Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 35 n°185

Posts Tagged ‘rischio’

GAM: Gestione del rischio per fronteggiare un’inflazione persistente

Posted by fidest press agency su mercoledì, 10 Maggio 2023

Commento a cura di Adrian Owens, Investment Director Global Macro e Currency Fixed Income di GAM Investments. Nel 1° trimestre l’inflazione è rimasta al centro dell’attenzione. Le banche centrali hanno continuato ad alzare i tassi di interesse per cercare di contenere l’inflazione, intervenendo comunque in ritardo. Nel corso del 1° trimestre ci sono poi stati i problemi di Silicon Valley Bank, di alcune banche regionali statunitensi e, certamente, di Credit Suisse. Sebbene tali avvenimenti abbiano colto molti di sorpresa, col senno di poi sono situazioni che forse non avrebbero dovuto meravigliarci. Abbiamo attraversato un periodo molto lungo in cui le banche centrali hanno lasciato i tassi di interesse a livelli troppo bassi e per troppo tempo. Ora stanno intervenendo molto velocemente per invertire tale tendenza. Quando ciò accade, è normale che ci siano shock imprevisti nel sistema. Noi investiamo in tassi di interesse e valute. In quest’asset class crediamo che ci siano ottime opportunità. Ma è anche molto importante avere gli strumenti per intervenire. Infatti, è alquanto improbabile che i tassi di interesse inizino semplicemente a scendere. In alcuni mercati ci sono buone opportunità di un calo dei tassi, in particolare in Brasile, mentre in altri mercati l’inflazione resta ancora un problema grave; pertanto, i tassi di interesse dovranno salire ancora: per questo, appare importante poter assumere posizioni short in qualche caso. Lo abbiamo visto chiaramente nel 2022. Chi aveva semplicemente una posizione al rialzo sui tassi di interesse ha perso molto denaro. Occorre avere la capacità e gli strumenti per assumere sia posizioni long che short.In prospettiva futura, dobbiamo riconoscere che le banche centrali, con ritardo, hanno alzato molto i tassi di interesse e gli indicatori economici ci segnalano un rallentamento dell’attività. In considerazione di alcuni effetti di base, ciò dovrebbe portare a un calo dell’inflazione complessiva. L’inflazione core però resterà più alta e ben oltre il target, con possibili ripercussioni negative. Insomma, non proprio lo scenario ideale: la crescita è più debole, l’inflazione è persistentemente elevata. Tuttavia, tale scenario offre delle opportunità. Dobbiamo essere consapevoli che, in un contesto in cui la liquidità viene ritirata dal mercato e dove continuano a manifestarsi gli effetti della stretta, potremmo assistere ad altri shock. La gestione del rischio sarà pertanto fondamentale nel corso dei prossimi 12/18 mesi.

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Accertamenti radiologici: tra appropriatezza e rischio esposizione

Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 Maggio 2023

Padova sabato 6 maggio 2023 dalle ore 8.45 alle 13.00 presso la Fornace Carotta di Via Siracusa, 61. L’incontro è organizzato per rendere partecipi i pazienti all’indicazione e all’esposizione correlata alle indagini radiologiche. Nei prossimi mesi verranno organizzati inoltre webinars dedicati al rischio e all’esposizione collegati alle diverse indagini radiologiche per i pazienti. Comunicare, condividere e informare i pazienti circa le indicazioni ed i rischi correlati agli esami radiologici, all’impiego dei mezzi di contrasto in TC(TAC) e RM (Risonanza Magnetica), e ai rischi connessi all’impiego delle radiazioni elettromagnetiche ionizzanti e non ionizzanti a scopo diagnostico. Ideatore e promotore del Convegno il prof. Emilio Quaia – Direttore dell’UOC Istituto di Radiologia dell’Azienda Ospedale Università Padova che lo realizza con il contributo del Dipartimento di Medicina – DIMED dell’Universita’ di Padova e dell’Ordine dei Medici.

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Il rischio di tassi più elevati per un periodo protratto rimane il nodo più evidente per gli attivi a rischio

Posted by fidest press agency su sabato, 22 aprile 2023

A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management. In uno scenario economico che stava iniziando a superare gli shock stagflattivi generati dalla guerra e dalla pandemia di COVID-19, a marzo si è aggiunto il fallimento o la crisi di alcuni istituti finanziari americani ed europei. Sono fallite due banche statunitensi: la Silicon Valley Bank e la Signature Bank, non del tutto trascurabili trattandosi in ogni caso della sedicesima e ventinovesima banca statunitense. Inoltre, un altro istituto californiano, la First Republic, la quattordicesima banca per dimensioni, è stata tenuta in vita solo con iniezioni di liquidità da parte delle maggiori banche e dalla Federal Reserve. Tuttavia, non per questo quello che è successo è privo di conseguenze macroeconomiche: anche se si è evitato un credit crunch istantaneo, la sostituzione di depositi con le life-line delle istituzioni, ad esempio il Bank Term Funding Program (BTFP) varato ad hoc dalla Federal Reserve, ha infatti comportato un forte aumento del costo delle passività per le banche e una conseguente erosione profonda della redditività degli istituti su cui si è intervenuti come la First Republic. Analogamente in Europa, l’inflazione headline è scesa dal’8,5% al 6,9%, mentre l’inflazione core ha registrato un aumento di un decimale, anche se inferiore al previsto, al 5,7%. Tutto considerato il quadro macro resta dunque discreto, ma con meno enfasi sugli effetti positivi della riapertura cinese, che stentano a manifestarsi e con una possibile aggravante con una minore accessibilità al credito, almeno negli Stati Uniti. In questo quadro le banche centrali sembrano intenzionate a perseguire la stabilizzazione dei prezzi, potendo contare su altri mezzi per contrastare l’eventuale tensione finanziaria, utilizzando mezzi di liquidità.Riteniamo probabile ancora un paio di rialzi da 25 punti base, fino al raggiungimento del 3,5% come punto d’arrivo del ciclo restrittivo. Sarà importante osservare se questa maggiore cautela nei rialzi si tradurrà in una maggiore persistenza dell’inflazione. La previsione del mercato è, dunque, in linea con i livelli citati dalle banche centrali per il picco di questo ciclo di restrizione, mentre appare alquanto divergente riguardo all’evoluzione successiva: il mercato prevede, infatti, negli Stati Uniti, tagli fino al 4,2% già nel corso di quest’anno e quasi un altro punto nel 2024. Non è implausibile dato che la Fed ci ha educati a immaginare cambi anche repentini di comportamento, ma per questo scenario secondo noi è necessaria un’ulteriore degenerazione del quadro di crescita o recessione, oppure un credit crunch grave, che sia presagio di recessione. In pratica il mercato risulta un po’ sospeso tra l’ottimismo di inizio anno e la paura di una recessione e i valori espressi sia dalla curva dei rendimenti obbligazionari, che dalle valutazioni azionarie, risultano una linea intermedia tra questi due scenari. Ciò rende le obbligazioni vulnerabili in caso di no landing e viceversa l’azionario decisamente caro nel caso di una recessione appena più che tecnica. Come già detto il mese scorso, il rischio di “higher for longer”, ovvero di tassi più elevati per un periodo protratto, è il nodo più evidente per gli attivi a rischio. Comprare protezione attraverso strutture opzionali come put su indici, per esempio, resta una cautela interessante e ancora praticabile. (abstract by BC Communication)

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Un giovane italiano su 4 tra i 15 e i 29 anni è a rischio povertà

Posted by fidest press agency su sabato, 15 aprile 2023

Dati ancora più allarmanti se letti insieme a quelli dei Paesi che, per storia economica e tessuto industriale, sono più simili al nostro. La verità è che ci trasciniamo in una crisi strutturale, una permacrisi, che ha un impatto soprattutto sulla fiducia verso il futuro delle prossime generazioni. Questa è la principale causa, come emerge dai nostri studi, della migrazione giovanile, dello spopolamento e delle conseguenze psicofisiche negative che emergono, con sempre maggiore prepotenza, tra i giovani del Paese”. Lo afferma Maria Cristina Pisani, Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani. “Per questo – aggiunge Pisani – pensiamo che l’infrastrutturazione, la costruzione di ambienti fertili al lavoro, la formazione e il benessere dei giovani italiani siano le direttrici principali sulle quali lavorare”.

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Safra Sarasin: Il rischio di recessione rimane elevato

Posted by fidest press agency su sabato, 18 marzo 2023

A cura di Philipp E. Bärtschi, CFA, Chief Investment Officer di J. Safra Sarasin.Dopo un inizio d’anno incoraggiante, di recente il sentiment dei mercati finanziari si è leggermente deteriorato. Ciò è dovuto da un lato a dati molto solidi sul mercato del lavoro e sulle vendite al dettaglio, ma soprattutto a un calo più contenuto del previsto dei tassi d’inflazione negli Stati Uniti e in Europa, che ha convinto gli operatori di mercato che i tassi d’interesse sarebbero aumentati più bruscamente e per un per un periodo più lungo di quanto precedentemente previsto. L’intera curva dei rendimenti statunitensi ha registrato un aumento dei rendimenti e, come ci si aspetta in questi casi, è aumentata maggiormente nella parte breve rispetto a quella lunga. I futures sui Fed funds segnalano ora un tasso terminale statunitense superiore al 5,6% al picco rispetto a meno del 5,0% all’inizio dell’anno. Un taglio dei tassi di 50 punti base per la seconda metà dell’anno è scomparso quasi del tutto dalle attese di mercato. La possibilità di un ulteriore inasprimento della politica monetaria costringe gli operatori di mercato a guardare con attenzione all’inflazione e agli sviluppi economici a breve termine. In vista della seconda metà dell’anno, gli investitori dovrebbero tenere presente che un rallentamento della crescita economica sembra quasi inevitabile. Non appena i rialzi dei tassi avranno esaurito il loro effetto restrittivo, è probabile che i consumi privati diminuiscano sensibilmente sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona. Nel frattempo, la situazione economica in Cina sta migliorando sempre più. La fine della politica dello zero-COVID non avrà solo un impatto positivo sull’economia cinese, ma anche, in particolare, su quelle regioni che sono economicamente molto esposte alla Cina. Se inizialmente gli operatori di mercato sembravano aver sottovalutato questo sviluppo, ora le previsioni sulla crescita economica cinese sono state riviste al rialzo. L’ultimo indice dei responsabili degli acquisti in Cina ha registrato un ulteriore aumento per il settore dei servizi a febbraio, raggiungendo i 56,3 punti, dopo un aumento di 12,8 punti nel mese precedente. Anche l’indice manifatturiero è aumentato per il secondo mese consecutivo, raggiungendo un massimo di 10 anni a 52,6 punti. I dati confermano una solida ripresa, già riscontrata in altri dati sull’attività economica. Dopo un breve periodo di relativa calma, la volatilità sui mercati obbligazionari è tornata a crescere e la conformazione della curva dei rendimenti è cambiata in modo significativo. Negli Stati Uniti e in Europa, la parte a breve è salita a livelli mai visti dalla crisi finanziaria globale. Poiché i rendimenti a più lunga scadenza si sono spostati meno, la curva è ora più invertita di quanto non sia stata negli ultimi quarant’anni. I rialzi dei tassi d’interesse delle ultime settimane sono in particolare dovuti all’aumento delle aspettative d’inflazione. In ogni caso, il rischio che l’inflazione non scenda al target del 2% delle banche centrali con la rapidità prevista, ma rimanga elevata più a lungo, è recentemente aumentato in modo significativo. Le obbligazioni indicizzate all’inflazione offrono una protezione efficace contro questo scenario.Il forte aumento delle valutazioni azionarie all’inizio dell’anno incide pesantemente sull’attrattiva complessiva dell’asset class. I rendimenti degli utili statunitensi sono più bassi rispetto ai rendimenti dei titoli di Stato, situazione che non si vedeva dal 2007. Allo stesso tempo, i rischi di revisione al ribasso degli utili permangono in presenza di una notevole incertezza sulla crescita e della probabilità di rialzi dei tassi di interesse. Ciò è indicato anche da una stagione delle trimestrali deludente per il quarto trimestre del 2022. In questo contesto, nelle ultime settimane le stime sugli utili degli analisti sono gradualmente scese verso le nostre aspettative. In Cina, invece, gli sviluppi positivi successivi alla fine della politica zero-Covid proseguono con vigore e oltre le aspettative degli investitori. Ciò è motivo di ottimismo per il futuro e apre la possibilità di sorprese positive per le azioni cinesi e dei mercati emergenti, mentre sembra essere limitato per le azioni statunitensi, in particolare al livello attuale. Sebbene il contesto economico sia solido e i dati recenti siano stati migliori del previsto, il rischio di una recessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi rimane elevato. In questo contesto, le obbligazioni appaiono generalmente più interessanti delle azioni. Manteniamo pertanto la nostra sottoponderazione sulle azioni, ma l’abbiamo leggermente ridotta a causa dei migliori dati macro e dell’elevato grado di incertezza delle previsioni. Rimaniamo sovrappesati sulle azioni dei mercati emergenti, che probabilmente avranno una sorpresa positiva.Le obbligazioni potrebbero subire ulteriori pressioni a causa dell’aumento delle aspettative di inflazione. Siamo leggermente sovrappesati negli investimenti alternativi. Riteniamo che i cat bond siano estremamente interessanti grazie all’attuale livello di rendimento. Rimaniamo sovrappesati nelle materie prime. La prevista decarbonizzazione dell’economia globale porterà nel medio termine a un’elevata domanda di risorse strategiche, per cui ci troviamo all’inizio di un nuovo super ciclo. Inoltre, l’accelerazione della crescita in Cina dovrebbe portare a un aumento della domanda ciclica di materie prime. (Abstract by http://www.verinieassociati.com)

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2023: domina il rischio del debito

Posted by fidest press agency su domenica, 5 febbraio 2023

By Mario Lettieri e Paolo Raimondi L’aumento dei tassi d’interesse e la stagflazione, cioè la situazione che si crea quando la stagnazione economica si combina con l’aumento dell’inflazione, stanno mettendo inevitabilmente la struttura del debito sotto pressione. A giugno si calcolava che il debito globale, pubblico e privato, fosse pari a 300.000 miliardi di dollari, cioè il 350% del pil mondiale. Nel 1999 era di 200.000 miliardi. Negli Usa il rapporto è del 420%, più alto di quello della Grande Depressione degli anni trenta e dell’immediato dopoguerra. Tale percentuale riguarda tutte le economie avanzate. In Cina è del 330%. I debiti in sé non sono un problema se servono a sostenere gli investimenti per lo sviluppo industriale e tecnologico. Il rischio si manifesta quando crescono in maniera sproporzionata e sono prevalentemente speculativi e sganciati dall’economia reale. La crescita del debito ha colpito numerosi settori, come le famiglie, le imprese, le banche, soprattutto quelle cosiddette “ombra”, i governi e persino interi Paesi. In particolare i debitori chiamati “zombie”, gli insolventi, che sono stati mantenuti a galla dalla prolungata politica del tasso di interesse zero. Da quando la Fed e le altre banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi d’interesse nel tentativo di stabilizzare i prezzi, gli “zombie” vedono il costo del loro debito crescere costantemente. A ciò bisogna aggiungere l’erosione dei redditi, dei risparmi e della ricchezza, immobiliare e mobiliare, liquefatta dall’inflazione. L’ultima volta che l’economia mondiale ha sperimentato la stagflazione è stato negli anni settanta. Allora, però, i tassi debitori erano più bassi. Oggi, invece, si potrebbe parlare del rischio di “choc da stagflazione”. Anche perché non si pensa di ridurre i tassi d’interesse per alimentare la domanda, le produzioni e i consumi. Vi sono poi degli eventi geopolitici che hanno avuto e continuano a creare choc negativi nell’offerta: la pandemia, la guerra in Ucraina, certe problematiche interne cinesi, ecc. Rispetto alla grande crisi finanziaria del 2008 e del periodo iniziale del Covid, questa volta non si potrà intervenire con salvataggi pubblici ai settori in difficoltà. Il rischio è generalizzato. Alcuni economisti americani, come il professore di Harvard, Kenneth Rogoff, già capo economista del Fmi, vorrebbero distogliere l’attenzione dalle aree di crisi degli Usa, dove, per esempio, il debito delle grandi imprese è diventato un enorme cancro e dirigerla altrove. In particolare Rogoff ha scelto il Giappone e l’Italia come focolai di crisi, perché, a suo dire, l’aumento dei tassi d’interesse renderebbe per loro sempre più difficile garantire il servizio sul debito pubblico. Anche i Paesi emergenti sono sotto pressione. Essi sono direttamente influenzati dalle politiche monetarie della Federal Reserve. Alti tassi d’interesse, un dollaro forte, la fuga di capitali, la svalutazione delle monete locali e l’inflazione stanno rendendo molto difficile la gestione del loro debito. The Economist ha identificato ben 53 Paesi vulnerabili che sono crollati sotto il peso del debito o sono a rischio di farlo. Non è un caso che la Banca Mondiale sostiene che il 60% dei Paesi emergenti o poveri è diventato debitore ad alto rischio. Poiché i governi non sono intenzionati a tagliare i bilanci o ad aumentare le tasse per ovvi motivi sociali e politici, ancora una volta la patata bollente passa nelle mani delle autorità monetarie. Cresce perciò la richiesta che le banche centrali tornino a monetizzare i deficit. In altre parole, un altro periodo di quantitative easing! Altri, invece, vorrebbero globalizzare gli allargamenti monetari e finanziari facendo giocare un ruolo centrale al Fondo monetario internazionale. Pochi mesi fa il Fmi aveva emesso una montagna di Diritti Speciali di Prelievo, la sua moneta, equivalenti a 650 miliardi di dollari. L’intervento era stato abilmente presentato come necessario al sostegno dei Paesi più poveri. In realtà, all’Africa sub sahariana sono andati soltanto 32 miliardi! Infatti, la distribuzione è stata fatta in rapporto al pil dei Paesi. Non è difficile indovinare chi ne ha beneficiato! Le politiche attuali potrebbero, forse, posporre le crisi ma non evitarle. Troppa “immondizia” è stata nascosta a lungo sotto il tappeto. Non c’è la bacchetta magica per farla sparire. Ciò che, però, si potrebbe fare per avere una più adeguata gestione del debito è almeno l’introduzione di strumenti atti a contenere e a eliminare le varie forme di speculazione e di “leverage”, di leva finanziaria, che imperversano liberamente sui mercati. By Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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L’omocisteina e il rischio cerebrovascolare

Posted by fidest press agency su giovedì, 2 febbraio 2023

Età, pressione alta, abitudine al fumo di sigaretta, obesità, diabete ed elevati livelli di colesterolo rappresentano fattori di rischio che aumentano la probabilità di essere colpiti da ictus cerebrale, patologia che, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. E’ ormai ben noto come una alimentazione sana ed equilibrata, sia in termini di calorie introdotte che di nutrienti, che parta dunque dalla consolidata tradizione della nostra dieta mediterranea, possa ridurre fino al 20% la possibilità di essere colpiti da questa patologia. A.L.I.Ce. Italia Odv – Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale – vuole accendere i riflettori su un altro fattore di rischio, forse meno conosciuto al grande pubblico ma non ovviamente agli specialisti: l’omocisteina, un aminoacido presente in piccole quantità nell’organismo, derivato della metionina, altro aminoacido che si assume con i cibi, soprattutto attraverso carne, uova, latte e legumi. Nelle persone sane, questo aminoacido si trasforma grazie all’acido folico e alle vitamine B6 e B12. Può succedere, invece, che in caso di particolari patologie, di mutazione del gene MTHFR o di diete sbilanciate si verifichi un incremento dei valori plasmatici di omocisteina (iperomocisteinemia) che, oltre a costituire un fattore di rischio per le patologie cerebro-cardiovascolari, è associato anche all’insorgenza di malattie neurodegenerative e fragilità ossea. “L’incremento dei valori di omocisteina determina un danno alle pareti delle arterie, causando un ispessimento del loro rivestimento interno – dichiara il Dottor Massimo Del Sette, Direttore U.O.C. Neurologia Policlinico San Martino I.R.C.C.S. Uno studio pubblicato nel 2013 su Neural Regeneration Research ha dimostrato che chi registra alti livelli di omocisteina, di colesterolo e trigliceridi, a parità di altri fattori di rischio, ha il 40% in più di possibilità di andare incontro ad un ictus rispetto a chi ha valori nella norma. Inoltre, in una recente revisione della letteratura sull’argomento pubblicata su una prestigiosa rivista internazionale (Spence et al, Stroke 2020) viene riportato che la correzione della iperomocisteinemia comporta una riduzione del rischio dal 34% fino al 70%”.L’esame per il dosaggio dell’omocisteina è un semplice prelievo di sangue venoso, eseguito nella maggior parte dei laboratori, che deve avvenire dopo un digiuno di circa 10-12 ore. Vengono considerati normali i valori di omocisteina compresi tra 5-9 micromoli/L. Quando questi valori vengono superati, si parla invece di iperomocisteinemia e ne esistono diversi stadi: borderline (10-12 μmol/L), moderata (13-30 μmol/L), intermedia (31-100 μmol/L) e grave (>100 μmol/L). E’ fondamentale tenere periodicamente sotto controllo questo valore del sangue.I livelli di omocisteina possono essere abbassati efficacemente assumendo acido folico e le vitamine B6 e B16, attraverso una dieta ricca in vitamine e/o l’assunzione di integratori alimentari. Alimenti ricchi di vitamina B6 sono: pesce, carne, uova, frutta, verdura, latticini e frutta secca.

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A rischio il mercato dei cambi valutari

Posted by fidest press agency su domenica, 22 gennaio 2023

Di Mario Lettieri e Paolo Raimondi Il mercato dei cambi valutari, il cosiddetto foreign exchange FX, una parte importante della bolla finanziaria e dei derivati, vive una crescente fibrillazione. Il rischio di una grave crisi è grande. A dirlo è la Banca dei Regolamenti Internazionale di Basilea nel suo recente “Triennual Survey”. Il succitato mercato è caratterizzato da un’eccezionale volatilità, dovuta all’andamento dei tassi d’interesse, all’aumento dei prezzi delle materie prime, all’inflazione e alle tensioni geopolitiche. Il turnover nei mercati FX è, infatti, in forte rialzo a livello globale. Nell’aprile 2022 il fatturato è stato, in media, pari a 7.500 miliardi di dollari al giorno, un volume 30 volte superiore al pil globale giornaliero. Il 14% in più rispetto al 2019. Circa il 90% delle operazioni sono fatte con la valuta americana. L’euro – la seconda valuta più scambiata, anche in dollari – ha una quota del 31%, in forte calo rispetto al 39% del 2010. La valuta cinese è passata da meno dell’1% di venti anni fa a oltre il 7% di oggi. Si osservi che il predominio del dollaro nei mercati valutari globali è dovuto al fatto che solitamente due valute diverse non sono scambiate direttamente ma tramite il dollaro. Secondo la Bri, a rendere più difficile la gestione è la maggiore frammentazione del trading sui cambi perché si è passati a forme bilaterali di negoziazione elettronica. La Bri parla di uno spostamento da forme “visibili” ad altre più opache. E’ la stessa differenza tra i derivati finanziari gestiti su piattaforme riconosciute e gli otc, over the counter, anch’essi contratti bilaterali e tenuti fuori bilancio. Una delle principali fonti di vulnerabilità è l’indebitamento in dollari insito nei mercati valutari. A differenza della maggior parte dei derivati, quelli sulle valute comportano lo scambio di capitale e quindi danno luogo a obblighi di pagamento (debiti) pari all’intero importo del contratto. A metà del 2022 questo indebitamento in dollari ammontava globalmente a 85.000 miliardi. Essendo tenuto fuori bilancio, esso è perciò “mancante” nella contabilità dei bilanci. Se si aggiungono tutte le monete, i debiti arrivano a 97.000 miliardi di dollari, cioè pari al pil globale del 2021 e tre volte il commercio mondiale. Cifre enormi e preoccupanti. Per i soggetti non bancari fuori degli Usa, per esempio i fondi d’investimento, si stimano 26.000 miliardi di obblighi di pagamento tenuti fuori bilancio, il doppio del loro debito in dollari registrato in bilancio. Nel 2016 erano 17.000 miliardi. Le banche non statunitensi, quindi con un accesso limitato al credito della Federal Reserve, hanno circa 39.000 miliardi di tali obblighi fuori bilancio, rispetto a quelli registrati nei bilanci pari a 15.000. Sono più di 10 volte il loro capitale. Le operazioni sulle valute, quindi, creano obblighi di pagamento (debiti) in dollari a termine che non compaiono nei bilanci e mancano nelle statistiche sul debito. Gran parte di questo debito è a brevissimo termine. Di conseguenza le esigenze di rollover, cioè il processo di mantenere una posizione aperta oltre la sua scadenza, comportano una grande tensione rispetto alla reale disponibilità di finanziamenti in dollari. Lontano dagli occhi, afferma la Bri, non dovrebbe tuttavia significare lontano dalla mente. Il fatto che non si vedano non vuol dire che non esistano e che non possano provocare degli sconquassi. Durante la Grande Crisi Finanziaria del 2008 e durante le turbolenze del mercato di marzo 2020, sono stati necessari interventi straordinari della Fed per evitare il peggio. In tempi di crisi, le politiche volte a ripristinare il regolare flusso di dollari a breve termine nel sistema finanziario sono incerte, avvolte nella nebbia. La Bri afferma che ogni giorno dello scorso aprile, un terzo del fatturato FX, circa 2.200 miliardi di dollari, era a rischio. Un aumento del 16% in tre anni. Perciò, il rischio che una delle parti coinvolte in una negoziazione di valute non riesca a consegnare la valuta dovuta, può comportare perdite rilevanti per i partecipanti al mercato, a volte con conseguenze sistemiche. In passato ci sono stati persino casi di fallimento di alcuni attori coinvolti. In definitiva la Bri invita le banche centrali e i governi ad approntare con urgenza regole stringenti. Evidentemente ritiene che le parole e le danze degli sciamani della finanza non bastino. Ci sembra di stare seduti su un vulcano pronto a esplodere! Di Mario Lettieri già sottosegretario all’Economia e Paolo Raimondi economista

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Tiroidectomia per DTC a basso rischio

Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 dicembre 2022

I vantaggi derivanti dall’uso sistematico della terapia radiometabolica (RAI) nel paziente con carcinoma differenziato della tiroide (DTC) a basso rischio sottoposto a tiroidectomia totale risultano controversi. L’argomento è stato di recente affrontato dallo studio ESTIMABL2 randomizzato controllato di fase 3b. Questi i criteri di inclusione, riporta Marco Castellana, SC ASL BA, DSS 12, Poliambulatorio di Monopoli e ASL Taranto, DSS 6, Poliambulatorio di San Marzano: almeno 18 anni sottoposti a tiroidectomia totale (con o senza dissezione linfonodale) con diagnosi di DTC (papillare, follicolare, cellule di Hürthle); TNM: pT1a multi-focale (con diametro di ciascuna lesione ≤ 1 cm e somma del diametro maggiore delle lesioni ≤ 2 cm) oppure pT1b (> 1 cm e ≤ 2 cm); N0 (nessuna evidenza di interessamento dei linfonodi loco-regionali) o Nx (interessamento non noto in assenza di dissezione linfonodale); assenza di estensione extra-tiroidea. Criteri di esclusione: istotipi ad alto rischio (tall-cell, clear-cell, columnar-cell, sclerosante diffuso; poco differenziato). Bracci dello studio: braccio RAI (1.1 GBq = 30 mCi, in corso di terapia con LT4 dopo stimolo con rhTSH) versus braccio no-RAI. «Eventi registrati durante lo studio» specifica Castellana: «1) eventi funzionali: nel braccio RAI, captazione al di fuori del letto tiroideo alwhole-body scanning(WBS) osingle-photon-emission computed tomography (SPECT), con successiva RAI o chirurgia aggiuntiva; 2) eventi strutturali: in entrambi i bracci, linfonodi sospetti o massa tiroidea con esame citologico maligno o tireoglobulina (Tg) su eluato > 10 ng/mL; 3) eventi biologici: elevati livelli di Tg o Ab anti-Tg: a) in entrambi i bracci: in assenza di Ab un solo riscontro di Tg > 5 ng/mL o Ab superiore al limite superiore dell’intervallo di normalità o incremento Ab > 50% a distanza di 6 mesi; b) nel braccio RAI: in assenza di Ab due riscontri consecutivi a distanza di 6 mesi di Tg > 1 ng/mL; c) nel braccio no-RAI: in assenza di Ab due riscontri consecutivi a distanza di 6 mesi di Tg > 2 ng/mL».Questi gli obiettivi dello studio: «1) primario: non inferiorità in termini di percentuale di pazienti senza eventi funzionali, strutturali o biologici nei successivi 3 anni. La non inferiorità veniva definita come differenza tra i bracci < 5%; 2) secondari: qualità di vita, ansia, paura di recidiva, malattia delle ghiandole lacrimali e salivari». Sono stati inclusi 776 pazienti, di cui 730 con dati disponibili a 3 anni dalla randomizzazione. Questi i risultati, riportati da Castellana: «1) pazienti senza evento: 95.6% (IC 95% 93-97.5) nel braccio no-RAI vs 95.9% (IC 95% 93.3-97.7) nel braccio RAI; differenza tra i bracci -0.3% (IC 90% da -2.7 a +2.2), risultato che ha definito la non inferiorità tra le due strategie; 2) eventi registrati: in 16/367 pazienti (4.4%) nel braccio no-RAI vs 15/363 (4.1%) nel braccio RAI;eventi funzionali o strutturali in 8 pazienti ed eventi biologici in 23 pazienti; trattamenti successivi (RAI e/o chirurgia) eseguiti in 4 pazienti del braccio no-RAI e 10 pazienti del braccio RAI; 3) simili per tutti gli obiettivi secondari».«In pazienti con DTC pT1N0/Nx a basso rischio sottoposti a tiroidectomia totale lo studio ESTIMABL2 dimostra che una strategia di follow-up che non preveda RAI è non inferiore rispetto all'ablazione del residuo tiroideo mediante RAI 1.1 GBq (30 mCi)» osserva Castellana.«La prevalenza di eventi funzionali, strutturali o biologici nel periodo di osservazione di 3 anni è bassa in entrambi i bracci, in linea con i criteri di inclusione (basso rischio).Il principale limite dello studio è la breve durata del follow-up (3 anni). Lo studio si inserisce in un contesto clinicamente rilevante e con evidenze di qualità limitata. Le linee guida ATA 2015 suggeriscono di non considerare in modo sistematico la RAI in pazienti con DTC a basso rischio sottoposti a tiroidectomia totale. Tuttavia, questa indicazione si basa su una raccomandazione debole con bassa qualità di evidenza, nonostante il 50-70% dei tumori della tiroide siano classificati come pT1 e il 65-75% come N0/Nx (Haugen BR, et al. Thyroid 2016). La disponibilità di uno studio randomizzato controllato permette di basare questa decisione su evidenze più solide, permettendo una riduzione dell'utilizzo del RAI con maggior confidenza e un maggior risparmio in termini di giorni di assenza dal lavoro e costi sanitari» conclude Castellana. (fonte: Doctor33)

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Demenza, le variazioni del peso corporeo nella mezza età possono prevederne il rischio

Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 dicembre 2022

L’andamento del peso corporeo nell’arco della vita può predire la futura comparsa di demenza, almeno secondo quanto conclude un articolo pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia e firmato dai ricercatori della Boston University in collaborazione con il Peking Union Medical College.«A causa del numero globale di ammalati, attualmente stimato a 55 milioni ma previsto in aumento entro il 2050, la demenza è uno scottante argomento di salute pubblica globale» esordisce Jinlei Li, primo nome della ricerca, aggiungendo che l’indice di massa corporea (BMI), usato come misura dell’obesità, è stato associato a un aumentato rischio di demenza, ma che tale correlazione resta oggetto di dibattito. «Sebbene vi sia accordo sul fatto che il declino del BMI correli con un aumento delle probabilità di sviluppare demenza, abbiamo ipotizzato che gli individui il cui BMI aumenta nella mezza età per diminuire negli anni successivi abbiano maggiori probabilità di ammalarsi» scrivono gli autori, che per verificare l’ipotesi hanno analizzato i dati del Framingham Heart Study iniziato nel 1971, incrociando le valutazioni del BMI registrate ogni 2-4 anni con i tassi di demenza incidente raccolti in quattro decenni. E confrontando diversi modelli di peso (stabilità, incremento, riduzione) tra chi aveva ricevuto o no una diagnosi di demenza, i ricercatori hanno identificato un sottogruppo di pazienti con un BMI in aumento seguito da un calo, entrambi verificatisi nella mezza età, in cui l’associazione BMI-demenza era particolarmente significativa. «Se un costante aumento di peso, comune quando si invecchia, è seguito da una inaspettata perdita di peso dopo la mezza età, potrebbe essere utile consultare il proprio medico e individuarne il motivo» riprende Li. E conclude: «La demenza non è necessariamente inevitabile, e il monitoraggio di indicatori di rischio di facile rilevazione come il peso corporeo potrebbe offrire un’opportunità di diagnosi e intervento precoce in grado di modificare la storia naturale della malattia». (fonte Doctor33)

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Sanità, sicurezza delle cure e gestione del rischio: missione possibile (e doverosa)

Posted by fidest press agency su sabato, 17 dicembre 2022

La prevenzione e la gestione del rischio in ambito sanitario rimane un obiettivo fondamentale, tanto più in questa fase di costruzione dei sistemi sanitari del futuro. La nuova alleanza terapeutica passa attraverso la sicurezza delle cure, il recupero delle relazioni fiduciarie con i pazienti, la prevenzione dei conflitti e la copertura dei risarcimenti, nel caso di eventi avversi. La legge 24/2017 ha aperto la strada, dettato i principi e indicato la via: è questo il tempo di fare il punto su quel che è stato fatto e su ciò che resta da fare, anche nei mutati contesti post emergenziali. Perciò la Fondazione Italia in Salute è tornata ad alimentare il dibattito sul tema con un convegno dal titolo “La Gestione del Rischio Sanitario a cinque anni dalla Legge n. 24/2017: le attività del Centri Regionali per la sicurezza delle cure e dei Clinical Risk Manager a confronto”.Si è rivelato importante il contributo di una survey che ha visto coinvolti Coordinatori dei Centri regionali per il Rischio clinico e i Risk manager di diverse aziende sanitarie, che hanno avuto la possibilità di mettere a fattor comune le proprie esperienze, i traguardi raggiunti e gli ostacoli sin qui incontrati.”La gestione del rischio e della sicurezza delle cure, la responsabilità degli operatori e delle strutture sanitarie sono temi che è necessario portare ancora avanti – spiega Federico Gelli, presidente onorario della Fondazione -. La discussione non deve interrompersi, ma proseguire attraverso il confronto, poiché coinvolge professionisti di tutto il Paese. Il Servizio Sanitario Nazionale sta attraversando una fase di evoluzione e occorre mantenere alta l’attenzione sulla prevenzione del rischio. Una forma di tutela tanto per gli operatori sanitari quanto per i cittadini”.

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La prevenzione del rischio cardiovascolare passa anche attraverso un corretto monitoraggio della pressione

Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 dicembre 2022

Peraltro, per confermare la diagnosi di ipertensione arteriosa non basta una singola misurazione ma occorrono due misurazioni in due occasioni diverse maggiori rispetto ai limiti prima citati. Inoltre la prima volta che viene valutata la pressione arteriosa è bene misurarla ad entrambi gli arti superiori (per escludere la presenza di pressione differenziale appunto diversa tra i due arti) ed anche da sdraiati ed in piede (orto e clinostatismo).Una volta posizionato il bracciale sul braccio (indifferente se destro o sinistro) all’altezza del cuore farete partire la misurazione. Normalmente vengono fatte due misurazioni tenendo come valida la seconda oppure facendone tre ed utilizzando la media delle ultime due. Molto importante è segnarsi tutte le misurazioni su un diario pressorio (o portare con se la macchinetta in caso presenti una memoria interna) da far poi valutare dal proprio medico di base. Ad oggi nessuno degli strumenti per l’automisurazione domiciliare da polso sia correttamente validato e studiato e quindi è necessario utilizzare quelli da braccio. La frequenza di auto-misurazione domiciliare dovrebbe essere circa di una volta a settimana (in caso di pressione ben controllata e di terapia stabile) ma il medico può chiedere di farlo più frequentemente anche fino a tre volte al giorno per alcune settimane, particolarmente in caso di scarso controllo dei valori pressori oppure in caso di modifiche recenti alla terapia. Infine esiste anche un ultima modalità di misurazione della pressione arteriosa che è il monitoraggio pressorio delle 24 h (in sigla MAP) che consiste nel mantenere un bracciale sfigmomanometrico per un intero giornata collegato ad un apparecchio portatile (alla cintura oppure a tracolla) che misurerà automaticamente la pressione ogni 15-20 minuti di giorno e meno frequentemente di notte. L’utilità di questo tipo di misura sta proprio nella valutazione della pressione durante l’abituale attività quotidiana; ha quindi più senso montarlo in settimana quando si lavora più che nel week-end. Infatti permetterà di valutare anche la risposta agli eventi stressanti della giornata ed inoltre permetterà di vedere come sono i valori pressori durante la notte. Questo, oltre a correlare con la qualità del sonno, darà importanti informazioni sulla fisiologica riduzione della pressione arteriosa nel passaggio dalla veglia al sonno. Verrà chiesto al paziente di compilare un diario delle attività giornaliere in modo da poterle correlare poi ai valori riscontrati. Cosa molto importante, quando si sente che il bracciale inizia a gonfiarsi si deve cercare di fermarsi (almeno con il braccio con su il bracciale) fino alla fine della misurazione. Se questo non fosse possibile (si sta guidando o facendo un attività per cui non ci si può fermare) la macchinetta emetterà un segnale di errore e ripartirà con un altra misurazione in 5 minuti circa. Pressione arteriosa: <140/90 mmHg dal medico, < 135/85 mmHg al domicilio, perfetto se si riescono a portare i valori sotto i 130/80 mmHg.

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Ipertensione arteriosa e rischio cardiovascolare

Posted by fidest press agency su mercoledì, 7 dicembre 2022

Quando parliamo di prevenzione dobbiamo sapere che l’ipertensione arteriosa è sicuramente uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare. La campagna di prevenzione “Abbiamo a cuore l’Italia” punta a sensibilizzare la popolazione. L’ipertensione viene anche chiamata il killer silenzioso perché spesso non si fa individuare, decorrendo del tutto asintomatica anche per molti anni. E’ proprio per questo che è importante (specie dai 40 anni in su) farsi misurare la pressione dal proprio medico di medicina generale almeno una volta all’anno ed anche più precocemente qualora coesistesse un altro fattore di rischio cardiovascolare od anche se ci troviamo in quella fase di pre-ipertensione (piu correttamente definita ipertensione borderline o valori pressori normali-alti). Valori elevati di pressione arteriosa si definiscono infatti in caso di riscontro di valori di sistolica (comunemente chiamata massima) maggiori di 140 mmHg e/o di diastolica (la minima) maggiori di 90 mmHg. Come è noto basta la presenza di una sola delle due pressioni (la sistolica o la diastolica) maggiori del valore massimo a definire come elevati la presenza di valori pressori. Si parla invece di valori border-line per una sistolica tra i 130 e i 140 ed una diastolica tra gli 85 ed i 90 mmHg. In questo caso non si può parlare di ipertensione arteriosa ma bisogna aumentare i controlli perché il rischio di evolvere verso la vera e propria ipertensione arteriosa è alto. Pressione arteriosa: <140/90 mmHg dal medico, < 135/85 mmHg al domicilio; meglio se si riescono a portare i valori sotto i 130/80 mmHg.

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Il ransomware rimane il principale rischio cyber per le aziende, ma emergono nuove minacce

Posted by fidest press agency su martedì, 1 novembre 2022

Monaco di Baviera. Il ransomware rimane il principale rischio informatico per le aziende a livello globale, mentre gli incidenti che compromettono le e-mail aziendali sono in aumento e cresceranno ulteriormente nell’era del “deep fake”. Allo stesso tempo, secondo un nuovo report di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS), la guerra in Ucraina e le tensioni geopolitiche più ampie rappresentano una delle principali preoccupazioni, in quanto le ostilità potrebbero riversarsi nel cyber spazio e causare attacchi mirati contro aziende, infrastrutture o supply chain. L’analisi annuale di AGCS sul panorama del rischio informatico evidenzia anche le minacce emergenti poste dal crescente affidamento ai servizi cloud, da un panorama di responsabilità civile in evoluzione che comporta risarcimenti e sanzioni più elevati, nonché dall’impatto della carenza di professionisti della sicurezza informatica. Secondo il report, queste potenziali vulnerabilità fanno sì che oggi la resilienza della sicurezza informatica di un’azienda venga esaminata da un numero maggiore di soggetti rispetto al passato, compresi gli investitori globali, tanto che molte aziende la classificano come il loro principale rischio ambientale, sociale e di governance (ESG).In tutto il mondo, la frequenza degli attacchi ransomware rimane elevata, così come i relativi costi degli indennizzi. Nel 2021 si è registrato un record di 623 milioni di attacchi, il doppio rispetto al 2020. Sebbene la frequenza si sia ridotta del 23% a livello mondiale durante la prima metà del 2022, il totale ad oggi supera già quello degli interi anni 2017, 2018 e 2019, mentre in Europa gli attacchi hanno subito un’impennata in questo periodo. Dal punto di vista di AGCS, il valore delle richieste di risarcimento per ransomware in cui la compagnia è stata coinvolta insieme ad altri assicuratori, ha rappresentato ben oltre il 50% di tutti i costi dei sinistri cyber nel 2020 e 2021.Un numero sempre maggiore di piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di controlli e risorse da destinare alla sicurezza informatica, viene preso di mira dai criminali, mentre le aziende più grandi investono maggiormente nella sicurezza. Gli estorsori utilizzano un’ampia gamma di tecniche di persecuzione, adattano le loro richieste di riscatto ad aziende specifiche e si avvalgono di negoziatori esperti per massimizzare i profitti.Gli attacchi stanno diventando sempre più sofisticati e mirati: i criminali ora utilizzano piattaforme di riunioni virtuali per ingannare i dipendenti e indurli a trasferire fondi o condividere informazioni sensibili. Sempre più spesso, questi attacchi sono consentiti dall’intelligenza artificiale che permette di creare audio o video “deep fake” che imitano i dirigenti. L’anno scorso, un dipendente di una banca degli Emirati Arabi Uniti ha effettuato un trasferimento di 35 milioni di dollari dopo essere stato ingannato dalla voce clonata di un direttore d’azienda.La guerra in Ucraina e le più ampie tensioni geopolitiche sono un fattore importante che sta ridisegnando il panorama delle minacce informatiche, in quanto aumentano il rischio di spionaggio, sabotaggio e attacchi cyber distruttivi contro le aziende legate alla Russia e all’Ucraina, oltre che agli alleati e ai paesi limitrofi. Atti cyber sponsorizzati dallo Stato potrebbero potenzialmente prendere di mira infrastrutture critiche, supply chain o aziende. “Per il momento la guerra tra Russia e Ucraina non ha portato a un notevole aumento delle richieste di risarcimento per la cyberassicurazione, ma indica un potenziale aumento del rischio da parte degli Stati nazionali”, spiega Sayce. Sebbene gli atti di guerra siano tipicamente esclusi dai prodotti assicurativi tradizionali, il rischio di una guerra cibernetica ibrida ha accelerato gli sforzi del mercato assicurativo per affrontare la questione della guerra e degli attacchi cyber sponsorizzati da uno Stato sia nella formulazione dei testi di polizza sia nel fornire chiarezza di copertura ai clienti. (abstract dal nuovo Report sul cyber risk di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS)

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Olio d’oliva: milioni di piante a rischio

Posted by fidest press agency su sabato, 29 ottobre 2022

L’olio di oliva non è solo una delle tante produzioni di eccellenza del nostro Paese, ma anche un esempio di quanto lavoro sia necessario per avvicinarci all’autosufficienza alimentare – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Secondo i calcoli del Consorzio Olivicolo Italiano (Unaprol) sono 30 milioni gli ulivi a rischio, mentre il 9% delle aziende del settore lavora in perdita a causa dell’azione combinata dei cambiamenti climatici e del caro bollette. L’Italia è al primo posto in Europa per qualità della produzione, con ben 42 Dop e 7 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie – continua Tiso. Nonostante tutte le difficoltà, il valore degli scambi commerciali del settore è inoltre cresciuto del 55% negli ultimi cinque anni. Bastano questi pochi dati per comprendere quale capitale economico e culturale rappresenti il cosiddetto oro verde per i nostri territori.Il 20% del patrimonio nazionale di 150 milioni di piante di ulivo si trova però in stato di abbandono. Un quadro peggiorato anche in seguito alla Xylella, che ha colpito le piantagioni pugliesi, e che può essere considerato emblematico della situazione in cui versano molte delle nostre migliori produzioni. Al nuovo Governo spetta declinare il nuovo programma per la sovranità alimentare con l’obiettivo ultimo di salvare questa ricchezza e promuovere un vero e proprio rinascimento agricolo.

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Rischio di dipendenza dal web per l’82% dei giovani

Posted by fidest press agency su sabato, 29 ottobre 2022

Contro il cyberbullismo, l’hate speech e le insidie della rete è fondamentale attivare un percorso di prevenzione e formazione, che crei consapevolezza e senso di responsabilità. È l’obiettivo del progetto “Cittadinanza digitale, una partita da vincere”, creato da Synergie – tra le principali Agenzie per il lavoro in Italia – insieme alla società di formazione Risorse Italia e il Novara Football Club, con il patrocinio del CONI Piemonte. Il progetto – che vede anche il supporto del Banco BPM e il patrocinio del Comune di Novara e della Provincia – giunge alla sua seconda edizione, dopo che lo scorso anno ha coinvolto 500 ragazzi delle scuole superiori del territorio. Con una novità importante: l’ingresso della Fondazione Carolina, creata dalla famiglia della quattordicenne Carolina Picchio, vittima nel 2013 proprio di cyberbullismo e alla quale è dedicata la prima legge in Europa sul cyberbullismo (giugno 2018).16 ore, divise in 8 moduli da 2 ore l’uno, con classi formate da un minimo di 15 ad un massimo di 20 studenti: il percorso formativo previsto dal progetto è totalmente gratuito e vi possono partecipare tutti coloro che, compiuti 16 anni, risultino essere disoccupati. Quattro i pilastri su cui si struttura la formazione interattiva: 1. Internet delle cose – ambiente reale vs ambiente virtuale (4h), 2. Cittadinanza digitale (4h); 3. Felici di navigare – utilizzo etico e responsabile delle piattaforme (4h); 4. Il fenomeno del Cyberbullismo – prevenzione e contrasto (8h).“L’obiettivo è quello di riflettere con i ragazzi sulla possibilità di aprire i propri orizzonti a nuovi punti di vista, di vivere l’ambiente online nella sua potenzialità, evitando il più possibile di fare scelte disfunzionali, nell’ottica di costruire un percorso di cittadinanza digitale consapevole e responsabile.” – spiega il responsabile del Progetto per Synergie, Louis Arosio.Il percorso vuole coinvolgere i giovani e farli riflettere su come, cosa e perché condividono online, prendendo consapevolezza della necessità di integrare la vita in rete con quella offline. Ma anche di riflettere sulla potenza della parola nella costruzione, e nella distruzione, delle relazioni.

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Istat: a rischio povertà 25,4% popolazione

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 ottobre 2022

Secondo l’Istat, nel 2021 poco più di un quarto della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (25,4%). “Dati drammatici! Vergognosi! Anche se il rischio di povertà resta stabile non vuol dire che i valori siano degni di un Paese civile” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Inoltre, nel 2022, con il caro bollette e il carovita, questa situazione già inquietante ed esplosiva è destinata a peggiorare. L’inflazione alle stelle, infatti, è una tassa invisibile che colpisce soprattutto i ceti meno abbienti. In questo caso, poi, riguardando spese obbligate come luce, benzina, gas e alimentari, impoverisce proprio chi è già a rischio povertà, trasformandolo in povero assoluto” conclude Dona.

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Dapagliflozin nello studio di Fase III Deliver ha ridotto significativamente il rischio di morte cardiovascolare

Posted by fidest press agency su lunedì, 5 settembre 2022

I risultati dello studio di Fase III DELIVER hanno mostrato come dapagliflozin abbia ridotto significativamente il composito di morte cardiovascolare (CV) o peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione (EF) lievemente ridotta o preservata, rispetto a placebo. I risultati sono stati presentati al Congresso 2022 della European Society of Cardiology (ESC) a Barcellona, Spagna, e pubblicati contestualmente sul The New England Journal of Medicine1.Dapagliflozin ha ridotto l’outcome composito di morte cardiovascolare o peggioramento dell’insufficienza cardiaca del 18% [p<0.001, 16,4% nel gruppo dapagliflozin e 19,5% (riduzione del rischio assoluto [ARR] 3,1%) nel gruppo placebo ad un follow-up mediano di 2,3 anni]. Tutte le singole componenti hanno contribuito alla superiorità dell’endpoint primario. I risultati sono stati coerenti nei principali sottogruppi esaminati ed estendono i benefici di dapagliflozin all’intero spettro di pazienti con insufficienza cardiaca indipendentemente dal valore della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF). I risultati dello studio hanno inoltre mostrato un beneficio sui sintomi riportati dai pazienti, misurati attraverso il punteggio della sintomatologia del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ)1. Inoltre è stata confermata la sicurezza dell’utilizzo di dapagliflozin anche in questa popolazione di pazienti non essendoci state differenze tra dapagliflozin e placebo per quanto riguarda gli eventi avversi. L’insufficienza cardiaca è una malattia cronica e progressiva che colpisce circa 64 milioni di persone nel mondo. Per informazioni http://www.astrazeneca.it e su LinkedIn.

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Esiste un rischio Italia?

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 agosto 2022

A cura di Michele Morra, Portfolio Manager Moneyfarm. L’affidabilità dell’Italia dal punto di vista del debito ha svolto un ruolo centrale all’interno del dibattito politico degli ultimi anni. Uno dei compiti principali di ogni governo è quello di rappresentare il Paese, a livello internazionale, come un soggetto economico affidabile e in grado di gestire le proprie finanze in maniera responsabile, compito oggi più che mai fondamentale alla luce del rischio di crisi finanziaria e dell’elevato stock di debito, che ha superato il 150% del Pil durante la pandemia. Con l’inversione di marcia della politica monetaria e la graduale rimozione delle coperture della Bce (che negli ultimi anni ha rappresentato il principale acquirente del debito pubblico italiano), occorre chiarire se l’Italia si trovi esposta o meno al rischio di una nuova crisi finanziaria e come le prossime elezioni possano influenzare questa eventualità.Quando gli investitori cominciano a nutrire dei dubbi sulla capacità di un Paese di ripagare il proprio debito, diminuisce la domanda di titoli di Stato e aumenta il costo del servizio del debito, poiché lo Stato, per attirare investitori, deve pagare un premio al rischio sui titoli di Stato emessi. Per quanto riguarda l’Italia, tale premio si esprime generalmente attraverso lo spread tra Btp e Bund, ovvero il differenziale tra quanto paga lo stato tedesco per i propri bond decennali e quanto paga invece l’Italia. Questo indicatore finanziario è ormai diventato il “termometro” del rischio percepito nell’Eurozona e, in particolare, intorno all’Italia; basti ricordare quando, tra il 2011 e il 2012, la speculazione sul tasso Btp si abbatté sul sistema Italia e lo spread arrivò a oltre 500 punti base.L’Italia ha un ingente debito pubblico che necessita del sostegno degli investitori internazionali: quando questo sostegno, per qualunque motivo, cala, lo spread aumenta rendendo il servizio del debito italiano ancora più costoso e mettendo il Paese a rischio di perdere la capacità di finanziarsi. Quando questo avviene, solo scelte drastiche di politica economica o un intervento della Banca Centrale possono riportare il debito sotto controllo. Le implicazioni sono evidenti, dal momento che avere un ampio debito, in un certo senso, limita la sovranità del Paese e la sua libertà di autodeterminazione.Un’analisi di come si è mosso lo spread negli ultimi anni può essere utile per capire quali sono i fattori che ne determinano l’andamento. Se guardiamo agli spread di una selezione di Paesi europei con una prospettiva di lungo termine, notiamo come essi abbiano cominciato a divergere a partire dalla crisi finanziaria del 2008 per poi subire un’impennata in occasione della crisi della crisi finanziaria del debito europeo del 2011 e del 2012.Il tema della percezione internazionale del Paese sarà centrale nei prossimi mesi, quando la Bce andrà a ridurre gradualmente l’acquisto di titoli di Stato e quando i tassi di interesse cominceranno gradualmente a crescere. In questo contesto l’Italia sembra oggi occupare la scomoda poltrona di Paese “sotto osservazione speciale”.

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L’Italia è ad alto rischio idrogeologico

Posted by fidest press agency su martedì, 16 agosto 2022

Le violente precipitazioni localmente registrate su alcune zone italiane sono solo l’anticipazione di quanto, secondo gli esperti, potrebbe registrarsi con l’avvicinarsi dell’autunno in condizioni climatiche ancora sconosciute per il nostro habitat. “Concentrati sulle gravi conseguenze della siccità e distratti dalle cronache del periodo, non si percepisce l’altra faccia della medaglia idrica: il territorio italiano, oggi più che mai, è ad altissimo rischio idrogeologico, schiacciato tra un’inarrestabile cementificazione, pari ad una media annuale di 77 chilometri quadrati ed un suolo inaridito dalla lunga assenza di piogge, che lo rende impermeabile ad improvvisi rovesci, accentuando il fenomeno del ruscellamento – segnala Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) Consci di questa situazione di conclamato pericolo, invitiamo a dedicare qualche ora delle nostre vacanze per mettere in sicurezza affetti e valori familiari, togliendoli dagli scantinati, dove spesso sono custoditi. Una delle conseguenze meno evidenti, quanto profonde, di un allagamento è la perdita delle memorie di una vita: un elettrodomestico si può ricomperare, i ricordi di una famiglia sono, invece, persi per sempre.” “Quasi il 94% dei comuni italiani è ormai interessato da fenomeni di dissesto del territorio ed oltre 8 milioni di persone vivono in zone ad alta pericolosità, spesso non avendone coscienza – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Per questo, ribadiamo l’invito a consultare le mappe ed a frequentare la cultura del rischio idrogeologico, di cui sono custodi i Consorzi di bonifica ed irrigazione. Nel corso del tempo è stata persa la cognizione del territorio e la toponomastica identitaria, come via Acquette o zona Stagni, è stata sostituita con nomi più moderni, ma che cancellano l’indicazione delle caratteristiche dell’area. Questa non conoscenza è spesso un aggravante nei momenti di emergenza. Da tempo segnaliamo l’inadeguatezza della rete idraulica del Paese di fronte all’estremizzazione degli eventi atmosferici, conseguenza dei cambiamenti climatici; da anni non si investe adeguatamente in questo settore ed il Piano ANBI di efficientamento, finora disatteso, prevede un primo stralcio di 858 interventi per un investimento di oltre 4 miliardi di euro, capaci di attivare circa 21.000 posti di lavoro. Per quanto paradossale possa sembrare – conclude Gargano- la siccità è il prologo ad una stagione ad alto rischio di frane ed alluvioni.”

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