L’argomento è spesso oggetto di disaccordo tra i ricercatori che si occupano di relazioni interpersonali. Sono poche le ricerche che hanno analizzato su scala mondiale come avviene la scelta del partner e ancora meno quelle che hanno preso in considerazione i dati dei servizi di dating online.Nella ricerca dal titolo Being More Educated and Earning More Increases Romantic Interest: Data from 1.8 M Online Daters from 24 Nations, il prof. Peter Jonason dell’Università di Padova ha esaminato alcune caratteristiche riguardanti quanto interesse – inteso come numero di emoticon, e-mail, “mi piace”, interazioni di apprezzamento – ricevevano le persone su servizi di dating online usando i dati di 1,8 milioni di utenti appartenenti a 24 Paesi diversi, con un campione maggiore proveniente da Stati Uniti, Germania e Francia composto da adulti single, prevalentemente eterosessuali (96%) e alla ricerca di una relazione seria e a lungo termine.«Nel nostro studio – commenta Jonason – ci siamo concentrati sulle differenze tra uomo e donna nella quantità di interesse ricevuto dai frequentatori di siti online e sul ruolo di istruzione e reddito nelle manifestazioni di apprezzamento verso una persona. Abbiamo inoltre esaminato le differenze da Paese a Paese in base a quattro diversi fattori: i livelli di reddito nazionale lordo pro capite, la parità di genere, il rapporto operativo tra i sessi – l’operational sex ratio (OSR), ossia il numero di individui (maschi e femmine) sessualmente attivi in uno Stato – e il livello di disoccupazione. Questa ricerca costituisce una previsione su larga scala dei modelli socioculturali ed evolutivi nella scelta del partner».Se da un lato un’istruzione maggiore e un reddito più elevato sono elementi predittivi di maggiore interesse da parte di entrambi i sessi, dall’altro l’interesse dimostrato da parte degli uomini nei confronti delle donne era quasi 2,5 volte superiore: indipendentemente dal reddito o dal grado di istruzione, una donna con un diploma di scuola superiore risulta più attraente di un uomo con la laurea.In tutti gli Stati la capacità di acquisizione di risorse – indicata dal livello di istruzione e di reddito – è stata positivamente associata alla quantità di apprezzamenti ricevuti dagli altri membri del sito di dating.I risultati suggeriscono che la capacità di acquisire risorse influenzi notevolmente la scelta del partner, e che tale influenza trascenda i confini internazionali e sia più marcata per gli uomini che per le donne; nonostante questa differenza di genere, la variazione da Paese a Paese dell’importanza di acquisire risorse nel prevedere l’interesse che le persone ricevono nelle piattaforme di incontri online è correlata più ai livelli di concorrenza di un Paese che al livello di uguaglianza di genere presente nello stesso. Nonostante i limiti dello studio – come il numero ristretto di fattori presi in considerazione per predire l’interesse, ad esempio i livelli di istruzione e reddito, il campione ridotto di Paesi analizzati (essenzialmente quelli più ricchi), l’orientamento sessuale del campione esaminato (prevalentemente persone eterosessuali), per non parlare dell’aspetto fisico, fattore che non è stato considerato e che solitamente funge da “filtro” nella scelta del partner –, questo pone le basi per ricerche future basate su un numero considerevole di dati “reali” allo scopo di indagare le caratteristiche più ricercate nella scelta del partner.Titolo: Being More Educated and Earning More Increases Romantic Interest: Data from 1.8 M Online Daters from 24 Nations – «Human Nature» – 2022 Autori: Peter K. Jonason, Andrew G. Thomas
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Esseri umani e scelta del partner: come avviene? Esistono dei criteri?
Posted by fidest press agency su martedì, 10 Maggio 2022
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Quale Scuola Superiore scegliere oggi per fare i lavori di domani?
Posted by fidest press agency su domenica, 19 dicembre 2021
Dal 4 al 28 gennaio sarà possibile inoltrare online al Ministero dell’Istruzione la domanda di accesso alla scuola secondaria di II grado. Questi, dunque, sono giorni cruciali per numerose famiglie e altrettanti adolescenti alle prese con una decisione che influenzerà i loro successivi anni di studio e di formazione. Per questo vi ricordo che Il Sole 24 Ore propone in edicola e in libreria il libro dal titolo “Io sarò. Il grande libro di quello che farai da grande” di Pierdomenico Baccalaro e Federico Taddia con venti storie di ragazzi che sono diventati i migliori nel loro campo, con i consigli di come arrivarci, di quale scuola superiore scegliere, la cassetta degli attrezzi e le parole chiave delle nuove professioni. Il libro pag. 128 è già in edicola al prezzo di 12,90€ e in libreria al prezzo di 14,90€. E-Sports Specialist, Ecochef, Criomicroscopista, Game Designer, Energy Manager, Light Artist sono solo cinque dei venti professionisti indicati nel libro. Un libro illustrato per le ragazze e i ragazzi che non hanno paura di immaginare il futuro e di rimboccarsi le maniche per realizzarlo, ma anche per i genitori che li accompagnano nelle importanti ed entusiasmanti scelte che determinano il loro futuro. Una carrellata di biografie insolite per orientare gli adolescenti nella scelta della scuola superiore e nelle competenze da acquisire per le nuove professioni di domani che stanno prendendo forma oggi in un mondo in continua evoluzione, perché, come dicono gli autori Pierdomenico Baccalario e Federico Taddia, “Non bisogna mai smettere di fare tre cose: volere, provare, impegnarsi.” Fonte ilsole24ore.com
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Enac: faro su costi per scelta posto
Posted by fidest press agency su venerdì, 25 giugno 2021
L’Enac ha annunciato di aver avviato un’attività volta a verificare l’applicazione di costi accessori per la scelta dei posti a bordo applicata da alcuni vettori. “Ottima notizia. Bene che l’Enac faccia luce su questa pratica commerciale nella migliore delle ipotesi odiosa, con l’applicazione di esosi balzelli medioevali per poter scegliere il posto. Una pratica che sarebbe anche sicuramente scorretta se i costi non venissero evidenziati fin dall’inizio in modo trasparente e chiaro per il consumatore che non può veder magicamente lievitare il costo del biglietto solo per aver scelto dove sedersi” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “In particolare è inaccettabile che un supplemento, che per definizione dovrebbe essere un’aggiunta che completa e integra il servizio, finisca per costare più del biglietto stesso del volo. Un’assurdità sulla quale speriamo intervenga anche l’Antitrust” conclude Dona.
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Perché non è stato scelto il ritorno alle urne?
Posted by fidest press agency su giovedì, 4 febbraio 2021
“Abbiamo da settimane un Parlamento bloccato e una crisi che ogni ora che passa assume una declinazione peggiorativa.
E ancora rimane non chiarito il mancato incarico esplorativo alla presidente del Senato Casellati da parte del capo dello Stato che, di fatto, ha precluso a tutto il centrodestra la possibilità di portare il proprio contributo alla soluzione della crisi. Una sorta di riedizione malconcia dell’arco costituzionale.Ancora più improprio risulta in questa fase l’operato del Presidente della Camera Roberto Fico cui Sergio Mattarella non ha conferito l’incarico a comporre il governo ma solo quello esplorativo. Gioco forza è del tutto improprio che una figura terza con poteri costituzionali chiari e limitati, con sostanziale delega a rappresentare il Presidente della Repubblica, entri nel merito dei futuri programmi di un governo che non c’è, sottraendo al successore di Conte la facoltà di fare il programma da sottoporre alla fiducia del Parlamento.Domande: perché Roberto Fico sta tenendo un profilo di parte consultando solo una fazione e non tutte le forze politiche?Perché sta realizzando una bozza di programma di governo surrogando poteri che non gli appartengono? L’unica risposta lineare può venire da un eventuale incarico che vorrà affidargli Mattarella a formare il governo. Intanto alla crisi politica devastante che si sta prolungando oltre ogni limite si aggiunge una crisi istituzionale senza precedenti, due motivi validi per anticipare lo scioglimento della legislatura e dare il compito al prossimo Parlamento di indicare un governo autorevole e che si intesti una nuova stagione costituente”. E’ quanto dichiara in una nota Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e deputato di Fdi.
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Il lavoro come scelta di vita
Posted by fidest press agency su domenica, 6 settembre 2020
Sovente mi capita di leggere i vari discorsi che ruotano intorno all’età lavorativa e al tempo per andare in pensione. E poi mi guardo intorno. Vedo il pensionato seduto sulla panchina dei giardinetti sotto casa o in animate concioni con un gruppetto di suoi simili per strada o al bar, in chiesa a biascicare qualche preghiera o a fare la spesa a portare a spasso i nipoti e a sfaccendare a casa. Ma anche ad affollare gli ambulatori medici, a sentirsi ammalato e bisognoso di farmaci di ogni tipo. Alla fine, mi chiedo: Ho conosciuto più di un collega attivissimo in ufficio sino al giorno del pensionamento e a vantarsi di essere stato sempre in salute e rivederlo qualche anno dopo l’ombra di sé stesso, abulico e malfermo sulle gambe. Altri, invece, li ho trovati “rigenerati” e ho scoperto che si sono ritagliati un nuovo lavoro anche se a volte a titolo gratuito. E ho “scoperto” anche un altro aspetto interessante. Essi, per lo più, hanno fatto parte di quella generazione che era alla ricerca di un lavoro, uno qualsiasi per vivere e costruirsi una famiglia e avere dei figli. Non hanno scelto, quindi, un lavoro congeniale alle proprie aspettative ma il primo che il mercato offriva loro, ma non l’hanno amato, ma subito. La pensione a questo punto è diventata l’occasione per fare quella scelta che era mancata in gioventù. Alla fine, mi sono chiesto se l’attuale logica lavorativa e ancor prima l’apprendimento scolastico non siano state delle circostanze devianti sul sentiero delle proprie inclinazioni intellettuali. Penso, ad esempio, al calciatore professionista che a 40 anni deve necessariamente appendere al chiodo i suoi scarpini per sentirsi “un pensionato” ma che potrebbe essere persino “giovane” per altri impieghi. Quanti lavori possono essere la stessa cosa magari a 50 o 55 anni?
Su questa falsariga abbiamo mai considerato un diverso approccio lavorativo con la possibilità di adattare il lavoro all’età e alle proprie inclinazioni? Se lo avessimo fatto non saremmo qui a perderci in lunghe discussioni sull’età pensionabile e quel che ne segue. (Riccardo Alfonso)
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ANSO: «Gli editori abbiano la facoltà di scegliere il proprio destino»
Posted by fidest press agency su martedì, 23 giugno 2020
«Non contro il copyright, ma che sia assicurata la libertà di scelta». Con un emendamento, ANSO – Associazione Nazionale Stampa Online – torna sulla direttiva europea sul copyright e, in vista dell’approvazione, chiede che sia garantita a tutti gli editori la possibilità di scegliere se essere remunerati oppure far circolare il più facilmente possibile i propri contenuti.
ANSO, che in questi anni è stata parte attiva nella discussione sia a Bruxelles, sia recentemente in audizione presso la XIV commissione Affari europei al Senato sul disegno di legge n.1721 (Legge di delegazione europea 2019), ribadisce la propria posizione: «Gli editori nativi digitali non sono contro il copyright, anzi siamo i primi a denunciare chi non rispetta i nostri contenuti – spiega Matteo Rainisio, vicepresidente ANSO -. Abbiamo sempre sostenuto che per emergere nel web un editore digitale necessiti della libera circolazione dei propri contenuti su Facebook, Google, fino a Tic Tok. La richiesta che abbiamo portato avanti in questi anni è quella di concedere la libera scelta ai singoli editori e di non creare barriere burocratiche che possano rendere ulteriormente più complicata la vita ad un piccolo editore di provincia». ANSO tramite i propri consulenti si appella a tutte le forze politiche che hanno a cuore la libertà di stampa e che vogliono garantire un futuro alle centinaia di imprese che in questi anni hanno creato occupazione in un settore, quello giornalistico, in crisi perenne e chiede loro di sostenere un emendamento per rafforzare quanto previsto attualmente dalla direttiva europea, ovvero la libertà di scelta. Nello specifico, l’emendamento riguarda l’articolo 9, dove al comma 1, lettera h), dopo le parole “tali pubblicazioni” ANSO propone di aggiungere: “incluso il diritto di derogare ad accordi stipulati da associazioni di categoria ed enti di gestione collettiva, in ossequio al principio di libertà contrattuale”. «In questa crisi l’editoria digitale iperlocale ha svolto un ruolo fondamentale – prosegue Rainisio – raccontando quello che accadeva nelle province italiane, senza sosta e ponendo un argine al mondo delle fake news. Noi chiediamo a senatori e deputati di garantire a tutti gli editori, grandi e piccoli, le medesime opportunità decidendo appunto se voler essere pagati o meno per i propri contenuti su aggregatori di notizie, profili social e simili».
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Università: le 5 regole per scegliere quella giusta
Posted by fidest press agency su sabato, 6 giugno 2020
Il primo consiglio è che qualsiasi scelta facciate sarete voi protagonisti del vostro percorso di apprendimento, non sarà l’università a insegnarvi, ma voi a imparare.
Il secondo consiglio è che vi state apprestando a vivere in università dai tre ai sei anni della vostra vita e che se li vivete in funzione del futuro saranno anni pesanti, l’università sarà a lungo il vostro presente, e perché sia gradevole dovete scegliere a partire dai vostri interessi e dalle vostre inclinazioni.
Il terzo consiglio è scegliere una università che vi offra una ricca gamma di esperienze. Una comunità scientifica che abbia una forte tradizione di ricerca e la presenza di tanti insegnamenti diversi. Frequentare l’università infatti non è solo seguire un corso, anche avere rapporti con studenti di altri corsi di laurea, vivere in un ambiente ricco di tensione alla ricerca. Fuggite le università che di fatto si presentano come una ripetizione della scuola che avete terminato, dove gli insegnanti raccontano quello che hanno letto sui libri e non quello che stanno scoprendo.
Il quarto consiglio è cercare di capire dove sono i migliori professori e dove si svolge la ricerca intorno alle cose che vi interessano e volete conoscere e approfondire. Oggi è facile navigare sui siti delle università e farsi un’idea delle attività che vi si svolgono. Cercate il parere di esperti, guardate come si collocano le università nel panorama internazionale. Siate disponibili a muovervi verso le università più serie e più importanti e anche più impegnative.
Il quinto consiglio è di avere uno sguardo alle possibilità future di lavoro, ma di tenere conto che il mondo del lavoro è in forte evoluzione e non ci sono effetti meccanici nel passaggio da un titolo di studio al lavoro come in passato, ciò che conta è la capacità di trasformare le proprie conoscenze in caratteristiche spendibili nel sistema della produzione e dei servizi. Sappiamo poco di come sarà organizzato il mondo nel futuro, ma sappiamo che ha bisogno di persone animate da senso sociale, atteggiamento scientifico, capacità di impegnarsi.
Per aiutare i ragazzi ad affrontare la scelta in modo consapevole venerdì 12 giugno, alle ore 14.00, sul sito https://www.salonedellostudente.it/ i ragazzi potranno partecipare al WEBINAR “Strategie per compiere una scelta consapevole”. Questo breve percorso permette agli studenti di riflettere su quali possono essere alcune strategie pratiche per prendere decisioni consapevoli. Attraverso giochi di ruolo ed esercitazioni individuali gli studenti immaginano il loro futuro, si fissano degli obiettivi a breve e medio termine elencando le azioni da compiere per poterli raggiungere e gli indicatori che permetteranno di comprendere se il traguardo sarà ottenuto.Per chi invece è alle prese con gli esami di maturità, martedì 9 giugno, alle ore 14.00 si terrà il webinar “Obiettivo maturità: raggiungere i propri obiettivi con il life coaching”. In questo webinar i ragazzi potranno scoprire tecniche pratiche per raggiungere i loro obiettivi con successo e per superare possibili ostacoli. Tramite delle domande specifiche verrà stimolata la tua creatività e riflessione. Inoltre saranno condivise delle tecniche per gestire l’ansia al meglio.
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Il lavoro come scelta di vita
Posted by fidest press agency su mercoledì, 25 marzo 2020
Sovente mi capita di leggere i vari discorsi che ruotano intorno all’età lavorativa e al tempo per andare in pensione. E poi mi guardo intorno. Vedo il pensionato seduto sulla panchina dei giardinetti sotto casa o in animate concioni con un gruppetto di suoi simili per strada o al bar, in chiesa a biascicare qualche preghiera o a fare la spesa a portare a spasso i nipoti e a sfaccendare a casa. Ma anche ad affollare gli ambulatori medici, a sentirsi ammalato e bisognoso di farmaci di ogni tipo. Alla fine, mi chiedo: Ho conosciuto più di un collega attivissimo in ufficio sino al giorno del pensionamento e a vantarsi di essere stato sempre in salute e rivederlo qualche anno dopo l’ombra di sé stesso, abulico e malfermo sulle gambe. Altri, invece, li ho trovati “rigenerati” e ho scoperto che si sono ritagliati un nuovo lavoro anche se a volte a titolo gratuito. E ho “scoperto” anche un altro aspetto interessante. Essi, per lo più, hanno fatto parte di quella generazione che era alla ricerca di un lavoro, uno qualsiasi per vivere e costruirsi una famiglia e avere dei figli. Non hanno scelto, quindi, un lavoro congeniale alle proprie aspettative ma il primo che il mercato offriva loro, ma non l’hanno amato, ma subito. La pensione a questo punto è diventata l’occasione per fare quella scelta che era mancata in gioventù. Alla fine, mi sono chiesto se l’attuale logica lavorativa e ancor prima l’apprendimento scolastico non siano state delle circostanze devianti sul sentiero delle proprie inclinazioni intellettuali. Penso, ad esempio, al calciatore professionista che a 40 anni deve necessariamente appendere al chiodo i suoi scarpini per sentirsi “un pensionato” ma che potrebbe essere persino “giovane” per altri impieghi. Quanti lavori possono essere la stessa cosa magari a 50 o 55 anni?
Su questa falsariga abbiamo mai considerato un diverso approccio lavorativo con la possibilità di adattare il lavoro all’età e alle proprie inclinazioni? Se lo avessimo fatto non saremmo qui a perderci in lunghe discussioni sull’età pensionabile e quel che ne segue. (Riccardo Alfonso)
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La scelta educativa in Italia e in Europa
Posted by fidest press agency su venerdì, 25 ottobre 2019
Roma Giovedì 14 Novembre 2019 Ore 15.00/18.00 presso Sala Convegni USMI-CISM Via Zanardelli, 32 giornata di studio sulla scuola organizzato dall’USMI e dalla CISM con il patrocinio del Senato della Repubblica. Ore 14.45: Inizio dei lavori a cura di Madre Nicla SPEZZATI asc, per la Presidenza U.S.M.I Nazionale
PRIMA SESSIONE – INTERVENTI
Ore 15.00: Intervento del Presidente del Senato Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI
Ore 15.20: Intervento di Sua Em. Card. Gualtiero BASSETTI, Presidente C.E.I.
Ore 15.40: Intervento di Padre Luigi GAETANI ocd, Presidente C.I.S.M. Nazionale
Ore 16.00: Coffee Break
SECONDA SESSIONE – LAVORO IN ASSEMBLEA
Ore 16.30: Confronto con i componenti del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica presso la C.E.I., che hanno redatto il documento “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa” (2017)
Modera i lavori la giornalista Lorena BIANCHETTI
AGESC – Giancarlo FRARE (Presidente Nazionale)
CDO-FOE – Marco MASI (Presidente Nazionale)
CISM – Don Roberto DAL MOLIN (Delegato scuola nel Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica)
CONFAP – Suor Lauretta VALENTE (delegata CONFAP nel Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica)
FIDAE – Virginia KALADICH (Presidente Nazionale)
FISM – Luigi MORGANO (Segretario Generale)
Ore 17.30: Conclusioni e Prospettive di Lavoro a cura di sr Anna Monia ALFIERI, im
(Delegata U.S.M.I. Nazionale nel Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica)
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Governo, Meloni a il Messaggero: L’unica scelta possibile è voto subito
Posted by fidest press agency su domenica, 21 luglio 2019
«Non credo che Salvini abbia paura del voto ma del non voto. Siccome la certezza di andare alle urne non c’è e la decisione non dipende da lui, teme che ci possano essere delle alternative. Comprendo la sua prudenza ma penso che occorra andare subito a votare. In caso di elezioni, avremo una maggioranza eletta dagli italiani, compatta e schiacciante. Gli scenari alternativi al voto sono tutti preoccupanti e sono tre: il primo è che resti questo governo che non può dare risposte ai problemi. Il secondo è un governo Pd-m5s e il terzo addirittura un governo tecnico sostenuto da una sorta di patto del nazareno allargato ai grillini. La versione italiana dell’alleanza che ha votato la Van Der Leyen. Quello schema è quanto di più lontano possa esserci dalla volontà popolare degli italiani». Lo ha detto in una intervista al Messaggero il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
le elezioni subito «Farebbero chiarezza. Bisogna votare, fare una legge di bilancio targata Lega e FdI, che dia risposte ai problemi economici del Paese, tagliando le tasse e dicendo basta alla fregature modello reddito di cittadinanza. Noi e la Lega da soli abbiamo già una maggioranza importante. E con Forza Italia restano molte cose da chiarire. Il Patto del Nazareno europeo conferma tutte le nostre preoccupazioni su quel partito che ha sostanzialmente sostenuto uno del Pd alla guida dell’Europarlamento», ha spiegato Meloni.
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Centralità del pediatra di libera scelta nella cura del bambino e dell’adolescente
Posted by fidest press agency su giovedì, 24 gennaio 2019
Si chiede: il prolungamento dell’assistenza sanitaria pediatrica sino alla maggiore età, vantaggi derivanti dall’impiego di personale di studio, applicazione e rispetto delle norme contenute negli accordi collettivi nazionali come segno di affidabilità della controparte amministrativa e politica. Sono questi i principali spunti, e allo stesso tempo le richieste messe sul tavolo dai pediatri di famiglia, emersi dal convegno “I pediatri e le sfide del nuovo millennio: denatalità e organizzazione sanitaria”, organizzato dalla sezione regionale Puglia di Simpef – Sindacato Medici Pediatri di Famiglia nel weekend a Bari.
Durante i lavori, che hanno affrontato il tema denatalità e le sue ripercussioni sul sistema delle cure pediatriche, il dibattito tra pediatri di libera scelta, clinici, esperti e decisori politici regionali e nazionali ha fatto emergere alcune proposte che Rinaldo Missaglia, Segretario nazionale Simpef illustra. “In primo luogo – premette il Segretario – è opportuno ricordare come da anni non si sottoscrivono convenzioni rinnovate, nel senso di un adeguamento alle radicalmente mutate condizioni sociali e sanitarie dell’infanzia e dell’adolescenza, ma non solo. Intere parti di sostanza degli Accordi collettivi nazionali vigenti non sono ancora applicate o sono unilateralmente ed improvvidamente disattese dalle amministrazioni regionali. Inoltre, l’ultimo accordo, siglato pochi mesi fa, è scaduto il 31 dicembre; siamo nuovamente in una situazione di vacatio. Ed è per questo che, con grande senso di responsabilità civile oltre che professionale, ci rivolgiamo al rinnovato Comitato di Settore Sanità perché si attivi per avviare le procedure per la riapertura del tavolo di discussione, indicando a SISAC – Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati, nella sua eventualmente rinnovata composizione, di procedere alla relativa convocazione, quanto mai opportuna.”Venendo quindi alle proposte, Missaglia chiarisce: “È sotto gli occhi di tutti, la montante criticità della fase di vita adolescenziale, stretta tra un crescente complesso di inadeguatezza, ansia, ma anche de-responsabilizzazione delle figure adulte di riferimento, compresi i genitori, e stili e condizioni di vita inappropriati, dalla sedentarietà all’abuso di quanto le moderne tecnologie di comunicazione mettono a disposizione. In questa situazione, oggi il ragazzo è di fatto, assistenzialmente, ‘abbandonato a sé stesso’. Andrebbe accolta e perseguita la disponibilità dei pediatri di famiglia ad assicurare la propria competenza assistenziale a tutti gli assistibili, fino al compimento della maggiore età posta, sia scientificamente sia legalmente, al diciottesimo anno di vita. In questo modo si garantirebbero, in maniera appropriata, le cure necessarie in un’età socio-sanitariamente problematica.” Secondo il Segretario nazionale Simpef: “Sotto questo punto di vista, la figura e il ruolo del pediatra, considerato dalle famiglie un punto fermo nella cura e nell’assistenza, sono fondamentali e la nostra attività professionale dovrebbe essere sostenuta e ampliata. Occorrerebbe migliorare e rendere maggiormente efficiente la presa in carico dei piccoli assistibili, grazie soprattutto alla messa a loro disposizione di pediatri di libera scelta che possano avvalersi dell’opera di collaboratori di studio infermieristici ed amministrativi per lo svolgimento della propria attività professionale.” “Nel corso dell’incontro di Bari – conclude Missaglia – su questi temi sono stati sensibilizzati tanto rappresentanti della società civile, di authority a tutela dell’infanzia e adolescenza quanto autorevoli esponenti delle Istituzioni parlamentari, quali l’On. Francesca Galizia e il Sen. Ubaldo Pagano. Tutti hanno condiviso la necessità di approfondire queste problematiche al fine di ottenerne l’opportuna risoluzione. Ci auguriamo che alle parole seguano fatti concreti.”
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Il lavoro part-time? Sì, ma non per scelta
Posted by fidest press agency su martedì, 4 dicembre 2018
Milano. Un tempo il part-time era salutato come una vera manna dal cielo. Era così per la commessa, per la segretaria o per l’operaia che, non volendo trascurare i figli, non desideravano però nemmeno dire addio al mondo del lavoro e a un’entrata fissa. Di certo, però, il part-time non presenta dei vantaggi solo per le madri di famiglia: anche studenti e studentesse possono godere di questo particolare contratto, per pagarsi gli studi universitari e arrivare alla tanto sudata laurea, senza pesare sulle spalle dei genitori.Insomma, a prima vista il part-time sembrerebbe la soluzione giusta per molti, moltissimi lavoratori, i quali avrebbero tante buone ragioni per ambire a questo contratto. Purtroppo, però, non è così.«Nella maggior parte dei casi non è la disponibilità di maggior tempo libero a spingere gli italiani ad abbracciare il part time» spiega Carola Adami, CEO della società di ricerca e selezione del personale Adami&Associati «quanto invece la difficoltà nel trovare un lavoro a tempo pieno».Il contratto a tempo parziale, dunque, sembra aver perso la sua patina originale, per diventare invece un vero e proprio ripiego, del quale è più facile vedere gli svantaggi che i benefici.I numeri Eurostat del resto parlano chiaro: guardando ai dati del 2017, il 63,5% dei lavoratori part-time tra i 15 e i 64 anni ha dichiarato di aver accettato questo contratto per l’impossibilità di trovare un contratto full-time.Certo, questa fetta è diminuita di quasi 2 punti percentuali rispetto al 2016, ma resta pur sempre di molto maggiore rispetto allo stesso dato del 2008: prima della crisi, infatti, il part-time era una scelta ‘obbligata’ e non voluta dal 41,3% degli intervistati. In Europa, attualmente, solo Grecia e Cipro hanno percentuali maggiori, laddove la media dei Paesi UE si ferma al 26,4%.Lontanissima la Germania, dove solo l’11,3% degli intervistati ha accettato un part-time come ripiego. Quel che è certo è che il part-time, in Italia, non viene utilizzato per continuare gli studi: solo il 2,1% degli intervistati spiega il proprio lavorare a tempo parziale come espediente per proseguire il proprio percorso educativo, mentre nel Regno Unito si parla invece di 6 volte tanto, con una percentuale del 12,9%.«Va peraltro sottolineato il fatto per cui l’Italia, tra tutti i membri UE, è anche il Paese in cui i lavoratori part-time sono cresciuti di più negli ultimi anni: si parla infatti di quasi 10 punti in più percentuali tra il 2002 e il 2015» ha spiegato Adami.In un contesto in cui il part-time, sia orizzontale che verticale, viene utilizzato come ripiego, in un frangente in cui la correlazione tra tempo parziale e precariato si fa sempre più accentuata, questo fenomeno non deve passare inosservato. Tutto questo accade del resto mentre determinate aziende continuano a concedere malvolentieri il part-time.«Per questioni puramente organizzative le realtà del manifatturiero e le piccole aziende non sono portate a concedere i part-time ai propri dipendenti, laddove invece il tempo parziale è molto comune nel pubblico» ha evidenziato infine la Adami. (fonte:
ComunicatiStampa.net)
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Il cocomero: per sceglierlo gratta e bussa
Posted by fidest press agency su domenica, 8 luglio 2018
Appartiene alla famiglia delle zucche ed è forse il più caratteristico frutto di stagione. Parliamo del cocomero noto fin dall’antichità, addirittura dal periodo preistorico. Sicuramente il cocomero era mangiato dagli egiziani più di 4000 anni fa. Ne parliamo perche’ il caldo di questi giorni induce ad una maggiore perdita di acqua e sali minerali che devono essere reintegrati. Il cocomero, o anguria, e’ praticamente una bibita, contiene, infatti, il 95% d’acqua e per questo in alcune regioni d’Europa e’ conosciuto come melone d’acqua. Ha un buon contenuto di potassio (che si perde con il sudore) e il sapore dolce e’ dovuto piu’ che agli zuccheri a particolari sostanze aromatiche, il che rende il cocomero un eccellente prodotto per le diete dimagranti, anche perche’ le stesse sostanze aromatiche danno un senso di sazieta’. Insomma mangiare una fetta di cocomero equivale e bere un bicchiere d’acqua. Occorre far attenzione ai semi perche’ contengono
glucosidi che hanno una forte azione purgante, non vanno, quindi, deglutiti interi e tanto meno masticati. Un buon cocomero si riconosce dalla buccia, di color verde scuro o con venature grigie, che alla percussione con le nocche delle dita deve dare un suono “sordo”. Un metodo classico, che si usava tempo, fa era quello di assaggiarne un tassello, una prova concreta insomma, oggi questo non e’ piu’ possibile ma si puo’ ricorrere ad un altro espediente pragmatico: grattare la buccia con l’unghia, se viene via facilmente il cocomero e’ maturo al punto giusto. (Primo Mastrantoni segretario dell’Aduc)
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Polizze mutui: 5 regole per scegliere bene
Posted by fidest press agency su sabato, 1 luglio 2017
L’unica assicurazione obbligatoria quando si sottoscrive un mutuo, è bene ribadirlo, è quella contro il caso di scoppio e incendio. Nonostante questo molti istituti, prima della firma, propongono al cliente la sottoscrizione di altre coperture che, se non valutate corettamente possono far salire inutilmente il costo della pratica, fino ad aumentare anche del 12% il costo che il mutuatario deve sostenere. Per questo motivo Facile.it, in collaborazione con l’esperto di mutui Umberto Stivala, ha creato un breve vademecum che consenta, a chi sta per sottoscrivere un mutuo, di muoversi con cognizione di causa fra le varie proposte.
1) Come prima cosa è bene conoscere le sigle e capire a cosa corrispondono.
Il mondo delle assicurazioni legate ai mutui ha molte, forse troppe sigle. Cosa stanno a significare gli acronimi che con assoluta leggerezza alcuni funzionari di banca snocciolano davanti ai clienti? Vediamolo assieme. Le più comuni sono senza dubbio TCM, CPI, ITP, ITT, PI ed RO che, nell’rdine vogliono dire: Temporanea Caso Morte, Creditor Protection Insurance o Assicurazione per la Protezione del Creditore, Invalidità Totale Permanente, Invalidità Totale Temporanea, Perdita Impiego e Ricovero Ospedaliero. Queste, come detto le più diffuse e proposte, ma per queste come per le altre vale la regola del buon senso; se non sapete di cosa vi stanno parlando, chiedete fino a che non lo capirete perché, nel caso, a pagare il premio sarete comunque voi.
2) Prodotti diversi hanno regole, e modalità di utilizzo, diverse.
Tutti i prodotti che vi abbiamo elencato si differenziano tra loro per coperture, durata e nidalità di pagamento del premio così come, peraltro, anche lo stesso tipo di assicurazione può variare in questi parametri da un proponente all’altro. Ricordatevi che se anche volete acquistare una copertura, non siete obbligati a prendere quella che vi propone l’istituto con cui voi state sottoscrivendo il mutuo; se ritenete più adatto alle vostre esigenze il prodotto offerto da un’altra compagnia potete comprarlo e unirlo alla vostra pratica di finanziamento, mentre la Banca con cui state attivando il mutuo non potrà rifiutarsi di accettare l’assicurazione sottoscritta altrove.
3) A cosa prestare attenzione nel ramo vita
Nel momento in cui la polizza che state associando al vostro mutuo è derivante dal cosiddetto ramo vita, verificate con attenzione se il capitale ad essa collegato sia costante o decrescente nel tempo e se l’indennizzo copre il solo caso di morte per infortunio o, invece, anche quello di decesso conseguente a malattia. Considerate anche che, ove la polizza non fosse collettiva e quindi identica per qualunque tipologia di cliente, il costo potrebbe variare notevolmente al variare dell’età del sottoscrivente.
4) A cosa prestare attenzione nel ramo danni
Quando consideriamo coperture aggiuntive che rientrano nel cosiddetto ramo danni, la vera discriminante da considerare è la professione di chi sta stipulando il mutuo. Se si è lavoratori automoni o dipendenti pubblici, la scelta migliore è quella di associare al finanziamento una assicurazione di Invalidità Totale Permanente o Temporanea; se si è dipendenti privati può essere molto utile unire al mutuo anche una polizza contro la perdita dell’ impiego mentre, se si è già in pensione o, anche, non si lavora affatto, bene includere la polizza detta di Ricovero Ospedaliero.
Fatta questa doverosa permessa, è bene comunque capire, per ogni categoria, in quali casi l’assicurazione pagherà e per quanto tempo. Se si considera la copertura contro la perdita dell’impiego, ad esempio, le assicurazioni garantiscono il pagamento della rata per un periodo compreso fra i 12 e i 36 mesi, ma potrebbero rifiutarsi di corrispondere quanto dovuto, se esplicitamente scritto nel contratto, in caso di cassa integrazione o messa in mobilità.
5) Spacchettare può fare risparmiare
Alla luce di quanto sopra è bene capire se l’assicurazione permette di “spacchettare” le coperture in funzione della tipologia d’impiego e/o dell’incidenza del reddito dei richiedenti. Ad esempio, considerando il caso di una coppia di cointestatari in cui il marito è un dipendente privato con reddito mensile di 2.500 euro, la moglie dipendente pubblica con reddito mensile di 1.400 euro, si potrebbe risparmiare e contestualmente avere delle coperture coerenti andando ad assicurare la Perdita Impiego per il marito e una Invalidità Totale Permanente per la moglie; si potrebbe anche valutare di assicurare per un importo maggiore il marito, che ha reddito più consistente e per cui la mancata produzione di reddito avrebbe più impatto sull’economia della famiglia. Insomma, prima di firmare, informatevi bene e scegliete responsabilmente. (foto: casa) (fonte: Facile.it S.p.A.)
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Omeopatia al primo posto nella scelta degli italiani
Posted by fidest press agency su sabato, 11 febbraio 2017
Oltre un italiano su 5 (il 21,2% della popolazione) fa uso di Medicinali Non Convenzionali (con un +6,7% rispetto al 2012) e l’omeopatia risulta essere la cura alternativa più diffusa. Quando si decide infatti di non affidarsi alla medicina tradizionale, ci si orienta prima di tutto all’omeopatia (76,1%), seguita dalla fitoterapia (con il 58,7%), l’osteopatia (44,8%), l’agopuntura (29,6%) e, infine, la chiropratica (20,4%).I dati del Rapporto Italia 2017 di Eurispes – rilanciati oggi da AMIOT, l’Associazione Medica Italiana di Omotossicologia – sottolineano una crescita esponenziale che si allinea con i trend europei di diffusione delle Medicine Non Convenzionali. L’aumento della fiducia nei confronti delle cure alternative è stato tale che se si fa un raffronto con i dati storici si scopre che in questi anni sono più che raddoppiati: oggi scelgono, infatti, le Medicinali Non Convenzionali ben 12.861.000 di cittadini, mentre nel 2000 erano poco più di 6 milioni.Il rapporto offre uno spaccato sui comportamenti, gli usi e le tendenze degli italiani nei confronti di un settore che, nonostante la crisi, continua a crescere ed essere utilizzato sempre di più da parte dagli italiani.
“Come rilevato dal rapporto Eurispes l’incremento del ricorso alle Medicine Non Convenzionali è un dato assodato a livello nazionale grazie a una presa di responsabilità sempre più rilevante delle famiglie e degli individui sul proprio stato di salute, all’autodeterminazione della scelta terapeutica, ma soprattutto a modalità relazionali medico/paziente più sensibili alle esigenze del paziente”, ha commentato il Dr. Marco Del Prete, a nome dell’AMIOT – Associazione Medica Italiana di Omotossicologia. “E’ stata recentemente pubblicata la nuova edizione del nuovo volume ‘Low Dose Medicine. Omeopatia e Omotossicologia. Le prove scientifiche’, edito da GUNA Editore, che permette di far conoscere l’efficacia terapeutica dei medicinali non convenzionali sia agli addetti ai lavori sia a coloro che vogliano documentarsi su un argomento di stretta attualità e di interesse pubblico sempre maggiore”, ha concluso Del Prete.
L’Italia, quindi, con questo dato rientra a buon titolo tra i Paesi Europei che hanno maggiormente sviluppato nella popolazione questa consapevolezza: secondo i dati del Consorzio UE CAMbrella, in Europa, non meno di 100 milioni di persone fanno regolarmente uso di prestazioni sanitarie di Medicine Non Convenzionali a livello preventivo e curativo.Dalla ricerca, infine, emerge un altro dato interessante che è quello che riguarda la ricerca delle informazioni che conferma il primato della Rete (con il 47,7%) come mezzo di ricerca sui disturbi della salute: più di tutti (col 64,4%) sono i giovani tra i 18 e i 24 anni a consultare Internet per risolvere i dubbi su questo argomento: soprattutto per capire a che cosa siano dovuti i sintomi/disturbi che si avvertono (91,5%), ma anche sulle buone pratiche/abitudini utili alla salute (79,9%). Il 50,7% usa internet per capire quali esami fare e il 47,4% invece per capire quali farmaci assumere per il proprio disturbo.
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Piario: chiusura punto nascita: scelta assurda
Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 dicembre 2016
“Chiudere il punto nascita di Piario è una decisione politica assurda ed è vergognoso che sia stata tenuta segreta fino a dopo il referendum, dopo mesi di promesse alla montagna. Questa è una delle tante decisioni centraliste del governo PD, che sarebbero state aggravate da una vittoria del sì. Ora i vari esponenti PD e NCD della Val Seriana non vengano a raccontarci che chiudono i battenti per questioni di sicurezza. Sono balle: grazie al loro governo, a decine di futuri genitori dell’Alta Val Seriana e della Val di Scalve toccherà mettersi in macchina, anche in inverno con le strade ghiacciate, e sperare di raggiungere in tempo e senza incidenti Alzano. Nei prossimi giorni dobbiamo organizzare una mobilitazione popolare e chiedere a Maroni che intervenga in tutte le sedi possibili per evitare questa vergogna. Per chi ci governa, la montagna è all’ultimo posto, luoghi sperduti sulla mappa, e non comunità di persone che hanno bisogno di servizi, ma valgono solo quando c’è bisogno dei voti. Capelli e Scandella hanno dimostrato la loro totale inadeguatezza a farsi portavoce presso il loro governo dei bisogni di chi vive la montagna bergamasca”, così Dario Violi, consigliere regionale del M5S Lombardia, sulla chiusura del punto nascita di Piario.
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Parto in casa: è una scelta rischiosa
Posted by fidest press agency su mercoledì, 14 dicembre 2016
Sono in aumento le donne che decidono di partorire in casa. Una scelta, secondo la Società Italiana di Neonatologia (SIN), che mette a rischio la salute del bambino e della mamma, discussa durante l’ultimo Congresso Nazionale della SIN. Anche se la percentuale è ancora molto bassa rispetto al totale dei neonati (0,1%) la tendenza è in crescita e lo scorso anno si stima siano venuti alla luce tra le mura domestiche circa 500 bambini. Un numero senza dubbio inferiore a quello reale e approssimativo, difficile da determinare per mancanza di dati completi e a cui vanno aggiunti anche le nascite “clandestine”, i bambini di donne di altre etnie, come i Rom, che tradizionalmente partoriscono presso le proprie dimore, donne non in regola con il permesso di soggiorno, ecc.
La maggior parte delle donne sane ha un parto fisiologico e una gravidanza a termine senza problemi, pertanto la gran parte delle nascite potrebbe realizzarsi senza la necessità di interventi medici. C’è sempre però da considerare il fattore rischio. Anche nelle condizioni ideali non è possibile escludere, con assoluta certezza, la possibilità che si presentino delle complicazioni, che metterebbero a rischio la salute di mamma e bambino e che implicherebbero, nel caso del parto a domicilio, un necessario ed immediato trasferimento in ospedale, anch’esso di per sé rischioso. Il trasferimento è un evento particolarmente frequente nelle nullipare con un’incidenza di circa il 40%, meno frequente nelle pluripare (10%). Occorre anche considerare che per quanto il rischio assoluto possa essere basso, per il parto in casa è prevista una variabile associata ad un aumentato rischio di patologie neonatali, se confrontato con parto programmato in ospedale.
Tra le ragioni che spingono a scegliere di partorire in casa, c’è il fatto che l’ambiente domestico è sentito dalla donna come più intimo e confortevole, rispetto a quello ospedaliero, trattandosi di un evento naturale come la nascita. La SIN è da anni impegnata in attività tese a demedicalizzare l’evento parto, per garantire questa “intimità” anche in ospedale così da instaurare sin da subito un contatto tra neonato e genitori. Negli ultimi anni i Centri nascita pubblici e privati hanno fatto grandi passi avanti affinché il parto, sia per la mamma che per il bambino, possa avvenire il più possibile in un ambiente “familiare”, prevedendo la presenza di entrambi i genitori, diminuendo al minimo la permanenza nella struttura sanitaria e mettendo in atto il rooming in.“Il parto è un evento naturale e come tale deve essere vissuto” – afferma la SIN – “condividiamo le ragioni di chi vorrebbe partorire presso la propria casa, ma la situazione del nostro sistema sanitario ci obbliga a sconsigliare vivamente questa scelta. Tra le mura domestiche, infatti, non sono garantite le misure di sicurezza necessarie in caso di problemi che possono subentrare. Ad esempio non c’è una rete capillare di ambulanze e, quando questa è garantita, bisogna fare i conti con la vicinanza e raggiungibilità di Terapie Intensive Neonatali.”
Proprio per questo, in molte aree del mondo, è forte la convinzione che, allo scopo di offrire le migliori
condizioni di sicurezza per la gravida ed il neonato, sia più sicuro partorire in ospedale.Tuttavia, il parto in casa è ancora ampiamente diffuso in diversi paesi come ad esempio l’Olanda in cui, anche con un trend decrescente negli ultimi 10‐15 anni, avviene con una percentuale del 25%.
In Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito diverse associazioni ostetriche e ginecologiche supportano la pratica del parto a domicilio in donne sane, correttamente selezionate, la cui gravidanza siasenza complicazioni ed a basso rischio e se adeguatamente assistite durante il parto. Non ci sono, attualmente, studi definitivi sulla pratica del parto in casa, ma analisi osservazionali che sono
affette da limitazioni metodologiche: piccola dimensione del campione, mancanza di un gruppo di controllo adeguato, difficoltà a distinguere tra parti in casa pianificati e non, l’eterogeneità nelle competenze e nella formazione dell’assistente al parto.
Le donne che vogliono partorire in casa devono essere adeguatamente informate sui rischi e su tutti gli aspetti organizzativi e medici previsti sul loro territorio rispetto ad altre realtà. Risultati derivanti da studi su una specifica popolazione, infatti, non possono essere applicati automaticamente ad altri paesi o regioni, aventi un diverso sistema medico e organizzativo di assistenza alla maternità.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN), come l’American Academy of Pediatrics e l’American College of Obstetricians and Gynecologists, continua a sostenere che l’ospedale è il posto più sicuro dove partorire e ribadisce che partorire in casa espone mamma e neonato a rischi maggiori e imprevedibili. Tuttavia, qualora una donna decida di optare per il parto a domicilio, la SIN fornisce delle indicazioni per
affrontare la nascita nelle condizioni di maggiore sicurezza possibile, sulla base anche dell’organizzazione
sanitaria di riferimento.
1. La donna deve essere correttamente informata sui rischi del parto a domicilio e sulla organizzazione
dello stesso nella città dove intende partorire
2. Deve esservi un presidio ospedaliero attrezzato facilmente raggiungibile
3. Deve essere garantito un trasporto rapido in ospedale per mamma e neonato ad opera di personale
esperto ed addestrato nelle manovre di rianimazione
4. Occorre pre‐Allertare l’Ospedale con Terapia Intensiva Neonatale più vicino
5. La futura mamma deve rivolgersi a un’ostetrica con training appropriato nell’assistenza sia in
ospedale sia a domicilio e che abbia documentata capacità nelle manovre rianimatorie neonatali
6. È necessario garantire al neonato ed alla mamma, nelle ore immediatamente dopo il parto, tutti i controlli necessari e di routine.
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Roma è stata scelta dal programma Cities Changing per il 2017
Posted by fidest press agency su venerdì, 2 dicembre 2016
È Roma la metropoli scelta per il 2017 dal programma Cities Changing Diabetes®. E’ l’iniziativa realizzata in partnership tra University College London (UCL) e il danese Steno Diabetes Center con il contributo di Novo Nordisk che coinvolge Istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore, con l’obiettivo di evidenziare il legame fra il diabete e le città e promuovere iniziative per salvaguardare la salute dei cittadini e prevenire la malattia.
L’annuncio è stato dato nel corso del convegno “Sustainable cities promoting urban health”, organizzato nella capitale dall’Ambasciata di Danimarca in collaborazione con Ministero della salute, Istituto superiore di sanità, SDU-National Institute of Public Health di Danimarca, ANCI-Associazione nazionale comuni italiani, Health City Institute, Danish Healthy Cities network, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei ministri. “Nel 1960 un terzo della popolazione mondiale viveva nelle città. Oggi si tratta di più della metà e nel 2050 sarà il 70 per cento. Allo stesso tempo, circa 400 milioni di persone soffrono di diabete e si prevede un aumento fino a 600 milioni nel 2035”, dice Erik Vilstrup Lorenzen, Ambasciatore di Danimarca. Il compito è chiaro: per combattere il diabete è necessario aumentare l’attenzione sulla salute e sullo sviluppo urbano in modo da creare ‘città vivibili’. In breve, dobbiamo creare un ambiente urbano che promuova la salute come una parte fondamentale dell’infrastruttura e delle funzioni delle città. In Danimarca, soprattutto a Copenaghen, abbiamo un’ampia esperienza nel rendere la città più vivibile con una particolare attenzione sulla bicicletta come metodo di trasporto per incoraggiare l’attività fisica. Nella sola città di Copenaghen ci sono oltre 360 chilometri di piste ciclabili. Ma favorire la viabilità ciclistica costituisce solo una parte di un approccio multidisciplinare che coinvolge molti stakeholder: la società civile, l’ente di edilizia residenziale pubblica, la scuola, le associazioni di pazienti e tanti altri. Copenaghen riconosce le sfide della salute urbana e ha investito nella necessità di creare ambienti fisici positivi che incoraggiano attivamente il miglioramento della salute e il benessere. A Copenaghen, la salute pubblica costituisce una responsabilità condivisa dell’intera città, e tutte le amministrazioni lavorano per il sostegno della salute e la riduzione dell’ineguaglianza salutare. Tutto ciò coinvolge la pianificazione urbana, ma anche gli asili nido, i programmi doposcuola e le aree sociali e dell’occupazione. Le politiche e le pianificazioni locali e nazionali (educazione, lavoro e settore residenziale inclusi), sono riconosciuti come elementi prioritari nella promozione della salute”. Oltre 3 miliardi di persone nel mondo vivono oggi in città metropolitane e megalopoli: Tokyo ha 37 milioni di abitanti, Nuova Delhi 22 milioni, Città del Messico 20 milioni. 10 anni fa, per la prima volta nella storia dell’Umanità, la popolazione mondiale residente in aree urbane ha superato la soglia del 50% e questa percentuale è in crescita, come indicano le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2030, 6 persone su 10 vivranno nei grandi agglomerati urbani, nel 2050 7 su 10. “Questa è una tendenza che, di fatto, negli ultimi 50 anni sta cambiando il volto del nostro Pianeta e che va valutata in tutta la sua complessità. Grandi masse di persone si concentrano nelle grandi città, attratte dal miraggio del benessere, dell’occupazione e di una qualità di vita differente, e la popolazione urbana mondiale, soprattutto nei Paesi medio-piccoli cresce anno dopo anno”, spiega Andrea Lenzi, coordinatore di Health City Institute, gruppo di esperti che ha recentemente messo a punto il manifesto “La Salute nelle città: bene comune”, per offrire a istituzioni e amministrazioni locali spunti di riflessione per guidarle nello studio dei determinanti della salute nei contesti urbani. Che aspetto avrà dunque il pianeta Terra nel 2050? Come si evolveranno le nostre città? Saranno in grado i governi di rispondere alla crescente domanda di salute? Dobbiamo, infatti, prendere atto che si tratta di un fenomeno sociale inarrestabile e una tendenza irreversibile, che va amministrata ed anche studiata sotto numerosi punti di vista quali l’assetto urbanistico, i trasporti, il contesto industriale e occupazionale e soprattutto la salute. “Le città stesse ed il loro modello di sviluppo sono oggi in prima linea nella lotta contro le criticità connesse al crescente inurbamento e, ovviamente, la salute pubblica occupa fra queste un posto di primaria importanza”, afferma Enzo Bianco, Presidente del Consiglio Nazionale dell’ANCI e Sindaco di Catania. Un filo sottile ma evidente lega il fenomeno dell’inurbamento alla crescita di malattie come il diabete. Esiste infatti una suscettibilità genetica a sviluppare questa malattia, a cui si associano fattori ambientali legati allo stile di vita.Oggi sappiamo che vive nelle città il 64% delle persone con diabete, l’equivalente di circa 246 milioni di abitanti, e anche questo numero è destinato a crescere. Inoltre, la maggior parte di loro – l’80% circa – vive in Paesi a basso-medio reddito, dove gli agglomerati urbani si espandono più rapidamente. Il vivere in città è associato ad un peggioramento dello stile di vita: questo rappresenta un fattore chiave dell’aumento di questa e delle altre malattie non trasmissibili – cardiovascolari, obesità, disturbi broncopolmonari, tumori – e studi internazionali evidenziano la connessione fra stile di vita degli abitanti delle aree urbane e prevalenza del diabete.“Ciò significa che nel definire le politiche di lotta a questa malattia si deve tenere conto del contesto urbano in cui essa si manifesta: risulta fondamentale pianificare lo sviluppo e l’espansione delle città in ottica di prevenzione delle malattie croniche, per incoraggiare stili di vita salutari. I dati evidenziano come città che non considerano questi aspetti nell’urbanizzazione finiscano per contribuire alla crescita di patologie croniche, e questa situazione può diventare esplosiva dal punto di vista sanitario soprattutto nelle megalopoli. Vivere in città aumenta da 2 a 5 volte il rischio di sviluppare il diabete”, aggiunge Lenzi.
“L’inurbamento e la configurazione attuale delle città offrono per la salute pubblica e individuale tanti rischi, ma anche opportunità da sfruttare con un’amministrazione cosciente e oculata”, osserva Roberto Pella, Vicepresidente Anci e Presidente Confederazione Città e Municipalità UE. “Ciò può avvenire attraverso un’analisi preventiva dei determinanti sociali, economici e ambientali e dei fattori di rischio che hanno un impatto sulla salute”, prosegue.La principale arma di prevenzione a nostra disposizione, dunque, è eliminare o comunque modificare questi fattori. Per questo motivo Steno Diabetes Center, University College London (UCL) e Novo Nordisk hanno dato vita nel 2014 a Cities Changing Diabetes®.“Il programma non nasce con lo scopo di sostituirsi o di soppiantare il considerevole lavoro già in atto, in tutto il mondo, per affrontare il tema del diabete nelle città. Specialisti, accademici, istituzioni e comunità conoscono molto bene il problema”, chiarisce Federico Serra, Government Affairs and External Relations Director di Novo Nordisk Italia. “L’obiettivo è di dar vita a un movimento di collaborazione internazionale in grado di unire le forze per proporre e trovare attraverso l’analisi delle best practice soluzioni per affrontare il crescente numero di persone con diabete e obesità nel mondo, e il conseguente onere economico e sociale, partendo dal tessuto e dal vissuto urbano che tanta parte sembra avere in questo fenomeno”, dice ancora.Il programma Cities Changing Diabetes® ha visto in questi primi anni il coinvolgimento di sette grandi città: Houston, Copenhagen, Tianjin, Shanghai, Vancouver, Johannesbourg e Città del Messico. Nel 2017 sarà la volta di Roma. “In queste città i ricercatori elaborano dati e svolgono ricerche per identificare chiaramente lo scenario e capire le aree di vulnerabilità. Inoltre, si cerca di comprendere i bisogni insoddisfatti delle persone con diabete, di identificare le politiche di prevenzione, oltre a comprendere come migliorare la rete di assistenza. In ultima analisi, si vuole individuare e comprendere, tramite case studies, come certi ambienti urbani favoriscano l’insorgenza del diabete di tipo 2 e le sue complicanze”, conclude Serra.
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I bond dei Paesi periferici: la scelta più efficiente in un mondo di rendimenti bassi
Posted by fidest press agency su giovedì, 23 giugno 2016
A cura di Yuchen Xia, Portfolio Manager in MoneyFarm. Diciassette anni dopo l’adozione della moneta unica, permangono ancora notevoli differenze tra i Paesi che hanno deciso di fare dell’euro la loro nuova valuta, divisi sostanzialmente tra un nord Europa economicamente stabile e un sud indebitato che a stento riesce a crescere. Mentre le nazioni del nord come la Germania o la Francia possono giovarsi dell’avanzo delle partite correnti, un basso tasso di disoccupazione e un’economia solida, quelle dell’Europa periferica come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo soffrono tutte di notevoli deficit e di una grossa fetta di popolazione senza occupazione, priva di risorse economiche, quindi risparmi su cui poter contare.Nei mercati finanziari queste divisioni sono rese ancora più visibili dalla differenza nei tassi di interesse che i diversi governi riservano a chi presta loro denaro. Mentre in Germania i tassi sul debito pubblico si aggirano intorno al livello record dello 0%, in Italia si arriva all’1,43% e in Spagna all’1,47%. La Grecia ha raggiunto tassi pari al 18% durante la crisi del debito greco, per poi scendere fino al 7,6% (ancora molto alti se comparati alla Germania).Naturalmente questi tassi così elevati rispetto ai titoli di stato tedeschi, non fanno che riflettere l’alto rischio che caratterizza gli investimenti in aree economiche periferiche.In un mondo di tassi bassi i Titoli di Stato dei Paesi periferici diventano sempre più popolari.
Nonostante l’elevato grado di rischio a cui si va incontro con i titoli di stato dei periferici, gli investitori vedono nel “sud Europa” il giusto equilibrio tra rischio e rendimento se comparato ad altre asset class.
Nulla di sorprendente in realtà. Fino all’ultimo trimestre del 2015, il debole tasso di crescita, il clima di incertezza geopolitica e le politiche monetarie delle banche centrali mondiali, hanno alimentato tra gli investitori la ricerca di soluzioni in grado di generare rendimenti, di asset sicuri, di investimenti di lungo termine e titoli di stato di qualità.A marzo 2016 la BCE ha deciso di estendere il programma di quantitative easing tagliando ancora di piu’ i tassi, portando gli acquisti mensili dei titoli di Stato da 60 a 80 miliardi e inserendo nel piano anche i corporate bond (i bond denominati in euro emessi da società non finanziarie).
In particolare, per il 2016 l’offerta di nuovi titoli di stato governativi nell’Eurozona dovrebbe attestarsi secondo le stime intorno ai 744 miliardi di euro (meno dei 790 miliardi del 2015), e gli acquisti della BCE potrebbero superare le nuove emissioni, aggiungendo quindi una ulteriore pressione sui rendimenti di titoli di stato come ad esempio quelli dei bund tedeschi.
La BCE non è l’unica banca centrale ad aver adottato un piano di QE per favorire la ripresa della crescita economica, così circa un terzo degli esistenti titoli governativi dell’Eurozona ha già tassi negativi, per un ammontare pari a 10 trilioni di dollari. In questo caso gli investitori che comprano titoli governativi a tassi negativi sanno che portarli a scadenza significa andare in contro ad una perdita, per questo sperano in un profitto dato dalla vendita ad un prezzo più alto o scommettono in genere su movimenti valutari favorevoli.
MoneyFarm SIM S.p.A è una società indipendente di servizi finanziari – iscritta all’Albo Consob n. 281 e al Fondo Nazionale di Garanzia n. SIM 0429. Ad agosto 2012, la SIM è sbarcata sul web con MoneyFarm.com, aprendo la strada alla consulenza indipendente via Internet nel mercato italiano. La società guidata da Paolo Galvani e Giovanni Daprà può contare su un team di 35 professionisti di qualificato background e su oltre 50.000 utenti attivi. La mission di MoneyFarm è quella di permettere alle persone di gestire i propri soldi in maniera semplice ed efficiente e offre un servizio unico in Europa che propone la consulenza personalizzata su ETF e l’attività di trading. (foto: grafico)
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Gigi D’Alessio affida a Soundreef la raccolta dei suoi diritti d’autore
Posted by fidest press agency su domenica, 29 Maggio 2016
Il cantautore Gigi D’Alessio lascia SIAE (Società Italiana Autori Editori) e si affida a Soundreef per la raccolta dei suoi diritti d’autore. L’accordo è stato firmato oggi tra lo stesso cantante e l’amministratore delegato di Soundreef, Davide D’Atri. D’Alessio, forte di 20 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e con un repertorio di circa 750 brani (uno dei più grandi della discografia italiana) ha incaricato di riscuotere dall’1 gennaio 2017 i suoi proventi musicali Soundreef, una delle prime società in Europa ad essere riconosciuta dal Governo inglese ai sensi della nuova Direttiva.“Siamo felicissimi – commenta Davide D’Atri, fondatore e amministratore delegato di Soundreef – per l’arrivo di Gigi e questo ci testimonia che siamo sulla strada giusta dell’innovazione, e della necessità di cambiare garantendo meglio tutti, soprattutto i più deboli. Con la direttiva Barnier l’Unione Europea ha preso atto della rivoluzione digitale in corso e della conseguente fine dell’era dei pochi monopoli che ancora resistono come quello italiano della SIAE. Credo che presto assisteremo a un effetto domino. Abbiamo tanti contatti in fase avanzata di artisti che hanno espresso la loro volontà di cambiare, esercitando la libertà che la Direttiva riconosce loro”. “Sono sempre attento alle novità – ha detto il cantante partenopeo – e mi sono accostato con curiosità a Soundreef. Ho cercato di capire meglio e mi ha convinto la trasparenza della rendicontazione al contrario di quella Siae che non è analitica e non chiarisce con esattezza da dove arrivano i proventi. Non era per me una scelta facile ma ho creduto nel progetto di questi giovani e credo nel libero mercato. Laddove c’è il monopolio il mercato non cresce. Sono certo – ha concluso Gigi D’Alessio – che tanti altri colleghi ci seguiranno su questa strada”.La direttiva Barnier dell’Unione Europea (n. 26 del 2014) riconosce a tutti gli autori ed editori europei la libertà di scegliere a quale società di gestione dei diritti affidarsi per tutti o taluni diritti ed apre così un mercato, quello sulla gestione ed intermediazione dei diritti d’autore che in Europa vale circa 5 miliardi di euro.
Mentre, tuttavia, in molti Paesi opera più di una società in concorrenza per la gestione dei diritti,in Italia si continua a difendere l’esclusiva che, da oltre 130 anni, la legge accorda alla SIAE, continuando così a limitare da una parte la libertà di autori ed editori e dall’altra quella di impresa.La Direttiva, infatti, nonostante il termine per il suo recepimento sia scaduto lo scorso 10 aprile, nel nostro Paese, è ancora lontana dall’essere recepita.Ed è proprio per sollecitare il recepimento delle disposizioni europee, che Soundreef e oltre 300 fra imprenditori e investitori, nelle scorse settimane, hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Nella missiva sono illustrate le ricadute positive (nuovi posti di lavoro e innovazione del settore) della liberalizzazione e della fine del monopolio SIAE, che favorisce solo “vecchi privilegi e rendite di posizione”. Ciascun autore potrebbe affidare la gestione dei propri diritti d’autore a qualsiasi società autorizzata, a prescindere dal Paese di residenza.
Con l’utilizzo di sistemi digitali si riducono drasticamente i tempi di rendicontazione e pagamento dei compensi per gli autori, dall’attuale media di 12/24 mesi a quella di una o più settimane. Le somme vengono determinate in maniera puntuale e precisa e non forfettaria come previsto dall’attuale sistema utilizzato dalla SIAE. Il 75% dei concertini viene pagato a campione.
La determinazione puntuale e digitale dei compensi favorirebbe soprattutto i giovani autori, che attualmente non riescono a recuperare neppure le quote di iscrizione a SIAE. Il 60% degli iscritti non recupera nemmeno la quota d’iscrizione. Lo statuto della Società Italiana Autori ed Editori, infatti, attribuisce agli iscritti tanti diritti di voto quanti sono gli euro incassati come diritti d’autore. Con questo meccanismo tutte le decisioni (anche quelle sulla ripartizione dei diritti) sono prese dagli autori ‘più ricchi’, obbligando gli emergenti e quindi la maggior parte degli iscritti (80 mila in tutto) a subirne le scelte.
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