A cura di Julien Gaertner, Analista degli investimenti azionari di Capital Group. L’intelligenza artificiale (IA) rimane saldamente sotto i riflettori dopo il lancio, lo scorso novembre, di ChatGPT, un bot capace di produrre testi che sembrano scritti da un essere umano. Arrivato a un milione di utenti in soli cinque giorni e a 100 milioni prima della fine di gennaio, si tratta dell’ultimo esempio di “IA generativa”, una serie di modelli in grado di creare contenuti tra cui audio, linee di codice, immagini, testi e video. ChatGPT ha trovato già molti utilizzi, dalla scrittura di racconti, articoli scientifici, barzellette e candidature alle offerte di lavoro fino ad arrivare alla composizione di musica. Il sistema potrebbe rivelarsi la prima “killer app” dell’età dell’IA? Con tutta probabilità l’IA è sul punto di provocare una serie di cambiamenti epocali che riguarderanno varie società e industrie, ma per noi è fondamentale approfondire i dettagli per separare la realtà dall’entusiasmo. Sebbene una ricerca svolta da McKinsey mostri come negli ultimi cinque anni l’adozione dell’IA a livello globale sia più che raddoppiata, tanto che circa il 50% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di utilizzarla in almeno un’area di attività, l’entusiasmo iniziale sembra aver incontrato una battuta d’arresto temporanea dovuta probabilmente alla presa di coscienza dell’entità dei cambiamenti necessari all’interno delle organizzazioni per adottare queste tecnologie. Questo non ha tuttavia interrotto una pioggia di investimenti in IA da parte delle aziende a livello globale. La funzione fondamentale dell’IA è fare previsioni e prendere decisioni in base ai dati con cui è stata ‘addestrata’. Ciò che è cambiato negli ultimi anni è che i progressi tecnici consentono di addestrare i modelli di IA tramite quantità di dati sempre più grandi e raggiungere così nuovi livelli di funzionalità. Con IA generative come ChatGPT l’attenzione, fatto importante, si è spostata verso i cosiddetti “large language model”, che rendono possibili funzionalità di chat e produzione di testi molto migliori. I sistemi di IA di inizio anni 2000 utilizzavano il machine learning principalmente per migliorare dei modelli analitici; gli esempi commercialmente più rilevanti in tal senso sono la targetizzazione degli annunci pubblicitari da parte di Google e Facebook. L’IA generativa, invece, può creare contenuti nuovi e unici grazie a quella che è nota come “architettura transformer. Questa consente all’IA di comprendere le relazioni all’interno di un set di dati, composto ad esempio da testi o da immagini, creando la sensibilità al contesto necessaria per svolgere i compiti più creativi. Oggi siamo in una situazione in cui i sistemi di IA generativa ottengono risultati impressionanti in molte aree ma in altre falliscono miseramente. La previsione più ottimistica che possiamo fare è che l’aumento delle dimensioni dei modelli e la crescita dei dati con cui vengono addestrati continuino a favorire un progresso esponenziale ancora a lungo, e va detto che finora le evidenze empiriche puntano in questa direzione. Un’ipotesi pessimistica è invece quella in cui man mano che le dimensioni dei modelli aumentano i miglioramenti si esauriscano, oppure si vada a sbattere contro un muro rappresentato dalla quantità di dati disponibili per addestrarli. Dal punto di vista degli investimenti, se partiamo dal punto di vista che l’IA genererà grandi profitti, al momento questa previsione sembra riflettersi ben poco nei corsi azionari delle più importanti società. Per aziende come Alphabet, ad esempio, dopo i recenti cali sembra valere l’opposto. OpenAI, società non quotata fondata come non-profit nel 2015, a seguito del recente investimento da parte di Microsoft varrebbe 29 miliardi di dollari e, nonostante i suoi ambiziosi obiettivi, ha riferito che nel corso di quest’anno prevede di realizzare ricavi per solo 200 milioni di dollari circa. Ipotizzando che tale previsione sia corretta la valutazione dell’azienda sconta un grande entusiasmo. Prendendo in esame altre società in grado potenzialmente di offrire prodotti simili a ChatGPT è difficile ravvisare un entusiasmo analogo nelle loro valutazioni. Google è il pioniere dei modelli basati sui transformer e al momento le sue azioni non sembrano scontare questi 29 miliardi di dollari di risorse in ambito IA. I cosiddetti “hyperscaler”, un piccolo gruppo di giganti tecnologici che include Meta, Alphabet, Microsoft e Amazon, hanno già speso miliardi nell’hardware necessario per creare piattaforme di IA e, quindi, possono fungere in futuro da architettura in questo campo a disposizione degli altri sviluppatori. In un’ottica ancor più di lungo periodo a nostro avviso, la diffusione dell’IA può avere un importante impatto anche in ambiti come la domanda di semiconduttori. Se si pone una domanda a ChatGPT o si chiede al modello text-to-image Stable Diffusion di realizzare un’immagine, possono impiegare molto tempo a rispondere. Il motivo è la mole di lavoro in termini di computazione estremamente elevata necessaria per la cosiddetta inferenza, che consiste nel vagliare miliardi di dati per produrre il contenuto desiderato. Questo ci dice molto sull’altissimo contenuto di semiconduttori all’interno di questi sistemi. Anche se per gli investitori può essere difficile individuare i titoli delle società che finiranno per utilizzare al meglio l’IA, quelle che realizzano i semiconduttori su cui si basano tali sistemi sono davvero poche. Potremmo attualmente trovarci in una fase simile a quella vissuta dal cloud computing nel 2013, così che le imprese in grado di sfruttare l’IA per differenziare la propria offerta o le proprie fonti di crescita della produttività potrebbero essere fortemente avvantaggiate negli anni a venire. Al di là degli ovvi settori della tecnologia e della “conoscenza”, tra le potenziali aree di applicazione dell’IA vi sono gestione delle catene di approvvigionamento, sanità (nei campi dello sviluppo dei farmaci e dell’analisi delle scansioni), assicurazioni, petrolio e gas (pensate ai dati forniti dai satelliti), servizi di pubblica utilità (per la gestione della rete e dei carichi) e macchinari agricoli autonomi: le strategie in materia IA possono dunque divenire una componente sempre più importante dell’analisi delle società. http://www.verinieassociati.com
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Capital Group: L’intelligenza artificiale ha raggiunto un punto di svolta commerciale?
Posted by fidest press agency su sabato, 27 Maggio 2023
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PD: Una svolta con molti “se” e molti “ma”
Posted by fidest press agency su domenica, 5 marzo 2023
Riprendiamo per sommi capi un interessante editoriale del direttore Enrico Cisnetto direttore di Terza Repubblica su un tema di grande attualità per le sue ricadute di consenso interno ed elettorale di un partito come il PD che si trova oggi a fare opposizione dopo aver a lungo governato. “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Basterebbe vedere i nomi della vecchia nomenclatura del Pd che hanno prima lanciato e poi sostenuto la candidatura della radical-chic Elly Schlein alla segreteria del partito, e magari aggiungere qualche “potere forte” che l’ha incensata – strana coincidenza, il giorno dopo le primarie, l’uscita del libro dal titolo evocativo “Radicalità. Il cambiamento che serve all’Italia” di Carlo De Benedetti, che si è sperticato in lodi per lei come nel 2013 per Renzi (occhio ai baci della morte, gentile neo-segretaria) – per trarre la conclusione che i Democratici avrebbero fatto meglio a optare per Stefano Bonaccini, pur con tutti i suoi evidenti Ma il sistema politico italiano, che non è affatto ancora uscito dalla lunga e tormentata fase di transizione apertasi con la fine della Seconda Repubblica (novembre 2011), ha invece assolutamente bisogno di un Pd forte e baricentrico. Ora, in molti sono convinti che il radicalismo populista di cui la successora di Enrico Letta è intrisa porterà molti voti al Pd. Non ne sono così convinto, anche perchè sono anni che il Pd tenta senza riuscirci di recuperare l’anti-politica nelle sue varie forme, a cominciare da quella grillina, con il nobile intento pedagogico di redimerla ma finendone contaminato. C’è dunque un solo un motivo per cui è possibile guardare positivamente all’avvento del radicalismo di Schlein: l’eventualità che il Pd si spacchi, con la fuoruscita dei riformisti. Da una parte un partito massimalista alla Jean-Luc Mélenchon (o, se piace di più, laburista stile Jeremy Corbin), con dentro anche Conte e la pattuglia del Fatto Quotidiano, Fratoianni-Bonelli, Maurizio Landini, Michele Santoro, il professor Tomaso Montanari e il professionista dell’antimafia Roberto Saviano. Dall’altra, un partito riformista, magari con un’anima più socialista o liberal-socialista e una più marcatamente liberal-democratica, che aggiunga ai riformisti del Pd il duo Calenda-Renzi, che recuperi Emma Bonino e il mondo radicale, che si prepari ad ereditare i moderati di Forza Italia (meglio gli elettori che gli eletti) una volta che la calamita berlusconiana non ci sarà più. E’ vero che nei partiti di sinistra di tutto il mondo convivono due anime, ma intanto quella di “sinistra-sinistra” non cavalca l’anti-politica e non ha dei populisti in purezza come alleati. E poi altrove l’area moderata, liberal-socialista o popolare che sia, è ben presidiata, mentre da noi non ha soggettività politica nel centro-sinistra, fatica ad affermarsi al centro (il cosiddetto Terzo Polo è già morto, ma di questo parleremo la settimana prossima), e ha abdicato nel centro-destra, dove è in corso un’inversione di ruoli tra il duo Salvini-Berlusconi e la Meloni. Ecco perchè sarebbe importante che i Morando, i Gori, i Ceccanti, si decidessero a prendere il toro per le corna, mettendo definitivamente in cantina quella maledetta “vocazione maggioritaria” – peraltro inutile senza una legge elettorale come il doppio turno francese – che è una sorta di ricatto morale bipolarista per cui si sta insieme solo per battere l’altro polo, capendo una volta per tutte che al Paese per essere veramente governato serve che si costruiscano alleanze politiche (basate sulle affinità) e non cartelli elettorali. I Democratici conservavano l’identità del partito costruito sulla partecipazione: iscritti, sezioni, congressi, no a leader “padroni” (anche se il prezzo è stato nessun leader), no ai cognomi nel simbolo. Poi, però, questa storia delle primarie, e per di più all’amatriciana, li ha spinti verso la deriva movimentista, a preferire la piazza alla rappresentanza, il referendum sulle personalità dei contendenti anziché il confronto di idee. Ma se invece si cede al richiamo del “insieme battiamo le destre”, sperando nel lavacro purificatore dello stare per un po’ all’opposizione dopo tanto “governismo” e immaginando che il tema sia ritrovare l’unità – che non c’è mai stata, realmente – e non invece consacrare le diversità, senza più ambiguità e ipocrisie, e se in conseguenza di questo Bonaccini commetterà l’errore (da matita blù) di fare il presidente del Pd sancendo così che non esiste differenza politica sostanziale con la vincitrice delle primarie, beh allora anche quell’indiretto “vantaggio” che sia prevalsa Elly la rossa non si verificherebbe. E rimarrebbe soltanto lo svantaggio di avere una sinistra ideologica e movimentista, proprio mentre è massima la necessità di averne una moderna, post ideologica e pragmatica”. Fonte: Redazione TerzaRepubblica http://www.terzarepubblica.it
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Prof. Profeti: “La democrazia ad una svolta”
Posted by fidest press agency su domenica, 28 agosto 2022
Roma. La democrazia nel nostro paese è oggi ad una svolta? Ne parla con noi il professor Alfio Profeti, di cui pubblichiamo uno scritto sull’argomento.”Oggi più che mai mi sento in dovere di porre l’accento sulla necessità di condividere alcune riflessioni che la realtà del nostro paese impone.Sono un insegnante, ormai prossimo alla pensione, che di fronte all’acceso dibattito elettorale avverte la necessità di chiarire a se stesso come, dopo quasi ottanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, siano presenti nel nostro paese profonde divisioni e contrapposizioni.Durante le mie lezioni di Educazione Civica, ho mostrato ai miei allievi l’importanza di evitare quello che Calamandrei sottolineava come “sia un po’ una malattia dei giovani, l’indifferentismo”.Gli esiti delle ultime campagne elettorali comunali, regionali e nazionali hanno sempre più espresso una maggioranza di cittadini che hanno rinunciato ad esercitare il proprio diritto a scegliere i propri rappresentanti.L’appello del 26 Gennaio 1955 di Piero Calamandrei ad un impegno da parte dei giovani volto a superare quelle divisioni e contrapposizioni che la seconda guerra mondiale ha determinato, con lo scopo di realizzare una convivenza democratica, rispettosa della dignità di ogni cittadino, favorendo il pieno sviluppo di ogni persona umana, ad oggi non ha avuto un risultato concreto: la classe politica che in tutti questi anni ha governato il paese non è riuscita a dare risposte ai problemi che ogni italiano sperimenta sulla propria pelle, alimentando ed approfondendo dinamiche conflittuali.Per questo mi chiedo se il suggerimento di Mauro Scardovelli, che scrive nel suo saggio “Dall’Io al Noi, la via per un mondo nuovo”:“Abbiamo il compito, tutti noi insieme, di portare avanti una straordinaria rivoluzione, antropologica e spirituale. Una rivoluzione, un’azione collettiva, allegra, pacifica e democratica, che traghetti l’umanità dalla sponda del potere-dominio esclusivo dei pochi sui molti, alla sponda dell’amore reciproco-comunitario-inclusivo, come previsto dalla nostra Costituzione”, possa tratteggiare una strada percorribile.Purtroppo la proposta di Scardovelli ha le caratteristiche più di un sogno, di un’utopia.Ritengo comunque che sconfiggere l’esercito di quelli che bussano alle nostre porte con offerte miracolose, non sia sufficiente una difesa passiva.Ciò che può favorire i giovani ad un comune impegno è tradurre le nostre idee nel nostro mettere i piedi nella storia, attraverso una piena disponibilità all’ascolto, per comprendere, evitando fraintendimenti ed ambiguità, impegnandoci in un rispettoso dialogo inter-generazionale, evitando di parlare gli uni sugli altri, compito di cui dobbiamo assumere la piena responsabilità”.Prof. Alfio Profeti (fonte: ComunicatiStampa.net)
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Dov’è l’idrogeno per la svolta green
Posted by fidest press agency su mercoledì, 23 marzo 2022
Il gruppo di “Surface Science and Catalysis” del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova ha sviluppato una nuova tecnica basata sul microscopio a effetto tunnel per visualizzare con precisione atomica diversi processi elettro-catalitici. I ricercatori padovani hanno applicato questo potente strumento di analisi a elettro-catalizzatori per la produzione di idrogeno riuscendo a mappare, con risoluzione mai raggiunta prima, i siti capaci di produrre idrogeno, a valutarne la loro efficienza e a determinare il tipo di meccanismo molecolare che porta alla formazione dell’idrogeno.La ricerca dal titolo “Atom-by-atom identification of catalytic active sites in operando conditions by quantitative noise detection” coordinata da Stefano Agnoli del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova è stata pubblicata sulla rivista «Joule», una sister journal di Cell, focalizzata nel campo delle energie alternative. Nell’articolo vengono illustrati i principi teorici di questa tecnica innovativa e la loro applicazione a diversi materiali dimostrando come sia possibile visualizzare in tempo reale la formazione di idrogeno addirittura su un singolo atomo.«La tecnica sviluppata dal nostro gruppo parte da un’intuizione del Premio Nobel Gerd Binnig, il primo a ipotizzare che il disturbo che normalmente si riverbera su alcune misure non sia una semplice imperfezione strumentale, ma che racchiuda in sé importanti informazioni connesse a reazioni chimiche. Partendo da questo concetto abbiamo sviluppato una tecnica capace di estrarre queste informazioni nascoste e ottenere uno sguardo diretto sui processi catalitici a livello atomico – dice Stefano Agnoli del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova –. La nuova tecnica sviluppata a Padova è un potentissimo strumento per lo sviluppo di nuovi materiali per la catalisi, indispensabili a rendere il processo elettrochimico economico ed efficiente, e che sono essenziali per la produzione sostenibile di idrogeno a partire dall’acqua attraverso un processo elettrochimico a basso costo. L’idrogeno, sulla scena energetica, si sta candidando come vettore della transizione verso un futuro a zero emissioni di carbonio: tale tecnica potrà essere messa a servizio del nuovo piano PNNR nell’ambito delle tematiche per le energie alternative. Al momento il passaggio da combustibili fossili a energie rinnovabili è limitato dalla capacità di produrre e convertire in elettricità il cosiddetto idrogeno verde. Questo studio – conclude Agnoli – offre la possibilità di osservare con una risoluzione spaziale, fino ad oggi mai vista, questi processi consentendo non solo di identificare i materiali più efficaci, ma anche sviluppare le conoscenze necessarie per farne nascere di nuovi».
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Necessaria una svolta all’agricoltura europea
Posted by fidest press agency su sabato, 28 agosto 2021
Il disastro naturale avvenuto in Spagna spinge di nuovo a riflettere sull’urgenza di imprimere una svolta all’agricoltura europea per costruire un futuro sostenibile – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Nei giorni scorsi, nel Mar Menor spagnolo – laguna costiera della provincia di Murcia – si è verificato l’ennesimo disastro naturale con la moria di almeno 4,5 tonnellate di pesci e di altri organismi. Un episodio analogo si era verificato soltanto due anni fa, causando la morte di 3 tonnellate di pesce.L’aspetto più preoccupante è che la tragedia ambientale, secondo gli esperti, potrebbe essere dovuta agli scarichi dell’agricoltura intensiva che hanno causato una mancanza di ossigeno nell’acqua – prosegue Tiso. È sempre più evidente come i metodi agroindustriali non siano compatibili con il rispetto dell’ambiente e delle forme di vita che popolano il nostro pianeta. I danni, come dimostra l’episodio spagnolo, non si limitano ai campi, ma possono estendersi ai fiumi, ai mari, agli animali e agli uomini. L’equilibrio dell’intero ecosistema è legato a doppio filo all’attività agricola.In questo scenario dispiace constatare che alcuni dei pilastri del Green Deal europeo, come la strategia ‘Farm to Fork’, siano di nuovo messi in discussione all’interno della stessa Unione europea. Uno studio pubblicato di recente dal Centro di Ricerca della Commissione rimette in discussione l’intera impostazione della transizione ecologica, paventando che quest’ultima possa portare a una riduzione del reddito agricolo e della produzione, con una conseguente delocalizzazione delle emissioni in Paesi extra Ue. Un’impostazione che sembra ignorare il fatto che compito specifico dell’Unione europea è proprio sostenere il reddito degli agricoltori per facilitare la riconversione dell’agricoltura in senso agroecologico.
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G20 Ambiente: Rotta, occasione unica per svolta green
Posted by fidest press agency su lunedì, 26 luglio 2021
“Stiamo attraversando un momento cruciale per quella rivoluzione green di cui ogni giorno di più si avverte la necessità. Servono interventi mirati su clima, ecosistemi, biodiversità. E serve una linea comune globale. Il G20 dell’Ambiente in corso a Napoli è uno degli appuntamenti cruciali per definire le politiche della sostenibilità”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ambiente alla Camera, Alessia Rotta. “Come riconosce l’inviato speciale Usa sul clima, John Kerry – continua la presidente Rotta – il presidente del consiglio Mario Draghi e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani garantiscono l’impegno dell’Italia al raggiungimento di un accordo. Di più. Sono le figure più indicate a favorire il raggiungimento di questo obiettivo”. “I piani di azione sono molteplici – aggiunge Rotta – lo stesso ministro Cingolani ne ha tratteggiato i percorsi. Per esempio, bisogna fare in modo che il sistema finanziario sia incentivato ad allinearsi alle esigenze dello sviluppo sostenibile, e i progetti contenuti nel Pnrr vanno in questa direzione. Bisogna agire sull’istruzione, sulla formazione culturale delle nuove generazioni, che è l’unico strumento capace di rendere permanente la rivoluzione green, di prolungarne nei decenni gli effetti, di impedire che la sua spinta propulsiva, rigeneratrice, si interrompa. C’è poi il lavoro dei Comuni, delle Regioni, oltre che dell’Esecutivo: gli obiettivi che vengono posti e il coordinamento fra i vari livelli di governo sono elementi indispensabili alla riuscita della transizione ecologica”. “La pandemia – conclude Rotta – ci ha fatto scoprire un’Ue solidale nella lotta al virus e nella ricerca di una via d’uscita dalla crisi. Questo ci permette di disegnare l’Europa del domani. Ma il portato dell’esperienza che ha marcato la vita di tutti, in tutto il mondo, va oltre. Oggi avvertiamo una consapevolezza viva, comune, della necessità di una svolta che garantisca il futuro del pianeta. Questa svolta non può che essere verde e non può che essere condivisa dai governi. Il summit di Napoli è un tassello fondante per consolidare questa consapevolezza e per cominciare ad agire di conseguenza”.
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Svolta per le agroenergie
Posted by fidest press agency su giovedì, 22 luglio 2021
“In arrivo semplificazioni e norme più chiare per l’utilizzo degli impianti di biogas e biometano in agricoltura, per un maggior riciclo dei sottoprodotti, per il riconoscimento della qualifica di biocarburante avanzato, per l’immissione in consumo del biometano alla rete del gas naturale”. Lo dichiara il deputato Gianpaolo Cassese (M5S) primo firmatario di due emendamenti Dl Recovery approvati in Commissione congiunte Ambiente e Affari costituzionali.“Una volta approvata la legge – continua – le aziende agricole con impianti di biogas di piccola taglia, ossia non superiori a 300 KW, potranno utilizzare, per la loro alimentazione, anche materie e reflui derivanti da altre aziende limitrofe, ovviamente nel rispetto dell’attività agricola prevalente. Ciò consentirà non solo di sfruttare al meglio le potenzialità e le risorse del territorio, ma anche di incrementare la capacità reddituale delle imprese del settore agricolo e zootecnico e di ampliare il numero di quelle che concorrono ad una economia circolare e sostenibile”.“Viene, inoltre, fatta chiarezza – prosegue Cassese – sui sottoprodotti che possono essere utilizzati per alimentare gli impianti di biometano al fine di produrre biocarburante avanzato. Abbiamo dunque superato il gap normativo che in questi anni ha ostacolato l’avvio di iniziative imprenditoriali del settore agroindustriale. Una norma che rappresenta una svolta e interviene sul settore dei trasporti, responsabile in Italia di 1/4 delle emissioni gas serra, con il 92,6% prodotte dal trasporto su strada.” “Interveniamo, infine, sulla semplificazione amministrativa relativa alle connessioni alla rete del gas naturale per favorire l’immissione in consumo del biometano, attraverso un provvedimento unico” conclude.
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Dl Sostegni: Cia, bene svolta agricola in cessione credito d’imposta 4.0
Posted by fidest press agency su venerdì, 7 Maggio 2021
Il settore agricolo intravede finalmente l’opportunità di usufruire appieno del credito d’imposta 4.0. Una conquista importante per l’agricoltura che sollecita da tempo sostegno agli investimenti hi-tech e per il rinnovo del parco macchine ultraventennale, requisiti fondamentali per dare seguito al Green Deal Ue. Così Cia-Agricoltori Italiani soddisfatta dell’ok da parte delle Commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato all’emendamento nel Dl Sostegni sulla cessione del credito. Una vittoria per tutte le imprese italiane e per Cia, intervenuta con proposte concrete sin dalla legge di Bilancio 2020 e durante i vari provvedimenti da inizio pandemia. Nel dettaglio, a partire dalla legge di Bilancio 2020, Cia ha sostenuto con specifiche proposte emendative, la necessità di consentire alle imprese non solo di scontare il credito in compensazione con imposte e contributi a debito, ma anche di poterlo cedere in modo da creare un sistema virtuoso e ancor più incentivante, a beneficio non soltanto del settore agricolo, ma di tutta la filiera della produzione di macchine e di attrezzature innovative.Per Cia, si concretizza così per il comparto agricolo, l’occasione importante di una reale transizione ecologica, con le imprese incentivate dalla misura 4.0 e della cessione del credito, al rinnovo dei mezzi con macchine più moderne, tecnologiche e a bassa emissione C02, in linea da una parte con le sfide ambientali Ue, dall’altra con l’urgenza di ridurre il rischio infortunistico o quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali. Senza dimenticare che l’integrazione con l’hi-tech, sostenuta dal contribuito della ricerca scientifica, resta cruciale nella produzione di cibo fresco e sano e, quindi, nella lotta alle fitopatie e ai cambiamenti climatici.“L’approvazione di questo emendamento -commenta il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino- arriva a tonificare l’attività delle imprese e premia la visione e la tenacia dell’organizzazione che da sempre considera il tema dell’innovazione di grande rilevanza strategica. Innovazione che non vuol dire solo robotica e digitale -aggiunge Scanavino- ma anche, e prima di tutto, risolvere il problema dei macchinari obsoleti, attraverso una programmazione pluriennale che ci attendiamo venga agevolata dai provvedimenti attuativi del PNRR”.
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“Rendere effettiva la svolta digitale del Documento Unico”
Posted by fidest press agency su giovedì, 15 aprile 2021
“Dopo il recente rinvio dell’entrata in vigore della disciplina sul Documento Unico, è necessario avviare quanto prima un confronto costruttivo tra il MIT e la filiera automotive per superare le attuali criticità e rendere disponibile un servizio realmente utile a cittadini ed imprese. Va colmata, una volta per tutte, la lacuna normativa che spinge oggi sempre più Pubbliche Amministrazioni a notificare alle società di noleggio le multe per le infrazioni al Codice della Strada commesse dalla clientela. Un pericoloso orientamento che rende meno sicure le nostre strade, garantendo impunità ai reali trasgressori, che rischia di costare al settore, già gravemente colpito dalla pandemia, ogni anno 240 milioni di euro (a fronte di oltre 2 milioni di multe)”. Sono queste le principali richieste avanzate nel corso dell’audizione sul cosiddetto DL Trasporti presso la Commissione Lavori pubblici del Senato del Presidente ANIASA (l’Associazione che in Confindustria rappresenta i servizi di mobilità) Massimiliano Archiapatti.Una pratica sbagliata e pericolosa che rischia di rendere meno sicure le nostre strade, deresponsabilizzando i comportamenti scorretti dei driver, e che produrrebbe gravi danni economici per il settore (240 mln di euro l’anno).
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Italiani: Come eravamo e la svolta
Posted by fidest press agency su giovedì, 25 marzo 2021
di Giuseppe Bianchi. Al nastro di partenza eravamo in tanti. Mussolini aveva incoraggiato le famiglie numerose e noi nati nel decennio 1930 riempimmo le culle. Non entrammo nel migliore dei mondi possibili perchè sulle famiglie pesavano ancora gli effetti della grande recessione del 1929 che aveva ridotto redditi e posti di lavoro. E ben presto fummo introdotti nella Seconda Guerra Mondiale che ci aprì gli occhi alle “banalità del male”. Il territorio che iniziammo ad esplorare era pieno di semafori che indicavano le cose da fare e quelle da evitare. Il cibo era povero e scarso ed imparammo a rispettarlo. Venne poi la Scuola, irregimentata nei canoni dell’educazione fascista che ci fece tutti “balilla”. L’apprendimento fu scarso nel disordine bellico ma lì nacquero le nostre prime amicizie, simpatie sentimentali. Ma questi rapporti si spezzarono presto. Solo una minoranza privilegiata proseguì gli studi, gli altri si avviarono ai diversi avviamenti professionali che distinse, per sempre, i nostri destini di vita. L’ingresso nel mercato del lavoro fu agevolato dalla ricostruzione post-bellica del Paese. Le offerte di lavoro non mancarono sorrette da una domanda esuberante ma poco generosa per la qualità professionale e retributiva dei posti di lavoro disponibili. L’industria nascente aveva bisogno di braccia operose perchè il sistema produttivo scontava l’impiego di tecnologie (le catene di montaggio) a largo impiego di lavoro parcellizzato e ripetitivo.Ma entrammo con fiducia nella nuova società che si apriva alle libertà democratiche e che prometteva la condivisione di un maggiore benessere. Ed infatti iniziò un percorso con lo sviluppo dell’industrializzazione di massa che estese il godimento dei beni di consumo, prima inaccessibili ai più, mentre l’assimilazione delle nuove libertà alimentò un nuovo protagonismo degli attori sociali (in primis i sindacati) nel migliorare le retribuzioni e le condizioni di lavoro.Il conflitto lavoro-capitale che, nelle frange più radicali, doveva portare al superamento del capitalismo, venne stemperato nella pratica della contrattazione collettiva che assicurava pari dignità ai contraenti e vantaggi reciproci nei limiti dei rapporti di forza che si andarono evolvendo nel tempo.Compiaciuti del benessere raggiunto, non capimmo le trasformazioni che si andarono configurando con il passaggio successivo alla società post-industriale. Prima con l’espansione dei servizi e poi con la globalizzazione dei mercati, trainata dalla finanza avvantaggiata dalla liberalizzazione dei movimenti del capitale che allargò le diseguaglianze sociali. Il sistema economico perse la sua capacità propulsiva, il sistema sociale si frantumò nei processi di individualizzazione degli interessi e le istituzioni democratiche di massa (partiti, sindacati) entrarono in crisi per la mancata capacità di adattare le loro strategie e i modelli organizzativi ai cambiamenti strutturali del sistema economico.Il conflitto sociale è degenerato nella micro conflittualità insofferente ai canoni della solidarietà di classe e il conflitto politico si è trasformato nella contestazione populista della “casta politica” accusata di chiudersi nei suoi privilegi. In tale situazione precaria è calata la pandemia con i suoi costi economici e sociali. È passato un anno dalla prima diffusione del virus e niente è andato come avrebbe dovuto. È aumentata nel Paese la domanda di tutela della salute anche a costo di limitare le libertà personali. Aumentano coloro che si domandano se non valga la pena di accettare qualche forma di autoritarismo per tornare alla normalità della vita. La profezia, condivisa dalla nostra generazione che democrazia ed economia di mercato fossero strettamente interconnessi è stata minata da nuove forme di capitalismo autoritario, da nuove “modernità alternative”.Ora il nostro Paese è chiamato alla sua ricostruzione lungo le nuove direttrici di uno sviluppo sostenibile ed inclusivo dal punto di vista sociale. Affronta tale impegno senza le ideologie e le classi sociali che hanno guidato la fase precedente dello sviluppo industriale e nella condizione di un Paese disilluso e frustrato. Non basta disporre delle risorse finanziarie europee stanziate perchè il loro impiego richiederà una rigenerazione dello Stato e la capacità delle parti sociali di gestire, in forme socialmente accettabili, la riallocazione del capitale e lavoro, a sostegno della nuova transizione ecologica e digitale. Un impegno collettivo di grande portata perchè ricostruire significa programmare il futuro nei suoi valori fondanti, nelle sue politiche e nelle sue strutture organizzative.Non è allora retorico evocare il ruolo delle giovani generazioni che abiteranno tale futuro. La paura di compromettere un benessere tanto faticosamente conquistato ha indotto le categorie più anziane a chiudersi nella tutela dei loro interessi, facendosi forte del loro peso elettorale.Il paese ha assistito passivamente alla riduzione degli investimenti pubblici destinati al rinnovamento delle istituzioni scolastiche, ha lasciato deperire le strutture pubbliche dell’impiego che dovevano accompagnare i giovani al lavoro, non ha ostacolato la decrescita della natalità all’origine degli attuali squilibri demografici. E da ultimo, nel corso della pandemia, si sono chiuse le scuole alle quali non è stata destinata la stessa attenzione riservata alle strutture economiche.La nostra generazione, ormai giunta al capolinea, ha gestito la più profonda trasformazione della nostra società mai accaduta alle precedenti generazioni. Lascia una eredità di cose fatte e di errori compiuti. Sta ai giovani di oggi accettare sfide più grandi di loro. I giovani digitali dovranno gestire le opportunità e i rischi della nuova società digitale, mantenendo vive le loro libertà. Devono anticipare la loro maturità culturale condividendo le loro aspirazioni ed aprendosi alle relazioni con gli altri. Ecco perchè sono favorevole al voto dei sedicenni perchè al più presto riempiano i vuoti di senso e di futuro. (fonte: http://www.isril.it)
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Recovery Plan: 19,7 miliardi insufficienti per svolta SSN
Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 febbraio 2021
Recovery Plan: la Salute con l’8,8% rispetto alle risorse totali resta l’ultima ruota del carro, circa 8 miliardi in meno rispetto alla missione “inclusione e coesione” (penultima per finanziamenti). Inoltre “Piani di azione” per i diversi progetti da definire entro due-tre anni rispetto all’utilizzo delle risorse articolato su sei anni, rischiano di ridurre le potenzialità e gli effetti delle misure in campo: i piani di azione si devono tradurre in qualcosa di subito attuabile, non diluito nel tempo. Ancora assente il modello di governance istituzionale per il monitoraggio e l’attuazione del PNRR, come pure quello della governance della spesa sanitaria tra Stato, Regioni e ASL, con effetti su tempi di realizzazione. L’ultima occasione di finanziamento di un programma straordinario di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie risale a più di 30 anni fa con l’art. 20 della Legge 67/1988, con uno stanziamento iniziale, solo da parte dello Stato, pari a ben 15,5 miliardi di euro (i 30mila miliardi di lire), gli attuali 34,4 miliardi a parità di potere di acquisto, praticamente quasi il doppio rispetto ai 19,7 miliardi destinati anche ad altre esigenze che potrebbero arrivare dall’Europa e che rappresentano il 57% delle risorse decise 33 anni fa per i soli ospedali (quest’ultime allocate su arco temporale più lungo rispetto a quello del PNRR).Il fabbisogno iniziale di risorse stimato dal Ministero della Salute per gli interventi di edilizia sanitaria in vista della prima stesura del recovery ammontava a 34,4miliardi, di cui 14 miliardi per adeguamenti sismici e antincendio. Invece il recovery plan poi approvato dal CDM assegna per la sicurezza degli ospedali 5,6 MLD per realizzare 675 interventi di antisismica entro il 2026.Inoltre, mentre il Recovery Plan parla di “675 interventi”, che potrebbe significare anche una molteplicità di interventi per una stessa struttura sanitaria, nel 2013 la relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Ssn segnalava come le strutture che necessitavano di una pluralità̀ di interventi di messa in sicurezza non fossero meno di 500.Per il rafforzamento dei servizi territoriali e per una migliore presa in carico delle persone con fragilità (cronicità, non autosufficienza, disabilità…) vengono destinati, attraverso il Recovery Plan, 7,9 miliardi in sei anni, di cui circa 1 miliardo all’assistenza domiciliare. Una cifra insufficiente a coprire gli oltre 17 miliardi l’anno di spesa privata delle famiglie per l’assistenza sanitaria a lungo termine, assistenza domiciliare e assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione, certificata dalla Corte dei conti.A rendere il quadro ancora più serio è il combinato disposto con la Legge di Bilancio 2021: infatti, se nel 2022 l’incremento del finanziamento del SSN è pari a 822,870 milioni di euro, già nel 2023, 2024 e 2025 questo si riduce a 527,070 milioni di euro per ciascuno degli anni, mentre a decorrere dal 2026 è pari a 417,870 milioni di euro l’anno. Dal 2023 sale nuovamente in cattedra la razionalizzazione della spesa (spending review- comma 404 L. 178/2020), che negli anni passati è stata confusa e declinata con un vero e proprio razionamento della spesa, dei servizi sanitari e dei diritti dei pazienti.E anche grazie a questo il SSN si è presentato alla sfida con la pandemia da Covid-19 impreparato, con i fondamentali non in ordine, con pazienti non-Covid costretti a diventare gli esodati del SSN e con numero di decessi di pazienti Covid purtroppo tra i più alti in assoluto. (fonte dal Report Salutequità in abstract)
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Macaluso: Berlinguer, il PSI e la svolta mancata
Posted by fidest press agency su lunedì, 25 gennaio 2021
Stima e dissenso con il celebre leader comunista, responsabile secondo Macaluso della mancata collaborazione con i socialisti, narrati nel libro «50 anni nel PCI» «L’ho visto per la prima volta al V Congresso del PCI, nel 1945». Comincia così il racconto che Emanuele Macaluso fa del suo rapporto con Enrico Berlinguer all’interno del suo diario “50 anni nel PCI”, edito da Rubbettino nel 2003 e riproposto in libreria in queste ore in omaggio al grande politico e intellettuale siciliano scomparso oggi. Quello tra Macaluso e il leader più amato del PCI fu un rapporto di reciproca stima ma collocato su posizioni nettamente diverse: favorevole a un’avvicinamento al PSI il primo, convinto della necessità di un rapporto più intenso con i cattolici il secondo.«Berlinguer non si staccò mai dall’asse strategico di Togliatti – scrive Macaluso nel capitolo del libro dedicato al leader comunista – Rispetto a Longo, con la sua segreteria il pendolo della politica del PCI, anziché muoversi verso l’area laico socialista, si spostò in direzione del mondo cattolico-democristiano. Lo stesso intenso rapporto con i leader socialisti europei, come Willy Brandt e Olof Palme, non ebbe come riferimento le conquiste sociali e il governo socialdemocratico, in un regime di libertà, di paesi rilevanti dell’Europa, ma i temi del rapporto Nord-Sud, molto importanti nella visione, per molti aspetti terzomondista, di Berlinguer» Secondo Macaluso un peso considerevole in tale forma di agire lo ebbe il rapporto di Berlinguer con Craxi: «Berlinguer – scrive – era preoccupato e spiazzato dalla politica di Craxi, dal suo autonomismo aggressivo, anche perché pensava che con il PSI di De Martino fossero stati raggiunti un rapporto di forze e un’intesa politica tali da mettere all’ordine del giorno, in una prospettiva non lunghissima, una fusione tra i due partiti. Tuttavia molti dimenticano che, sino alla vigilia delle elezioni del 1983, i rapporti tra PCI e PSI erano sì conflittuali, ma governati da un reciproco interesse a non provocare rotture irreversibili. È noto che, in quella vigilia, si svolse l’incontro tra Craxi e Berlinguer alle Frattocchie, e fu stilato un comunicato in cui si sottolineava una comune valutazione su tutti i problemi più scottanti, da quelli sociali a quelli della giustizia. Il clima cambiò nel momento in cui Craxi divenne Presidente del Consiglio: un anno di fuoco (…) La conflittualità tra Craxi e Berlinguer si accentuò oltremisura: il primo voleva intensificarla per consolidare la sua presidenza in Italia e all’estero; il secondo perché voleva costruire uno schieramento anticraxiano, trasversale, proletario e borghese, laico e cattolico, alzando da un canto la bandiera della “diversità” comunista e dall’altro la bandiera del “governo degli onesti”» Certo Macaluso è consapevole che la mancata collaborazione con il PSI non è completamente ascrivibile a Berlinguer. Nel capitolo del libro dedicato a “Craxi e gli anni Ottanta”, Macaluso scrive: «A questo punto, credo che sia giusto chiamare in causa la mia generazione. La quale non riuscì a portare più avanti un rinnovamento e una revisione ideologica e politica che potessero davvero dare vita a una forza alternativa di governo nel solo modo possibile, e cioè ponendo al centro della sua iniziativa una nuova unità della sinistra e incalzando il psi su questo terreno. Non sottovaluto le responsabilità di Craxi, il quale non seppe rivedere la sua politica dopo la scomparsa di Berlinguer, mentre era Presidente del Consiglio, e soprattutto dopo le elezioni del 1987, quando si verificò una flessione del PCI e il PSI non avanzò in modo significativo. Eppure, di fronte all’esaurimento del rapporto tra dc e socialisti, come asse del vecchio centrosinistra, del Pentapartito, della “governabilità possibile”, il PCI rimase come paralizzato dentro la sua stessa storia e dentro la svolta berlingueriana. (…) dopo il 1980 la “questione” Craxi diventò dirimente, cosicché il gruppo di compagni che la ponevano in termini diversi da quelli usati da Berlinguer venne considerato “inaffidabile”: anche se si trattava di personaggi autorevoli, da Lama a Napolitano, da Chiaromonte a Bufalini, via via fino ai più giovani (…)
L’amalgama, tra centristi e sinistra, nel “berlinguerismo”, fu costituito dal culto della “diversità”, dall’antisocialismo, dalla diffidenza nei confronti della socialdemocrazia europea. L’asse politico prevalente fu il rapporto con il mondo cattolico. C’era una visione integralista» «L’ostilità a spostare il “centro” del PCI per costruire una maggioranza con la “destra” – continua Macaluso – ha bloccato un processo, anzi, ha tolto di mezzo la possibilità di dare uno sbocco diverso alla crisi comunista, nella direzione del socialismo europeo. Diciamo le cose come stanno: a Napolitano si possono fare critiche e osservazioni su vari momenti del suo agire politico, ma nel gruppo dirigente era il solo che avesse conoscenze, frequentazioni, rapporti politici e credibilità nell’area del socialismo europeo.
Quale credibilità poteva avere Occhetto in quel mondo? Se si fosse posta attenzione alle sorti della sinistra, non era difficile capire quale soluzione dare alla nostra crisi. Non fu così, e i costi sono stati alti»
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La svolta nel tessile si chiama green
Posted by fidest press agency su mercoledì, 13 gennaio 2021
Dall’economia circolare nascono sempre più prodotti attenti all’ambiente con lavorazioni “a impatto zero”. E anche nell’anno dell’emergenza sanitaria, l’attenzione ai temi ecologici non è calata: nel 2020 la Tessitura Fibre Artificiali A. Lazzati di San Vittore Olona (MI) ha registrato una richiesta crescente per i prodotti “eco-friendly”. Ovvero, filati di poliestere e nylon interamente ottenuti da processi di recupero, ma anche finissaggi senza il ricorso a sostanze chimiche inquinanti: processi che sono il frutto di un lungo percorso di ricerca che pone oggi la Tessitura tra le realtà più innovative del tessile italiano. La continua ricerca di soluzioni green ha permesso alla tessitura di San Vittore Olona di produrre tessuti in poliestere e nylon 100% riciclato post-consumer. «Il poliestere è ottenuto da un processo di recupero delle bottiglie in plastica, mentre il nylon deriva dal recupero di reti da pesca e tappeti non più utilizzati», spiega Vercesi. «In entrambi i casi siamo riusciti a sviluppare tessuti interamente sostenibili, certificati e di alta qualità. Questi tessuti trovano facilmente impiego nel settore sportivo e fashion, ma soprattutto contribuiscono a ridurre sensibilmente l’impatto ambientale dovuto alla loro produzione ex-novo». Non a caso sono molte le firme dell’alta moda che hanno iniziato a adottare questa nuova filosofia di pensiero, per tale ragione il mondo del riciclato è ritenuto possa rappresentare il trend futuro per il settore tessile.
È anche possibile ritrovare questa “spinta green” verso i finissaggi utilizzati per aggiungere l’idrorepellenza nei tessuti. «La soluzione C-zero prevede l’impiego di una resina particolare che non utilizza sostanze chimiche perfluoroalchiliche come PFOS e PFOA, sostanze particolarmente inquinanti e già oggetto di restrizioni da parte dell’Unione Europea. Con questo finissaggio non vengono alterate le caratteristiche del tessuto e, allo stesso tempo, anche in fase di lavaggio non c’è pericolo di rilascio di tossine dannose per l’ambiente», aggiunge Vercesi.
In un momento di particolare crisi economica, dettata dalla pandemia, la via d’uscita che il gruppo Lazzati vede è sicuramente la svolta green delle produzioni, in un contesto in cui si dovrà fare sempre più i conti con l’ambiente e con scelte che dovranno in ogni caso tenerlo in considerazione.
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Agricoltura: Anno della svolta?
Posted by fidest press agency su domenica, 3 gennaio 2021
Come un grande acceleratore, la crisi dell’anno appena terminato ha fatto emergere con prepotenza le azioni necessarie per assicurare un futuro alla nostra agricoltura – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Questi mesi difficili hanno spinto analisti e associazioni di settore a individuare con precisione le priorità del 2021. Come Confeuro siamo convinti che sia indispensabile partire da una vera transizione agroecologica. Non c’è infatti mai stato un momento così propizio per dare vita a una rivoluzione verde. L’ultima crisi sanitaria e i danni prodotti dai cambiamenti climatici hanno finalmente preparato il terreno per una svolta che metta al centro le nuove generazioni, sempre più attratte da un impiego in agricoltura.L’Italia deve giocare da protagonista la partita del Green New Deal e ha tutte le carte in regola per far sì che il rilancio dell’agricoltura avvenga su basi completamente nuove – prosegue Tiso. Le resistenze al cambiamento, a ogni livello, sono ancora tante, ma non ci possono fermare. Secondo la Commissione europea, il 30% del Recovery Fund dovrà essere investito per rendere possibile una svolta verde. Per un utilizzo ottimale dei fondi europei e la stesura di un piano nazionale coerente, abbiamo a più riprese chieste un tavolo allargato alla ministra per le Politiche agricole, che ci auguriamo possa vedere la luce al più presto.Altra leva strategica è l’agricoltura 4.0, con la diffusione di nuovi strumenti digitali accessibili a tutti gli operatori per garantire maggiore competitività e sostenibilità dell’intera filiera, dalla produzione in campo alla distribuzione alimentare. Altrettanto importante è sostenere le Organizzazioni dei produttori, per tutelare i piccoli e medi agricoltori e permettere loro di negoziare alla pari con la grande distribuzione.C’è infine urgente bisogno di un’energica semplificazione burocratica, senza la quale qualsiasi misura per la crescita rischia di rimanere solo sulla carta. Chiediamo quindi al Governo e alle amministrazioni locali di impegnarsi per sollevare dalle spalle degli imprenditori il peso di una burocrazia troppo complessa, che assorbe risorse e ore lavoro diminuendo la produttività delle aziende.Se all’inizio dell’emergenza gran parte delle risposte erano obbligate, col passare del tempo si sono aperte nuove possibilità e margini di manovra che permettono al Governo di velocizzare il cambiamento. La politica può ora scegliere quale direzione prendere grazie all’esperienza accumulata in questi mesi e alle nuove risorse in arrivo. La crisi in corso non può insomma essere il paravento dietro cui nascondere decisioni non più al passo con i tempi.
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“Italia leader in Europa solo con la svolta verde”
Posted by fidest press agency su lunedì, 14 dicembre 2020
“Solo con una economia verde l’Europa può conquistare la leadership mondiale e solo con una rivoluzione green l’Italia può essere la locomotiva dell’UE. A cinque anni dall’Accordo di Parigi sul clima le prospettive sembrano essere positive, ma il tempo corre e dobbiamo agire subito”, così la Presidente della Commissione Ambiente alla Camera, Alessia Rotta.“Stiamo assistendo a cambiamenti politici rilevanti – spiega la presidente – La vittoria di Biden negli Usa e la nuova consapevolezza mostrata dai capi di Governo della Ue sul terreno della lotta ai cambiamenti climatici indicano che l’ecosostenibilità è la strada che due dei principali player mondiali hanno scelto di percorrere. Gli Usa tornano dentro il patto di Parigi, dopo la parentesi negazionista di Trump, e la Ue ha fissato al 2030 la riduzione delle emissioni di inquinanti al 55% con l’accordo raggiunto ieri dai 27 capi di Governo”. “L’aumento di terreni aridi, l’erosione delle coste, incendi sempre più devastanti, l’innalzamento dei mari, le migrazioni forzate, la scomparsa di interi ecosistemi, fenomeni atmosferici sempre più estremi sono solo alcune delle terribili conseguenze dei cambiamenti climatici. Parliamo di effetti reali che riguardano la vita di ognuno di noi. Oggi, a cinque anni, dalla firma degli Accordi di Parigi sul clima, la sostenibilità, la salvaguardia degli equilibri ambientali degli ecosistemi, la transizione di interi settori industriali devono essere una priorità per ogni Paese – conclude Rotta – Non abbiamo più tempo”.
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Coronavirus e svolta agroecologica
Posted by fidest press agency su martedì, 14 aprile 2020
La crisi che attraversiamo impone una seria riflessione sul modello di agricoltura e di allevamento in grado di garantire il rispetto delle risorse naturali e di ridurre al minimo i rischi legati alla convivenza dell’uomo con gli animali – dichiara il presidente nazionale Confeuro Andrea Michele Tiso. La genesi del coronavirus non è ancora chiara, mentre gli effetti della sua diffusione sono sotto gli occhi di tutti. Sappiamo però da tempo che l’agricoltura industriale e gli allevamenti intensivi incentivano lo sviluppo di agenti patogeni negli animali, che in alcune circostanze sono trasferibili anche all’uomo. Gli stessi nomi delle malattie che si sono diffuse negli ultimi anni – aviaria, suina, mucca pazza – suonano come un monito che è rimasto finora inascoltato. L’unica strada percorribile è la conversione dell’agricoltura e degli allevamenti intensivi al biologico, seguendo cicli produttivi che proteggano l’ambiente e salvaguardino la salute dell’uomo – prosegue Tiso. Dev’essere questo l’obiettivo prioritario a livello nazionale, europeo e mondiale. Solo la fine dello sfruttamento incontrollato delle risorse promosso dall’agricoltura e dagli allevamenti intensivi può infatti assicurare prosperità all’uomo e alla terra.L’agricoltura industriale, con il massiccio ricorso ai concimi chimici, è inoltre una delle cause dell’inquinamento atmosferico che rende il nostro organismo più vulnerabile soprattutto in caso di epidemie che colpiscono l’apparato respiratorio, proprio come accade col coronavirus. Per non parlare degli allevamenti intensivi, che secondo l’Ispra sono la seconda causa di inquinamento da polveri sottili in Italia, responsabili della produzione di smog più di industria, moto e auto. Di fronte a evidenze così schiaccianti, non occorre certo attendere per sapere se il virus che ha fermato il mondo venga davvero da un pipistrello. La svolta agroecologica non è più rimandabile se non a un prezzo molto alto per le nostre economie, la nostra salute e la nostra vita quotidiana.
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Il tempo della svolta
Posted by fidest press agency su venerdì, 10 aprile 2020
By Pasquale Di Lena. “il capitalismo è entrato in un’epoca di distruttività radicale. Ci trascina in un vortice che dissolve le strutture della società, decompone lo Stato, cannibalizza gli strumenti della rappresentanza politica e della democrazia, desertifica il senso della vita. Al tempo stesso va divorando, sino al limite del collasso, le risorse naturali sul cui sfruttamento ha fondato i propri trionfi economici”.Apre così il libro di Piero Bevilacqua, “Il grande saccheggio- l’età del capitalismo distruttivo. “Subito dopo si legge “La crisi economica e finanziaria recente, anziché costituire occasione di una riflessione profonda, in grado di ripensare gli squilibri insostenibili della gigantesca macchina economica del capitale, diventa il terreno di lancio di un modo di produzione sempre più privo di ragioni sociali e ambientali…è tutto un gridìo…vecchie e logore espressioni di un linguaggio che da almeno cinquant’anni è sempre lo stesso…come se quanto accaduto non fosse che un incidente momentaneo, una brusca interruzione del percorso già tracciato per i secoli a venire”. Due passaggi di un libro uscito nel 2011 firmato da un professore illustre – amato dai suoi allievi e dai suoi lettori, stimato dai suoi colleghi – che ha pubblicato altri importanti libri e che, come tanti altri studiosi e ricercatori, è, per il suo pensiero netto contro il sistema, sconosciuto al grande pubblico dei talk show, animati da personaggi, nella gran parte, noiosi, ripetitivi di banalità, spesso non simpatici.In un mio recente articolo, scritto subito dopo la notizia del Coronavirus, pubblicato sul mio blog con il titolo “La speranza”, la mia prima riflessione è stata quella di individuare nella più grande crisi economica del capitalismo, il fallimento del sistema, il neoliberismo. Ciò che è peggio il non voler prendere atto del fallimento tant’è che ha continuato a percorrere la stessa strada, quella distruzione delle risorse e dei valori.Una scelta che il Covid-19 ha messo in discussione con la sua presenza. Un virus un po’ più grande degli altri finora conosciuti, arrivato all’improvviso e con una violenza devastante, partito, non a caso da un Paese, la Cina, che ha fatto proprie le regole del neoliberismo e le ha messe nelle mani di un solo capitalista, lo Stato, .Dalla Cina e dall’Asia e, in modo altrettanto violento, il salto in Italia, e, poi, con tanti distinguo e tante riluttanze, in Europa, nelle Americhe, in Australia, e altri angoli del mondo, fino a colpire tutt’e cinque i continenti. Un virus che, in questo modo, ha fatto propria la globalizzazione, mettendo in quarantena soprattutto la retorica dei potenti, dei ricchi, sempre più ricchi e sempre più avidi di denaro; della finanza, cioè delle banche e delle multinazionali.Un virus che, purtroppo, continua a seminare morte ed a colpire le persone più deboli, come gli anziani, e chi è in prima linea a difendere la nostra salute o le regole che servono a contenere la sua violenza, cioè quelli che sono in prima linea a combatterlo, dentro gli ospedali, le autoambulanze, sulle strade, sui posti di lavoro.Un virus che invita tutti a riflettere, partendo dalle azioni predatorie e distruttive del potere, perché torni a farsi sentire la voce di chi non ha jet su cui volare, barche su cui passare il tempo o bunker da abitare, ma solamente un cuore, una bocca e un’anima da sfamare e accarezzare.Un virus che ricorda a tutti la sacralità della terra, dei suoi ambienti e dei suoi paesaggi; la fertilità del suolo; la bontà delle foglie e dei frutti delle piante; la generosità degli animali; la necessità di sentirsi parte della natura e non padroni della stessa.C’è da dire che il tempo del virus che viviamo ci racconta soprattutto paure, disagi, senza però toglierci, per fortuna, il gusto di pensare e immaginare il domani.Si sente, tra mille silenzi, una voglia di svolta radicale come una necessità. Una svolta possibile solo se questo sentire diventa consapevolezza, cioè bisogno di cambiare le nostre abitudini e il nostro modo di pensare e di fare. Una svolta che serve alle nuove generazioni, quali eredi, e, come tali, vittime di un neoliberismo predatorio e distruttivo, che ha trasformato la sobrietà in spreco; il rispetto in abuso; la solidarietà in odio; la reciprocità in egoismo, le comunità in tanti individui isolati e gli individui in numeri.Ecco che diventa una priorità ribaltare le regole imposte dal neoliberismo , anche per non ritrovarsi a dover combattere, in tempi non lontani, altri virus ancor più cattivi del Covid-19.
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“L’Europa ha bisogno di una svolta politica e non dei fondi del Mes”
Posted by fidest press agency su sabato, 28 marzo 2020
“Serve una svolta politica che permetta all’Europa di dotarsi di una politica fiscale, solo con passi decisi in questa direzione si può fronteggiare questa drammatica situazione economica. Continuare invece a trattare sul meccanismo di accesso al fondo salva stati, come hanno fatto ieri i ministri delle Finanze dell’eurozona, è semplicemente ridicolo. Non saranno i 36 miliardi che, eventualmente, arriveranno dal Mes, a salvare il nostro Paese né l’Europa. Un prestito rimane un prestito. C’è bisogno invece di una risposta comune e politica. In queste settimane si gioca il nostro futuro: è necessario camminare con convinzione verso gli Stati Uniti d’Europa” dichiara Massimiliano Iervolino, Segretario di Radicali Italiani.
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Sindacati militari: una svolta epocale ma anche motivi di riflessione
Posted by fidest press agency su giovedì, 14 febbraio 2019
“Dopo un cammino ultratrentennale di sindacalismo in Polizia c’è una cosa che si può affermare con assoluta certezza: certe svolte epocali richiedono tempo, lavoro, esperienza e studio, perché portino a un vero cambiamento, a una proficua innovazione, a un reale miglioramento delle condizioni esistenziali e lavorative di centinaia di migliaia di lavoratori in uniforme e, quindi, del Comparto in cui prestano servizio. Ecco perché oggi non possiamo che esprimere decisa solidarietà ai Cocer e fortissime perplessità di fronte ai tempi accordati al coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori nell’ambito dello storico evento della nascita dei Sindacati militari. Audizioni convocate con sole 48 ore di anticipo per l’esame di provvedimenti caratterizzati ancora da un altissimo tasso di incertezza e scarsa definizione non sembrano testimoniare una convinta volontà di promuovere una reale collaborazione, ma sembrano quasi una presa in giro. Il ministro Trenta sia garante di un corretto confronto fra Amministrazione e Rappresentanti dei lavoratori nel massimo rispetto dei rispettivi ruoli”. E’ quanto afferma Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, Federazione sindacale di Polizia, a proposito della convocazione presso le Commissioni congiunte di Camera e Senato dei Cocer per le audizioni in tema di “Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale del personale militare”. Convocazioni fissate per domani, 13 febbraio, e comunicate ieri, 11 febbraio, nonostante che, hanno spiegato dal Consiglio di Rappresentanza degli stessi Cocer, fin da novembre fosse stata chiesta l’apertura di quattro tavoli tematici a guida politica per preparare opportunamente questo storico passaggio che dovrà assicurare al personale un diritto fondamentale costituzionalmente riconosciuto.“Se alle nuove Rappresentanze militari fosse stato esteso tout court il modello sindacale valido per la Polizia di Stato – conclude Mazzetti – tutto sarebbe stato più semplice e sarebbe stato possibile esprimere in tempi più brevi posizioni chiare a partire da un’esperienza che, negli anni, ha raggiunto un elevato e approfondito livello di funzionalità grazie a meccanismi e procedure ben rodate. Ma premesse di tutt’altro genere rispetto al funzionamento di questo nuovo modello di Sindacato militare, limiti non ancora definiti, e ‘margini’ di intervento tutti da chiarire, richiedono ben altri tempi di studio e di ‘contrattazione’, a meno di voler mandare in fumo un’opportunità straordinaria di evoluzione per un Comparto che, come l’Europa ci insegna, deve mettersi al passo con i tempi. Cambiare tutto in fretta perché nulla cambi non servirà a nulla, se non a prendere in giro migliaia di Servitori dello Stato i cui diritti devono invece essere garantiti fino in fondo”.
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“Mercati sfavorevoli: siamo a una svolta?”
Posted by fidest press agency su domenica, 23 dicembre 2018
A cura di Toby Nangle, Responsabile asset allocation globale e Responsabile multi-asset, EMEA. Nel corso degli ultimi mesi non abbiamo fatto mistero delle nostre preoccupazioni a proposito di una serie di ostacoli presenti sui mercati finanziari. La rotta presa dalla politica monetaria e commerciale statunitense, le tensioni tra la Commissione europea e la coalizione a capo dell’esecutivo italiano sul progetto di bilancio definitivo, senza tralasciare l’incertezza legata al percorso tortuoso della Brexit: tutti questi fattori sono in grado di influire significativamente sui rendimenti degli investitori nel medio periodo.
Tolti questi ostacoli, le prospettive economiche sottostanti sembrano favorevoli, con un’espansione più lenta ma superiore al trend e una crescita degli utili del 7-9%. Inoltre, i premi al rischio sui mercati azionari, obbligazionari e immobiliari non sono per nulla modesti. Ma in mancanza di ostacoli, le prospettive saranno sempre favorevoli. Frattanto, però, sui mercati la situazione si fa sempre più cupa.Sebbene la dinamica di mercato sia stata estremamente negativa e gli investitori siano stati penalizzati da notizie di ogni tipo, vale la pena notare che le preoccupazioni relative a diverse di queste aree hanno preso una piega più positiva. In Francia, il passo indietro di Macron sulle riforme strutturali interne e l’allentamento fiscale a fronte delle richieste dei dimostranti non sono visti necessariamente di buon occhio dai mercati, che preferirebbero un mercato del lavoro francese più dinamico. La situazione costituisce tuttavia un contesto migliore affinché l’Italia trovi un terreno d’incontro con la Commissione europea per quanto riguarda la proposta di bilancio, riducendo di conseguenza le probabilità di una nuova crisi del debito sovrano in Europa.
L’arresto della CFO di Huawei in Canada rappresenta invece una minaccia per le già fragili relazioni sino-americane. Il caso è tuttavia stato accompagnato da trattative e segnali positivi provenienti da entrambi i Paesi lasciano presagire una distensione delle tensioni commerciali. L’economia statunitense sembra tuttora operare a un livello di piena capacità, se non addirittura superiore, aprendo così la strada a ulteriori rialzi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve. La crescita economica ha verosimilmente raggiunto il punto di massimo nel secondo trimestre del 2018; mentre la decelerazione, parallelamente all’affievolirsi dello stimolo fiscale e all’inasprimento delle condizioni finanziarie (spread creditizi e rendimenti obbligazionari più elevati, prezzi azionari più contenuti), rende un intervento della Fed meno urgente, dando alla banca centrale la possibilità di prendere una pausa.Nonostante questi ostacoli continuino a catalizzare l’attenzione, abbiamo buona ragione di ritenere (senza dirlo troppo forte) che la situazione sia lievemente migliorata. Per quanto difficile, abbiamo deciso di incrementare l’esposizione dei portafogli multi-asset ai mercati azionari asiatici, dove i prezzi degli attivi scontano risultati deludenti, mentre siamo piuttosto certi che i premi al rischio offertici per gli attivi europei presentino valutazioni interessanti.Purtroppo il venir meno delle incertezze non è stato uniforme rispettivamente ai quattro ostacoli. Permangono le incertezze sulla Brexit e non si fa che parlare delle notizie politiche britanniche. Qualora il Regno Unito dovesse lasciare l’Unione europea senza un accordo di transizione, un ulteriore e ingente deprezzamento della sterlina appare molto probabile. I mercati stanno però scontando un livello di incertezza tale che solo il fatto di evitare questo scenario negativo basterebbe probabilmente a dare un vigore significativo alla valuta.Non essendo in grado di determinarne con precisione l’esito, abbiamo optato per un approccio che cercasse di rendere i portafogli dei clienti meno sensibili alle oscillazioni di valore legate alla Brexit. Non v’è dubbio che il risultato apparirà estremamente scontato a posteriori, ma giocare d’azzardo coi fondi dei nostri clienti in un’area caratterizzata da elevata incertezza non rappresenta un approccio d’investimento sostenibile.
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