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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°195

Posts Tagged ‘popolo’

Italiani popolo longevo

Posted by fidest press agency su martedì, 11 ottobre 2022

Gli italiani sono una popolazione tra le più longeve in Europa e nel mondo. Secondo i dati Istat, al primo gennaio 2021, oltre 17 mila persone hanno più di 100 anni. È un record a cui dobbiamo essere affezionati e che invece potrebbe essere minato da diversi fattori come stress, assunzione continua di farmaci e condizioni infiammatorie. Tutte queste condizioni possono infatti portare a un invecchiamento precoce delle cellule, alterandone il normale comportamento, rendendole più facilmente attaccabili dai radicali liberi e dallo stress ossidativo. Questo particolare stato impedisce il normale svolgimento delle funzioni vitali e questo può portare anche a disturbi cronici. Contro lo stress ossidativo che danneggia le cellule e compromette la funzionalità dei tessuti arriva in aiuto l’innovazione nel campo dei nutraceutici. Con un mix sinergico di componenti ad azione antiossidante è nato Gludat di Aqma Italia. Gludat contiene una serie di principi attivi utili contro lo stress ossidativo, che risulta essere particolarmente sviluppato in caso di diabete, alterazioni del metabolismo, arteriosclerosi, infertilità maschile, intossicazioni alimentari, avvelenamento da metalli pesanti e assunzione di farmaci. Gludat non è infatti costituito solo da una forma di glutatione protetta e particolarmente stabile ed efficace, ma anche da un insieme di Omotaurina, Coenzima Q10, Rame, N-Acetilcisteina, Zinco, Magnesio, Selenio, Vitamina D e Vitamina E, che lo rendono un alleato importante nelle diverse condizioni di stress ossidativo.

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Rampelli: “La pace si conquista solo attraverso il sostegno concreto al popolo ucraino”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 25 Maggio 2022

Se cede all’invasore non ci sarà la pace ma un’annessione, una resa incondizionata, e la vittoria di chi ha riportato in Europa le infauste modalità della Seconda Guerra Mondiale, chi ha preso e ha scaraventato i propri armamenti, i propri cingolati, i propri missili, contro una nazione libera – così il Vicepresidente della Camera dei Deputati, deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli nel corso di Rainews24 – Lo dobbiamo tenere ben impresso nella nostra mente, a beneficio dei nostri figli. Ciò che hanno conquistato i nostri padri nel corso dei decenni in Europa deve essere difeso, questa la posta in gioco, oltre alla difesa degli interessi vivi del continente e della nostra nazione. Non possiamo permettere alla Russia di riaprire quel capitolo sanguinoso per tornare a essere alter ego geopolitico dell’Occidente. Gli ucraini stanno difendendo disperatamente le proprie città, i propri teatri, i propri centri culturali e commerciali, il proprio diritto all’esistenza. Stanno combattendo una guerra asimmetrica sostenuti dall’Occidente in chiave solo difensiva, non piovono missili su Mosca e San Pietroburgo, non muoiono civili russi… Chi vuole davvero pace, democrazia e libertà, non può essere ambiguo e deve ammettere che Putin ha tirato giù la maschera, la Russia è tornata a far sventolare le bandiere dell’Unione Sovietica, con la falce e martello su campo rosso, sui pennoni delle città conquistate. Il mondo libero non può consentire il ritorno in Europa di un regime totalitario con obiettivi imperialisti.” By Carlo Prosperi

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L’indipendenza di un popolo sta nella difesa della sua sovranità politica, economica, alimentare, energetica e culturale

Posted by fidest press agency su venerdì, 6 Maggio 2022

Dalla difesa dell’indipendenza nell’Antica Grecia alla difesa dell’indipendenza politica, alimentare. energetica, economica passando per l’Impero Romano per poi finire con la una frase del fondatore di Dubai. Un intervento pieno di riferimenti culturali quello del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli che ha introdotto il valore dell’indipendenza aprendo i tavoli tematici. “Nella filosofia – ha detto Rampelli – ci s’imbatte tardi con questo termine, ci si è interrogati su felicità, amore, natura, sul rapporto tra etica e politica, non sull’indipendenza.Anche se Epicuro 300 anni prima della nascita di Cristo scriveva che il supremo frutto dell’autosufficienza è la libertà. Autosufficienza e libertà sono parenti stretti dell’indipendenza.La cultura romana diffondeva l’autorità imperiale, quasi il contrario dell’indipendenza, però garantiva nella civilizzazione delle terre conquistate autonomia culturale e giuridica. Un gradino al di sotto dell’autosufficienza, della libertà, dell’indipendenza. Grecia si ribellò all’avanzata persiana per non finire sotto un altro mondo. I troiani resistettero 9 anni all’assedio degli Achei, sconfitti solo da un colpo di genio, perché se avessero perso sarebbero stati sottomessi. La perdita dell’indipendenza nel mondo antico era perdita di dignità. Regine e principesse sarebbero state trasformate nelle ancelle dei vincitori o vendute al mercato degli schiavi. E’ la paura di perdere la libertà che dà la forza al popolo ucraino di resistere ai bombardamenti, che induce Svezia e Finlandia a chiedere l’adesione alla Nato. Gli americani si ribellarono all’impero britannico, come Gandhi e la sua India attraverso il sublime esempio della non violenza.Se il frutto dell’autosufficienza è la libertà chi ha voluto che l’Italia perdesse la propria dignità, chi le ha strappato l’indipendenza? La lista dei colpevoli è lunga, la indagheremo un’altra volta…Quel che è certo è che la nostra missione resta di riconquistarla, l’indipendenza.Noi dobbiamo ribellarci alla trasformazione dell’Italia e dell’Europa in una gigantesca piattaforma commerciale e terziaria, dove si consumano prodotti realizzati altrove e riprendere il gusto a valorizzare le nostre materie prime, produrre ricchezza, essere protagonisti dello sviluppo economico e sociale, prima che finanziario. Dobbiamo combattere la dipendenza da nazioni straniere. Dobbiamo difendere la nostra indipendenza politica.Il che vuol dire rendersi conto della crisi delle democrazie e riformarle, restituire il diritto alla partecipazione, come nel caso dell’elezione diretta del presidente della Repubblica da parte dei cittadini, a dimostrare che una democrazia può essere decidente e autorevole.E la democrazia è decidente se protegge il principio dell’alternanza, che significa rilanciare il modello bipolare: centrodestra contro centrosinistra. Nel nostro caso conservatori, nazionalisti e popolari alternativi alla sinistra e liberi di dare gli indirizzi all’economia e alla finanza.L’indipendenza dalle oligarchie passa per una riforma che rafforzi la democrazia.Perché i tempi difficili creano persone forti, le persone forti creano tempi facili, i tempi facili creano persone deboli, le persone deboli creano tempi difficili. La morale di questi sillogismi orientali – ha concluso Rampelli – è però tutta occidentale e ci rappresenta: noi vogliamo essere persone forti sia in tempi facili che in tempi difficili.

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Italiani un popolo ingovernabile?

Posted by fidest press agency su sabato, 17 luglio 2021

Dalla sua unità è trascorso oltre un secolo e mezzo; eppure, tutta la sua storia e la cronaca di questi giorni ci danno una nazione divisa anche quando con la dittatura fascista si cercò un’identità unitaria. Fu solo un fuoco di paglia che ci portò di filato in una guerra dalla quale uscimmo malconci ma non redenti. Diventammo forzatamente democristiani per ragioni di politica internazionale, ma con un partito comunista molto forte e temuto. Con lo sfaldamento della D.C. e dei suoi alleati, negli anni novanta, ci trovammo senza una guida ma alla mercé del primo imbonitore di turno. Così costruimmo un altro ventennio, dove fornimmo prova della nostra capacità di sopravvivere agli scandali, alla corruzione, al malgoverno, agli inciuci e alle panzane che ci ammannivano a manca e a destra. Ora ci ritroviamo con i cocci in mano, ma continuiamo a bramare il nostro messia politico e poco importa se ha dei difetti e delle debolezze. È lui che ci fa sognare il paese che non è e che non sarà a dispetto della cruda realtà. Per lui ci dividiamo, litighiamo, fanatizziamo e rendiamo sempre più confuso e triste la nostra vita. Non riusciamo ad avere la mente lucida, d’essere consapevoli che non è più il tempo di deleghe in bianco, ma che dobbiamo verificare di persona il mandato che noi affidiamo ai nostri eletti. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere un popolo che non ha più la licenza d’inseguire le chimere ma di misurare il futuro con le sue mani e le sue azioni. (Riccardo Alfonso)

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Purim: una festa sempre attuale che ricorda l’eterna lotta del popolo ebraico contro l’antisemitismo

Posted by fidest press agency su domenica, 28 febbraio 2021

By Ugo Volli. Le feste ebraiche molto spesso hanno un doppio significato, storico/politico ed etico/religioso; e inoltre hanno della caratteristiche espressive e pedagogiche, che le rendono facili da comunicare e da ricordare. Ma non bisogna confondere questa dimensione comunicativa della festa con il suo significato o i suoi significati.A Shavuot per esempio è d’uso mangiare cibi a base di latte e di formaggio; la spiegazione che se ne dà è spesso simbolica:“Il latte è sangue raffinato; infatti in un processo complesso e meraviglioso le ghiandole mammarie trasformano il sangue in puro latte bianco. C’è qualcosa di particolarmente soprannaturale in questo processo: prendere un liquido acre e spiacevole quanto il sangue e trasformarlo in cibo nutriente e commestibile è incredibilmente miracoloso. Anche noi possiamo simulare questo miracolo nelle nostre vite. Il sangue rappresenta la passione cruda e l’istinto indomito. Mentre il latte è simbolo di un carattere puro e raffinato. Fare latte dal sangue, ovvero raffinare i nostri istinti più bassi, è lo scopo della nostra vita”.E però la festa celebra il dono della Torah, riassorbendo un’antica festa agricola.Così a Pesach con le matzot e il rituale del Seder; ma il senso della festa è la conquista della libertà collettiva del popolo ebraico e la riaffermazione del potere divino sull’oppressione umana; Chanukkà colpisce per i lumi esposti in pubblico per ricordare i miracoli, ma essi poi in sostanza sono la vittoria della resistenza ebraica sul dominio ellenistico e la sopravvivenza della cultura tradizionale di Israele in mezzo a un mondo assai più forte, insieme seducente e ostile.Così è soprattutto per Purim, la festa che inizia questo giovedì sera. C’è chi ritiene che il cuore della festa sia il mascheramento, il fracasso, il teatro e l’abbondante uso del vino – “come fosse Carnevale”. Ma queste sono semplicemente le forme che la festa ha assunto nel corso del tempo per ragioni pedagogiche. In realtà si tratta della ricorrenza più politica del calendario liturgico ebraico. Basta leggere con attenzione la Meghillà per vederlo. Segnalo a questo proposito il bellissimo libro di Yoram Hazony, oggi forse il più importante filosofo ebraico: God and Politics in Esther, purtroppo disponibile solo in ebraico e in inglese. In sostanza la storia è quella di un complotto antisemita, del progetto di eliminare tutti gli ebrei dell’impero persiano, cioè tutti gli ebrei del mondo, dato che gli insediamenti ebraici di quel tempo (Israele, Egitto, Mesoptamia, Persia vera e propria) erano compresi nel territorio dell’impero. Il complotto viene sconfitto da una contro-congiura di palazzo, in cui ha parte essenziale Esther, una fanciulla ebrea che diventa avventurosamente regina senza rivelare la sua identità nazionale. Al culmine della storia i due complotti si scontrano in un confronto teatrale davanti al sovrano, in cui ha la meglio Esther; ma dopo avviene uno scontro armato, in cui ancora prevalgono gli ebrei e gli antisemiti vengono liquidati. Il senso religioso della festa ha a che fare col suo andamento apparentemente casuale (la parola Purim viene tradotta come “le sorti”, ma non compare altrove nelle Scritture ed è probabilmente un prestito dal persiano). L’assenza del nome divino dalla versione ebraica del testo e l’aspetto profano della narrazione alludono all’azione nascosta della provvidenza. In ambienti segnati dalle persecuzioni, come gli ebrei della penisola iberica nel Cinquecento, Esther rappresenta la difficile resistenza di chi deve nascondere la propria appartenenza.Il piano politico o nazionale della festa è più chiaro. Si tratta dell’antisemitismo e della battaglia per sconfiggerlo, che si ripete continuamente nella storia, sempre con grandi difficoltà e sofferenze. Non a caso il cattivo della storia, il vicerè Haman, è presentato come un discendente del primo nemico del popolo ebraico nell’Esodo, Amalek. Per questo la considerazione del Talmud che la festa di Purim sarà celebrata anche quando tutte le altre feste saranno state abolite (in epoca messianica), non è affatto consolante, perché sembra alludere alla previsione della perennità dell’antisemitismo, come del resto si ritrova in un passaggio chiave della Haggadà di Pesach, dove si dice che tutte le generazioni future dovranno fare i conti con l’odio di chi vuole distruggere Israele.
La lezione positiva della festa di Purim è che è possibile sconfiggere l’antisemitismo, anzi che bisogna farlo, combattendo sul piano politico-diplomatico ma anche su quello della prova di forza. Non è un caso che un grande antisemita come Martin Lutero abbia dichiarato di odiare il Libro di Esther e di preferire che fosse escluso dal canone biblico. E neanche che Julius Streicher. il direttore di “Der Sturmer” e il maggiore specialista, per così dire, di antisemitismo del regime nazista, proprio prima di essere impiccato a Norimberga per i suoi crimini, abbia accostato la sua sorte a quella di Haman, esclamando come ultima parola “Purimfest!”
Come si vede non vi è nulla di infantile, nulla di “carnevalesco”, di puramente “teatrale” in questa ricorrenza che pure è celebrativa e gioiosa. Si tratta solo di uno strato superficiale, che serve a coinvolgere i bambini e magari a confondere i nemici. Sentendo recitare la storia della persecuzione fallita, com’è precetto della festa, siamo invece invitati a pensare alle vie nascoste della provvidenza ma anche alla necessità di resistere all’oppressione, ai costi richiesti dalla sopravvivenza di un piccolo popolo “separato”; facendo i doni alimentari (e non) che sono un altro obbligo della festa, siamo richiamati al legame di solidarietà e di appoggio reciproco che sono alla base dell’esistenza collettiva del popolo. Va benissimo festeggiare, mascherarsi e cantare; ma bisogna anche sapere che questa gioia deriva dalla celebrazione di una vittoria difficile e imprevista contro un progetto di “soluzione finale”. (fonte: https://www.facebook.com/FocusOnIsrael

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In nome del popolo sovrano

Posted by fidest press agency su lunedì, 11 gennaio 2021

Ho scritto tempo fa che gli italiani, a mio avviso, sono dei “rassegnati e cinici”. Resto dello stesso avviso aggiungendo che ora si comportano come un malato terminale: sa di morire e reagisce staccando la spina, rifiutando di curarsi e preferendo spendere gli ultimi giorni che gli restano, volgendo lo sguardo alle futilità della vita. I giovani si sentono in trappola. C’è ancora chi resiste, ovviamente, e s’ingegna a trovare uno sbocco esistenziale, anche modesto, ma gli altri rinunciano a cercarsi un lavoro, restano in famiglia, si chiudono nella loro ristretta cerchia degli amici. I precari si affannano ma sanno di combattere la stessa battaglia del cavaliere don Chisciotte contro i mulini a vento. I disoccupati sono avvelenati, ma cercano di barcamenarsi alla bell’è meglio: “ciò famiglia”, paiono dire, non possono permettersi colpi di testa, devono giocoforza sperare e arrangiarsi in qualche modo. E tutti gli altri dalla casalinga ai lavoratori dipendenti e autonomi sentono di trovarsi in una situazione migliore della disperazione e si attaccano a questa fragile ancora di salvezza. Poi vi sono i pensionati. Sono quelli che chiedono poco e ottengono nulla. Sono quelli che riescono ancora a finanziare i figli e i nipoti disoccupati o in cassa integrazione o precari. Sono quelli che continuano a essere osservati con diffidenza e già qualcuno si chiede se non sono un “peso morto”. Solo la pietà cristiana li salva dalla lapidazione. E tutti insieme ci chiediamo cosa stanno a fare 50 milioni di italiani a raccattare le briciole dei restanti 12 milioni che hanno i soldi ma non disdegnano a raschiare il barile degli altri pur di continuare ad arraffare ciò che resta della miseria altrui. Mi chiedo se non siamo ritornati ai tempi dei patrizi e dei plebei. Allora, per lo meno, vi erano dei tribuni del popolo che riuscivano ad arringare il popolo. Oggi se qualcuno lo fa è per poi essere assunto nel partito dei patrizi. Altro che potere dal basso da “popolo sovrano”. (Riccardo Alfonso)

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Somalia un popolo senza pace

Posted by fidest press agency su giovedì, 22 ottobre 2020

Venticinque anni fa, il 22 ottobre 1995, proprio nella domenica che i cristiani nel mondo dedicano alla preghiera per le missioni, veniva uccisa Graziella Fumagalli, medico e capo progetto di Caritas Italiana, coordinatrice del centro anti-tubercolosi di Merca. Nel suo ricordo pubblichiamo il Dossier con Dati e Testimonianze (DDT) dal titolo “Nazione a frammenti. Crisi perenne di un popolo senza Pace” che fa il punto sulla crisi istituzionale, sociale e umanitaria che la Somalia vive dalla caduta del regime di Siad Barre, nel 1991. All’Angelus del 29 dicembre scorso anche papa Francesco ha voluto ricordare la tragedia del Paese, pregando per la Somalia ferita al cuore in quei giorni dall’ennesimo attentato terroristico che nella capitale Mogadiscio aveva tolto la vita a oltre un centinaio di persone. Papa Bergoglio in quell’occasione ha espresso vicinanza ma anche condanna per un gesto folle, «orribile», rivendicato dagli al-Shabaab. Purtroppo quello somalo rimane un conflitto per lo più dimenticato, dalla comunità internazionale e dalla sensibilità della gente comune. La Somalia oggi è un “Failed state”, uno Stato “fallito”: frammentato nella miriade dei suoi clan, ferito dagli interessi dei signori della guerra e dalle violenze delle milizie jihadiste che minano la stabilizzazione del Paese decretandone la condizione di Stato fallito da trent’anni. Una fragilità che provoca estrema vulnerabilità alla pandemia e agli shock climatici, con un terzo della popolazione che necessita di assistenza umanitaria, 2,6 milioni di sfollati, 800 mila rifugiati in altri Paesi, 850 mila bambini sotto i 5 anni che hanno bisogno di supporto nutrizionale. Il Dossier vuole approfondire una storia complessa di un Paese tormentato che sembra incapace di risollevarsi dalle sue ceneri, ma che a piccoli passi sta cercando una via verso quella pace che manca da troppo tempo. A partire proprio dall’impegno di Graziella Fumagalli, racconta anche le iniziative in questi anni di Caritas Italiana: complessivamente dal 2011 al 2020, grazie al contributo di tanti sostenitori, sono stati realizzati 40 progetti per oltre 2,5 milioni di euro. Il Dossier è disponibile online sul sito http://www.caritas.it

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Solidarietà e sostegno al popolo libanese

Posted by fidest press agency su domenica, 13 settembre 2020

“L’Italia e il Libano sono paesi amici, legati da decenni di ottimi rapporti. Una strettissima e proficua collaborazione in tutti i campi. Il ruolo dell’Italia in Libano è stato ed è veramente incisivo, la nostra presenza nel Paese non è dovuta solo all’emergenza scoppiata in seguito all’esplosione al porto di Beirut, ma costituisce un continuum, perché il nostro è un rapporto stabile e costruttivo che intratteniamo da anni. Le nostre azioni sono basate su un costante dialogo con tutti gli attori. I nostri aiuti hanno lo scopo di tamponare l’emergenza a Beirut, ma continueremo le nostre azioni di cooperazione in tutto il paese, nell’ottica di uno sviluppo a lungo termine. L’Italia vuole dare risposte strutturali perché Libano, Paese con una effervescenza culturale eccezionale soprattutto tra i giovani, torna ad essere faro di democrazia nel Mediterraneo quale è sempre stato. Desidero ringraziare i libanesi in Italia per il contributo che danno al nostro paese e ai rapporti tra il nostro Paese e il Libano. Un ringraziamento particolare ai tanti medici di origine libanese in Italia che sono una risorsa per tutti” così la dichiarazione della Vice Ministra Affari Esteri Emanuela Del Re che ha inviato alla Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai) ,associazione Medici di origine straniera in Italia (Amsi) ,Unione Medica Euro Mediterranea (UMEM) e il Capello delle nostre associazioni e comunità il Movimento internazionale Transculturale interprofessionale Uniti per Unire alla fine della sua missione di solidarietà e cooperazione internazionale vera e concreta e piena di messaggi di pace ,dialogo e umanità in Libano portando aiuti sanitari e sostegno psicologico dal popolo libico e professionisti della sanità impegnati a salvare la vita tutti i giorni con mille difficoltà. “È un altro gesto importante dell’Italia verso i nostri paesi di origine e in questo caso si tratta del Libano dopo la tragedia e catastrofe che è costato centinaia di morti e migliaia di feriti e quartieri distrutti dall’esplosione a Beirut. Ringraziamo l’Italia e la vice Ministra Emanuele Del Re per l’ennesimo gesto e messaggio forte verso il Libano che ha apprezzato molto .Bisogna continuare con la cooperazione internazionale e costruire ponti e fabbriche di solidarietà e non fabbriche d’armi e mercati di esseri umani per combattere la fuga dei cervelli e professionisti dal Libano perchè è importante rimanere in Libano per sostenere ospedali e istituzioni che fanno sforzi enormi per farli funzionare e urge una cooperazione internazionale trasparente e controllata come ha fatto la Vice Ministra Emanuela Del Re che è andata di persona ad accompagnare la quarta spedizione incontrando autorità ministri e operatori sanitari e volontari .cosi Dichiara il Fonadatore Amsi e Co-mai Foad Aodi nonché membro registro esperti e GDL Salute Globale Fnomceo.Un ringraziamento ed apprezzamento per l’operato del Governo Italiano e della VM Emanuela Del Re anche dalla comunità e medici libanesi ,Il Pediatra e Coordinatore AMSI e Co-mai in Lombardia Dr.Batreche Mohamed e Il Medico di Famiglia e Coordinatore Organizzativo Co-mai e membro del Ufficio di presidenza Amsi Dr.Mohamed Ali Zaraket che insieme ai nostri movimenti danno la massima disponibilità per qualsiasi collaborazione e supporto per il Libano ed i nostri paesi di origine. (ByUfficio Stampa Amsi e Co-mai http://www.unitiperunire.org)

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Tutto il potere al popolo sovrano

Posted by fidest press agency su giovedì, 20 agosto 2020

Quante volte queste parole sono state pronunciate con una certa enfasi in tutti gli angoli del mondo per consentire a chi le esprimeva di sentirsi figlio del popolo e popolano lui stesso. Quante volte, nella pratica di vita, sono suonate altrettanto false e demagogiche? Consideriamo gli eventi per quelli che sono. Come può esprimere un “potere” il popolo? Non può farlo in prima persona ma semmai delegarlo ad un suo rappresentante. Da qui parte in ugual misura la buona fede e l’inganno. Il “popolo” innanzitutto è un termine troppo generico per identificarsi con una sola anima e un ugual intento. Penso al datore di lavoro e al suo dipendente, penso agli sfruttati e agli sfruttatori, ai ricchi e ai poveri, a chi ha e a chi è. Parte dal saggio e va a finire al malandrino. Tutti insieme possono essere chiamati popolo ma in quanto a rappresentatività le loro differenziazioni diventano inevitabilmente marcate e a volte inconciliabili tra loro. Questo ci indurrebbe a chiedere a chi evoca il “popolo sovrano” a quale genere di “popolo” intende riferirsi. Se poi questa espressione la collega al collante dei diritti e dei doveri di un popolo non credo che un pensionato, un disoccupato, un diseredato possa sentirsi garantito da chi ha un buon impiego, ha una cospicua rendita, è un parvenu possa associare i suoi diritti e doveri a quelli che amano imporli agli altri ma non a sé stessi. È questo il popolo sovrano? Ma mi faccia il piacere. (Riccardo Alfonso)

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Solidarietà al popolo Biellorusso vittima di una dittatura

Posted by fidest press agency su martedì, 18 agosto 2020

On. Stefania Mammì (M5S): “Sono sconvolta da quanto sta accadendo in questi giorni a Minsk, in Bielorussia, nel centro geografico del continente europeo, a poche migliaia di km dall’Italia dove, dopo la contestata rielezione di Alexander Lukashenko alle recenti elezioni presidenziali, sono seguite delle pacifiche manifestazioni di protesta, ferocemente represse con inaudita violenza dalle forze di polizia. Sono state brutalmente violentate donne, aggrediti e torturati uomini, giovani ragazzi e perfino gli stessi medici impegnati nelle operazioni di soccorso. Tutta questa violenza deve essere fermata, auspico pertanto in una rapida mobilitazione dell’Unione Europea a sostegno delle democratiche rivendicazioni delle centinaia di migliaia di cittadini bielorussi che da giorni coraggiosamente e pacificamente sfidano il regime totalitario ,”armati” solo di fiori bianchi stretti tra le mani,per chiedere che vengano rispettati i propri diritti democratici e la loro libertà, piena solidarietà a questo popolo”, conclude la pentastellata Mammì.

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“Santa Rita protegga Beirut e il popolo libanese”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 agosto 2020

“La nostra preghiera a Santa Rita, alla quale quotidianamente affidiamo tutte le terre del mondo, oggi si fa ancora più grande per abbracciare in modo particolare il Libano, la cui ferita sgorga dolore anche a Cascia”. A parlare è Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia, che si è unita in preghiera insieme alle consorelle, affidando alla protezione e all’intercessione di Santa Rita il Libano, dove ieri (4 agosto) si è verificata la catastrofica esplosione avvenuta al porto di Beirut. Una vera strage, che le claustrali di Cascia seguono con apprensione, auspicando che la Terra dei Cedri possa far fronte al più presto a questa emergenza e rialzarsi, più forte di prima. Una terra profondamente legata a quella della santa degli impossibili, verso la quale i libanesi, non solo quelli di religione cattolica, nutrono immensa devozione. A sancire questo legame negli anni, in occasione delle celebrazioni del 22 maggio, due gemellaggi di fede con Beirut, tra cui il più recente del 2015 suggellato dal dono della grande statua di Santa Rita, scolpita nella pietra libanese, benedetta da Papa Francesco e posta all’ingresso della città. “Cascia – prosegue la Priora – custodisce un pezzo di cuore del Libano, rappresentato proprio dalla statua. È quindi a Santa Rita che ci rivolgiamo ora, con profonda fiducia, mettendo nelle sue mani tutte le vittime di questa ennesima tragedia, che colpisce il Libano creando una distruzione incalcolabile. Preghiamo per i numerosi morti, i dispersi, i feriti, per le loro famiglie e per tutti coloro che hanno perduto le case e le attività. Santa Rita protegga Beirut e tutto il popolo libanese, alleviando le sue sofferenze, dandogli nuova forza e portando loro la speranza, quella che lei infonde nei cuori”.

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Italiani un popolo ingovernabile?

Posted by fidest press agency su martedì, 4 agosto 2020

Dalla sua unità è trascorso oltre un secolo e mezzo eppure tutta la sua storia e la cronaca di questi giorni ci danno una nazione divisa anche quando con la dittatura fascista si cercò un’identità unitaria. Fu solo un fuoco di paglia che ci portò di filato in una guerra dalla quale uscimmo malconci ma non redenti. Diventammo forzatamente democristiani per ragioni di politica internazionale, ma con un partito comunista molto forte e temuto. Con lo sfaldamento della D.C. e dei suoi alleati, negli anni novanta, ci trovammo senza una guida ma alla mercé del primo imbonitore di turno. Così costruimmo un altro ventennio, dove fornimmo prova della nostra capacità di sopravvivere agli scandali, alla corruzione, al malgoverno, agli inciuci e alle panzane che ci ammannivano a manca e a destra. Ora ci ritroviamo con i cocci in mano, ma continuiamo a bramare il nostro messia politico e poco importa se ha dei difetti e delle debolezze. È lui che ci fa sognare il paese che non è e che non sarà a dispetto della cruda realtà. Per lui ci dividiamo, litighiamo, fanatizziamo e rendiamo sempre più confuso e triste la nostra vita. Non riusciamo ad avere la mente lucida, d’essere consapevoli che non è più il tempo di deleghe in bianco, ma che dobbiamo verificare di persona il mandato che noi affidiamo ai nostri eletti. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere un popolo che non ha più la licenza d’inseguire le chimere ma di misurare il futuro con le sue mani e le sue azioni. (Riccardo Alfonso)

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La protesta di un popolo

Posted by fidest press agency su giovedì, 9 luglio 2020

Giorgia Meloni alla piazza: «Noi siamo il popolo, libereremo l’Italia da questi incapaci.» La forza di queste parole sta nella rappresentanza espressa da chi si arroga il diritto di poter parlare in nome del popolo italiano, nessuno escluso, compresi ovviamente gli “incapaci”. È senza dubbio una pretesa assurda perché non sono pochi gli italiani che la pensano diversamente. Noi oggi, semmai, scontiamo l’immobilismo che ci ha bloccati per almeno 25 anni. Da allora ad oggi, in nome del popolo italiano, ci siamo fermati e siamo rimasti affacciati alla finestra per guardare le altre nazioni che progredivano e risolvevano i loro problemi strutturali e ponevano mano alle riforme per un cambiamento che permettesse di restare al passo con i tempi. Ora questo ritardo va colmato e speriamo solo che l’occasione, pur drammatica, possa averci data la forza e la determinazione di capire che è l’ultimo tram della storia per evitare il peggio. Se veramente la Meloni pensa ciò che dice, e io le credo, stimandola, deve compiere un atto di coraggio e affiancarsi ai tanti che vogliono fermamente risollevare le sorti del paese. Non vi sono calcoli elettorali e politici che contano di fronte all’interesse nazionale. È ovvio, del resto, che tutto quello che dice la destra non può essere condiviso dalla sinistra così come dai pentastellati ma basterebbe credere nei due diritti: della vita e del vivere e su di essi creare le basi per una nuova Italia. (Riccardo Alfonso)

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Sordi e la politica: «In Italia si dice che il popolo è sovrano. Ma sovrano de che?»

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 Maggio 2020

È una delle tante rivelazioni contenute nel volume «Alberto Sordi segreto», l’omaggio editoriale del centenario della nascita del grande attore e atteso da tempo dai suoi fan, che svela amori nascosti, manie, rimpianti e maldicenze. All’interno decine di foto inedite e la prima canzone a lui dedicata. Anche in versione ebook «Alberto amava ripetere: ‘In Italia si dice che il popolo è sovrano. Ma sovrano de che? Il nostro Paese, purtroppo, ha avuto una classe politica che si è impegnata nella conquista del potere per interessi meramente personali’». Affermava come “nell’Italia politica degli ultimi anni ci fosse tanta mediocrità e che i cittadini venissero trattati da sudditi”.
Il libro (212 pagine, 15 euro), a causa dell’emergenza sanitaria, è stato fatto uscire ad aprile in versione ebook mentre il cartaceo autografato dall’autore era disponibile soltanto sul sito dell’editore (www.rubbettinoeditore.it). Il libro digitale, il primo autografato mai realizzato finora, ha subito riscosso grande successo non soltanto in Italia, ma anche in Europa, Argentina, Stati Uniti e Australia, dove Alberto Sordi è tuttora molto amato.Il volume presenta, per la prima volta, anche le testimonianze di alcuni cugini di Alberto: da parte della madre Maria Righetti e del padre Pietro Sordi. Ci sono, inoltre, i ricordi inediti di alcuni amici dell’attore che lo hanno frequentato in modo assiduo e di personaggi del cinema e della tv con i quali ha lavorato. Tra questi, Rino Barillari, Pippo Baudo, Patrizia de Blanck (con la quale Sordi ebbe una love story), Elena de Curtis (nipote di Totò), Sandra Milo, Sabrina Sammarini (figlia di Anna Longhi) e l’ex annunciatrice Rai Rosanna Vaudetti. Di grande interesse le due interviste inedite ad Alberto realizzate dal giornalista Luca Colantoni (1995) e dalla regista e produttrice cinematografica Donatella Baglivo (1997). Infine, lo storico del doppiaggio italiano Gerardo Di Cola analizza i doppiaggi degli attori ai quali Sordi ha dato la voce e i film in cui lui stesso è stato doppiato. Personaggi che, assieme a Igor Righetti, hanno contribuito a rendere pubblica la vita reale, e mai raccontata, di Alberto Sordi.
Il libro è l’omaggio editoriale del centenario della sua nascita e farà scoprire, per la prima volta, chi fosse il grande attore fuori dal set, dalle interviste e dalle apparizioni televisive ufficiali. Rivela, inoltre, le tante menzogne raccontate su di lui. Un volume unico sia per gli aneddoti e le curiosità sia per le decine di foto esclusive provenienti dagli album di famiglia di Igor Righetti e da Reporters Associati & Archivi. Immagini fuori dal set, durante le pause di lavorazione dei film e scatti personali mai visti.Il libro viene arricchito con il cd della prima canzone dedicata a Sordi “Alberto nostro”, della quale Igor Righetti è autore, compositore e interprete assieme a Samuele Socci.Il brano con il testo si trova sul canale YouTube Alberto Sordi Forever: https://www.youtube.com/watch?v=_DYEvbXIWb0 Il videoclip della canzone, invece, sarà disponibile da giugno sempre sullo stesso canale YouTube. È stato girato a Trastevere e nelle vie del centro storico di Roma care ad Alberto. Una canzone nata per integrare a livello musicale questo primo volume sulla vita privata di Alberto Sordi e per colmare il vuoto di un brano a lui dedicato. Un piacevole libro utile anche alle nuove generazioni perché la memoria storica di un grande attore come Sordi non vada perduta e, al contrario, rigeneri.

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Italiani: un popolo ingovernabile?

Posted by fidest press agency su martedì, 14 gennaio 2020

Dalla sua unità sono passati tantissimi anni eppure tutta la sua storia e la cronaca di questi giorni ci danno una nazione divisa anche quando con la dittatura fascista si cercò una identità unitaria. Fu solo un fuoco di paglia che ci portò di filato in una guerra dalla quale uscimmo malconci ma non redenti. Diventammo forzatamente democristiani per ragioni di politica internazionale, ma con un partito comunista molto forte e temuto. Con lo sfaldamento della D.C. e dei suoi alleati, negli anni novanta, ci ritrovammo senza una guida ma alla mercé del primo imbonitore di turno. Così costruimmo un altro ventennio, dove demmo prova della nostra capacità di sopravvivere agli scandali, alla corruzione, al malgoverno, agli inciuci e alle panzane che ci ammannivano a manca e a destra. Ora ci ritroviamo con i cocci in mano, ma continuiamo a bramare il nostro messia politico e poco importa se ha dei difetti e delle debolezze. E’ lui che ci fa sognare il paese che non è e che non sarà a dispetto della cruda realtà. Per lui ci dividiamo, litighiamo, fanatizziamo e rendiamo sempre più confuso e triste la nostra vita. Non riusciamo ad avere la mente lucida, d’essere consapevoli che non è più il tempo di deleghe in bianco, ma che dobbiamo verificare di persona il mandato che noi affidiamo ai nostri eletti. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere un popolo che non ha più la licenza d’inseguire le chimere ma di misurare il futuro con le sue mani e le sue azioni. (Riccardo Alfonso)

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Vogliamo essere guidati

Posted by fidest press agency su martedì, 31 dicembre 2019

Il destino dell’essere umano non sembra quello di agire da solo ma di farlo in comunità sotto la guida di un leader carismatico, a prescindere, che a un certo punto riconosciamo per tale. Se ci limitiamo al solo caso italiano, ma non siamo soli nel mondo, ovviamente, e limitiamo la riflessione agli eventi più recenti possiamo dire che Mussolini ha rappresentato tutto questo, nel bene e nel male, ma anche il coevo Hitler nella colta Germania non è stato da meno e Franco in Spagna e Stalin nell’URSS. Nel nostro paese è seguita, negli anni post-bellici, una ricerca spasmodica del leader. La stessa democrazia cristiana e il partito comunista ci hanno mostrato vari campioni da De Gasperi ad Andreotti, Moro e Fanfani, da Togliatti a Berlinguer. Ne avevano il carisma ma, ad eccezione di Andreotti, erano una specie di scirocco che durava tre giorni e poi spariva. Ci volle negli anni novanta lo choc imposto dai giudici di mani pulite per far emergere una figura di leader e l’impressione che fosse incrollabile sotto la scure dei processi che furono intentati a suo carico e degli intrighi di palazzo. Divenne per molti italiani l’uomo del destino e se ne fecero carico a dispetto di tutto e di tutti. Ma avere nel sangue la leadership non significa, necessariamente, essere un dittatore o un popolano del taglio di Masaniello. Significa rappresentare un disagio esistenziale reale e declamarlo con forza e convinzione. Questo è per me Grillo. E il popolo che lo segue è quello che è crollato subendo il peso di chi lo ha tradito con il sistema del pifferaio e chi crede di governare con un’ubriacatura di democrazia del consenso nella logica del tutto cambiare per nulla cambiare. (Riccardo Alfonso)

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Storia del pensiero: Democrazia ossia “governo del popolo per il popolo”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 11 settembre 2019

Ovvero il “male oscuro” che attraversa il mondo occidentale. La democrazia è considerata la forma più avanzata di organizzazione politica, atta a valorizzare le potenzialità morali, intellettuali, economiche degli individui e delle loro libere associazioni. Sin qui tutto bene e secondo manuale, se vogliamo. Ma in effetti non lo è. Le democrazie non sono esenti da patologie che possono minarne il buon funzionamento, con effetti deleteri sulla vita civile e su quella economica. I rappresentanti eletti dal popolo che debbono curare gli interessi generali, sia pure interpretandoli in forme diverse e talora contrapposte, non devono rivolgere la loro azione a rappresentare interessi in contrasto con quelli della collettività. La linea di confine tra interessi di gruppo e quelli generali può essere talora tenue. E’ quanto sembra accadere in Italia e lo sarà ancora più evidente con il federalismo dove i rappresentanti eletti in uno dei corpi legislativi locali sono designati esplicitamente a rappresentare gli interessi di una Regione. Come potranno, costoro, venir meno al loro mandato senza finire con il danneggiare gli interessi superiori del Paese? E’ possibile che tali organismi intermedi, portatori di legittimi interessi di importanti segmenti della popolazione e dell’economia, assumano di fatto una capacità di decisione e di indirizzo che condiziona il volere legittimamente espresso, per interesse di tutti, soltanto dal Parlamento. A questo punto è necessario fare chiarezza per non ritrovarsi impelagati in una diatriba che in nome della democrazia nega di fatto la sua esistenza. In pratica deve restare nella convinzione di tutti che il potere ultimo di ogni decisione che tocca la collettività nel suo complesso deve rimanere nell’istituzione, il Parlamento, che non deve semplicemente ratificare accordi assunti a livelli più bassi, ma comporli con l’interesse generale. Sia chiaro in proposito. Le decisioni possono inglobare gli interessi di alcune componenti della società, ma mai a danno del bene comune della Nazione. (Riccardo Alfonso)

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Italiani: un popolo ingovernabile?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 21 agosto 2019

Dalla sua unità sono passati 152 anni eppure tutta la sua storia e la cronaca di questi giorni ci danno una nazione divisa anche quando con la dittatura fascista si cercò una identità unitaria. Fu solo un fuoco di paglia che ci portò di filato in una guerra dalla quale uscimmo malconci ma non redenti. Diventammo forzatamente democristiani per ragioni di politica internazionale, ma con un partito comunista molto forte e temuto. Con lo sfaldamento della D.C. e dei suoi alleati, negli anni novanta, ci ritrovammo senza una guida ma alla mercé del primo imbonitore di turno. Così costruimmo un altro ventennio, dove demmo prova della nostra capacità di sopravvivere agli scandali, alla corruzione, al malgoverno, agli inciuci e alle panzane che ci ammannivano a manca e a destra. Ora ci ritroviamo con i cocci in mano, ma continuiamo a bramare il nostro messia politico e poco importa se ha dei difetti e delle debolezze. E’ lui che ci fa sognare il paese che non è e che non sarà. Per lui ci dividiamo, litighiamo, fanatizziamo e rendiamo sempre più confuso e triste la nostra vita. Non riusciamo ad avere la mente lucida, d’essere consapevoli che non è più il tempo di deleghe in bianco, ma che dobbiamo verificare di persona il mandato che noi affidiamo ai nostri eletti. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere un popolo che non ha più la licenza d’inseguire le chimere ma di misurare il futuro con le sue mani e con le sue azioni. (Riccardo Alfonso)

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Le feste ebraiche spesso ricordano eventi storici centrali nella storia del popolo di Israel

Posted by fidest press agency su lunedì, 22 aprile 2019

Così è per Channukkà e Purim, che celebrano la sopravvivenza dell’ebraismo ai tentativi antichi di distruggerlo, per Shavuot che commera la rivelazione del Sinai, e prima di tutto per Pesach, la Pasqua ebraica, che ricorda la fondazione del popolo ebraico, la sua liberazione dalla schiavitù egiziana e l’inizio del percorso verso la conquista della Terra di Israele.Ma queste feste chiedono anche in maniera molto esplicita di essere pensate in relazione al mondo contemporaneo. I miracoli che punteggiano le loro storie avvennero, secondo le formule liturgiche “in quegli anni” ma “in questo tempo” e il testo che ogni famiglia ebraica legge le due prime sere di Pesach, la narrazione (Haggadah) per antonomasia, impone a ogni ebreo di considerarsi come se lui stesso avesse partecipato all’epica uscita dall’Egitto.Come ripensare oggi a questa storia così fondamentale non solo per gli ebrei, ma per l’intera cultura oggi sparsa in tutto il mondo? Naturalmente non ho la pretesa di elaborare il senso religioso della festa, oggetto di profonde riflessione nella millenaria tradizione del pensiero ebraico. Ma vale la pena di ricordare qualche ovvio addentellato politico.Il primo punto è il rapporto con la terra di Israele. Ci sono due punti di inizio per il popolo ebraico. Il primo è Abramo, che diventa ivrì (ebreo, una parola etimologicamente legata al passare oltre, al venire da oltre) quando ubbidisce all’ordine di abbandonare casa e famiglia, per andare dove la guida divina lo porterà, e cioè specificamente nella terra di Israele, “al di là” del fiume Eufrate. La seconda è quella celebrata da Pesach, quando il popolo esce dalla schiavitù egiziana e si dirige, sia pure con un percorso lungo e tortuoso, verso lo stesso luogo. Il popolo di Israele, nella sua tradizione storico-religiosa, è quello che esce dall’esilio per tornare alla sua terra, anche al costo di rotture, ribellioni e guerre. Ogni celebrazione di Pesach, del resto, conclude la cena rituale con la promessa “l’anno prossimo a Gerusalemme”. Dopo l’Egitto è accaduto di nuovo in seguito all’esilio di Babilonia e ancora una volta nell’ultimo secolo e mezzo, nonostante una nuova terribile strage che ha ucciso metà del popolo, ma di nuovo con la forza di fondare uno stato. Che non si illudano coloro che pensano di “ricacciarci in mare” o “da dove veniamo” (è una formula ricorrente fra gli antisemiti, musulmani e non): siamo sempre tornati e siamo sempre restati.Il secondo punto riguarda la libertà, in opposizione alla schiavitù e al genocidio. Pesach è definita dalla tradizione come festa della libertà. Questa libertà si staglia su una storia precedente di schiavitù, lavoro forzato e vero e proprio genocidio. Vi è da parte di Mosè una richiesta esplicita e ripetuta di liberazione, intesa non certo come presa del potere sull’Egitto, ma come separazione, oggi diremmo diritto all’autodeterminazione. Questa richiesta è sempre respinta dal Faraone, nonostante l’intervento divino, fino alla conclusione sanguinosa della decima piaga e della distruzione dell’esercito egizio nel mare. La libertà è dunque pensata dunque non come anarchia né come dominio, ma come la possibilità di vivere secondo le proprie leggi, in un altro spazio. Quello egizio è il primo dei molti grandi imperi a cercare di eliminare questa autonomia di un piccolo popolo come quello ebraico: una tentazione che ancora oggi è ben presente.
Di qui una rivendicazione di identità, ben precisa e ancora oggi attuale. Il popolo ebraico esiste se è capace di resistere all’oppressione e di prendere il proprio destino nelle sue mani, di ascoltare la propria tradizione, di fare i sacrifici necessari per questo. Al fondo vi è un’etica della responsabilità e della libertà, cui naturalmente spesso è difficile fare fronte, come il seguito della narrazione del viaggio verso la terra promessa, e poi tutta la storia di venticinque secoli, farà chiaramente vedere. Ma dopo trentacinque secoli vi è ancora un popolo capace di sentire come propria quella vicenda, di farsene coinvolgere, di trarne lezioni di libertà.

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Algeria. Sbai: “Supporto al popolo in rivolta, ma no a nuova primavera araba”

Posted by fidest press agency su domenica, 3 marzo 2019

«Seguo con apprensione quello che sta accadendo in Algeria, dove infiamma la protesta e si conta il primo morto. Quello algerino è un popolo stremato, che per oltre vent’anni ha subito l’oppressione sia del regime autoritario di Bouteflika che degli estremisti della Fratellanza Musulmana. Il popolo algerino ha ragione nel volersi liberare dell’ancien regime, ma la sua rivolta non deve trasformarsi in una nuova Primavera Araba. Il rischio infatti è che il malcontento popolare venga sfruttato dai gruppi espressione della Fratellanza Musulmana per prendere la guida delle proteste e poi il potere, al fine di stabilire una dittatura fondamentalista. Quello che è accaduto in Egitto e soprattutto in Siria e in Libia non deve ripetersi in Algeria. L’Europa e l’Occidente hanno imparato la lezione della Primavera Araba? Se sì devono intervenire a sostegno del popolo algerino e della sua voglia di cambiamento, sbarrando però il passo alla Fratellanza Musulmana e agli stati canaglia che la sponsorizzano: il Qatar degli emiri Al Thani e la Turchia di Erdogan. L’Italia, in particolare, è chiamata a svolgere un ruolo di primo piano: in virtù della sua vicinanza geografica, la sicurezza del Paese si troverebbe a dover reggere l’urto di una nuova guerra civile in Nord Africa, dopo quella libica, con l’aggravarsi della minaccia terroristica e della crisi migratoria».È quanto dichiara Souad Sbai, Presidente dell’Associazione Donne Marocchine in Italia (ACMID).

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