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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°87

Posts Tagged ‘prostata’

In Italia si registra una forte crescita del tumore della prostata

Posted by fidest press agency su domenica, 12 marzo 2023

E’ la più frequente forma di cancro maschile nei Paesi Occidentali. Nel 2022 i nuovi casi l’anno sono stati 40.500 mentre erano 34.800 nel 2017. Un aumento del 16% in soli cinque anni che preoccupa gli specialisti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) riuniti oggi a Bari per il Convegno Nazionale “News in GU Oncology” dedicato alle neoplasie genito-urinarie. “Diverse possono essere le cause di questo vero e proprio boom d’incidenza – sottolinea il prof. Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM -. Le cause sono molteplici e contribuisce il continuo invecchiamento generale della popolazione. Infatti le proiezioni, elaborate dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, confermano che i casi continueranno ad aumentare fino almeno al 2040. Ci sono poi le conseguenze nefaste del Covid che, proprio in questi giorni di ormai tre anni fa, ha bloccato il normale funzionamento della nostra sanità. Quindi le visite specialistiche, gli esami diagnostici e altri controlli medici sono stati rinviati per molti mesi. Oltre la prevenzione secondaria è stata in parte compromessa anche quella primaria visto il peggioramento degli stili di vita degli italiani costretti ai lockdown. Tutto questo ha portato a un incremento dell’impatto del tumore urologico, in linea con quanto avvenuto per molte altre patologie”. Il meeting si è svolto nelle scorse settimane a San Francisco e ha visto la partecipazione dei più importanti specialisti mondiali di uro-oncologia. Dagli Stati Uniti arrivano nuove ed interessanti conferme sull’intelligenza artificiale multimodale e sono stati presentati i dati di uno studio pubblicato di recente sul Journal of Clinical Oncology. “Queste nuove tecnologie sono utilizzate per sviluppare nuovi biomarcatori – aggiunge Camillo Porta, professore ordinario di Oncologia Medica all’Università Aldo Moro di Bari e Direttore della Divisione di Oncologia Medica del Policlinico di Bari -. Attingendo sia ai dati clinici che all’imaging istopatologico digitale si ottengono informazioni prognostiche più dettagliate e anche una serie di parametri predittivi sulle possibili risposte ad alcuni trattamenti. In altre parole possiamo favorire la medicina oncologica personalizzata e prevedere se alcune terapie mirate sono efficaci, o meno, sul singolo caso. Quello americano è uno studio di fattibilità, un trial randomizzato di fase 3 cha coinvolto oltre 1.000 uomini con carcinoma prostatico localizzato ad alto rischio. I primi dati emersi sono molto interessanti ma andranno confermati coinvolgendo altri gruppi di pazienti. I biomarcatori, creati grazie all’intelligenza artificiale, non sono però ancora utilizzabili nella pratica clinica quotidiana sia in Europa che negli Stati Uniti. Rappresentano comunque una prospettiva futura dalle grandi potenzialità e la ricerca deve proseguire”. “Il ricorso all’intelligenza artificiale è emblematico dell’importanza dell’innovazione in oncologia – prosegue il prof. Cinieri -. Teoricamente entro pochi anni potremmo essere in grado di identificare le migliori terapie tra tutte quelle disponibili”. “Si registrano importanti cambiamenti sul fronte della lotta al tumore della prostata – sottolinea il prof. Marcello Tucci, Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti -. Le evidenze scientifiche presentate al congresso ASCO GU aprono novità interessanti sull’utilizzo di terapie ormonali sia per la malattia ormono-sensibile che per quella resistente alla castrazione. Stiamo “raffinando” le cure utilizzabili sempre in un’ottica di una maggiore personalizzazione dei trattamenti. E’ una tendenza che è in corso da almeno vent’anni e che ci ha consentito di arrivare ad oltre il 90% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi”.

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Tumore della prostata e i benefici di sopravvivenza

Posted by fidest press agency su domenica, 19 febbraio 2023

I nuovi dati di sottogruppo dello studio di Fase III ARASENS mostrano i benefici di sopravvivenza globale (OS) di darolutamide più terapia di deprivazione androgenica (ADT) in associazione con docetaxel nei pazienti con tumore della prostata metastatico ormono-sensibile (mHSPC) ad alto e basso volume, nonché ad alto e basso rischio, rispetto a ADT con docetaxel. L’incidenza globale di eventi avversi si mantiene simile nei diversi bracci di trattamento. I risultati completi sono stati illustrati durante una presentazione orale all’ASCO GU Congress 2023 e contemporaneamente pubblicati nel Journal of Clinical Oncology. “I recenti aggiornamenti e le nuove analisi dello studio ARASENS continuano a confermare l’efficacia e il favorevole profilo di sicurezza di darolutamide nel tumore della prostata ormonosensibile metastatico, specialmente nei pazienti con malattia ad alto volume o ad alto rischio, causa di un bisogno non ancora del tutto soddisfatto malgrado i miglioramenti fino ad ora osservati”, afferma Sergio Bracarda, Presidente della Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO) e Direttore della S.C. di Oncologia Medica e Traslazionale e del Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni. “I nuovi dati offrono, inoltre, ai clinici maggiori informazioni sulle popolazioni di pazienti con mHSPC che possono trarre beneficio da queste terapie.” Darolutamide più ADT in associazione con docetaxel è stato recentemente raccomandato per l’autorizzazione alla commercializzazione in EU per il trattamento del mHSPC da parte dello European Medicine Agency’s Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP), la cui decisione definitiva è prevista nei prossimi mesi. Il farmaco è già approvato per la seconda indicazione, mHSPC, in una serie di paesi tra cui gli Stati Uniti. Le richieste di autorizzazione in altri paesi sono in corso o programmate. Sono in corso anche revisioni condotte nell’ambito dell’iniziativa Project Orbis del Centro di eccellenza oncologica della FDA (OCE), che fornisce un quadro per la presentazione e la revisione simultanee delle terapie oncologiche tra le autorità sanitarie internazionali partecipanti. Darolutamide è studiato in un vasto programma di sviluppo attraverso tre ulteriori ampi studi clinici in corso o pianificati, per analizzare il suo potenziale nei pazienti con tumore della prostata, dalle fasi iniziali della malattia a quelle avanzate. Tra questi, lo studio di Fase III ARANOTE per la valutazione di darolutamide più ADT rispetto alla sola ADT nel mHSPC. Darolutamide è sviluppato da Bayer insieme a Orion Corporation, un’azienda farmaceutica finlandese che opera in tutto il mondo. Il carcinoma prostatico è il secondo tumore più diagnosticato nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che, nel 2020, nel mondo, 1,4 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata e circa 375.000 uomini siano deceduti a causa di questa patologia. Al momento della diagnosi la maggior parte degli uomini presenta un tumore della prostata localizzato, il che significa che la neoplasia è limitata alla ghiandola prostatica e può essere trattata con la chirurgia curativa o la radioterapia. In caso di recidiva, quando la malattia si diffonde o diventa metastatica, o in caso di nuova diagnosi in cui il tumore si è già diffuso, la malattia è sensibile agli ormoni e la terapia di deprivazione androgenica (ADT) è il cardine del trattamento. Le attuali opzioni di trattamento per gli uomini con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) prevedono terapia ormonale, come l’ADT, inibitori del recettore degli androgeni più ADT o una combinazione di chemioterapia con docetaxel e ADT. Nonostante il trattamento, la maggior parte dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico progredisce sviluppando un tumore resistente alla castrazione (mCRPC), una condizione di malattia caratterizzata da elevata morbilità e sopravvivenza limitata. Fonte: http://www.bayer.com.

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Alimentazione e tumore prostata

Posted by fidest press agency su sabato, 18 febbraio 2023

L’alimentazione può avere un ruolo importante anche nel tumore della prostata. Una paziente che segue una dieta ricca di vegetali presenta un rischio inferiore del 52% di progressione del cancro e un rischio minore del 53% di recidiva della neoplasia. E’ quanto emerge da uno studio statunitense, svolto su oltre 2.000 persone, e che viene presentato all’American Society of Clinical Oncology Genitourinary Cancers Symposium (ASCO GU). Il più importante meeting internazionale sulle neoplasie genito-urinarie si apre oggi a San Francisco e vede anche la partecipazione della Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO). “Lo studio dei colleghi d’Oltreoceano apre nuove possibili prospettive sulle raccomandazioni dietetiche dei malati – sottolinea Sergio Bracarda, Presidente Nazionale SIUrO -. In totale sono più di 564mila gli uomini che in Italia vivono dopo una diagnosi di tumore della prostata e il loro numero è in costante crescita. E’ dunque una patologia molto diffusa e fermarne il rischio di progressione deve essere una nostra priorità. Servono però ulteriori indagini per verificare in modo più approfondito quale sia la dieta migliore che deve contemplare un equilibrio tra i vari macronutrienti. Per esempio chi sta affrontando una terapia ormonale rischia di andare incontro ad una forte perdita della massa muscolare. Ha quindi bisogno di un’alimentazione proteica e non solo ricca di vegetali. Più in generale gli stili di vita alimentari sono fondamentali sia prima che dopo una diagnosi di neoplasia genito-urinaria. Diversi studi hanno già evidenziato il ruolo, nell’insorgenza del tumore prostatico, di una dieta particolarmente ricca di grassi saturi e di un eccessivo consumo di carne rossa e latticini. Lo stesso vale nel carcinoma renale dove i troppi grassi d’origine animale possono essere una concausa della patologia. Non sono ancora emerse evidenze scientifiche nette per i tumori testicolari e vescicali. Il nostro consiglio per tutti, pazienti e non, è quello di seguire una dieta il più possibile varia ed equilibrata, con eventuali raccomandazioni specifiche. Al tempo stesso bisogna prestare grande attenzione al controllo del peso corporeo altro fattore di rischio strettamente collegato all’alimentazione”. All’ASCO GU di San Francisco sono presentate le ultime evidenze scientifiche d’ambito uro-oncologico prodotte dalla ricerca medico-scientifica internazionale. “Ci sono novità importanti sul carcinoma a cellule renali avanzato così come su quelli uroteliale e prostatico – prosegue il dott. Bracarda -. Abbiamo inoltre aggiornamenti di precedenti studi sul tumore della prostata resistente alla castrazione. Si stanno poi affacciando anche nuovi biomarcatori prognostici nonché l’utilizzo dell’intelligenza artificiale multimodale. Innovazione, tecnologia e un costante miglioramento della pratica clinica quotidiana hanno permesso di arrivare a risultati importanti. I trattamenti sono più efficaci e in grado di aumentare le aspettative di vita anche per le forme più gravi ed avanzate di tumore. Infatti gli ultimi dati sottolineano che in Italia abbiamo ottenuto una sopravvivenza a cinque anni dell’oltre l’80% per le quattro principali neoplasie urologiche: prostata, vescica, rene e testicolo. Da qui l’esigenza di affrontare anche altri aspetti come, per esempio, l’alimentazione oppure la conservazione delle capacità sessuali e riproduttive di un paziente”.

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Carcinoma della prostata

Posted by fidest press agency su mercoledì, 25 gennaio 2023

Olaparib, terapia orale di AstraZeneca e MSD in combinazione con abiraterone e prednisone o prednisolone, è stato approvato nell’Unione Europea per il trattamento del carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC) negli uomini adulti per i quali la chemioterapia non è clinicamente indicata. L’approvazione della Commissione Europea si basa sui risultati dello studio di Fase III PROpel e sulla raccomandazione positiva nella Unione Europea di novembre 2022 da parte del Comitato per i medicinali per uso umano (Committee for Medicinal Products for Human Use). Il carcinoma della prostata è il tumore più comune negli uomini in Europa, con 473.000 diagnosi stimate e 108.000 decessi nel 2020.1,2 La sopravvivenza globale per i pazienti con mCRPC è di circa tre anni nei setting degli studi clinici e addirittura inferiore nel mondo reale.3 Circa la metà dei pazienti con mCRPC può ricevere solo una linea di trattamento attivo, con diminuzione del beneficio delle terapie successive.4-9 Nello studio PROpel la sicurezza e la tollerabilità di olaparib in combinazione con abiraterone erano in linea con quelli osservati nei precedenti studi clinici e con i profili già noti dei singoli farmaci. Non si è verificato un aumento del tasso di interruzione di abiraterone nei pazienti trattati con olaparib in combinazione con abiraterone e nessun effetto negativo sulla qualità di vita legata alla salute, rispetto ai pazienti trattati con il solo abiraterone (secondo il questionario Functional Assessment of Cancer Therapy-Prostate).Il carcinoma della prostata metastatico è associato ad un tasso di mortalità significativo.10 Lo sviluppo del carcinoma della prostata è legato agli ormoni sessuali maschili detti androgeni, tra cui il testosterone.11Nei pazienti con mCRPC, il tumore aumenta e si diffonde ad altre parti del corpo nonostante l’uso della terapia di deprivazione degli androgeni per bloccare l’azione degli ormoni sessuali maschili.12 Circa il 10-20% degli uomini con carcinoma della prostata avanzato sviluppa la forma resistente alla castrazione (CRPC) entro cinque anni, e almeno l’84% presenta metastasi alla diagnosi di CRPC.12 Tra i pazienti senza metastasi alla diagnosi di CRPC, il 33% ha probabilità di svilupparla entro due anni.12. Nonostante i progressi degli ultimi dieci anni nel trattamento del mCRPC con taxano e nuovo agente ormonale (NHA), rimane un elevato bisogno insoddisfatto in questa popolazione. (abstract by intermedianews)

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Diagnosticare il tumore della prostata attraverso una metodica non invasiva

Posted by fidest press agency su sabato, 3 dicembre 2022

Ciò comporta una maggiore accuratezza rispetto alle procedure tradizionali è una realtà sempre più vicina. Lo confermano i dati di uno studio pubblicato dalla rivista scientifica International Journal of Urology, nel quale è stata testata l’efficacia del primo prototipo di naso elettronico che identifica la presenza della neoplasia a partire da un campione di urina, attraverso il riconoscimento di specifiche molecole volatili. Diag-Nose – questo il nome del progetto da cui è nato un primo prototipo sperimentale – deriva dalla stretta collaborazione tra Humanitas e Politecnico di Milano. I risultati preliminari sono incoraggianti: l’esame identifica correttamente la presenza del tumore in pazienti malati nell’85,2% dei casi e risulta correttamente negativo nei pazienti sani nel 79,1% dei casi. Non solo. Il prototipo presenta ulteriori elementi significativi rispetto al tradizionale metodo della biopsia: oltre a essere un esame invasivo, la biopsia ha un tasso di falsi negativi piuttosto elevato nei tumori in fase precoce, dovuto al fatto che si preleva e analizza solo una piccola porzione dell’organo.Lo studio è stato condotto da marzo 2020 a marzo 2021 in Humanitas Mater Domini, a Castellanza, e all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. Il progetto ha coinvolto 174 persone, divise in due gruppi: 88 pazienti con tumore alla prostata di diverso grado e stadio di progressione, confermato dall’esame istologico positivo, e 86 persone del gruppo definito di “controllo”, composto da soggetti femminili o da uomini di diversa età ma senza familiarità alla patologia e con visita ed esami (tra cui il PSA) negativi. Per ogni persona è stato poi raccolto un campione di urina e analizzato presso i laboratori della prof.ssa Laura Capelli al Dipartimento di Chimica Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano. Il naso elettronico ha dimostrato di identificare correttamente come positive le persone con tumore nell’85,2% dei casi. L’accuratezza – ovvero la capacità di fare una diagnosi corretta, sia essa di negatività o positività – è dell’82,1%. Se si considerano solo gli uomini di età superiore ai 45 anni, la fascia di età più interessata dalla malattia, ma anche la più difficile da diagnosticare correttamente, l’accuratezza si attesta all’81%. «La biopsia alla prostata è oggi il gold standard per la diagnosi del cancro di questa ghiandola. Nonostante la maggior precisione che oggi l’esame ha raggiunto grazie all’utilizzo delle immagini di risonanza magnetica nel guidare il prelievo di tessuto, il tasso di rilevamento del tumore raggiunge al massimo il 48,5%. Una percentuale significativamente inferiore rispetto a quella del naso elettronico che, oltre ad un’accuratezza diagnostica maggiore, limiterebbe il disagio e le complicanze per il paziente», spiega il promotore dello studio, il dott. Gianluigi Taverna, responsabile Urologia di Humanitas Mater Domini e medico-ricercatore dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas. Il naso elettronico sviluppato nell’ambito del progetto Diag-Nose, è dunque un prototipo nato dalla riproduzione dell’olfatto canino, realizzato grazie a una serie di sensori in grado di analizzare le sostanze volatili rilasciate nell’aria dai campioni di urina. «Perché il naso elettronico possa effettivamente entrare a far parte della pratica clinica quotidiana saranno però necessari ulteriori studi su larga scala, che ci permetteranno di confermare i risultati già ottenuti e approfondire il potenziale del prototipo. Il prossimo passo per rendere il naso elettronico una realtà, è dunque quello di validarlo coinvolgendo istituti clinici internazionali», concludono Gianluigi Taverna e Fabio Grizzi.

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Tumore della prostata

Posted by fidest press agency su sabato, 26 novembre 2022

Con PDTA certificati 9 pazienti su 10 discussi dal team multidisciplinare, meno riospedalizzazioni dopo intervento chirurgico e maggiore appropriatezza nelle terapie e negli esami. Un aumento considerevole, dal 20% al 90%, dei casi di tumore della prostata discussi in ottica multidisciplinare; una riduzione della percentuale di pazienti a basso rischio che hanno effettuato TC o PET; una diminuzione dei pazienti riospedalizzati a 30 giorni dopo intervento chirurgico; una migliore ripartizione della strategia terapeutica tra trattamento radioterapico, oncologico e sorveglianza attiva. Sono i principali risultati dell’attivazione e sistematizzazione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali – PDTA – per il tumore della prostata in 29 Centri specializzati in tutto il territorio italiano, nell’ambito del progetto “Prostate Cancer Team – una squadra di specialisti contro il tumore della prostata” realizzato con il contributo non condizionante di Astellas Pharma e con il supporto organizzativo di OPT, finalizzato alla certificazione ISO 9001:2015 dei PDTA da parte di un ente di certificazione internazionale indipendente: un importante traguardo a garanzia del continuo miglioramento del livello di qualità e sicurezza delle cure, secondo un approccio integrato multidisciplinare e multiprofessionale. Il valore generato dalla ‘messa a regime’ e certificazione dei PDTA del tumore della prostata è stato misurato da OPT coinvolgendo 18 team multidisciplinari, che hanno condiviso i dati anonimizzati sul percorso paziente, 150 clinici, che hanno collaborato nella raccolta e inserimento dei dati, e monitorando oltre 80 indicatori: i dati sono stati presentati questa mattina a Roma in un evento promosso da OPT con il patrocinio di Europa Uomo e SIICP (Società Italiana Interdisciplinare per le Cure Primarie) e con il contributo non condizionante di Astellas Pharma.

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Tumore della prostata: Arriva Telelilt

Posted by fidest press agency su lunedì, 21 novembre 2022

Arriva una piattaforma di telemedicina con un’app dedicata alla cura dei pazienti con neoplasia della prostata che contiene tutte le informazioni utili sulla malattia, dalla prevenzione alla terapia agli effetti collaterali. Battezzata Telelilt, dal naming della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), ideatrice del software, è stata presentata stamattina a Villa Magnisi, sede dell’ordine dei medici di Palermo, presieduto da Toti Amato, consigliere della Fnomceo. L’occasione è stato il convegno “La telemedicina nel trattamento della neoplasia alla prostata”. “La sperimentazione dell’intero sistema digitale – ha spiegato l’oncologo radioterapista Antonino Daidone – è già in corso grazie alla partecipazione di un campione di pazienti del centro di Medicina nucleare San Gaetano di Bagheria e dell’U.o di Radioterapia dell’ospedale Ajello di Mazara del Vallo. App e piattaforma sono alla portata di tutti. Il paziente, si collega digitando la sua login, scarica l’app e accede ai servizi erogati. Potranno ricevere visite oncologiche o di prevenzione durante i giorni del trattamento radiante e durante le visite trimestrali di follow-up. Documentazione clinica, trasferimenti voce, video e immagini saranno crittografati nel rispetto delle norme sulla privacy e sicurezza”. Secondo i dati segnalati dall’associazione, il carcinoma della prostata in Italia è la neoplasia più frequente tra i maschi e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai cinquant’anni. La sopravvivenza a 5 anni al Nord è al 92%, mentre nel Sud è all’88% a causa del ritardo nella diagnosi e una scarsa diffusione dello screening. In Sicilia resta il tumore più diffuso tra gli uomini e rappresenta il 17,3% di tutti gli altri carcinomi. Teletilt è un progetto molto ampio che mira ad un doppio obiettivo. “Il primo – ha spiegato Glorioso – è mettere a regime i servizi per i pazienti con tumore alla prostata in grado di garantire equità nell’accesso alle cure e all’alta specializzazione, e una gestione semplificata delle cronicità e della continuità assistenziale attraverso un approccio multidisciplinare. Il secondo riguarda il trattamento radioterapico perché, nonostante la letteratura scientifica abbia dimostrato come la radioterapia sia un’alternativa non inferiore in termini di sopravvivenza e con minori effetti collaterali, la chirurgia è ancora la scelta terapeutica più diffusa”.

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Tumore della prostata: i pazienti chiedono maggiore informazione e conoscenza sulla malattia

Posted by fidest press agency su giovedì, 17 novembre 2022

È quanto emerge dall’indagine conoscitiva sul tumore della prostata, condotta nell’ambito dell’iniziativa “In Contatto”, promossa dalle Associazioni del gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, che ha voluto indagare le esperienze e le esigenze dei pazienti durante il percorso di cura per portare all’attenzione delle Istituzioni eventuali disagi, bisogni non soddisfatti e proposte per trovare soluzioni adeguate. I dati dell’indagine sono stati presentati durante una diretta Facebook che ha avuto come focus proprio il tumore della prostata, nell’ambito dell’iniziativa “In Contatto”. La figura dell’urologo è piuttosto conosciuta tra gli intervistati, con una consapevolezza crescente della popolazione maschile rispetto ai temi che riguardano la sfera della salute dell’apparato uro-genitale, come l’esame del PSA e la diagnosi precoce. «Il tumore della prostata è la neoplasia più comune nella popolazione maschile adulta; da alcuni anni la consapevolezza dei maschi rispetto a questo tumore è in aumento, così come la presa di coscienza dell’importanza di proteggere la propria salute uro-genitale anche per le ricadute che un tumore prostatico scoperto tardi può avere sulla sopravvivenza e la qualità della vita – dichiara Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna Onlus e Coordinatrice del gruppo «La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere» – è in crescita l’attenzione alla prevenzione primaria, che tuttavia dovrebbe essere potenziata anche tra i medici di medicina generale, ai quali per primi si rivolge l’uomo quando qualcosa non va a livello della sfera uro-genitale. I pazienti rivendicano alcuni importanti bisogni, come il supporto psicologico, un più stretto rapporto con il medico curante, una maggiore informazione sulla malattia e sul percorso di cura, segnale che il messaggio di salvaguardare la propria salute uro-genitale non arriva completamente al target. Molto c’è ancora da fare e il nostro Gruppo intende proseguire nel portare avanti con forza e determinazione il lavoro per assicurare ai pazienti tutto il sostegno necessario a che la loro presa in carico diventi veramente globale».

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Tumore della prostata metastatico

Posted by fidest press agency su lunedì, 10 ottobre 2022

Nel tumore metastatico della prostata oggi sono possibili cure più precise ed efficaci. Ogni anno in Italia oltre 7.000 uomini sono colpiti da forme gravi del carcinoma e di questi fino al 12% possiedono una mutazione dei geni BRCA (e in particolare di BRCA 2). Grazie alla possibilità di ricercare tale mutazione su tessuto bioptico o su prelievo ematico, il team multidisciplinare che assiste il malato può selezionare al meglio la terapia da proporre al paziente. In caso di riscontro di una positività di tipo eredo-familiare (la metà circa dei casi) si possono programmare accertamenti diagnostici ed eventuali trattamenti nei parenti più stretti, al fine di attivare eventuali trattamenti in fase precoce o l’avvio di appropriati programmi di controllo. Una limitazione a questo percorso è tuttavia, rappresentata dalla attuale carenza in Italia di un network di laboratori certificati in grado di svolgere i test, con risultati che spesso arrivano in tempi troppo dilatati. E’ quanto sostengono gli specialisti della SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica) riuniti in questi giorni a Firenze per il loro XXXII congresso nazionale. Titolo dell’evento, che si apre oggi, è Opportunità e Limiti attuali della Medicina di Precisione. “Il counseling genetico presenta grandi potenzialità anche in uro-oncologia – sottolinea Alberto Lapini, Presidente Nazionale SIUrO -. Bisognerebbe, infatti, proporre l’esecuzione del test BRCA a tutti i pazienti con carcinoma prostatico metastatico per valutare la possibilità di utilizzare, quando indicato, una terapia individualizzata. Se l’alterazione genetica riscontrata è di tipo germinale vi è una discreta probabilità che il gene sia presente anche in altri componenti del nucleo familiare. La ricerca della mutazione dei geni BRCA nei familiari può consentire di individuare altri casi di tumore della prostata ma anche del seno, dell’ovaio o del pancreas”. “I limiti attuali alla medicina di precisione non sono scientifici ma soprattutto di natura burocratica e amministrativa – aggiunge Sergio Bracarda, Presidente Incoming SIUrO e nuovo Presidente Nazionale SIUrO da oggi-. I laboratori che svolgono questi esami non sono presenti in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale. Tutti quelli operativi dovrebbero inoltre rispettare alcuni parametri minimi e dei percorsi di qualità. Solo così si può creare una rete di centri che sia efficiente e sostenibile anche da un punto di vista economico. I test genetici sono già importanti e lo saranno sempre di più nel contrasto dei tumori genito-urinari, come è stato dimostrato anche in altre neoplasie. Questi test ci permettono di identificare quei pazienti BRCA positivi che dopo una prima linea di trattamento per malattia ormonoresistente (comprendente almeno un agente ormonale di nuova generazione) potranno essere trattati con i farmaci orali inibitori di PAR”. “Anche nel tumore della vescica stiamo iniziando a valutare possibili target di sottogruppi di pazienti sui quali potrebbero funzionare o meno nuove cure farmacologiche – sostiene Renzo Colombo, Vice Presidente SIUrO -. Per il carcinoma renale siamo ancora lontani da poter parlare di medicina di precisione ma comunque i tassi di sopravvivenza sono in netto miglioramento. Più in generale i pazienti con neoplasia urologica oggi possono giovarsi di numerose opzioni terapeutiche in grado di migliorare non solo la sopravvivenza ma anche la qualità della via. Le cure per essere davvero personalizzate devono tenere conto delle caratteristiche della neoplasia sia sotto il profilo dell’estensione di malattia che della sua aggressività biologica. Bisogna quindi valutarne in modo approfondito le caratteristiche immunoistochimiche e biomolecolari”. I tumori della prostata, rene, testicolo e vescica rappresentano un quinto di tutti i tumori registrati nel nostro Paese. Si calcola che ogni anno colpiscano oltre 77mila italiani. “Sono tutte neoplasie che nelle forme iniziali possono essere trattate chirurgicamente con le nuove tecnologie robotiche – aggiunge Giario Conti, Segretario Nazionale SIUrO -. I risultati raggiunti sono sovrapponibili a quelli classici, detti anche a “cielo aperto”. Otteniamo inoltre meno effetti collaterali e soprattutto minore invalidità post-operatoria. Ad esempio per i tumori renali la chirurgia conservativa, se possibile robot assistita, rappresenta oggi lo standard terapeutico in presenza di malattia localizzata. Consiste nell’asportare solo la massa tumorale risparmiando il resto dell’organo sano. Queste tecnologie sono disponibili solo in centri di riferimento e anche in questo caso vi sono ancora notevoli differenze territoriali. In particolare nelle Regioni del Sud risultano relativamente poche le strutture sanitarie che riescono a fornire ai malati trattamenti con tali strumentazioni”. “La stessa evoluzione si sta verificando anche per la radioterapia oncologica – prosegue Rolando D’Angelillo, professore di Radioterapia, all’Università di Roma Tor Vergata -. Vi sono state delle innovazioni tecnologiche molto importanti che stanno migliorando la qualità di vita dei pazienti. In questo l’ultimo periodo, anche grazie ai fondi garantiti dal PNRR, vi è una maggiore diffusione delle nuove tecnologie di radioterapia in tutta Italia. Grazie al rinnovamento tecnologico attualmente un numero maggiore di pazienti con tumore urologico può accedere a trattamenti radianti di alta precisione”.

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Tumore della prostata metastatico

Posted by fidest press agency su sabato, 17 settembre 2022

In sei anni (2015-2021), in Italia, la mortalità per tumore della prostata è diminuita del 14,6%. Un risultato importante, ottenuto grazie alla prevenzione e ai progressi della ricerca nella neoplasia più frequente negli uomini (circa 36mila nuove diagnosi stimate nel 2020 nel nostro Paese). Nella malattia metastatica l’obiettivo della terapia deve essere non solo garantire un miglioramento della sopravvivenza ma anche una buona qualità di vita. Un risultato che può essere raggiunto grazie alla combinazione di darolutamide, un potente inibitore del recettore degli androgeni, con la terapia di deprivazione androgenica (ADT) e la chemioterapia con docetaxel. È quanto emerge dai nuovi risultati dello studio di Fase III ARASENS per la valutazione della qualità di vita e di alcuni endpoint rilevanti nei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC). Oltre a prolungare la sopravvivenza globale, darolutamide ha un favorevole profilo di tollerabilità e la capacità di mantenere la qualità di vita dei pazienti, con il controllo dei sintomi fisici e del dolore legati alla malattia. I risultati completi sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), in corso a Parigi. Il trattamento con darolutamide più ADT e docetaxel ha mostrato una tendenza a ritardare il tempo di peggioramento dei sintomi fisici e del dolore correlati alla malattia nei pazienti con dolore moderato o grave al basale e un miglioramento degli endpoint rilevanti per i pazienti, rispetto a ADT più docetaxel, a sostegno dell’incremento del trattamento precoce con l’aggiunta di darolutamide. I risultati dello studio di Fase III ARASENS hanno dimostrato una riduzione del 32,5% del rischio di morte e il miglioramento di tutti gli endpoint secondari particolarmente rilevanti per i pazienti, con l’intensificazione del trattamento precoce rispetto a ADT più docetaxel. L’obiettivo raggiunto, della migliore preservazione della qualità della vita, è di particolare importanza in una malattia come la neoplasia prostatica, per la quale si deve prevedere una prognosi ed una durata dei trattamenti anche di molti anni. Numerosi pazienti nello studio di fase III ARASENS presentavano punteggi elevati di QoL al basale, senza dolore o con dolore lieve (81%). I dati dello studio mostrano che darolutamide in combinazione con ADT e docetaxel ha mantenuto la qualità di vita (QoL) con i tempi al peggioramento (TTW) dei sintomi fisici correlati alla terapia e al dolore simili a ADT e docetaxel. Il trattamento con darolutamide in combinazione con ADT e docetaxel ha inoltre portato a un minor numero di decessi per ogni causa (35,1% versus 46,8%) e decessi per tumore della prostata (26,1% versus 36,0%) rispetto a ADT e docetaxel. Il carcinoma prostatico è il secondo tumore più diagnosticato nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che, nel 2020, a livello mondiale, 1,4 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata e circa 375.000 uomini siano deceduti a causa di questa patologia. Al momento della diagnosi la maggior parte degli uomini presenta un tumore localizzato, il che significa che la neoplasia è limitata alla ghiandola prostatica e può essere trattata con la chirurgia curativa o la radioterapia. In caso di recidiva, quando la malattia si diffonde o diventa metastatica, il tumore è sensibile agli ormoni e la terapia di deprivazione androgenica (ADT) è il cardine del trattamento. Le attuali opzioni di trattamento per gli uomini con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) prevedono terapia ormonale, come l’ADT, inibitori del recettore degli androgeni più ADT o una combinazione di chemioterapia con docetaxel e ADT. Nonostante questi trattamenti, la maggior parte dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico progredisce sviluppando un tumore resistente alla castrazione (mCRPC), una condizione di malattia caratterizzata da elevata morbilità e sopravvivenza limitata.

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Presentato il Libro bianco 2022 “Tumore alla prostata. Stato dell’arte e nuove prospettive”

Posted by fidest press agency su lunedì, 11 luglio 2022

Ad iniziativa di Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, volume realizzato grazie all’impegno di esperti di primo piano e grazie al sostegno della Fondazione per la Formazione Oncologica. Il tumore della prostata, come noto, è uno dei più importanti problemi nell’ambito della salute dell’uomo, costituendo il 19% di tutti i tumori diagnosticati nella popolazione maschile e contando ogni anno in Italia circa 37.000 nuove diagnosi. La sua incidenza è aumentata nel tempo, da un lato per il progressivo invecchiamento della popolazione e, dall’altro, per l’introduzione del PSA, il dosaggio del cosiddetto “antigene prostatico specifico”, che può facilitare l’individuazione di questa forma di tumore. Fortunatamente, si registra in parallelo una continua riduzione della mortalità, favorita anche dall’aumento della diagnosi precoce. Fino al 40% delle nuove diagnosi è costituito da tumori clinicamente insignificanti. Per evitare il sovratrattamento di lesioni indolenti, risparmiando al paziente inutili tossicità e alla comunità inutili costi, si adotta oggi un paradigma chiamato Sorveglianza Attiva, nato negli anni Novanta e riconosciuto ormai da tutte le linee guida internazionali. «È un monitoraggio sistematico per pazienti con diagnosi di adenocarcinoma della prostata in classe di rischio bassa, che prevede uno schema predefinito di controlli che include anche la pronta attivazione di un trattamento curativo qualora gli esami di monitoraggio evidenzino la comparsa di un tumore clinicamente significativo. Gli studi clinici ne confermano efficacia, sicurezza e una buona qualità della vita» spiega Riccardo Valdagni, Direttore SC Radioterapia Oncologica e Responsabile Programma Prostata, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano, dove per la prima volta questo approccio è stato applicato nell’ambito del progetto PRIAS (Prostate Cancer Research International Active Surveillance) Italia.Si passa poi alla chirurgia, che «rappresenta un trattamento di scelta per la neoplasia prostatica organo-confinata, indicata per pazienti con neoplasia a rischio intermedio che abbiano un’aspettativa di vita superiore ai 10 anni, ma che trova indicazione anche in pazienti con neoplasia a rischio elevato o localmente avanzata, nei cui casi la chirurgia può essere seguita da trattamento radioterapico e medico in un’ottica multimodale», sintetizza Bernardo Rocco, Direttore UOC di Urologia, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano.Vengono esaminate le terapie mediche, fino alle strategie e alle tecnologie più innovative, come la radiomica, i classificatori genomici, l’immunoterapia e la radioterapia di precisione. «L’evoluzione tecnologica degli ultimi due decenni e la sempre maggiore attenzione verso il paziente e la sua malattia hanno permesso alla radioterapia di divenire un trattamento di riferimento per la cura delle neoplasie della prostata. Inoltre, grandi sforzi di ricerca sono stati compiuti per individuare fattori genetici che rendono un individuo più sensibile alla radiazione: l’inclusione di queste caratteristiche in modelli predittivi permetterà di ottimizzare i trattamenti. Inoltre, l’evoluzione tecnologica degli ultimi due decenni e la sempre maggiore attenzione verso il paziente e la sua malattia hanno permesso alla radioterapia di divenire un trattamento di riferimento per la cura delle neoplasie della prostata», spiega Noris Chiorda della SC Radioterapia Oncologica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano.Un capitolo è dedicato agli aspetti psicologici del tumore alla prostata, correlati al vissuto di malattia nonché agli effetti collaterali delle terapie e dei trattamenti che minano la qualità di vita dei pazienti, interferendo con il funzionamento sessuale, urinario e intestinale. «Il tumore alla prostata non è solo una malattia del corpo, ma colpisce l’identità maschile più intima dell’uomo. Indipendentemente dalla tipologia d’intervento o dalla persistenza degli effetti collaterali, i pazienti con cancro alla prostata sperimentano un senso di perdita: delle proprie funzioni, del proprio sé, della connessione con l’altro e di controllo» ricorda Chiara Marzorati, psicologa e psicoterapeuta, Divisione di Psiconcologia, IRCSS Istituto europeo di oncologia, Milano. Ai contributi scientifici segue, quindi, la testimonianza di Europa Uomo, la prima e principale rete di informazione e supporto per il tumore alla prostata in Italia ed Europa. «Durante e dopo le cure, Europa Uomo sostiene gli uomini tramite un gruppo di auto-aiuto, con attività supportivo-espressive coordinate da uno psicologo, attività di riabilitazione motoria guidate da un personal trainer, incontri con gli specialisti del settore e attività socioculturali. Da non dimenticare, i Venerdì di Europa Uomo che si propongono di tutelare e migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, aiutandoli a creare una nuova rete sociale di supporto», conclude Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia.

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Carcinoma della prostata

Posted by fidest press agency su lunedì, 4 luglio 2022

E’ il tumore più frequente tra i maschi e rappresenta oltre il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Sono circa 564.000 gli Italiani con pregressa diagnosi di tumore della prostata, pari al 33 per cento dei casi di tumori nel sesso maschile e nel 2020 erano stimati circa 36.000 nuovi casi, pari al 19 per cento di tutti i tumori maschili.[i], 3 La maggior parte delle diagnosi viene formulata in persone di età avanzata, 6.811 casi ogni 100.000 riguarda infatti ultrasettantacinquenni. La quota di gran lunga maggiore dei pazienti è presente al Nord (1.428 casi ogni 100.000 abitanti nel Nord-Ovest, 1.395 nel Nord-Est) rispetto al Centro (1.015) e al Sud (588). Apalutamide, prodotto in Italia nello stabilimento Janssen di Latina per il mercato europeo e di altri continenti, ha una potente attività antitumorale, ottenuta aumentando la morte (apoptosi) delle cellule tumorali e riducendone quindi la proliferazione. Esercita tale azione bloccando i recettori degli androgeni ai quali si lega il testosterone, che è l’ormone di cui si serve il carcinoma prostatico per svilupparsi. Il farmaco inibisce la crescita delle cellule tumorali impedendo il legame degli androgeni al recettore. L’efficacia e la sicurezza di apalutamide sono state determinate in due studi randomizzati, controllati con placebo, di fase 3: lo studio SPARTAN (relativo all’indicazione nmCRPC) e lo studio TITAN (per l’indicazione mHSPC). Ancora più importanti i risultati ottenuti da apulatamide – evidenziati dallo studio TITAN – nel carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni, uno stadio della malattia il cui il tumore risponde ancora alla terapia di deprivazione androgenica, ma è già diffuso in altre parti del corpo. I pazienti con mHSPC tendono ad avere una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza globale mediana (OS) inferiore a cinque anni. I dati di TITAN dimostrano che apalutamide in combinazione con ADT, al follow-up mediano di quasi quattro anni, riduce del 35 per cento il rischio di morte rispetto alla sola ADT (HR=0,65; p<0,0001); applicando la correzione per il cross-over dei pazienti nel braccio placebo, questa riduzione cresce al 48 per cento (HR=0,52; p<0,0001).6 Inoltre, il farmaco migliora la sopravvivenza libera da progressione secondaria (PFS2) del 38 per cento (HR=0,62; p<0,0001) e ritarda l’insorgenza della resistenza alla castrazione (HR=0,34; p<0,0001), temibile peggioramento della situazione.6 Quest’ultimo dato suggerisce che un'intensificazione precoce della terapia con apalutamide può influenzare positivamente il decorso della malattia per i pazienti che successivamente vengono sottoposti alla chemioterapia o trattati con nuovi agenti ormonali.Infine, apalutamide risulta ben tollerato, mantiene una buona qualità di vita durante il trattamento, ritardando nel tempo il ricorso alla chemioterapia citotossica e ai suoi impattanti effetti collaterali, come evidenzia anche il dato del 73 per cento di riduzione del rischio di progressione del PSA, un indicatore di progressione della malattia.

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Tumore della prostata

Posted by fidest press agency su domenica, 19 dicembre 2021

Lo studio di Fase III ARASENS che valuta l’utilizzo di darolutamide, inibitore orale del recettore degli androgeni (ARi), nel tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) ha raggiunto l’endpoint primario. Nello studio ARASENS, darolutamide in combinazione con docetaxel e terapia di deprivazione androgenica (ADT) ha incrementato significativamente la sopravvivenza globale (OS) rispetto a docetaxel e ADT. L’incidenza globale degli eventi avversi riportati è risultata simile nei due bracci di trattamento. Il dettaglio dei risultati dello studio sarà presentato ad un prossimo congresso scientifico. ARASENS è l’unico studio di Fase III randomizzato, multicentrico, in doppio cieco programmato prospetticamente per valutare l’efficacia e la sicurezza della combinazione di un inibitore orale del recettore degli androgeni (ARi) con docetaxel e terapia di deprivazione androgenica (ADT) rispetto a docetaxel e terapia di deprivazione androgenica (ADT) nei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC). Darolutamide è approvato in numerosi Paesi nel mondo, compresi Stati Uniti, Unione Europea (EU), Giappone e Cina, per i pazienti con tumore della prostata resistente alla castrazione non metastatico (nmCRPC), a rischio elevato di sviluppare metastasi. Autorizzazioni sono in via di approvazione o programmate in altre regioni. Darolutamide è sviluppato congiuntamente da Bayer e da Orion Corporation, un’azienda farmaceutica che opera a livello globale. Bayer intende discutere i dati dello studio ARASENS con le autorità sanitarie mondiali per la presentazione della richiesta di autorizzazione alla commercializzazione per questa indicazione.Il carcinoma prostatico è il secondo tumore per incidenza nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che, nel 2020, nel mondo, 1,4 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata e circa 375.000 uomini siano deceduti a causa di questa patologia. Al momento della diagnosi, la maggior parte degli uomini presenta una malattia localizzata, limitata cioè alla ghiandola prostatica, che può essere trattata con la chirurgia curativa o la radioterapia. In caso di recidiva, quando la malattia si diffonde diventando metastatica, la terapia di deprivazione androgenica (ADT) è fondamentale nel trattamento di questo tumore ormonosensibile. Circa il 5% degli uomini alla prima diagnosi presenta tumore della prostata con metastasi a distanza. Il trattamento dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) prevede l’ormonoterapia, con la terapia di deprivazione androgenica (ADT) o la combinazione di chemioterapia con docetaxel e ADT. Nonostante questi trattamenti, la maggior parte dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico progredisce sviluppando il tumore della prostata resistente alla castrazione (CRPC), una malattia con sopravvivenza limitata. Nuovi trattamenti con farmaci orali ad azione antiandrogenica stanno dimostrando efficacia nell’aumentare la sopravvivenza e ritardare la comparsa di malattia resistente a castrazione in questi pazienti.

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Tumore della prostata

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 novembre 2021

Il carcinoma della prostata è il secondo tumore più comunemente diagnosticato negli uomini e la quinta causa di morte per cancro nei maschi a livello mondiale. Ogni anno, in Italia, si stimano circa 37mila nuovi casi di tumore della prostata. Grazie ai farmaci sviluppati negli ultimi anni, più del 90% è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Gli uomini affetti da carcinoma della prostata non metastatico resistente alla castrazione sono generalmente attivi e non presentano sintomi, ma sono a rischio elevato di sviluppare la malattia metastatica; circa un terzo dei pazienti con carcinoma della prostata non metastatico resistente alla castrazione sviluppa metastasi entro due anni. Una delle sfide più importanti è quindi quella di evitare l’insorgenza di metastasi, mantenendo inalterata la qualità di vita.Nello studio di fase III ARAMIS, darolutamide, inibitore orale del recettore per gli androgeni, ha dimostrato di ridurre il rischio di morte del 31% e di migliorare la sopravvivenza libera da metastasi (40,4 mesi rispetto a 18,4 mesi del placebo), senza compromissione della qualità di vita. Ulteriori conferme su questa molecola sono emerse dalle analisi dello studio ARAMIS presentate al Congresso dell’Associazione Americana di Urologia (2021 AUA Annual Meeting) e al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO Congress 2021) che hanno valutato darolutamide nei pazienti con carcinoma della prostata non metastatico resistente alla castrazione (nmCRPC). Queste analisi consolidano il profilo clinico di darolutamide e sottolineano la sua potenzialità nel controllo dei sintomi associati alla malattia localmente ricorrente in questi uomini. Inoltre, nel braccio con darolutamide si è ridotta la necessità di interventi locali invasivi. I dati di queste analisi forniscono una ulteriore evidenza che rafforza il profilo di efficacia e tollerabilità noto di darolutamide nei pazienti con carcinoma della prostata non metastatico resistente alla castrazione, con un progresso significativo della sopravvivenza libera da metastasi (MFS) e della sopravvivenza globale (OS), e un profilo di sicurezza favorevole in un periodo di trattamento prolungato paragonabile alla sola terapia di deprivazione androgenica (ADT).(fonte: http://www.bayer.com)

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Il tumore della prostata è una malattia sempre più “giovanile” in Italia

Posted by fidest press agency su giovedì, 7 ottobre 2021

Il numero di nuovi casi cresce del 3,4% l’anno tra gli uomini residenti in Italia con meno di 50 anni. Un incremento che va affrontato anche grazie a due “armi” sempre più importanti: l’uro-oncologia di precisione e la multidisciplinarietà. Trattamenti personalizzati sul singolo caso e una gestione condivisa del paziente, da parte di gruppo di diversi specialisti medici, possono aiutare a contrastare la crescente incidenza del tumore maschile più diffuso nella Penisola. E’ questo il messaggio lanciato durante il XXXI congresso nazionale della SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica), che si svolge in questi giorni in modalità on line e vede la partecipazione di urologi, oncologi, radioterapisti e anatomo-patologi da tutta Italia. “Il carcinoma prostatico risulta in aumento anche perché, rispetto al più recente passato, viene maggiormente ricercato tra l’intera popolazione – afferma il dott. Alberto Lapini, Presidente Nazionale SIUrO -. Spesso nei pazienti più giovani la neoplasia è asintomatica oppure molto aggressiva. Si rende poi necessario svolgere indagini genetiche a livello familiare per potere individuare più precocemente possibile i nuovi casi. Gli uomini con un parente di primo grado affetto da questa malattia presentano un rischio fino a 3 volte più alto di svilupparla. Per chi invece ha più di un familiare colpito il rischio aumenta addirittura di 5 volte. Così è possibile svolgere interventi di terapeutici tempestivi in grado di aumentare le opportunità di guarigione”. La ricerca sta perfezionando i test genetici e altre tecnologie diagnostiche in grado di perfezionare la selezione delle terapie. Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 andranno sempre più ricercati, anche nei tumori genitourinari, per scoprire l’utilità o meno del ricorso ad una nuova classe di farmaci, gli inibitori di PARP. Sono già utilizzati con successo nella cura del carcinoma della mammella e dell’ovaio. Tra non molto vi sarà anche la possibilità di impiegarli anche contro il tumore alla prostata avanzato, metastatico o resistente alla castrazione. Le terapie mirate rientrano invece da diversi anni in tutte le linee guida, nazionali ed internazionali, per il trattamento del carcinoma renale. L’uso dei test ed altri esami è perciò sempre più rilevante nella nostra pratica clinica quotidiana”. “Strettamente legata alla uro-oncologia di precisione è la multidisciplinarietà che rappresenta il principio cardine su cui si basa la nostra Società Scientifica – sottolinea il dott. Renzo Colombo, Vice Presidente SIUrO -. Le strategie terapeutiche devono essere decise e concordate da un team in cui vi è un lavoro coordinato di diversi professionisti medici. Il carcinoma alla prostata, rene, vescica, testicolo o pene sono patologie molto complesse e che richiedono strategie integrate per dare risposte più personalizzate ai nostri pazienti. Sono in arrivo infatti importanti novità cliniche che stanno consentendo una conoscenza più dinamica e approfondita di queste malattie”. Lo scorso anno in Italia il totale dei casi di tumori genitourinari è stato di 76.800: 36.000 nuovi casi per il cancro alla prostata, 13.500 al rene, 2.300 al testicolo e 25.000 alla vescica. “Lo scorso anno la pandemia ha pesantemente influenzato i livelli di assistenza per i nostri pazienti – sostiene il dott. Rolando Maria D’Angelillo, Consigliere Nazionale SIUrO -. In molte strutture sanitarie oncologiche i trattamenti chirurgici, farmacologici e radioterapici sono stati interrotti o comunque drasticamente ridotti. In questo inizio autunno del 2021 la situazione risulta decisamente migliorata e i rischi di contagio da Coronavirus in ospedale sono quasi nulli. Tuttavia notiamo ancora una diffidenza da parte di alcuni pazienti a recarsi nei nostri ambulatori per ricevere cure ed esami”. Bisogna però proseguire nella ricerca medico-scientifica e nell’individuazione di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici soprattutto per la gestione dei casi avanzati o metastatici”.

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Carcinoma della prostata metastatico

Posted by fidest press agency su martedì, 21 settembre 2021

Basilea. Sono positivi i dati sulla qualità di vita legata alla salute (HRQoL) dello studio di Fase III VISION che ha valutato 177Lu-PSMA-617, terapia mirata sperimentale con radioligando, in aggiunta allo standard di cura nel carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC) rispetto al solo standard di cura. Numerosi pazienti con mCRPC lamentano disabilità fisiche e notevole dolore2,3. I dati di valutazione della qualità di vita (HRQoL) dello studio VISION mostrano un ritardo nel peggioramento di queste manifestazioni invalidanti nel braccio con 177Lu-PSMA-617 più lo standard di cura, rispetto al solo standard di cura. Non sono stati osservati problemi di sicurezza nuovi o imprevisti, comprese le variazioni della clearance della creatinina1. Sono in corso due ulteriori studi della terapia con radioligando 177Lu-PSMA-617 nel trattamento delle fasi iniziali del carcinoma della prostata metastatico, che analizzano la potenziale utilità clinica nel carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione nel setting pre-taxano (PSMAfore) e in quello metastatico ormonosensibile (PSMAddition). Novartis sta inoltre valutando l’opportunità di analizzare la terapia con radioligando 177Lu-PSMA-617 negli stadi iniziali del carcinoma della prostata. “Il carcinoma prostatico è divenuto, nell’ultimo decennio, il tumore più frequente nella popolazione maschile dei paesi occidentali. I numeri descrivono una realtà ancora preoccupante, anche se negli ultimi anni abbiamo ottenuto ottimi risultati in termini di riduzione dei tassi di mortalità – commenta il Professor Marcello Tucci, Direttore S.C. Oncologia Ospedale Cardinal Massaia di Asti e Board Member AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) –. Ora è possibile iniziare a pensare di personalizzare le scelte terapeutiche in modo estremamente preciso, consentendo una prognosi migliore anche ai pazienti più complessi, per i quali tutto questo si traduce in un aumento della durata e della qualità di vita. Per i pazienti con carcinoma prostatico metastatico lo scenario è oggi del tutto diverso rispetto a pochissimo tempo fa ed è tuttora in continua, rapidissima evoluzione come in pochi altri settori dell’oncologia. Lo studio VISION apre le porte all’era della medicina di precisione nel carcinoma della prostata – spiega il Professor Tucci –. Per la prima volta viene dimostrata l’azione antitumorale selettiva di un radiofarmaco, il lutezio 177, in pazienti con malattia in fase di resistenza alla castrazione. All’ultimo ASCO sono stati presentati i dati di efficacia e sicurezza dello studio VISION in cui la terapia oncologica con radioligando in aggiunta al miglior standard di cura ha ottenuto una riduzione del 38% del rischio di morte (OS) e del 60% del rischio di progressione della malattia (PFS). I dati che verranno presentati all’ESMO – conclude il Professore – andranno a sottolineare i risultati positivi sulla qualità di vita, confermando le potenzialità di questo trattamento.” Il carcinoma della prostata è una forma di cancro che si sviluppa nella ghiandola prostatica, una piccola ghiandola a forma di noce presente in regione pelvica degli uomini. Nel carcinoma della prostata resistente alla castrazione (CRPC), il tumore mostra segnali di crescita, come l’aumento dei livelli sierici di antigene prostatico specifico (PSA), nonostante l’utilizzo di trattamenti ormonali che abbassano il testosterone5. Nel carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC), il tumore si diffonde ad altre sedi del corpo, come organi o ossa adiacenti, e non risponde al trattamento ormonale5. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con carcinoma della prostata metastatico è circa del 30%6.Nonostante i progressi nella cura del cancro della prostata, vi è un forte bisogno insoddisfatto di nuove opzioni di trattamento mirate per migliorare i risultati dei pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC). Più dell’80% dei tumori della prostata esprime in quantità elevate un biomarcatore fenotipico7 chiamato Antigene di Membrana Specifico della Prostata (PSMA)8-10,11,12, rendendolo un promettente target diagnostico (tramite tomografia a emissione di positroni (PET)) e un potenziale target terapeutico per la terapia con radioligando13. Questo approccio si differenzia dalla medicina di precisione “genotipica” che si occupa delle alterazioni genetiche specifiche delle cellule cancerogene. (fonte: Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), che si conclude oggi.

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Tumore della prostata

Posted by fidest press agency su lunedì, 5 luglio 2021

Il Covid-19 spazza via i volumi di attività della chirurgia prostatica, con riduzioni del 30% nelle Regioni a maggiore incidenza epidemica come la Lombardia, ma con pesanti contrazioni – meno 50% in Basilicata – anche sulle performance di quelle meno colpite dal virus. “Tutto il Paese fatica a riorganizzare i reparti e a gestire le liste d’attesa – spiega il Prof. Vincenzo Mirone, ordinario di Urologia dell’Università Federico II di Napoli e Presidente di Fondazione PRO – ma c’è anche, ancora, la paura del contagio da parte di molti pazienti, spesso anziani e affetti da altre patologie. Si stima una riduzione di circa il 30% delle visite, un calo davvero preoccupante. Questi gli effetti dell’onda d’urto dell’epidemia sulla prevenzione del cancro della prostata e sulle terapie di chi, spaventato dalla paura del virus, spesso trascura il rispetto di cure e follow-up”. “Una neoplasia – prosegue Mirone – che vede 37.000 nuove diagnosi ogni anno in Italia – la metà delle quali nel 2020 perse a causa del Covid – e che, dopo il melanoma, negli over 50 è la più frequente negli uomini, con il 20% di tutti i tumori maschili. L’età media al momento della diagnosi è di 72 anni e si sviluppa più frequentemente a partire dai 50 anni. Soprattutto alle 564.000 persone che nel nostro Paese convivono con questa diagnosi è rivolta la seconda fase della nostra campagna ‘Per il cancro non c’è lockdown’, realizzata con il supporto incondizionato di Ipsen S.p.A. Tra le proposte del progetto, alcuni approfondimenti ospitati sulla nostra web tv, un booklet destinato ai pazienti, stampato e distribuito in 10 centri di eccellenza urologica e, dopo l’enorme successo dello spot promosso insieme a Massimiliano Allegri, un’altra clip che vede testimonial d’eccezione Carlo Verdone”.“Queste campagne di awareness nei confronti di pazienti e caregiver – spiega il Prof. Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – sono benedette. Con le vaccinazioni contro il Covid-19, speravamo in una ripresa di maggiore efficacia. E invece le migrazioni sanitarie dal Sud al Nord si sono fermate, i nostri pazienti anziani che vivono nel Mezzogiorno ancora temono spostamenti e contagi. Ma un ritardo di 3-6 mesi nelle terapie può essere fatale a molti di loro. Ruolo chiave in una situazione come l’attuale, ma anche in un futuro di lenta ripresa in una nuova normalità, lo hanno le terapie a lungo termine, trimestrali e semestrali. Grazie a una diagnosi precoce ma anche a una buona aderenza alle terapie, le persone colpite, vive a 5 anni dal verdetto, sono oltre il 90%. Un dato notevole, considerata l’età mediamente avanzata dei pazienti e la frequente presenza di altre patologie croniche in corso. Con le terapie a lungo termine possiamo tornare, in totale sicurezza, a centrare gli obiettivi raggiunti prima della pandemia”.

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Bayer acquisisce Noria e PSMA Therapeutics per ampliare il portfolio nel tumore della prostata

Posted by fidest press agency su lunedì, 14 giugno 2021

Bayer annuncia la conclusione di un accordo per l’acquisizione di Noria Therapeutics Inc. (Noria) e PSMA Therapeutics Inc. Grazie a questa acquisizione Bayer otterrà i diritti in esclusiva di una terapia differenziata con radionuclidi alfa a base di attinio-225 e una piccola molecola mirata all’antigene di membrana specifico della prostata (PSMA). L’acquisizione amplia il portfolio oncologico già esistente di Bayer di terapie alfa mirate (TAT), che attualmente comprendono radio-223 dicloruro, e la piattaforma di TAT sperimentale a base di torio-227. Il programma pre-IND (Investigational New Drug) si concentra sul trattamento del tumore della prostata, il secondo tumore più comunemente diagnosticato negli uomini. Sulla base della sua particolare progettazione, questa terapia può offrire un profilo di efficacia e sicurezza differenziato e una potenzialità significativa per affrontare un elevato bisogno clinico insoddisfatto per gli uomini con tumore della prostata.Le aziende acquisite da Bayer, Noria e PSMA Therapeutics, detengono i diritti di esclusiva mondiale sulla tecnologia concessa in licenza da Weill Cornell Medicine (New York, NY, USA) e Johns Hopkins University (Baltimore, MD, USA). Noria è stata fondata dal Dr. John Babich, Responsabile Radiopharmaceutical Sciences in Radiology della Weill Cornell Medicine.Con radio-223 dicloruro, la prima e unica terapia alfa mirata approvata, e la sua straordinaria esperienza in tutte le fasi di sviluppo di un farmaco, dalla ricerca iniziale alla fornitura, Bayer ha permesso di introdurre la terapia alfa mirata (TAT) come parte dello standard di cura a livello mondiale nei pazienti con tumore della prostata. Con l’aggiunta di questa piccola molecola innovativa marcata con attinio-225 alla piattaforma aziendale di coniugati di torio sperimentali, attualmente in fase di sviluppo in molteplici tumori, l’azienda porta avanti opzioni terapeutiche differenziate che possono fare davvero la differenza per i pazienti oncologici. Le terapie target alfa (TAT) sono una classe emergente di terapie con radionuclide per diversi tumori. Rilasciano radiazioni alfa direttamente alle cellule tumorali all’interno del corpo attraverso la loro proprietà di tropismo osseo (radio-223), o combinando radionuclidi alfa emettitori, come l’attinio-225 o il torio-227, con farmaci target specifici. Rispetto alla radiazione beta, la radiazione alfa ha una potenza maggiore e un raggio di penetrazione più corto. E’ dimostrato che procura danni difficili da riparare alle cellule tumorali, causando rotture del doppio filamento del DNA. Radio-223 dicloruro di Bayer è la prima e unica terapia target alfa approvata. E’ indicata per i pazienti con tumore della prostata resistente alla castrazione con metastasi ossee sintomatiche e assenza di malattia viscerale nota; dal suo lancio sono stati trattati più di 76.000 pazienti. Radio-223 dicloruro è attualmente in fase di ulteriore valutazione in un ampio programma di sviluppo clinico nel tumore della prostata e in altri tumori. E’ previsto lo sviluppo nei diversi stadi del tumore della prostata.

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Tumore della prostata metastatico

Posted by fidest press agency su lunedì, 7 giugno 2021

Passi in avanti nel trattamento del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione. Una nuova terapia mirata con radioligando. Novartis annuncia oggi i risultati dello studio di Fase III VISION che ha valutato 177Lu-PSMA-617 in aggiunta al migliore standard di cura (SOC) dimostrando un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (OS) rispetto al solo standard di cura (SOC), nei pazienti con carcinoma della prostata progressivo metastatico resistente alla castrazione (mCRPC)1, positivo all’antigene di membrana specifico della prostata (PSMA). 177Lu-PSMA-617 è in grado di ridurre del 38% il rischio di morte1. La differenza nella sopravvivenza globale tra i bracci dello studio è risultata statisticamente significativa (p<0,001 unilaterale), con una riduzione stimata del 38% del rischio di morte nel braccio con 177Lu-PSMA-617 (n=551) rispetto al braccio con il solo miglior standard di cura (n=280) (rapporto di rischio: 0,62 con intervallo di confidenza (CI) 95%: (0,52, 0,74))1. I risultati saranno presentati il 6 giugno durante la sessione plenaria del Congresso 2021 dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).I pazienti trattati con 177Lu-PSMA-617 hanno inoltre dimostrato una riduzione statisticamente significativa (p<0,001 unilaterale) del 60% del rischio di progressione radiografica (rPFS) rispetto al braccio con il solo miglior standard di cura (rapporto di rischio: 0,40 con intervallo di confidenza (CI) 99.2% CI: (0,29 0,57)). Nel braccio di trattamento con 177Lu-PSMA-617 si è verificato un tasso maggiore di eventi avversi collegati alla terapia (85.3%) rispetto al solo standard di cura (28.8%).In entrambi i bracci dello studio, i tassi di interruzione del trattamento associati agli eventi avversi derivanti dalla terapia si sono presentati come segue: nel braccio con 177Lu-PSMA-617 più standard di cura (SOC) l’11,9% dei pazienti ha interrotto 177Lu-PSMA-617 e l’8,5% ha interrotto SOC; mentre nel braccio con il solo SOC il 7,8% dei pazienti ha interrotto il trattamento. Il carcinoma della prostata è una forma di cancro che si sviluppa nella ghiandola prostatica, una piccola ghiandola a forma di noce nel bacino degli uomini. Nel carcinoma della prostata resistente alla castrazione (CRPC), il tumore mostra segnali di crescita, come l’aumento dei livelli di antigene prostatico specifico (PSA), nonostante l’utilizzo di trattamenti ormonali che abbassano il testosterone7. Nel carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC), il tumore si diffonde ad altre sedi del corpo come gli organi o le ossa adiacenti e non risponde al trattamento ormonale7. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con carcinoma della prostata metastatico è circa del 30%. Nonostante i progressi nella cura del cancro della prostata, vi è un forte bisogno insoddisfatto di nuove opzioni di trattamento mirate per migliorare i risultati dei pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC). Più dell’80% dei tumori della prostata esprime in quantità elevate un biomarcatore fenotipico6 chiamato Antigene di Membrana Specifico della Prostata (PSMA) 3-5,8-9, rendendolo un promettente target diagnostico (tramite tomografia a emissione di positroni (PET)) e potenziale target terapeutico per la terapia con radioligando10. Si differenzia dalla medicina di precisione “genotipica” che si occupa delle alterazioni genetiche specifiche delle cellule cancerogene.

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Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma: Tumore della prostata

Posted by fidest press agency su martedì, 18 Maggio 2021

Un importantissimo traguardo per l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, che mette a segno un obiettivo prestigioso nel trattamento dei tumori della prostata: il Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale (PDTA) per questa neoplasia ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001:2015 dall’Ente Internazionale Bureau Veritas, nell’ambito di un progetto che è stato reso possibile grazie al supporto incondizionato di Astellas. Obiettivo del PDTA è assicurare al paziente una presa in carico rapida, efficace ed efficiente, tale da garantirgli un’offerta ampia ed innovativa di opportunità diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali secondo le più recenti Linee guida internazionali. Il lavoro che ha portato alla certificazione del PDTA della prostata dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli è iniziato diversi anni fa, esattamente nel 2007-2008, con la riorganizzazione del processo clinico-diagnostico-terapeutico-assistenziale e riabilitativo oncologico per questa patologia neoplastica maschile, che rappresenta un’area ad alta densità numerica. Le patologie oncologiche richiedono una corretta gestione clinico-assistenziale fondata su una piena integrazione multidisciplinare, così da garantire al paziente una presa in carico funzionale alle diverse esigenze che la patologia richiede. I carcinomi della prostata sono tra i tumori più diffusi nel Lazio con circa 2.800 nuovi casi l’anno e diverse migliaia di uomini laziali che convivono con queste neoplasie, che rappresentano il paradigma di tali esigenze. Richiedono, infatti, il coinvolgimento nel percorso di diagnosi e cura di molteplici figure specialistiche, dal radioterapista all’anatomo-patologo, dall’oncologo medico al radiologo interventista, fino all’urologo, figura di riferimento fin dalla presa in carico iniziale del paziente. «La certificazione del PDTA del tumore della prostata è senz’altro un punto di arrivo di grande prestigio. Un riconoscimento ufficiale che arriva a compimento di un lungo processo di riorganizzazione gestionale dei pazienti affetti da tumore della prostata – sottolinea Francesco Sasso, Direttore di Urologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma – il motivo di questa scelta è legato al fatto che su questa neoplasia si può intervenire con diverse tipologie di trattamento: chirurgica, radioterapica e ormono-chemioterapica e queste terapie possono essere impiegate in maniera integrata. Ciò significa che il paziente con tumore della prostata deve essere necessariamente seguito da un team multispecialistico dall’inizio alla fine delle cure e poi anche dopo per trattare eventuali complicanze ed effetti collaterali delle terapie e ancora, nella fase di riabilitazione. Il PDTA consente alle diverse figure specialistiche di condividere e scegliere la migliore soluzione terapeutica possibile per il paziente. Insomma, il paziente con tumore prostatico deve essere curato all’interno di una struttura che è in grado di soddisfare tutte le sue esigenze. I vantaggi di questo percorso facilitato sono molti: ridurre i tempi d’attesa, ridurre i tempi della diagnosi, accorciare i tempi terapeutici, supportare psicologicamente il paziente. L’urologo nel team multispecialistico è il playmaker: è lui che vede il paziente per primo e fa la diagnosi, è lui che si relaziona e condivide tutte le scelte terapeutiche con gli altri specialisti del team. Il percorso dedicato in questo delicato periodo di pandemia ci aiuta anche a fronteggiare le criticità con cui purtroppo medici e pazienti devono confrontarsi a causa del Covid-19».Il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale è imperniato su un team multidisciplinare che si fa carico del paziente, lo accompagna e rende meno arduo il passaggio da una fase all’altra della malattia. «I PDTA sono sicuramente uno strumento di efficienza delle risorse a disposizione e di facilitazione del percorso assistenziale dei pazienti oncologici – dichiara Antonio Astone, Direttore di Oncologia Medica, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma – Oramai, la medicina non appartiene più al singolo professionista, la complessità delle procedure diagnostiche e terapeutiche richiede la centralità del paziente, intorno al quale ruotano una serie di figure specialistiche che possono a seconda delle varie fasi della storia naturale della malattia, mettere la loro competenza specifica al servizio del paziente. Questo significa spostare la relazione dal singolo medico-singolo paziente a singolo paziente-gruppo di medici che devono coordinarsi. Il cardine del PDTA è la multidisciplinarietà, l’organizzazione e la condivisione del caso clinico. Il PDTA consiste in un cambiamento del modello gestionale che ha ricadute positive sull’efficacia delle cure e sull’efficienza delle prestazioni e procedure. L’oncologo medico ha un ruolo molto importante all’interno del team, è lo specialista dedicato soprattutto ai pazienti con tumore della prostata in fase avanzata. Al momento sono oltre 200 gli uomini con neoplasia prostatica in trattamento nella nostra struttura. Il tumore della prostata viene diagnosticato spesso tardivamente, per questo motivo è fondamentale la prevenzione primaria. Non esistendo al momento uno screening per la prostata, noi oncologi suggeriamo ai maschi che abbiano superato i 45-50 anni di rivolgersi al proprio medico di famiglia in caso di segnali e sintomi della sfera uro-genitale e di effettuare su base volontaria almeno ogni due anni una visita dall’urologo e l’esame del PSA».La comunicazione ed i mezzi di informazione alla popolazione diventano sempre più importanti per far riflettere la cittadinanza intera sul fatto che l’adesione a stili di vita corretti rimane un fattore fondamentale per la prevenzione delle malattie neoplastiche e delle malattie in genere. Il modello di PDTA certificato riflette una tipologia di governance clinica basata su specifici percorsi formalizzati, su protocolli clinico-organizzativi, condivisi tra le varie Unità Operative coinvolte, e su un adeguato sistema di monitoraggio delle performance. «Astellas ha sempre dato molta importanza alla partnership pubblico-privato – conclude Giuseppe Maduri, Amministratore Delegato di Astellas Pharma – vogliamo con questo rispondere alla domanda di salute dei pazienti e dei cittadini e, al tempo stesso, alle esigenze della sanità pubblica di reperire risorse per garantire la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale e regionale. La collaborazione con l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma per la certificazione del PDTA del tumore prostatico rappresenta uno strumento concreto per rendere efficiente e di qualità la presa in carico e la cura del paziente anche attraverso una precisa organizzazione e sostenibilità del percorso diagnostico-terapeutico assistenziale». http://www.proformatcomunicazione.it

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