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Politica, economia e miliardari. Caso Musk. Aduc: ok, ma antitrust e legislatori indipendenti

Posted by fidest press agency su lunedì, 30 Maggio 2022

Un nuovo extra-miliardiario si aggira per i meandri della politica e dell’economia politica, Elon Musk. Niente di nuovo visto l’ex-presidente Usa Donald Trump, sempre attivo in politica e dato come ricandidato alle prossime presidenziali del suo Paese; venuti di “moda” di recente, i cosiddetti oligarchi russi, consiglieri o attivi nelle altre sfere del loro Paese; il lungo elenco di personaggi politici, anche con principali cariche istituzionali, presenti in vari Paesi. Impegno da non confondere con quello umanitario di Bill Gates e George Soros con la “Bill&Melinda Gates Foundation” e le “Open Society Foundations”, ché entrambe operano con interventi umanitari e culturali. Musk, padre di sette figli, su Twitter ha manifestato la propria preoccupazione per il calo di natalità in Usa e non solo: “L’Italia non avrà più una popolazione se queste tendenze continueranno”. Inoltre, notizia sull’arrivo della recessione in Usa che ha fatto il giro del mondo: “Probabilmente sarà dura, non so, un anno, forse 12-18 mesi” . Tra le varie cose, di simpatie repubblicane Usa, Musk ritiene che la cancellazione dell’account di Donald Trump da Twitter sia stata un errore.La “preoccupazione” è per chi, ricoprendo cariche istituzionali e in conflitto di interessi rispetto alle proprie aziende, possa indirizzare la politica in un senso o un altro.Si tratta di miliardi di consumatori e utenti di servizi indotti verso un prodotto o un altro, mortificati e/o privati di scelta. Mercati che prendono indirizzi per gli interessi economici di imprenditori/politici piuttosto che per il bene pubblico, con quest’ultimo ritenuto tale perché soddisfa l’interesse del magnate istituzionalizzato. Non solo, ma anche quando l’imprenditore non è istituzionalizzato, non sono una novità le pressioni (di lobby e non), fino a veri e propri ricatti (soprattutto) occupazionali che fanno prendere una scelta piuttosto che un’altra. Di politica è bene che se ne occupino tutti i cittadini e, quindi, benvenuto anche a Musk e ad altri come lui.Ma perché il mercato e la politica non diventino succubi delle loro mire private, occorrono filtri antitrust e legislatori indipendenti. Metodi che, al momento – in Italia, quanto in Europa o in Usa – non ci sono e che, fino ad oggi, quando arrivano sono quasi sempre tardivi e/o con provvedimenti insufficienti quanto inadeguati. Elon Musk è bravo quanto potente, ma sarebbe inopportuno domandarci fra qualche anno se era proprio quello che ci serviva l’acquisto che abbiamo fatto di una Tesla elettrica (bonus di ogni tipo, e non solo). François-Marie Arouet http://www.aduc.it

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I miliardari contro Warren e Sanders: fra egoismo e giustizia sociale

Posted by fidest press agency su domenica, 17 novembre 2019

“Alcuni credono che la migliore maniera di affrontare l’accumulazione della ricchezza sia di permettere al governo di prendersela tutta”. Così ha risposto Mark Zuckerberg all’idea di Bernie Sanders di eliminare i miliardari.Sanders, come si sa, è uno dei principali candidati alla nomination del Partito Democratico con tendenze alla sinistra, come suggerisce la sua scelta di dichiararsi socialista democratico. Anche Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, l’altra candidata tendente a sinistra con idee molto simili a Sanders, ha fatto dichiarazioni che hanno suscitato l’interesse e la preoccupazione degli ultra ricchi. Ambedue Sanders e Warren aumenterebbero le tasse a questi benestanti.La Warren userebbe questi aumenti per finanziare in buona parte il suo piano di Medicare-for-All, la sua riforma sanitaria, che coprirebbe tutti gli americani. Bill Gates, il fondatore e padrone di Microsoft, ha come Zuckerberg, espresso costernazione al piano della Warren dichiarando che gli costerebbe 100 miliardi, una buonissima parte della sua fortuna.La Warren ha giustamente corretto l’imprenditore, chiarendo che il suo piano costerebbe solo 6 dei 107 miliardi di dollari del patrimonio di Gates, ossia il 6 percento circa. Una cifra simile dovrebbe essere sborsata da Jeff Bezos, padrone di Amazon, il cui patrimonio è valutato a 111 miliardi. Il “povero” Zuckerberg dovrebbe invece contribuire 4,2 miliardi alle casse del tesoro. La senatrice del Massachusetts sarebbe disposta a incontrarsi con Gates e forse anche con gli altri miliardari e spiegare loro in persona che gli effetti del suo piano li toccherebbero relativamente poco.Gates però non si preoccupava solo della sua situazione personale ma ha anche detto che gli aumenti alle tasse causerebbero “meno crescita” e sarebbero una cattiva idea non solo per gente come lui ma anche per l’economia americana. Un editoriale del New York Times ci fa notare però che quando Gates fondò la sua azienda l’aliquota massima era del 70 percento, anche se molti pagavano di meno a causa di tante detrazioni disponibili ai benestanti. Non è stato un problema per Gates di fondare la sua compagnia e di avere moltissimo successo.Le tasse sono diminuite notevolmente negli ultimi decenni con le vittorie repubblicane al livello federale. I più ricchi americani pagano solo il 33 percento del loro reddito mentre anni fa la cifra era del 51 percento. I tagli apportati dalla più recente riforma fiscale dal presidente Donald Trump però non hanno avuto un effetto positivo sull’economia secondo l’International Monetary Fund. Hanno avuto però un effetto molto positivo per i conti in banca degli ultra ricchi come Trump. Il 45esimo presidente lo ha riconosciuto quando ha ricordato ai suoi amici benestanti in un discorso nella sua resort di Mar-a-Lago in Florida che con la sua legge sono “divenuti molto più ricchi”. I tagli alle tasse approvati dai repubblicani beneficiano in grandissima maggioranza i ricchi e spesso aumentano il deficit oltre che ridurre programmi sociali per la classe media e i poveri.Pagare miliardi di dollari non fa piacere a nessuno ma quando a uno gliene rimangono in tasca molti altri non dovrebbe essere un grosso sacrificio. Si tratta infatti di giustizia sociale. La Warren spiegò perché i benestanti dovrebbero pagare di più in un suo memorabile discorso nel 2011 quando considerava la sua corsa per il Senato. Dopo essere stata accusata di causare una “guerra di classe” per le sue idee fiscali progressiste Warren rispose dicendo che se uno ha costruito “una fabbrica di successo” lei gli offre i suoi complimenti. Il successo dell’azienda, però, sarebbe stato impossibile senza le strade costruite dai contribuenti, senza i dipendenti istruiti dalla società, senza la sicurezza pagata dalla società e senza i mercati messi a disposizione della società. Quindi una parte dei profitti dovrebbero essere indirizzati alla società stessa che ha favorito e permesso il successo dell’azienda. Si tratta solo di giustizia, secondo Warren.Questa idea di responsabilità fiscale fu ripresa anche dal presidente Barack Obama da candidato presidenziale nella campagna del 2012 per spiegare anche lui le sue idee progressiste. Obama usò in un discorso un linguaggio che echeggia esattamente quello della Warren. L’allora candidato Obama disse che i ricchi “hanno il dovere di contribuire” alla società perché dopotutto il loro successo è dovuto non solo al loro talento ma anche agli “aiuti ricevuti” dai loro maestri e altri. Hanno ricevuto aiuto dalla società che ha creato “l’incredibile sistema americano” che ha permesso al talento imprenditoriale di fiorire. Il successo non è dovuto solo all’individuo, continuò Obama, ma anche al fatto che le cose si fanno in gruppo.Negli ultimi decenni le disuguaglianze economiche fra ricchi e poveri sono aumentate in maniera stratosferica. I miliardari non dovrebbero affatto protestare quando Warren o Sanders segnalano loro l’importanza di contribuire di più per aiutare a mantenere e migliorare il sistema americano che gli ha permesso di creare la loro fortuna. Attaccare Warren o Sanders rappresenta anche un strategia perdente per gli ultra ricchi poiché li fa apparire piccoli e egoisti in confronto a questi due candidati politici che lottano per ridurre la disuguaglianza e creare programmi che beneficino la società. Ovviamente Gates, Bezos, Zuckerberg preferiscono dare una parte della loro fortuna in beneficenza il che li farà sentire psicologicamente felici. Quando pagano al governo invece perdono il loro controllo e questo beneficio psicologico. Una piccola perdita per aiutare a creare una società più giusta come propongono Sanders e Warren. (by Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California)

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