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In Pakistan aumentano i casi di minorenni cristiane vittime di rapimenti e matrimoni forzati

Posted by fidest press agency su martedì, 20 dicembre 2022

Più di 30 organizzazioni umanitarie in Pakistan, tra cui la Commissione Giustizia e Pace della locale Conferenza Episcopale, sostenuta da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), hanno sollecitato il Governo affinché prenda in seria considerazione gli ultimi dati sugli episodi di conversione forzata. Il numero di casi sta infatti aumentando a un ritmo allarmante. In un rapporto presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a luglio, il Centro per la Giustizia Sociale con sede a Lahore ha riferito di 78 episodi, ufficialmente denunciati, di conversione forzata nel 2021, ma secondo fonti locali di ACS il numero di casi sarebbe fortemente sottostimato a causa della mancata denuncia. Un caso ha riguardato la quattordicenne cristiana Mehwish Bibi, rapita da un vicino di casa musulmano che l’ha convertita con la forza all’Islam e l’ha sposata. Bibi ha fatto molta strada dall’ottobre 2021, quando un tribunale le ha concesso il divorzio da Muhammad Imran, un uomo sulla quarantina, sulla base del suo “comportamento duro e crudele”. L’incubo dei mesi trascorsi nella sua prigionia ossessiona ancora questa ragazza, figlia di una povera coppia cristiana di Sheikhupura, a circa 20 miglia da Lahore. Il 4 agosto 2021 Imran le ha proposto un passaggio per andare al lavoro. «Dopo aver accettato mi ha offerto una bibita con qualcosa dentro, e non so cosa sia successo dopo», racconta Bibi. È stata portata a Sargodha, a 85 miglia dal suo villaggio natale, e tenuta all’interno di un furgone. Una settimana dopo, Imran ha prodotto presso un tribunale locale i documenti della sua presunta conversione e del suo matrimonio con lui. Il CTS ospita anche 15 studentesse della St. Joseph’s Girls High School di Lahore, una scuola cattolica gestita dalle Suore della Carità di Gesù e Maria. Tra loro cinque figlie cristiane di donne convertite con la forza all’Islam e 10 ragazze che lavoravano nelle fornaci di mattoni. Tra queste ultime c’è Sara Fayaz, 12 anni, nata da madre cristiana e padre musulmano. Dopo che Fayaz è stata violentata da suo padre, la madre, a sua volta rapita nel 2007 e convertita all’Islam, ha preso con sè Fayaz ed è fuggita da Islamabad. Anche sua sorella minore è stata violentata da uno dei suoi cugini. «Mio padre picchiava mia madre», ricorda la studentessa di prima media, con le lacrime agli occhi, ma è determinata a diventare un medico per aiutare gli altri.

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Christian Solidarity International calls on Pakistan’s new Justice Minister to drop blasphemy charges

Posted by fidest press agency su martedì, 29 novembre 2022

CSI’s international president, Dr. John Eibner, wrote today to Sardar Ayaz Sadiq, Pakistan’s new Federal Minister of Law and Justice, asking him to drop the charges against ten Pakistani citizens who have been charged with blasphemy. Noting that the cases against the accused are “marred by lack of credible evidence and other irregularities,” Eibner argued that “charges of blasphemy are habitually leveled in Pakistan by police officers and other complainants against innocent people for the purposes of revenge or other forms of unworthy personal satisfaction.” Under sections 295B and C of Pakistan’s penal code, desecrating any part of the Qur’an is punishable by life in prison. Disrespecting Muhammad, the prophet of Islam, is punishable by death. Eibner wrote that the threat to human rights posed by Pakistan’s blasphemy laws goes beyond the punishments meted out by the legal system: “Lives are also threatened and taken extra-judicially. Murderers feel justified and endowed with impunity because of the federal blasphemy law.”According to the Center for Research and Security Studies, 1,415 people were accused of blasphemy in Pakistan between 1947 and 2021. 81 of them were killed extrajudicially. While Pakistan has never formally executed a person for blasphemy, many people have spent years in jail on blasphemy charges, including Asia Bibi, a Christian woman who spent nearly a decade behind bars. People formally charged with blasphemy have included children and mentally disabled people.

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Missione italiana in Pakistan: scoperto uno dei più antichi templi buddhisti nel Gandhara

Posted by fidest press agency su martedì, 1 febbraio 2022

La scoperta di uno dei più antichi templi buddhisti al mondo nell’antica città di Barikot, nella regione dello Swat, è il frutto dell’ultima campagna di scavo della missione italiana in Pakistan. La datazione si attesta intorno alla seconda metà del II secolo a.C., ma probabilmente risale ad età più antica, al periodo Maurya, dunque III secolo a.C., ma solo le datazioni al radiocarbonio (C14) ce ne daranno certezza. La scoperta getta una nuova luce sulle forme del buddhismo antico e la sua espansione nell’antico Gandhara e aggiunge un nuovo tassello a ciò che si conosce sull’antica città. Direttore di quella che è la più antica missione archeologica italiana attiva in Asia è da diversi anni il professor Luca Maria Olivieri dell’Università Ca’ Foscari Venezia (Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea). La missione fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci è gestita dal 2021 anche dall’ Ateneo veneziano in collaborazione con l’ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente), con il co-finanziamento del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in collaborazione con il dipartimento provinciale pakistano di archeologia (DOAM KP) e con il locale Swat Museum. “La scoperta di un grande monumento religioso fondato in età indo-greca rimanda senz’altro ad un grande ed antico centro di culto e di pellegrinaggio”, ha spiegato Olivieri, evidenziando che “lo Swat è terra sacra del Buddhismo già in età indogreca”.

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Il dramma delle spose-bambine in Pakistan

Posted by fidest press agency su sabato, 7 novembre 2020

La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS Italia) oggi ha pubblicato sul Corriere della Sera una pagina a pagamento per denunciare pubblicamente la piaga delle spose bambine e delle conversioni forzate in Pakistan. La pagina [scaricabile cliccando qui] contiene una Lettera aperta indirizzata a Bianca Berlinguer, Lilli Gruber, Maria Latella, Myrta Merlino, Barbara Palombelli, Paolo Del Debbio, Massimo Giletti, Nicola Porro e Bruno Vespa, in rappresentanza di tutti i giornalisti italiani. La Lettera è idealmente firmata da Huma Younus, quindicenne cattolica rapita nell’ottobre 2019, violentata, data in moglie al sequestratore e oggetto di pressioni affinché abbandoni la fede e si converta alla religione della stragrande maggioranza della popolazione. Lo “scritto” di Huma vuole essere un appello alle donne e agli uomini dei media italiani, affinché si mobilitino per far conoscere la tragedia che ogni anno sconvolge la vita di oltre 1.000 minorenni appartenenti alle minoranze religiose del grande Paese asiatico. La denuncia si affianca a uno specifico progetto per il quale ACS oggi lancia una raccolta fondi. Tale progetto verrà realizzato in collaborazione con la Commissione Cattolica per la Giustizia e la Pace del Pakistan. La Commissione documenta e monitora i rapimenti, i matrimoni forzati e le conversioni coatte che si verificano ai danni di adolescenti minorenni e donne adulte appartenenti alle comunità cristiane, organizza la loro difesa legale e sostiene finanziariamente le famiglie prive di mezzi di sussistenza. La pressione esercitata dai gruppi estremisti sui tribunali, l’atteggiamento fazioso della polizia, il timore che opprime le vittime a causa dei danni psicofisici inflitti loro dai rapitori e lo stigma sociale che si imprime come un marchio infamante, inducono spesso le ragazze rapite a fare dichiarazioni a favore dei sequestratori. Per questo motivo ACS e la Commissione Giustizia e Pace ritengono che al fine di realizzare un effettivo cambiamento sociale sia necessario impegnarsi a livello nazionale e internazionale per far risuonare pubblicamente il grido di dolore di queste ragazze e donne violate, chiedendo alle Istituzioni competenti di assumere decisioni appropriate e di approvare leggi giuste a tutela delle vittime. Il progetto per il quale ACS ha indetto la raccolta fondi prevede in dettaglio:assistenza legale alle vittime di sequestri, matrimoni forzati e conversioni coatte consultazioni a livello provinciale, regionale e nazionale con le autorità di governo e i rappresentanti politici conferenze e seminari per accrescere la consapevolezza di tale dramma produzione e diffusione di materiale informativo sul fenomeno descritto campagne media.

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Dramma delle spose-bambine in Pakistan

Posted by fidest press agency su venerdì, 30 ottobre 2020

Arzoo Raja, tredicenne cattolica di Karachi (Pakistan), è stata rapita il 13 ottobre scorso, costretta ad abbandonare la propria fede e a sposare il proprio rapitore quarantaquattrenne musulmano Ali Azhar, anch’egli residente a Karachi. Sabato scorso, 24 ottobre, un folto gruppo di cristiani e attivisti della società civile, guidato da due parlamentari, si è radunato di fronte al Karachi Press Club per denunciare la piaga dei rapimenti, delle conversioni forzate e dei matrimoni coatti ai danni di minorenni appartenenti alle minoranze religiose, anzitutto quella cristiana. Tali reati dovrebbero essere perseguiti in base al Child Marriage Restraint Act del 2014, la cui applicazione tuttavia è spesso ostacolata dalle forze di polizia e da membri dell’autorità giudiziaria. La legale dell’adolescente rapita, avv. Tabassum Yousaf, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS Italia), ha comunicato di aver presentato in data odierna, 26 ottobre 2020, un’istanza all’Alta Corte del Sindh di Karachi. La prima udienza per esaminare il caso è prevista per mercoledì prossimo, 28 ottobre. Secondo fonti locali diversi familiari del rapitore sarebbero attualmente in stato di fermo. «Aiuto alla Chiesa che Soffre, che sostiene spesso le spese legali per la difesa delle minorenni cristiane vittime di tali odiosi reati, fra le quali cito Huma Younus, da oggi finanzierà anche l’assistenza legale di Arzoo Raja e sosterrà la sua famiglia attualmente priva di entrate», afferma Alessandro Monteduro, direttore di ACS Italia. «Fronteggiamo un quotidiano stillicidio di gravi violazioni del corpo e dello spirito di queste adolescenti appartenenti alle minoranze religiose. È ora che le autorità preposte alla difesa delle vittime, cioè le forze di polizia e l’autorità giudiziaria, si affranchino dalla pressione sociale degli estremisti», conclude Monteduro.

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Pakistan: La storia della minorenne cattolica rapita e violentata

Posted by fidest press agency su lunedì, 7 settembre 2020

Maira Shahbaz, la 14enne cattolica pakistana rapita e violentata, è scappata dalla casa di Mohamad Nakash, l’uomo che secondo l’Alta Corte di Lahore sarebbe suo legittimo marito perché, secondo il giudice, l’adolescente si sarebbe convertita all’Islam. Maira dopo la fuga si è recata presso una stazione della polizia riferendo fra l’altro di essere stata filmata mentre veniva violentata dal sequestratore. La ragazza di Madina Town (Punjab) insieme alla madre Nighat e a tre fratelli sono attualmente in fuga dall’abitazione di Nakash, residente nei pressi di Faisalabad, luogo dove secondo fonti vicine ai familiari della vittima sarebbe stata anche costretta a prostituirsi. Maira ha confermato di rifiutare l’abiura della propria fede cattolica, sottolineando di essere stata ingannata tramite la firma di documenti in bianco estortale dal rapitore. Ha aggiunto che il sequestratore e i suoi complici l’hanno minacciata di pubblicare online il video dello stupro qualora non si fosse attenuta alle loro richieste. La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) è entrata in possesso, tramite il legale della famiglia, l’avv. Khalil Tahir Sandhu, del documento attestante le dichiarazioni rese da Maira alle forze di polizia. Descrivendo quanto accaduto dopo il sequestro avvenuto lo scorso aprile la minorenne ha dichiarato: “Mi sono trovata in un luogo sconosciuto dove l’accusato mi ha costretta a prendere un bicchiere di succo contenente un alcolico. In quel momento ero semi cosciente e l’accusato mi ha stuprata violentemente e mi ha anche filmata mentre ero nuda. Quando sono tornata in me ho iniziato a gridare e a chiedere loro di lasciarmi andare. Hanno minacciato di uccidere tutta la mia famiglia. Mi hanno anche mostrato il video in cui ero nuda e le foto che avevano scattato con i loro cellulari mentre mi stupravano». La vittima ha ribadito: «La mia vita era in balia dell’accusato e… Nakash mi ha stuprata ripetutamente e violentemente». L’attivista per i diritti umani Lala Robin Daniel, in un colloquio con ACS, ha descritto la vita in fuga della vittima, costretta a spostarsi continuamente da un posto all’altro. «Maira è traumatizzata. Vogliamo portarla da un medico ma temiamo di essere scoperti». La famiglia ha richiesto l’arresto di Mohamad Nakash per crimini sessuali ai danni di un minore e l’avv. Tahir Sandhu si è rivolto all’autorità giudiziaria per ottenere l’annullamento del presunto matrimonio e il riconoscimento della violenza subita anche per ottenere la conversione all’Islam. Il presunto sequestratore ha reagito richiedendo l’arresto della madre della vittima, Nighat, degli zii e di Lala Robin Daniel asserendo che loro avrebbero rapito la ragazza portandola via dalla propria casa nei pressi di Faisalabad. Sono passate quasi tre settimane dopo la decisione assunta dall’Alta Corte di Lahore a favore di Mohamad Nakash, nonostante il legale di Maira abbia prodotto un certificato di nascita ufficiale dal quale risulta che l’adolescente aveva 13 anni al tempo del presunto matrimonio che si sarebbe consumato mesi prima del sequestro, lo scorso ottobre. Il religioso islamico citato nel certificato di matrimonio lo ha peraltro dichiarato falso e si è rivolto alle forze di polizia. Dopo mesi dal sequestro e dalle violenze fisica e spirituale Maira attende giustizia, e con lei restano in attesa le altre 2.000 ragazze che ogni anno in Pakistan subiscono trattamenti simili.

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In Pakistan ai cristiani vengono negati gli aiuti contro il Coronavirus

Posted by fidest press agency su domenica, 17 Maggio 2020

ONG e leader musulmani in Pakistan rifiutano aiuti di emergenza contro il Coronavirus ai cristiani e alle altre minoranze religiose, nonostante questi ultimi siano fra quelli più gravemente colpiti dalla pandemia. Cecil Shane Chaudhry, Direttore Esecutivo della Commissione Nazionale Giustizia e Pace, organizzazione cattolica per i diritti umani, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre riferisce di annunci di organizzazioni religiose e moschee rivolti ai cristiani affinché non si presentino per chiedere cibo e altri aiuti di emergenza. Chaudhry racconta in particolare il caso dei cristiani di un villaggio nei pressi di Lahore sulla Raiwind Road, ai quali sono stati negati aiuti alimentari, e quello di 100 famiglie cristiane escluse della distribuzione di cibo nel villaggio di Sandha Kalan, nel Punjab, distretto di Kasur. Chaudhry cita resoconti relativi a staff incaricati di distribuire sul territorio aiuti di emergenza contro la COVID-19, i quali rifiutano di fornire aiuto ai non musulmani poiché le donazioni sono frutto della zakat, l’elemosina rituale prevista dalla sharia, la legge islamica. Secondo gli ultimi rapporti in Pakistan ci sono 32.819 casi confermati di COVID-19, nonostante Chaudhry ritenga che molti altri non siano refertati. Il capo della Commissione Giustizia e Pace fa appello al Governo affinché si consulti con le minoranze per fare un miglior uso dei dati censuari al fine di destinare gli aiuti ai più vulnerabili. «Nonostante si lavori a dei programmi, per adesso non siamo a conoscenza di alcuna iniziativa che includa i membri di minoranze religiose per garantire che i loro bisogni non siano ignorati», conclude Chaudhry.

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Pakistan: Bambine date in matrimonio legalmente

Posted by fidest press agency su martedì, 4 febbraio 2020

«È l’ennesima sconfitta della giustizia e l’ennesima riprova che lo Stato non considera i cristiani dei cittadini pachistani». È il commento addolorato rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da Nagheena Younus dopo l’udienza sul caso della figlia Huma tenutasi stamattina alle ore 11 locali presso l’Alta Corte del Sindh a Karachi.
I due giudici dell’Alta Corte, Muhammad Iqbal Kalhoro e Irshad Ali Shah, hanno stabilito che, anche qualora Huma fosse minorenne, il matrimonio tra la ragazzina cristiana e il suo rapitore Abdul Jabbar resterebbe comunque valido perché secondo la sharia, la legge islamica, una volta avuto il primo ciclo mestruale una bambina di qualsiasi età può contrarre matrimonio. Nessun valore è stato dato dunque al Child marriage restraint act, la legge che vieta i matrimoni con minori entrata in vigore nel 2014 in Sindh e finora mai applicata. «Speravamo che la norma potesse essere applicata per la prima volta in questo caso – afferma l’avvocatessa Tabassum Yousaf – ma evidentemente in Pakistan queste leggi vengono formulate e approvate soltanto per accreditare il Paese agli occhi della comunità internazionale, chiedere fondi per lo sviluppo e commerciare gratuitamente i prodotti pachistani nel mercato europeo».Vi erano molte aspettative da parte dei genitori della quattordicenne cattolica rapita il 10 ottobre scorso e della comunità cristiana in generale. Huma avrebbe dovuto presentarsi in aula, come richiesto dai giudici durante la precedente udienza del 16 gennaio al poliziotto incaricato delle indagini Akhtar Hussain. Interrogato sull’assenza della ragazza, stamattina l’agente si è limitato a dire che la giovane era stata convocata. Sin dall’inizio della vicenda Hussain ha mantenuto un atteggiamento ambiguo destando forti sospetti di una sua complicità con il rapitore Jabbar.
Nonostante ciò, proprio al poliziotto è stato dato mandato dai giudici di far effettuare una visita medica per attestare l’età di Huma, come richiesto ancora una volta stamattina dalla Yousaf. «È chiaro che essendo Hussain l’incaricato – afferma l’avvocatessa – vi è un’alta probabilità che i risultati del test vengano contraffatti. Ma la nostra speranza è di riuscire comunque a provare la minore età della ragazza così da farla almeno affidare ad un centro, allontanandola così dal suo aguzzino».La prossima udienza è fissata per il 4 marzo, purtroppo però anche qualora fosse attestato che Huma è minorenne, la decisione dei giudici di ritenere il matrimonio valido, annulla qualsiasi possibilità che Jabbar venga punito per i reati di rapimento e matrimonio forzato.Aiuto alla Chiesa che Soffre continua a sostenere la famiglia e l’avvocato di Huma. «La sentenza di stamattina getta un’onta sul sistema giudiziario pachistano – commenta Alessandro Monteduro, direttore di ACS-Italia – È inimmaginabile che si possa far prevalere la sharia sulla legge di Stato. Noi esprimiamo tutta la nostra indignazione, ma al tempo stesso non ci arrendiamo. Per Huma e per le oltre mille ragazze e perfino bambine che in Pakistan ogni anno vengono rapite, stuprate, convertite con la forza all’Islam e costrette a sposare il loro rapitore. Ma apprendiamo oggi che tutto è lecito, perché in Pakistan anche una bambina di otto o nove anni che ha già avuto le mestruazioni, può essere legalmente data in moglie».

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Difficile ottenere giustizia in Pakistan

Posted by fidest press agency su giovedì, 26 dicembre 2019

«Non è che io non abbia paura per la mia vita, ma considero assistere i cristiani perseguitati come una missione ed un servizio reso a Dio e alla mia Chiesa. E non saranno delle minacce a fermarmi». Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre Tabassum Yousaf, avvocato dell’Alta Corte del Sindh, la provincia pachistana che ha come capoluogo Karachi. La giovane avvocatessa cattolica pachistana, 38 anni e madre di due figli, difende i genitori di Huma Younus, 14enne cristiana rapita e costretta a convertirsi all’Islam e a sposare il proprio aguzzino. Recentemente, il sequestratore di Huma, Abdul Jabbar, ha minacciato i genitori della ragazza e l’avvocato di accusarli di blasfemia. «Non è raro che ciò avvenga – spiega la Yousaf, che ha già seguito molti altri casi di conversioni e matrimoni forzati – Gli aggressori musulmani spesso minacciano genitori e avvocati, servendosi della legge anti-blasfemia. Dicono: “se non smettete di cercare vostra figlia, strappiamo delle pagine del Corano, le mettiamo davanti casa vostra e diciamo che avete profanato il libro sacro”».
Difficile ottenere giustizia in Pakistan, se si appartiene ad una minoranza religiosa. «Molti cristiani non sanno di avere dei diritti al pari dei musulmani. La povertà e la mancanza di educazione dei nostri fratelli nella fede permette ai fondamentalisti islamici di abusare dei loro poteri sociali, politici, economici e religiosi per perseguitare i cristiani. E la magistratura subisce una forte pressione da parte dei partiti politici, i quali non assicurano alle minoranze il giusto sostegno a livello giuridico».«Ecco perché è fondamentale – continua – che Aiuto alla Chiesa che Soffre si faccia carico delle spese legali. Questo ci consentirà di avvalerci del sostegno di un avvocato musulmano di grande esperienza con il quale, se necessario, porteremo il caso dinanzi alla Corte Suprema».La giovane avvocatessa difende pro bono numerosi cristiani e lavora a stretto contatto con l’arcidiocesi di Karachi guidata dal Cardinale Joseph Coutts e con la Commissione Giustizia e Pace diocesana. Inoltre collabora frequentemente con Aiuto alla Chiesa che Soffre, per tenere alta l’attenzione mediatica internazionale sulle gravi difficoltà vissute dai cristiani in Pakistan. «La liberazione di Asia Bibi è stata una vittoria, ma le condizioni dei cristiani in Pakistan non sono cambiate. Per questo non dobbiamo spegnere i riflettori su casi come quello di Huma. Soltanto così riusciremo a far intervenire le alte cariche politiche locali. E se vinceremo e riporteremo Huma a casa, una simile sentenza aiuterà molto anche le tante altre ragazze cristiane rapite e convertite con la forza all’Islam. Ma per farlo c’è bisogno della pressione internazionale, perché nonostante i nostri sforzi per attirare l’attenzione sul caso, in Pakistan tutto è fermo».

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Pakistan: Conversioni forzate all’Islam

Posted by fidest press agency su sabato, 10 agosto 2019

«L’Occidente e media internazionali possono fare molto per tutelare le minoranze religiose in Pakistan». Ad affermarlo è l’avvocatessa cattolica Tabassum Yousaf che domani, 8 agosto, alle ore 11 locali al Press Club di Karachi, Pakistan, organizzerà assieme ad Aiuto alla Chiesa che Soffre una conferenza per porre l’attenzione sul drammatico fenomeno delle conversioni forzate all’Islam di giovani donne e perfino adolescenti appartenenti alle minoranze religiose. «Ogni anno almeno mille delle nostre ragazze vengono rapite, violentate, obbligate a convertirsi all’Islam e costrette a sposare i loro aguzzini», denuncia la Yousaf notando come questa sia una piaga che affligge tutte le minoranze religiose, in primis cristiani e indù. La conferenza promossa anche da ACS è realizzata anche in occasione della prossima giornata per le minoranze, che in Pakistan ricorre l’11 agosto. All’evento prenderanno infatti parte esponenti delle diverse religioni, inclusi il cardinale Joseph Coutts e alcuni leader religiosi islamici.Oltre a denunciare il dramma di queste donne e perfino bambine le cui famiglie si trovano spesso totalmente indifese di fronte al sistema giuridico pachistano per il quale una conversione all’Islam è comunque inoppugnabile, la conferenza intende approfondire il tema delle misure che in Pakistan potrebbero consentire non soltanto la tutela delle minoranze, ma anche il loro sviluppo. «I nostri ragazzi non hanno accesso ad un’istruzione adeguata e pertanto sono penalizzati anche nella ricerca di un impiego», afferma la Yousaf la quale ha steso – con la collaborazione del cardinal Coutts e di leader di diverse fedi – una risoluzione in 10 punti per la promozione delle minoranze che sarà firmata dai partecipanti alla conferenza.Al primo punto, si chiede di fissare a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio, mentre al punto n. 9 si richiedono tutele legali contro i rapimenti e le conversioni forzate che – come ha notato in un discorso ufficiale per la giornata delle minoranze lo stesso primo ministro Imran Khan – non sono consentite dalla stessa religione islamica. Il premier ha invitato a proteggere i non musulmani come fece Maometto a Medina, ma le minoranze del Pakistan non si accontentano di essere tutelate. Desiderano contribuire attivamente allo sviluppo del Paese e chiedono di avere un ministro federale per le minoranze, un vuoto ancora non colmato dalla morte di Shahbaz Bhatti nel 2011. È anche questo uno dei punti della risoluzione in cui si chiedono inoltre leggi atte ad evitare discriminazioni e la destinazione alle minoranze di una quota delle borse di studio offerte dal governo pachistano e da quelli di altri Paesi.«Gli stessi governi esteri dovrebbero assicurarsi che i loro aiuti giungano anche ai non musulmani. In special modo le nazioni occidentali, almeno sulla carta cristiane, che dovrebbero avere a cuore noi fratelli nella fede. Alla comunità internazionale e in particolare all’Occidente chiediamo altresì di dare voce alla nostra richiesta di giustizia e di diritti, come fa da sempre ACS che ringraziamo per aver sostenuto anche questa nostra iniziativa. Il caso di Asia Bibi mostra quanto la visibilità internazionale sia cruciale per la tutela delle minoranze pachistane. Quindi continuate ad accendere i riflettori sulla difficile condizione in cui viviamo».Infine l’avvocatessa esprime a Papa Francesco tutta la gratitudine dei cristiani del Pakistan. «Siamo profondamente grati al Santo Padre per la vicinanza nella preghiera a noi cristiani pachistani e a tutto il nostro Paese».

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In Pakistan vi sono attualmente 187 cristiani detenuti in carcere per blasfemia

Posted by fidest press agency su sabato, 16 febbraio 2019

Quasi 200 casi come quello di Asia Bibi di cui nessuno parla. . Così riferisce Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione Nazionale Giustizia e Pace pachistana (Ncjp), ad una delegazione di Aiuto alla Chiesa che Soffre in visita nel Paese asiatico. Se la vicenda giudiziaria della madre cristiana si è definitivamente conclusa il 29 gennaio scorso, per tanti altri suoi fratelli nella fede non è così.Con “legge antiblasfemia” si intendono principalmente due commi dell’articolo 295 del codice penale pachistano (i commi B e C). L’articolo 295B prevede l’ergastolo per chi profana il Corano, e il 295C la pena di morte per chi insulta il Profeta Maometto.«La legge anti-blasfemia è un potente strumento nelle mani dei fondamentalisti e ai danni delle minoranze, spesso usato impropriamente per vendette personali – aggiunge Chaudhry – E quando viene accusato un cristiano è tutta la comunità a pagarne le conseguenze».È esattamente quanto è successo nel marzo 2013 nel quartiere cristiano di Joseph Colony a Lahore, dopo che il giovane cristiano Sawan Masih è stato accusato di aver insultato Maometto. «Il 9 marzo, dopo la preghiera del venerdì una folla di tremila musulmani ha dato fuoco all’intero quartiere distruggendo quasi 300 abitazioni e due chiese», racconta ad ACS padre Emmanuel Yousaf, presidente dell’Ncjp durante una visita all’insediamento che oggi è stato ricostruito grazie agli aiuti del governo e restituito alle famiglie cristiane.Ma se gli 83 uomini ritenuti colpevoli del rogo sono stati tutti liberati, Sawan Masih è stato condannato a morte nel 2014 e attende ancora oggi il processo di appello. «Le udienze vengono continuamente rinviate – spiega ad ACS l’avvocato Tahir Bashir – L’ultima era stata fissata per il 28 gennaio scorso, ma il giudice non si è presentato. Ora una nuova udienza è fissata per il 27 febbraio».Come per Asia Bibi, anche per Sawan non mancano delle irregolarità. La denuncia è stata presentata da un suo amico musulmano, Shahid Imran, in seguito ad una lite. Ma soltanto due giorni dopo sono stati presentati due testimoni che in realtà non erano presenti al momento delle presunte offese a Maometto. «Le accuse a Sawan sono strumentali – spiega padre Yousaf ad ACS – in realtà il vero scopo era di cacciare i cristiani da questo quartiere, che è piuttosto ambito perché vicino a fabbriche siderurgiche».Intanto, da quasi sei anni, la moglie di Sawan, Sobia, cresce da sola i loro tre figli. «Non so perché abbiano incolpato mio marito – dice ad ACS – so soltanto che l’uomo che lo accusa era un suo amico con il quale aveva litigato. Sawan è innocente!».

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Asia Bibi libera

Posted by fidest press agency su mercoledì, 31 ottobre 2018

«Non vedo l’ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate!». Con la voce rotta dal pianto Eisham Ashiq, la figlia minore di Asia Bibi, commenta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la notizia dell’assoluzione della madre, decisa dalla Corte Suprema e resa nota questa mattina alle 9.20 circa ore pachistana.
«È la notizia più bella che potessimo ricevere – dichiara il marito di Asia, Ashiq Masih – è stato difficilissimo in questi anni stare lontano da mia moglie e saperla in quelle terribili condizioni. Ora finalmente la nostra famiglia si riunirà, anche se purtroppo dubito che potremo rimanere in Pakistan».Sin dall’udienza dell’8 ottobre scorso i fondamentalisti hanno messo in atto manifestazioni e campagne attraverso i social, contro l’assoluzione della «maledetta» Asia, invocandone l’impiccagione e minacciando di morte i giudici e chiunque l’avesse difesa.«Abbiamo molta paura di quanto potrà succedere. In questo paese ci sono molti fondamentalisti», dichiara ad ACS Saif ul-Malook, a capo del collegio difensivo di Asia. A Malook non è stato permesso di informare personalmente la sua assistita. «È stato un ordine della corte Suprema, ma ho potuto chiamare la prigione in cui è detenuta Asia e chiedere che lei fosse informata». Come spiega l’avvocato ci vorranno alcuni giorni prima che la donna venga liberata. «Il verdetto deve essere consegnato all’Alta Corte di Lahore e poi alla prigione di Multan». Intanto si teme anche per la sicurezza dei familiari di Asia e di chiunque ne abbia favorito l’assoluzione. «Io e la mia famiglia siamo in grave rischio – continua Maloof – specie perché io sono un musulmano che difende una cristiana che ha commesso blasfemia».Le autorità pachistane hanno intensificato la sicurezza in tutto il Paese, soprattutto nelle aree dove vivono i cristiani e le altre minoranze. Si temono massacri anticristiani come quelli avvenuti a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony nel 2013.«La situazione è tesa – afferma l’avvocato – ma oggi ringraziamo Dio per questo momento storico in cui Asia Bibi, dopo 9 anni e mezzo, ha finalmente avuto giustizia!».

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First Solar to Power Zorlu Enerji’s 100MW Solar Power Plant in Pakistan

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 dicembre 2017

istanbulTEMPE, Az./ISTANBUL, Turkey, First Solar, Inc. (Nasdaq: FSLR) today announced that it is supplying over 860,000 high-performance thin film modules to power a 100 megawatt (MW)AC utility-scale photovoltaic (PV) solar power plant developed by Zorlu Enerji in Pakistan. The Independent Power Producer (IPP) facility, part of the Quaid-e-Azam Solar Park in the country’s Punjab province, is expected to be completed and connected to the electricity grid by the first half of 2018.
When completed, the plant will increase Zorlu Enerji’s installed capacity in the country to 156.4MW, a portfolio that includes a 56.4MW wind farm completed in 2013. The facility will generate an estimated 180 million kilowatt-hours of electricity per year – sufficient to power approximately 140,000 average homes – for Pakistan’s Central Power Purchasing Agency, under a 25-year Power Purchase Agreement (PPA).“We are confident that First Solar’s advanced PV modules will thrive in Bahawalpur’s desert conditions, delivering over eight percent more energy than conventional crystalline-silicon panels, and enabling our successful bid for a PPA,” said Sinan Ak, Chief Executive Officer of Zorlu Enerji. “We are also confident that we will set a new benchmark for solar energy in Pakistan, replicating the standards we set with our award-winning Jhimpir wind power plant. There is no doubt in my mind that this project will be a new milestone for the development of utility-scale solar in the country.”
“This project is part of a pivotal move by Pakistan to secure its energy independence by harnessing its solar resource, and we are proud to be playing an enabling role,” said Stefan Degener, First Solar’s Head of Business Development for Europe and Africa.In February this year, First Solar and Zorlu Holding signed a collaborative sales agreement under which Zorlu Solar became a major distributor of First Solar’s modules in Turkey, Afghanistan, Albania, Bosnia, Bulgaria, Cyprus, Georgia, Kosovo, Macedonia, Pakistan, Romania, Serbia, Turkmenistan, the Ukraine, and the Commonwealth of Independent States. In addition to selling PV modules in these markets, Zorlu Solar is undertaking its own project development activity, powering its successful projects with First Solar technology.“This deal demonstrates Zorlu Group’s ability to enable our sales strategy by expanding First Solar’s installed capacity well beyond our existing markets. It also proves that our high-performance technology and Zorlu Group’s commercial expertise makes for a winning combination in any of the 26 markets covered by our agreement,” Degener added.

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In Pakistan alcuni leader evidenziano l’urgente necessità di armonia fra le religioni/Leaders in Pakistan highlight urgent need for harmony of religion

Posted by fidest press agency su lunedì, 26 dicembre 2016

bahaiLAHORE, Pakistan, (BWNS) — La Baha’i International Community (BIC) ha sottolineato la necessità di una più profonda comprensione dell’unità del genere umano per promuovere la convivenza pacifica tra le varie religioni.Parlando durante un evento organizzato dal governo del Pakistan per promuovere l’armonia interreligiosa — il Convegno internazionale Seerat a Lahore — un rappresentante della BIC Chong Ming Hwee ha dichiarato: «Nel corpo umano, la cooperazione assicura il funzionamento del sistema… Allo stesso modo, la civiltà può essere vista come il risultato di un insieme di interazioni tra parti componenti strettamente integrate, seppure diverse — componenti che hanno trasceso lo scopo limitato di pensare solo alla propria esistenza.«E come la vitalità di ogni cellula e di ogni organo dipende dalla salute del corpo nel suo complesso, così la pace e la prosperità di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni popolo devono essere cercate mediante il benessere dell’intera razza umana».Il convegno ha avuto luogo l’11 e il 12 dicembre 2016, nell’anniversario della nascita del Profeta Muhammad. Alcuni leader pakistani, riconoscendo l’urgente necessità di armonia fra le religioni, hanno colto l’occasione per richiamare l’attenzione sul ruolo della religione nella creazione dell’unità. Il convegno , al quale ha partecipato il primo ministro pakistano Nawaz Sharif, è stato arricchito anche dalla presenza di rappresentanti delle diverse comunità religiose e di diversi funzionari governativi. «È stato molto incoraggiante partecipare a questo storico convegno convocato dal governo del Pakistan, che ha accolto e accettato i contributi delle minoranze religiose», ha detto il signor Chong. «Questo incontro non ha solo attestato che gli insegnamenti e l’esempio del Profeta Muhammed raccomandano l’armonia interreligiosa, ma ha anche ribadito verità fondamentali che sono comuni a tutte le religioni, vale a dire l’unicità di Dio e dell’umanità».
LAHORE, Pakistan — The Baha’i International Community (BIC) has emphasized the need for a deeper understanding of human oneness in fostering peaceful coexistence between different religions.Speaking at an event organized by the government of Pakistan to promote interfaith harmony—the International Seerat Conference in Lahore—BIC representative Chong Ming Hwee stated “In the human body, cooperation ensures the functioning of that system… Similarly, civilization can be seen as the outcome of a set of interactions among closely integrated, yet diverse components—components which have transcended the narrow purpose of tending to their own existence.””And just as the viability of every cell and every organ depends upon the health of the body as a whole, so should the peace and prosperity of every individual, every family, and every people be sought in the well-being of the entire human race.” The Conference was held on 11 and 12 December 2016, taking place on the anniversary of the birth of the Prophet Muhammad. Leaders in Pakistan, recognizing the urgent need for interfaith harmony, used the occasion to draw attention to the role of religion in creating unity. The conference, which was attended by Pakistani Prime Minister Nawaz Sharif, also included representatives of different religious communities and government officials.
“To be a part of this historic conference convened by the government of Pakistan, where contributions of religious minorities were welcomed and embraced, was very heartening,” said Mr. Chong. “Not only did the gathering attest to how the teachings and example of Prophet Muhammed emphasized interfaith harmony, but it also affirmed foundational truths that are common to all religions, namely the oneness of God and of humanity.”

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Rif Line apre il nuovo ufficio in Pakistan e sviluppa ulteriormente la sua presenza internazionale

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 agosto 2016

flaminio rizziUno dei leader italiani nel trasporto merci ed uno dei player più in crescita in Europa apre una nuova sede in Pakistan dopo Bangladesh, Cina e Giappone. Rif Line ha deciso di investire in questo mercato dalle grandi prospettive di sviluppo con l’apertura di un ufficio a Karachi, antica capitale del Paese e cuore economico e finanziario del Pakistan.“Come le precedenti aperture in Bangladesh, Cina e Giappone, l’inaugurazione del nuovo ufficio di Karachi risponde al crescente bisogno delle aziende italiane che quotidianamente lavorano in questo Paese. L’obiettivo della nostra azienda è quello di diventare per queste aziende un vero e proprio partner di riferimento. Continuano così il nostro piano di sviluppo all’estero che ci conferma come uno dei player più dinamici del settore trasporto merci import/export.” così Flaminio Rizzi, Business Development manager di Rif Line.Sesto paese più popoloso al mondo, oggi il Pakistan presenta rappresenta una delle economie con maggiori tassi di crescita di tutto il continente Asiatico. Con un’economia che si è dimostrata inaspettatamente forte durante una serie d’eventi potenzialmente distruttivi come la crisi finanziaria asiatica, la recessione globale, la carestia, l’azione militare in Afghanistan dopo l’11 settembre, e le tensioni con l’India.Ultimamente il settore manifatturiero pakistano ha avuto tassi di crescita in doppia cifra, con la manifattura su larga scala cresciuta negli ultimi anni ad un tasso del 18%. L’Italia è considerata un partner privilegiato per quanto riguarda le relazioni economiche e commerciali. Siamo il terzo partner commerciale nell’UE, dopo Regno Unito e Germania ed il decimo in assoluto. Secondo i dati dell’Ufficio statistico pakistano, l’Italia è attualmente al nono posto come Paese importatore di prodotti pakistani. (foto: flaminio rizzi)

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Pakistan: Joseph Coutts sull’aiuto della chiesa che soffre

Posted by fidest press agency su mercoledì, 20 aprile 2016

fontana di trevi«È molto importante che il mondo sappia che anche nel XXI secolo i cristiani sono perseguitati e finanche martirizzati per la loro fede, esattamente come accadeva secoli fa». Così monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, esprime il suo apprezzamento per l’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che il 29 aprile alle 20 illuminerà di rosso Fontana di Trevi, in ricordo del sangue dei martiri cristiani.«Questo evento – continua monsignor Coutts – invita noi tutti di essere uniti nella preghiera e a non dimenticare quanti hanno perso la vita in ragione della propria fede e quanti sono perseguitati a causa della loro religione». Attraverso tale inedita iniziativa ACS intende infatti richiamare l’attenzione sul dramma della persecuzione anticristiana.Durante la serata, inaugurata dal Presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, il cardinale Mauro Piacenza, ACS darà voce ad alcune storie e testimoni del martirio cristiano, a cominciare dal vescovo caldeo di Aleppo, monsignor Antoine Audo, in quei giorni in Italia ospite della Fondazione pontificia. Nell’occasione sarà ricordato anche Shahbaz Bhatti, ministro pachistano per le minoranze religiose, ucciso nel 2011. «Bhatti – continua monsignor Coutts – ha dato la sua vita per proteggere le minoranze religiose in Pakistan e rappresenta un modello per tutti noi. Specie chi gode della piena libertà di credere e praticare la propria religione ha il dovere di pregare per i nostri fratelli e sorelle che soffrono e sono disposti a dare la propria vita per Cristo».Numerose le adesioni all’evento da parte di realtà associative cattoliche.«Sono molto felice dell’adesione dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia – afferma monsignor Coutts – anche noi dal Pakistan ci uniremo nella solidarietà, nella fede e nella preghiera a quanti parteciperanno a questa lodevole iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Così noi tutti saremo forti nella nostra fede e continueremo ad essere testimoni, non dell’odio, ma dell’amore». (foto: fontana di trevi)

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Strage cristiani

Posted by fidest press agency su lunedì, 28 marzo 2016

lahore pakistanLahore (Pakistan) “Questa per i cristiani è una Pasqua di sangue, un’altro massacro che colpisce una comunità pacifica, colpevole solo di praticare la propria fede”. Lo ha affermato la vicesegretaria dem Debora Serracchiani, esprimendo “profondo cordoglio” per le vittime dell’attentato suicida che in Pakistan ha causato oltre 60 morti e 200 feriti in gran parte cristiani.
“Oggi le parole del Santo Padre che chiedono con forza pace e tolleranza – ha aggiunto Serracchiani – assumono un significato universale, e dovrebbero essere ascoltate in primo luogo dagli assassini che istigano all’odio religioso”.
“La condanna per questi atti mostruosi è fermissima: nulla può giustificare chi semina morte e odio. Non c’è alcun Dio – ha concluso- nel cui nome si possono commettere stragi di donne e bambini”.

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Invito del Papa in Pakistan

Posted by fidest press agency su venerdì, 4 marzo 2016

pakistan«Siamo venuti a Roma per invitare il Santo Padre in Pakistan e lui ha accettato». Così il ministro federale per la navigazione del Pakistan, Kamran Michael, ha dichiarato ieri al fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, il prof. Shahid Mobeen, durante un incontro informale in Vaticano in occasione del quinto anniversario dell’assassinio di Shahbaz Bhatti. Michael, unico ministro cristiano dell’attuale governo, è venuto a Roma assieme al ministro per gli Affari Religiosi, Sardar Muhammad Yousaf, appositamente per consegnare al Santo Padre una lettera di invito da parte del Primo Ministro del Pakistan Nawaz Sharif. L’invito al Papa è avvenuto ieri durante l’udienza generale in Piazza San Pietro. Questo pomeriggio Michael e Yousaf incontreranno anche il Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, per ribadire l’invito e discutere di eventuali dettagli. La visita non è ancora certa, ma il probabile viaggio del Papa a settembre in India, per la canonizzazione di Madre Teresa, è stato visto dal governo pachistano come un’occasione preziosa. L’ultimo viaggio apostolico di un Pontefice in Pakistan è stato quello di Giovanni Paolo II nel 1981. Il Papa Santo si fermò soltanto un giorno nel paese.
Michael e Sardar hanno raccontato al prof. Mobeen la grande attesa in Pakistan per un possibile arrivo di Papa Francesco. «Il Premier Sharif stima molto il Pontefice e desidera fortemente riceverlo in patria». Un desiderio che si estende all’intera comunità pachistana. Bergoglio è infatti molto apprezzato anche dai musulmani, che in Pakistan rappresentano circa il 96% della popolazione. «Siamo sicuri che il Papa potrà dare anche un importante contributo al dialogo interreligioso». Un ambito, quello dei rapporti tra le fedi, nel quale il governo pachistano ha intenzione di investire maggiormente in futuro e per questo ha chiesto espressamente il contributo del prof. Mobeen, docente di Pensiero e religione islamici presso la Pontificia università Lateranense.
Come già avvenuto in Repubblica Centrafricana, la visita del Pontefice in Pakistan favorirebbe certamente un nuovo corso nel dialogo tra le religioni in un paese fortemente afflitto dal terrorismo e dal fondamentalismo islamico. La piccola minoranza cristiana – appena il 2% della popolazione – che affronta quotidianamente discriminazioni e persecuzioni soprattutto a causa della cosiddetta legge antiblasfemia, trarrebbe dalla visita del vescovo di Roma grande forza per continuare a testimoniare la propria fede nonostante le gravi difficoltà. «Per noi cristiani del Pakistan – ha detto Michael a Mobeen – sarebbe una vera e propria benedizione».
Nell’occasione ieri a Roma il ministro cristiano ha ricordato assieme all’Associazione Pakistani Cristiani in Italia il ministro Shahbaz Bhatti. «Shahbaz era come un fratello per me – ha affermato il politico – Era un vero leader carismatico, votato alla causa di rendere il Pakistan un Paese in cui regnino pace e armonia. E noi continueremo sul cammino da lui iniziato».

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Conferenza Pakistan: In ricordo di Shahbaz Bhatti

Posted by fidest press agency su martedì, 1 marzo 2016

aula senatoRoma «Ricorderemo ufficialmente Shahbaz Bhatti in aula mercoledì, nel quinto anniversario del suo assassinio». Così Pier Ferdinando Casini ha aperto la conferenza Pakistan: a cinque anni dall’assassinio di Shahbaz Bhatti la persecuzione continua, organizzata dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre e dall’Associazione Pakistani Cristiani in Italia oggi a Palazzo Madama. «Non dobbiamo dimenticarci di sostenere le minoranze cristiane come quella pachistana», ha affermato Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, raccontando come la fondazione pontificia abbia voluto invitare in Italia Monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della conferenza Episcopale Pachistana, proprio per rendere omaggio a Shahbaz Bhattii.Lo stesso Monsignor Coutts ha poi preso la parola, notando come «Shahbaz Bhatti fosse un uomo giusto e rappresenta un modello per tutti noi» ha dichiarato il presule ricordando la figura del ministro pachistano ucciso il 2 marzo 2011. «Lui ha dedicato la sua vita a proteggere le minoranze religiose in Pakistan e a migliorare le loro condizioni affinché potessero contribuire pienamente alla creazione di una società in cui tutti potessero convivere in pace e armonia».Monsignor Coutts ha descritto la realtà dei cristiani in Pakistan, un paese che ha visto negli ultimi anni aumentare esponenzialmente l’estremismo. A tal proposito il presule ha ricordato due recenti attentati contro delle istituzioni cristiane. L’attacco suicida avvenuto nella Chiesa di Ognissanti di Peshawar nel settembre 2013 e quello del marzo 2015 a Lahore nelle due Chiese del quartiere cristiano di Youhanabad.L’arcivescovo ha inoltre descritto le gravi discriminazioni subite dai cristiani nel paese asiatico. «I non-musulmani non sono considerati cittadini al pari degli altri e devono subire discriminazioni in molti modi, specialmente quando si tratta di trovare lavoro oppure ottenere promozioni. Inoltre, nei programmi scolastici i libri di testo non preparano i ragazzi a vivere in una società moderna, multi-religiosa e multi-etnica. I non-musulmani vengono descritti in modo negativo. Nelle scuole statali, gli alunni non-musulmani si trovano spesso a dover affrontare la discriminazione nei loro confronti. E capita di frequente che agli studenti sia assegnato un tema dal titolo: “Invita un tuo amico non musulmano a convertirsi all’Islam”».
Monsignor Coutts ha poi parlato della legge antiblasfemia: tra le principali cause di sofferenza dei cristiani e delle minoranze religiose. «Uno strumento che è molto efficace, specie se la persona contro la quale si punta il dito è un cristiano. In diverse occasioni la “caccia al blasfemo” ha scatenato veri e propri massacri».Anche Shahbaz Bhatti è stato assassinato a causa della “legge nera” perché ne aveva auspicato una revisione. «Si era appellato al Parlamento per modificare la Legge sulla Blasfemia. Lui non aveva commesso blasfemia, voleva soltanto impedire che la norma fosse utilizzata in modo improprio come spesso accade, ma per i fanatici anche solo il criticare la legge significa commettere blasfemia». Monsignor Coutts ha sottolineato anche il grande desiderio da parte della Conferenza episcopale per l’avvio della causa di canonizzazione.In chiusura è intervenuto il prof. Shahid Mobeen, Fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, che ha rimarcato la necessità di ripristinare il ministero per le minoranze religiose, il dicastero guidato da Shahbaz Bhatti, a livello federale. «Nel quinto anniversario della morte di Shahbaz chiediamo che vi sia nuovamente un ministero federale dedicato alle minoranze religiose. Soltanto così sarà possibile proteggere i non musulmani e consentire loro di contribuire allo sviluppo del paese»

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Pakistan: almeno 43 morti

Posted by fidest press agency su giovedì, 14 Maggio 2015

KarachiIn seguito all’attentato compiuto a Karachi contro un autobus di fedeli ismailiti da parte di estremisti sunniti e nel quale sono state uccise almeno 43 persone e ferite gravemente altre 13, l’APM chiede maggiore e migliore tutela per gli appartenenti alle minoranze religiose in Pakistan. Far parte oggi di una qualsiasi minoranza religiosa in Pakistan, che si tratti di Hazara sciiti, Ismailiti, Ahmadiyyah, Sikh, Cristiani o Hindù è di per sé pericoloso.In Pakistan vivono circa 2 milioni di Ismailiti. Gli Ismailiti sono una minoranza sciita ma da molti Musulmani vengono considerati degli eretici. Si stima che i fedeli ismailiti al mondo siano circa 18 milioni, sono seguaci di Aga Khan, sono famosi per il loro impegno sociale e vivono in maggioranza in Medio oriente, negli stati del Golfo e nel subcontinente indiano. Per molti Ismailiti benestanti è obbligo morale versare un quinto delle proprie entrate in una cassa comune con la quale vengono poi finanziati progetti di sviluppo.In Pakistan gli Ismailiti sono spesso vittime di estremisti sunniti che rifiutano l’interpretazione liberale religiosa degli Ismailiti. Lo scorso 21 marzo 2015 diverse decine di fedeli ismailiti sono rimasti feriti in seguito ad un attentato con bombe davanti a una moschea di Karachi mentre il 13 agosto 2013 due fedeli ismailiti sono stati uccisi e altri 30 feriti quando delle granate a mano sono state lanciate su due luoghi di preghiera.I fedeli sciiti sono le vittime principali della violenza politico-religiosa in Pakistan. Tra luglio 2013 e giugno 2014 vi sono stati almeno 54 attacchi a Sciiti, 22 a Cristiani e 10 aggressioni contro fedeli ahmadiyya. Nello stesso periodo 222 Sciiti sono stati uccisi da atti di violenza a sfondo politico: di questi la maggioranza apparteneva al gruppo etnico degli Hazara.

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