“Concordo pienamente con il ministro dell’Interno Piantedosi: solidarietà ai chi fugge dai conflitti e guerra ai trafficanti di essere umani. Non sono i criminali sfruttatori della disperazione che possano determinare le politiche migratorie in Italia, non sono gli aguzzini con le mani sporche di sangue a fare le selezioni d’ingresso in Europa. L’indegno giro d’affari e la mattanza di esseri umani annegati nel Mediterraneo, con il governo Meloni, finirà”. E’ quanto ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia interpellato dai giornalisti sull’informativa del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
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Immigrati: Guerra ai trafficanti di esseri umani
Posted by fidest press agency su sabato, 19 novembre 2022
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Trafficanti di esseri umani per lo sfruttamento sessuale
Posted by fidest press agency su sabato, 27 luglio 2019
Sulle 20.500 vittime di uno dei sistemi più violenti e senza scrupoli che si conoscano, registrate nell’Unione nel biennio 2015-16, il 56% dei casi riguarda infatti la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, con un pur consistente 26% legato allo sfruttamento lavorativo, 1 vittima su 4 ha meno di 18 anni, 2 su 3 sono donne o ragazze. In Italia le vittime di tratta accertate sono 1.660, con un numero sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9% al 13%. Un trend in aumento confermato anche dal riscontro diretto degli operatori del progetto Vie d’Uscita di Save the Children, che nel 2018, in sole 5 regioni, hanno intercettato 2.210 vittime di tratta minori e neo-maggiorenni, un numero cresciuto del 58% rispetto alle 1.396 vittime del 2017. Benché questi dati rappresentino solo la superficie di un fenomeno per lo più sommerso, la sempre più giovane età delle vittime e la prevalenza dello sfruttamento di tipo sessuale trova conferma anche tra i 74 nuovi casi di minori che sono riusciti a uscire dal sistema di sfruttamento nel 2018 nel nostro Paese e sono stati presi in carico dai programmi di protezione istituzionale, soprattutto in Piemonte (18) e Sicilia (16). Uno su 5, infatti, non supera in età i 15 anni e lo sfruttamento sessuale riguarda quasi 9 casi su 10.
Anche se non rappresenta il principale obiettivo del sistema della tratta, lo sfruttamento lavorativo in Italia è in crescita e nel 2018 gli illeciti registrati con minori vittime, sia italiani che stranieri, sono stati 263, per il 76% nel settore terziario. Il numero maggiore di violazioni sono state segnalate nei servizi di alloggio e ristorazione (115) e nel commercio (39), nel settore manifatturiero (36), nell’agricoltura (17) e nell’edilizia (11).
Le vittime sono in larga maggioranza di origine straniera. Provengono infatti dalla Nigeria o dai Paesi dell’est europeo e dai Balcani le ragazze che sono maggiormente esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali che poi gestiscono in Italia un circuito della prostituzione in continua crescita. Il numero delle vittime di tratta minori e neo-maggiorenni intercettate in sole 5 regioni dagli operatori del progetto Vie d’Uscita di Save the Children è infatti cresciuto del 58%, passando dalle 1.396 vittime del 2017 alle 2.210 nel 2018, mentre i Paesi di origine sono per il 64% la Nigeria e per il 34% Romania, Bulgaria e Albania. È il riscontro diretto di un fenomeno che, se proiettato su tutte le regioni italiane, in virtù della sua trasversalità territoriale, indica realisticamente che i minori o neo-maggiorenni sfruttati sessualmente in Italia sarebbero diverse migliaia. (fonte: http://www.savethechildren.it)
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Trafficanti s’impersonano membri dello staff dell’Agenzia in Libia per circuire i rifugiati
Posted by fidest press agency su domenica, 9 settembre 2018
Tripoli. L’UNHCR, Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, è sgomenta per la notizia secondo la quale alcuni trafficanti si presenterebbero come personale dell’UNHCR in Libia e chiede alle autorità di agire contro tutti i criminali che cercano di colpire rifugiati e migranti disperati.
Le informazioni in possesso dell’UNHCR provengono da rifugiati che riferiscono di essere stati venduti ai trafficanti in Libia e sono stati oggetto di abusi e torture, anche dopo essere stati intercettati in mare. L’UNHCR sta raccogliendo maggiori informazioni e indagando su queste accuse.In Libia, l’UNHCR ed i suoi partner sono presenti nei punti ufficiali di sbarco per fornire assistenza umanitaria e medica, compresi cibo, acqua, vestiti, per salvare la vita a rifugiati e migranti.Una volta che le persone trafficate tornano a terra, le autorità libiche li trasportano in centri di detenzione, gestiti dalla Direzione per la lotta alla migrazione illegale (sotto la competenza del Ministero degli Interni). I team dell’UNHCR sono presenti anche lì per monitorare la situazione, aiutare e identificare i più vulnerabili per cercare di trovare soluzioni, specialmente nei paesi terzi.L’UNHCR non è coinvolto nel trasferimento di rifugiati dai punti di sbarco ai centri di detenzione.
L’UNHCR ha ricevuto segnalazioni di atrocità indicibili commesse contro i rifugiati e i richiedenti asilo nelle strade di Tripoli, tra cui stupri, rapimenti e torture. Una donna ha detto all’UNHCR che criminali sconosciuti hanno rapito suo marito, l’hanno violentata e hanno torturato suo figlio di un anno. La donna ha detto che il bambino è stato denudato e molestato sessualmente dai criminali.L’UNHCR si oppone alla detenzione di rifugiati e richiedenti asilo, ma è presente nei luoghi in cui si trovano i rifugiati per fornire loro assistenza salvavita.
L’UNHCR chiede inoltre una forte azione istituzionale per colpire i trafficanti responsabili.
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Migranti: 500 mila bambini a rischio con trafficanti
Posted by fidest press agency su lunedì, 5 settembre 2016
Nuovi dati rivelano che dal gennaio 2015 circa mezzo milione di bambini rifugiati e migranti si ritiene siano venuti in contatto con i trafficanti durante gli spostamenti; l’attesa e la disperazione li ha portati nelle mani di criminali pronti a sfruttare la loro vulnerabilità. I dati pubblicati questa settimana da Eurostat rivelano che dal gennaio 2015 più di 580.000 richieste di asilo sono state presentate da parte di bambini in Europa. Secondo un recente rapporto di Europol-Interpol oltre il 90% degli spostamenti effettuati da rifugiati e migranti che arrivano nell’UE sono stati favoriti da trafficanti che lavorano per reti criminali: è stimato che almeno mezzo milione di bambini si siano rivolti ai trafficanti ad un certo punto nei loro viaggi. I minorenni non accompagnati sono quasi 100.000 rispetto al totale e sono particolarmente a rischio di rivolgersi ai trafficanti. Per fare luce sul mondo sotterraneo e oscuro del traffico di migranti in Europa, e per definire meglio una risposta, l’UNICEF ha raccolto informazioni da una serie di fonti – tra cui Europol-Interpol, testimonianze di bambini stessi, pubblicazioni di agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni non governative e autorevoli rapporti di media.
Anche se l’ondata di rifugiati e migranti sta rallentando, chiusura delle frontiere, politiche migratorie rigide e l’accordo UE-Turchia hanno portato questi gruppi criminali ad adattare le rotte tradizionali che utilizzando per il traffico di droga e armi per trasferire rifugiati e migranti. Il traffico e la tratta di esseri umani si stima che abbia un valore di circa 5-6 miliardi di dollari l’anno. Poiché il numero di persone che effettuano viaggi pericolosi è calato, l’Europol ritiene che questi criminali abbiano triplicato i loro prezzi, con molti migranti che ora pagano fino a 3.000 euro per ogni singola tappa del loro viaggio.
I bambini spesso contraggono un debito con questi criminali per essere trasportati. Per far fronte a questi debiti sono spinti a correre maggiori rischi di sfruttamento da parte dei contrabbandieri, con segnalazioni di minorenni non accompagnati in Francia e in Italia costretti a subire favori sessuali, a lavorare e a commettere crimini. Per aiutare a proteggere i bambini rifugiati e migranti, l’UNICEF lancia un appello urgente per:
· compiere maggiori sforzi per documentare il contrabbando e il traffico mirato sui bambini coinvolti nelle migrazioni.
· Nei paesi di transito, in particolare in Grecia e in Italia, è fondamentale che chi si occupa di protezione dell’infanzia sia formato per fornire consulenza individuale e sostegno a tutti i bambini rifugiati e migranti vulnerabili, con particolare attenzione a quelli non accompagnati e separati.
· ottenere una più rigorosa raccolta di dati qualitativi relativi.
Quando la qualità della risposta migliora – e comprende un colloquio individuale entro 72 ore, un migliore accesso alle informazioni, la nomina di un adulto di riferimento, come un tutore, un regolare feedback sulla loro vicenda e un migliore accesso all’assistenza legale- il rischio che i bambini fuggano inosservati per continuare il loro viaggio con i trafficanti, diminuisce significativamente.
L’UNICEF ha istituito team mobili in aree strategiche gli esperti di protezione dell’infanzia per fornire servizi ai bambini migranti e per aiutare rapidamente ad identificare i bambini che possono cadere vittime di traffico e di tratta. Ad esempio, personale specializzato e partner presso i centri per i bambini non accompagnati ad Atene (nella città e intorno) e nel porto di Lampedusa (in Italia) stanno contribuendo ad identificare ed assistere donne e ragazze che possono essere vittime di sfruttamento sessuale. L’UNICEF è anche impegnato nel monitorare ed analizzare l’impatto del traffico e della tratta sui bambini rifugiati e migranti.
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Trafficanti del Mediterraneo stipano sul gommone vittime di ustioni: un morto
Posted by fidest press agency su domenica, 19 aprile 2015
Questa notte, intorno all’una, una nave militare italiana è approdata a Lampedusa con a bordo 70 persone – per lo più rifugiati – salvati da un gommone ormai sgonfio e tutte in condizioni di grave shock. Tra loro c’era il corpo di una donna morta durante la traversata, probabilmente a causa delle ustioni.Oltre la donna, circa venti persone a bordo, tra cui un bambino di sei mesi, presentavano ustioni, alcune anche gravi. I sopravvissuti hanno dichiarato al personale dell’UNHCR di essere stati vittima di una esplosione provocata da una bombola del gas in un centro di detenzione gestito dai trafficanti in Libia, e di essere stati lasciati senza cure e alla fine costretti a salire sul gommone senza che le loro ferite fossero state curate. Sono poi rimasti alla deriva in mare per due giorni prima di essere soccorsi.Il gruppo era composto da 47 uomini, 21 donne e due bambini, provenienti per lo più da Eritrea e Somalia – entrambi paesi da cui proviene un elevato numero di rifugiati. Una volta sbarcati, cinque di loro sono stati trasferiti in elicottero in ospedale in Sicilia e 20 sono stati trasportati presso la struttura sanitaria dell’isola per ricevere cure mediche. Gli altri sono stati trasferiti in una struttura di accoglienza. Un bambino di tre anni, la cui madre è stata portata in ospedale in Sicilia, è stato affidato alla custodia del direttore del centro di accoglienza. Save the Children, partner dell’Agenzia, ha avviato le operazioni per rintracciare la della famiglia.Quest’ultimo terribile incidente causato dai trafficanti di esseri umani dimostra la necessità di creare alternative legali e sicure, per far sì che i rifugiati non mettano a rischio la propria vita con queste pericolose traversate. Dall’inizio del 2015, più di 35.000 i rifugiati e i migranti hanno attraversato il Mar Mediterraneo (tra cui 23.500 sbarcati in Italia e oltre 12.000 in Grecia). Allo stesso tempo, si stima che circa 950 persone siano morte o disperse in mare. L’anno scorso circa 219.000 rifugiati e migranti hanno attraversato il Mediterraneo (solamente in Italia sono arrivate oltre 170.000 persone). La maggior parte di essi sono stati soccorsi dalla Marina Militare Italiana, dalla Guardia Costiera o da navi mercantili. Si stima che l’anno scorso circa 3.500 persone abbiano perso la vita in mare.
L’UNHCR fa nuovamente appello all’Unione Europea e ai suoi Stati membri affinché garantita una risposta adeguata e urgente per alle sfide poste dall’arrivo di migliaia di rifugiati e migranti che ogni anno rischiano la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. L’Agenzia ha condiviso proposte specifiche, tra cui l’istituzione di una robusta operazione europea di ricerca e soccorso, un possibile programma comunitario per compensare economicamente le compagnie marittime coinvolte nelle operazioni di salvataggio di persone in mare, e l’aumento di alternative legali credibili a queste pericolose traversate, quali reinsediamento, visti umanitari e altre soluzioni innovative e un programma pilota di reinsediamento dei rifugiati siriani che arrivano in Italia e in Grecia.
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L’OIM: i trafficanti libici sempre più violenti nei confronti dei migranti
Posted by fidest press agency su domenica, 22 febbraio 2015
Ginevra. Lo staff dell’OIM ha parlato negli ultimi giorni con decine di migranti provenienti dalla Libia, per lo più di origini africane. L’OIM ha fatto sapere che sono arrivati in Italia, nel mese di febbraio 2015, circa 4.300 migranti, 3.800 dei quali soltanto nel periodo tra venerdì 13 e martedì 17. La maggior parte dei migranti sono originari dell’Africa sub-sahariana, anche se nell’ultime 24 ore si è saputo che ci sono anche alcuni siriani ed eritrei.I migranti sono stati portati in salvo e condotti ai porti di Lampedusa, Pozzallo, Augusta, Porto Empedocle, Trapani (Sicilia) e Calabria.
Domenica scorsa, 15 febbraio, sono stati portati a Lampedusa 1.215 migranti, grazie ad almeno 6 operazioni di salvataggio portate a termine dalla Guardia Costiera Italiana, dalla Guardia di Finanza, e da navi mercantili. La maggior parte è stata tratta in salvo a 100 miglie nautiche a sud di Lampedusa.Tra gli arrivati a Lampedusa c’era anche una neonata di 3 mesi. Sua madre, originaria della Somalia, ha descritto dettagliatamente alla ricercatrice OIM Marzia Rango il duro viaggio attraverso il deserto per raggiungere la Libia.Ha partorito in Libia in un edificio noto ai migranti come “casa di collegamento”, nella quale ha vissuto tre mesi e dove è stata vittima di soprusi alle mani dei trafficanti. Ha anche detto all’OIM che ha visto molti morire durante la traversata nel deserto ed i loro corpi sono stati abbandonati dove sono caduti.Lo staff dell’OIM ha anche parlato con un ragazzo quindicenne della Siria, che viaggiava da solo nella speranza di poter raggiungere la Germania.Da sabato scorso, 14 febbraio, sono stati fatti sbarcare 1.394 migranti nella Sicilia occidentale, a seguito di sette missioni di salvataggio. Tra il 15 ed il 17 febbraio, invece, sono stati salvati e portati nella Sicilia orientale circa 839 migranti (Pozzallo ed Augusta).Questi migranti provengono per lo più dall’Africa sub-sahariana e dalla Somalia. Tra loro vi sono anche donne e minori non accompagnati. Tutti sono riusciti a raggiungere le coste italiane in buone condizioni di salute; non sono state riportate vittime tra i migranti arrivati in quest’ultima settimana.I racconti sul viaggio variano in maniera considerevole. Famiglie siriane e palestinesi hanno percorso la rotta che passa per il Sudan, arrivando lì in volo da Amman, Beirut o Istanbul, per raggiungere Khartoum. Da lì, hanno attraversato il deserto per arrivare in Libia. Questa è una delle poche alternative che hanno a disposizione, da quando il governo algerino ha reso estremamente difficile a persone di queste nazionalità ottenere dei visti. Per questo motivo, la rotta che passava attraverso l’Algeria è stata ora sostituita da quella che passa attraverso il Sudan. I resoconti sui periodi e le condizioni di permanenza in Libia sono molto diversi fra loro: i migranti hanno raccontato di essere rimasti nelle case di collegamento per un periodo che andava dai 5 giorni ai 2 anni. Riguardo alle condizioni di permanenza, tutti gli intervistati hanno descritto la situazione come un vero stato di guerra. Tripoli stessa è ora sotto attacco; molti migranti asseriscono che è estremamente pericoloso rimanere nella città. Alcuni migranti arrivati a Lampedusa hanno raccontato di aver dovuto dato ai trafficanti cifre relativamente modeste ($400) per potersi aggiudicare un posto sui piccoli gommoni usati dai trafficanti in quest’ultima ondata di arrivi. Altri, invece, raccontano di essere rimasti bloccati anche per un mese nelle case di collegamento libiche: spesso erano in 100 a dover condividere una o due stanze e un bagno. Secondo un registro compilato questa settimana, gli eritrei sono stati i più numerosi tra i migranti arrivati a Lampedusa: 514, di cui 97 erano donne e minori. I secondi più numerosi sono stati i senegalesi, con 123 adulti e 12 minori, seguiti poi da migranti provenienti dalla Somalia (123), Nigeria (112), Palestina (76), Mali (56), e Costa d’Avorio (50). Sono arrivati poi anche persone del Benin, Burkina Faso, Ghana, e Gambia. I migranti arrivati nella Sicilia orientale hanno riferito allo staff dell’OIM che hanno dovuto pagare tra $700 e $1.000 per persona. I siriani, invece, dichiarano di aver dato ai trafficanti fino a $1.500, ma è possibile che i prezzi siano scesi a causa delle condizioni meteo proibitive. “La Libia è un posto molto pericoloso per i migranti, e la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente,” ha riferito Federico Soda, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento dell’OIM per il Mediterraneo a Roma. “Queste persone hanno bisogno di aiuto, occorre soccorrerle non appena partono.” Molti hanno raccontato all’OIM che venivano direttamente dai centri di detenzione, e che erano obbligati a pagare le guardie per poter essere rilasciati. Le guardie poi li hanno portati al punto di partenza, Garabouli, una città costiera a 15km di distanza da Tripoli. Sono partiti da lì con “barche di plastica” sovraffollate, che trasportavano dalle 90 alle 120 persone ciascune.Un ragazzo diciassettenne del Gambia ha detto all’OIM di aver lavorato in Libia per un anno, mandando i soldi guadagnati alla famiglia. Ha spiegato che ha dovuto lasciare la Libia per la situazione proibitiva di questi tempi, visto che i migranti sono sistematicamente vittime di violenze ed estorsioni, specialmente chi proviene dall’Africa sub-sahariana.“Le testimonianze hanno confermato quanto i trafficanti stiano diventando sempre più violenti nei confronti dei migranti, sia nelle cosiddette “case di collegamento”, nelle quali aspettano per giorni o settimane prima di potersi imbarcare, che nei punti di partenza” ha aggiunto Soda.Un adolescente della Guinea Bissau ha raccontato all’OIM del suo viaggio per la Libia, attraversando il Senegal, Mali, Burkina Faso e Niger e di come i militari libici gli abbiano sottratto il cellulare al confine. Ha poi raccontato dei tre mesi che ha passato nel paese, sfruttato come operaio edile, e vivendo in condizioni veramente dure; ha dovuto assistere all’omicidio di tre dei suoi compagni per mano dei loro sfruttatori. Lui stesso è stato ripetutamente percosso: “Non augurerei di arrivare in Libia neanche al mio peggior nemico.”OIM ha lavorato nell’Italia meridionale insieme all’UNHCR, Save the Children, e la Croce Rossa italiana, nel quadro del progetto Praesidium, finanziato dal Ministero dell’Interno italiano e dalla Commissione Europea. Lo staff dell’OIM monitora le procedure di accoglienza, fornisce assistenza legale ai migranti, e aiuta le autorità competenti ad identificare i gruppi più vulnerabili, come le vittime di tratta ed i minori non accompagnati.
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Golfo Aden: vittime trafficanti
Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 giugno 2011
Almeno 10 persone hanno perso la vita nei tragici fatti che vedono coinvolta un’imbarcazione di trafficanti nel Golfo di Aden. Il natante era in viaggio da due giorni dalla Somalia allo Yemen. In base alle prime informazioni disponibili – che riportano le dichiarazioni di alcuni dei 115 passeggeri rintracciati sulle coste yemenite nei pressi di Al Hamra, circa 200 chilometri a est di Aden –
l’imbarcazione è salpata alle prime ore del mattino di domenica da Bosasso, nella regione del Puntland nel nord della Somalia. Dieci persone di nazionalità etiopica sono morte per asfissia durante il tragitto verso lo Yemen, dopo che i trafficanti avevano ammassato e confinato 25 persone nel vano motore senza alcuna ventilazione. In base a quanto riferito dai sopravvissuti, i corpi delle vittime sono stati gettati in mare circa 7 ore dopo la partenza.
Sono finora 108 le vittime accertate – annegate o per altre cause – delle rischiose traversate del Golfo di Aden dall’inizio dell’anno. Nel corso dell’intero 2010 erano state 15. Finora quest’anno 9.000 somali e 27.000 etiopi sono arrivati nello Yemen via mare.
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Profughi eritrei a rischio di naufragio
Posted by fidest press agency su sabato, 26 marzo 2011
Lampedusa, Notizia dell’ultima ora riguardo al barcone con 330 eritrei a bordo. Il natante identificato ieri, in cui viaggiano 350 migranti dall’Africa subsahariana, alcuni dei quali sono in contatto telefonico con don Mussie Zerai, non è lo stesso partito quattro giorni fa dal porto di Tripoli. Abbiamo però notizie anche riguardo al primo barcone, che è stato costretto da un’avaria (o da un atroce strattagemma dei trafficanti che hanno organizzato il viaggio o, ancora, da qualche accordo sotterraneo fra autorità nazionali) a rientrare a Tripoli. La notizia è confermata dal vicario apostolico di Tripoli Giuseppe Martinelli, che ha spiegato che l’imbarcazione, percorse alcune decine di miglia, si è trovata nell’impossibilità di proseguire l’itinerario ed è rientrata nel porto di partenza. Il Gruppo EveryOne è a conoscenza di alcune centinaia di profughi dall’Eritrea, l’Etiopia, la Somalia e il Sudan che hanno stretto accordi con i trafficanti libici per intraprendere il viaggio della speranza verso Lampedusa. A causa di una situazione di grave discriminazione e persecuzione in cui si trovano, saranno costretti a viaggiare in numero eccessivo, portando con sé donne, bambini e malati, a bordo di natanti inadeguati. I profughi africani, costretti a pagare migliaia di dollari pro capite, sono a grave rischio di naufragio o di raggiro (potrebbero essere imbarcati e ricondotti in Libia dopo un breve tratto di navigazione, con il pretesto di un’avaria). E’ importante che l’UNHCR vigili sui viaggi di questa fascia particolarmente vulnerabile di rifugiati che fuggono dalle coste libiche.
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Uccisioni di eritrei nel Sinai
Posted by fidest press agency su lunedì, 13 dicembre 2010
Rafah (Egitto), I trafficanti di Abu Khaled hanno ucciso ancora nel Sinai. Oggi nel pomeriggio due diaconi ortodossi sono stati assassinati dai mercanti di carne umana. Gli assassini li sospettavano di aver chiesto aiuto al mondo civile. Le autorità locali non agiscono e sono complici dei criminali. Gli altri migranti sono stati pestati e torturati. Gli aguzzini non danno più loro acqua e sono costretti a bere la propria urina. Altri migranti, non sappiamo il loro numero, vengono portati in laboratori clandestini per la vendita dei loro reni. Le donne incinte sono state sottoposte ad aborto. Molti giovani sono in fin di vita. L’Agenzia Habeshia, il Gruppo EveryOne e le ong della rete umanitaria chiedono alle Nazioni Unite e all’Unione europea di agire in modo più efficace, per evitare che la serie di orribili crimini contro l’umanità continui. La sola diplomazia e l’indifferenza non salveranno queste persone innocenti dai carnefici del Sinai.
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Giovanardi-Bobba e le badanti
Posted by fidest press agency su martedì, 7 luglio 2009
Afferma l’on.le Luigi Bobba: “La proposta del sottosegretario Carlo Giovanardi di regolarizzare colf e badanti, anche se giunge oltre la zona Cesarini rispetto all’approvazione della legge-manifesto sulla sicurezza, prende atto di una realtà diffusa cercando di offrire una risposta di buon senso. Anzi, regolarizzare chi si prende cura dei nostri anziani e bambini è misura urgente e necessaria per ragioni di ‘salute pubblica’, per l’insostituibile ruolo che le bandanti e le colf svolgono a favore delle nostre famiglie colmando carenze delle quali il pubblico non riesce più a farsi carico. Solo ora ci si rende conto che le 500.000 e più donne straniere che lavorano irregolarmente, senza diritti e garanzie, nel nostro Paese non sono come gli spacciatori e i trafficanti di esseri umani. Siamo di fronte al primo irrazionale effetto di un provvedimento che pretende di tutelare a parole la sicurezza degli italiani ma che di fatto finisce per colpire non i criminali ma i soggetti più indifesi. Che sono le badanti e le colf ma anche le famiglie che non possono fare a meno di un così prezioso lavoro di cura. Si intervenga, quindi, rapidamente per risolvere questa problematica. E ci si renda conto che lo strumento migliore per contrastare la clandestinità non è criminalizzare tutti gli stranieri ma regolarizzare chi ha un lavoro e vuole uscire dall’illegalità”.
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