“La pandemia ha confermato la centralità di quella rete di prossimità, al servizio della salute dei cittadini, rappresentata dai farmacisti e dalle farmacie di comunità. È un ruolo che ci viene oggi riconosciuto dal decreto sul nuovo assetto della sanità territoriale, che sancisce formalmente il valore strategico del farmacista quale avamposto del Servizio sanitario sul territorio”. Lo dichiara Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del Ministero della Salute sulla riforma dell’assistenza territoriale.“In questi lunghissimi due anni e mezzo – prosegue Mandelli -, le “croci verdi” sul territorio sono state un punto di riferimento costante e affidabile per i cittadini. La ricetta dematerializzata, il massivo rilascio di green pass a sostegno dell’economia nazionale, l’esecuzione dei tamponi, la somministrazione dei vaccini Covid e antinfluenzali, insieme al counseling offerto ai cittadini, sono solo alcuni dei servizi che i farmacisti di comunità hanno garantito, con competenza e responsabilità, a tutela della salute pubblica. Servizi oggi divenuti strutturali, oltre la fase emergenziale”. “La pandemia ha fatto emergere chiaramente la necessità di fare squadra sul territorio per rispondere in maniera adeguata alle sfide dei tempi. Le nuove funzioni della ‘Farmacia dei servizi’ e le sinergie interprofessionali sancite dal Decreto sugli Standard dell’assistenza territoriale non possono che essere il punto di partenza per rilanciare la sanità territoriale, partendo proprio dal farmacista quale figura più prossima ai cittadini”, conclude il presidente FOFI.
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Riforma assistenza territoriale
Posted by fidest press agency su martedì, 28 giugno 2022
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Medicina territoriale: che cosa cambia nel post Covid
Posted by fidest press agency su mercoledì, 16 marzo 2022
Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) può essere una grande opportunità per le cure domiciliari e territoriali, ma occorra partire dall’ascolto dei territori. Nasce da questi presupporti il Talk Web “LA NUOVA GESTIONE DELLA MEDICINA TERRITORIALE NEL POST-COVID” promosso da Motore Sanità, che ha riunito professionisti sanitari, parlamentari e rappresentanti regionali, proprio per dare voce alle nuove proposte, capire le criticità e, soprattutto, capire da quale punto partire per riformare la medicina territoriale. “Già prima del Covid la nostra sanità aveva dei limiti: il ritardo nell’adeguare il nostro Servizio Sanitario Nazionale a un mutato contesto demografico ed epidemiologico sia dei professionisti sia dei cittadini; la mancata digitalizzazione della sanità; la crescita progressiva delle diseguaglianze nell’accesso ai Livelli essenziali di assistenza”, evidenzia l’On. Fabiola Bologna, Segretario XII Commissione Affari Sociali e Sanità Camera dei Deputati. “Siamo per lo più un Paese che invecchia e quindi “esplodono” le patologie croniche, si moltiplica la pressione sui servizi sociosanitari, quando la risposta non si trova sui territori rimbalza sugli ospedali, senza contare le grandi differenze regionali nell’organizzazione sanitaria. A tutto questo manca personale sanitario. Per cui con il PNRR noi vogliamo cambiare strada e i nostri obiettivi sono: prossimità, innovazione, uguaglianza, interventi sulla rete territoriale che ammoderna tecnologicamente, messa in sicurezza degli ospedali, investimenti sulla formazione, investimenti sulla ricerca, trasferimento tecnologico. Le Case della Comunità rappresentano il cuore della nostra nuova rete territoriale e la riforma prevede che realizzazione di una Casa della Comunità hub ogni 40-40mila abitanti, con assistenza medica di 24 ore, 7 giorni su 7. Siamo insomma di fronte a un’importante rivoluzione in ambito sanitario e la mia domanda è: i medici di medicina generale sono pronti?”. “La medicina generale sta chiedendo da 30anni una riorganizzazione del modello. Il problema è che questo modello è stato proposto rispetto alle strutture, non ai professionisti”, replica Gerardo Medea, Responsabile nazionale della ricerca SIMG. “Parliamo prima di funzioni, di compiti, di come possiamo aiutare con una migliore organizzazione la medicina generale. Se i COT (Centrale Operativa Territoriale), le cure di prossimità, gli specialisti, gli esami di primo livello fossero già stati organizzati all’interno di qualsivoglia struttura – come la Casa di Comunità – noi avremmo recuperato già da un pezzo il ritardo sulla gestione dei cronici”.
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L’oncologia territoriale per essere più vicino alla casa del paziente, ma il territorio è pronto in tutte le regioni?
Posted by fidest press agency su venerdì, 26 novembre 2021
In Italia ogni anno circa 270mila cittadini sono colpiti dal cancro, attualmente il 50% dei malati riesce a guarire, con o senza conseguenze invalidanti, dell’altro 50% una buona parte cronicizza, riuscendo a vivere più o meno a lungo. I risultati della ricerca sperimentale, i progressi della diagnostica, della chirurgia, i nuovi approcci di cura e i farmaci innovativi con schedule innovative di trattamento stanno portando ad una evoluzione positiva nel decorso della malattia, allungando la vita dei malati anche senza speranza di guarigione. In questo scenario sono sorti nuovi problemi che riguardano la presa in carico di questa patologia complessa che comportano una revisione organizzativa, necessaria ai sistemi assistenziali per rispondere efficacemente, dando accesso rapido ed uniforme all’innovazione. Per questo aspetto e per un coerente utilizzo delle risorse disponibili, ancor più dopo l’esperienza della recente pandemia, il coordinamento tra centri Hub, Spoke e medicina territoriale, sta assumendo sempre maggiore importanza. Per questo, oltre lo sviluppo delle reti di patologia che coinvolgono prevalentemente la medicina specialistica, già implementato in molte regioni, occorre oggi uno sforzo per formare la medicina Territoriale ad una cogestione dei pazienti oncologici cronici. Il futuro prossimo dell’Oncologia dovrà essere condiviso infatti tra ospedale e territorio attraverso una serie di setting assistenziali – ospedalieri e territoriali ma con uno stesso governo – che permetteranno di riscrivere al meglio tutto il percorso di cura del paziente, con molti nuovi temi da sviluppare. Per operare questa riorganizzazione, dando efficacia a questi cambiamenti saranno necessarie nuove risorse ma sarà fondamentale un dialogo aperto, trasparente e collaborativo tra tutte le forze in gioco: istituzioni, clinici, caregiver, farmacisti), industria. È quanto emerso durante il webinar “Oncologia del territorio, assetti organizzativi per rispondere ai nuovi bisogni dei pazienti oncologici” organizzato da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di MSD e IT-MeD.
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Il tossicologo Massimo Persia: “Occorre rilanciare la medicina territoriale”
Posted by fidest press agency su sabato, 30 ottobre 2021
“Le carenze dell’apparato sanitario manifestatesi in tutta la loro drammaticità con la pandemia non possono essere liquidate con la sola causa dei tagli, che tra l’altro esiste solo in parte in quanto comunque la spesa sanitaria nell’ultimo decennio è aumentata mediamente dello 0,8 per cento ogni anno. C’è invece un serio problema di organizzazione: una sanità sempre più aziendalizzata e ospedalocentrica ha depauperato un settore essenziale quale quello della medicina territoriale”. È quanto afferma il dottor Massimo Persia, noto tossicologo di origini materne molisane (Bagnoli del Trigno) con anni di esperienza come direttore di Serd a Guidonia-Tivoli (Roma), autore di un volume di management sanitario per dirigenti medici di ruolo apicale appena uscito per PM edizioni.Nel libro “Dipendenze patologiche”, il dottor Persia individua criticità anche nelle limitazioni all’accesso dei corsi di laurea in medicina e chirurgia, nei numeri programmati per le scuole di specializzazione già dagli anni Ottanta e nei rapporti sempre più conflittuali tra Stato e Regioni.“La consistente crescita della spesa sanitaria registrata tra il 2019 e il 2020, causa principalmente il Covid, registra una forte differenziazione a livello regionale – continua lo specialista. “Ad esempio, Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Bolzano hanno mostrato tassi di incremento superiori al 9 per cento, Friuli-Venezia Giulia e Calabria intorno al 2 per cento, il Molise un decremento dell’8,4 per cento. I piani di rientro, come noto, hanno caratterizzato la situazione economico-finanziaria di molte regioni, già nel 2006 Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna li hanno predisposti, nel 2009 s’è aggiunta la Calabria, l’anno seguente anche Piemonte e Puglia. Tutto ciò ha inciso e continua ad incidere notevolmente sulle performance”.Insomma, secondo l’autore del volume, a cui hanno collaborato altri professionisti del settore sanitario (Pierpaolo Aragona, Carlo Castelfranchi, Massimo Mattioli, Tonino Valleriani), occorre rilanciare il ruolo territoriale della sanità e la centralità del management sanitario perché le risorse umane costituiscono l’ossatura del sistema: oltre ai medici, agli infermieri, ai tecnici, agli psicologi e alle altre figure sanitarie, ci sono gli operatori dell’Urp, che hanno avuto un ruolo importante nel periodo pandemico, e c’è il rapporto con le tante cooperative che curano i servizi di mensa, di pulizia, di sicurezza.“Ora c’è la questione dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali del post Covid, cioè dei problemi di fragilità legati ad un paziente che fuoriesce da un ospedale o comunque dalla malattia: al tema dell’assistenza domiciliare o nelle case salute si somma quello psicologico e sociale perché spesso è depresso o non può fisicamente recarsi più a fare la spesa o a pagare le bollette. Riorganizzare bene, anche grazie ai fondi del Pnrr, è un’esigenza improrogabile”.
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Covid-19, il fallimento della medicina territoriale?
Posted by fidest press agency su sabato, 30 gennaio 2021
La medicina di famiglia è rimasta protagonista durante il Covid, ha assistito quasi tutti i malati (al netto dell’assistenza psicologica e “burocratica” ai loro familiari asintomatici) e a quelli più gravi ha evitato il ricovero nell’80% dei casi; il “fallimento della medicina territoriale” in buona parte è dunque figlio non dei medici convenzionati bensì di situazioni in cui a collassare sono state le Asl con i loro Dipartimenti di prevenzione. Lo spiega Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi Fimmg, alla presentazione del 16° Rapporto Crea Sanità, enumerando alcuni dati ancora grezzi di una ricerca in corso del suo sindacato (che è anche co-editore del Rapporto).«La tragedia del Covid sul territorio va vista in chiaroscuro. L’emergenza ha portato un “tele-adeguamento” tecnologico della nostra categoria e dell’utenza con cui abbiamo iniziato a dialogare in remoto, e sono partite sperimentazioni di telemedicina. Troppo, per contro, si è guardato agli indicatori degli ospedali, ad esempio ai dati delle terapie intensive, senza considerare che grandissima parte di questa malattia si affronta e si decide sul territorio. E là dove è stata affrontata dalla medicina territoriale, pur in contesti molto diversi tra loro e con modelli e risposte più e meno efficaci, è stata affrontata bene. Oltre il 96% dei malati è gestito a casa-sottolinea Misericordia, medico di famiglia nelle Marche – e come Centro Studi Fimmg abbiamo calcolato che anche dove la patologia si presenta moderata o severa solo nel 20% dei casi per i nostri pazienti si è dovuto ricorrere al trasferimento in ospedale. Il territorio sta sostenendo la gestione del Covid e sta attuando tempestivi interventi». Il problema è semmai coordinarsi con i “Sisp”, i servizi di prevenzione delle Asl, «che sono stati travolti, non riuscendo ad adempiere alle attività di tracciamento o di sorveglianza dei pazienti in isolamento e quarantena». La ricerca Fimmg starebbe evidenziando modelli territoriali di risposta alla pandemia più completi nelle situazioni in cui in giro per l’Italia c’è stato maggiore dialogo tra distretto e Mmg. Dove cioè il distretto Asl non ha perso la bussola. Sono spesso realtà dove si è fatta anche telemedicina: da qui si dovrebbe partire per le sperimentazioni sulle nuove case della salute e soprattutto sulle cure domiciliari. Nel Recovery Plan al capitolo- “prossimità”, spicca la scommessa “casa come primo luogo di cura” per assistere a casa altri 500 mila ultrasessantenni, disabili o malati cronici. Un progetto che fin qui non pare mettere al centro medicina di famiglia, oggetto anzi di polemiche, a partire – come ha sottolineato Francesco Spandonaro responsabile del centro ricerche Crea Sanità dell’Università Cattolica – dal futuro ruolo giuridico del medico. Convenzionato come è ora o dipendente? Misericordia risponde con i dati della medicina convenzionata, e intanto si interroga, a un anno dall’inizio della pandemia, sulla difficoltà del Ssn di programmare i vaccini anti-Covid puntando sui medici di famiglia, che già da 30 anni prendono in carico l’antinfluenzale garantendo ampia copertura. «Si tergiversa nel coinvolgerci. Eppure, ci stiamo attrezzando con sistemi che consentono di stabilire rapidamente le priorità nella scelta dei pazienti da vaccinare».Altri investimenti dal Recovery plan dovrebbero riguardare telemedicina e professioni sanitarie, in particolare l’infermiere di famiglia; vi accenna il Direttore generale dell’Agenzia dei sistemi sanitari regionali Domenico Mantoan, che invoca nuove competenze in coordinamento con i medici, e chiede agli ordini (dei medici) di accettare più flessibilità come avviene nel resto d’Europa. «Non si può accettare che per ogni lastra prodotta debba uscire il radiologo». Nel 2020 tra territorio ed ospedale sono peraltro mancati sia infermieri sia medici. Ergo, «i medici all’ingresso nei corsi di specialità e medicina generale devono essere pari a quelli che si laureano». Per Mantoan, la gestione della formazione post laurea dovrebbe cambiare, passare dall’Università al Ministero della Salute e alle Regioni. Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, ricorda la parte del Rapporto secondo cui i cittadini delle fasce più deboli nel 2018 anno speso di più per la propria salute. «Stride con il titolo V della Costituzione che era stato riformato nel 2001 per avvicinare le cure al cittadino ponendole in capo alle regioni; senza nulla cambiare nelle responsabilità esercitate dalle Regioni e nella sussidiarietà, quando si attua il Recovery Plan bisognerà fare in modo che il governo e il ministero della Salute esercitino i loro poteri sostitutivi se ci sono singole regioni inadempienti nel realizzare gli obiettivi». By Mauro Miserendino (fonte: Doctor33)
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Il XXIII Rapporto PIT Salute conferma la debolezza dell’assistenza territoriale
Posted by fidest press agency su domenica, 6 dicembre 2020
“E’ arrivata puntuale la conferma, anche quest’anno, che l’elemento fragile del nostro sistema sanitario è l’assistenza territoriale” dice Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, intervenuto oggi alla presentazione del XXIII Rapporto PIT Salute realizzato da Cittadinanzattiva sulla base delle segnalazioni gestite dalle sedi del Tribunale dei diritti del malato, quest’anno esteso al periodo della pandemia . “Anche l’analisi condotta sull’andamento dei primi 9 mesi del 2020 mostra che le tendenze in atto da un quinquennio sono state accentuate dalla pandemia: le difficoltà nell’accesso alle prestazioni, la rinuncia alle cure e altri aspetti che anche la Federazione denuncia da tempo. E’ il caso, per esempio, delle difficoltà create ai pazienti dal fenomeno dei farmaci mancanti o non disponibili: un’autentica piaga”. Il rapporto ha anche messo in luce che i cittadini lamentano la difficoltà a ottenere informazioni e orientamento. “Il rapporto sottolinea che non c’è una presa in carico effettiva del paziente sul territorio” prosegue Mandelli. “Nei mesi del lockdown, i farmacisti di comunità sono stati il riferimento sempre accessibile e, come abbiamo detto da tempo, non si può rimandare oltre la creazione di una rete interprofessionale sul territorio, che veda il medico di medicina generale, il farmacista e l’infermiere collaborare per non lasciare mai solo il paziente”. In questo senso, è stato detto, le risorse della telemedicina e della telesorveglianza possono dare un apporto decisivo se inserite nel modello della farmacia dei servizi, che se fosse già operante potrebbe ridurre i disagi e migliorare significativamente l’assistenza ai cittadini, e non soltanto nelle fasi di emergenza come quella attuale. “Il rapporto PIT Salute anche in questa occasione si rivela uno strumento prezioso per prendere decisioni corrette sul futuro della nostra sanità” conclude il presidente della FOFI ”perché nasce dalle esperienze concrete delle persone e dalla vicinanza ai cittadini, che è alla base anche del forte e proficuo rapporto di collaborazione che da molti anni lega la nostra professione e Cittadinanzattiva”.
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Medicina territoriale, Usca senza lavoro. Ecco cosa non funziona
Posted by fidest press agency su domenica, 26 luglio 2020
Scudo legale Covid, cresce pressing per introdurlo. L’avvocato: serve ad aziende e manager più che ai medici. Sono state uno dei principali cambiamenti nella medicina territoriale italiana dopo 42 anni. Sono entrate nelle case dei pazienti sospetti Covid a fare i tamponi e a trarre indicazioni per i dipartimenti di prevenzione Asl e i medici di famiglia. Infine, sono state oggetto nel decreto rilancio, di un finanziamento complessivo da oltre 1 miliardo. Oggi le Unità speciali di continuità assistenziale, le “Usca”, sono un po’ in sofferenza. Non solo perché ogni regione ne ha deciso le componenti in modo differente (chi soli medici di medicina generale, chi di varia estrazione, chi medici più infermieri) ma perché con l’attenuarsi della pandemia lavorano poco. In attesa di sapere se lo stato di emergenza sarà prolungato, il decreto rilancio ha aggiunto il carico da novanta: nelle Usca composte anche da infermieri questi ultimi hanno la chance di essere assunti come “infermieri di famiglia e comunità” nel distretto Asl; il collega medico, se non è in alto nelle graduatorie della medicina generale, rischia di sentirsi dire “arrivederci e grazie”. O al più, può far valere il periodo lavorato entro il 31 dicembre di quest’anno per ammonticchiare i 3 anni di ingaggio nel servizio sanitario utili a farlo accedere ai concorsi per la stabilizzazione. D’altra parte, dove il virus non corre le Asl iniziano a fare i conti e qualche manager potrebbe pensare di star buttando via quattrini, i medici Usca – che dovrebbero essere due per turno in una sede ogni 50 mila abitanti operativa 7 giorni su 7 – prendono per legge 40 euro/ora per 24 ore settimanali massime, e possono portare a casa 3600 euro lordi al mese. Esperienza da chiudere come una parentesi? «Nelle Marche, non mi pare proprio che i colleghi Usca siano inoperosi», ribatte Massimo Magi segretario Fimmg Marche, uno dei primi a lavorare a questo istituto, nella fattispecie comprensivo di medici ed infermieri. «Pur nel calo di diffusione del virus, stanno praticando i tamponi a tempo pieno, finalmente a un numero ampio di soggetti, e lavorano spesso al di sopra delle proprie possibilità, anche su cittadini extracomunitari e provenienti da fuori area Schengen. Visto l’andamento della crisi nel mondo, non mi sentirei di dire che l’esperienza sia sul punto di terminare. Bisogna vedere che cosa succederà a ottobre, con la riapertura delle scuole». Il vero problema «è che le Usca sono esterne alla medicina generale, non sono articolazioni delle nostre aggregazioni funzionali territoriali come invece dovrebbero essere. In alcune regioni sono state pensate come addentellato del Servizio di igiene e prevenzione dell’Asl o dell’ospedale. Il decreto 34 (rilancio) ne parla un po’ con la logica dei sylos, favorendo la frammentazione dell’assistenza territoriale. Diventa problematico rivendicarne una collaborazione stretta, non mediata, con l’assistenza primaria. Tra l’altro – aggiunge Magi – alle Usca sono stati assegnati non solo medici tirocinanti del corso di formazione in medicina generale, ma pure neolaureati con obiettivi personali vari. Il reale “movente” dell’Usca, in un contesto di scarsità dei presidi territoriali, sembra essere stato quello di concentrare i DPI in nuclei operativi da destinare all’assistenza domiciliare dei pazienti Covid e dei contatti stretti, mentre in parallelo procedevano continuità assistenziale ed assistenza primaria per il resto della popolazione. Ora il contesto è in parte cambiato e si evidenzia come solo nel contatto con la medicina generale e nella rete territoriale queste risorse siano impiegate in modo ottimale. Nelle Marche abbiamo molti medici del tirocinio e qualche medico “senior” che li coordina e fa da raccordo con l’assistenza primaria. Abbiamo il polso dei focolai del virus e possiamo gestire l’apprendimento pratico dei colleghi del triennio, assegnando crediti per la pratica. In altre regioni, talora, la scelta dei team non è stata altrettanto accurata, o si è addentellata l’Usca al Sisp dell’Asl, o si è creato un meccanismo “diffuso”, come nel Lazio, dove ogni singolo medico di assistenza primaria può indirizzare l’Usca. In ogni caso non si può pensare di potenziare il territorio con logiche della dipendenza, e con medici che vogliono diventare ospedalieri e sono ingaggiati per stare a contatto con dipendenti e non con i convenzionati. Questa è la logica da rigettare, se in autunno vorremo controllare l’evoluzione della pandemia le reti territoriali devono funzionare in accordo tra loro». (by Mauro Miserendino – fonte doctor33)
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“Obbligatorio finanziare la medicina territoriale”
Posted by fidest press agency su lunedì, 6 luglio 2020
“A quanto leggo sui piccoli focolai scoppiati nel mantovano l’ATS è intervenuta tempestivamente e sta facendo il possibile per circoscriverli. Al momento le notizie sembrano rassicuranti.Più in generale questi casi, indicano che è assolutamente necessario ritornare a investire e finanziare la medicina territoriale. Lavorare in ambito locale con controlli diffusi, l’informazione della popolazione e lo screening sanitario di massa può limitare un virus che purtroppo è ancora attivo e presenteLa Regione Lombardia, che sulla medicina del territorio si è mossa in ritardo, ha l’obbligo di continuare a mantenere altissima l’attenzione e va diffusa la consapevolezza e la necessità di ampliare il numero di tamponi e i controlli. Più volte ho chiesto, con atti formali, interrogazioni e sollecitazioni scritte, di potenziare a Mantova le USCA, le unità di continuità assistenziale che entrano in gioco proprio per lo screening della popolazione. Mi auguro di essere ascoltato: gli strumenti di difesa e prevenzione devono essere rafforzati; non è il momento di abbassare la guardia”, così Andrea Fiasconaro, consigliere regionale del M5S Lombardia, sui focolai COVID nei macelli di Mantova.
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Le indicazioni dell’OCSE sulla sanità territoriale
Posted by fidest press agency su domenica, 21 giugno 2020
“Il documento dell’OSCE che affronta il tema dell’assistenza territoriale, il suo valore dal punto di vista dei risultati e dell’ottimizzazione dell’impiego delle risorse, riassume molto efficacemente quanto la letteratura scientifica ha dimostrato in almeno un ventennio e cioè che l’ospedale deve farsi carico della complessità e dell’acuzie, mentre i pazienti affetti da malattie croniche, se stabilizzati, devono essere presi in carico sul territorio. Non a caso l’OCSE riporta come esempi di patologie cui si deve una quota rilevante di ricoveri impropri asma e BPCO, diabete e ipertensione” dice il presidente della FOFI, Andrea Mandelli, a commento del report “Realising the Potential of Primary Health Care” da poco pubblicato. “E’ su queste evidenze scientifiche che la FOFI ha proposto e avviato alla sperimentazione il modello della farmacia dei servizi. Un modello di presidio polifunzionale che un altro rapporto, quello dello scorso anno del PGEU, ha indicato come una delle proposte più importanti in tema di assistenza territoriale e collaborazione interprofessionale”. L’OCSE ha altresì sottolineato che per ottenere un’efficiente sanità territoriale occorre investire di più “e questo è fondamentale” prosegue Mandelli “ perché le riforme a costo zero non esistono; tuttavia l’Italia in questo senso potrebbe essere avvantaggiata, perché conta sulla presenza capillare di farmacisti di comunità, medici di medicina generale e infermieri. Quello che manca è l’interconnessione di queste reti e la possibilità di operare sulla base di protocolli condivisi, senza invasioni di campo ma mettendo al centro il paziente. Sono certo che il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ben presenti le questioni sollevate dall’OCSE, così come la necessità di intervenire rapidamente per potenziare la prima linea del SSN, soprattutto sulla base dei dolorosi insegnamenti di questa pandemia”.
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Il farmacista oncologico territoriale
Posted by fidest press agency su domenica, 7 giugno 2020
Origgio. A fianco del paziente nella sua vita quotidiana, in contatto diretto con la farmacia dell’ospedale, con lo specialista e il medico di medicina generale. Il farmacista oncologico del territorio assume un ruolo fondamentale, attorno al quale si può sviluppare al meglio la rete di gestione del paziente oncologico: un network di competenze che garantisce una presa in carico globale delle fragilità di questi malati, messa ancora più in evidenza negli ultimi mesi di emergenza pandemica. L’identikit delle competenze di questo professionista e l’analisi delle opportunità legate alla sua integrazione a pieno titolo nella rete di assistenza ai malati sono i contenuti di “OncoCare – networking in oncologia”, documento edito da Edra in collaborazione con Sandoz e Novartis, che raccoglie gli interventi di autorevoli professionisti impegnati sul fronte della gestione della cronicità. L’oncologia sta attraversando un periodo di grande cambiamento: il progressivo invecchiamento della popolazione da una parte e l’impatto delle terapie di nuova generazione su guarigione e cronicizzazione dall’altra generano nuovi e complessi bisogni a cui dare risposta per migliorare la qualità di vita delle persone che affrontano il tumore. Oggi, quindi, la gestione del paziente non si esaurisce nella relazione con l’oncologo, ma riguarda molte altre figure professionali.
“Accanto ai riferimenti ospedalieri sono fondamentali quelli sul territorio: oltre ai medici di medicina generale, i farmacisti di comunità, considerata la diffusione dei presidi sul territorio e i frequenti contatti che noi farmacisti abbiamo con il paziente, devono essere parte del processo di sorveglianza e di assistenza”, ha affermato Vittorio Contarina, Vicepresidente FederFarma.OncoCare vuole proprio favorire questa integrazione: il documento contiene un’analisi approfondita delle criticità di gestione territoriale del malato oncologico e alcune proposte di intervento che non richiedono la creazione di nuovi servizi o infrastrutture, ma principalmente l’implementazione e la valorizzazione delle competenze dei professionisti coinvolti nell’assistenza al malato oncologico. D’altronde la pandemia di Covid-19 ha messo bene in luce come l’assistenza territoriale sia fondamentale per rispondere in maniera efficace all’emergenza e proteggere i pazienti più fragili. Fondamentale il rapporto fra il farmacista di comunità e quello ospedaliero: un filo diretto che aiuta il paziente a gestire al meglio la terapia e lo fa sentire seguito anche una volta che ha lasciato l’ospedale. Tra le competenze del farmacista oncologico territoriale – così come emerge dal documento -, infatti, c’è anche il controllo dell’aderenza terapeutica e la gestione di eventuali eventi avversi. “Siamo convinti che non solo dall’integrazione delle professionalità, ma anche dalle diverse competenze ed ambiti di attività all’interno della nostra professione, possa nascere una presa in carico efficace ed efficiente del paziente oncologico, ormai diventato paziente cronico”, ha spiegato Simona Creazzola, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici (SIFO). Quella che OncoCare vuole favorire è quindi una vera trasformazione culturale, non solo a livello di modelli e processi di presa in carico dei pazienti, ma anche di formazione e sensibilizzazione degli operatori sanitari verso i nuovi bisogni dei malati oncologici. Per questo è attiva la Scuola di Alta Formazione “Farmacia Oncologica”: una serie di incontri formativi alla fine dei quali i farmacisti ricevono una certificazione dall’ente di accreditamento CertiQuality, che guida i pazienti a identificare le farmacie specializzate nel fornire supporto a chi soffre di tumore.
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Lazio: Potenziare il sistema sanitario territoriale
Posted by fidest press agency su venerdì, 5 giugno 2020
Condivido l’appello lanciato oggi dalla CGIL FP e dalla CGIL Roma e Lazio, a proposito del modello di sanità regionale che dovrà accompagnare il passaggio dalla fase emergenziale a quella della ricostruzione.
Il Lazio ha saputo reagire con efficienza ed efficacia alla crisi pandemica, riuscendo a contenere in maniera importante il numero dei contagi e dei decessi, nonostante la complessità di un territorio con una popolazione di sei milioni di abitanti e con i flussi e gli spostamenti di una città come Roma.Ora però è indispensabile e doveroso guardare a ciò che del sistema va migliorato, accelerando rispetto alla tabella di marcia che la giunta e la maggioranza della Pisana già si erano date: occorre potenziare il sistema sanitario territoriale, i servizi e l’integrazione socio-sanitaria, l’assistenza specialistica, domiciliare e residenziale. Per farlo occorrono visione, risorse e investimenti.
Occorre accelerare sulle assunzioni del personale sanitario così come vigilare sul trattamento economico di tutte le figure del comparto, a cominciare da quello della sanità privata in attesa da troppo tempo di un rinnovo. Possiamo in questo approfittare delle risorse e del nuovo slancio alla sanità territoriale che sono già scritti nei primi articoli del decreto “Rilancio” e imparare contemporaneamente dalla grande e dolorosa lezione che ci è arrivata dalla pandemia.Come Regione Lazio, così come dimostrato nei mesi più duri dell’emergenza, dovremo lavorare per mettere in campo tutti gli strumenti necessari per disegnare una sanità all’altezza di un futuro più giusto ed equo”.Così in una nota la Consigliera del Lazio Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Civica Zingaretti e componente della Commissione Sanità.
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Nella Legge di Bilancio atti concreti per potenziare l’assistenza territoriale
Posted by fidest press agency su venerdì, 27 dicembre 2019
“Grazie ai finanziamenti aggiuntivi previsti dalla Legge di Bilancio 2020, la sperimentazione della “farmacia dei servizi” acquista uno slancio ancora maggiore: non soltanto si amplia la partecipazione a tutte le 15 Regioni a statuto ordinario più la Sicilia, ma si prolunga la sua durata all’anno 2022. E’ senz’altro la prova che il nostro paese è seriamente impegnato a fare dell’assistenza sul territorio il perno per risolvere le criticità dell’assistenza sanitaria, ma anche la conferma del valore del progetto di evoluzione del ruolo del farmacista promosso dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti” dice il presidente della FOFI, Andrea Mandelli. Con la Legge di Bilancio 2020 (comma 524) si dispone infatti un’integrazione di risorse per gli anni 2021 e 2022 per un totale di 50,6 milioni di euro in aggiunta ai 36 stanziati nel 2017. “Anche in considerazione di quanto prevede il Patto per la Salute 2020-2021” prosegue Mandelli ”la farmacia di comunità ha la possibilità di dimostrare di poter essere realmente il punto di accesso al Servizio sanitario più capillare e un presidio capace di orientare il cittadino e di fornire prestazioni di prima istanza così come servizi cognitivi, capaci di rendere più efficace ed efficiente il processo di cura, in collaborazione con gli altri professionisti della salute”. Un aspetto sottolineato al Comma 525 della Legge, dove si sottolinea l’importanza del rapporto tra farmacisti, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per costruire un accesso personalizzato al farmaco che garantisca, oltre a continuità e sicurezza all’uso del farmaco, il rispetto delle indicazioni del medico. “Si dimostra così l’importanza delle prestazioni del farmacista a supporto dell’aderenza terapeutica, di cui la Federazione aveva già dimostrato e fattibilità ed efficacia con il suo progetto I-MUR, ma anche di uno strumento come il dossier farmaceutico, che abbiamo a suo tempo ottenuto fosse un elemento costitutivo del Fascicolo sanitario elettronico”. Va dato atto al Ministro della Salute, Onorevole Roberto Speranza e alle Regioni, di aver riconosciuto le potenzialità della farmacia dei servizi per costruire una rete territoriale capace di prendere in carico il paziente, rispondere all’emergenza della cronicità e operare per un accesso alle cure il più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale. “Rinnoviamo il nostro impegno a collaborare a tutti i livelli per la riuscita della sperimentazione” conclude Mandelli ”e sono certo che tutti farmacisti italiani sapranno cogliere questa opportunità storica, che è cruciale per la sostenibilità del nostro SSN e dalla quale dipende anche il futuro della nostra professione”.
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Rafforzare la cooperazione territoriale in Europa
Posted by fidest press agency su mercoledì, 2 ottobre 2019
L’eliminazione degli ostacoli e la promozione della cooperazione territoriale tra gli Stati membri sono sinonimi di integrazione europea e solidarietà. Fin dalla sua creazione, avvenuta più di 60 anni fa, l’UE ha sostenuto queste iniziative intese ad approfondire la coesione territoriale, lottare contro le disuguaglianze regionali e aprire il mercato unico. Tuttavia, gli oneri amministrativi, la mancanza di investimenti e recenti eventi politici come la crisi migratoria hanno fatto sì che le opportunità offerte dalla cooperazione territoriale non siano ancora state pienamente realizzate. Con 150 milioni di persone, pari al 30 % della popolazione dell’UE, che vivono nelle regioni frontaliere interne, la cooperazione in settori quali lo sviluppo sostenibile, i trasporti, l’assistenza sanitaria e la cultura è essenziale per l’integrità del mercato unico e per l’integrazione europea. Proteggere, sostenere e investire nella cooperazione transfrontaliera non va a vantaggio solo delle comunità frontaliere, ma dell’Unione europea nel suo complesso. Con l’introduzione di politiche e programmi quali la cooperazione territoriale europea e i fondi regionali dell’UE (politica di coesione), l’UE sostiene la cooperazione transfrontaliera da oltre 30 anni.Le euroregioni e i gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) – che consentono a due o più regioni di Stati membri diversi di collaborare in ambiti di comune interesse economico, sociale, culturale e politico – hanno svolto un ruolo particolarmente importante nell’approfondimento dell’integrazione europea.Istituita nell’ottobre 2004, l’ euroregione Pirenei-Mediterraneo sostiene la cooperazione territoriale tra la Catalogna, le isole Baleari e l’Occitania, con l’obiettivo di essere un’euroregione innovativa e sostenibile e di recuperare un’identità politica e culturale condivisa. Ha inoltre contribuito al lancio di progetti come il pluripremiato ospedale di Cerdanya, situato sul confine franco-catalano dei Pirenei, il primo ospedale transfrontaliero in Europa.Per quanto i cittadini delle regioni transfrontaliere possano essere diversi in termini di lingua e di cultura, nella maggior parte dei casi devono affrontare gli stessi ostacoli allo sviluppo economico e sociale. Le differenze in termini di competenze, strutture e normative tra le regioni frontaliere hanno frenato molte opportunità di cooperazione. La Commissione europea ha segnalato che eliminare completamente gli oneri transfrontalieri farebbe aumentare il PIL dell’8 % e ha adottato misure importanti tese a ridurre la burocrazia. Tuttavia, le proposte di introdurre criteri relativi alla densità di popolazione nei territori di confine al momento di decidere in merito all’accesso ai fondi rischiano di ostacolare la cooperazione territoriale.L’UE sta mettendo a punto un nuovo meccanismo giuridico transfrontaliero europeo , che consentirà a due o più enti locali o regionali di firmare un accordo per avviare un rapporto di cooperazione transfrontaliera. Tale iniziativa ha il potenziale per promuovere progetti tra territori di confine, consentendo alle regioni di rispecchiare la legislazione nei rispettivi Stati membri. Ciò che è certo è che queste e altre misure a sostegno della cooperazione regionale, territoriale, transnazionale e transfrontaliera dovrebbero essere considerate una priorità per il nuovo Parlamento europeo e per la nuova Commissione europea. È inoltre evidente che una cooperazione transfrontaliera riuscita deve dare alle regioni la capacità di pianificare i programmi e di prendere decisioni in autonomia.Anche con il giusto livello di volontà politica e con la riduzione degli oneri amministrativi, per avere successo la cooperazione territoriale ha bisogno di investimenti. Nell’ambito dell’attuale bilancio dell’UE (2014-2020) saranno investiti nella cooperazione tra le regioni quasi 10 miliardi di EUR di fondi della politica di coesione, di cui 6,8 miliardi già impegnati per le regioni transfrontaliere. La riduzione proposta dei fondi di coesione destinati alla cooperazione territoriale dal 2,75 % al 2,5 % pregiudicherebbe gli sforzi volti a definire strategie di sviluppo economico e a promuovere la solidarietà europea.Con l’insediamento del nuovo Parlamento europeo e della nuova Commissione, l’Unione europea deve concentrare tutti i suoi sforzi per dimostrare la solidarietà europea e rafforzare l’integrazione. Se l’UE vuole contrastare il populismo e rispondere alle nuove sfide quali la globalizzazione, le disuguaglianze, la migrazione e i cambiamenti climatici, dobbiamo continuare a lavorare insieme per rafforzare la cooperazione territoriale e trasformare le nostre regioni nei motori della crescita sostenibile, a vantaggio di tutti i cittadini in ogni parte d’Europa.
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Scontro politico sui farmaci di fascia C
Posted by fidest press agency su martedì, 12 febbraio 2013
«Basta a provvedimenti sui farmaci di fascia C» a dichiararlo ieri nel corso dell’incontro con la politica organizzato a Roma da Federfarma il segretario del Pdl Angelino Alfano. Una frase che non è andata a giù al presidente della Federazione nazionale farmacia non convenzionata Giuseppe Scioscia. «Scorretto, disinformato e profondamente irrispettoso» ha detto riferendosi ad Alfano, aggiungendo come frasi a effetto e ad alto sapore elettorale non fanno che «generare confusion e: una cosa, infatti, è la pianta organica, altro è bloccare definitivamente il processo di liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Forse Alfano dimentica» conclude Scioscia «che le parafarmacie sono oggi in Italia 4500, danno lavoro a 9mila persone e consentono ai cittadini un reale risparmio sui farmaci che pagano di tasca propria». La fascia C è stata al centro degli interventi di due altri esponenti politici, nel corso dell’evento romano, Antonio Ingroia di Rivoluzione Civile e Oscar Giannino di Fare per Fermare il Declino. Per il primo «non è giusto che un pensionato paghi un farmaco quanto lo paga un miliardario. Alcuni medicinali di fascia C sono già gratuiti per alcune categorie e noi riteniamo che vada estesa la gratuità anche a pensionati, disoccupati e chi ha un salario minimo come lavoratore». Giannino, invece, più genericamente parla di «un dibattito da fare ser iamente anche con le farmacie sui farmaci di fascia C e su come costruire un’offerta che non disconosca le loro caratteristiche di presidio sanitario territoriale». Lo stesso Giannino, peraltro, in una lettera inviata ai titolari di parafarmacia e pubblicata sul loro sito specifica di credere «che si debba arrivare alla logica conclusione, liberalizzando integralmente i farmaci di fascia C e consentendone la vendita in tutti gli esercizi che siano presidiati da un farmacista laureato. La concorrenza» continua Giannino «che ha funzionato coi farmaci da banco, funzionerà anche con le specialità soggette a prescrizione».
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CdR: Forum sulla coesione territoriale
Posted by fidest press agency su sabato, 28 aprile 2012
Il prossimo 10 Maggio avrà luogo a Bruxelles un Forum organizzato dal Comitato delle Regioni dal titolo “Regioni e città per uno sviluppo territoriale integrato. Una Strategia Comune per la coesione politica, lo sviluppo rurale e i fondi ittici per il 2014-2020”. L’intento è quello di rappresentare tramite uno strumento comune una strategia che si armonizzi alle indicazioni che giungono dalla Commissione europea in tema di coesione politica a partire già dal 2013. È già stato stilato un documento che riassume la strategia da seguire in vista di Euro 2020 all’insegna di uno sviluppo sostenibile e inclusivo secondo cinque fondi cardine: il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione, il Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per il mare e la pesca. Scopo di questa strategia sarebbe quello di rendere più chiare le priorità su cui investire all’interno degli Stati membri nei prossimi anni (2014–2020). In linea con il Trattato di Lisbona, la Strategia comune tenterà la via dell’integrazione territoriale. Il Forum ospiterà anche esperti di gestione di fondi strutturali del settore rurale e ittico. Si prevede inoltre l’intervento del Presidente del CdR Mercedes Bresso, oltre che di alcuni commissari europei, tra cui Johannes Hahn, László Andor e Dacian Ciolos e l’intervento di Lowri Evans, direttore generale di DG MARE. Sarà possibile seguire l’evento sul web dal sito ufficiale del Comitato delle Regioni. (Valeriano Valerio) (fonte: http://www.aiccre.it)
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Le dimensioni territoriali di Roma
Posted by fidest press agency su venerdì, 9 settembre 2011
Bene ha fatto il Sottosegretario Francesco Giro a sottolineare a Nicola Zingaretti che Roma rappresenta qualcosa di diverso sul territorio nazionale. Le dimensioni territoriali di Roma, i suoi quasi 3 mln di abitanti ai quali si aggiungono circa 500 pendolari al giorno, le sue competenze, il suo ruolo di sede di diverse istituzioni, la pone su un livello decisamente diverso. Nonostante ciò e le parole di Giro, la Capitale continua ad essere trattata come un qualsiasi ente locale. Tant’è che nella manovra non si parla più della riduzione dei parlamentari mentre qualche mese fa lo stesso Parlamento senza batter ciglio ha ridotto da 60 a 48 il numero dei consigliere comunali delle grandi città, come se gli eletti dal popolo per preferenza nella città fossero il vero costo della politica. A questa barzelletta non ci crede nessuno, i cittadini per primi, infatti sul numero dei consiglieri nelle assemblee comunali nessuno ha mai avuto nulla da obiettare, sia perchè vengono scelti direttamente dalla gente con l’espressione della preferenza sia perchè sono presenti sul territorio e vicini ai problemi della gente. Di tutto questo non si è tenuto conto, si è fatta un’operazione spot che priverà di rappresentanza il territorio romano, i quartieri e i municipi, il risparmio non c’entra nulla anche perchè parliamo di cifre bassissime. Sembrerebbe da un calcolo fatto che 12 consiglieri comunali costino all’anno allo Stato quanto un parlamentare, quindi a Roma, Napoli, Milano, Torino e Firenze si è preferito tagliare un’intera classe dirigente facendo fuori 60 consiglieri, invece di soli 5 parlamentari, ovviamente è un esempio per far capire che a parità di costo almeno per una volta sarebbe stato riconosciuto il nostro lavoro. Invece no, anzi, in tutti i dibatti si è sempre detto che i consiglieri di Roma Capitale vogliono aumentare il loro numero, falso, abbiamo chiesto di rimanere 60, così come è oggi, proprio in virtù di quello che rappresentiamo, della grandezza del territorio e delle maggiori competenze che dovrebbero essere assegnate a Roma Capitale. Purtroppo in questo clima di anti politica e di crisi questo passaggio potrebbe essere letto come una difesa della casta, ma visto che i consiglieri eletti nei comuni d’Italia tutto sono fuorchè una casta credo che davanti a tali disparità sia giusto far sentire la nostra voce e quella di chi ci ha eletto. Questo quanto dichiara Federico Rocca Consigliere del PdL di Roma Capitale. (On. Federico Rocca)
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“Eco-Borsa del Turismo”
Posted by fidest press agency su mercoledì, 16 febbraio 2011
Il 17 febbraio, apre a Milano l’edizione 2011 della BIT – Borsa Internazionale del Turismo, il salone più importante in Italia per uno dei settori economici più promettenti nel nostro futuro, mentre da appena un mese dovrebbe essere entrato in vigore il bando ai sacchetti di plastica non biodegradabili. Quale momento migliore allora per presentare al pubblico la nuova “creatura” nata in quella fucina di idee e di creatività che è l’Istituto Costa di Lecce?
Cinque studenti della scuola leccese, appartenenti al movimento di promozione territoriale “Repubblica Salentina”, hanno progettato per il prossimo futuro l’utilizzo della “Eco-Borsa del Turismo”, una nuova borsa in cotone ecologico che sarà utilizzata per raccogliere ed inviare materiale promozionale del Salento. Elisa Carriero, Andrea Carrozzo, Federica Cavallo, Jacopo Chirizzi e Matteo Indirli, studenti della classe 3B, hanno realizzato un logo specifico, divertente e molto emblematico, da riprodurre sulle nuove borse prima della loro divulgazione. Si tratta della tartaruga multicolore “BelluBellu”, un simbolo della campagna “Salento Slow Life” inserita nel programma salentino della BIT, nonché uno degli animali, la tartaruga, più soggetti a strozzamento per ingestione proprio dei sacchetti di plastica. Sotto la tartaruga, la borsa riporta inoltre la scritta “Salento slow and green life – mai più buste di plastica”.
L’Eco-Borsa del Turismo è stata concepita per un utilizzo ben specifico, quello di raccogliere e distribuire materiale turistico promozionale ed informativo del Salento. Sarà infatti utilizzata presso le prossime esposizioni e fiere specialistiche, sarà usata per l’invio di depliant e brochure ai turisti che ne faranno richiesta attraverso i siti ed i portali gestiti dagli studenti della scuola e sarà inoltre utilizzata localmente dai centri territoriali di informazione turistica e proloco.
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Medicine a domicilio
Posted by fidest press agency su martedì, 15 febbraio 2011
Farmaci ospedalieri recapitati direttamente al domicilio di persone colpite da gravi malattie croniche che devono essere assistite presso la loro abitazione, sul modello di quanto già sperimentato qualche anno fa dalla Croce Rossa Italiana nel Lazio. E’ quanto rilevano la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) e il Sindacato Nazionale dei Farmacisti Dirigenti del SSN (SINaFO) per l’attuazione dell’intesa tra Poste e Farmindustria che mira a distribuire a domicilio alcuni medicinali. Un accordo che ha determinato anche la nascita di un apposito tavolo congiunto di garanzia con la Federazione Ordini Farmacisti Italiani (FOFI). “I farmaci così consegnati sono di uso ospedaliero, sarebbero limitati a pazienti selezionati non autosufficienti, da analizzare caso per caso nei singoli contesti locali – spiega Laura Fabrizio, presidente SIFO -. La nostra Società, che può garantire un’adeguata copertura territoriale a livello sia ospedaliero sia distrettuale, auspica che il progetto sia portato avanti con la massima garanzia di sicurezza per questi pazienti. Per una sua corretta attuazione, SIFO confida nel ruolo di garanzia di FOFI – in quanto rappresentativa di tutti i farmacisti italiani – per monitorare la distribuzione del farmaco a domicilio del paziente in ogni sua fase, promuovendo la continuità ospedale-territorio e salvaguardando la professionalità del farmacista, ma soprattutto per assicurare ai pazienti uniformi garanzie di qualità dei processi di assistenza farmaceutica in ogni area del Paese essi risiedano”. Nel sottolineare che l’erogazione dei farmaci è parte integrante e delicatissima di tale filiera, la SIFO ricorda che le molecole oggetto della possibile consegna tramite pony o postini sono quelle del prontuario ospedale-territorio comprese nel cosiddetto elenco PHT. Vi rientrano pertanto diversi medicinali essenziali, per la cura di patologie e condizioni croniche e gravi (come ad esempio sclerosi multipla, insufficienza renale cronica, malattie oncologiche), che devono essere attentamente monitorati e per i quali è necessaria un’attenta sorveglianza da parte della struttura specialistica, per assicurare la maggiore appropriatezza diagnostico-assistenziale, per verificare parametri importantissimi quali l’accettabilità da parte del paziente, il profilo rischio/beneficio, la vigilanza farmacologia ed epidemiologica, la corretta conservazione, soprattutto nel caso di medicinali che necessitano del rispetto della catena del freddo e, non ultimo, il rispetto della privacy del paziente. “Compiti complessi – sottolinea Pietro Finocchiaro, segretario nazionale SIFO – che spettano sempre, pur con diverse declinazioni, ai farmacisti in farmacia, sia in ospedale sia sul territorio. Se si pone il caso del paziente grande invalido per il quale non è garantibile un servizio costante dell’assistenza domiciliare nella consegna dei farmaci, o in situazioni in cui i parenti non possono assicurare un rifornimento costante e regolare di tali medicinali al loro congiunto malato, ben venga un’opzione in più, come quella prospettata dall’accordo Poste-Farmindustria; limitatamente a casi di criticità assistenziale riconosciuta e per i quali non sia stata trovata o non sia auspicabile un’altra soluzione (ADI, RSA, ecc..). A patto però – conclude Finocchiaro – di concordare le modalità di tale servizio grazie al tavolo già costituito, e di monitorare costantemente l’esperimento in ogni suo passaggio. Tutto ciò a garanzia, prima di tutto, della sicurezza dei pazienti in tal modo assistiti”. Antonio Castorina, Segretario Nazionale del SiNaFO, ribadisce: “L’atto dispensativo deve avvenire in ogni caso in farmacia sia per motivi amministrativi, in quanto il farmaco è acquistato dalla sua amministrazione, sia, soprattutto, per motivi sanitari legati all’atto professionale dell’erogazione del farmaco che è una delle responsabilità peculiari del farmacista ospedaliero e territoriale”.
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Università e sviluppo economie territoriali
Posted by fidest press agency su domenica, 26 dicembre 2010
E’ un tema da sempre, possiamo dire, dibattuto ma soprattutto a livello accademico sia nell’ambito universitario che politico e culturale. Un argomento, ovviamente, che procede di pari passo con le scelte politiche generali che da una parte si spostano sempre di più in sede Ue e, quindi, a Bruxelles e Strasburgo e, dall’altra fanno assumere sempre maggiore vigore alle dinamiche devolutive a favore delle regioni. Questa trasformazione si lega a doppio filo con l’internazionalizzazione e globalizzazione degli itinerari sociali ed economici, con l’apertura verso nuovi soggetti e realtà locali. Se queste sono le grandi linee interpretative, con cui individuare le coordinate dello sviluppo presente ed inquadrare quello futuro, emerge chiaro il ruolo delle amministrazioni locali per riuscire a disporre di strumenti in grado di supportare la comprensione del fenomeno in atto, sostenere le azioni di emergenza occupazionale aziendale e territoriale, mettere in rete le differenti esperienze sul territorio locale e nazionale e facilitare l’accompagnamento dello sviluppo locale. A questo punto diventa, a nostro avviso, vitale far entrare nelle realtà economiche, imprenditoriali e sociali della Regione il ruolo guida dei poli universitari per meglio analizzare i processi dello sviluppo delle economie territoriali, mediante produzione di studi di tipo geo-economico di dimensione locale regionale e subregionale. Tali azioni fanno parte, quindi, di quel laboratorio dinamico di progettualità per le aree di ritardo di sviluppo, nello specifico, che possono essere ben individuate con il concorso di tutte le realtà locali che vi operano e diventare una guida innovativa per le politiche finalizzate allo sviluppo e alla creazione di occupazione.
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Agopuntura nel dolore post ictus
Posted by fidest press agency su venerdì, 5 novembre 2010
“L’agopuntura è ormai universalmente riconosciuta anche dal Governo Nazionale. Grazie a un recente O.d.G. della Camera dei deputati, il C 624 del 09.03.10, da me presentare, che prevede l’inserimento del medico agopuntore nei reparti di terapia del dolore, l’agopuntura risulta efficace a scopo antalgico e nelle patologie funzionali, nel campo post chemioterapia per alleviare fastidi come nausea e vomito e, secondo recenti studi scientifici, anche nel dolore centrale post Ictus. Nonostante questi successi, siamo tuttavia in attesa che il Governo ottemperi agli impegni presi, ossia di dare seguito al dettato dell’O.d.G.”. Così l’On Scilipoti (IdV), durante il recente incontro con il Consiglio Direttivo del Forum Nazionale per l’Agopuntura. Durante la riunione è stata ufficializzata la data del Convegno Interregionale, che si svolgerà venerdì 26.11.10, nella sala del Refettorio di P.zo San Macuto. Il Convegno, che sarà preparatorio al Convegno Nazionale previsto per febbraio, avrà per titolo Agopuntura: Medicina Sociale e libertà di cura. “ Altro elemento fondamentale che deve sostenere il Forum con forza – prosegue l’On. Scilipoti (IdV) – è la mia idea di riconvertire gli ospedali destinati alla chiusura in Centri Olistici e di Medicina Integrativa. Si creerebbero finalmente strutture ad alta efficacia e a basso costo, ma non solo – conclude Scilipoti – si salverebbe l’occupazione sanitaria con grosso beneficio per tutti: pazienti, personale medico, paramedico e indotto territoriale”.
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