Il desiderio più grande degli italiani per il 2023 è quello di investire su se stessi, con corsi di formazione e corsi di aggiornamento per il miglioramento personale. È quanto ha messo alla luce un sondaggio realizzato da Vorrei.it, piattaforma digitale specializzata in servizi per l’immobiliare.Il sondaggio ha chiesto ad oltre millecinquecento italiani di rispondere ad una semplice domanda: “Che cosa vorresti realizzare nel 2023?”. Oltre il 35% degli italiani intervistati ha espresso il desiderio di voler investire su di sé, scegliendo di mettere al primo posto la propria persona dedicando tempo e denaro alla propria formazione.Dopo il primo desiderio, gli italiani hanno espresso la volontà di concludere il percorso di studi intrapreso, con il 18.6%, e di cambiare casa con oltre il 16.7% degli intervistati.Successivamente troviamo il bisogno di cambiare lavoro (15.7%), di andare a vivere all’estero con il 10.8%. Infine il 3.2% degli intervistati vorrebbe cambiare il proprio partner nel corso del 2023.“La scelta di investire su se stessi, per aumentare le proprie conoscenze dimostra quanto le persone siano sempre più consapevoli che oggi sia necessario continuare a formarsi a qualunque età”, ha commentato il sondaggio Ivan Laffranchi, fondatore di Vorrei.it.
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Sondaggio: i desideri degli italiani per il 2023
Posted by fidest press agency su mercoledì, 28 dicembre 2022
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Sondaggio Moneyfarm-Dectech: gli italiani continuano a rimanere lontani dai mercati nonostante la corsa dell’inflazione
Posted by fidest press agency su sabato, 30 luglio 2022
L’attuale contesto di elevata volatilità non aiuta di certo i risparmiatori italiani ad avvicinarsi ai mercati finanziari, nonostante l’impatto significativo che la costante risalita inflattiva avrà sul carovita e sui risparmi. La guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica hanno, infatti, complicato uno scenario già duramente compromesso dalla crisi delle materie prime: il mese di giugno si è chiuso con un incremento su base annua del dato di inflazione del +8%[1], contro il +1,3% dello stesso mese del 2021, superando ampiamente le stime, già poco rosee, degli analisti.Nonostante gli evidenti svantaggi che derivano dal tenere la liquidità ferma sui conti correnti in un periodo in cui il livello dei prezzi è tornato a correre più veloce che mai e nonostante la sempre più ampia gamma di soluzioni di investimento, sia tradizionali che digitali, disponibili sul mercato, la maggioranza degli italiani continua a non investire i propri risparmi.Questo lo sconfortante quadro che emerge da uno studio sul financial wellbeing, il benessere finanziario, condotto sulla popolazione di due Paesi, Italia e Regno Unito, da Moneyfarm, società internazionale di investimento con approccio digitale, insieme a Dectech, società specializzata in studi comportamentali nata alla Warwick University.Le probabilità di scegliere un portafoglio coerente con la propria propensione al rischio e il proprio orizzonte temporale sembrano essere 2,2 volte maggiori per i risparmiatori che investono attraverso soluzioni ibride, cioè che integrano tecnologia e consulenza tradizionale, mettendo un consulente a disposizione del cliente durante tutto il percorso di investimento, rispetto a chi sceglie soluzioni di investimento fai-da-te (il 30% dei primi sceglie il portafoglio consigliato contro solo il 14% dei secondi).Per gli intervistati, i principali ostacoli all’investimento sembrano essere l’insufficienza delle informazioni disponibili sui prodotti finanziari (27%) e la volontà di confrontarsi con un consulente prima di prendere una decisione di investimento (27%). Proprio l’assenza di un rapporto personale diretto con un esperto, in grado di rassicurare i clienti e di migliorare il processo decisionale, rappresenta una delle barriere all’investimento con una piattaforma fai-da-te più frequentemente indicate dagli intervistati (27%), insieme alla rischiosità dei portafogli (18%).Nella scelta di una soluzione di investimento, un ruolo fondamentale è, inevitabilmente, quello giocato dai costi, che vengono indicati dagli intervistati come barriera all’investimento soprattutto con una piattaforma tradizionale (20%), meno con soluzioni ibride (13%) e ancora meno con un servizio fai-da-te (7%). Il miglior rapporto qualità-prezzo si riflette anche sul tasso di finalizzazione degli investimenti, che risulta maggiore quando l’investimento viene effettuato tramite soluzioni ibride (88%) o tramite piattaforme fai-da-te (85%), rispetto alle più costose forme di investimento tradizionali (75%).
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Sondaggio: con la guerra in Ucraina, aumenta il sostegno all’UE
Posted by fidest press agency su sabato, 25 giugno 2022
Quasi due terzi (65%) degli europei vedono favorevolmente l’appartenenza all’UE. Si tratta del risultato più alto dal 2007, quando il dato era al 58%. L’adesione è vista infatti come “una cosa positiva” dalla maggioranza relativa dei cittadini in tutti i paesi, ad eccezione di Grecia e Slovacchia, dove un numero maggiore di intervistati la considera “né una cosa buona né una cattiva”. Rispetto all’ultimo sondaggio Parlemeter del Parlamento condotto alla fine del 2021, i risultati sono aumentati in modo significativo nella maggior parte dei paesi, in particolare in Lituania (+20 punti percentuali), Malta (+12 pp) ed Estonia (+9 pp). Per l’Italia, il 49% ha risposto di avere un’immagine positiva dell’appartenenza all’Unione, con un aumento di 5 punti rispetto al 2021, contro il 10% che ha dato una risposta negativa.Il 52% degli europei oggi ha una percezione positiva dell’UE con un aumento di tre punti rispetto a novembre-dicembre 2021. Si tratta del miglior risultato misurato dai sondaggi del Parlamento europeo dal 2007. Per quanto riguarda i risultati nazionali sull’immagine positiva dell’UE, si va dal 76% in Irlanda al 32% in Grecia. L’Italia si posiziona appena sotto il dato medio, con il 48% di cittadini che ha una percezione positiva dell’UE (+3 pp sul 2021).La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha accolto i risultati commentando: “Con il ritorno della guerra nel nostro continente, gli europei si sentono rassicurati dal far parte dell’Unione europea. I cittadini sono profondamente attaccati alla libertà, sono pronti a difendere i propri valori e si stanno rendendo conto sempre più che la democrazia non può più essere data per scontata.” Gli eventi recenti hanno anche definito la percezione che gli europei hanno di altri importanti attori sulla scena internazionale. La Russia è vista positivamente solo dal 10% degli intervistati, in calo rispetto al 30% del 2018, quando è stata posta l’ultima volta questa domanda. La Cina torna al penultimo posto con il 22% (-14 pp). Al contrario, gli europei hanno un’immagine più positiva del Regno Unito (65%, +1 pp), seguito dagli Stati Uniti con il 58% (+13 pp).La maggior parte dei cittadini percepisce la guerra in Ucraina come un cambiamento fondamentale: il 61% degli europei non è sicuro che la propria vita continuerà come prima, opinione condivisa dal 50% degli italiani. Solo un terzo circa degli intervistati UE (37%) crede resterà tale, mentre in Italia la percentuale di fiducia sale al 49%. Un sondaggio pubblicato la scorsa settimana dalla Commissione europea mostra che otto intervistati su dieci (80%) sono d’accordo nell’imporre sanzioni economiche al governo russo, nonché alle aziende e ai cittadini russi. La maggioranza dei cittadini in 22 Stati membri è soddisfatta della risposta dell’UE all’invasione russa dell’Ucraina.Con l’inflazione e il costo della vita in aumento da molto prima dell’inizio della guerra russa in Ucraina, quattro europei su dieci affermano di subire già un impatto sul proprio tenore di vita (40%). In Italia il dato scende al 33%. Come segno della resilienza e dell’unità europea, il 59% degli europei considera prioritaria la difesa di valori europei comuni, come la libertà e la democrazia, anche se ciò dovesse incidere negativamente sul costo della vita. Questo vale anche per il 55% degli italiani. Le crescenti preoccupazioni economiche si riflettono anche nelle priorità politiche su cui i cittadini vogliono che il Parlamento europeo si concentri: prima viene citata la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (38%), seguita dalla salute pubblica (35%), che è diminuita significativamente di 7 pp negli ultimi sei mesi, e democrazia e stato di diritto (32%), che a sua volta ha subito un aumento significativo di 7 pp. La percezione della guerra e di cosa significhi per l’Unione europea emerge anche nei valori fondamentali dei cittadini che vogliono che il Parlamento europeo difenda in via prioritaria: la democrazia è ancora una volta in cima alla lista, con un aumento di sei punti rispetto all’autunno 2021 (38%, +6pp); per gli italiani il dato sale al 40%. La protezione dei diritti umani nell’UE e nel mondo, così come la libertà di parola e di pensiero, seguono entrambe con il 27%. In Italia, la salute pubblica (47%) e il sostegno all’economia e al mercato del lavoro (43%) sono i temi che più si vorrebbero affrontati dall’istituzione.
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Sondaggio Moneyfarm: cresce l’incertezza degli italiani, controllo delle proprie finanze ancora scarso
Posted by fidest press agency su sabato, 21 Maggio 2022
L’avvento della crisi geopolitica in Europa accresce l’incertezza degli italiani, già messi a dura prova da oltre due anni di pandemia. Moneyfarm, società internazionale di investimento con approccio digitale, ha fotografato la situazione finanziaria degli italiani e indagato il loro rapporto con il risparmio e la finanza personale, con l’obiettivo di identificarne comportamenti più o meno virtuosi che, se riconosciuti, possono anche essere più facilmente adottati o corretti. Lo studio è stato effettuato sulla popolazione dei due Paesi in cui Moneyfarm opera, Italia e Regno Unito, in collaborazione con Dectech, società specializzata in studi comportamentali che fa capo alla Warwick University. Qui ci si concentrerà sulle evidenze emerse dal campione costituito da 1.650 individui maggiorenni residenti in Italia, rappresentativo della popolazione italiana per genere, età, formazione, occupazione, distribuzione geografica e situazione patrimoniale. Circa un terzo della popolazione è in difficoltà e oltre la metà ha dovuto rimandare un acquisto negli ultimi sei mesi Il 27% degli italiani ha dichiarato di non aver dormito di notte almeno una volta negli ultimi sei mesi per problemi legati alla sfera finanziaria. Una preoccupazione che colpisce più significativamente le fasce economicamente più vulnerabili (33% rispetto al 20% degli high affluent), e più spesso gli under 40 (31%) degli over 40 (20%), ma il quadro tutt’altro che roseo è confermato anche da altri dati. Il 19% degli intervistati ha avuto difficoltà o non è riuscito a onorare impegni finanziari essenziali, come l’affitto o i prestiti, e qui spicca il 21% dei giovani under 40 (contro il 14% degli over 40). Al 14% è stato negato l’accesso al credito in seguito a controlli di solvibilità o al merito creditizio, mentre il 17% ha ricevuto l’ultimo avviso per il pagamento delle utenze ripetutamente inevaso. A circa un terzo degli italiani è capitato di terminare i risparmi prima di ricevere lo stipendio, sempre con differenze notevoli tra fasce di popolazione più o meno vulnerabili dal punto di vista economico (33% vs 20%). Si consideri che solo il 28% del campione ha ricevuto un aumento di stipendio o comunque ha visto incrementare in altro modo la sua fonte di reddito principale e qui, oltre alla prevedibile differenza tra individui più e meno vulnerabili finanziariamente (20% vs 34%), vale la pena segnalare che si tratta più spesso di uomini (34%) che di donne (25%) e più spesso di giovani (34%) che di over 40 (23%). Purtroppo sono altrettanti (27%) gli italiani che hanno invece visto diminuire le entrate a causa della perdita del posto di lavoro o della riduzione dell’orario, oppure a causa della riduzione di stipendio, pensione e sussidi. Qui si registrano percentuali superiori tra gli individui più vulnerabili economicamente (33% vs 22%) e leggermente superiori tra gli under 40 (28% vs 24%). Ben il 53% degli italiani negli ultimi sei mesi ha rimandato un acquisto perché non poteva permetterselo. Come logico aspettarsi, emerge in modo più marcato che altrove il divario tra chi è economicamente più fragile (61%) e chi meno (31%), tra under 40 (54%) e over 40 (36%), ma anche tra donne (50%) e uomini (41%): nel complesso donne e giovani sono le categorie che sentono di aver fatto più sacrifici. In questo quadro di difficoltà economiche e controllo ancora piuttosto limitato delle proprie finanze, in particolare da parte delle fasce finanziariamente più vulnerabili della popolazione, vale la pena capire come effettivamente gli italiani gestiscono i loro risparmi. Il 95% degli intervistati ha almeno un conto corrente e/o deposito mentre solo il 58% detiene un qualche tipo di prodotto di investimento. Balza senz’altro all’occhio ancora una volta la differenza tra individui più e meno fragili economicamente, dove solo il 43% dei primi investe, rispetto al 73% di chi ha maggiori disponibilità. Solo il 34% degli intervistati ha ricevuto una consulenza personalizzata da un professionista, percentuale che resta al palo tra chi è finanziariamente più vulnerabile (24% rispetto al 46% registrato tra i meno vulnerabili). Interessante notare anche qui la differenza di genere: gli uomini che investono sono il 41%, le donne si fermano al 33%.Ci sono poi senz’altro abitudini molto utili, ma purtroppo ancora scarsamente diffuse tra gli italiani: informarsi regolarmente su questioni di carattere economico-finanziario (39%), come per esempio l’inflazione o i tassi di interesse, leggere settimanalmente la stampa finanziaria (27%) e ascoltare podcast o guardare video su argomenti economico-finanziari (30%). Si noti che a informarsi di più sono le persone economicamente meno vulnerabili (51% contro il 32% delle fasce che invece ne avrebbero più bisogno a causa della maggiore fragilità economica), e gli uomini (il 52% contro il 34% delle donne). Se infine si prendono in esame coloro che investono i propri risparmi, le percentuali sono molto incoraggianti: il 77% degli investitori si informa settimanalmente su questioni di carattere economico-finanziario, l’87% legge settimanalmente la stampa finanziaria e l’86% ascolta podcast o guarda video su argomenti economico-finanziari. (abstract) fonte: moneyfarm
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Sondaggio Nestlè sul lavoro giovanile
Posted by fidest press agency su sabato, 12 febbraio 2022
Tornare a lavorare in ufficio o continuare a lavorare da casa? Nestlé lo chiede a chi ha meno di 30 anni. La strada da seguire è quella di un modello ibrido che tenga conto della flessibilità e del giusto bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa ma che, allo stesso tempo, faciliti una costante presenza in ufficio, fattore imprescindibile per il futuro del lavoro. Questa richiesta emerge in modo chiarissimo dalla survey “Il futuro del lavoro in Italia” commissionata da Nestlé in Italia a Toluna con l’obiettivo di indagare le preferenze e necessità dei ragazzi e delle ragazze più giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Volendo ascoltare e dare voce a chi ha appena concluso gli studi o a chi ha appena iniziato a lavorare, lo studio riflette sul rinnovato mondo del lavoro raccontando come gli ultimi 2 anni abbiano modificato i modelli organizzativi tradizionali aprendo nuove prospettive per il futuro. In generale, nonostante le preoccupazioni, i giovani hanno dimostrato forte capacità di adattamento alla nuova situazione lavorativa: infatti, il 74% valuta positivamente l’esperienza di lavoro degli ultimi mesi in quanto ha contribuito a favorire la propria autonomia (47%) e ha accelerato l’acquisizione di nuove competenze utili per crescere (44%). È chiaro, non mancano, alcuni aspetti negativi (a cui le aziende dovranno prestare massima attenzione) come la ridotta socializzazione (33%) e la difficoltà di “staccare” dal lavoro e godersi il tempo libero (26%): se da un lato, infatti, lo smart working regala più tempo da dedicare alle proprie attività, dall’altro rischia di portare alla mancanza di un confine netto e necessario tra lavoro e casa, a scapito della sfera privata.Insomma, la prospettiva futura di un modello di lavoro ibrido è la preferita da più della metà degli intervistati (52%), ma circa un terzo dei giovani preferirebbe tornare totalmente in ufficio, riconoscendo i benefici e i vantaggi del lavorare in presenza rispetto al lavorare sempre da casa (12%).Nonostante l’incertezza determinata dalla pandemia, questa apertura al cambiamento ha permesso al Gruppo Nestlé di attivare oltre 203 stage e assumere 566 giovani under 30 nelle diverse sedi italiane. Inoltre, Nestlé nel nostro Paese continua a promuovere progetti per supportare le startup e favorire l’imprenditoria giovanile, in particolare all’interno della filiera agricola. Numeri particolarmente significativi, soprattutto se si considera il periodo che abbiamo attraversato e che dimostrano l’impegno che da sempre Nestlé rivolge alle giovani generazioni, volendo continuare a offrire opportunità concrete di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro attraverso l’iniziativa globale Nestlé Needs YOUth.
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“Dove vivi e dove vorresti vivere”: il sondaggio di Immobiliare.it
Posted by fidest press agency su lunedì, 22 novembre 2021
Nella scelta del luogo in cui vivere concorrono diversi fattori e molto spesso bisogna scendere a compromessi fra le proprie possibilità economiche e i bisogni personali e familiari. Eppure, secondo l’ultimo sondaggio di Immobiliare.it, il portale immobiliare leader in Italia, nel nostro Paese la metà degli abitanti è soddisfatto del luogo in cui vive. A guardare bene però le risposte del panel di 3.000 persone, si nota come un quinto di chi abita nei grandi centri metropolitani andrebbe volentieri a vivere subito in un piccolo paesino ma non il contrario: dai piccoli centri, infatti, soltanto il 12% farebbe a cambio con chi vive in città. Grandi centri urbani (oltre 250.000 abitanti): abitanti soddisfatti ma per un terzo di loro bisognerebbe intervenire subito sul costo delle case ancor prima che sull’inquinamento In una scala da 1 a 5 che misura il livello di gradimento del luogo in cui si vive, nelle grandi città il 52% ha votato fra 4 e 5. La cosa più apprezzata in questo caso sono le pressoché infinite opportunità di scelta di servizi essenziali (per il 39% dei rispondenti), l’offerta culturale (28%) e quella di ristoranti e locali di svago (13%). A piacere meno c’è invece al primo posto il traffico (per il 34% degli intervistati), seguito dallo smog (29%). Ma alla domanda su cosa cambierebbero gli abitanti delle grandi città se potessero, il problema dell’inquinamento diventa secondario rispetto al ben più sentito desiderio del calmieramento dei prezzi degli immobili, prioritario per un terzo dei rispondenti. Il 51% di chi vive in città di medie dimensioni (50.000 – 250.000 abitanti) è felice della sua scelta Se più di un abitante su due di una città di medie dimensioni dichiara che, potendo scegliere senza condizionamenti, vivrebbe comunque in un contesto simile, uno su tre risponde invece che preferirebbe vivere più a contatto con la natura scegliendo quindi un centro più piccolo. Rispetto alla metropoli, la fonte di soddisfazione principale è l’equilibrio tra la disponibilità di servizi e la vivibilità della città (31%). Il traffico è il principale motivo di non gradimento dei centri medi, ma anche in questo caso quando si chiede cosa si cambierebbe, avendone la possibilità, la risposta vira su un altro settore: il 30% dei partecipanti al sondaggio ha infatti dichiarato che amplierebbe la disponibilità di luoghi ricreativi, culturali e sociali. Al secondo posto degli interventi più desiderati si trova il miglioramento della qualità dell’aria (29%) e al terzo l’ampliamento della rete dei trasporti pubblici per contenere il traffico (22,4%). Dalle città più piccole (10.000 – 50.000 abitanti) il 39% si trasferirebbe in un paesino. Nonostante il 47% di chi vive in una città che conta fino a 50.000 abitanti è soddisfatto della sua scelta e non la cambierebbe, c’è un 39% che invece vorrebbe trasferirsi in un centro ancora più piccolo. Soltanto il 14% invece sogna la metropoli. I motivi di maggiore insoddisfazione in questo caso sono legati alla limitata presenza di luoghi ricreativi, culturali e sociali – per il 23% dei cittadini – e all’altrettanto limitata disponibilità di trasporti e servizi (22%). Tra le cose più apprezzate invece spiccano l’assenza di traffico e di inquinamento acustico (30%) e l’ampia disponibilità di spazi verdi (28%). Nei comuni con meno di 10.000 abitanti la soddisfazione è legata al contatto con la natura anche se ai più pesa l’uso obbligatorio dell’auto per raggiungere qualsiasi destinazione. Chi ha scelto la vita tranquilla dei paesini più piccoli è mediamente soddisfatto: infatti il 43%, pur avendone la possibilità, non si sposterebbe altrove. A giustificare questo alto livello di gradimento è principalmente il contatto ravvicinato con la natura, indicato dal 27% dei rispondenti di questa categoria. Un quarto di loro, poi, dichiara di apprezzare di più l’assenza di traffico. Ma, analizzando le risposte, anche in assenza di lunghe code, l’auto resta una nota dolente: il 29% di chi abita in un paesino, infatti, lamenta la necessità di doverla utilizzare per raggiungere qualsiasi destinazione.
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Reumatologia e sondaggio tra i pazienti
Posted by fidest press agency su venerdì, 23 luglio 2021
In Italia sei malati reumatologici su dieci sono soddisfatti di come viene gestita la malattia. Tuttavia il 48% non apprezza come viene trattato il dolore, uno dei sintomi più frequenti e temuti di queste patologie autoimmuni. Inoltre ben il 94% dei pazienti sostiene che è molto impattante l’aspetto psicologico della malattia. E il 23% dei pazienti ha ottenuto una diagnosi corretta della malattia dopo 4 o più anni dall’inizio dell’insorgenza. E’ quanto emerge da un recente sondaggio on line promosso dall’ANMAR Onlus (Associazione Nazionale Malati Reumatici) in collaborazione con i medici specialisti dell’Osservatorio CAPIRE. I risultati dell’indagine sono stati presentati recentemente in un webinar reso possibile con il supporto non condizionante di Lilly. “Dolore e impatto psicologico sono due aspetti fondamentali legati alle malattie reumatologiche ma risultano ancora sottovalutati – afferma Silvia Tonolo, Presidente ANMAR Onlus -. Non va dimenticato che molte patologie interessano uomini e donne in età lavorativa che non sempre riescono a proseguire con le loro mansioni proprio a causa delle condizioni di salute. Spesso non si riesce a gestire a livello ambulatoriale il dolore e il paziente viene lasciato solo e si può arrivare ad una pericolosa “autogestione”. Si tratta di una situazione che è peggiorata da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 la quale ha reso più difficile i contatti tra malati e medici. Servono urgenti interventi, anche a livello legislativo, per migliorare questa difficile situazione”. “Il forte dolore è uno dei principali bisogni insoddisfatti dei pazienti reumatologici – sottolinea il prof. Francesco Ciccia, Ordinario di Reumatologia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” -. Strettamente collegato a questa sintomatologia c’è anche il tema delle diagnosi tardive. Un tempo troppo lungo per individuare la malattia incide negativamente anche sulla qualità di vita. Si calcola che ben otto pazienti su dieci colpiti da artrite reumatoide anche se trattati con farmaci biologici sviluppano comunque dolore”. “Il sintomo è uno degli aspetti prevalenti delle più diffuse patologie come l’artrite reumatoide o le spondiloartriti – prosegue il prof. Mauro Galeazzi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio CAPIRE e Presidente Emerito della Società Italiana di Reumatologia -. Il dolore non determina lesioni o danni gravi agli organi ma può davvero essere insopportabile e rendere impossibile anche le più banali azioni della vita di tutti i giorni. Oggi abbiamo a disposizione farmaci analgesici di straordinaria efficacia ma non sempre risultano accessibili ai pazienti, soprattutto in alcune Regioni della Penisola”. “Rendere effettiva in tutto il territorio nazionale i provvedimenti stabiliti dalla Legge 38 deve essere una delle priorità delle Istituzioni socio-sanitarie italiane – conclude l’Onorevole Rossana Boldi, Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera -. L’altro aspetto su quale intervenire è la formazione sia degli specialisti che soprattutto i medici di medicina generale. Sono, infatti, quest’ultimi i primi professionisti che si interfacciano con i pazienti e che devono riuscire ad intercettare i sintomi delle malattie reumatologiche”.
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Sondaggio: sette italiani su dieci ottimisti sul piano per la ripresa UE
Posted by fidest press agency su lunedì, 15 febbraio 2021
La pandemia ha rafforzato la convinzione che l’Unione europea sia il luogo giusto per sviluppare soluzioni efficaci per combattere il COVID-19 e i suoi effetti. Un nuovo sondaggio, commissionato dal Parlamento europeo e condotto fra novembre e dicembre 2020 da Kantar, rileva che quasi tre intervistati su quattro (72%) ritengono che il piano di ripresa dell’UE consentirebbe all’economia del proprio paese di riprendersi più rapidamente dagli effetti negativi della pandemia di coronavirus. L’Italia, con il 69%, è in linea con la media europea.Gli europei che si esprimono positivamente sull’UE sono aumentati di 10 punti percentuali, rispetto all’autunno 2019, arrivando a un totale del 50%. Gli italiani intervistati che hanno un’immagine positiva o molto positiva dell’UE si assestano al 43%, con 11 punti percentuali di aumento rispetto all’autunno 2019.In Italia, il 52% degli intervistati ritiene che il Paese abbia beneficiato dell’appartenenza all’Unione, innanzitutto in termini di cooperazione tra gli Stati e difesa della pace, maggiori opportunità di lavoro e capacità di far sentire la propria voce nel mondo. Sebbene il dato sia il più basso dell’UE (media UE: 72%), si registra un aumento di dieci punti percentuali rispetto a giugno 2020.Il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha dichiarato: “Il messaggio di questo sondaggio è chiaro: i cittadini europei sostengono l’Unione europea e ritengono che l’UE sia il posto giusto per cercare soluzioni alla crisi. Ma la riforma dell’UE è chiaramente qualcosa che i cittadini vogliono vedere ed è per questo che dobbiamo lanciare la Conferenza sul futuro dell’Europa il prima possibile.” Tuttavia la prospettiva individuale resta pessimistica di fronte alla pandemia: il 53% degli intervistati a livello UE crede che la situazione economica nel proprio paese tra un anno sarà peggiore di quanto non sia adesso. Solo un intervistato su cinque (21%) ritiene che la situazione economica nazionale migliorerà nel prossimo anno. Più della metà (52%) si aspetta che le proprie condizioni di vita individuali tra un anno siano le stesse di oggi. Un quarto (24%) ritiene che tra un anno starà anche peggio, mentre il 21% pensa che potrebbe stare meglio.Probabilmente condizionato dalla situazione di difficoltà creatasi con la pandemia, il 48% degli intervistati mette al primo posto fra gli aspetti di cui il Parlamento europeo dovrebbe occuparsi il contrasto alla povertà e alle disuguaglianze sociali. Questa risulta la priorità principale in tutti gli Stati membri, eccetto in Finlandia, Repubblica ceca, Danimarca e Svezia, dove la lotta al terrorismo e al crimine la precedono. Altre priorità a livello europeo sono la lotta al terrorismo e alla criminalità (35%), un’istruzione di qualità per tutti (33%) e la protezione dell’ambiente (32%). I cittadini italiani chiedono, fra le priorità, anche misure per garantire la piena occupazione (29%). Tra i valori fondamentali che il Parlamento europeo dovrebbe difendere, gli intervistati italiani mettono al primo posto la parità tra uomini e donne (44%). In tutta l’UE, questo aspetto è al secondo posto (42%), dopo la difesa dei diritti umani nel mondo (51%). La solidarietà tra gli Stati membri si posiziona al terzo posto, con il 41% (il 43% in Italia).La pandemia e altre sfide globali come l’emergenza climatica sono alla base della richiesta dei cittadini di una riforma dell’UE. Con un aumento di 5 punti rispetto all’autunno 2019, il 63% degli intervistati desidera che il Parlamento europeo svolga un ruolo più importante in futuro. Gli italiani che vogliono un rafforzamento di questa istituzione sono il 59% (più 8 punti su ottobre 2019).Mentre alla fine dell’anno scorso cresceva l’immagine positiva dell’UE, oggi aumenta anche la richiesta di cambiamento: in generale solo il 27% degli europei sostiene l’UE per ciò che ha realizzato finora, mentre il 44% “preferisce sostenere l’UE” ma desidera che venga riformata. Un altro 22% vede l’UE con un certo scetticismo, ma potrebbe cambiare nuovamente idea alla luce di riforme radicali.
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Sondaggio: fondi UE e Stato di diritto, il 77% vuole che siano collegati
Posted by fidest press agency su sabato, 24 ottobre 2020
Bruxelles. La maggioranza dei cittadini UE sostiene che ci sia bisogno di un bilancio UE più ampio per superare la pandemia. Le priorità sono salute pubblica, ripresa e cambiamento climatico.In un recente sondaggio commissionato dal Parlamento europeo e condotto all’inizio di ottobre 2020, quasi otto intervistati su dieci (77%, in Italia l’81%) sostengono che l’UE dovrebbe fornire fondi ai Paesi UE solo a condizione che il governo nazionale rispetti lo stato di diritto e i principi democratici. Almeno sette intervistati su dieci concordano con questa affermazione in 26 Paesi dell’UE. La maggioranza assoluta degli europei continua a chiedere un bilancio UE più ampio per combattere la crisi COVID-19 Il 54% degli intervistati ritiene che l’UE dovrebbe disporre di maggiori mezzi finanziari per poter affrontare le conseguenze della pandemia di coronavirus. In 20 Paesi UE, la maggioranza degli intervistati è d’accordo con questa affermazione, in 14 Paesi, la maggioranza assoluta degli intervistati è a favore di un bilancio UE più ampio. In Italia, si è espresso a favore il 64% degli intervistati.Alla domanda su quali siano i settori politici per cui tale bilancio UE più ampio dovrebbe essere speso, più della metà degli intervistati (54%) afferma che la salute pubblica dovrebbe essere una priorità (55% per l’Italia), seguita dalla ripresa economica e da nuove opportunità per le imprese (42%), dal cambiamento climatico e dalla protezione dell’ambiente (37%), e dall’occupazione e dagli affari sociali (35%). A livello europeo, il cambiamento climatico e l’ambiente hanno sostituito l’occupazione tra le 3 principali priorità di spesa rispetto all’ultima indagine condotta nel giugno 2020. La salute pubblica è la principale priorità di spesa per gli intervistati in 18 Paesi. Estonia, Lettonia e Repubblica Ceca hanno dato la priorità alla ripresa economica, mentre in Austria, Danimarca e Germania i cittadini sono stati i più favorevoli alla lotta contro il cambiamento climatico. In Croazia, Slovacchia e Finlandia gli intervistati hanno messo l’occupazione e gli affari sociali al primo posto tra le priorità di spesa.Il 39% degli intervistati afferma che la crisi COVID-19 ha già avuto un impatto sul loro reddito personale, mentre un ulteriore 27% si aspetta un tale scenario in futuro. Solo il 27% degli intervistati non si aspetta nessun impatto sul proprio reddito. Mentre, in 20 Paesi la maggior parte degli intervistati afferma che la crisi ha già avuto un impatto sulla loro situazione finanziaria. In Italia, il 46% ha già avvertito l’impatto della crisi, mentre il 30% si aspetta che ciò succeda in futuro. Due terzi degli intervistati (66%) concordano sul fatto che l’UE dovrebbe avere maggiori competenze per affrontare crisi come la pandemia di coronavirus. Solo un quarto (25%) non è d’accordo con questa affermazione. Questi risultati sono coerenti con i risultati dei precedenti sondaggi condotti dal Parlamento europeo ad aprile e giugno 2020. In Italia, infatti, il numero dei favorevoli a maggiori competenze per l’UE è lo stesso del sondaggio di giugno, e cioè il 78%.
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Sondaggio U.E. per i milanesi: che Europa vuoi?
Posted by fidest press agency su martedì, 1 settembre 2020
Fino al 7 settembre i cittadini che vivono e lavorano a Milano e nell’area metropolitana milanese sono invitati a rispondere a un sondaggio su cosa vorrebbero che l’Unione europea facesse per la città. Dalla formazione alla viabilità, dalla difesa dei diritti all’ambiente, si chiede in quali campi l’Europa si è mossa meglio e come dovrebbe essere più efficace. I risultati saranno presentati nel corso di una conferenza stampa online l’11 settembre alle ore 11. Nel sondaggio, voluto e realizzato dall’Ufficio del Parlamento europeo a Milano col sostegno del Comune di Milano, della Regione Lombardia, dello Europe Direct Lombardia e della Rappresentanza a Milano della Commissione europea, si ricordano anche alcuni progetti messi in campo per Milano e per la Regione Lombardia finanziati con fondi europei.L’iniziativa, che non vuole avere un valore statistico, rientra in una serie di attività organizzate dagli uffici del Parlamento europeo nei 27 Stati membri per coinvolgere i cittadini in vista del discorso sullo stato dell’Unione (SOTEU) che la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen terrà nell’emiciclo di Strasburgo il 16 settembre. Il discorso è un evento annuale che permette di fare il punto su cosa è stato fatto e andrà fatto nel prossimo anno.
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Il gradimento di Conte raggiunge il 51%
Posted by fidest press agency su giovedì, 26 marzo 2020
Il forte compattamento del consenso attorno al Governo riverbera sui partiti della maggioranza, in particolare sul PD che sale al 22,9%, riducendo le distanze con una Lega ancora in calo (26,5%).
Nell’area del centro destra subisce una piccola flessione anche Fratelli d’Italia (12,7%), mentre risale al 7% Forza Italia.
Il rafforzamento dell’area di Governo è evidente anche nei dati relativi alla fiducia nei politici: il Presidente Conte, in particolare, sale al 51% e anche i leader dei due principali partiti di maggioranza consolidano il gradimento: 31% a Zingaretti, 23% a Di Maio. Salgono poi Giorgia Meloni (36%) e Berlusconi (21%), mentre restano stabili Salvini (32%) e Renzi (13%).Nel complesso, la netta maggioranza degli italiani giudica positivamente l’operato del Governo in questa emergenza e, nello specifico, le ultime restrizioni introdotte lo scorso week end, che prevedono la chiusura totale delle attività produttive non essenziali, ottengono l’approvazione di 9 cittadini su 10.Nell’ultima settimana, si è ulteriormente ridotta la quota di italiani ottimisti rispetto alla durata dell’emergenza Coronavirus: solo 1 su 5 confida di uscirne entro il periodo pasquale. Per il 50% si arriverà fino a giugno ed il 18% fissa un orizzonte ancora più esteso. (fonte: Istituto Ixe)
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Europa: un sondaggio per indagare quanto gli uomini conoscano la prostata
Posted by fidest press agency su lunedì, 7 ottobre 2019
Nello specifico per fare il punto su conoscenza e prevenzione della ipertrofia prostatica benigna, una patologia molto diffusa dopo i 50 anni ma spesso sottovalutata. In Italia AURO.it, l’Associazione Urologi italiani, da sempre impegnata a favore della prevenzione e cura delle patologie urologiche, ha aderito alla campagna e divulgato il questionario.
Cosa è emerso dalle risposte? Interessante notare innanzitutto una differenza sostanziale tra i risultati del sondaggio diffuso da EAU nel Regno Unito, Germania e Francia, e quelli del sondaggio AURO.it tra gli italiani.Nel campione estero solo un uomo over 50 su quattro ha risposto correttamente alla domanda sulla funzione principale della prostata. Nel campione italiano invece questo dato è sensibilmente più alto, perché ben il 60% ha risposto in maniera corretta, dimostrando di saperne molto di più degli omologhi stranieri.Altro dato confortante è che in presenza di possibili sintomi della malattia, gli italiani si rivolgerebbero per il 60% all’urologo, riconoscendo dunque l’importanza di rivolgersi ad uno specialista. Il 30% chiederebbe informazioni al medico curante e solo il 10% cercherebbe risposte sul web al fantomatico “Dottor Google” che tanti problemi sta causando sia nel rapporto medico-paziente ma soprattutto nella corretta interpretazione delle informazioni in ambito medico.Un dato generale e comune sia in Italia che all’estero è invece la sottovalutazione dell’ipertrofia prostatica benigna, che per oltre il 60% viene considerata come un “normale segno di invecchiamento” sopra i 40 anni.In effetti, pur essendo estremamente frequente la comparsa, col passare degli anni di vita, di sintomi legati alla ipertrofia prostatica (debolezza del flusso di urina alla minzione, necessità di risvegli notturni per mingere, urgenza minzionale, …) è sbagliato da parte dei Pazienti pensare ai disturbi prostatici come a qualcosa che rientri nella “normalità” e che pertanto possa essere trascurata.Grazie a quanto suggerito dal sondaggio dobbiamo quindi prendere l’impegno di dare una “corretta” informazione su quali sintomi rilevare e sul fatto che anticipando una visita urologica al momento dell’esordio della malattia possiamo evitare o rallentarne la progressione con l’obbiettivo di migliorare la qualità di vita e di evitare, attraverso terapie mediche e suggerimenti sulla dieta ed attività fisica, un possibile trattamento chirurgico.Un altro impegno che nasce da quanto espresso dai Pazienti nel sondaggio AURO.it è quello di dare sempre più peso, durante le visite, all’informazione da parte del Medico sulla possibilità dei diversi trattamenti possibili, in modo da mettere il Paziente nella possibilità di essere più coinvolto e poter prendere una decisione informata sull’opzione terapeutica, in accordo con lo specialista.Confrontarsi con le esigenze dei Pazienti attraverso un questionario di facile lettura ed interpretazione si è dimostrato uno strumento efficace ed utile sia per i Pazienti, che in tal modo vengono resi partecipi della volontà di dare una qualità sempre più alta all’assistenza medica, che agli Urologi che possono indirizzare nella maniera migliore la propria pratica clinica.
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Un sondaggio evidenzia i rischi a cui sono esposti i venezuelani vulnerabili in fuga
Posted by fidest press agency su lunedì, 22 luglio 2019
Un sondaggio sui cittadini venezuelani fuggiti dal proprio Paese ha rilevato che nel corso del viaggio la metà (50,2%) delle famiglie intervistate è stata o continua a essere esposta a rischi specifici legati a età, genere, condizioni di salute o altre esigenze, o perché hanno dovuto compiere scelte drastiche per sopravvivere, fra cui chiedere l’elemosina, mandare i figli a lavorare o prostituirsi.Questi sono alcuni dei risultati del sondaggio pubblicato oggi dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. I risultati si basano su 7.846 interviste realizzate in diversi Paesi dell’America Latina e dei Caraibi da gennaio a giugno 2019, in occasione delle quali è stato chiesto alle persone intervistate di riportare la propria esperienza e quella delle proprie famiglie.
Nonostante i governi della regione abbiano rilasciato numerosi permessi di soggiorno temporanei ai cittadini venezuelani, il 34% degli intervistati ha dichiarato di non possedere alcun tipo di documento, a causa del fatto di essere entrato irregolarmente in un determinato Paese o di possedere un permesso scaduto. Il resto era in possesso di visti turistici o temporanei, e solo il 4% aveva un documento di soggiorno permanente.
Circa il 66% degli intervistati ha dichiarato di essere disoccupato o di lavorare in nero, e il 43% di aver incontrato difficoltà per trovare alloggio, soprattutto a causa dell’assenza di fondi e di documenti, nonché per le discriminazioni legate alla propria nazionalità.La raccolta di informazioni dettagliate sulle esigenze di protezione è fondamentale per assicurare analisi e risposte coerenti, tempestive e basate su dati concreti, e per individuare lacune nell’assistenza e nei servizi forniti.Il sondaggio, condotto tramite uno strumento standardizzato di monitoraggio delle esigenze di protezione, ha già determinato l’adozione di misure concrete che permettono agli intervistati di segnalare le persone considerate a rischio affinché ricevano aiuto e supporto a lungo termine. Fra gennaio e giugno, con questa modalità oltre 1.500 persone sono state inviate ai servizi di consulenza o di altro tipo.Considerati i rischi derivanti dall’assenza di documenti, l’UNHCR accoglie con favore la strategia concordata dai governi della regione a Buenos Aires il 5 luglio scorso per facilitare l’integrazione di rifugiati e migranti venezuelani, grazie anche al rafforzamento dei processi di registrazione e di ottenimento dei documenti. La strategia rientra nel Processo di Quito, un’iniziativa condotta dai governi al fine di armonizzare le politiche e le prassi statali, coordinare la risposta umanitaria e migliorare l’accesso ai servizi e ai diritti per rifugiati e migranti venezuelani.A completamento di tali sforzi compiuti dagli Stati e al fine di rispondere alle esigenze di protezione, assistenza e integrazione di rifugiati e migranti venezuelani, ad aprile 2018 è stata istituita una Piattaforma regionale di coordinamento inter-agenzie (Regional Inter-Agency Coordination Platform), mentre lo scorso dicembre è stato lanciato un Piano Regionale di Risposta per rifugiati e migranti (Regional Refugee and Migrant Response Plan).
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Sondaggio CFA Italy
Posted by fidest press agency su giovedì, 5 luglio 2018
Al sondaggio, svolto da CFA Italy in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor presso i suoi soci tra il 20 ed il 30 giugno 2018, hanno partecipato 49 intervistati. Il 56% degli operatori finanziari ritengono sostanzialmente stabile, rispetto al mese passato, la situazione attuale dell’economia Italiana, un dato in aumento del 18% rispetto ad inizio giugno. Dopo il significativo calo del “CFA Italy Radiocor Sentiment Index” nel mese scorso (a -32,7 punti), l’indice risale di circa 17 punti al valore di -15,8. Il dato di sintesi risale a seguito dell’aumento della percentuale di coloro che si attendono un miglioramento delle condizioni macro, pari al 21,1% ed in crescita di circa 9 punti rispetto ad inizio giugno. Coloro che si attendono un peggioramento, invece, sono pari al 36,8%, in diminuzione di 8 punti rispetto al mese passato.I partecipanti vedono una sostanziale stabilità per l’Area Euro e per l’economia USA. L’inflazione è vista in rialzo in tutte le regioni, in particolare negli Stati Uniti, sebbene la previsioni risulti in calo rispetto a giugno.Sui tassi di interesse, permangono aspettative di incremento sia a breve che a lungo termine, in linea con le prossime mosse di politica monetaria ampiamente annunciate dalle principali banche centrali, Fed e BCE, che procedono nella direzione di una normalizzazione delle proprie azioni dopo il lungo periodo di quantitative easing.Relativamente ai tassi di interesse, tuttavia, si segnala come le attese di incremento dei rendimenti sui titoli obbligazionari italiani presentino una percentuale maggiore rispetto ai benchmark di Area Euro, un’indicazione che registra le recenti tensioni sugli spread.Sui mercati azionari sono previsti rialzi dagli attuali livelli, mentre sulle valute permane l’attesa per un relativo apprezzamento del dollaro USA e dello Yen contro l’Euro mentre sul petrolio si bilanciano previsioni di aumento con quelle di ribassi dalle attuali quotazioni (29,7% entrambi).
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Sondaggio sulla situazione attuale dell’economia italiana
Posted by fidest press agency su giovedì, 4 gennaio 2018
E’ stato effettuato presso i suoi Soci tra il 18 ed il 31 dicembre 2017. Ha visto la partecipazione di 48 intervistati. Circa il 90% degli operatori finanziari ritengono positiva e stabile la situazione attuale dell’economia Italiana. In termini di aspettative sui prossimi sei mesi, la differenza tra coloro che risultano ottimisti sulle prospettive dell’economia italiana, rispetto ai pessimisti, è pari a 27,7, un valore che rappresenta il “CFA Italy Radiocor Sentiment Index” per il mese di gennaio 2018. Il dato di sintesi scende rispetto alla precedente rilevazione di 34,5, mantenendosi comunque su valori superiori alla prima metà del 2017.
I risultati del sondaggio relativo alla situazione macroeconomica attuale ed attesa italiana vanno letti nel quadro di una crescita globale che nel corso del 2017 ha sorpreso in positivo, manifestandosi più sostenuta e sincronizzata di quanto non fosse atteso da molti analisti, e le attese sull’Italia non hanno fatto eccezione seguendo la stessa tendenza. Infatti, se ad inizio 2017 gli “ottimisti” sulla crescita italiana nel sondaggio rappresentavano poco più del 20%, con un Sentiment Index che si attestava a valori inferiori al 10%, nel corso dell’anno la tendenza è stata per una progressiva revisione al rialzo, complici anche una stringa di dati positivi di sia dal lato della produzione che della domanda interna. Ad oggi, nonostante una inflessione nell’ultimo dato di dicembre, probabilmente dettata anche dall’effetto legato al recente annuncio dell’appuntamento elettorale di marzo, il Sentiment Index sembra comunque confermare l’attesa di una situazione economica in consolidamento che si inserisce in un contesto generalmente favorevole. Guardando nel dettaglio della survey, infatti, i partecipanti all’indagine sembrano avere attese molto positive nei confronti dell’economia europea in aggregato, se vogliamo anche migliori rispetto all’economia americana, benché nell’ultimo mese l’approvazione del Tax Cut and Jobs Act negli U.S.A. abbia probabilmente determinato un lieve upgrade delle previsioni di crescita americane, come si può evincere dal miglioramento del sondaggio su questa area. Sull’altro tema macroeconomico “caldo”, l’inflazione, i partecipanti sembrano prendere una posizione molto netta e condividere generalmente l’opinione che nei prossimi sei mesi, in primis negli Stati Uniti ma con notevole e rinforzata fiducia anche in Eurozona e in Italia, rivedremo l’inflazione risalire, verosimilmente diretta conseguenza delle attese di crescita che porteranno l’economia americana ed europea a crescere sopra potenziale per un altro anno in un contesto globale in cui l’output gap dovrebbe anch’esso approssimarsi a chiusura. Pressioni domestiche (crescita sopra potenziale), riduzione dell’overcapacity globale (global output gap in restringimento) e attese di petrolio in crescita sono verosimilmente il quadro che i partecipanti al sondaggio si attendono per giustificare queste attese di inflazione al rialzo.Coerentemente con questo contesto macroeconomico positivo, i partecipanti propongono view di tassi a tre mesi in salita, scontando da un lato una Federal Reserve che nel rispetto del proprio mandato, continuerà un tightening graduale e probabilmente una Banca Centrale Europea che progressivamente inizierà a mostrarsi meno dovish di quanto non sia attualmente prezzato. Un rialzo è inoltre scontato sulla parte a lunga della curva, verosimile riflesso delle citate condizioni economiche, attese di inflazione e variazione dei tassi a breve.In questo contesto, i partecipanti al sondaggio continuano a vedere un modesto apprezzamento del dollaro USA vs Euro, sebbene la percentuale sia in diminuzione, ed un deprezzamento più marcato dello Yen.Relativamente alle performance attese del mercato azionario, i partecipanti sembrano suggerire una preferenza relativa per il mercato italiano ed europeo rispetto a quello americano. Con riferimento invece alla redditività delle società italiane, nei prossimi sei mesi il re-rating delle aspettative di crescita, inflazione e politica monetaria hanno prodotto rispetto al mese passato una riallocazione delle preferenze per il settore petrolifero, con il maggiore incremento, seguito dal settore Assicurativo e poi Bancario. In discesa le attese di redditività del settore Automobilistico, delle Costruzioni e delle Comunicazioni.
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Sondaggio sull’operato della sindaca di Roma
Posted by fidest press agency su domenica, 6 agosto 2017
Quasi il 70% degli italiani esprime un giudizio positivo sull’operato del sindaco di Roma Virginia Raggi e la sua giunta. Lo rivela un sondaggio per Agorà, mettendo in luce che a prevalere è la consapevolezza che per vedere i primi risultati, in una città che per 20 anni è stata spolpata dai partiti, serve tempo. Gli italiani dimostrano molta più saggezza dei tanti soloni che pretendono miracoli da una Giunta che si è insediata sulle macerie dei disastri di chi ha governato negli anni passati, e molta più onestà intellettuale di coloro che hanno distrutto Roma e ora vorrebbero che la Raggi, con una bacchetta magica, risolvesse i danni che loro stessi hanno provocato.Chi ieri ha distrutto Roma e oggi sta mandando in malora l’intero Paese tenta di usare gli attacchi a Virginia Raggi come arma di distrazione di massa per provare a distogliere l’attenzione degli italiani dalle loro responsabilità e dai loro fallimenti. Ma gli italiani ci vedono benissimo e il giochino non funziona. Non funziona con i cittadini e non funziona con il MoVimento 5 Stelle: il PD, che vorrebbe imporre al Paese la narrazione di ‘una Roma mal governata’, deve rendere conto dei dati e dei fatti di questi ultimi quattro anni in cui si sono susseguiti tre governi totalmente fallimentari.Vi rinfreschiamo la memoria? Immigrazione: quattro anni di nulla, se non un patto scellerato sottoscritto da Renzi con l’Unione europea per avere briciole di flessibilità con cui finanziare le sue mance elettorali – vedi il bluff del bonus da 80 euro – in cambio dell’impegno dell’Italia a far approdare nei propri porti tutti i migranti. Sanità: oltre 4 miliardi e mezzo di tagli, che portano a oltre 12milioni gli italiani che quest’anno hanno rinunciato a curarsi per mancanza di disponibilità economica. E poi il disastro del jobs act, quello della ‘buona scuola’, e chi più ne ha più ne metta.Da oggi in poi su Roma non accetteremo più lezioni da chi, responsabile del fallimento dell’Italia intera, sposta l’attenzione sulla Capitale per lavarsi la coscienza e nascondere le proprie colpe. (fonte: MoVimento 5 Stelle) (n.r. E non facciamoci illusioni. Se il Movimento andrà al governo del Paese faranno di tutto per metterlo in cattiva luce, per creargli difficoltà, per scatenare i corrotti e i corruttori, per fargli intorno terra bruciata. Ecco perché è necessario che fin dalle candidature si scelgano uomini e donne che sappiano avere la forza e la tenacia di reggere l’urto e di saper passare al contrattacco. Sarà un’occasione sofferta ma esaltante e affidati ad uomini e donne forti, determinati a non farsi sopraffare dagli ostacoli. E vinca il migliore.)
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6° sondaggio annuale realizzato da Allianz Global Corporate & Specialty SE (AGCS) che analizza i rischi più temuti dalle aziende
Posted by fidest press agency su venerdì, 13 gennaio 2017
A livello globale le aziende temono sempre più l’imprevedibilità del contesto economico, laddove i mercati sono volatili (2°) e crescono i rischi politici come il protezionismo o il terrorismo. Altre preoccupazioni crescenti riguardano le nuove tecnologie e i rischi informatici (3°), ma anche le catastrofi naturali (4°). Tuttavia, a preoccupare maggiormente le aziende rimangono le perdite dovute a interruzione delle attività (1°). Sono questi i risultati dell’Allianz Risk Barometer, il 6° sondaggio annuale realizzato da Allianz Global Corporate & Specialty SE (AGCS) che analizza i rischi aziendali a livello mondiale, ma anche per area, Paese, settore e dimensione di attività. Anche in Italia i principali rischi più temuti dalle aziende sono dovuti alle interruzioni di attività (36%) e ai cambiamenti nei mercati (30%), mentre, diversamente, al terzo posto rientrano le catastrofi naturali (25%). Con il 23% seguono, a pari merito, i rischi informatici e i timori dei cambiamenti nello scenario macro economico.
L’interruzione delle attività (Business interruption, BI) rimane il rischio principale per il quinto anno consecutivo (37% delle risposte a livello globale e 36% in Italia), soprattutto perché può provocare perdite di reddito significative, ma anche perché emergono nuove cause scatenanti, quali i danni immateriali o i rischi intangibili, come gli attacchi informatici e l’interruzione delle attività dovuta a instabilità politiche, scioperi o attacchi terroristici. Questa tendenza è guidata in parte dalla crescita dell’“Internet delle cose” (Internet of Things, IoT) e dalla sempre maggiore inter-connettività delle macchine, delle aziende e delle loro supply chain, che può facilmente moltiplicare le perdite in caso di incidente. Le aziende si trovano anche di fronte a potenziali perdite finanziarie derivanti dal continuo mutamento dello scenario politico (Brexit, Elezioni Usa, imminenti elezioni UE, etc.) che generano paure di un maggiore protezionismo e di un processo di anti-globalizzazione.
“Le aziende di tutto il mondo si stanno preparando ad un anno di incertezze”, afferma Chris Fischer Hirs, CEO di AGCS. “Sono preoccupate per i mutamenti imprevedibili nel panorama legale, geopolitico ed economico di tutto il mondo. Stanno emergendo nuovi rischi, oltre a quelli classici di incendio e di catastrofi naturali; per questo è necessario ripensare agli attuali strumenti di monitoraggio e gestione del rischio”.
Evoluzioni e volatilità del mercato (31% delle risposte a livello globale e 30% in Italia) è il secondo più importante rischio aziendale del 2017 e la preoccupazione principale nei settori dell’aviazione/difesa, dei servizi finanziari, del marittimo e dei trasporti, così come in tutta l’Africa e il Medio Oriente in generale. Per anticipare eventuali modifiche normative improvvise che potrebbero influire sui mercati, le aziende nel 2017 dovranno investire più risorse in un miglior monitoraggio della politica e della definizione delle politiche mondiali. Secondo Euler Hermes, assicuratore del credito commerciale e società del Gruppo Allianz, dal 2014 sono state introdotte a livello mondiale 600-700 nuove barriere commerciali all’anno.Nel contempo, la crescente dipendenza dalla tecnologia e dall’automazione trasforma e condiziona le aziende in tutti i settori industriali. Infatti, se è vero che la digitalizzazione assicura nuove opportunità alle imprese, è vero anche che essa trasforma la natura dei beni aziendali da fisica a sempre più immateriale, portando con sé nuovi rischi, primi fra tutti quelli informatici (30% delle risposte). A livello mondiale, le minacce informatiche si posizionano al 3° posto, mentre salgono al 2° nelle Americhe e in Europa, per diventare il rischio n°1 in Germania, Regno Unito e nei Paesi Bassi, mentre in Italia si posizionano al 4° posto, con il 23% delle risposte. Al tempo stesso, è il timore principale nel mondo per le aziende che operano nel campo della tecnologia informatica e delle comunicazioni, o in quello delle vendite/ingrosso.
La minaccia va molto oltre la pirateria informatica e la violazioni dei dati e della privacy, anche se le nuove normative sulla protezione dei dati accentueranno gli effetti negativi che queste possono avere sulle aziende. Resta ormai poco tempo perché le aziende si preparino all’attuazione, che avverrà in tutta Europa nel 2018, del nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati, e, anche se il costo dell’adattamento sarà alto, le sanzioni per inadempienza saranno ancora più costose. La crescente interconnessione e la sofisticatezza degli attacchi informatici non solo pone le aziende di fronte ad un enorme rischio diretto, ma le mette di fronte anche a quelli indiretti, per via dell’esposizione di infrastrutture sensibili come l’IT e le forniture di energia e acqua. Inoltre c’è anche la minaccia costituita dai guasti tecnici o dall’errore umano, che può provocare esposizioni diffuse e durature all’interruzione delle attività. Nell’ambito della produzione digitalizzata o dell’Industria 4.0, l’incapacità di presentare o interpretare correttamente i dati potrebbe provocare un’interruzione della produzione. Le aziende devono pensare ai dati come ad un bene, e a ciò che ne può impedire l’utilizzo. I risultati dimostrano inoltre che le piccole aziende talvolta sottovalutano il rischio informatico: in questa categoria (ricavi <€250 milioni), infatti, il rischio informatico è solo al 66° posto. Tuttavia, l’effetto di un incidente grave potrebbe essere molto più dannoso per questo tipo di aziende.Anche le catastrofi naturali (4° posto a livello mondiale) e i cambiamenti climatici/la crescente variabilità del meteo (rispettivamente il 24% e il 6% delle risposte), si trovano tra i primi rischi percepiti dalle aziende, soprattutto in Italia (3° posto con il 25% delle risposte) e in Asia dove si sono verificati molti terremoti (Italia centrale e zona di Kumamoto). Le catastrofi naturali sono la preoccupazione principale in Giappone e ad Hong Kong, come anche a livello mondiale tra le aziende di ingegneria/costruzioni e servizi/energia.“Le catastrofi naturali e il cambiamento climatico preoccupano i nostri clienti e le società in generale”, conferma Axel Theis, Membro del Consiglio Amministrativo di Allianz SE. “Riteniamo che il riscaldamento climatico superiore a 1,5 gradi Celsius possa intensificare in modo significativo i danni climatici come, ad esempio, le ondate di calore e l’innalzamento del livello del mare. Come assicuratori, è nostro compito sviluppare soluzioni per queste eventualità e creare una prevenzione e protezione per i nostri clienti e partner pubblici, avvalendosi anche della loro collaborazione”.
“I terremoti verificatisi nel centro Italia nel corso del 2016 hanno sicuramente aumentato la percezione del rischio, nonché riacceso le discussioni su come migliorare la prevenzione e finanziare meglio i rischi in modo da dipendere meno dagli aiuti del Governo, che sono sempre più difficili da ottenere in questo periodo di limitazioni di bilancio”, aggiunge Nicola Mancino, CEO di AGCS Italia.
Il 6° rapporto annuale Allianz Risk Barometer pubblicato da Allianz Global Corporate & Specialty SE si basa su un sondaggio condotto su 1.237 esperti di rischio di 55 Paesi. (foto: allianz)
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Risultato del Sondaggio sull’orientamento scolastico
Posted by fidest press agency su domenica, 20 dicembre 2015
Sono poco più della metà i ragazzi dell’ultimo anno della scuola secondaria inferiore che hanno già deciso quale scuola superiore frequentare il prossimo anno. Ma, nonostante sia ormai partito il conto alla rovescia verso le iscrizioni, al via il 22 gennaio per chiudersi il 22 febbraio, sul fronte dell’orientamento c’è ancora molto da fare.
Secondo un sondaggio realizzato da Skuola.net, in collaborazione con Radio 24, su circa 2500 ragazzi di terza media, il 38 per cento degli studenti ha già fatto sia attività di orientamento che il questionario orientativo, il 28 per cento ha fatto almeno una delle due cose, ma a preoccupare è quel 35 per cento che non si è visto proporre dalla scuola nè l’uno nè l’altro. Fra chi ha fatto orientamento inoltre, il 65 per cento non ha avuto la possibilità di un colloquio personalizzato per capire quale potrebbe essere la scelta migliore.
Fra i ragazzi a cui la scuola ha offerto una qualche forma di orientamento, il 48 per cento si dice comunque molto soddisfatto, a fronte di un 13 per cento che invece si dichiara per niente soddisfatto.
Entrando più nel merito, si scopre che fra i ragazzi che hanno fatto orientamento, il 24 per cento ha visitato un’azienda e ha avuto la visita a scuola di qualcuno che lavora in azienda per conoscere più da vicino il mondo del lavoro. Il 7 per cento ha fatto soltanto la visita in azienda, il 17 per cento ha avuto a scuola la visita di qualcuno che lavora in azienda. A fronte di questo 48 per cento di ragazzi che ha avuto quindi un qualche contatto con il mondo dell’impresa, c’è però un 52 per cento che non si è visto offrire dalla scuola alcuna opportunità di questo genere.
Lo scollamento con il mondo del lavoro è ancora più evidente se si considera che il 40 per cento dei 13enni che hanno risposto al sondaggio non ha idea di quali siano le professioni più richieste sul mercato del lavoro. Solo un 17 per cento ha una vaga idea grazie alle informazioni ricevute in famiglia e un 18 per cento grazie alle informazioni ricevute a scuola.
Poi c’è il capitolo riguardante i vari indirizzi di studio. Il 70 per cento degli studenti che si è visto proporre un’attività di orientamento si dice convinto che la propria scuola ha illustrato in maniera completa i vari indirizzi di scuola superiore, sia per quanto riguarda i licei, che gli istituti tecnici e i professionali. Fra questi, il 67 per cento ha avuto la possibilità di ascoltare a scuola un esperto che ha illustrato in maniera specifica gli indirizzi e gli sbocchi degli istituti tecnici. Nonostante questo, il 33 per cento degli studenti resta convinto che gli istituti tecnici siano scuole adatte ai ragazzi meno bravi a scuola e che i migliori vadano al liceo, a conferma di un pregiudizio che è duro da sconfiggere, nonostante le tante sessioni di informazione realizzate nelle scuole da parte delle istituzioni e di Confindustria. Il 55 per cento invece è convinto che questo sia solo appunto un pregiudizio.
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Fibrosi Polmonare Idiopatica
Posted by fidest press agency su domenica, 18 ottobre 2015
, Germania. I risultati di un nuovo sondaggio condotto su oltre 400 pneumologi in 10 Paesi indicano che, per l’88% degli interpellati, il ritardo della diagnosi comporta conseguenze negative per chi è colpito da fibrosi polmonare idiopatica (IPF), mentre il 79% dichiara che il ritardo nella diagnosi ritarda l’avvio della terapia capace di rallentare la progressione della malattia.La fibrosi polmonare idiopatica è una patologia polmonare progressiva che mette a rischio la vita di chi ne è colpito. Diagnosticarla non è facile, richiede una serie di esami specifici, e in media passano da uno a due anni dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi. In circa la metà dei pazienti l’IPF non viene diagnosticata poiché i sintomi sono simili a quelli di altre patologie respiratorie quali broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), asma e insufficienza cardiaca congestizia. Eppure, oltre l’80% dei pazienti con IPF presenta crepitii polmonari caratteristici, che ricordano il suono prodotto dal velcro, individuabili all’auscultazione con lo stetoscopio.Nel sondaggio, il rallentamento della progressione della malattia è stato indicato come il maggior beneficio derivante dall’avvio della terapia alla diagnosi di IPF (81%) e la motivazione principale che guida gli pneumologi nella scelta della terapia farmacologica (78%). Al secondo posto tra le motivazioni che orientano la scelta terapeutica gli pneumologi interpellati hanno indicato il miglioramento della qualità di vita del paziente (63%).Oltre a rispondere in merito al loro approccio terapeutico, nel sondaggio è stato chiesto agli pneumologi di considerare l’IPF dal punto di vista del paziente, incluso l’impatto della malattia. Quando è stato chiesto loro di indicare ciò che è più importante che i pazienti sappiano in relazione all’IPF e al suo impatto, il 77% dei pneumologi interpellati ha risposto ‘sapere quali opzioni terapeutiche esistono per l’IPF’ e il 68% ‘sapere che l’IPF è imprevedibile e che le loro condizioni potrebbero cambiare improvvisamente in maniera inattesa’.Quando i medici pensano all’impatto dell’IPF top of mind sono: dispnea (54%), funzionalità polmonare (21%) e riacutizzazioni (13%).Al progredire dell’IPF, infatti, la funzionalità polmonare declina in maniera progressiva e irreversibile con conseguente aumento delle difficoltà respiratorie e riduzione della capacità dei polmoni di ossigenare in modo sufficiente gli organi vitali. Le riacutizzazioni, ossia il rapido peggioramento della funzionalità, respiratoria, rappresentano un rischio per tutti i pazienti con IPF e possono verificarsi in qualsiasi momento della malattia senza avvisaglie e senza che se ne conosca la causa. Le riacutizzazioni gravi influiscono sul decorso della malattia, portando spesso al decesso del paziente entro pochi mesi; per questa ragione sono un aspetto fondamentale tenuto in conto dai pneumologi nello stabilire la terapia per la gestione dei loro pazienti con IPF. “Da persona che ogni giorno è a contatto con chi soffre di fibrosi polmonare idiopatica è molto interessante vedere come i pneumologi considerino e diano priorità all’impatto della malattia sui loro pazienti e decidano in termini di terapia” ha commentato Dagmar Kauschka, Presidente dell’associazione pazienti tedesca Lungenfibrose e.V.. “Dedichiamo tempo ed energie ad aiutare i malati di fibrosi polmonare idiopatica e ad affrontare i loro problemi quotidiani come la dispnea e il rischio di riacutizzazioni. Tra gli obiettivi per cui ci battiamo c’è l’inserimento del supporto ai pazienti come componente della terapia. Ci rincuora vedere dai risultati del sondaggio che, quando pensano all’impatto dell’IPF, gli pneumologi riconoscono quelle che sono le preoccupazioni principali dei loro pazienti”.
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una patologia polmonare progressiva, cronica, gravemente invalidante. L’IPF colpisce 14-43 persone ogni 100.000 nel mondo, ed è caratterizzata da formazione progressiva di tessuto cicatriziale a livello polmonare – ovvero fibrosi – con conseguente perdita di funzionalità polmonare nel tempo. Con il passare del tempo, a mano a mano che il tessuto cicatriziale si accumula e ispessisce, i polmoni perdono la capacità di scambiare ossigeno e di metterlo in circolo e e di conseguenza di ossigenare in modo sufficiente gli organi vitali. Di conseguenza, chi è colpito da IPF ha dispnea, tosse secca e spesso difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane. Le riacutizzazioni gravi – ovvero il rapido peggioramento dei sintomi della malattia nell’arco di giorni o settimane – si possono verificare in qualsiasi momento del decorso, persino ai suoi esordi, e rappresentano un rischio per tutti i pazienti con IPF.
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