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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°87

Posts Tagged ‘risparmi’

L’inflazione ha depauperato i risparmi degli italiani

Posted by fidest press agency su mercoledì, 22 marzo 2023

Inflazione e caro-vita invertono la nostra tendenza al risparmio dopo il periodo di crescita costante degli accumuli bancari che hanno caratterizzato il quinquennio 2017-2021. In particolare da agosto a novembre 2022 —e questa non è una proiezione, ma un dato certo— il calo è stato dell’1,5%, pari a ben 18 miliardi di euro in meno, passando dai 1.177 miliardi di euro di agosto 2022 ai 1.159 miliardi di euro di novembre 2022.L’eclatante inversione di tendenza sulla propensione all’accumulo dei correntisti italiani arriva dopo un lungo periodo di incremento dei saldi dei conti correnti che sono passati da 967 miliardi di euro (dicembre 2017) a 990 miliardi di euro a dicembre 2018 (+2,4%), per salire a 1.044 miliardi di euro a dicembre 2019 (+5,5%), a 1.110 miliardi di euro a dicembre 2020 (+6,3%) e poi ancora a 1.144 miliardi di euro a dicembre 2021 (+3,1%). Da dicembre 2021 a dicembre 2022 vi è invece stato un crollo (con un -1,7% di depositi nei conti correnti bancari) e tale tonfo si acuisce maggiormente prendendo in considerazione il periodo che va da dicembre 2021 a marzo 2023 che, nella proiezione elaborata da Ener2Crowd.com, segna un -2,2%. A fine 2022, l’ammontare dei prestiti per il consumo e dei finanziamenti a scopo personale si è infatti attestato complessivamente a 256 miliardi di euro, in crescita rispetto a gennaio dello stesso anno (+1,5%) e superando quindi il trend costante di aumento all’1,2% dal 2017, nonostante l’aumento dei tassi di interesse che dovrebbero invece frenare le richieste. In questo scenario diventa quasi impossibile proteggere i propri risparmi rivolgendosi alla finanza tradizionale. I mercati azionari sono del tutto instabili, si corrono grandi rischi, anche quelli di perdere l’intero capitale. Vedasi anche il recentissimo collasso della Silicon Valley Bank e le conseguenti onde d’urto globali su mercati che già sono alle prese con inflazione, strette monetarie ed incertezze geopolitiche; oppure il crollo del Credit Suisse che lo scorso il 15 marzo in borsa ha perso il 24,2% dopo aver toccato anche un -30%, innescando una tempesta di vendite sull’intero comparto bancario in Europa che hanno portato i listini a ripiegare drasticamente verso il basso.Tra la migliore offerta (tasso netto 2,44%) e la peggiore (tasso netto 0,11%), la media del tasso di remunerazione è pari ad un esiguo 1,275%, insomma rendimenti che in nessun caso proteggono effettivamente il potere d’acquisto degli italiani. Per proteggere il capitale ed avere rendimenti sicuri sopra il tasso d’inflazione, ci sono invece i “conti di pagamento digitale” che in alcune circostanze —ed è questo il caso di Ener2Crowd— consentono di avere rendimenti fino all’8% annuo. Al 31 dicembre 2022 il movimento di finanza alternativa e sostenibile rappresentato dalla comunità di investitori di Ener2Crowd ha sostenuto progetti per un volume totale di 13,2 milioni di euro, tutti fondi provenienti da soggetti «non professionali» o «non istituzionali». Piccoli investitori e risparmiatori che si sono incontrati nel mettere a disposizione le proprie risorse monetarie presenti, per un futuro di maggiore disponibilità e migliore accesso per tutti a risorse ecosistemiche fondamentali per una vita dignitosa ed in equilibrio con gli ecosistemi naturali in cui queste si svolgono. La redistribuzione si è attestata a 2,16 milioni di euro, con una crescita della ricchezza impiegata pari al 16%.

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Risparmi, banche. Le riforme importanti

Posted by fidest press agency su giovedì, 8 dicembre 2022

Un contenzioso con una banca è all’ordine del giorno di qualunque correntista. E siccome le banche sopravvissute a falcidie, fallimenti, recuperi politici et similia, sono dei colossi, quando minacciamo al nostro istituto di andar via se non risolvono i problemi che sono sorti … non gliene frega nulla. Sembra quasi che il mercato non esista per loro, eppure sono in prima linea nel metterci i bastoni fra le ruote per qualunque cambiamento che non rientri nel loro business. E se un utente pronuncia la mitica frase “ti faccio causa”, ha riscontro con un muro di indifferenza, tanto le cause sono spesso più costose della soluzione economica del problema, ci vogliono anni ed anni perché si arrivi a qualche decisione (anche perché le banche quando perdono fanno sempre ricorso per scoraggiare il ricorrente).Ecco che la Banca d’Italia ha inventato da anni l’Arbitro Bancario Finanziario (Abf), organismo abbastanza efficiente, tempestivo e attento alle istanze degli utenti. Ma c’è un “ma” grosso quanto una casa sull’Abf: quando decide, la banca che viene ritenuta colpevole può rifiutarsi di accettare il responso. Il “grande” provvedimento che l’Abf prende è di iscriverla in un elenco di banche che non accettano la decisione… e tutto finisce lì. L’utente a quel punto può solo rivolgersi al giudice ordinario e intraprendere una costosa e lunga causa. Insomma, se non si trova una banca disponibile a risolvere il problema subito (magari dopo una raccomandata A/R di diffida) o che accetti il responso dell’Abf, per il nostro utente la prospettiva è pessima: se non si tratta di questioni di molti soldi (o di – raro – principio) lascia perdere. Tra i tanti provvedimenti che il nostro Governo e Parlamento stanno prendendo in questo periodo, avranno considerazione per questa riforma non marginale del procedimento extragiudiziale tramite Arbitro Bancario?Il contante, nonostante gli incentivi del governo a farlo circolare più del passato, non nasce dal nulla (gli stipendi non vengono pagati in contanti) ma da un rapporto che l’utente ha con una banca, rapporto sempre più costoso e problematico dove, l’indispensabilità del servizio reso, sembra non essere incentivo a che le banche facciano meglio e con meno costi… ma proprio il contrario. Deve l’utente essere lasciato in balia di una “giustizia a singhiozzo”, con i responsi che valgono solo se la parte soccombente li accetta? E’ bene ricordare che altre Autorità (per esempio Energia/Arera e Tlc/Agcom), quando emettono un provvedimento, quest’ultimo ha valore come sentenza giudiziale. Perché non deve essere altrettanto con le nostre banche? Perché si dà la giusta importanza a servizi essenziali come energia e telecomunicazioni e non altrettanto per i risparmi… ché – non crediamo di eccedere – sono più importanti degli altri? Vincenzo Donvito Maxia

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I risparmi degli italiani sono i più colpiti dal carovita in Europa

Posted by fidest press agency su domenica, 30 ottobre 2022

Nella Giornata Mondiale del Risparmio, la banca online N26 ha analizzato l’impatto dell’attuale aumento del costo della vita sulla propensione al consumo e al risparmio dei propri clienti in Italia e in Europa.La ricerca ha coinvolto 5 paesi europei quali Italia, Austria, Francia, Germania e Spagna, analizzando e confrontando i dati relativi a consumi e risparmi nell’utilizzo dei conti correnti da parte dei propri clienti, da gennaio ad agosto 2022.L’impatto sul risparmio: Italia registra il calo maggiore da marzo 22 Tra i paesi presi in considerazione, l’Italia si classifica al quarto posto per percentuale di reddito risparmiato (1,50% del reddito in media al mese). Al primo posto troviamo la Spagna (6%), seguita da Germania (5%) e Austria (4%), mentre la Francia si posiziona all’ultimo posto (0,1%). Nel confronto con i vicini europei, inoltre, le abitudini di risparmio degli italiani sembrano essere le più colpite dall’aumento del costo della vita. Nel periodo analizzato da N26, infatti, l’Italia risulta essere il paese che ha registrato il calo maggiore dei risparmi medi rispetto al reddito: da marzo 2022, gli italiani hanno messo da parte in media il 78% in meno del proprio reddito, rispetto ai primi due mesi dell’anno. Situazione opposta rispetto ai risparmiatori tedeschi, ad esempio, i meno influenzati dal carovita: sempre a partire da marzo 2022, la Germania infatti ha registrato il calo minore nell’importo medio risparmiato (-49%). In questo panorama complesso, a livello europeo sono le donne a risparmiare di più, nonostante l’endemica differenza di reddito medio con gli uomini (che arriva quasi al 40%): la propensione al risparmio delle donne emerge chiaramente dal dato medio (5,9% del reddito rispetto al 3,7% degli uomini) e da quello assoluto (112 € in media ogni mese, contro 95€ degli uomini). Le città italiane a confronto: Bologna “formica” d’Italia, Napoli risparmia più di Milano In quanto ai dati locali, Bologna è in vetta alla classifica del risparmio, seguita da Napoli che batte Milano. I napoletani infatti risparmiano in media quasi 26 euro al mese, mentre i milanesi sono a quota 19 euro. I più oculati come detto sono i bolognesi che in media riescono a mettere da parte più di 33 euro ogni mese. Ultimi nella classifica delle città analizzate sono i romani, con solo 13 euro.In risposta al carovita, dall’analisi dei primi mesi del 2022 risulta un parziale cambiamento nelle abitudini di spesa degli italiani.In particolare, gli Italiani hanno tagliato le spese per il tempo libero e l’intrattenimento (-15,1%) registrando il calo più accentuato in questa categoria merceologica tra i paesi coinvolti nello studio.D’altro canto, però, alcuni settori non hanno subito alcuna flessione ma anzi hanno sperimentato una forte crescita, trainata dalla stagionalità: nei mesi estivi infatti gli italiani hanno concentrato le proprie spese in viaggi e spostamenti, segmento che ha registrato l’aumento più alto in termini percentuali tra quelli analizzati (+ 107%).L’incremento dei prezzi ha inoltre inciso significativamente sulle spese degli italiani relative alla gestione e manutenzione dell’auto, impattate dall’aumento dei costi della benzina, in generale sulle spese destinate ai trasporti (+53.5%, record tra i paesi esaminati nello studio) e a riempire il carrello del supermercato (+ 15.6%).Tra le categorie merceologiche impattate negli altri paesi in Europa, spicca in particolare la spesa relativa ai comparti media ed elettronica, ridotta notevolmente sia in Germania (-7,9%) che in Austria (-15,4%) da marzo in poi. In entrambi i paesi il segmento media ed elettronica è l’unico tra quelli presi in esame che ha visto una diminuzione della spesa sia in termini assoluti sia come percentuale del reddito.

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Doveroso riconoscere risparmi energia a dipendenti ma vogliamo certezza su erogazione

Posted by fidest press agency su lunedì, 17 ottobre 2022

“Abbiamo chiesto in queste settimane con le nostre proposte la necessità di riconoscere aiuti alle lavoratrici e ai lavoratori per il caro energia, a maggior ragione a chi in smart working ha maggiori costi privati a fronte di risparmi generati dalle amministrazioni. Ma vogliamo discutere le modalità di erogazione”. Ad affermarlo è la Funzione Pubblica Cgil in merito a quanto previsto dalla circolare del dipartimento della Funzione pubblica la quale invita le amministrazioni a inserire il risparmio energetico tra gli obiettivi della sezione ‘valore pubblico, performance, anticorruzione’ del Piao, il Piano integrato di attività e organizzazione. Come Fp Cgil, aggiunge, “condividiamo la possibilità di redistribuire alle lavoratrici e ai lavoratori i risparmi energetici prodotti dalle amministrazioni pubbliche ma la modalità con la quale verranno erogati non ci convince. Serve una convocazione urgente delle organizzazioni sindacali per garantire che tali risparmi siano distribuiti in maniera certa, efficace e celere, a beneficio totale delle lavoratrici e dei lavoratori”.In queste settimane, osserva la Fp Cgil, “ci siamo mobilitati per rivendicare con forza misure che sostengano le lavoratrici e i lavoratori colpiti dall’impennata inflazionistica ed è urgente dare risposte immediate all’aggravio economico. Per queste ragioni sosteniamo la scelta di redistribuire i risparmi energetici delle amministrazioni ai dipendenti pubblici, come previsto dai contratti, ma perché ciò avvenga velocemente c’è bisogno di individuare una modalità non farraginosa e a beneficio delle lavoratrici e dei lavoratori, possibile solo attraverso il confronto: serve subito una convocazione”, conclude la Fp Cgil. By Giorgio Saccoia

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La tecnologia aiuta le nuove generazioni a gestire spese e risparmi senza stress

Posted by fidest press agency su domenica, 10 ottobre 2021

Secondo una ricerca condotta dalla mobile bank N26 a livello europeo[1], la pandemia ha trasformato in modo significativo il modo in cui gli studenti affrontano i piccoli e grandi problemi finanziari di ogni giorno.Per far fronte al difficile panorama economico, gli studenti dimostrando lungimiranza e hanno cominciato a unire le forze per rendere più efficiente la gestione delle proprie spese. Un terzo del campione (74%) dichiara di condividere i pagamenti ricorrenti come le bollette, il 70% il costo dell’abbonamento a Internet e il 61% la spesa al supermercato.Sono in molti a ricorrere al supporto della tecnologia per avere un maggior controllo sui conti in sospeso per le spese collettive, evitando così imbarazzanti conversazioni del genere: “chi deve cosa”. In particolare, più della metà (55%) utilizza un’app per dividere le bollette con gli amici, tra queste le più popolari sono quelle di N26, Paypal e Bizum (in Spagna).Questi strumenti aiutano gli studenti a gestire le spese e avere in generale un migliore controllo delle proprie finanze. Oltre un terzo degli intervistati (37%) controlla regolarmente il proprio conto ed ha consapevolezza del budget mensile. Una percentuale maggiore (59%) descriverebbe il proprio atteggiamento nei confronti della gestione del denaro come prudente e il 47% si considera un “risparmiatore seriale”. Infatti, contro ogni previsione, gli studenti prevedono di risparmiare, in media, 153,56 euro al mese nel prossimo anno. Nell’ultimo anno accademico, il 41% degli intervistati ha dichiarato di essere stato penalizzato dal punto di vista finanziario a causa dello stravolgimento delle abitudini e del proprio stile di vita. Per il 18% le perdite in questo periodo hanno superato i 500 euro.Allo stesso tempo, le possibilità di guadagno per gli studenti si sono ridotte, con il 26% che ha perso il lavoro a causa della pandemia. Dal momento che gli studenti guadagnano, in media, € 339,54 al mese grazie a lavori occasionali, perderne uno può rappresentare un duro colpo per il proprio budget. In questo momento in cui ci affacciamo all’inizio di un nuovo anno accademico, il 30% degli studenti si dice preoccupato per la propria situazione finanziaria. Un quarto (25%) non dispone di risparmi e fa fatica a trovare un lavoro. Il campione italiano, rappresentato da 1.000 individui, ha fornito un interessante spaccato nazionale sotto molteplici punti di vista. Il primo riguarda il ritorno alla normalità e quindi il rientro nelle aule universitarie per assistere alle lezioni in presenza, evento che gli studenti italiani vivono con eccitazione (19%), ma anche un certo nervosismo (19%). Secondo le proiezioni dello studio, il prossimo anno accademico vedrà salire la percentuale di studenti che torneranno nelle aule degli atenei da 1% a 16%, con un conseguente beneficio dal punto di vista psicologico.Gli studenti italiani, infatti, hanno vissuto non poche pressioni in questo ultimo anno a causa dell’emergenza sanitaria. In primis quella dell’affitto dell’alloggio preso la città universitaria di riferimento. Seppur quasi la metà di loro abbia scelto di trasferirsi o tornare a vivere nella casa di famiglia, un quarto (27%) si è trovato a dover continuare a pagare l’affitto affrontando una spesa non da poco peso sul bilancio mensile. Il 26% del campione italiano vive quindi con una certa ansia la propria situazione finanziaria, con quasi un terzo preoccupato perché non dispone di adeguati risparmi per far fronte alle spese di tutti i giorni, di conseguenza 3 su 5 degli intervistati definisce oggi “cauto” il proprio atteggiamento generale nei confronti dell’amministrazione del budget personale.

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Italiani tra investimenti e risparmi

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 settembre 2021

Dopo oltre un anno di pandemia e di prudenza, il futuro sembra tornare al centro degli obiettivi economici degli italiani. Se il 27% – una fetta, comunque, tutt’altro che ridotta – pensa che mantenere la liquidità sul conto corrente sia la soluzione più sicura e opportuna, tre su quattro (73%) pensano invece che, in questa fase, investire una parte dei risparmi sia la via migliore per dare maggiore solidità al proprio domani. Lo evidenzia l’Osservatorio Reale Mutua sul welfare.Più in dettaglio, l’obiettivo di investimento prioritario degli italiani è rendere più sicuro il futuro della famiglia (31%), così come incrementare il tenore di vita nel medio-lungo periodo (27%), mentre il 17% punta a rafforzare una pensione che teme sarà insufficiente. Ma quali sono gli strumenti di risparmio cui guardano? Il quadro non è avaro di sorprese: solo il 6% indica il mattone, storicamente considerato il porto sicuro. Discorso simile per le obbligazioni (11%) che, visti i tassi ai minimi, da tempo hanno perso il ruolo che tradizionalmente hanno svolto per generazioni di risparmiatori. Men che meno trasmette sicurezza l’investimento diretto in titoli azionari (8%).Gli italiani sembrano invece più orientati alle soluzioni assicurative (37%) come le polizze vita e piani di accumulo e ai fondi pensione integrativi (11%).Che ci sia un clima di maggior fiducia lo prova anche la crescente propensione ad accedere a mutui e finanziamenti per acquisti di particolare importanza: il 44% degli italiani si dice infatti propenso a questa soluzione.La parola d’ordine, però, resta quella della sicurezza e della prudenza (46%), complice l’esperienza della pandemia. Anche perché quasi uno su due (40%) non si sente pronto a investire a cuor leggero, temendo di non riuscire a scegliere l’investimento adatto soprattutto a causa delle sue insufficienti competenze finanziarie.Ma se il futuro entra nell’orizzonte del risparmio, l’innovazione lo fa nei canali: ben un italiano su due (48%) vorrebbe usare sempre più i pagamenti digitali in luogo del contante, e c’è persino chi – un ulteriore 26% – vorrebbe che il digitale diventasse l’unica modalità per tutte le occasioni in cui si ha a che fare coi soldi, compresi i rapporti con la banca o l’assicurazione.“Dalla nostra ricerca emerge una crescente consapevolezza dell’importanza di investire sulla solidità economica del proprio futuro” – commenta Michele Quaglia, Direttore Commerciale e Brand di Gruppo. “In quest’ottica, in molti avvertono il bisogno di informazioni di qualità per gestire i risparmi: l’Osservatorio rileva che ben il 62% degli intervistati si rivolge con frequenza anche al web, da cui però spesso non ricava le indicazioni e le rassicurazioni cercate. Un ruolo molto importante viene svolto allora dalla consulenza di professionisti. Noi di Reale Mutua insieme ai nostri Agenti affianchiamo le persone nell’individuare le soluzioni assicurative più idonee per gestire le proprie risorse a seconda delle diverse esigenze, dalle polizze vita per tutelare la stabilità del patrimonio di fronte a gravi eventi, a quelle per il risparmio e l’investimento fino alle tutele previdenziali”.Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora su un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, genere ed area geografica.

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Giornate smart-working e risparmi

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 marzo 2021

Oltre 5.800 persone in smartworking pari al 93% dell’organico ed oltre 513 mila giornate di lavoro da remoto effettuate che hanno consentito di evitare spostamenti per quasi 20 milioni di chilometri con un risparmio di circa 330 mila kg di CO2. Sono questi alcuni dei principali numeri legati all’utilizzo dello smart working nel Gruppo Credem, tra i principali e più solidi gruppi bancari nazionali, durante il 2020 e che costituiscono anche il trend dei primi mesi del 2021. Per Credem lo smart working, adottato dal 2015, rappresenta uno dei pilastri della strategia di investimento sulle Persone. L’obiettivo di tale strategia è migliorare l’ambiente di lavoro, cogliere i bisogni dei dipendenti e supportarli nel raggiungimento degli obiettivi personali. Tutto ciò anche grazie al costante ampliamento dei servizi di welfare legati alla salute ed alla prevenzione, all’avvio di progetti per la valorizzazione delle differenze e delle capacità individuali, allo sviluppo di percorsi di crescita e condivisione delle esperienze professionali. Da una indagine interna condotta a fine 2020 su oltre 4.500 persone è emerso che il 92,5% ha collaborato bene con i colleghi a distanza, il 96,3% ha ridotto le stampe di oltre il 50%, l’80% non ha avuto difficoltà nella gestione delle attività, il 70% ha imparato l’uso di nuovi strumenti, ed il 74,2% ha avuto una buona capacità di concentrazione.Credem, inoltre, ha vinto nella categoria grandi imprese il premio “Smart Working Awards 2020” assegnato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano alle organizzazioni che si sono distinte per capacità di innovazione nell’ambito lavorativo grazie alle loro iniziative di smart working. Più in dettaglio, il riconoscimento è stato assegnato all’istituto per il progetto di smart working aziendale che durante l’emergenza ha esteso il lavoro completamente da remoto a tutti i dipendenti comprese le persone che operano nelle filiali.Il piano di welfare aziendale, strutturato su salute e benessere, protezione, supporto personale e work-life balance, ha consolidato i servizi in essere e sviluppato nuove iniziative che hanno coinvolto un numero sempre maggiore di persone. I temi principali sono stati tele-prevenzione in ambito medico, genitorialità, forma fisica, smart working, supporto psicologico, mobilità, socialità, consulenza legale e fiscale, caregiver e soluzioni “salva tempo”. All’interno del piano di welfare aziendale, è stata fatta, per il secondo anno, un’importante sperimentazione di volontariato di impresa che ha visto l’adesione di oltre 300 persone che hanno effettuato attività di volontariato da remoto in orari e giornate lavorative. Si è inoltre investito sulla “sostenibilità ambientale” attraverso la sensibilizzazione dei dipendenti e una serie di iniziative specifiche.

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I risparmi? In Italia ammontano oggi a 4.200 miliardi di euro

Posted by fidest press agency su domenica, 14 febbraio 2021

Sempre più risparmiatori guardano al lending crowdfunding come ad un possibile sbocco per i loro capitali. Capitali che in Italia ammontano complessivamente all’impressionante cifra di 4.200 miliardi di euro di cui 1.500 miliardi sono addirittura fermi sui conti correnti. Stiamo parlando di 70 mila euro pro-capite. «Anche solo il 10% di questa ricchezza investita nella sostenibilità ambientale ed energetica —su Ener2Crowd.com ad esempio— porterebbe ad una crescita del 6% all’anno, più dell’intera economia Cinese prima del Coronavirus» dichiara Giorgio Mottironi, cso e co-fondatore di Ener2Crowd.com nonché chief analyst del GreenVestingForum.it.
Ci guadagnerebbero tutti e subito, beneficiando di guadagni diretti e redistribuiti che grazie ai benefici ambientali e fiscali sarebbero ancora una volta riutilizzabili per investimenti o per ridurre la pressione fiscale. «E si tratterebbe appena di un modesto 10% dei risparmi degli italiani, ossia di circa 7.000 euro per abitante, dai quali risulterebbe anche un gettito diretto per le casse dello Stato pari a 2 miliardi di euro l’anno» conclude Mottironi.A sperimentare la crescita maggiore nell’ambito del lending sarà il settore «energy», legato quasi sempre alla Green Economy, all’ambiente ed all’eticità degli investimenti, come accade sulla piattaforma Ener2Crowd.com.Secondo le proiezioni realizzate da Ener2Crowd.com basandosi su dati del Cambridge Centre for Alternative Finance e della School of Business and Law dell’Università di Agder, nel 2021 il lending crowdfunding salirà in Italia a 408 milioni di euro.«Investire con Ener2Crowd.com è come investire sul futuro» sottolineano in azienda. Ed è proprio guardando alle prossime generazioni che la piattaforma lancia ora i «Progetti Next Generation» consentendo agli under 24 che usano il portale di mantenere per la durata dell’intera campagna un rendimento aggiuntivo del +0,5%. (AJ-Com.Net).

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Risparmi per le famiglie e riduzione delle emissioni di gas serra grazie a nuove norme sugli alimentatori esterni

Posted by fidest press agency su lunedì, 6 aprile 2020

Gli alimentatori esterni sono adattatori utilizzati per convertire l’energia elettrica dell’alimentazione di rete in una tensione inferiore e sono molto comuni nelle case europee, con una media di dieci per famiglia e oltre 2 miliardi in totale nell’UE. Le nuove norme dell’UE renderanno questi alimentatori esterni più efficienti sotto il profilo energetico, allineandoli agli standard più elevati a livello mondiale. Si calcola che entro il 2030 le norme faranno risparmiare oltre 4 TWh/anno di energia elettrica, sufficienti ad alimentare l’intera Lettonia per un mese. Ciò consentirà di evitare oltre 1,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente l’anno di emissioni di gas a effetto serra.Gli alimentatori esterni sono utilizzati, ad esempio, nell’elettronica di consumo (smartphone, altoparlanti, sistemi audio, televisori), nei prodotti TIC (modem, router, portatili, tablet, display elettronici), nei piccoli apparecchi da cucina (frullatori, spremiagrumi) e nei prodotti per l’igiene personale (rasoi, spazzolini elettrici). Il regolamento sulla progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni fa parte di un più ampio pacchetto di misure adottate lo scorso anno, composto da 10 regolamenti sulla progettazione ecocompatibile e 6 regolamenti sull’etichettatura energetica. Il pacchetto completo dovrebbe generare entro il 2030 un risparmio complessivo di 167 TWh di energia finale l’anno, equivalente al consumo energetico annuo della Danimarca. I risparmi cumulativi corrispondono a una riduzione di oltre 46 milioni di tonnellate di CO2 equivalente l’anno.

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Coronavirus e tutela dei propri risparmi

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 aprile 2020

I discorsi su quantitative easing, Ltro, e dei vari stimoli che “erano finiti ma non erano finiti” sono stati di colpo superati dall’emergenza economica -e non solo- in corso, facendo sì che tutti abbiano compreso come i tassi di interesse a breve termine continueranno ad essere molto bassi, come bassa è la remunerazione dei depositi, a zero o giù di lì. Un fattore molto sentito in Italia, dove da sempre vi è una elevata propensione alla liquidità, tornata ora a rappresentare la metà degli attivi finanziari (e sono dati che non tengono ancora conto dell’effetto Covid-19): un livello pari a quello registrato alla metà degli anni ’80 del secolo scorso, prima del boom del risparmio gestito.Una categoria sempre molto gettonata nonostante le basse remunerazioni è quella dei conti deposito, i quali offrono una remunerazione bassa ma che consente quantomeno di fronteggiare il tasso di inflazione, mantenendo il valore del deposito in termini di potere di acquisto. Ne è passato di tempo da quando, all’arrivo in Italia del primo conto deposito (Conto Arancio), l’intero settore reagì con vere e proprie campagne mediatiche di comunicazione scorretta, adombrando rischi inesistenti per spaventare i clienti. Oramai non vi è istituto che non proponga conti deposito, e le offerte sono centinaia. Quale scegliere? E’ importante monitorare le varie offerte, perché cambiano spesso e perché tra i vari istituti si riscontrano differenze anche dello 0,5% ed oltre sulla stessa scadenza temporale. Inoltre, i nuovi nomi che arrivano sul mercato tendono ad offrire qualcosa in più alla clientela, ad esempio accollandosi l’onere dell’imposta di bollo, in tal modo elevando dello 0,2% il rendimento netto. Un fattore, quest’ultimo, di cui tenere conto nelle scelte.Riguardo la sicurezza, i conti deposito sono tutti uguali in virtù della normativa sui dissesti bancari, nel senso che ciascun depositante è coperto fino a centomila euro, cifra che tiene conto di tutti i rapporti di deposito presso lo stesso istituto. Per importi maggiori la regola è diversificare tra più banche.Anche con le banche considerate “traballanti” si può essere al sicuro, perché il Decreto Legislativo 659 del 4 dicembre 1996 di recepimento della Direttiva 94/19/CEE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi all’articolo 4 recita: “i depositi per i quali il depositante ha ottenuto dalla banca, a titolo individuale, tassi e condizioni che hanno concorso a deteriorare la situazione finanziaria della banca”. In sostanza, la norma vuole evitare che soggetti consapevoli di conseguire un guadagno maggiore di quanto normalmente spetterebbe possano speculare sulla banca in difficoltà, sicuri dell’intervento del Fondo di Garanzia a proprio favore. Ma se si aderisce ad offerte di carattere generale e non personalizzate, non si corrono rischi.Da quattro anni esiste poi una particolare forma aggiuntiva di protezione dei depositi. Si tratta dei cosiddetti saldi temporanei elevati, vale a dire importi superiori a centomila euro per i quali, a fronte delle esigenze sociali ad essi legati, la legge prevede una tutela rafforzata. Nella pratica, il limite di centomila euro non si applica, nei nove mesi successivi all’accredito o al momento in cui divengono disponibili, ai depositi di persone fisiche aventi ad oggetto importi derivanti da operazioni relative al trasferimento o alla costituzione di diritti reali su unità immobiliari adibite ad abitazione, divorzio, pensionamento, scioglimento del rapporto di lavoro, invalidità o morte, pagamento di prestazioni assicurative, di risarcimenti o di indennizzi, in relazione a danni considerati dalla legge come reati contro la persona o per ingiusta detenzione. La disposizione nasce dall’articolo 1, comma 6 del D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 30 che ha introdotto nel Testo Unico Bancario
l’articolo 96-bis.1 dove è previsto quanto sopra descritto e che è stato recepito dallo Statuto del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi all’articolo 33, comma 16. La norma tende ad evitare che un depositante venga colpito dal dissesto per depositi che hanno origine da eventi importanti come quelli indicati. La copertura superiore a centmila euro vale solo per nove mesi dal deposito o dell’intervenuta disponibilità di quelle somme. Scaduti i nove mesi, queste sono trattate come tutte le altre e il limite torna a centomila euro complessivi. Si può quindi approfittarne, ricorrendone le condizioni, facendo però molta attenzione ai tempi di permanenza delle somme sul conto. (Anna D’Antuono, legale, consulente Aduc)

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Tredicesime e il loro uso

Posted by fidest press agency su mercoledì, 11 dicembre 2019

A breve saranno accreditate sui conti di lavoratori e pensionati le tredicesime, il cui ammontare complessivo si attesta quest’anno a circa 38,5 miliardi di Euro.Si tratta di un momento di ossigeno che consentirà alle famiglie di respirare e di dedicarsi, seppure con un atteggiamento ancora piuttosto contenuto, agli acquisti di Natale.Come ogni anno non mancheranno, però, le scadenze di dicembre. Gran parte dell’importo delle tredicesime sarà eroso dalle spese per rate di prestiti, mutui, affitti, assicurazioni, tasse, bollette e, non ultime, le visite mediche. La maggiore disponibilità economica, unita alle lunghe liste di attesa della sanità pubblica, spingono molte famiglie a rimandare a questo momento dell’anno controlli, visite specialistiche e appuntamenti con il dentista.Secondo lo studio dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, dei 38,8 miliardi del monte tredicesime il 9,8% sarà destinato a visite e prestazioni mediche, acquisto di occhiali da visita, anticipi per apparecchi acustici o comunque in spese attinenti all’ambito sanitario.
Per quanto riguarda le voci che eroderanno in misura maggiore le tredicesime degli italiani spicca, in testa, quella relativa a prestiti, mutui e affitti, la cui incidenza si conferma al 23,1%. Seguono, in forte crescita, i costi di bollette e utenze, a cui sarà destinato il 22,20% dell’importo totale (lo scorso anno tale percentuale si fermava al 21,7%).Al terzo posto troviamo la voce relativa alle tasse, che assorbiranno il 19,95% degli importi incassati con le tredicesime.Nelle tasche delle famiglie, da destinare a regali, pranzi, cenoni ed eventuali viaggi, rimarrà appena il 10,35% dell’ammontare delle tredicesime, pari a 3,98 miliardi di Euro. Di questi, nel dettaglio, 2,66 appartengono ai lavoratori e 1,32 ai pensionati.

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400 milioni di risparmi per gli enti locali

Posted by fidest press agency su martedì, 10 settembre 2019

“E’ in corso di pubblicazione il Decreto Ministeriale, attuativo dei commi 961, 962, 963 e 964 dell’art. 1 della Legge di “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”, che definisce le modalità attraverso le quali giungere alla rinegoziazione dei mutui concessi da Cassa depositi e prestiti S.p.A. a comuni, province e città metropolitane e trasferiti al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Un’operazione che materialmente sarà avviata nei prossimi giorni e che porterà, se i tassi sui titoli di stato dovessero essere quelli attuali, ad un risparmi aggregato di 35 milioni di euro nei primi 5 anni e di 400 milioni sul totale della vita dei mutui.
Sono molto contenta di questo risultato, perché si tratta di un provvedimento, cui abbiamo lavorato in questi mesi, che libera risorse importanti per gli enti locali, a beneficio dei cittadini e dei servizi che vanno loro resi”. Così, in un post su Facebook, Laura Castelli.

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Risparmi della Camera deputati ai terremotati

Posted by fidest press agency su sabato, 1 dicembre 2018

“Oggi in coerenza con quanto accaduto negli scorsi anni, abbiamo approvato all’unanimità, con il sostegno dell’intera commissione Bilancio della Camera, un emendamento che destina 85 milioni di risparmi degli esercizi precedenti della Camera, ai terremotati. L’emendamento a prima firma Baldelli, è stato sottoscritto da tutti i rappresentanti dei gruppi ed ha avuto l’ok della maggioranza e del Governo. Sono convinto che sia importante per le istituzioni sapersi rappresentare compatte e per questo motivo, in accordo con il collega Baldelli e gli altri di tutti i gruppi, ho definito questo come emendamento della Camera”. Lo ha dichiarato Guido Crosetto, deputato e coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia.

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Open Banking: principale piattaforma internazionale per i depositi a risparmio

Posted by fidest press agency su sabato, 20 ottobre 2018

Amburgo, 16 ottobre 2018 – Deposit Solutions, pioniere dell’Open Banking e principale piattaforma internazionale per i depositi a risparmio, è entrata a far parte del World Economic Forum Center di San Francisco con focus sulla Quarta Rivoluzione Industriale. Il Centro collabora con primarie aziende, governi, società civile ed esperti di tutto il mondo con l’ambizione di supportare la definizione della governance della Quarta Rivoluzione Industriale. Deposit Solutions, che ha appena chiuso un nuovo round di investimento da 100 milioni di dollari, è la prima società Fintech europea a diventare membro di questo hub globale.Con la sua piattaforma di Open Banking, Deposit Solutions ha introdotto un’importante innovazione nel settore bancario retail. Infatti, il modello Banking-as-a-Service di Deposit Solutions per i depositi consente alle banche sia di accedere ai depositi dei clienti di altri partner senza dover implementare alcuna infrastruttura proprietaria, sia di offrire ai propri clienti una selezione di depositi di terze parti. A loro volta, i clienti delle banche possono accedere facilmente alle migliori offerte di deposito e massimizzare i loro risparmi, senza dover aprire nuovi conti bancari. Deposit Solutions sta creando un mercato internazionale per il risparmio che avvantaggia banche, risparmiatori e sistema finanziario in generale, eliminando le inefficienze nella catena del valore.
Deposit Solutions è una società FinTech riconosciuta a livello mondiale e una piattaforma Open Banking per i depositi.La sua tecnologia proprietaria Open Banking fornisce un’infrastruttura per il mercato dei depositi globale, stimato in circa $ 50 trilioni, che avvantaggia banche e risparmiatori allo stesso tempo che sta trasformando. Deposit Solutions oggi collega oltre 70 banche dislocate in 16 Paesi e opera attraverso i Points-of-Sale B2C proprietari (ZINSPILOT e SAVEDO) che offrono direttamente ai risparmiatori le offerte di deposito delle banche partner.

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Alle falde del …Kilimangiaro

Posted by fidest press agency su mercoledì, 5 settembre 2018

Ho scritto non molto tempo fa che gli italiani, a mio avviso, sono dei “rassegnati e cinici”. Resto dello stesso avviso aggiungendo che ora si comportano come un malato terminale: sa di morire e reagisce staccando la spina, rifiutando di curarsi e preferendo spendere gli ultimi giorni che gli restano, utilizzando i pochi risparmi che ancora possiede, per darsi alla bella vita o spendendo ciò che ha al gioco nella speranza di una grossa vincita. I giovani si sentono in trappola. C’è ancora chi resiste, ovviamente, e s’ingegna a trovare uno sbocco esistenziale, anche modesto, ma gli altri rinunciano a cercarsi un lavoro, restano in famiglia, si chiudono nella loro ristretta cerchia degli amici. I precari si affannano ma sanno di combattere la stessa battaglia del cavaliere don Chisciotte contro i mulini a vento. I disoccupati sono avvelenati, ma cercano di barcamenarsi alla bell’è meglio: “ciò famiglia”, paiono dire, non possono permettersi colpi di testa, devono giocoforza sperare e arrangiarsi in qualche modo. E tutti gli altri dalla casalinga ai lavoratori dipendenti e autonomi sentono di trovarsi in una situazione migliore della disperazione e si attaccano a questa fragile ancora di salvezza. Poi vi sono i pensionati. Sono quelli che chiedono poco e ottengono nulla. Sono quelli che riescono ancora a finanziare i figli e i nipoti disoccupati o in cassa integrazione o precari. Sono quelli che continuano a essere osservati con diffidenza e già qualcuno si chiede se non sono un “peso morto”. Solo la pietà cristiana li salva dalla lapidazione. E tutti insieme ci chiediamo cosa stanno a fare 55 milioni di italiani a raccattare le briciole dei restanti 5 milioni che hanno i soldi ma non disdegnano a raschiare il barile degli altri pur di continuare ad arraffare ciò che resta della miseria altrui. Mi chiedo se non siamo ritornati ai tempi dei patrizi e dei plebei. Allora, per lo meno, vi erano dei tribuni del popolo che riuscivano ad arringare il popolo. Oggi se qualcuno lo fa è per poi essere assunto nel partito dei patrizi. Altro che potere dal basso da “popolo sovrano”. (Riccardo Alfonso)

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Gli italiani e i loro risparmi

Posted by fidest press agency su mercoledì, 30 Maggio 2018

(fonte: Assemblea della Banca d’Italia – Dichiarazione “a margine” di Alessandro Carretta) “Per valutare i rischi sul risparmio derivanti dalle forti incertezze politiche di queste ore occorre entrare nelle specifiche scelte operate dalle famiglie e distinguere tra i rischi immediati e quelli attesi nel medio termine.Le famiglie italiane continuano ad avere una buona propensione al risparmio, specie nel confronto con altri paesi. Anche nel 2017 la ricchezza finanziaria delle famiglie è aumentata. I nostri risparmiatori investono principalmente in liquidità (conti correnti e contanti), in titoli azionari, prodotti assicurativi e fondi comuni. Di minore rilievo, e un po’ in calo nei tempi più recenti, l’investimento in obbligazioni, che comprende anche i titoli pubblici. Questi ultimi sono infatti detenuti per quasi un terzo circa da investitori stranieri, per lo più europei.Ecco i principali rischi per i risparmiatori italiani: se si alzano i tassi d’interesse in Italia, a seguito di un aumento dello spread e delle altre tipologie di tassi d’interesse, paradossalmente i nostri risparmiatori percepiranno subito un effetto positivo, potendo investire subito a tassi più alti la propria liquidità disponibile, senza probabilmente valutare l’aumento del rischio. Decisamente meno favorevoli gli effetti per chi già detiene titoli pubblici e più in generale obbligazioni, che subirebbero un calo dei prezzi che ne renderebbe meno conveniente l’eventuale vendita prima della naturale scadenza. Un discorso a parte meritano gli investimenti immobiliari che, se sostenuti da mutui e altre forme di indebitamento, subirebbero in modo diretto e immediato l’aumento dei tassi d’interesse.Nel medio termine gli investitori istituzionali – fondi e compagnie di assicurazione – che, come si è visto, gestiscono una parte consistente dei nostri risparmi, cercheranno di riposizionarsi per cogliere le opportunità derivanti da un aumento dei tassi, limitando gli effetti negativi sugli investimenti finanziari delle famiglie. Quanto alle imprese, le cui azioni sono nei nostri portafogli, c’è da chiedersi se usciranno indenni dall’attuale fase di bassi tassi di interesse.Se immaginiamo scenari meno soft di un “semplice” aumento dei tassi, quali una ripresa virulenta dell’inflazione e/o l’uscita dall’area euro, emerge ancora di più il “rischio paese”: al quale i nostri risparmiatori certo non sono preparati ma al tempo stesso sono, come è naturale, fortemente esposti. In questo caso diventerebbe più difficile in prospettiva per lo Stato finanziare il debito pubblico: chi comprerà i Btp in un simile scenario, e quali rendimenti pretenderà per il proprio investimento? I nostri risparmiatori sono abitudinari, hanno convinzioni spesso non razionali e si sono rivelati in alcune occasioni influenzabili e soggetti a fenomeni di imitazione collettiva (si pensi al caso delle obbligazioni bancarie): togliere loro le poche certezze rimaste o peggio pensare che prendano decisioni improntate ad un rigore economico degno di un premio Nobel potrebbe essere molto pericoloso. Il risparmio è alla base degli investimenti e dunque è fondamentale per lo sviluppo economico di cui abbiamo tanto bisogno.”
ALESSANDRO CARRETTA – Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari – Università Tor Vergata di Roma. Accademico onorario dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale (AIDEA), di cui è stato Presidente dal 2011 al 2014. Membro dello Steering Committee di FINEST, Financial Intermediation Network of European Studies, e del Consiglio di amministrazione dell’Università di Roma Tor Vergata. Membro della European Association of University Teachers of Banking and Finance, con sede a Bangor, Università del Galles (UK). Collabora con la Banca d’Italia e il MEF nelle procedure di gestione delle crisi bancarie. Ricopre inoltre numerosi incarichi presso istituti di credito tra cui: componente del Comitato di sorveglianza della Banca Padovana e socio fondatore dell’Associazione italiana per la pianificazione ed il controllo di gestione in banca e nelle istituzioni finanziarie. Consigliere della Banca Popolare di Sondrio. Segretario Generale dell’Associazione Italiana per il Factoring. Membro del Consiglio Direttivo di NED Community, Associazione degli amministratori non esecutivi e indipendenti, e Presidente del Collegio dei Probiviri dell’Associazione Italiana Leasing (Assilea).

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Studio “I Piani Individuali di Risparmio”

Posted by fidest press agency su sabato, 24 marzo 2018

Intermonte – investment bank indipendente, specializzata in intermediazione istituzionale, ricerca, capital markets ed advisory sul mercato italiano – ha presentato oggi lo studio “I Piani Individuali di Risparmio (PIR): gli effetti su domanda e offerta di capitale nel mercato borsistico italiano”, condotto grazie alla collaborazione ormai pluriennale con il Politecnico di Milano (Dipartimento di Ingegneria Gestionale).L’analisi ha esaminato, a un anno dall’introduzione dei Piani Individuali di Risparmio, il loro impatto sul listino azionario italiano ed in particolare sui prezzi e rendimenti dei titoli quotati, sui volumi scambiati, sulla liquidità dell’intero mercato, sullo stimolo al mercato primario tramite nuove IPO e sull’eventuale ricorso a forme alternative di raccolta di capitale per le imprese (con particolare attenzione alle conseguenze sui titoli che non appartengono all’indice FTSE MIB, in cui deve essere investito almeno il 21% delle risorse a disposizione dei PIR).
In linea generale, l’introduzione dei PIR ha consentito di mobilitare, nel solo primo anno, circa € 10,9 miliardi (secondo i dati di Assogestioni), dando così ulteriore linfa al risparmio gestito in Italia. Secondo le stime di Intermonte SIM, l’industria dei PIR potrebbe raccogliere risorse per € 60,1 miliardi entro il 2021, di cui € 11,5 miliardi specificatamente a vantaggio delle mid-small cap quotate.Di seguito, le principali evidenze emerse dalla ricerca:
EFFETTO SUI PREZZI E RENDIMENTI: è vero che i PIR hanno indotto un aumento dei prezzi sul mercato azionario?Si in valore assoluto, e si evince che:
nel 2017 le small cap italiane hanno performato tanto quanto le loro ‘gemelle’ in Francia e in Germania (se non peggio, soprattutto a fine anno);
sono andate comparativamente meglio le mid cap e soprattutto il segmento STAR;
l’AIM Italia ha offerto rendimenti in media positivi ma meno accentuati (Figura 3.1);
Se si considerano poi fattori specifici, come il rapporto M/B e la capitalizzazione di mercato, per isolare l’effetto PIR, si nota nel 2017:
un rendimento ‘anomalo’ medio significativo compreso fra il 12% e il 18%, per i titoli non compresi nel FTSE MIB;
un’ottima performance ‘anomala’ del segmento STAR (già dal 2016);
i titoli quotati sull’AIM hanno reagito allo stimolo dei PIR con un certo ritardo, solo a partire da maggio 2017;
non vi è invece alcun impatto ‘anomalo’ significativo sulle blue chip.
E’ vero che i PIR hanno generato un aumento degli scambi?
Sì, ma con un certo effetto di ‘cannibalizzazione’ sui titoli del FTSE MIB a vantaggio degli altri titoli, soprattutto quelli dell’AIM Italia. L’analisi stima un calo medio dell’8% per i volumi di scambio dei titoli FTSE MIB e un aumento del 71% per gli altri titoli, con elevata variabilità. Il controvalore totale degli scambi registrati nel 2017 non è significativamente diverso rispetto a quello del 2016.
Su Aim la media mensile degli scambi nel 2016 era €27milioni e €165 milioni nel 2017, ossia più di 6 volte tanto;
anche lo STAR passa da €977 milioni a €1.775 milioni, raddoppiando i suoi scambi;
a fine 2016 la capitalizzazione dell’intero listino dedicato alle medie e piccole imprese era pari a meno di € 2,9 miliardi; un anno dopo valeva quasi il doppio.

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Poste e i risparmi degli italiani

Posted by fidest press agency su martedì, 10 gennaio 2017

posteSe ancora una volta i risparmi degli italiani andranno in fumo, saranno inevitabili nuove azioni risarcitorie da parte del Codacons a tutela dei piccoli investitori. Lo annuncia oggi la stessa associazione dei consumatori, che rappresenta in Italia il maggior numero di risparmiatori traditi tra Mps, Banca Etruria, e altre vicende finanziarie che hanno coinvolto il settore del risparmio.“Chiediamo a Poste Italiane di fornire adeguate garanzie a coloro che hanno acquistato i fondi immobiliari a rischio, ossia Invest Real Security, Obelisco, Europa Immobiliare 1, Alpha – spiega il Codacons – Il Codacons è pronto ad aprire con l’azienda una trattativa affinché i risparmi dei soggetti coinvolti siano pienamente tutelati ma, al tempo stesso, non esiterà ad avviare le dovute azioni risarcitorie qualora dovessero registrarsi perdite a danno dei piccoli investitori”.“Ci chiediamo inoltre cosa abbiano fatto in questi anni Consob e Banca d’Italia sul fronte del controllo sulla vendita al pubblico dei fondi immobiliari ad elevato rischio, e quali misure abbiano messo in campo per difendere i risparmi degli italiani”.Il Codacons invita infine tutti i cittadini che tramite Poste Italiane hanno investito risparmi nei fondi immobiliari Invest Real Security, Obelisco, Europa Immobiliare 1, Alpha, a rivolgersi all’associazione dei consumatori – inviando una mail all’indirizzo info@codacons.it – al fine di tutelare i propri diritti e i propri soldi.

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Referendum: Non produce risparmi

Posted by fidest press agency su martedì, 22 novembre 2016

costituzione1“La riforma ridurrebbe i parlamentari da 315 a 100? Si, per il fantasmagorico risparmio dello 0,010% sul bilancio nazionale”. Lo dice Anna Falcone, avvocato e vicepresidente del Comitato del NO, oggi al programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora, condotto da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. Renzi, però, sostiene che con questa mossa si risparmierebbero 490 milioni.. ”Dice una sciocchezza. La ragioneria generale dello Stato ha detto che se ne risparmierebbero meno di cinquanta. Ossia un caffé all’anno per ogni italiano. Glielo regalavamo noi…” Lei ha spesso lamentato di non esser invitata per confronti con membri del governo. Chi vorrebbe ‘sfidare’? “Vorrei incontrare la Boschi”. Faccia un appello, allora. “Signora Ministro – ha detto la Falcone a Rai Radio1 -, le prometto di fare la buona. Ma la prego incontriamoci per discutere della riforma, nella maniera più serena, pacifica e costruttiva possibile”.

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Se non mi posso fidare delle banche, come faccio a scegliere dove mettere i miei risparmi?

Posted by fidest press agency su venerdì, 29 luglio 2016

salva bancheSempre più persone ormai, hanno capito (finalmente!) che non ci si può fidare delle banche e dei loro venditori, ma dopo questa considerazione ne segue subito un’altra: “i miei risparmi da qualche parte dovrò pur metterli, se non mi posso fidare del bancario o del promotore finanziario, come faccio a scegliere?Questo interrogativo, più o meno direttamente esplicitato, ce lo sentiamo formulare ormai da anni quasi quotidianamente.
Sul piano sistemico, la proposta dell’Aduc è quella di riprogettare da capo il sistema di norme a tutela dell’investitore, ne abbiamo parlato diverse volte, un articolo fra i tanti che abbiamo pubblicato potrebbe essere questo: Una riforma radicale per una vera tutela del risparmio. La domanda però richiede una risposta nel qui ed ora, anche perché è abbastanza evidente che una riforma come quella che noi proponiamo ha zero possibilità di realizzarsi nel breve termine perché gli interessi del sistema finanziario sono troppo forti.Nell’immediato le possibilità sono solo due: 1) accrescere le proprie competenze finanziarie e fare da soli o 2) rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente.Ci rendiamo perfettamente conto che la scelta di fare da soli, concretamente, è praticabile da una percentuale ridotta della popolazione. Noi la incoraggiamo, cerchiamo, per quanto possiamo, di fornire le informazioni, un supporto anche attraverso il servizio on-line di risposte alle domande, ma ci rendiamo conto che la maggioranza delle persone non si sente in grado di fare scelte in autonomia.Se la strada di una riforma normativa a tutela dell’investitore è una chimera e del sistema bancario è ormai chiarissimo che non ci si possa fidare, la strada dei consulenti finanziari indipendenti sembrerebbe un’opzione valida, ma come sceglierli? Quando vale la pena pagare un professionista per farsi dare consigli su come investire?
Nel resto di questo articolo vorrei fare alcune considerazioni un po’ scomode sul mondo della consulenza finanziaria in Italia.
Preciso, per trasparenza, che chi scrive è un consulente finanziario indipendente ormai da circa 15 anni, uno dei più “anziani” in Italia, in termini di anni di professione, attualmente in esercizio (ne conosco soltanto uno, in attività, che ha iniziato prima).
Consulenza o vendita? Il termine “consulente finanziario” è già molto ambiguo e lo diventerà sempre di più in futuro dal momento che con un colpo di mano parlamentare la lobby dei promotori finanziari (ovvero agenti di commercio che sono retribuiti dalle reti di vendita degli intermediari finanziari) sono riusciti a far passare una norma la quale prevede che vengano denominati, all’interno dell’albo, come “Consulenti Finanziari abilitati all’offerta fuori sede”, mentre i consulenti finanziari indipendenti (cioè i liberi professionisti retribuiti esclusivamente dalla parcella) dovrebbero essere chiamati “Consulenti Finanziari Autonomi”. E’ ovvio che questo renderà ancora più difficile l’orientamento dell’investitore non esperto.Sia chiaro: non c’è assolutamente niente di male nell’essere agenti di commercio e sarebbe sbagliato generalizzare sostenendo che tutti i promotori finanziari fanno danni per i loro clienti mentre basta essere indipendenti per essere utili agli investitori. Personalmente conoscono promotori finanziari che sono persone veramente oneste e preparate e conosco consulenti finanziari indipendenti che erano promotori finanziari ed in larga parte lo sono rimasti sia come formazione professionale che come forma mentis.Il problema è che, in finanza, l’attività di vendita implica maggiori distorsioni rispetto a molti altri campi. Chi vende in finanza, vende servizi/prodotti che i clienti non sono minimamente, ma proprio minimamente, in grado di valutare.Se si vendono aspirapolveri, pentole, macchine, computer, ecc. il cliente è in grado di avere almeno un’idea vaga di cosa sta comprando e di come valutarlo rispetto alle proprie esigenze.
In finanza, nel 99% dei casi, chi sta acquistando un prodotto/servizio finanziario – se non è un professionista – non ha la più pallida idea di quello che gli serve e non è minimamente in grado di giudicare se un prodotto/servizio è migliore di un altro e neppure se è realmente ciò di cui ha bisogno. Ecco perché l’attività dei promotori finanziari (adesso ribattezzati “consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede”) è intrinsecamente molto pericolosa per gli investitori. Chiunque abbia fatto dei corsi per diventare promotore finanziario sa benissimo che la formazione tecnico-finanziaria è semplicemente risibile. L’esame di abilitazione è sostanzialmente un esame volto a verificare alcune nozioni di tipo giuridico sul Testo Unico della Finanza. La formazione che fanno gli intermediari finanziari è sostanzialmente una formazione legata a competenze di vendita (come fissare gli appuntamenti, come superare le obiezioni, come essere convincenti, ecc.). Alcune società, poi, fanno anche corsi sull’asset allocation e qualche nozione finanziaria, ma – in genere – sono sempre nozioni molto basilari che comunque non devono rendere il venditore troppo esperto semplicemente perché un venditore che conosce troppo bene la tecnica perde di capacità di vendita.
La prima scomoda verità sulla “consulenza finanziaria” in Italia, quindi è che nella quasi totalità dei casi, quando un risparmiatore si trova davanti un “consulente finanziario” in realtà sta parlando con un agente di commercio che ha lo scopo di vendere un prodotto/servizio dell’intermediario che lo retribuisce.
Per questo la prima domanda nello scegliere un consulente finanziario dovrebbe essere: come vieni retribuito?
Ma la consulenza indipendente in Italia esiste? Una verità scomoda, purtroppo, è che in Italia, di fatto, la consulenza finanziaria indipendente è stata quasi uccisa da circa 10 anni di blocco legislativo. Il recepimento della direttiva comunitaria che introduceva la figura del consulente finanziario indipendente è del 2007. Si aspetta da allora l’istituzione dell’albo che avrebbe consentito a chi voleva avviare questa professione di farlo.
Ad oggi, chi fa consulenza finanziaria indipendente sono solo coloro che, dal 2007 usufruiscono di una proroga. Si parla di pochissime centinaia di persone in tutt’Italia, quando i promotori finanziari sono decine di migliaia di persone e gli sportelli bancari sono circa 30 mila.
Trovare un consulente finanziario indipendente è veramente un fatto raro. Recentemente l’organismo dei consulenti finanziari, ovvero il vecchio albo dei promotori finanziari che dovrà trasformarsi nell’organismo che gestirà il nascente albo unico dei consulenti finanziari, ha indetto un’indagine conoscitiva per sapere quanti sono gli interessati a registrarsi nell’albo dei consulenti finanziari autonomi (cioè indipendenti). L’indagine si concluderà il 30 Settembre prossimo, ma sembra che le risposte siano veramente poche, nell’ordine di poche centinaia. Questo è un risultato più che scontato dal momento che nessuna professione può svilupparsi in presenza di un blocco normativo di 10 anni.
La seconda scomoda verità, quindi, è che ci intende rivolgersi ad un vero consulente finanziario indipendente (cioè non retribuito da un intermediario finanziario, ma direttamente dal cliente) deve armarsi di santa pazienza e difficilmente lo troverà sotto casa, ma dovrà essere disponibile a muoversi e/o usare la nuove tecnologie per una comunicazione a distanza.
Quali sono le competenze dei consulenti finanziari indipendenti? Se è vero, come è vero, che l’esame di promotore finanziario non è minimamente sufficiente a valutare le competenze minime per poter fare una reale consulenza finanziaria (d’altra parte, il promotore finanziario non fa la consulenza, ma vende il servizio di consulenza offerto dall’intermediario) è anche vero che i consulenti finanziari indipendenti oggi in attività non hanno svolto nessun tipo di abilitazione.
Cosa cercano i clienti dai consulenti finanziari? Ma la più scomoda verità nel settore della consulenza finanziaria riguarda il rapporto cliente-professionista. Spesso c’è un fraintendimento sostanziale al quale molti consulenti finanziari (indipendenti o venditori che siano) sottostanno per mera convenienza economica.I clienti ritengono che il mestiere del consulente sia quello, in parole semplici, di far rendere il gruzzoletto sotto la loro consulenza. Il fraintendimento consiste nel fatto che il cliente da per scontato che il consulente finanziario sappia cose che nessun consulente può sapere.Un buon consulente finanziario indipendente può fare molto cose positive, la maggioranza delle quali rientrano nella sfera di evitare aspetti negativi (costi e rischi inutili). Sul piano del rendimento, ciò che può fare il consulente è cercare di adeguare il profilo rischio/rendimento del portafoglio del cliente alle caratteristiche economico-patrimoniali e psicologiche dello stesso.Nessun consulente finanziario è in grado di sapere come andranno i mercati in futuro. I mercati finanziari sono impossibili da prevedere per chiunque.Se un consulente finanziario (indipendente o venditore che sia) focalizza l’attenzione sul possibile rendimento, questo dovrebbe essere un indice di allarme per il potenziale cliente.Il problema è che questo è esattamente quello che la maggioranza dei potenziali clienti vorrebbe sentirsi dire. L’ideale, per il cliente medio, è trovare il consulente che sostenga di saper “far fruttare” i propri soldi al meglio senza scocciare con il profilo di rischio, le necessità finanziarie, senza imporre riflessioni, dover conoscere cose noiose, fare scelte ecc. “Se vado da un professionista, dovrà pur essere lui a dirmi cosa fare, no? Altrimenti facevo da solo.”Purtroppo, quando parliamo di finanza, parliamo del “regno dell’incerto”.I consulenti possono eliminare le inefficienze, cioè i costi ed i rischi inutili, ma non le incertezze. L’ultima scomoda verità, quindi, riguarda gli investitori. Gli esseri umani hanno una perniciosa propensione a scambiare i desideri con le verità. E’ più facile credere ad una persona che ci dice che può fare ciò che non può fare, ma che noi vorremmo che facesse, rispetto ad una persona che ci dice una verità la quale implica per noi qualcosa di sgradevole. L’ultima scomoda verità, in sintesi, è questa: se abbiamo dei risparmi da parte dobbiamo rimboccarci le mani ed occuparcene, un bravo consulente finanziario indipendente può aiutarci, ma non può fare tutto. (Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio)

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