiamo dirigendo verso una recessione media, il che non è una buona notizia. Sarà una sorpresa per i mercati finanziari, perché una recessione media è molto più grave di una recessione lieve, attualmente scontata dai mercati. Tuttavia, non mancano gli aspetti positivi. La Fed potrebbe tagliare i tassi di interesse prima del previsto come scorciatoia per uscire da una potenziale recessione. È quindi molto positivo che Jerome Powell abbia iniziato a suggerire che i rialzi dei tassi potrebbero essere finiti per il momento. Tuttavia, non dovremmo gioire troppo presto. Il calo dei prezzi dell’energia, l’allentamento dei vincoli sul fronte dell’offerta e la nuova politica di gestione del Covid in Cina hanno dato di recente nuovo slancio alla crescita globale. Questi fattori hanno allontanato la crescita dai livelli di recessione. Sfortunatamente, l’effetto sembra essere di breve durata, dato che la crescita non sembra prendere piede e ci sono molti segnali che indicano che ci stiamo nuovamente dirigendo verso una recessione. Dal mio punto di vista e da quello dei mercati finanziari, la domanda è se la crescita rallenterà a tal punto da innescare una dinamica recessiva.Una recessione è più grave di un rallentamento della crescita, dato che ha una forza intrinseca di auto-rinforzo: in primo luogo, la crescita si indebolisce, il che si ripercuote sul mercato del lavoro, che a sua volta indebolisce ulteriormente la crescita, creando una spirale recessiva che si auto-rinforza. Per porre fine alla spirale è necessario uno shock esterno, spesso sotto forma di allentamento della politica monetaria, che stimoli la crescita e l’occupazione. Pertanto, il mercato del lavoro è il fattore chiave che dobbiamo monitorare attentamente. Nel più grande Paese del mondo, gli Stati Uniti, il mercato del lavoro sembra ancora solido in superficie. Sebbene vi siano segni di crepe nelle fondamenta dell’occupazione, non abbiamo ancora assistito al suo sgretolamento. E finché il mercato del lavoro non cederà, la Fed continuerà a perseguire una politica monetaria restrittiva. Tuttavia, non sono né le banche regionali né il mercato del lavoro degli Stati Uniti a rappresentare la sfida più grande nel breve periodo. Piuttosto, è il tetto del debito statunitense che potrebbe infliggere gravi danni non solo all’economia americana, ma anche a quella globale. Cosa potrebbe fare un investitore prudente? Storicamente, la fase finale della stretta monetaria è un buon momento sia per le azioni che per le obbligazioni. Tuttavia, se guardiamo alla performance dei due asset finora, le obbligazioni sono state in linea con le aspettative, mentre le azioni le hanno deluse. A mio avviso, ciò riflette gli sviluppi del mercato del lavoro statunitense e la questione del tetto del debito USA. La domanda che dobbiamo porci è quindi: cosa potrebbe fare un investitore prudente di fronte alla prospettiva di una recessione e di una resa dei conti sul tetto del debito? Come punto di partenza, un investitore saggio dovrebbe – a mio avviso – continuare a perseguire una strategia di investimento conservativa fino a quando la questione del tetto del debito non sarà chiarita. Ma credo che sia ancora più saggio rimanere prudenti fino a quando non sarà chiaro se gli Stati Uniti e l’economia globale si stanno dirigendo verso una recessione. Pertanto, a mio avviso, un portafoglio ragionevole dovrebbe favorire i segmenti del mercato obbligazionario che tipicamente registrano buone performance quando la crescita rallenta, piuttosto che il mercato azionario. (abstract by http://www.verinieassociati.com/)
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TCW – Parola alla nuova CEO: la ricetta per investire in tempi difficili
Posted by fidest press agency su domenica, 21 Maggio 2023
A cura di Katie Koch, CEO, TCW. L’attuale contesto economico preoccupa perché ci stiamo dirigendo verso un atterraggio che sarà medio o duro, non di certo morbido. Le ragioni principali sono tre. Il primo è che più lunga è la ripresa, peggiore è la correzione, e l’economia ha avuto una ripresa molto robusta durata 15 anni, con una piccola battuta d’arresto di recente. Ecco perché la scorsa settimana abbiamo visto i dati sul fronte del mercato valutario subire la più grande correzione dai tempi della Grande Depressione. La seconda ragione è che le piccole imprese si affidano a piccole banche, e ciò rappresenta un problema. Metà degli americani lavora in piccole imprese che contribuiscono circa al 50% del Pil. Se si considerano le aziende con 100 dipendenti o meno, il 70% dei loro finanziamenti industriali commerciali dipende da banche con meno di 250 miliardi di depositi. Il 30% dipende da banche con depositi inferiori a 10 miliardi. Quindi, con questa fuga di depositi, avremo una contrazione del credito e ciò eserciterà una pressione al ribasso sull’occupazione. Il terzo aspetto è che quando il capitale si riprezza in modo così aggressivo, qualcosa si rompe. Abbiamo già visto alcuni fallimenti bancari, ma ci saranno altre cadute lungo il percorso. Guardando avanti, possiamo aspettarci una recessione. Ma da dove arriverà la prossima crisi? Sono due le aree su cui ci stiamo concentrando. Una è quella degli immobili commerciali e l’altra è quella dei mercati del credito privato. Per quanto riguarda la prima, il settore residenziale sembra in salute, mentre quello commerciale è molto in difficoltà: circa 3.000 miliardi di dollari di prestiti commerciali saranno oggetto di negoziazione nei prossimi 24 mesi a un livello di tassi superiore di quattro punti. Questo significa che assumersi un rischio reale in questi mercati potrebbe essere interessante.Serve un team molto esperto in grado di fare due diligence e di lavorare per arrivare alla risposta giusta. Per quanto riguarda il credito privato e ci si deve preparare ad affrontare alcuni incidenti nel settore. Ma può anche essere una delle grandi opportunità di investimento nel prossimo decennio, se lo si affronta con il giusto approccio conservativo. Sta di fatto che assisteremo ad alcuni importanti incidenti nel settore del credito privato. Il motivo principale è che il 96% delle aziende di credito privato è stato avviato dopo la crisi finanziaria globale in un contesto di tassi bassi o nulli, uno scenario molto facile in cui operare. L’anno scorso il mercato è rimasto sorpreso del fatto che il credito e le azioni sono scesi insieme. Tuttavia, è uno sviluppo che non abbiamo ancora sperimentato nei mercati privati. Ma potremmo vedere una certa correlazione tra private equity e credito privato, perché gran parte di questo mercato è stato affidato su larga scala a fondi di private equity. Ci aspettiamo quindi una correlazione tra questi asset.
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Incentivare i giovani a investire in agricoltura
Posted by fidest press agency su venerdì, 19 Maggio 2023
“È uno degli obiettivi che si pone la proposta di legge che abbiamo appena approvato in commissione Agricoltura, alla Camera dei deputati. Una pdl alla quale Fratelli d’Italia tiene particolarmente perché mira a far tornare nelle giovani generazioni la voglia di investire in un settore che ha ancora grandissime prospettive di sviluppo. Al centro della proposta la semplificazione dei procedimenti burocratici che fino ad ora sono stati un grandissimo ostacolo allo sviluppo di questo settore. Tra le novità più importanti la previsione di un’unica piattaforma, un unico portale dove saranno pubblicati tutti i bandi in modo che sia più facile per i giovani accedere a fondi messi a disposizione a diversi livelli da quelli regionali a quelli europei”. Così il deputato di Fratelli d’Italia Cristina Almici, componente della commissione Agricoltura della Camera dei deputati.
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Giappone: investire in aziende leader a livello mondiale
Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2023
Chantana Ward, Gestore del fondo Comgest Growth Asia di Comgest. Il Giappone rimane un mercato molto interessante per investire in temi globali attraverso società leader a livello mondiale, a valutazioni interessanti perché non ancora conosciute.Uno di questi temi è la ripresa dell’Asia dopo il Covid, che vede le nostre società in portafoglio esposte al trend dei consumatori asiatici emergenti, come Uniqlo (Fast Retailing) o Sushiro (Food and Life) e attraverso fornitori di tecnologia come Fanuc nell’automazione o ShinEtsu Chemical nei wafer per semiconduttori. Un altro tema è la spinta del settore tecnologico, in cui molte delle società in cui siamo investiti sono fornitori per passaggi indispensabili della supply chain, come Lasertec nell’ispezione della miniaturizzazione dei semiconduttori. In questo momento, però, nella primavera del 2023, la riapertura del Giappone dopo tre anni di isolamento è un tema importante nonché un vantaggio economico di cui il Paese gode più tardi di altri perché ha protratto le restrizioni. Japan Air Terminal, l’operatore del principale aeroporto di Tokyo, Orix, un importante operatore di catene alberghiere, PPIH, che gestisce la catena di minimarket Don Quijote, molto apprezzati dai turisti, e Oriental Land, che gestisce Disneyland Tokyo, stanno già rilevando gli effetti di queste riaperture; si tratta di ampie posizioni nel nostro fondo e che forniscono anche importanti contributi alle performance. Per alcuni trimestri, gran parte dei capitali sul mercato giapponese sono stati indirizzati verso il settore bancario, in attesa di un miglioramento dei margini di interesse netti in seguito ai cambiamenti nella politica monetaria. Il settore bancario giapponese ha sovraperformato i settori bancari degli altri mercati sviluppati, ad esempio di quasi il 50% rispetto al settore bancario statunitense nell’arco di un anno. Noi di Comgest, invece, prevediamo una regressione di questa situazione, poiché le aspettative di un cambiamento radicale della politica monetaria sembrano eccessive e la combinazione di utili e valutazioni interessanti in altri settori è senza precedenti.
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Cinque motivi per cui è ancora un buon momento per investire
Posted by fidest press agency su venerdì, 31 marzo 2023
A cura di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm. Milano. Se si guarda alla storia dei mercati finanziari degli ultimi anni non si può negare che il sistema abbia saputo autoregolarsi, evolversi, smussare i propri limiti e garantire agli investitori un percorso di crescita costante, reggendo in maniera solida di fronte a crisi rilevanti come la grande recessione del 2008 o la pandemia da Covid. Negli ultimi tempi abbiamo assistito alla fine della fase espansiva guidata dall’innovazione tecnologica, che ha aumentato la produttività e compresso i costi, alla recrudescenza delle tensioni geopolitiche e al rallentamento della globalizzazione. È necessario osservare da vicino queste tendenze, prestando attenzione a non confondere il breve con il lungo termine ed evitando di compromettere i propri investimenti. Sono almeno cinque i motivi per cui avere ancora fiducia nel sistema economico e finanziario. In periodi di elevata volatilità è facile farsi prendere dallo sconforto e decidere di disinvestire parte del proprio capitale o provare a “battere il mercato”, cioè vendere per anticipare la fase negativa, poi magari rientrare al momento che si ritiene “giusto”. Si tratta di scelte che, pur comprensibili, non si dimostrano vincenti nel lungo periodo perché i tempi di recupero dei mercati sono imprevedibili e molto variabili: a riprendersi dal Covid hanno impiegato poco più di quattro mesi, ma se guardiamo alle ultime quattro crisi finanziarie notiamo che altre riprese hanno richiesto fino a quattro anni. 2. Il premio al rischio resta significativo sia per l’azionario che per l’obbligazionario. Nonostante la liquidità oggi possa sembrare un’alternativa attraente, a nostro avviso l’approccio diversificato è quello vincente. Storicamente, infatti, i portafogli multi-asset impiegano meno di 10 mesi per raggiungere il pareggio dopo un periodo di crisi. È vero che il 2022 è stato il terzo anno peggiore dal 1930 per i portafogli multi-asset, ma gli anni storicamente positivi superano in modo schiacciante quelli negativi. Nei prossimi 10 anni ci aspettiamo rendimenti più alti di quelli che avevamo preventivato negli anni passati 3. Raggiungere obiettivi di medio termine. Ogni risparmiatore ha in mente degli obiettivi da raggiungere nei prossimi anni: l’educazione dei figli, l’acquisto di un immobile, il matrimonio. Si tratta di spese importanti che richiedono una pianificazione finanziaria di medio-lungo periodo. Storicamente i mercati azionari hanno vissuto molte fasi di ribasso e di rialzo. Un mercato ribassista, per definizione, è identificato da una caduta del 20% o più, mentre in caso di perdite tra il 10% e il 20% si parla di correzioni. Ebbene, la storia insegna che alle correzioni segue sempre un rimbalzo, che solitamente determina una performance più forte entro un anno. 4. L’era della Great Moderation non è finita I mercati hanno più fiducia nella capacità delle banche centrali di controllare l’inflazione di quanto queste abbiano in sé stesse. Noi crediamo che l’inflazione possa essere domata e che la prospettiva di un nuovo periodo di stabilità economica sia concreta. 5. La transizione verde non ha perso slancio. Dopo la forte crescita nel 2020 e nel 2021 sia in termini di asset under management sia di performance, il 2022 è stato un anno particolare per gli investimenti ESG. Il conflitto in Ucraina e l’impennata dell’inflazione hanno rappresentato una sfida per la transizione verde, e i fondi socialmente responsabili che non hanno investito in attività legate alla filiera dei combustibili fossili hanno generalmente sottoperformato gli investimenti tradizionali, poiché non sono stati supportati dall’impennata dei prezzi delle materie prime. Tuttavia noi crediamo che la sfida per salvare il pianeta sarà un catalizzatore sempre più forte di investimenti, nel lungo termine ci sarà un’accelerazione verso l’energia pulita e questa non può che essere una buona notizia per gli investimenti ESG. La crisi energetica ha fatto capire a vari governi l’importanza delle energie rinnovabili e di altre fonti di energia per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili della Russia prima del 2030.
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GAM: Investire nel lusso può essere un trampolino per la crescita
Posted by fidest press agency su martedì, 28 marzo 2023
Commento a cura di Swetha Ramachandran, Investment Director, Luxury Equities di GAM I fattori trainanti nel lungo periodo per il settore del lusso, come l’ascesa della classe media in Asia, persistono. Milioni di persone entrano continuamente a far parte della classe media su scala globale, nonostante lo stop momentaneo della pandemia. Entro la fine del decennio crediamo che tre economie asiatiche da sole, ovvero Cina, India e Indonesia, rappresenteranno circa il 30% dei consumi globali del ceto medio, a cui si sommano anche altri mercati emergenti come Brasile e Messico. La situazione è molto cambiata rispetto a 10 anni fa, quando erano soprattutto i Paesi sviluppati a concentrare i consumi della classe media. Il consumo di beni voluttuari è strettamente connesso alla formazione di una classe media.Torna l’interesse per i beni di lusso anche nei mercati sviluppati, in particolare tra i consumatori a più alto reddito che tipicamente acquistano prodotti di lusso e che sono in grado di resistere alle pressioni inflazionistiche. Le aziende registrano un rinnovato interesse da parte dei consumatori locali in Europa, mentre i consumatori americani hanno contribuito molto ai successi del settore dal 2021: cambiano i gusti con un ritrovato interesse per la moda e i gioielli rispetto alle generazioni più anziane che preferiscono invece spendere per la casa e l’automobile.Il consumatore medio appartenente alla Generazione Z, che spesso viene a contatto con questo mondo attraverso i videogiochi o il metaverso, ha solo 15 anni quando inizia a comprare beni di lusso. I marchi stanno ampliando le fasce di prezzo per attirare i consumatori più giovani, con scarpe da ginnastica e abbigliamento sportivo, e considerano il metaverso come la nuova frontiera del prossimo decennio e oltre. È significativo, inoltre, che più il consumatore che si avvicina al lusso è giovane, più a lungo resterà fedele a questa categoria di prodotti. Ciò significa che in media il lifetime value, ovvero i ricavi che un’azienda può aspettarsi da un cliente delle nuove generazioni nel corso del rapporto, oggi è maggiore rispetto a dieci anni fa.In Cina, i consumatori nati dopo gli anni ‘90, ovvero l’equivalente della Gen Z ad Occidente, rappresentano già circa il 50% delle vendite del lusso. La motivazione di questa generazione e di quella seguente è l’autoricompensa, per cui i beni di lusso sono un modo per autopremiarsi. Entro il 2030 il potere di acquisto dei consumatori più giovani in India e nel Sud-est asiatico verosimilmente aumenterà, di conseguenza anche la domanda del lusso in questi mercati crescerà.Il potere di determinazione del prezzo di vendita, ovvero la capacità di un’azienda di aumentare i prezzi senza causare un calo della domanda, è stato un tema importante per il settore del lusso nel 2022 a fronte dell’impennata dell’inflazione. L’inflazione sembra ora in calo, ma queste aziende non faranno marcia indietro sui guadagni ottenuti. Si tratta di un settore in cui le aziende evitano sconti e riduzioni di prezzo per mantenere il massimo valore del marchio. Ci aspettiamo dunque che conservino i vantaggi degli aumenti cumulativi dei prezzi, anche se d’ora in poi gli incrementi saranno più modesti.Il tasso di crescita composito annuo (CAGR) del settore negli ultimi 25 anni è stato del 6% circa all’anno, dunque oltre il Pil dell’Eurozona e il Pil globale. Questo dipende principalmente dal fatto che il settore viene trainato dalla componente del Pil globale in più rapida crescita, ovvero i consumi del ceto medio. Inoltre, il settore del lusso offre agli investitori un’esposizione alla crescita dei mercati emergenti, ma al costo del capitale e con la governance di un mercato sviluppato.L’anno scorso l’hospitality di lusso, che sostanzialmente si riferisce al settore alberghiero, ha raddoppiato la crescita. Il livello di partenza era indubbiamente molto basso per via della pandemia, tuttavia, man mano che le persone vorranno fare nuove esperienze con la ripresa della mobilità torneranno eventi e festeggiamenti e in generale si ricomincerà a viaggiare, gli alberghi, così come vini e liquori, potranno beneficiarne molto. È importante sottolineare che la performance delle aziende che appartengono a una stessa categoria può essere estremamente variegata; pertanto, nel settore del lusso in particolare la selezione dei titoli attiva bottom-up sarà fondamentale.Mentre le valutazioni di questo settore sono scese nell’ultimo anno, gli utili, rappresentati dai margini, sono in aumento e i fondamentali in miglioramento. In breve, non crediamo che le buone notizie siano già state scontate nelle valutazioni attuali, che non tengono conto del potenziale di recupero della Cina. Crediamo che le azioni del lusso continueranno a reagire alle previsioni di aumento degli utili. Inoltre, lo stato patrimoniale del settore presenta una buona liquidità che lo protegge dagli effetti dei rialzi dei tassi di interesse, oltre a offrire l’opzionalità di sfruttare il capitale in eccesso per fusioni e acquisizioni, crescita organica o di restituirlo agli azionisti attraverso dividendi e riacquisti di azioni proprie. (abstract by http://www.verinieassociati.com)
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Moneyfarm: prospettive 2023-2033 Perché il 2023 è un buon momento per investire
Posted by fidest press agency su venerdì, 24 febbraio 2023
A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. Il 2022 ha proiettato gli investitori in un sistema economico e finanziario di difficile comprensione e verrà ricordato come uno degli anni peggiori per chi investe, in particolar modo in strategie multi-asset bond/equity. Se guardiamo agli ultimi 90 anni, troviamo solo 5 casi in cui sia l’indice azionario, sia l’indice obbligazionario hanno performato così negativamente. Tuttavia, questa performance tanto ribassista può aprire le porte a nuove opportunità nel 2023: statisticamente, infatti, è molto raro che un investitore possa andare incontro a diversi periodi così negativi nel corso della propria vita. E la buona notizia è che ci sono numerosi motivi per poter guardare al futuro con grande ottimismo. Per quanto riguarda la crescita economica, abbiamo assistito a un costante peggioramento degli indicatori del sentiment. Questo pessimismo diffuso non è ancora del tutto giustificato da un deterioramento dei dati effettivi (ad esempio: consumi, statistiche sul mercato del lavoro, scorte, tassi di disoccupazione, immatricolazioni di automobili, affari immobiliari). I numeri in Europa e negli USA delineano uno scenario ancora in chiaroscuro: alcuni indicatori mostrano segnali di debolezza mentre altri, tra cui soprattutto gli utili aziendali, sembrano resistere e superare le attese di consensus. Nel 2023, tutti gli analisti si aspettano che la stretta monetaria cominci a sortire effetti negativi sull’economia. Per questo Bloomberg stima al 65% la probabilità di una recessione in Europa e USA. Tuttavia, riteniamo che la domanda cruciale non sia se la recessione arriverà, ma quanto intensa sarà e, soprattutto, se è già stata prezzata dai mercati. La prima buona notizia è che crediamo che uno scenario recessivo di lieve entità sia stato, in parte, già prezzato: le valutazioni azionarie sono calate significativamente nel corso dell’anno, nonostante le società quotate siano riuscite a mantenere utili stabili. Questo significa che i mercati hanno incluso nelle proprie aspettative di prezzo una riduzione dei profitti. La seconda ottima notizia è che una recessione lieve – o addirittura l’assenza di una recessione – rimane lo scenario più probabile, secondo i grandi istituti economici e la maggior parte degli analisti.L’altro tema cruciale risiede nel legame tra politica monetaria e inflazione. Un rallentamento lieve dell’attività economica ridurrebbe la spinta al rialzo dei prezzi, allentando di conseguenza la pressione sulle banche centrali, le quali nel frattempo si sono impegnate in un esercizio retorico, comunicando al mercato che la loro priorità assoluta, in questo momento, non è solo raffreddare l’inflazione, ma riportarla entro i livelli del 2%. La realtà è che i mercati credono che, al di là di questa retorica, il focus si sposterà gradualmente dall’inflazione al sostegno all’economia. Noi riteniamo che molto dipenderà da come reagirà la dinamica dei prezzi alla stretta monetaria del 2022. La pressione inflattiva legata ai servizi si trova ancora in fase espansiva e potrebbe rendere il raggiungimento del limite del 2% un obiettivo irrealistico, con una netta discrepanza tra le aspettative dei banchieri centrali e i mercati. La valutazione del contesto macroeconomico è un elemento cruciale del processo di asset allocation, in quanto serve a stimare la crescita a lungo termine degli utili, che a loro volta determinano gli scenari azionari e dei tassi di interesse per il reddito fisso.Quest’anno le aspettative a lungo termine per la crescita del Pil del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono meno positive rispetto agli ultimi anni. Le aspettative di crescita dell’economia statunitense a 5 anni sono ancorate all’1,6% rispetto a una mediana storica (dal 1990) del 2,4%. Una simile tendenza si riscontra nella maggior parte delle aree geografiche, con l’eccezione dell’Unione Europea. L’inflazione dovrebbe restare al di sopra dei livelli storici, principalmente nei prossimi 12 mesi, con gli Stati Uniti meno colpiti. Queste due combinazioni influiscono sulla nostra ipotesi di crescita degli utili, andando a penalizzare i, pur alti, rendimenti attesi azionari. Per i mercati emergenti, le stime delle esportazioni sono piatte al 4,2%, totalmente in linea con la loro mediana storica, segnalando un rimbalzo più robusto e sostenibile dai minimi del periodo Covid. Utilizziamo questa statistica, tra gli altri fattori, per stimare i rendimenti attesi a lungo termine per i mercati emergenti.Basandoci sulle previsioni dell’FMI, possiamo quindi concludere che: le stime dell’inflazione sono in linea con le aspettative del mercato per il 2023, a partire dalla fine di ottobre 2022; le stime del Pil non includono una recessione per il 2023 e il 2024, ma restano piuttosto prudenti nel lungo periodo; i nostri rendimenti attesi (che sono ancora positivi e sono cresciuti significativamente rispetto allo scorso anno) tengono conto del fatto che le stime di crescita a lungo termine sono piuttosto prudenti. Ciò potrebbe lasciare spazio a una sorpresa positiva in caso di performance del Pil a lungo termine più solide.
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Indagine Gimme5 – Come risparmiano e investono le nuove generazioni
Posted by fidest press agency su giovedì, 22 dicembre 2022
Sono sempre di più i giovani che si approcciano al mondo della finanza. Gimme5, soluzione digitale che permette di accantonare piccole somme attraverso smartphone e investirle in fondi comuni, ha analizzato i loro comportamenti di risparmio e investimento per scoprire se e quanto un anno complesso come quello che sta per concludersi abbia impattato sulla gestione delle loro finanze. Dall’indagine condotta sulla base clienti Gimme5 emerge come, nel corso dell’ultimo anno, il 47% dei nuovi iscritti appartenga alla Generazione Y (quella dei Millennials, cioè i nati tra il 1981 e il 1996) e il 42% appartenga alla Generazione Z (nati dal 1997 in poi). Dunque, le nuove generazioni rimangono quelle più interessate a strumenti di investimento smart, anche se il benessere finanziario degli utenti, e di conseguenza la quota di reddito risparmiata, aumenta con l’avanzare dell’età, tanto che la generazione dei Boomers detiene un capitale del 203% più consistente rispetto a quello dei Millennials. Le giovani donne risparmiano meno dei coetanei uomini e i loro salvadanai digitali sono più piccoli, in media, del 28%, con punte del 54% tra le giovanissime della GenZ, anche se la forbice dei portafogli si riduce al crescere dell’età (al 16% tra gli Anziani, i nati prima del 1945). Andando avanti con gli anni cresce però l’interesse delle donne verso i temi finanziari e il divario tra i generi si riduce, passando dal 72,8% della Gen Z, al 65,1% dei Millennials, al 39,8% dei Boomers.Nonostante un anno complicato sui mercati come quello che si sta per concludere, i giovani non si sono fatti scoraggiare:gennaio è stato il mese in cui sono stati fissati più obiettivi di risparmio e nel 2022 sono cresciuti, complessivamente, sia l’importo medio (+11% rispetto al 2021), che l’orizzonte temporale medio degli obiettivi (+37% rispetto al 2021), a testimonianza di un approccio sempre più consapevole e informato per controllare l’emotività. L’obiettivo preferito dai giovani rimane il viaggio, indicato dall’11% dei Millennials e dal 10% dei GenZ, e per partire in estate si inizia a risparmiare da gennaio, il mese in cui vengono aperti più obiettivi “Viaggio” tramite Gimme5, per un ammontare medio di poco più di 300 euro a obiettivo.I giovani sono sempre più inclini a sfruttare strumenti smart e digitali per la gestione delle proprie finanze: rispetto al 2021 il capitale accumulato grazie all’utilizzo di regole automatiche è aumentato del 59%, con una crescita del numero di investimenti tramite impostazioni di regole del 56%. Sono gli uomini, più delle donne, a ricorrere agli automatismi di risparmio (3% in più), anche se il trend tra le clienti donne cresce più velocemente (+108% contro il +94% degli uomini).Natale e compleanno sono le occasioni preferite dai giovani per impostare le regole “Date Speciali”, la funzione di Gimme5 che consente di risparmiare in automatico una somma predefinita (per il 25 dicembre la somma media accantonata in automatico è di €40).Le donne sono più prudenti degli uomini quando si tratta di investire: gli investimenti azionari sono scelti solo dal 9,3% delle clienti donne, contro il 12% degli uomini, mentre quelli obbligazionari sono selezionati dal 45,6% delle donne rispetto al 30,4% degli uomini. (abstract by BC Communication)
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Sanità: Mandelli (FOFI), necessario investire su personale
Posted by fidest press agency su martedì, 13 dicembre 2022
“È tempo di investire di più in Sanità, potenziando la prossimità e puntando su quei professionisti, come medici di medicina generale, farmacisti e infermieri, che già oggi sono il punto di riferimento dei cittadini e che collaborano all’interno di quella rete multiprofessionale indicata dalla riforma dell’assistenza territoriale”. Così a Sky Tg24 il presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani Andrea Mandelli, che poi ha proseguito: “Il contributo dei professionisti sanitari durante la pandemia è stato straordinario: ora è indispensabile investire sul personale sanitario per aumentare il numero dei professionisti e garantire una retribuzione economica adeguata all’impegno profuso quotidianamente al servizio della salute degli italiani. Per quanto riguarda il PNRR, piuttosto che creare nuove infrastrutture che presentano numerose criticità per una efficace implementazione, sarebbe opportuno rafforzare quelle strutture che già funzionano, a partire dai farmacisti e dalle farmacie di comunità. Proprio ieri, in Lombardia abbiamo raggiunto un milione di dosi di vaccino anti-Covid somministrate nelle farmacie, con punte di oltre settemila vaccinazioni al giorno. E stiamo contribuendo in maniera determinante alla campagna antinfluenzale che in Lombardia è gratuita per tutta la popolazione”, ha concluso.
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Investire nei mercati emergenti: rischi e opportunità in Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca
Posted by fidest press agency su venerdì, 9 dicembre 2022
Commento a cura di Antonella Manganelli, AD e Responsabile Investimenti di Payden&Rygel Italia. Ungheria: (finalmente) la mossa giusta? Dopo la richiesta della Commissione Europea di tagliare 7,5 miliardi di euro di fondi UE all’Ungheria per via dell’incapacità del Paese di trovare un accordo con l’Unione sul suo Piano di Ripresa e Resilienza (RRF), l’Ungheria rischia di perdere il 70% di questi fondi qualora l’UE non dovesse accettare il piano entro la fine dell’anno. Una perdita di finanziamenti di tale portata potrebbe essere disastrosa per l’Ungheria in un anno di per sé complicato come si prospetta il 2023, già segnato dall’aumento dei prezzi dell’energia che ha spinto il disavanzo commerciale in territorio negativo, portando a un notevole deterioramento delle partite correnti. Questa mancanza di alternative di finanziamento potrebbe avere dei risvolti inaspettatamente positivi: le autorità ungheresi si sono dette infatti disposte ad affrontare le questioni sollevate dalla CE attuando i cambiamenti richiesti attraverso una legislazione che dovrebbe entrare in vigore a breve. Le preoccupazioni rispetto alla situazione economica della Polonia riguardano anzitutto la politica monetaria. La Banca Nazionale di Polonia (NBP) sembra quasi pronta per una pausa nel ciclo di rialzi, con un probabile tasso terminale del 7% (contro l’attuale tasso di riferimento del 6,75%) e dal confronto con le autorità monetarie polacche è emerso un chiaro spostamento del focus dall’inflazione alla crescita. Un allentamento fiscale prematuro introdurrebbe, di conseguenza, rischi significativi di aumento del deficit di bilancio, che potrebbe essere solo parzialmente compensato da un aumento delle entrate a causa dell’inflazione. Il timore è che l’allentamento fiscale, a fronte di un mercato del lavoro resiliente, sia una ricetta per aumentare l’inflazione, e non per ridurla.Inoltre, i rapporti tra Polonia e Unione europea si sono nuovamente deteriorati. In Polonia il Piano di Ripresa e Resilienza è stato approvato all’inizio dell’anno dopo mesi di negoziati e ritardi, ma sembra improbabile che i fondi effettivi saranno erogati fino alla fine del 2023. L’erogazione dei fondi da parte dell’UE sarà subordinata al raggiungimento dei risultati richiesti al sistema giudiziario polacco, mentre, dal canto suo, la politica interna sembra ostacolare l’adempimento di queste condizioni, piuttosto che agevolarlo. Il rischio per la Polonia è, se non quello della perdita dei finanziamenti come nel caso dell’Ungheria, di un ritardo nell’erogazione dei fondi, che, pur non avendo un impatto diretto sul bilancio, costringerebbe comunque il governo a finanziare i progetti in corso in un momento in cui il costo del denaro è aumentato in maniera sostanziale. Cattive notizie sui fondi dell’Unione Europea rappresenterebbero indubbiamente un problema anche per gli investitori. Repubblica Ceca: la meno preoccupante delle tre, ma i rischi rimangono. A settembre, le autorità ceche hanno lanciato un messaggio rassicurante: difficilmente il gas naturale rappresenterà un problema per l’economia manifatturiera del Paese. Per ora l’approccio equilibrato della politica monetaria sembra coerente con i dati economici: la crescita rallenta, così come rallentano i salari e i prestiti in valuta locale. La diminuzione di mutui e prestiti al consumo rispetto allo scorso anno sembra coerente con le aspettative di una recessione tecnica nella seconda metà di quest’anno. Alla luce di queste considerazioni, abbiamo modificato il nostro posizionamento sul mercato locale in Polonia e Repubblica Ceca. Riteniamo inopportuna la svolta dovish della NBP, in quanto permangono forti pressioni sui prezzi, dati economici misti e rischi di allentamento fiscale, che, in base alle nostre previsioni, peserebbero sia sui tassi sia sulla valuta locale. Mentre la nostra strategia prevedeva già di sottopesare la duration e di essere corti sullo zloty polacco, abbiamo aumentato il sottopeso sulla duration per riflettere questo rischio.In Repubblica Ceca, abbiamo chiuso il nostro short sulla corona, ritenendo che la valuta rimarrà forte, data la capacità di intervento della CNB, mentre le considerazioni sul carry hanno confermato la nostra decisione. Infine, abbiamo mantenuto la nostra esposizione sul mercato locale ungherese, con l’opinione che i problemi tra Ungheria e Unione Europea saranno, in ultima analisi, risolti. (abstract by Payden & Rygel)
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Pnrr, Pacifico (Anief): “investire nella scuola significa usare risorse aggiuntive per migliorare gli apprendimenti”
Posted by fidest press agency su giovedì, 1 dicembre 2022
Marcello Pacifico, presidente nazionale del giovane sindacato dei professori, ha affermato che “investire nella scuola significa usare risorse aggiuntive per migliorare gli apprendimenti, non significa certamente tagliare organici, sedi di presidenza e Dsga. Questa è la nostra denuncia che giungerà in Europa”. Intanto, dopo la denuncia di #Anief e #UDIR anche Tuttoscuola e Orizzonte scuola sono critiche sul provvedimento che taglia piuttosto che investire con la Riforma Pnrr, Missione 4, Capitolo 1, Investimenti 1.3. Anief: “Così si perdono invece di investire i soldi dell’Europa”.
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COP27: è l’ora di investire nei green bond dei mercati emergenti?
Posted by fidest press agency su venerdì, 25 novembre 2022
A cura di Michele Morra, Portfolio Manager di Moneyfarm. L’ultima edizione della conferenza globale per combattere gli effetti del cambiamento climatico, COP27, conclusasi da poco al Cairo, è stata caratterizzata dall’accordo sul “loss and damage” fund, ossia il fondo per il risarcimento ai paesi emergenti per i danni derivanti dal cambiamento climatico.Si stima che i paesi sviluppati e le istituzioni internazionali debbano aumentare i loro finanziamenti di 1 trilione di dollari all’anno per aiutarli a ridurre le emissioni, ben oltre i 100 miliardi promessi nel lontano 2009 e non ancora raggiunti. Finanziare la transizione verso net-zero attraverso l’emissione di debito sta diventando estremamente costoso per i paesi emergenti, soprattutto in un contesto di inasprimento monetario, in cui i tassi di interesse e gli spread sono in aumento e le valute dei mercati emergenti si stanno deprezzando rispetto al dollaro. Per quanto riguarda gli investimenti privati, gli attuali veicoli di investimento ESG non sembrano ancora sufficienti per attirare abbastanza fondi privati. Spesso gli investitori socialmente responsabili si basano infatti su rating ESG e su parametri sociali che sono la causa dell’esclusione di molti paesi emergenti dai portafogli.Come gestori e investitori ESG siamo ben consapevoli che quando si tratta di debito governativo dei mercati emergenti è molto difficile applicare le tecniche più consolidate del panorama ESG: l’ambito delle attività (e delle controversie) di uno stato è molto più ampio rispetto a quello di aziende private, ci sono meno paesi che società investibili (quasi 200 contro circa 41.000 società quotate) e alcune metriche di sostenibilità potrebbero penalizzare maggiormente i paesi in via di sviluppo rispetto alle economie sviluppate.I rating ESG dei paesi emergenti sono generalmente molto bassi e diverse metriche legate a controversie sociali e alle forme di governo spingono gli investitori ad allontanarsi da questa asset class.Come finanziare la transizione climatica dei mercati emergenti è un dibattito in corso nel mondo degli investimenti ESG. Questo perché alcuni grandi paesi con forme di governo controverse e con pratiche discutibili in termini di diritti umani devono a loro volta diminuire le loro emissioni, ma non possono farlo senza le risorse adeguate.La domanda che si pongono molti investitori è: bisogna sostenere finanziariamente questi paesi, o bisogna astenersi ostinatamente dall’investire fino a quando non saranno completamente conformi ai criteri ESG classici? Ma c’è ancora molto da fare. Le strategie ESG in azioni e obbligazioni societarie sono oggi più avanzate e complete, mentre l’industria finanziaria sembra ancora in ritardo nella produzione di un framework condiviso che risponda al trade-off tra metriche correnti e necessità di finanziamenti. Ciò significa che nonostante i problemi e i limiti relativi a green bond o sustainability-linked bonds, tali strumenti finanziari potrebbero catturare l’attenzione di numerosi investitori responsabili e non. (abstract by http://www.moneyfarm.com
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Capital Group: Investire nell’azionario in un contesto inflazionistico
Posted by fidest press agency su domenica, 13 novembre 2022
A cura di Christophe Braun, Investment Director di Capital Group. L’inflazione non è necessariamente una cattiva notizia per le valutazioni azionarie. Un po’ di inflazione può rivelarsi vantaggiosa per gli utili aziendali, in quanto consente di aumentare i prezzi e proteggere la redditività, cosa che non hanno potuto fare negli ultimi anni. Inoltre, aiuta le banche e le società legate alle materie prime che hanno faticato in un contesto di bassa inflazione e bassi tassi di interesse. Anche nei periodi di maggiore inflazione, le azioni hanno generalmente restituito rendimenti reali positivi. Le azioni globali hanno storicamente fornito una copertura efficace contro l’inflazione quando l’inflazione statunitense ha raggiunto il 2-6%, grazie alla crescita degli utili e dei dividendi. È soprattutto nei casi limite (quando l’inflazione è superiore al 6% o negativa) che le azioni globali tendono a fare più fatica. Tuttavia, i periodi prolungati di inflazione elevata sono rari. L’inflazione altissima degli anni ’70 è stata un periodo eccezionale, mentre le pressioni deflazionistiche, come quelle della Grande Depressione, sono state molto più difficili da domare. La storia dimostra che alcune società e settori hanno registrato rendimenti relativi piuttosto costanti durante i passati contesti inflazionistici, mentre altri hanno mostrato un quadro più eterogeneo. Durante i periodi di maggiore inflazione, i settori immobiliare, dei beni di consumo e dell’healthcare hanno battuto l’S&P 500 in un numero maggiore di casi rispetto agli altri settori. Inoltre, i settori dei consumi discrezionali e quello IT hanno battuto l’indice quando l’inflazione era bassa (inferiore al 2%). Il modo in cui l’inflazione influisce sui diversi settori può variare notevolmente e, spesso, l’impatto è dovuto a effetti secondari come la crescita e i tassi d’interesse. Talvolta, i cambiamenti all’interno di un settore rappresentano un impatto diretto dell’inflazione, in particolare per quanto riguarda i consumi discrezionali. La spesa discrezionale dei consumatori risente dell’aumento dei tassi di interesse e dei prezzi dell’energia (in particolare della benzina). Quando il peso per i consumatori diminuisce (con l’inflazione in calo), le prospettive per i consumi discrezionali possono migliorare rispetto al mercato.Poiché l’inflazione si è dimostrata più persistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente previsto, è probabile che l’aumento dei costi si protrarrà nei prossimi mesi. Le società con margini lordi medi elevati e un basso livello di indebitamento potrebbero essere più predisposte ad adattarsi a questo nuovo contesto. In particolare, riteniamo che le aziende che potrebbero avere successo in un simile contesto siano quelle che forniscono servizi essenziali, come i giganti dell’healthcare. Il margine lordo medio del settore pharma/biotech tende ad attestarsi intorno al 65%. In conclusione, nell’ultimo decennio, molte società growth sono state premiate in un contesto di crescita economica globale modesta, inflazione molto bassa e tassi di interesse bassissimi. Sembra che ci troviamo nelle prime fasi di un mercato azionario che sta iniziando a mostrare una certa ampiezza dopo una forte concentrazione sui titoli growth legati alla tecnologia nei settori IT, dei consumi discrezionali e dei servizi di comunicazione. (abstract by http://www.verinieassociati.com/
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21Shares: una metodologia per selezionare le criptovalute in cui investire
Posted by fidest press agency su lunedì, 31 ottobre 2022
Dopo alcuni mesi molto difficili, il mercato delle criptovalute sta attraversando delle settimane di stabilizzazione, con il prezzo del Bitcoin che non ha fatto registrare grandi oscillazioni e quello di Ethereum che è salito circa del 2.4% in sette giorni. La ragione per cui i rendimenti hanno registrato un segno positivo è da ricercare nel fatto che gli investitori istituzionali non hanno apportato grandi variazioni alle loro quote di Bitcoin nei portafogli, dimostrando che questi lo considerano ancora un investimento sicuro. Un esempio pratico è Tesla, che ha annunciato che non ha modificato la sua quota di 218 milioni di dollari investiti in BTC tra il secondo e il terzo trimestre.Per questo scopo, 21Shares ha sviluppato un approccio di analisi che distingue tra valutazioni intrinseche e relative. La prima categoria è più adatta per stimare il valore di mercato di asset digitali basati su blockchain ‘Proof-of-Stake’ (PoS), che corrispondono flussi di cassa continuativi nel tempo, come azioni e obbligazioni, e fa ricorso al modello del flusso di cassa attualizzato (DCF), che equipara il valore attuale di un asset alla somma dei rendimenti futuri scontati per il rischio.La seconda categoria, invece, è più adatta per gli asset basati su ‘Proof-of-Work’ (PoW), più simili a commodity digitali, e presenta a sua volta due metodologie differenti: la prima è quella dei ‘multipli’, che confronta quanto gli investitori stanno pagando per una determinata criptovaluta con i prezzi di altri asset comparabili, e fornisce una cosiddetta ‘stima standardizzata del prezzo’. La seconda è il ‘dimensionamento del mercato’, particolarmente adatto per le criptovalute che hanno funzione di ‘riserva di valore’, la quale prevede la definizione di un mercato di riferimento detto ‘TAM’ e la stima di un market-share che l’asset potrebbe verosimilmente conquistare. Confrontando la stima con la situazione reale, è possibile definire i margini di crescita (o di decrescita) dell’asset in esame. Infine, è importante evidenziare che per le blockchain PoW il costo del mining corrisponde al limite inferiore del prezzo.” Massimo Siano, Managing Director Head of Southern Europe di 21Shares, ha aggiunto: “Ritengo che uno dei maggiori problemi quando si parla di criptovalute sia che in molti ritengono che questo mercato sia un unico blocco omogeneo. In realtà, al suo interno si possono trovare criptovalute con un differente valore; per questo avere una metodologia che permetta di valutare in modo oggettivo quali cripto possono avere un futuro è fondamentale. Facciamo una selezione molto rigorosa delle cripto sulle quali costruire i nostri ETP, avendo sempre in mente il nostro obiettivo ultimo: avvicinare gli investitori a quello che riteniamo essere l’asset class del futuro.” By Andrea Bianchi
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Credito: è un buon momento per investire
Posted by fidest press agency su venerdì, 28 ottobre 2022
A cura di Natalie Trevithick, responsabile delle strategie US Investment Grade Corporate di Payden & Rygel. Perché se gli investitori si sono riversati sui titoli societari all’inizio dell’anno, quando rendevano poco più del 2%, ora che presentano rendimenti superiori al 5% stiamo invece assistendo a continui deflussi dalle strategie Investment Grade? Forse per la preoccupazione che il credito possa diventare ancora più conveniente un domani? Riteniamo che la volatilità sui mercati sia destinata a perdurare in futuro, ma il momento attuale potrebbe rappresentare un buon “entry point” per l’investimento nel credito e sembra diventare ogni giorno più interessante, nonostante i rendimenti negativi a doppia cifra registrati dalle società investment grade. Il punto di forza è la parte breve dello spettro delle scadenze, quelle comprese tra i due e i tre anni: con l’approssimarsi della fine del ciclo di rialzi della Fed, infatti, riteniamo che il credito possa diventare molto interessante in termini di rischio e si possa assistere a un forte rimbalzo dei rendimenti quando gli investitori saranno avvantaggiati dagli elevati rendimenti all-in. La curva dei Treasury si è appiattita drasticamente e l’allungamento della curva non viene remunerato. Gli investitori possono ottenere la maggior parte dei rendimenti con un rischio di prezzo molto minore a causa dell’aumento dei tassi d’interesse. Payden & Rygel Con oltre 135 miliardi di dollari in gestione, Payden & Rygel è leader nella gestione del risparmio gestito e annovera tra i suoi clienti banche centrali, fondi pensione, imprese di assicurazione, università, banche private e fondazioni di varia natura. Società di gestione indipendente e non quotata, Payden & Rygel ha sede a Los Angeles con uffici a Boston e hub di gestione a Londra e a Milano. By http://www.moneyfarm.com
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Capital Group: Investire nell’azionario in un contesto inflazionistico
Posted by fidest press agency su martedì, 4 ottobre 2022
A cura di Christophe Braun, Investment Director di Capital Group. L’inflazione non è necessariamente una cattiva notizia per le valutazioni azionarie. Un po’ di inflazione può rivelarsi vantaggiosa per i risultati aziendali, in quanto consente di aumentare i prezzi e proteggere la redditività, cosa che non hanno potuto fare negli ultimi anni. Inoltre, aiuta le banche e le società legate alle materie prime che hanno faticato in un contesto di bassa inflazione e bassi tassi di interesse. Poiché l’inflazione si è dimostrata più persistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente pensato, è probabile che l’aumento dei costi si protrarrà nei prossimi mesi. Le società con margini lordi medi elevati e un basso indebitamento potrebbero essere più adatte a far fronte a questo nuovo contesto. Le aziende che potrebbero avere successo in un simile contesto sono quelle che forniscono servizi essenziali, come i giganti della sanità; aziende con prodotti di qualità; aziende che offrono soluzioni che consentano di ridurre i costi. L’infrastruttura cloud e il software-as-a-service hanno registrato una forte diffusione, in quanto gli effetti di rete e di scala determinano riduzioni strutturali dei costi unitari. E ancora: aziende in settori con dinamiche di domanda e offerta favorevoli. I produttori di semiconduttori e di apparecchiature per chip; le aziende che servono clienti relativamente poco sensibili alle variazioni di prezzo, come le aziende di beni di lusso.Le società i cui ricavi possono “gonfiarsi” a un tasso superiore a quello dei costi sono ben posizionate per ottenere risultati migliori in un contesto di inflazione più elevata. Tali società hanno anche maggiori probabilità di migliorare l’allocazione del capitale, aumentando il rendimento del capitale per gli azionisti e, di conseguenza, migliorando la distribuzione dei dividendi. Nel 2021 i dividendi hanno registrato una forte ripresa globale, più che compensando i tagli effettuati durante la fase più acuta della pandemia nel 2020. A livello mondiale sono stati distribuiti ben 1.900 miliardi di dollari di dividendi nei 12 mesi conclusisi il 31 maggio 2022, con un balzo del 20% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nel 2021 sono stati superati i record di crescita dei dividendi in diversi Paesi, tra cui Stati Uniti, Cina e Svezia, anche se il ritmo di espansione è stato più rapido in quelle parti del mondo che avevano registrato i maggiori cali nel 2020, in particolare Europa, Regno Unito e Australia.In prospettiva, gli investimenti in dividendi potrebbero assumere un ruolo più importante nel rendimento totale di un portafoglio. I titoli che generano dividendi offrono una combinazione di reddito e di potenziale rivalutazione del capitale, soprattutto perché le valutazioni di molte di queste società appaiono ragionevoli dopo un lungo mercato rialzista per i titoli growth. Tuttavia, in un contesto di tassi in crescita, è importante essere cauti nei confronti delle società che presentano un forte indebitamento o un’eccessiva leva finanziaria nei propri bilanci.Negli ultimi anni, i rendimenti relativi dei titoli ad alto rendimento da dividendi hanno mostrato una correlazione positiva con le variazioni dei rendimenti dei Treasury, invertendo una correlazione negativa durata 30 anni. Se questa tendenza dovesse continuare, un aumento dei tassi d’interesse statunitensi potrebbe non frenare le prospettive dei titoli legati ai dividendi come è avvenuto in passato. I settori finanziario, energetico, dei materiali e sanitario rappresentano una fetta consistente dell’universo dei dividendi, dove le banche e le società minerarie, da sole, hanno garantito tre quinti dell’aumento di 212 miliardi di dollari di payout nel 2021. Finanziari. Dopo la Grande Crisi Finanziaria, le banche hanno accumulato capitale in eccesso nei loro bilanci e la maggior parte di esse è ora ben capitalizzata, dopo essere stata sottoposta a una serie di stress test dalle autorità di regolamentazione. Energia e materiali. L’aumento della domanda post-pandemia di vari prodotti e servizi ha portato a un incremento dei prezzi delle materie prime su cui si basano tali prodotti e servizi e a un aumento della domanda di energia necessaria per produrli. Le interruzioni della catena di approvvigionamento hanno ulteriormente aggravato l’aumento dei prezzi delle materie prime. Health care. Le società del settore sanitario potrebbero essere una fonte di crescita degli utili e dei dividendi nell’attuale contesto inflazionistico. Come le società energetiche, anche le principali aziende farmaceutiche riconoscono che una parte consistente della loro proposta di valore per gli investitori è rappresentata dal pagamento dei dividendi. Questo, unito alla pipeline potenzialmente solida dei prossimi anni di diverse grandi aziende farmaceutiche e biotecnologiche in tutte le aree geografiche, ci porta a ritenere che questo sia un altro settore che può rappresentare una fonte ben diversificata di reddito azionario. (abstract by http://www.verinieassociati.com)
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Investire nell’economia reale fa bene a imprese e risparmiatori
Posted by fidest press agency su giovedì, 18 agosto 2022
«Con un sistema produttivo e industriale italiano in grande spolvero, nonostante le tante incertezze geopolitiche internazionali e del quadro politico nazionale, gli investimenti in economia reale italiana, ossia Pmi non quotate e immobiliare, rappresentano un’ottima occasione per permettere ai risparmiatori italiani di impiegare più utilmente gli oltre 2 mila miliardi di euro (una cifra enorme, pari all’intero Pil nazionale) che giacciono inutilizzati sui conti correnti e che se non investiti rischiano di risultare erosi dall’inflazione che oggi tocca picchi dell’8-10% all’anno. Gli investimenti in economia reale sono, dunque, molto interessanti per gli investitori e possono contribuire a mantenere sostenuta la ripresa dell’economia, del prodotto interno lordo e dell’occupazione in Italia che oggi sono fra le più alte in Europa». «In Italia, in questo momento – ha affermato Paola Pallotta –, dopo un semestre di calo dei valori borsistici, i “prezzi” delle aziende, sia quotate, sia non quotate, sono molto bassi rispetto ai valori intrinseci delle aziende stesse e questa situazione offre ottime possibilità di investimento anche sul mercato azionario. In questo contesto gli investimenti in economia reale sono una valida alternativa. Ci sono, infatti, molte Pmi che non possono accedere direttamente alla Borsa, ma hanno la possibilità di ricevere finanziamenti diretti da parte degli investitori in un momento in cui, per diversi motivi, la capacità di finanziamento e di supporto alle aziende da parte delle banche si è drasticamente ridotto. Si tratta, ovviamente, di una possibilità che prevede un tempo di investimento abbastanza lungo e, quindi, è consigliabile affidarsi a intermediari che siano in grado di selezionare al meglio le aziende sulle quali investire. Ci sono strumenti che da un lato consentono di compartecipare direttamente al capitale di aziende, per start-up molto giovani con il venture-capital, per aziende già avviate con il private equity, dall’altro di fornire credito alle aziende con strumenti quali il privat debt».Quanto ai settori dell’economia reale nei quali vale la pena di investire maggiormente, i tre relatori hanno indicato fra i grandi trend del momento, i settori dell’informatica e del digitale, il medicale e tutto ciò che è collegato al mondo della salute e il mondo dell’economia circolare.Inoltre, Facile, Fumei e Pallotta, hanno sottolineato quanto, per gli investimenti in economia reale, sia importante avere a disposizione informazioni corrette e comprensibili sulle aziende nelle quali si investe. Per questo, quindi (anche per questioni linguistiche e di conoscenza dei contesti economico-legislativi), è preferibile investire in aziende italiane che, magari, sviluppandosi sui mercati mondiali, ci potranno portare a investire indirettamente sull’andamento dei mercati esteri. In ogni caso, la possibilità di investire direttamente in economia reale all’estero è garantita da strumenti quali gli Eltif.In conclusione, i tre relatori hanno sottolineato come anche l’investimento in economia reale vada inserito in un’adeguata strategia di diversificazione complessiva degli investimenti e che oggi si offrono interessanti possibilità anche negli investimenti borsistici, grazie, in particolare, alle importanti possibilità di crescita dell’economia italiana che, «salvo disastri politici che ci allontanino dall’Europa», dovrebbero confermarsi.Economia sotto l’Ombrellone 2022 è organizzata da EoIpso con il patrocinio del Comune di Lignano Sabbiadoro e Turismo FVG, in partnership con Greenway, Legacoop, Cosm e Lybra e con il sostegno di Cia, Lignano Banda Larga, Calzavara, Triveneto Servizi, IsCopy, Glp e Confindustria Udine. Partner tecnici: Pineta Beach, Lignano Pineta Spa, Hotel Ristorante President e Porto Turistico Marina Uno. Media Partner: Scriptorium Foroiuliense. (abstract)
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Conviene investire in immobili nel 2022?
Posted by fidest press agency su domenica, 14 agosto 2022
Gli investimenti immobiliari sono una grande passione degli italiani, ma occorre tenere a mente che una casa, quando diventa un investimento, è un asset che deve essere valutato con parametri di tipo finanziario, cercando di non cadere in alcuni bias molto comuni. Il fatto che una casa sia, allo stesso tempo, asset finanziario e bene tangibile con il quale si può creare un legame emozionale, infatti, spesso induce in confusione, poichè si fatica ad applicare all’investimento immobiliare gli stessi parametri razionali che si utilizzano per altri investimenti. Per esempio, una casa di famiglia ereditata, pur avendo lo stesso valore di mercato di un altro immobile, tende ad essere sopravvalutata dai proprietari proprio per via del legame affettivo che col tempo si è creato. Questa tendenza molto comune è uno dei principali bias comportamentali che prende il nome di “effetto ancoraggio”. Un altro fondamentale concetto finanziario, spesso scarsamente considerato, è quello del costo opportunità: quando si valuta l’investimento in immobili non bisogna solamente considerare il potenziale rendimento assoluto, ma ragionare anche sul possibile impiego alternativo del capitale. Una casa acquistata e affittata potrebbe dar vita ad una piccola rendita, oppure si potrebbe investire lo stesso capitale sui mercati finanziari. Secondo l’analisi annuale di Bankitalia, i prezzi degli immobili sono rimasti in media stabili negli ultimi 10 anni, per il 67,2% degli italiani. Il 16,6% ha invece evidenziato un aumento e il 16,2% una diminuzione. Ovviamente non esiste una casistica che si adatti a tutte le circostanze, anche perché ogni affare presenta delle specifiche peculiarità. L’evidenza statistica suggerisce, però, che nella maggior parte dei casi i mercati finanziari offrano maggiori opportunità di rendimento dell’investimento immobiliare.La prima decisione da prendere quando si sceglie di investire nell’immobiliare è se utilizzare il proprio capitale oppure accendere un mutuo che, ovviamente, ha dei costi – oggi molto aggravati dal rialzo dei tassi in atto da parte delle Banche Centrali – ma è anche un’opportunità per sfruttare la leva finanziaria, che incrementa in modo significativo la possibilità di accumulare ricchezza nel lungo termine. Per questi motivi, laddove sia conveniente, si dovrebbe cercare di massimizzare la quota che si prende a prestito ed investire il capitale restante in soluzioni più liquide e con maggior potenziale di rendimento. Oltre al mutuo, per finanziare l’acquisto di un immobile si può ricorrere al crowdfunding immobiliare, con cui un investitore finanzia un progetto immobiliare privato attraverso un prestito, in maniera indistinta e senza (o con minime) intermediazioni. Il crowdfunding è solitamente proposto da piattaforme che hanno l’obiettivo di far incontrare la domanda e l’offerta di capitali. Quando si compra un immobile, il primo costo da considerare è quello legato alla transazione: la parcella del notaio, le imposte e i costi legati all’acquisto della casa possono determinare spese anche di diverse migliaia di euro, che vanno sommate al prezzo di acquisto quando si considera la convenienza dell’investimento. Un altro costo da tenere in considerazione sono gli oneri fiscali, che possono essere anche molto elevati se si tratta di seconda casa. Infine, bisogna tenere in considerazione eventuali costi di ristrutturazione. Una strategia può essere quella di mettere l’investimento immobiliare a reddito, anche se occorre considerare le imposte e i rischi legati alla morosità dell’affittuario e tenere comunque presente che i rendimenti medi degli immobili possono variare moltissimo tra una zona e l’altra della Penisola. Secondo Idealista, tra i capoluoghi italiani, Taranto e Siracusa sono i più redditizi, con un indice di rendimento pari all’11,6%. Seguono Biella (10,6%), Ragusa (9,7%) e Trapani (9%). Dall’altro lato, i rendimenti più bassi d’Italia spettano ai proprietari di case in affitto a Siena (3,1%), Salerno (3,2%) e Venezia (4,1%). A Roma la redditività lorda sale al 4,6%, mentre Milano si attesta al 5,6%. I rendimenti maggiori si trovano nelle città dove il mercato immobiliare è abbastanza ridotto; all’aumentare del rendimento, dunque, aumenta la possibilità di avere la propria casa sfitta per un periodo o di vederla svalutarsi. (abstract)
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“Investire nel nostro pianeta blu”
Posted by fidest press agency su domenica, 14 agosto 2022
A cura di Jamie Jenkins, Managing Director, Head of Global ESG Equities di Columbia Threadneedle Investments. Il nostro oceano è in pericolo, soprattutto a causa delle dannose attività umane. Abbiamo inquinato le acque blu, creato isole di rifiuti, decimato le popolazioni di pesci e mammiferi ed eroso vasti tratti di barriera corallina. In qualità di investitori responsabili, riteniamo di avere un ruolo cruciale da svolgere per porre rimedio a questa situazione. È chiaro che i finanziamenti devono essere urgentemente reindirizzati verso il ripristino, la protezione e la gestione attiva delle risorse marine, che sono tra le più importanti risorse naturali del mondo.Secondo il World Wildlife Fund (WWF), il valore complessivo dell’oceano come bene ammonta a 24.000 miliardi di dollari. Circa 2,5 trilioni di dollari di beni e servizi provengono ogni anno dagli ambienti costieri e oceanici e 3 miliardi di persone fanno affidamento sul pesce come principale fonte di proteine animali. Allo stesso tempo, sempre secondo il WWF, circa 8 milioni di tonnellate di plastica vengono scaricate ogni anno nelle acque del mondo e metà delle barriere coralline sono scomparse. L’oceano assorbe il 30% delle nostre emissioni di CO2, il che contribuisce ad assorbire parte del nostro inquinamento, ma porta anche a una sostanziale contaminazione della vita naturale.Nonostante i dati preoccupanti, crediamo che l’oceano possa rigenerarsi e che la transizione verso una “blue economy” possa creare numerosi vantaggi sociali ed economici. Ad esempio, se fosse gestito in modo sostenibile, il raccolto marino globale potrebbe aumentare del 13% rispetto ai livelli attuali. Passare a queste nuove pratiche di gestione sostenibile significa promuovere le tecnologie pulite, investire nelle energie rinnovabili e sostenere la circolarità dei materiali per ridurre i rifiuti. Comporta quindi il ripristino, la protezione e la manutenzione degli ecosistemi marini. In ultima analisi, fornisce benefici sociali ed economici sia per le generazioni attuali che per quelle future.In pratica, per gli investitori, questo significa concentrare i nostri sforzi sulla ricostruzione delle risorse naturali, rafforzare la resilienza degli oceani e sostenere nuovi sviluppi e approcci alla base della transizione. Dal punto di vista azionario, uno degli aspetti più interessanti dell’investimento nella salute degli oceani è l’ampiezza dell’universo investibile. Riteniamo che le società che applicano obiettivi basati sulla scienza si posizionino in prima linea nel promuovere il cambiamento.In Columbia Threadneedle ci basiamo sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite per orientare il nostro approccio agli investimenti e il nostro impegno con le aziende. Gli obiettivi e i relativi target forniscono un linguaggio comune tra noi e le società in cui investiamo per contribuire a un cambiamento positivo. L’obiettivo 14 degli SDG “conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine”, è senza dubbio quello più direttamente collegato. Tuttavia, anche molti altri obiettivi sono rilevanti, tra cui l’SDG 2 relativo ai sistemi alimentari sostenibili, gli SDG 3 e 6 relativi all’inquinamento delle fonti idriche e gli SDG 9 e 11 relativi alle infrastrutture sostenibili. Il nostro impegno si concentra su tre aree principali: analizziamo la perdita di biodiversità, inclusa quella derivante dai danni industriali e dalla pesca aggressiva; esaminiamo il cambiamento climatico, in aree quali il finanziamento delle industrie ad alta intensità di carbonio e il trasporto marino; osserviamo l’inquinamento, l’effetto degli imballaggi e la gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti.Per ulteriori informazioni si veda il sito internet di Columbia. (abstract) Threadneedle Investments: http://www.columbiathreadneedle.it
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