Si è svolto stamane presso il Centro Convegni Carlo Azeglio Ciampi della Banca d’Italia la conferenza del Segretario Generale della CEI, S.E. Mons. Giuseppe Baturi, sul tema “DIECI ANNI DI MAGISTERO SOCIALE DI PAPA FRANCESCO”, l’evento, organizzato dall’Ente Nazionale per il Microcredito, è stato aperto dall’indirizzo di saluto del Vicedirettore Generale della Banca, Piero Cipollone, e introdotto dal Presidente dell’Ente per il Microcredito, Mario Baccini. L’evento è stato moderato dal giornalista vaticanista Piero Schiavazzi. Il Vicedirettore della Banca D’Italia, Piero Cipollone nel portare l’indirizzo di saluto ha sottolineato come “dobbiamo recuperare la consapevolezza della centralità del nostro ruolo e dell’importanza dei valori a cui si ispirano i nostri comportamenti. I modelli economici – ha sottolineato Cipollone – assumono come elementi esterni, come dati esogeni, le preferenze degli individui e le tecnologie. Detto in altri termini le preferenze sono i nostri valori, quello a cui noi attribuiamo importanza, ciò per cui noi siamo disponibili a spendere le nostre risorse”. “Sono trascorsi cinque anni dal giorno in cui, nel febbraio 2018,l’Ente Nazionale per il Microcredito, che ho l’onore di presiedere, sottoscriveva con la Banca d’Italia un protocollo d’intesa recante, insieme alla mia, la firma dell’allora Vicedirettore Generale, Fabio Panetta, oggi membro italiano del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea”, ha esordito il Presidente dell’ENM, Mario Baccini nel suo discorso sottolineando che “Desideriamo portare in alto la “cultura del microcredito”, intesa come idea di una finanza che si fa piccola, che si fa “micro”, per rendere sempre più grande, sempre più “macro”, l’area di coloro che ne beneficiano e farne momento di formazione, come questa mattina, per la classe dirigente del Paese. Ma desideriamo altresì continuare a operare dal basso, a partire dalle migliaia di microimprese – diciottomila nell’ultimo triennio – alle quali offriamo supporto finanziario attraverso lo strumento del microcredito, per mezzo della rete di intermediari che abbiamo convenzionato (ad oggi 38 banche con oltre 2.700 filiali, che ci consentono di essere presenti sull’intero territorio nazionale).Le banche hanno svolto un ruolo determinante per l’avvio e l’espansione del microcredito in Italia, coordinandosi con l’Ente e dando vita a un vero e proprio ecosistema. Monsignor Baturi ha voluto portare una riflessione di ampio respiro sui 10 anni del magistero sociale del Pontefice, soffermandosi sull’idea dell’ aver cura, di assumersi la responsabilità collettiva anche nel pubblico sostegno e nelle attività pubbliche: “Per avere cura dell’altro è necessario osservare i nostri fratelli sapersi lasciar colpire, direi, dal loro grido, dal loro bisogno e non permettersi di non vedere di non sentire la loro richiesta di aiuto. Certamente questo sguardo di cura comprende e, non può non toccare, le profondità del corpo, dell’uomo, la sua sete di significato. Bisogna vedere l’uomo come una unità, un intero quindi non è possibile prendersi cura dell’uomo senza farsi carico dei suoi problemi e ciò può avvenire da parte di un uomo che si sente parte di una comunità e quindi sviluppa un’azione creativa: la definizione in fondo della dottrina sociale della chiesa da parte del Papa è esattamente in questa creatività della carità che è il cuore della dottrina sociale” Durante l’evento è stata letta la lettera e la benedizione inviata dal Santo Padre Papa Francesco.
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Appello a Papa Francesco
Posted by fidest press agency su domenica, 8 gennaio 2023
In questi giorni ci siamo commossi sulla bontà e il carisma di questo Papa. Ma a ben considerare si tratta di un discorso che va avanti da secoli nel quale la Chiesa ha sempre voluto dimostrare la sua vicinanza alla povera gente per consolarla, per affidarla alla felicità che non è di questo mondo. Ciò che oggi chiediamo alla Chiesa di Roma e a tutte le professioni di Fede è di essere conseguenti ai loro insegnamenti. Quando si afferma che esiste un altro diritto che è quella di vivere perché le religioni tentenna-no limitandosi a pregare sui cadaveri di milioni di bambini che ogni anno muoiono di fame e per mancanza di medicine e non escono dalle loro ridotte per ribellarsi alla logica imperante di chi considera aberrante l’equa ripartizione delle risorse, vivendo del superfluo, mentre manca il necessario a miliardi di esseri umani? Se incontrassi il papa gli direi: Santo padre oggi non è più il tempo della sola preghiera. Occorre essere conseguenti poiché diventa sempre più stridente quel diritto a metà che dona la vita per riprendersela imponendo la miseria e l’abbandono a miliardi di suoi figli. Oggi la sofferenza non è il frutto del sacrificio individuale ma la conseguenza degli egoismi di una minoranza di satrapi che fa delle proprie ricchezze il risultato di uno sfruttamento indecoroso dei propri fratelli sino a condurli alla morte. (Riccardo Alfonso)
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Papa Francesco “protagonista” del documentario innovativo sull’ambiente
Posted by fidest press agency su martedì, 4 ottobre 2022
Roma In occasione della festa di San Francesco, verrà presentata in anteprima mondiale nella Città del Vaticano (Aula Nuova del Sinodo, ore 18.30), “La Lettera”, documentario sul potere dell’umanità di fermare la crisi ecologica.Il film racconta la storia dei viaggi a Roma di diversi leader, impegnati in prima linea nella cura della casa comune, per parlare con Papa Francesco della Lettera Enciclica Laudato si’. Il dialogo esclusivo con il Papa, raccontato nel film, offre approfondimenti sulla storia personale di Papa Francesco e scorci inediti sul suo insediamento.I protagonisti sono un leader indigeno dell’Amazzonia, un rifugiato e studente del Senegal, una giovane attivista indiana e due scienziati statunitensi (marito e moglie), in rappresentanza delle voci spesso inascoltate nella conversazione globale sul nostro pianeta. Questi leader, insieme, attraverso l’incontro con il Papa e tra loro hanno trovato una nuova speranza per la nostra casa comune. Il Cardinale Raniero Cantalamessa O.F.M. Cap., Predicatore della Casa Pontificia dal 1980, appare nel film e offre una prospettiva unica per comprendere le antiche radici francescane del messaggio della Laudato si’.Il film è presentato da YouTube Originals. È la prima volta che un film con un Papa sarà disponibile gratuitamente attraverso un servizio di streaming. La data scelta segna anche l’ingresso ufficiale della Santa Sede nello storico accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Insieme al film, questi sforzi rappresentano l’impegno sempre più ambizioso e attivo dei cattolici sulle questioni ecologiche. Questa azione è in linea con i ripetuti allarmi del principale organismo scientifico mondiale sul clima, il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite, che ha pubblicato il suo ultimo rapporto nel febbraio di quest’anno affermando che “le mezze misure non sono più un’opzione”. Il film è stato prodotto dal team del premio Oscar Off the Fence (My Octopus Teacher) in collaborazione con il Movimento Laudato Si’, il film è stato diretto dal regista vincitore di un Emmy Nicolas Brown.
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Povertà nel mondo: Appello a Papa Francesco
Posted by fidest press agency su sabato, 6 agosto 2022
In questi giorni ci siamo commossi sino alle lacrime sulla bontà e il carisma di questo Papa che pur di non mancare al suo appuntamento con i fedeli si è mosso in carrozzina. Lo ha fatto per restare coerente ad un discorso che va avanti da secoli nel quale la Chiesa ha sempre voluto dimostrare la sua vicinanza alla povera gente per consolarla, per affidarla alla felicità che non è di questo mondo. Ciò che oggi chiediamo alla Chiesa di Roma e a tutte le professioni di Fede è di essere conseguenti ai loro insegnamenti. Quando si afferma che esiste un altro diritto oltre la vita che è quello di poter vivere affrancandosi dalla povertà e dall’emarginazione perché le religioni tentennano limitandosi a pregare sui cadaveri di milioni di bambini che ogni anno muoiono di fame e per mancanza di medicine e non escono dalle loro ridotte per ribellarsi alla logica imperante di chi considera aberrante l’equa ripartizione delle risorse, vivendo del superfluo, mentre manca il necessario a miliardi di esseri umani? Se incontrassi il papa gli direi: Santo padre oggi non è più il tempo della sola preghiera. Occorre essere conseguenti poiché diventa sempre più stridente quel diritto a metà che dona la vita per riprendersela, subito dopo, imponendo la miseria e l’abbandono a miliardi di suoi figli. Oggi la sofferenza non è il frutto del sacrificio individuale, per la redenzione, ma la conseguenza degli egoismi di una minoranza di satrapi che fa delle proprie ricchezze il risultato di uno sfruttamento indecoroso dei propri fratelli sino a condurli alla morte. (Riccardo Alfonso)
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Incontro tra il Presidente del Parlamento Europeo e il Santo Padre Papa Francesco
Posted by fidest press agency su mercoledì, 30 giugno 2021
Giorni fa ilPresidente del Parlamento Europeo si è recato presso la Santa Sede per incontrare Papa Francesco e il Segretario di Stato Vaticano Sua Eminenza Card. Pietro Parolin. Nel colloquio con il Santo Padre si è sottolineata la necessità di proteggere i più deboli e vulnerabili. I diritti delle persone come misura di tutte le cose. La ripresa europea avrà successo se produrrà una riduzione delle disuguaglianze. Con il Segretario di Stato Parolin e il sostituto alla Segreteria di Stato Paul Gallagher si sono affrontate molte questioni dell’agenda internazionale ed europea: Mediterraneo, Africa, Balcani occidentali e processo di adesione, vicinato orientale. Una particolare attenzione alla solidarietà europea per mettere a disposizione i vaccini nei paesi a basso reddito e particolarmente nel continente africano.
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L’appello di papa Francesco per regolamentare la finanza
Posted by fidest press agency su mercoledì, 19 Maggio 2021
Di Mario Lettieri e Paolo Raimondi. Che di fronte al dilagare incontrollato della finanza speculativa sia necessario “rivolgersi alla preghiera”, è uno schiaffo morale ai governi e alle istituzioni economiche internazionali preposte al controllo e alla regolamentazione dell’economia, della moneta e dei settori finanziari. E’, però, l’ammissione della loro incapacità d’intervento e della sottomissione al “mercato senza leggi” e al laissez faire più spregiudicato. Dinanzi all’intollerabilità della situazione, papa Francesco si è sentito in dovere di richiamare i credenti e i laici con un video dedicato alla preghiera per una “finanza giusta, inclusiva e sostenibile”. Egli afferma che “mentre l’economia reale, quella che crea lavoro, è in crisi – quanta gente è senza lavoro! – i mercati finanziari non sono mai stati così ipertrofici come sono ora. Quanto è lontano il mondo della grande finanza dalla vita della maggior parte delle persone! La finanza, se non viene regolamentata, diventa pura speculazione animata da politiche monetarie. Questa situazione è insostenibile. È pericolosa. Per evitare che i poveri tornino a pagarne le conseguenze, bisogna regolamentare in modo rigido la speculazione finanziaria.”. Ricorda che la finanza deve essere uno strumento per servire le persone e per prendersi cura della casa comune e fa un appello “perché i responsabili della finanza collaborino con i governi, per regolamentare i mercati finanziari e proteggere i cittadini in pericolo.” In pratica riprende il discorso avviato nel 2015 con l’enciclica Laudato sì” in cui si afferma che “la finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale”. Secondo Francesco non è una questione di teorie economiche ma della loro applicazione fattuale nell’economia. Il mercato da solo non può garantire lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale, né la protezione dell’ambiente e dei diritti delle generazioni future. Nell’enciclica citata si sostiene: “La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia… Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”. Secondo noi la crisi finanziaria del 2007-2008 ne è la prova: sarebbe stata l’occasione per sviluppare una nuova economia, non solo più attenta ai principi etici, ma, soprattutto, per regolamentare l’attività finanziaria speculativa e la ricchezza virtuale. Purtroppo non è stato così. Certo, sono concetti che papa Francesco ripete ormai costantemente. Lo ha fatto anche recentemente nell’enciclica “Fratelli tutti” e con molto coraggio anche nella lettera inviata al meeting della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, svoltosi lo scorso aprile. Egli afferma che “è ora di riconoscere che i mercati — specialmente quelli finanziari — non si governano da soli. I mercati devono essere sorretti da leggi e regolamentazioni che assicurino che operano per il bene comune, garantendo che la finanza – invece di essere meramente speculativa o finanziare solo sé stessa – operi per gli obiettivi sociali tanto necessari nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria globale”. Ci preme sottolineare che la preghiera del papa ha avuto anche qualche orecchio attento. La Federcasse, la Federazione italiana delle Banche di Credito Cooperativo, una rete di 250 banche cooperative di comunità con un milione e 350 mila soci, l’ha fatta sua. Del resto essa fa della vicinanza al territorio, alle famiglie e ai piccoli imprenditori e artigiani la sua mission. In merito, il direttore generale Sergio Galli ha ribadito che “occorre elaborare nuove forme di economia e finanza realmente orientate al bene comune e rispettose della dignità umana”. Naturalmente le tematiche affrontate da papa Francesco sono tali che oggettivamente impongono ai governi decisioni rapide e stringenti. In questi giorni da più parti si sollecita il superamento dei brevetti sui vaccini. Tema che va affrontato. Si consideri che, mentre nei paesi industrializzati una persona su 4 ha già ricevuto almeno una dose di vaccino, nei paesi poveri, invece, l’ha avuta una su 500. Il caso più odioso è sicuramente quello dell’India, dove si produce il 70% dei vaccini mondiali, ma non per i propri cittadini, bensì per l’export. Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista
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Auguri a Papa Francesco dai medici di origine straniera
Posted by fidest press agency su domenica, 20 dicembre 2020
L’associazione medici di origine straniera in Italia (AMSI) ,la comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) ,il movimento internazionale transculturale interprofessionale Uniti per Unire e l’Unione medica Euro Mediterranea(UMEM) esprimono dal profondo del cuore e con ammirazione e stima gli auguri a Papa Francesco nel suo 84° compleanno ,un messaggio inter religioso e laico da associazioni e movimenti che dentro i quali collaborano tutti i giorni professionisti e cittadini da tutto il mondo e da tutte le religioni e più di 1000 di associazioni ,comunità ,confederazioni e cittadini musulmani ,cristiani ,ebrei ,ortodossi ,laici che insieme dicono grazie a Papa Francesco per il suo impegno costante a favore dell’umanità e di tutti i cittadini del mondo senza distinzione. “Per noi Papa Francesco è un idolo e simbolo nell”umanità ,solidarietà e del dialogo tra le religioni e le civiltà e come sa costruire i ponti combattendo i muri mentali ed i pregiudizi. In questo momento di crisi internazionale e dell’emergenza coronavirus sono fondamentali i messaggi di papa Francesco e le sue raccomandazioni e sensibilizzazione di pensare a tutti e non lasciare nessuno da solo senza distinzione compreso persone in difficoltà , fragili ,migranti e rifugiati .ci auspichiamo che i politici e i commissari che si occupano di combattere il coronavirus possano ascoltare di più i consigli di Papa Francesco per evitare retromarce e ripensamenti su decisione frettolose e superficiali. Cosi dichiara Foad Aodi Presidente Amsi e Co-mai e membro esperti Fnomceo che lancia la sua preoccupazione, proprio nel giorno del compleanno di Papa Francesco , dei numerosi ostacoli e pericoli che arrivano da dentro la Chiesa contro Papa Franceso in particolar modo per la sua grande apertura verso l’islam. Amsi ,Co-mai ,Uniti per Unire e UMEM continueranno ,uniti e decisi senza ambiguità ,ad essere difensori dell’operato di Papa Francesco in Italia e nel mondo.
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Papa Francesco e i giovani da tutto il mondo per l’economia di domani”
Posted by fidest press agency su venerdì, 30 ottobre 2020
L’evento si svolgerà online dal 19 al 21 novembre 2020 – la Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi Francesca Di Maolo ha sottolineato l’urgenza di un cambiamento che possa riportare tutti a partecipare alla vita partendo da un’economia che sappia accoglierla e difenderla, che sia al servizio dell’uomo, inclusiva e che si prenda cura del creato. È stata confermata anche la partecipazione “virtuale” di Papa Francesco, in attesa del successivo incontro in presenza, che è previsto sempre ad Assisi – città simbolo di pace, spiritualità e fraternità – nell’autunno 2021 quando le condizioni sanitarie permetteranno di assicurare la partecipazione di tutti. Il Serafico, fondato nel 1871, è un modello di eccellenza italiana ed internazionale nella riabilitazione, nella ricerca e nell’innovazione medico scientifica per i ragazzi con disabilità plurime. Convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale per trattamenti riabilitativi residenziali, semiresidenziali ed ambulatoriali, il Serafico accoglie e cura ogni giorno 166 pazienti, provenienti da tutto il territorio nazionale, per un totale di 16.157 trattamenti riabilitativi e 17.297 trattamenti educativi-occupazionali all’anno (dati 2019).
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La “cifra” della riforma
Posted by fidest press agency su giovedì, 26 dicembre 2019
Con gli auguri vi offriamo, collegandovi sul sito di chiesadituttichiesadeipoveri.it, il discorso alla Curia di papa Francesco, che si potrebbe definire epocale, nel senso di un passaggio da un’epoca all’altra che la Chiesa non può affrontare facendo solo finta di cambiare alla maniera del Gattopardo, che Francesco evoca come monito. Il discorso del 21 dicembre non è come gli altri discorsi alla Curia perché corregga i suoi errori e si lasci riformare. È il discorso della riforma della Chiesa, ma così profonda che parte dall’evento originario di Dio che “ha preso un corpo umano e lo ha fatto proprio per sempre”, secondo le parole molto realistiche del mistico egiziano moderno Matta el Meskin citate dal papa, e giunge fino all’interrogativo drammatico del cardinale Suhard prima del Concilio se si fosse all’ora dell’“Agonia della Chiesa”, fino al lamento del cardinale Martini su una Chiesa in ritardo di due secoli, fino alla svolta del Concilio Vaticano II e all’annunzio dirompente del Dio della misericordia, nonviolento e tanto giusto da non scartare nessuno di papa Bergoglio. Nel discorso c’è una frase non nuova, ma che suona come il grido che suggella una intera storia e apre a una storia nuova e tutta diversa: “Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più!”. La fede non è più un presupposto scontato del vivere comune, anzi è proprio il contrario. Dunque tutto dipende dalla testimonianza della fede, e non dal suo “deposito” come per prima deve capire la Congregazione “per la dottrina della fede” e quella “per l’evangelizzazione dei popoli”, compresi i popoli che passavano per essere già evangelizzati.
Ma la cosa riguarda ancor più il nuovo Dicastero per lo sviluppo umano integrale, perché l’integralità dello sviluppo non vuol dire solo che, ben oltre l’economico, va promosso tutto l’uomo, ma che vanno promossi tutti gli uomini, tutti gli uomini e le donne, tutti integralmente umani. Perché la novità è questa (forse la meravigliosa eresia di cui accusano papa Francesco) che “l’umanità è la cifra distintiva con cui leggere la riforma (della Chiesa)”. L’integralità infatti è che “l’umanità ci accomuna in quanto figli di un unico Padre”, “l’umanità chiama, interpella e provoca, cioè chiama a uscire fuori e a non temere il cambiamento”.
Usciamo dunque anche noi: l’umanità frammentata e divisa, anche per le cattive rappresentazioni di Dio, deve e può diventare una cosa sola. E questo è il Natale.
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Natale: un amore che non trema
Posted by fidest press agency su domenica, 15 dicembre 2019
Sapranno queste feste natalizie indurci a “conoscere Gesù per riuscire veramente a conoscere noi stessi?”. Pensandoci bene potrebbe risultare un quesito da porre e fin’anche opporre in qualsiasi famiglia, scuola e società, senza per questo correre il rischio di incappare nel peccato di voler per forza dire qualcosa di nuovo. Noi camminiamo la nostra vita, e come ha detto Papa Francesco, lo facciamo mettendo finalmente di lato il lievito vecchio, per esser infine pasta nuova, chi a testa bassa, chi con il viso in alto, ma con il coraggio del cambiamento, quel coraggio che non sta a irresponsabile sfida alle regole né alla morte, anche perché volenti o nolenti di dura cervice è sempre la morte a prendersi tutto il banco. Quel coraggio che sta a chi ha cuore, per abbandonare la strada vecchia, i carichi inutili, i pesi superflui, la zavorra che ci tiene alla catena dei nostri deliri di onnipotenza e deliri di commiserazione.
Siamo protesi allo scambio relazionale e delle idee, e, in forza di ciò prendiamo conoscenza e consapevolezza del carico e della somma che vestono questo Bambino, ecco perché nasce in noi la voglia dell’interrogativo e della volontà di crescere insieme, dentro quella solidarietà che non è una parola in disuso, ma come ha ben detto Don Enzo fondatore della Comunità Casa del Giovane significa consegnare a ciascuno quel che ha bisogno, a ognuno ciò che gli compete, ed io aggiungo fin’anche il diritto di vivere e non più soltanto di sopravvivere.Nel suono di questo messaggio si esplicita fortezza e credibilità sufficiente per frapporsi alle etichette e agli stereotipi fuori dall’uscio di ogni dimora così bene aperta alla critica eppure resistente alla partecipazione fattiva del miglioramento, perché ciò ci costringe a essere tutti coinvolti, nessuno escluso. Ci costringe a fare ricorso alle nostre energie interiori per pensare a quel Bimbo non come a un emarginato, a qualcuno da mettere di lato ogni qual volta la vergogna ci fa nascondere dalla realtà preferendo il virtuale più comodo. “Vedere il Bambino Gesù” è gioia di tutti, non è un fardello da scaricare sulle generazioni del presente, quali unici ostacoli fragili delle mercificazioni, di quei “modelli” che favoriscono proiezioni infantili e aspettative fasulle.Questo Natale è movimento per aprire al nuovo, quel respiro dentro la culla sta a pro-mozione verso qualcuno-altro, promuovendo il suo sviluppo, e la preghiera che dobbiamo alzare dovrà metterci di fronte a un senso profondo di corresponsabilità, disponibilità, solidarietà che ha il compito di limitare il disagio, il malessere di quest’epoca frammentata e dilacerata, questo malessere ospitato disabilitando la nostra stessa fede.
Dunque come orientarci e sentirci vicini a quel Bambino? Domande che incalzano incessantemente ognuno nella propria azione morale, infatti noi non siamo pietre rotolanti ai piè di chissà quale rupe, allora, perché il Santo Natale abbia un accesso davvero leale, occorre stare in relazione con noi stessi per sentirci impegnati ad agire, nella maniera e nella misura che ci consentiamo.
Il Bimbo nasce per aiutarci con l’amore a fare scelte coraggiose, importanti, per rendere gli uomini liberi come ci ricorda ogni giorno don Enzo : “liberare la propria libertà”. Ecco perché è importante la domanda-affermativa: “vediamo il Bambino Gesù”, essa è insegnamento a pregare e sperare con responsabilità, in quanto scelta e responsabilità formano la più alta delle libertà. La libertà di credere in Gesù.
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A margine del viaggio di Papa Francesco in Africa
Posted by fidest press agency su mercoledì, 11 settembre 2019
Di tanto in tanto ci pervengono riflessioni da parte di alcuni missionari che possiamo definire “di confine” per la loro opera condotta in luoghi dove la miseria è estrema e la morte falcidia giovani e meno giovani per fame e sete e malattie e là dove è difficile poter sostenere una idea di speranza che non vada a scontrarsi brutalmente con la disperazione e la rinuncia alla stessa vita. In quei luoghi insegnare ad aver fede, suscitare sentimenti di carità e risvegliare la speranza diventa un impegno estremo e gravoso. Si ha netta, in costoro, l’impressione che si stia vivendo una esperienza che ha risvolti molto amari per il genere umano. Vi è un divario enorme tra il bisogno ed il suo soddisfacimento e che questo bisogno non è lo stesso del povero in occidente. E’ di una “natura estrema”. E’ una miseria che uccide, falcidia senza remissione milioni di persone. Eppure sono per lo più i poveri che in occidente offrono un obolo ai fratelli più sofferenti, ma è pur sempre una goccia in un mare di necessità. Vorremmo che questi stessi missionari diventino testimoni della nostra cattiva coscienza, degli egoismi che non ci permettono di capire che la carità non ha più senso. Occorrono interventi che facciano giustizia di queste miserie, le riscattino in un piano di vaste proporzioni che partano dalla spontanea volontà di chi più dispone di lasciare una grossa fetta dei loro averi a chi averi non ha nemmeno per procurarsi un sorso d’acqua. Se riusciamo a renderci consapevoli di tutto ciò forse potremmo trovare nella speranza un barlume di certezza per il nostro futuro.
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Papa Francesco e Benedetto XVI: Il nuovo libro sullo scandalo degli abusi sessuali
Posted by fidest press agency su sabato, 29 giugno 2019
L’evento straordinario è contrassegnato dalle pagine di questo nuovo libro: per la prima volta nella storia della Chiesa due Papi parlano all’unisono, denunciando la piaga terribile della pedofilia che ha sconquassato la Chiesa negli ultimi anni.
Una summa del pensiero di Papa Francesco e del Papa emerito Benedetto XVI sul fenomeno degli abusi sessuali perpetrati a danno dei minori da parte di sacerdoti, laici e prelati.I due Papi, pur avendo un approccio diverso sulle cause di tale fenomeno, denunciano con un’unica voce, quella di Pietro, una tragedia che non può e non deve rimanere sottaciuta, individuandone le cause e la cura.Una scelta, questa di pubblicare testi di Francesco e Benedetto XVI sugli abusi sessuali a danno dei minori, dettata anche dalla necessità di spengere un fuoco che è stato alimentato da una ridda di supposizioni fatte da chi vede una contrapposizione tra Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI. Un fronte progressista ed uno tradizionalista che non perdono occasione per affermare la supposta supremazia dell’uno sull’altro. Questo libro dimostra come tale contrapposizione non esista ed, anzi, sia frutto di una strumentalizzazione che mira a dividere la Chiesa.Come spiega in modo chiaro Padre Federico Lombardi nella sua Introduzione non esiste un’ermeneutica della divisione e chi vuol far credere ciò lo fa in modo strumentale.Pur se differente l’approccio che i due autori hanno sul grave scandalo della pedofilia, comune ed evidente è la volontà di condannarla e di combatterla, al fine di risanare una profonda ferita che ha colpito la Chiesa e il popolo di Dio.
ntroduzione di Federico Lombardi, sj A cura di Pierluca Azzaro Cantagalli 2019 | pp. 144 | euro 15,00 In libreria dal 1 luglio 2019 Tradotto in spagnolo, francese, portoghese, tedesco, inglese, albanese
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Papa Francesco: pellegrino nelle periferie di Roma
Posted by fidest press agency su lunedì, 10 giugno 2019
“Francesco è in senso tecnico un rivoluzionario, uno che rovescia i paradigmi, cambia le prospettive, ribalta le mentalità e tra le tante rivoluzioni una è proprio questa: per lui la periferia è il centro, centro e periferia coincidono”. È quanto scrive Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, nella Prefazione al libro di Giovanni Tridente, Pellegrino di periferia. Le visite di Papa Francesco alle parrocchie romane, in uscita in questi giorni per le edizioni Amazon.“Il cuore di un popolo lo s’incontra, lo si tocca andando in periferia, frequentando il margine del territorio, l’area degli ‘scarti’ – aggiunge Monda –. Il suo è lo stesso approccio del medico che la prima cosa che fa incontrando il paziente per conoscere le sue condizioni è sentire il polso, cioè la periferia, per capire come va il cuore”.
L’ultimo lavoro realizzato da Giovanni Tridente – che insegna giornalismo d’opinione presso la Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce ed è corrispondente in Italia della rivista spagnola PALABRA –, prende spunto dalle prime parole pronunciate da Papa Francesco sei anni fa, dalla Loggia della Basilica Vaticana la sera del 13 marzo 2013. In quell’occasione, il Pontefice appena eletto irruppe con quel poco canonico “buonasera” rivolgendosi alla “comunità diocesana di Roma”, che finalmente ri-aveva il suo Vescovo. E chiese al “popolo” di benedirlo, per incominciare insieme il cammino.Un cammino che si è poi concretizzato negli anni attraverso le visite alle parrocchie della Diocesi, una ventina quelle realizzate finora, che Tridente ha in parte analizzato nei dettagli, tracciando quello che a suo dire può essere definito un vero e proprio “apostolato della periferia”. Infatti, soffermandosi su quelle compiute a partire dal 2017 – subito dopo il Giubileo della Misericordia –, partendo dalla periferia nord di Guidonia, passando per Ponte di Nona, Ottavia, Casal Bernocchi, Ponte Mammolo, Corviale, Tor de’ Schiavi, Labaro e fino all’ultima di pochi giorni fa a San Giulio a Monteverde, Tridente evidenzia come il Papa abbia voluto portarsi in territori dove molta gente vive spesso ai margini e le parrocchie sono l’unica realtà che prova a far fronte nei limiti del possibile a tante esigenze.L’idea del pellegrinaggio è data poi dalla frequenza con cui il Vescovo di Roma penetra nei territori più periferici della sua Diocesi; se si rappresentasse graficamente su una mappa il tragitto compiuto dal Papa ipoteticamente a piedi partendo dalla Città del Vaticano, verrebbe fuori – considerando le ultime 9 visite analizzate – un percorso di ben 178 chilometri, per una durata calcolata da Google Maps di 37 ore di cammino.Il libro di Tridente mette quindi in evidenza, soprattutto nelle conclusioni, i temi forti di questo apostolato cittadino e periferico del Vescovo di Roma, che è stato possibile trarre dai discorsi che il Papa ha pronunciato nei diversi incontri con le specifiche realtà di ciascuna comunità – bambini, ragazzi, famiglie, anziani, malati, poveri, volontari. Su tutti risaltano la condanna delle “chiacchiere” – un vero e proprio “atto terroristico” secondo Francesco, che ha stigmatizzato quasi in ogni visita –, l’esigenza della “preghiera vicendevole”, l’urgenza della “testimonianza esemplare” e della “gioia” che porta “pace”, ma anche un amore testimoniale fatto di “ascolto”, l’apprezzamento della vita in ogni sua fase e la predilezione per la “mamma di tutti”, Maria, la Madonna.“Il Papa sa che il dialogo, altro suo tema forte, non si fa tanto con le parole, ma facendo qualcosa insieme, condividendo un’esperienza operosa, concreta. È quello che il Vescovo Francesco sta facendo dal 13 marzo 2013 camminando insieme al suo popolo, il popolo della Diocesi di Roma”, conclude Andrea Monda nella sua Prefazione.
Pellegrino di periferia. Le visite di Papa Francesco alle parrocchie romane Autore: Giovanni Tridente Editore: Amazon Pagine: 96 Prezzo: 10,30 € (Ebook 3,99 €)
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Pentecoste con Papa Francesco: la veglia e la messa
Posted by fidest press agency su venerdì, 7 giugno 2019
Vaticano. Sabato 8 e domenica 9 giugno 2019. Tv2000, in collaborazione con Vatican Media, trasmette in diretta tre appuntamenti di Papa Francesco in occasione della solennità di Pentecoste: sabato 8 giugno, a partire dalle ore 12, l’udienza in Aula Paolo VI ai partecipanti all’incontro promosso da Charis (organismo di servizio internazionale per il Rinnovamento Carismatico Cattolico) e alle 18 la veglia di Pentecoste in piazza San Pietro; domenica 9 dalle 10.30 la messa di Pentecoste celebrata dal Papa in piazza san Pietro, a seguire la recita del Regina Coeli. (fonte: Newsletter Tv2000)
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Il biglietto da visita di Papa Francesco
Posted by fidest press agency su domenica, 19 Maggio 2019
Nella vicenda dell’Elemosiniere del papa che riattacca la luce ai nuovi romani immigrati c’è come il precipitato e il significato di tutto il pontificato di Francesco; e vi è anche tracciato il disegno dell’unica Chiesa che è possibile nel futuro. I dibattiti che hanno imperversato sui giornali e nei talk-show su questo fatto che nessuno ha visto ma che è subito diventato un grande evento mediatico, sono stati di una trivialità impressionante. Nessuno ha visto la verità profonda di quanto è accaduto; la discussione era tutta su chi dovesse pagare le bollette della luce, se si potesse ammettere uno strappo alla legalità nel centro di Roma, tanto più se compiuto da uno “Stato estero” come il Vaticano; addirittura secondo l’ex giudice Nordio, un magistrato di qualche notorietà, l’Italia avrebbe dovuto aprire una questione diplomatica con la Santa Sede per violazione della legge e del Concordato del 1984, se non addirittura del Trattato del 1929.
A nessuno è venuto in mente che il papa è il vescovo di Roma, e che un vescovo sta lì per portare la luce dove sono le tenebre, e che la sua legge non è il contratto di compravendita dell’energia, ma è il Vangelo. Nessuno si è ricordato che papa Francesco ha cominciato il suo ministero a Roma lamentando che se un barbone moriva di freddo in via Ottaviano nessuno se ne curava, mentre se calavano due punti in Borsa se ne faceva un grande pianto, e che l’economia in forza della quale questo avveniva è un’economia che uccide, e che una società che lo permette è una società dello scarto.
Soprattutto a nessuno è venuto in mente di discutere che cos’è la legalità.
La legalità è violata a Roma quando si permette a Casa Pound di cingere d’assedio una casa popolare per intercettare, minacciare e tenere prigioniera una famiglia di ex nomadi, e nessuno interviene, fino a quando la Sindaca in persona non va a rompere l’assedio.
La legalità è calpestata a Roma quando un ministro degli Interni per vendicarsi taglia i fondi destinati a Roma capitale, dicendo che Roma non deve essere trattata meglio di un qualsiasi comune dell’hinterland milanese.La legalità non esiste a Rio de Janeiro, dove si mette in prigione Lula per non fargli vincere le elezioni, ma si lascia che un milione di persone viva nelle favelas tra le fogne attaccandosi per la corrente elettrica ai semafori della strada.Ma non c’è solo una legalità dovunque violata: c’è una legalità selvaggia, c’è una legalità che legittima e sancisce veri e propri reati, e anzi dei crimini. Oggi è legale in Italia ammazzare un ladro o un intruso in casa propria e in ufficio, anche senza alcuna proporzione tra difesa e offesa, o anche solo con la giustificazione di uno scatto emotivo. Oggi è considerato legale dal Parlamento, e anzi corrispondente a “un preminente interesse nazionale” chiudere i porti in faccia ai naufraghi, sequestrare i superstiti in mezzo al mare, perseguire una politica all’insegna del “meglio morti che sbarcati”, una politica per la quale sono meglio le prigioni e le torture libiche che far vedere l’Italia anche solo “in cartolina” : questi non sarebbero crimini, non sarebbe la nostra Shoà, dal momento che non si dà l’autorizzazione procedere per perseguirli a norma di legge.
Oggi è legale in Italia che a migliaia di stranieri siano negati il nome e l’anagrafe, gli si neghi cioè il fatto stesso di esistere, contro la legge che sta prima di ogni altra legge, che è la legge dell’esistenza in vita, contro la legge che è la prima di tutte le leggi, è la stessa Costituzione, che consiste nel riconoscere tutti gli esseri umani come persone.E a nessuno è venuto in mente che la civiltà dell’Occidente, la sua salutare dialettica tra diritto e giustizia, è cominciata quando Antigone ha violato la legge della città, e quella illegalità di Antigone è stata definita da Sofocle, e così ha attraversato i secoli fino a noi, come un “santo crimine”. Illegale, ma santo.
Veniamo così alla santa illegalità del papa e del suo Elemosiniere.
Che cosa gli hanno rimproverato, qual è il comportamento che invece Salvini, quello del rosario e del Vangelo in mano nei comizi, voleva dalla Chiesa? Che cosa doveva fare invece il papa secondo la politica, il governo, i benpensanti, le TV edite dalla pubblicità? Quello che doveva fare era di pagare i 300.000 euro della bolletta della luce, fare un’elargizione, mandare un assegno magari con una guardia svizzera. La Chiesa doveva fare quello che il sistema si aspetta e vuole da lei: che non metta in discussione e accetti l’ordine esistente, l’ordine iniquo, però lo ingentilisca, lo nobiliti, facendo l’elemosina, mettendo il classico fiore sulla catena della creatura oppressa, di marxiana memoria.La Chiesa doveva mandare l’assegno al palazzo di via Santa Croce in Gerusalemme e dire ai 400 disgraziati e famiglie che vi abitano: vedete come suona buona? Voi siete musulmani, animisti, non credenti, magari anche atei, non avreste neanche il diritto di stare in questa diocesi, però non importa, vedete come sono longanime, come faccio la carità, non importa se non siete cattolici o cristiani, io penso anche a voi, sono aperta, “moderna”, non discrimino, perciò state buoni.
Invece la Chiesa non ha fatto questo. È andata lì, ed è scesa nel tombino. Non ha fatto prediche, non ha fatto elemosine. Si è messa al posto loro, si è scambiata con loro, ha detto loro che se per difendere la loro vita scendono nel tombino, lei scende con loro. Ha detto: lottiamo insieme perché la luce non sia tolta. Non ha regalato un pesce agli affamati, ha detto gettate le reti dalla parte giusta, imparate a pescare, i pesci ci sono.
E non si tratta di “un gesto”. C’è dentro tutta una teologia, Dio che si scambia con l’uomo, che prende su di sé il dolore e il bisogno dell’uomo, la teologia del IV Vangelo, di Paolo ai Corinti, dei quattro grandi Concili.
E dopo aver fatto questo la Chiesa di papa Francesco fa una cosa assolutamente straordinaria: non resta lì a invadere quello spazio, non fa intrusioni nella vita di nessuno, non fa proselitismo: lascia il suo biglietto da visita, come per dire: Io ci sono.
Il biglietto da visita è importante; quando il governo Salandra tramava per portare l’Italia nella prima guerra mondiale, trecento deputati che non la volevano lasciarono il loro biglietto da visita nella cassetta postale di Giolitti, l’unico che potesse impedirla.
E così nasce una nuova potente immagine della Chiesa. Il Concilio aveva ricordato molte umili immagini in cui la Chiesa era raffigurata, prese dalla vita agricola o pastorale: la Chiesa come ovile di Dio, come campo o vigna di Dio, come casa di Dio; poi ci furono anche immagini più ambiziose, come “Gerusalemme celeste”, “Sposa dell’Agnello”, fino al simbolo del Triregno come potere su tutto. Papa Francesco aveva aggiunto la soccorrevole figura della Chiesa come ospedale da campo. E ora arriva l’immagine della Chiesa come biglietto da visita. E non è solo un’immagine, dentro c’è una teologia, c’è un Vangelo annunziato in modo nuovo, e c’è la corrispondente ecclesiologia. La visita è il modo in cui avviene la rivelazione e la presenza di Dio nella storia. Dio visita il suo popolo, Dio visita la storia degli uomini. Egli entra nella storia ma non si fa chiudere dentro di essa, la visita è la teologia in quanto teologia della storia. Gesù è la visita di Dio nel mondo, ne è l’epifania, ne è l’esegesi, “chi vede me vede il Padre”; umanità e divinità, non confuse, non divise, non separate, non mutate l’una nell’altra. Lo scambio. La Chiesa è il segno e il sacramento di questa visita divina. È presente e discreta, non vuole dominare spazi, ma non vuole più escludere e abbandonare nessuno: non conquista, lascia il suo biglietto da visita.Da qui “cambia l’idea di religione”, come ha scritto un giorno, affermando la nonviolenza di Dio, perfino la Congregazione per la dottrina della fede del cardinale Muller. Dio visita la sua unica famiglia umana, non in un solo modo, non in una sola cultura, non in una sola Chiesa. La visita in molteplici modi, perché “il pluralismo e le diversità di religione sono una sapiente volontà divina”, come dice il documento congiunto tra Chiesa ed Islam firmato dal papa il 4 febbraio scorso ad Abu Dhabi. Questo non è il Dio dell’identità, è il Dio dell’“arca della fraternità”, il Dio dello scambio. Questa è l’“ottava eresia” che a papa Bergoglio imputano i suoi accusatori della lettera del 6 aprile; questa è la Chiesa che le religioni mondane, e il mondo stesso, non vogliono, questo è il peccato che a Francesco non possono perdonare.
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Papa Francesco e la “Mirabile eresia”
Posted by fidest press agency su domenica, 12 Maggio 2019
L’accusa di eresia mossa a papa Francesco da un gruppo di scribi che ha ora ripreso e aggravato la denuncia, sfrontatamente denominata “Correctio filialis”, già presentata contro di lui il 16 luglio 2017, è una cosa meravigliosa.
Per sostenere infatti l’anatema e le conseguenti dimissioni o deposizione del papa, il pamphlet riunisce in un’unica sezione alcuni passaggi dell’Esortazione “Amoris laetitia” e la citazione di “atti, parole e omissioni” di papa Francesco che, letti tutti insieme, sono una straordinaria affermazione di libertà, verità e misericordia evangeliche; moniti che anzi dovrebbero essere affissi nelle sacrestie di tutte le chiese perché predicatori celebranti e confessori vi si ispirino per trasmettere ai fedeli in omelie e parole finalmente persuasive l’anelito a seguire le vie di Dio e ad assaporarne l’amore.
Del resto non si potrebbe fare una lode più grande a un cristiano e in modo più ficcante definirne l’identità che imputarlo di eresia. È il peccato rimproverato a Gesù, fin da quando nella sinagoga di Nazaret annunziò misericordia e non vendetta di Dio e perciò già allora volevano gettarlo dalla rupe, e per questo fu poi arrestato nel Sinedrio, per aver rivelato l’universale paternità di Dio: la sua religione ne era messa a rischio, Anna e Caifa avevano tutte le ragioni per metterlo a tacere. E dopo la resurrezione, quando ancora non c’era né Chiesa né religione cristiana, di certo erano eretici per la religione del tempio Pietro e Giovanni che proprio lì annunciavano Gesù e la resurrezione dei morti, meritandosi la prigione. Ed eretico è lo Spirito Santo, che pure invochiamo come guida e maestro, ma non si sa da dove viene e dove va, e la ragione di questo andare e venire è di condurci a tutta la verità, che appunto tutta ancora non conosciamo, sicché proprio lui è il latore nel mondo dell’eresia divina; e c’è un non capire oggi, che dovrà capire domani, che perfino Pietro ha ricevuto come compito.
Invece i lillipuziani che vogliono correggere il papa, e stanno tentando di sollevargli contro la Chiesa (perché quella lettera del 30 aprile altro non è che un appello alla sedizione) credono di sapere tutto, credono di avere in mano tutto, credono di avere in pugno Dio stesso che fin lì deve andare e non oltre, deve stare nei limiti che loro stessi gli hanno assegnato, che corrispondono al loro “deposito” di cui come fondamentalisti e integristi hanno la chiave (la naftalina è già dentro); e di tutte le ricchezze del cielo e della terra e di tutte le teologie delle Chiese e dei santi sanno solo il Concilio di Trento, che nelle pezze d’appoggio per l’accusa di eresia è citato a ogni piè sospinto, 13 volte (e il Concilio Vaticano Primo, 10 volte). A leggere il corredo dei testi canonici che essi hanno allegato per definire la vera fede, che sarebbe negata nella Chiesa di oggi, ci è tornata alla mente una facezia che si raccontavano i Padri al Concilio Vaticano II, quando negli intervalli si recavano ai due bar installati dietro alle tribune, scherzosamente chiamati l’uno “Bar Jona” e l’altro “Bar Abba”. Si diceva che una mattina il cardinale Ottaviani, il gran carabiniere dell’ortodossia, prefetto del Sant’Uffizio e come tale predecessore dei cardinali Ratzinger e Müller, svegliatosi tardi saltò su un tassì chiedendo di essere portato subito al Concilio. Nel tragitto si addormentò, e quando si svegliò si accorse che il tassì viaggiava fuori Roma, in aperta campagna; allarmatissimo disse all’autista: “ma dove andiamo, le ho detto di portarmi al Concilio”. E quello rispose: “Certo, Eminenza, la sto portando al Concilio di Trento”.
Il Concilio di Trento ha segnato tutta una stagione della vita della Chiesa, controriforma, divisione dei cristiani, lotta alla modernità. Bisogna leggere “Il paradigma tridentino” dello storico Paolo Prodi per sapere quanto l’aver ristretto il sacro nei bastioni di Trento sia costato alla Chiesa e alla stessa umanità contristata nella sua gioiosa fruizione di Dio; ad ogni modo, come nella sua autobiografia ha scritto quel grande storico del Tridentino che fu Hubert Jedin, “l’epoca tridentina della storia della Chiesa è tramontata” e proprio il Vaticano II ha fatto di ciò un “patrimonio comune” e ha elaborato il “commiato da Trento”, avvertito “come il maggior ostacolo alla riunificazione dei cristiani”.
Non a caso il papa è accusato dai restauratori di oggi di indulgere alle idee di Lutero, di essere andato a celebrarlo a Lund, di aver fatto dare la comunione in san Pietro a un gruppo di luterani e di aver perfino presieduto alla sala Nervi un incontro di cattolici e protestanti usando loro la cortesia di metterci una statua del riformatore tedesco.
Ma questo svela anche qual è la vera posta in gioco, che non è il caso specifico della disciplina del matrimonio indissolubile e della comunione ai divorziati risposati, materia delle sette eresie contestate al pontefice, ma è la questione della dignità umana, la “Dignitatis Humanae” dell’ultimo Concilio, cioè la questione suprema della libertà delle persone, del primato della coscienza, dei ritmi e dei modi propri di ciascuno di obbedire ai richiami morali e alla guida di Dio, di una Chiesa che non è la padrona dei comportamenti deputata a prescrivere il dover fare dei singoli e di ogni potere, ma è l’ospedale che fascia le ferite e il pastore che guida danzando i popoli ai pascoli lussureggianti di vita, non centrale mondana dell’etica ma veicolo universale di salvezza.
Ed è veramente consolante, dopo secoli di cultura finiti nell’ateismo globale, vedere che le accuse alla Chiesa di papa Francesco sono ora quelle di non condannare eternamente nessuno, di ritenere tutti raggiungibili dalla grazia santificante, di non rinchiudere nessuno nel peccato mortale per lo stato in cui è invece che per quello che fa, di riconoscere la gradualità con cui ciascuno progredisce nella risposta all’amore di Dio e al dettato morale, di far conto del giudizio della coscienza sulla bontà degli atti sessuali, di non usare il corpo del Signore nella comunione come scettro di divisione invece che di unità, di non voler trasformare i confessionali in sale di tortura, di proclamare, insieme ai musulmani (è l’ottava, suprema eresia del papa!) che Dio stesso ama e ha pensato nella sua Sapienza i molti modi e le diverse forme in cui gli uomini si rivolgono a lui, mentre è sempre Dio a prendere l’iniziativa di venirci incontro e di giustificarci.
Ed è proprio questo ciò di cui l’umanità ha bisogno: sentirsi amata, non selezionata tra giustificati e “dannati al fuoco eterno”, ha bisogno di Chiese che capiscano il faticoso viaggiare umano tra le stazioni della libertà, che sappiano che la libertà di coscienza è stata data agli esseri umani da Dio prima ancora della libertà della grazia (Bernardo da Chiaravalle).
Noi comprendiamo che a molti uomini di potere non piaccia la libertà traboccante dalla fede al posto di una libertà centellinata e vigilata dalla legge, e non piace nemmeno ai siti web della campagna anti-Bergoglio, agli ex vaticanisti “embedded” e svezzati in un Vaticano che non c’è più e, perduto quello, persuasi a retrocedere al Sinedrio. Ma questo inno alla gioia, alla libertà, alla misericordia e al perdono che rompe la tristezza dei tempi è così prezioso che nessuna “correctio” potrà soffocare.
Nel nostro sito, nella sezione “Dice Francesco”, pubblichiamo quello che dice Francesco, e con lui altri vescovi, nella sintesi che ne fanno i suoi accusatori, i quali, proprio in tal modo, senza saperlo, ne fanno a sua gloria la più grande apologia.
Dell’assemblea di “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” del 6 aprile scorso pubblichiamo l’intervento di Luca Attanasio sui “minori migranti” e quello di Antonio De Lellis sul cappio del debito; dal “Foglio” di Torino pubblichiamo un commento sul papa che bacia piedi neri e musulmani. http://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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Papa Francesco in Campidoglio: l’abbraccio a Roma e ai romani
Posted by fidest press agency su martedì, 26 marzo 2019
Roma. Per la prima volta il Santo Padre ha fatto visita in Campidoglio. Un gesto d’amore nei confronti della città a dieci anni esatti dall’ultima volta che un Pontefice è salito sul Colle Capitolino. Segno tangibile della grande attenzione che il Vescovo di Roma ha per la sua comunità. Il Santo Padre è giunto in Campidoglio alle 10.15 accolto dalla Sindaca di Roma Virginia Raggi all’ingresso di Sisto IV del Palazzo Senatorio. Da qui ha raggiunto lo studio della Sindaca per un colloquio privato e si è affacciato dal balconcino con la vista sui Fori Romani. Dopo aver incontrato il Vice Sindaco, i presidenti dei Gruppi Consiliari e i dirigenti capitolini nella Sala dell’Arazzo e gli Assessori capitolini e i Presidenti dei Municipi nella Sala delle Bandiere, ha qui posto la sua firma nel Libro d’Oro Capitolino.
Il Santo Padre ha fatto poi ingresso nell’Aula Giulio Cesare dove ha ascoltato il saluto della sindaca e ha rivolto all’Assemblea un suo messaggio.“Roma, città ospitale, è chiamata ad affrontare questa sfida epocale nel solco della sua nobile storia; ad adoperare le sue energie per accogliere e integrare, per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita. Roma, fecondata dal sangue dei Martiri, sappia trarre dalla sua cultura, plasmata dalla fede in Cristo, le risorse di creatività e di carità necessarie per superare le paure che rischiano di bloccare le iniziative e i percorsi possibili. Questi potrebbero far fiorire la città, affratellare e creare occasioni di sviluppo, tanto civico e culturale, quanto economico e sociale. Roma città dei ponti, mai dei muri!”, ha detto nel suo intervento in Aula il Pontefice.“È un onore per me accoglierLa in Campidoglio ed è con profonda e sincera emozione che Le do il benvenuto in quest’Aula, a nome di tutti cittadini di Roma”, ha dichiarato Raggi sottolineando che la Capitale è “città aperta, città del multilateralismo e del multiculturalismo. Roma guarda al futuro e si conferma ancora una volta città del dialogo”.Al termine del discorso la Sindaca ha ringraziato il Santo Padre per la sua presenza in Campidoglio e ha annunciato l’istituzione di due borse di studio e l’intitolazione della Sala della Piccola Protomoteca di Palazzo Senatorio all’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco.Il Santo Padre a ricordo della Sua visita ha donato un mosaico che riproduce il Colosseo e medaglie del Pontificato.Papa Francesco, insieme alla Sindaca, si è poi affacciato alla loggia del Palazzo Senatorio dove ha salutato i cittadini e le scolaresche presenti in piazza del Campidoglio.Sua Santità, prima di terminare la visita in Campidoglio, ha raggiunto la Sala della Protomoteca dove ha incontrato e salutato con affetto i dipendenti capitolini con i loro familiari.
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Non a tutte le donne è piaciuta l’apologia della donna fatta da papa Francesco
Posted by fidest press agency su sabato, 16 marzo 2019
Lo ha detto nel corso dell’Incontro “sulla protezione dei minori nella Chiesa” quando, intervenendo di sorpresa, ha detto che ascoltando parlare una donna – la sottosegretaria del dicastero dei laici e della famiglia – aveva sentito la Chiesa parlare di se stessa, delle sue ferite, perché la donna è l’immagine della Chiesa, che è donna, è sposa, è madre, e la Chiesa stessa va pensata con le categorie della donna; infatti senza la donna, senza il genio femminile, essa sarebbe forse un sindacato, non un popolo.
Il disappunto è che sia tornata anche in queste parole l’idealizzazione “della” donna, che le donne hanno molto sofferto, essendo poi misconosciute come persone.
Ci ha scritto dopo la nostra lettera del 26 febbraio in cui parlavamo di questo, la teologa Marinella Perroni: “Sono del tutto d’accordo – come peraltro sempre – con le riflessioni proposte. Mi permetto però una considerazione critica, anche se non ho grande fiducia di poter essere, se non capita, almeno ascoltata. Il discorso che Papa Francesco ha fatto a braccio dopo la relazione di Linda Ghisoni ha messo in luce, al di là delle sue migliori intenzioni, quanto anche lui resti totalmente prigioniero di luoghi comuni che, sia pure con retoriche diverse, da secoli impediscono alla chiesa di includere le donne (si veda per esempio al riguardo la nota di Antonio Autiero sul blog del “regno-delle-donne”). L’esaltazione è sempre stata l’altra faccia dell’esclusione. Era un discorso impregnato di paternalismo patriarcale e, quindi, totalmente in linea con quel clericalismo che dice di voler sconfiggere. Finché non si ascolterà il pensiero che le donne hanno elaborato negli ultimi due secoli, la cultura delle donne, le istanze delle donne e si continuerà a parlare “sulla” donna, non sarà possibile liberare la chiesa dal clericalismo, che è una delle più tristi manifestazioni del sessismo. Un giorno, forse, gli uomini di chiesa, chierici o laici poco importa, accetteranno non di parlarne ma di ascoltare e, forse, capiranno che aveva ragione Carlo Maria Martini quando diceva che sono rimasti duecento anni indietro”.
Così scrive la nostra teologa (“nostra” per affetto e per stima). Ma anche su Facebook si è accesa una discussione sulla nostra lettera, a prova di quanto la questione sia patita. Ha scritto per esempio Franca Morigi: “Posso mostrarmi perplessa e un po’ perturbata dalla donna madre-moglie figura o specchio della Chiesa? Molto più significative le espressione ‘principio femminile, pensare con le categorie di una donna’ e “diritto di Antigone, del più umile, vincolato ai nutrimenti terrestri, alla pietà’. Pietà contro Maestà” .
È stata anche citata una poesia di Anonima: “Io sono quella che cantano i poeti… io sono parlata ma non parlo sono scritta ma non scrivo, io sono dipinta, ritratta, scolpita, il pennello e lo scalpello mi sono estranei. Nessuno ascolta le mie grida silenziose…… Io sono quella che non ha linguaggio, non ha volto, non esiste… la donna”.
Quanto al blog del “Regno delle donne” edito “in collaborazione con il Coordinamento delle teologhe italiane”, citato da Marinella Perroni, esso si chiede se si può ancora pensare “al soggetto ecclesiale secondo una linea di distinzione tra maschile e femminile”.
No, non si può, non si può più. Un’esclusione delle donne dai ministeri nella Chiesa basata sulla sola differenza di genere non è più concepibile a questo punto della cultura, dell’antropologia e della storia. Lo è stato per secoli, fino ad ora, fino alla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II “sull’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini” che dava per decisa “in modo definitivo” la questione (ma senza alcun crisma di autorità infallibile) con l’argomento che così avrebbe stabilito Cristo stesso “chiamando solo uomini come suoi apostoli”, e agendo “in un modo del tutto libero e sovrano”, che era come dire senza che umanamente se ne possa rendere ragione, cosa di per sé incompatibile con tutta la pedagogia di Gesù.
In realtà i teologi, per fare stare in piedi la dottrina, hanno cercato di darne ragione, ognuno con la cultura del suo tempo (sempre, peraltro, sfavorevole alle donne), fino all’argomento novecentesco che Gesù era maschio, il sacerdote è lui, e così devono esserlo tutti gli altri. Ma prima di questo, essi hanno insegnato per secoli – come ci ha ricordato Giovanni Cereti, l’animatore della “Fraternità degli anawim” – che le donne non potevano essere ordinate preti “ratione servitutis”, a causa della condizione di servitù. Ossia, non erano libere; e tre erano le categorie escluse dal sacerdozio per questo motivo: gli schiavi, gli Indios e le donne. La ragione era che non avevano il “dominium sui”, la proprietà cioè di sé e delle proprie azioni, in cui propriamente, secondo gli scolastici, consisteva la libertà. Oggi nessuno più dice che gli schiavi non possono diventare preti, perché la schiavitù è felicemente (almeno in punto di diritto) abolita; di preti e vescovi indigeni ce n’è quanti se ne vuole; ma solo per le donne, e solo “perché donne” la discriminazione è rimasta; e se non sono padrone di sé, vuol dire che sono di qualche altro padrone. Né se ne può uscire con l’espediente del ripristino delle donne diacone, in funzione del prete, o a compensare la mancanza di clero; la discussione sul diaconato femminile non è che una strategia della distrazione che non può durare; il vero problema sono i ministeri nella Chiesa, ivi compreso il sacerdozio alle donne, e non come imitazione del maschio, ma come capacità originaria divinamente fondata.
Però ci sono due buone ragioni a difesa dell’esternazione del papa, che fanno anche di quel suo breve intervento all’Incontro romano una gemma. La prima è che, anche a voler introdurre questa novità nella Chiesa, la sua scelta è di cambiare la Chiesa non per decreto, ma con la Parola; e la parola nella Chiesa è performativa, opera ciò che dice, se non resta isolata ed è seminata nel fecondo terreno della collegialità.
La seconda è che il papa è un uomo, e le donne devono rassegnarsi ad essere pensate non solo come esse pensano se stesse, ma anche come sono pensate dagli uomini. Non, naturalmente, da quelli che le uccidono e vogliono farle da padroni, ma da quelli che le amano, ciò che non è un fatto di sentimento, ma un’antropologia. E, almeno finora, nell’immaginario maschile “la donna” , anche quella più vincolata alla terra, “ai nutrimenti terrestri”, ha una sua potenza, un suo fascino ideale, come il divino, che è molto raccontato ma anche apofatico, che non si può dire. Come ha detto papa Francesco parlando un giorno della Genesi, Adamo, prima di vedere la donna, “l’ha sognata”, diversa da tutto il resto. Ciò non dovrebbe essere peraltro solo a riguardo della donna, ma di tutti gli esseri umani, perché in tutti gli esseri umani bisognerebbe saper vedere il divino, riconoscere l’arcano che è in loro, capire cosa significa per tutti essere “figlio e figlia di Dio”. Ma forse ciò riesce meglio agli uomini nel pensare le donne, come dicono i miti e le culture che nella donna hanno intravisto il divino, da Venere alla donna biblica destinata a schiacciare la testa del serpente, dalla bella Sulammita del Cantico dei Cantici, il cui amore è “fiamma di Jahvé, alla “Celeste Aida, forma divina” che cantiamo spensieratamente nei nostri teatri. Altro che “ratione servitutis”! O è solo poesia? C’è una potenza delle donne che forse nemmeno il femminismo è riuscito finora del tutto a pensare. Ma certo qui è la storia che si deve dipanare.
Intanto la politica si incupisce. Nel sito pubblichiamo un’analisi degli psicologi che spiegano come la logica del nemico, veicolata dal “decreto sicurezza”, rischia di inquinare tutto il “capitale sociale”, cioè il nostro sentire civile. Ma il Movimento Cinque Stelle ha mancato il momento opportuno per aprire la crisi di governo, mettendosi in mano a Salvini e così, consegnato il popolo, votandosi alla fine.
Annunziamo anche un convegno a Roma, che prelude a una nuova mobilitazione in difesa della Costituzione, e aggiorniamo il programma dell’assemblea del 6 aprile di Chiesa di tutti Chiesa dei poveri, sulle maggiori emergenze da affrontare nella crisi, a cui tutti, e specialmente i giovani, sono invitati. http://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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Papa Francesco annuncia: nel 2020 l’apertura degli archivi di Pio XII
Posted by fidest press agency su sabato, 9 marzo 2019
Papa Francesco ha annunciato che nel 2020 sarà possibile consultare gli archivi di Pio XII, che salì al soglio di Pietro il 2 marzo 1939 e rimase in carica fino al 9 ottobre 1958.
La figura di Papa Pacelli e il suo pontificato sono sempre stati oggetti di polemiche e opinioni discordanti: c’è chi l’ha sempre accusato di non aver fatto nulla per salvare gli ebrei dal genocidio nazista e c’è chi, invece, sostiene la caparbietà delle suo operato nascosto.Motivo per cui l’apertura dei suoi archivi potrebbe rappresentare un spartiacque decisivo alla scrittura di quanto avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale.Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, non crede che la consultazione della carte possa aprire nuovi scenari:“Non abbiamo dubbi su quello che sia successo. Il nostro giudizio storico sugli eventi non cambia. Dovranno uscire fuori cose clamorose per smentire i dati oggettivi storici Vorremmo sapere quali documenti saranno messi a disposizione. Ci sono tutti o solo una parte? Ci auguriamo che il Vaticano renda accessibile tutto. Ci sono studiosi accreditati ma anche quelli della nostra comunità probabilmente studieranno le carte. Ci sarà da lavorare”.Sulla notizia data da Papa Francesco si è espresso anche lo Yad Vashem, che in comunicato ha reso noto:“Per anni abbiamo fatto appello per la loro apertura, cosa che consentirà una ricerca obiettiva e aperta, nonché un discorso comprensivo sulle questioni collegate alla condotta del Vaticano in particolare, e della Chiesa cattolica in generale, durante l’Olocausto”.Così come auspicato da Di Segni, anche il museo della Shoah “si aspetta che ai ricercatori sia dato pieno accesso a tutti i documenti archiviati”.
In passato ci sono state apre polemiche sulla figura di Papa Pacelli, soprattutto sulla sua mancata opposizione alle leggi razziali e al silenzio durante la Shoah.
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Papa Francesco incontra la comunità Ail
Posted by fidest press agency su sabato, 2 marzo 2019
Città del Vaticano, 2 marzo 2019 – Questa mattina Papa Francesco ha ricevuto in udienza speciale una nutrita rappresentanza della numerosissima comunità di AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie, i linfomi e il mieloma che, in occasione dei 50 ANNI dalla sua fondazione, è giunta da ogni parte di Italia. Erano 6.000 i volontari delle 81 sezioni provinciali AIL che insieme ai pazienti e ai loro familiari, ai medici e ai ricercatori hanno affollato, festanti ed emozionati, l’Aula Paolo VI per incontrare il Santo Padre. Prima dell’ingresso di Papa Francesco i ragazzi del progetto In viaggio per guarire hanno fatto vivere alla comunità di AIL un momento molto toccante. Dalla scuola in corsia degli Spedali Civili di Brescia un gruppo di giovanissimi, capitanato dalla professoressa Annamaria Berenzi, gira la penisola per raccontare il vissuto della malattia ematologica ai coetanei, cosa si prova a pensare che la vita non è più una certezza e raccontare di una scuola su misura che ha permesso loro di mantenere il legame con la vita di prima. “La Chiesa elogia e incoraggia ogni sforzo di ricerca dedicato alla cura dei più sofferenti. Con l’assistenza sanitaria – ha detto Papà
Francesco rivolgendosi ai volontari – vi fate prossimi a chi soffre, affinché nessuno si senta mai solo. Una delle cose che più mi ha colpito quando sono arrivato in Italia è stato il volontariato italiano.” E poi Sua Santità ha aggiunto “I medici sono chiamati alla cura della persona nella sua totalità, di corpo e spirito”.
All’incontro con il Santo Padre erano presenti, nella delegazione AIL, oltre al Presidente Nazionale professor Sergio Amadori, al Direttore Generale e a una rappresentanza dei Presidenti delle sezioni provinciali, alcuni volontari storici dell’Associazione, che con il loro infaticabile lavoro rappresentano la linfa vitale dell’Associazione; molti pazienti, tra cui i piccoli Chiara e Matteo dalle cui mani Sua Santità ha accettato in dono dei disegni, e la famiglia dell’indimenticato professor Franco Mandelli, scomparso nel luglio scorso.
“Dal 1969 abbiamo fatto un lungo cammino, a tratti faticoso, cercando di alimentare sempre i principi ispiratori della nostra missione: il dono, l’impegno solidale concreto, la gratuità e soprattutto, l’esercizio dell’umanizzazione delle cure”. Queste le parole del professor Sergio Amadori, Presidente Nazionale AIL, che prima dell’incontro con il Santo Padre ha ringraziato gli oltre 20.000 volontari e ricordato l’importanza dell’attività svolta dall’Associazione, che da 50 anni dà ai malati nuovi orizzonti di speranza grazie al sostegno alla ricerca scientifica e ai servizi di assistenza a favore dei pazienti affetti da tumori del sangue. Quindi il Santo Padre ha concluso: “La vostra storia, le vostre opere, i risultati raggiunti da voi in questi 50 anni, siano di stimolo per migliorare la vita di malati”. (Alessandro Spinelli)
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