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Quotidiano di informazione – Anno 35 n°185

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Studio del Politecnico di Torino per supportare le politiche di UNHCR

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 Maggio 2023

Il numero di rifugiati a livello globale è quasi raddoppiato tra il 2005 e il 2016, passando da 12,1 a 23,1 milioni – l’aumento più consistente mai registrato. Milioni di persone sfollate a causa dei conflitti (Palestina, Syria, Iraq e Afghanistan in particolare) hanno trovato rifugio in paesi, spesso confinanti, situati in zone climatiche aride e semi-aride, in molti casi caratterizzate da pesanti condizioni di scarsità idrica. Fino ad oggi non era chiaro quale fosse l’entità della pressione dei rifugiati e quanta di essa sia dovuta alla domanda di cibo di queste popolazioni in fuga sui paesi ospitanti.Per rispondere a tale domanda e fornire un quadro attendibile supportato da dati oggettivi, Marta Tuninetti del Politecnico di Torino – DIATI (WatertoFood Lab) e i ricercatori del Laboratory for Coupled Human Water System, diretto dal professor Marc Muller della University of Notre Dame, hanno sviluppato un’analisi innovativa che quantifica le implicazioni dei flussi migratori per le risorse idriche e le possibili soluzioni per preservarle.I risultati, riportati sull’articolo pubblicato da Nature Communications – DOI 10.1038/s41467-023-38117-0, dimostrano che l’aumento della domanda di acqua – pari a 31 km3 nel 2016 – si è concentrato principalmente in alcuni Paesi tra cui Pakistan, Iran, Turchia, Libano e Giordania, ovvero in zone geografiche caratterizzate da livelli di scarsità d’acqua simili a quelli dei paesi di provenienza dei rifugiati. Secondo lo studio, i paesi ospitanti tendono tipicamente ad avere sistemi produttivi più efficienti dal punto di vista idrico, diete caratterizzate da prodotti più idro-esigenti (ovvero con maggiore impronta idrica) e sistemi alimentari principalmente locali e poco dipendenti dal commercio internazionale. In generale, spiegano gli autori, lo stress idrico associato all’aumento del consumo di cibo non è risultato essere un problema importante nella stragrande maggioranza dei Paesi di destinazione dei rifugiati, compresa l’Unione Europea, ma è risultato invece avere profonde implicazioni soltanto per alcuni Paesi. Ad esempio, si è scoperto che i movimenti di rifugiati hanno contribuito all’aumento dello stress idrico in Giordania fino al 45-75%.

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Intersos e UNHCR lanciano il bando di PartecipAzione 2021

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 febbraio 2021

E’ il programma di empowerment e capacity-building per associazioni di rifugiati in Italia, giunto alla sua quarta edizione.Il programma si rivolge alle associazioni di rifugiati e a quelle organizzazioni locali che, lavorando insieme a persone rifugiate, promuovono i diritti dei rifugiati, l’integrazione e la coesione sociale con la comunità di accoglienza.In tre anni PartecipAzione ha sostenuto lo sviluppo di una rete di 33 associazioni in 11 regioni, offrendo loro formazione, collaborazione nella realizzazione dei progetti, percorsi di consolidamento, di sostenibilità e di crescita. In questo tempo, diverse associazioni della rete sono state riconosciute come esempi di leadership nella protezione e nell’integrazione dei rifugiati in Italia e in Europa. Soltanto nel 2020, due organizzazioni hanno ricevuto importanti riconoscimenti europei: UNIRE, Unione Nazionale Italiana per i Rifugiati ed Esuli, e’ diventata parte dal gruppo di esperti in integrazione della Commissione Europea e Generazione Ponte ha ricevuto il premio Altiero Spinelli della Commissione Europea.In linea con l’esperienza maturata a partire dal 2018, anche quest’anno UNHCR e Intersos attraverso PartecipAzione vogliono individuare su tutto il territorio nazionale nuove associazioni da coinvolgere nelle attività di rafforzamento delle competenze a cui si affianca anche un percorso di coaching e networking rivolto a tutta rete.Il nuovo bando per partecipare al programma è aperto fino al 14 marzo, le linee guida e i documenti sono disponibili qui. Entro la data indicata possono essere presentati tutti i progetti che rispondono almeno a una delle tre linee strategiche del programma: protezione dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati; promozione di attività che favoriscono l’integrazione; promozione della coesione sociale con le comunità di accoglienza.Quest’anno fino ad un massimo di 8 associazioni potranno beneficiare di un percorso di formazione articolato in 4 moduli, da giugno a settembre 2021 su: scrittura e gestione di progetti, fundraising, comunicazione e public speaking, protezione dei rifugiati. Saranno erogati fino ad un massimo di 8 micro finanziamenti, il cui importo può variare da 5.000 e 8.000 euro a seconda della proposta progettuale e delle capacità dell’associazione proponente. Infine, il programma promuove opportunità di networking, per scambiare pratiche e stimolare collaborazioni con le altre associazioni che hanno partecipato alle diverse edizioni del programma.
Venerdì 26 febbraio si terrà un evento online di presentazione del programma e del bando che sarà visibile sulla pagina facebook di Intersos e sul sito ufficiale.

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L’UNHCR accoglie con favore le nuove norme su immigrazione e asilo

Posted by fidest press agency su giovedì, 24 dicembre 2020

L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, esprime soddisfazione per l’approvazione delle Legge 173/2020 che converte il decreto legge 130/2020, introducendo diverse modifiche che incideranno positivamente sul sistema d’asilo italiano, facilitando l’integrazione dei rifugiati in Italia.La nuova legge, infatti, riforma il sistema esistente prevedendo l’erogazione di servizi alla persona, inclusi l’assistenza psicologica e i corsi di lingua italiana, che dovranno essere predisposti per i richiedenti asilo nei centri di prima e di straordinaria accoglienza. Inoltre, la legge, attraverso l’istituzione del Sistema d’Accoglienza e Integrazione (SAI), ritorna a proporre il modello “diffuso” che negli anni ha mostrato risultati molto positivi in termini d’inclusione sociale. Infine, viene ripristinato il diritto alla residenza per i richiedenti asilo garantendo loro l’effettivo accesso ai servizi essenziali.La nuova legge pone anche grande attenzione alla condizione delle persone più vulnerabili, portatrici di esigenze specifiche per le quali, in linea con le raccomandazioni dell’UNHCR, è stata prevista l’esclusione dalle procedure di esame della richiesta d’asilo accelerate e la predisposizione di linee guida per la loro pronta identificazione.Un significativo miglioramento è stato apportato alla definizione di protezione speciale che nella nuova formulazione garantisce una piena applicazione degli obblighi internazionali di non rinvio nel Paese di origine.Molto positiva appare anche la nuova formulazione della norma sulle limitazioni al transito delle navi nelle acque territoriali, dalla cui applicazione sono escluse quelle impegnate in operazioni di salvataggio in mare, quando in linea con le indicazioni, rispettose della normativa internazionale, delle autorità competenti.L’UNHCR continuerà nei prossimi mesi a lavorare a fianco dei rifugiati, del Governo, della società civile e del settore privato per migliorare ulteriormente il sistema d’asilo italiano e per promuovere azioni concrete volte a costruire una società inclusiva, in cui i rifugiati possano attivamente contribuire e partecipare alla vita della comunità.

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L’UNHCR è pronta a riprendere la consegna degli aiuti alle persone costrette a fuggire nel Tigrè

Posted by fidest press agency su martedì, 8 dicembre 2020

L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, è pronta a riprendere pienamente le sue attività umanitarie nella regione del Tigrè, non appena la situazione lo permetterà, a seguito di un accordo per ripristinare l’accesso.L’accordo è stato raggiunto di recente tra l’ONU nel Paese e il Governo Federale al fine di facilitare l’accesso alle organizzazioni umanitarie che forniscono assistenza ai civili colpiti dal conflitto iniziato un mese fa.A Shire, nel Tigrè, il personale dell’UNHCR, insieme ai partner, ha già distribuito acqua, biscotti energetici, vestiti, materassi, materassini e coperte a circa 5.000 sfollati interni.Tuttavia, continuiamo a ricevere notizie inquietanti sui campi di rifugiati eritrei nella regione che rimangono isolati. I dettagli dei danni e delle distruzioni rimarranno sconosciuti fino a quando non saremo in grado di raggiungere i campi e verificare le informazioni.L’UNHCR sta discutendo con l’agenzia per i rifugiati del governo federale sulla logistica e sulla necessità di valutare la situazione di sicurezza prima della ripresa delle attività umanitarie.Si teme che molti rifugiati eritrei possano essere già fuggiti dai campi in cerca di sicurezza.Nel frattempo, i rifugiati etiopi continuano a fuggire nel vicino Sudan. Sono gia’ oltre 47.000 le persone arrivate. Più di 1.000 persone sono arrivate ieri, la maggior parte in serata. I rifugiati raccontano all’UNHCR di altre persone partite in cerca di sicurezza. Un numero contenuto di rifugiati eritrei è arrivato anche dalla regione del Tigrè negli ultimi giorni.L’UNHCR, insieme alle autorità sudanesi, ha trasferito circa 11.150 rifugiati dai valichi di frontiera di Hamdayet e Abderafi al campo di Um Rakuba, a 70 chilometri dal confine con l’Etiopia.Molti rifugiati – fra i quali i contadini, che sono fuggiti durante la stagione del raccolto -dicono che preferiscono rimanere vicino al confine per aspettare i familiari ancora in Etiopia, o nella speranza di poter tornare presto a casa. Ma i rifugiati dicono anche di temere altre violenze all’interno del Tigrè.

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L’UNHCR assicura assistenza alle famiglie sfollate nel Sahel colpite dalle inondazioni

Posted by fidest press agency su mercoledì, 30 settembre 2020

L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, sta intensificando le operazioni volte ad assicurare assistenza alle famiglie sfollate nella regione africana del Sahel, tra più di 700.000 persone colpite dalle devastanti inondazioni che hanno interessato la regione. Decine di persone hanno perso la vita, tra cui una madre incinta e la figlia adolescente. Diverse altre migliaia necessitano con urgenza di riparo, acqua potabile e assistenza sanitaria lungo ampie aree di territorio in Burkina Faso, Ciad, Mali e Niger.Si ritiene che le fortissime piogge cominciate ad agosto siano le peggiori da oltre un decennio a questa parte. In tutto il Sahel, dove violenze incessanti e indiscriminate avevano già costretto oltre 3,5 milioni di persone a fuggire sia internamente sia oltre i confini dei Paesi della regione, le case sono andate distrutte, le strutture sanitarie danneggiate e le coltivazioni sommerse dagli allagamenti.In tutta la regione, le infrastrutture, tra cui le strutture sanitarie, sono state gravemente danneggiate, condizionando le attività di risposta nazionali al COVID-19 e le capacità di assicurare trattamenti per altre malattie, quali malaria e morbillo. Dati i livelli di contaminazione delle fonti di approvvigionamento idrico e gli allagamenti dei servizi igienici, si teme con sempre maggior frequenza una possibile epidemia di colera.Nel corso delle inondazioni le coltivazioni sono andate distrutte, aggravando la carenza di scorte alimentari e le vulnerabilità degli agricoltori e delle loro famiglie, le cui possibilità di sostentamento dipendono dai raccolti. Nella regione, il Niger è stato il Paese colpito più duramente. Le autorità nazionali hanno registrato 71 persone decedute, 90 ferite e oltre 350.000 interessate dalle conseguenze delle inondazioni, in particolare nella regione di Maradi. L’UNHCR da tempo ha mobilitato aiuti destinati agli sfollati interni che vivono in aree in cui sono costretti a guadare acque il cui livello arriva al bacino o ad attraversarle remando a bordo di canoe.Le inondazioni hanno colpito sei siti che accolgono sfollati, lasciando oltre 9.000 rifugiati e sfollati interni nell’urgente necessità di riparo. L’UNHCR ha già distribuito 1.900 kit per alloggi, nonché beni di prima necessità quali indumenti, coperte e kit igienici. In alcune aree, tali operazioni hanno portato ad esaurire le scorte di emergenza.In Burkina Faso, le inondazioni hanno interessato tutte e 13 le regioni, facendo registrare 41 persone decedute, 112 ferite e lasciando 12.378 nuclei familiari senza riparo. A Kaya, una madre incinta e la figlia, in precedenza fuggite dalle violenze, hanno perso la vita quando la casa del vicino è crollata sulla loro tenda. Le piogge torrenziali hanno provocato danni estesi in un Paese in cui un abitante su cinque risultava essere già sfollato a causa delle violenze. Il Burkina Faso attualmente accoglie oltre un milione di sfollati interni, metà di tutti quelli presenti nell’intero Sahel. In Ciad, dove oltre 236.000 persone sono state colpite dalle inondazioni, UNHCR e partner stanno urgentemente assicurando alloggi, cibo, beni di prima necessità e assistenza sanitaria. Nella provincia meridionale di Gore, sono stati colpiti 1.735 rifugiati e almeno 283 famiglie si sono ritrovate i propri terreni allagati e le coltivazioni distrutte. Le piogge torrenziali hanno reso le strade impercorribili, ostacolando le operazioni umanitarie volte a prestare assistenza ai rifugiati colpiti e l’accesso del personale dell’Agenzia agli uffici di Haraze e Shari.Nel Ciad orientale, la maggior parte delle abitazioni e degli alloggi presenti in sei campi che accolgono migliaia di rifugiati vicino a Iriba è stata distrutta o gravemente danneggiata, costringendo questi ultimi a dormire nelle scuole e all’addiaccio. L’UNHCR ha distribuito aiuti per soddisfare le più pressanti esigenze delle persone colpite. In Mali, sono migliaia gli sfollati interni e i membri delle comunità locali colpiti dalle inondazioni. Centinaia di case sono state distrutte nelle regioni più duramente colpite: Gao, Mopti, Ségou e Sikasso.Il verificarsi di questi eventi moltiplica i pericoli per comunità sfollate e comunità di accoglienza che si trovano già alle prese con situazioni di estrema povertà, insicurezza alimentare, conflitti armati e rischi climatici, quest’anno tutte seriamente aggravate dalla pandemia da COVID-19.

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UNHCR e OIM chiedono all’UE un approccio alle politiche su migrazioni e asilo che sia davvero comune e basato sui principi

Posted by fidest press agency su domenica, 27 settembre 2020

Alla vigilia del lancio del nuovo Patto su migrazioni e asilo presentato dalla Commissione Europea, l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, e l’OIM, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, si appellano all’Unione Europea (UE) affinché assicuri l’adozione di un approccio davvero comune e basato sui principi che affronti tutti gli aspetti inerenti alla governance delle questioni migratorie e dell’asilo. Le due organizzazioni delle Nazioni Unite auspicano che il Patto rappresenti un’opportunità nuova da cui partire per abbandonare l’approccio emergenziale che prevede l’adozione di accordi ad hoc in materia di asilo e migrazioni in Europa per passare a uno comune che sia maggiormente comprensivo, ben gestito e a lungo termine, sia in seno sia al di fuori dell’UE. Dato il numero relativamente contenuto di nuovi arrivi di rifugiati e migranti in Europa, il momento è favorevole per intraprendere un’azione comune.I recenti eventi verificatisi nel Mediterraneo, tra cui i ritardi nell’autorizzare le operazioni di sbarco di migranti e rifugiati soccorsi in mare, l’aumento del numero di testimonianze di presunti respingimenti e gli incendi devastanti divampati nel Centro di registrazione e identificazione di Moria, sull’isola greca di Lesbo, hanno messo ulteriormente in evidenza la necessità di riformare con urgenza le politiche UE su migrazioni e asilo. La pandemia da COVID-19, inoltre, ha condizionato profondamente politiche e prassi in materia, e il deleterio impatto socioeconomico da essa prodotto non ha risparmiato nessuno. Rifugiati, migranti e Paesi che accolgono numeri elevati di rifugiati sono stati particolarmente colpiti su scala mondiale.L’approccio attualmente adottato in seno all’UE è inattuabile, insostenibile e spesso comporta conseguenze devastanti sul piano umano. Data l’assenza di accordi condivisi in seno all’UE in merito alla gestione degli sbarchi, assenza che non ha fatto che aggravare le sofferenze delle persone soccorse, da tempo le due organizzazioni chiedono congiuntamente che si adotti un approccio europeo comune basato sulla condivisione di responsabilità tra Stati nelle operazioni di ricerca e soccorso e in quelle di sbarco per le persone salvate in mare. L’OIM e l’UNHCR sono fortemente d’accordo con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sul fatto che salvare vite umane in mare non è facoltativo; una gradita affermazione fatta nel suo discorso sullo stato dell’Unione. Le organizzazioni si preoccupano anche di coloro che si trovano in pericolo lungo tutte le rotte migratorie, anche sulla terraferma. Il salvataggio di vite umane deve rappresentare la priorità assoluta e non deve essere criminalizzato.UNHCR e IOM, inoltre, hanno rivolto appelli affinché si attuino accordi più strutturati in merito ai ricollocamenti all’interno dell’UE e attivamente assicurato supporto all’implementazione dei recenti trasferimenti dalle isole greche, lavorando col Governo greco, la Commissione Europea e l’UNICEF, il Fondo ONU per l’infanzia. Il ricollocamento di persone vulnerabili, tra cui minori, specialmente in un momento storico segnato dall’aggravarsi delle difficoltà, si è dimostrato essere un esempio praticabile di condivisione di responsabilità. “Il Patto offre all’Europa l’opportunità di dimostrare che può sostenere il diritto fondamentale all’asilo, cooperando nel contempo a politiche pragmatiche per identificare coloro che hanno bisogno di protezione internazionale e condividerne la responsabilità”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Accoglieremo con favore gli sforzi reali per garantire un regime di protezione rapido, equo ed efficace in Europa, e daremo il nostro pieno sostegno e la nostra esperienza alla Commissione europea e agli Stati membri per far sì che diventi una realtà”. La maggior parte dei flussi migratori verso l’Europa è gestita mediante canali sicuri e legali, e la crisi innescata dal COVID-19 ha messo in risalto il valore apportato dai lavoratori rifugiati e migranti nell’UE e altrove. Il loro contributo e il loro potenziale dovrebbero essere massimizzati. Una strategia per la buona gestione della mobilità delle persone, determinante nella riuscita del processo di ripresa dalla pandemia, dovrebbe essere integrata strutturalmente e contribuire alla definizione di politiche a lungo termine e piani di risposta, anche in materia di cambiamento climatico, nonché supportare mercati del lavoro flessibili e dinamici.”Le persone in movimento possono essere parte della soluzione. Non vediamo l’ora che il nuovo Patto venga adottato, esso rappresenta un’opportunità per l’Europa di ridisegnare la governance delle migrazioni e della mobilità umana come sicura, ordinata, inclusiva e incentrata sui diritti umani” ha dichiarato Antonio Vitorino, Direttore Generale dell’OIM. “Un approccio equilibrato, basato sui principi e globale riconosce che la migrazione è una realtà umana da gestire per fini reciprocamente vantaggiosi. Sarà anche importante che l’UE garantisca che la politica a lungo termine sia coerente nei suoi aspetti interni ed esterni, sia radicata in veri e propri partenariati e allineata con i quadri e gli accordi internazionali esistenti”, ha aggiunto.Si potranno compiere progressi nella lotta al traffico e nel miglioramento della gestione delle frontiere se si investiranno parimenti attenzione e risorse nel rafforzamento e nell’ampliamento dei canali che consentono una migrazione legale e sicura, dei partenariati efficaci, dei programmi di integrazione e costruendo comunità prospere, benestanti e coese. Può anche ridurre la domanda che alimenta il business dei gruppi criminali di traffico. Investire in canali migratori regolari e in una maggiore mobilità sarà inoltre essenziale per lo sviluppo sostenibile e la crescita nell’UE e altrove.Garantire la possibilità di fare ritorno in condizioni dignitose, per quanti desiderano tornare nei propri Paesi di origine o per coloro che non soddisfano i criteri per il riconoscimento dello status di rifugiato o di altre forme di protezione, è di importanza altrettanto fondamentale in seno a un sistema ben gestito e com prensivo. Dovrebbe essere assicurata priorità ai ritorni volontari, prevedendo disposizioni che consentano alle persone di reintegrarsi in modo sostenibile. Alcuni migranti, tra cui le vittime della tratta, degli abusi sessuali ed i minori non accompagnati, che non hanno bisogno di asilo, possono avere un legittimo bisogno di altre forme di assistenza e protezione.L’UE, inoltre, dovrebbe impegnarsi a garantire solidarietà e condivisione di responsabilità in modo strutturato su scala mondiale in partenariato coi Paesi extra UE che accolgono elevati numeri di persone in fuga. È necessario che tale impegno, tramite il Patto, si traduca in azione assicurando sostegno politico e un’assistenza finanziaria supplementare, strutturata e flessibile agli Stati di accoglienza, anche al fine di rafforzarne i sistemi di asilo. Tale supporto assicurerà che migranti e rifugiati abbiano accesso adeguato a servizi quali assistenza sanitaria, istruzione e lavoro, affinché possano vivere le proprie vite dignitosamente. Un sostegno più strategico ai Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati o ai Paesi di transito diminuirebbe anche l’attrattiva del traffico di esseri umani.Garantendo un futuro sostenibile più vicino ai Paesi di origine e un maggiore impegno da parte dei Paesi UE a implementare i programmi di reinsediamento, ricongiungimento familiare e canali complementari, insieme a condizioni che assicurino accesso diretto al territorio e all’asilo nell’UE a quanti ne hanno bisogno, un numero minore di persone ricorrerebbe a viaggi pericolosi e gli Stati gestirebbero meglio gli arrivi.La Commissione Europea, braccio esecutivo dell’UE, presenterà il Patto su migrazioni e asilo domani, mercoledì 23 settembre, agli Stati membri dell’Unione. L’UE ha l’occasione di sfruttare lo slancio generato dagli eventi recenti e il Patto imminente per assicurare un’Europa unita e improntata al rispetto dei diritti umani, in cui migranti e rifugiati possano contribuire con le proprie competenze e risorse, un’Europa che non lascia indietro nessuno. L’UNHCR e l’OIM sono pronte ad assicurare il proprio sostegno in linea coi rispettivi mandati e con le rispettive competenze.

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L’UNHCR annuncia i vincitori regionali del Premio Nansen per i Rifugiati

Posted by fidest press agency su sabato, 26 settembre 2020

Eroine di tutti i giorni provenienti da Africa, Asia, Europa e Medio Oriente sono state selezionate dall’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, per il loro straordinario lavoro umanitario.Un’insegnante rifugiata impegnata a restituire fiducia e competenze alle vittime di violenza sessuale, una scienziata madre di quattro figli che si batte per rendere la lettura e l’apprendimento accessibili ai bambini rifugiati, un’attivista in lotta per tutelare i diritti delle persone sfollate con disabilità e un’aspirante calciatrice rifugiata che sfrutta il suo amore per lo sport per sottrarre i bambini rifugiati alla strada e farli andare a scuola.Queste quattro eroine di tutti i giorni, capaci di andare oltre i propri limiti per aiutare coloro che si trovano in stato di estrema necessità, sono state selezionate come vincitrici regionali del Premio Nansen per i Rifugiati di quest’anno. Le vincitrici, tutte donne, sono state selezionate in quattro continenti per il loro profondo impegno umanitario e per gli sforzi volti a migliorare le vite delle persone costrette a fuggire. Ciascuna di loro, a modo proprio, ha lanciato iniziative popolari per cambiare la vita dei membri delle proprie comunità, tra cui rifugiati e sfollati interni costretti a fuggire dai conflitti in Sud Sudan, Ucraina orientale, Siria e Afghanistan.La dedizione da esse mostrata e i servizi resi per la protezione delle persone costrette alla fuga riflettono l’essenza e lo spirito di Fridtjof Nansen, il primo Alto Commissario per i Rifugiati al quale il premio è intitolato. Nansen è stato uno stimato scienziato, esploratore polare e diplomatico, conosciuto per la sua perseveranza di fronte alle avversità. Questo premio umanitario annuale intende dare risalto e celebrare gli eroi e le eroine delle nostre comunità che sanno andare ben al di là del proprio senso del dovere per aiutare rifugiati, sfollati interne o persone apolidi.Tra centinaia di candidature, oltre a un unico vincitore a livello mondiale, un vincitore è selezionato in rappresentanza di ciascuna regione. Grazie a questo premio, eroine ed eroi di tutti i giorni sono celebrati per i loro straordinari sforzi volti a cambiare, e in molti a casi a salvare, le vite di quanti sono costretti a fuggire. Le vincitrici regionali di quest’anno per Africa, Asia, Europa e Medio Oriente sono: Africa: Sabuni Francoise Chikunda, insegnante rifugiata dalla Repubblica Democratica del Congo in Uganda. Ha fondato e presiede il Women’s Centre, un centro di aiuto alle vittime e alle persone sopravvissute a violenza sessuale e di genere. Asia: Rozma Ghafouri, rifugiata afghana in Iran. È la cofondatrice del progetto Youth Initiative Fund, un’iniziativa comunitaria che mira a sottrarre alla strada i bambini rifugiati per permettere loro di ricevere un’istruzione. Europa: Tetiana Barantsova, ucraina, attivista per i diritti umani e cofondatrice della ONG AMI-Skhid” (Associazione donne, giovani, famiglie con disabilità del Donbas orientale), che si batte per il cambiamento e per la tutela dei diritti delle persone con disabilità. Medio Oriente: Dott.ssa Rana Dajani, giordana, scienziata e professoressa di biologia cellulare molecolare che ha fondato il progetto We Love Reading. L’iniziativa mira a rendere i libri e la lettura accessibili ai bambini di ogni comunità, anche nei campi rifugiati. Il nome del vincitore globale del Premio Nansen per i Rifugiati – che non è tra quelli celebrati oggi – sarà annunciato il 1 ottobre. Il premio sarà consegnato nel corso di una cerimonia online il 5 ottobre. Ciascuna vincitrice regionale sarà premiata con uno speciale attestato Nansen e si terranno eventi per celebrare gli straordinari sforzi di ognuna di loro in cooperazione con le ambasciate di Svizzera e di Norvegia dei Paesi in cui le vincitrici lavorano. I Governi di Svizzera e di Norvegia sono partner dell’UNHCR nell’ambito del progetto che consegna il Premio Nansen per i Rifugiati.

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UNHCR: la ripresa delle violenze nella regione del Kasai

Posted by fidest press agency su sabato, 12 settembre 2020

Se la situazione non dovesse migliorare, l’acuirsi delle tensioni e una ripresa delle violenze nella Grande Regione del Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), potrebbero determinare una nuova ondata di esodi di massa, avverte oggi l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati. Fino a poco tempo fa, la regione aveva registrato un periodo di relativa calma. Tuttavia, nel corso dell’ultimo mese, più di 24.000 persone sono fuggite da tre diversi conflitti legati a dispute fondiarie, scontri per le risorse e conflitti tra gruppi etnici, autorità e milizie.La maggior parte degli sfollati sta cercando rifugio lungo le aree di confine delle regioni di Demba, nel Kasai Centrale, e di Mweka, nel Kasai.Nel 2017, le violenze nel Kasai avevano creato 1,4 milioni di sfollati interni e spinto circa 35.000 persone a mettersi in salvo in Angola.I nuovi sfollati hanno riferito di omicidi, stupri, torture, saccheggi e case date alle fiamme nelle ultime settimane. Decine di persone si sono messe in salvo riportando ferite. Tra le persone in fuga si registrano numerosi minori, donne e anziani.
A Katende, nella provincia del Kasai Centrale, gli scontri tra due comunità per il possesso di risorse minerarie e legname sono andati aumentando lungo tutto il mese di agosto.Negli ultimi giorni, l’UNHCR ha ricevuto testimonianze di conflitti nel villaggio di Nteenda, nella provincia del Kasai Centrale, correlati ai tentativi delle milizie di sostituire un rappresentante comunitario tradizionale con uno dei propri membri,. La disputa ha provocato l’esodo di quasi 1.000 persone. In quanto prima agenzia umanitaria chiamata a rispondere, l’UNHCR sta registrando gli sfollati nonché i membri delle comunità locali, le cui capacità di offrire supporto e accoglienza sono spesso limitate a causa dell’estrema povertà e degli elevati livelli di malnutrizione che caratterizzano l’area. L’Agenzia sta assicurando assistenza alle persone sopravvissute a violenza sessuale segnalandole ai servizi medici e di sostegno psicosociale. Grazie alle continue operazioni di soccorso, l’UNHCR ha finora distribuito teli impermeabili, coperte, sapone, set da cucina e altri articoli a beneficio di più di 4.000 persone. Inoltre, sono migliaia i beneficiari di kit per gli alloggi e aiuti in denaro contante per permettere di acquistare cibo e soddisfare le esigenze più urgenti.L’UNHCR continua a monitorare la situazione insieme ai partner e a rispondere alle necessità delle vittime di violazioni di diritti umani. Inoltre, sta promuovendo negoziati di pace tra i rappresentanti delle differenti comunità al fine di prevenire l’insorgere di nuovi scontri.L’Agenzia, infine, esprime nuovamente preoccupazione per l’incolumità di circa 16.000 congolesi espulsi dall’Angola lo scorso anno, i quali continuano a sopravvivere in condizioni precarie in aree remote e quasi inaccessibili. L’UNHCR sta effettuando valutazioni delle condizioni stradali per prepararsi ad assicurare assistenza umanitaria in tempi rapidi, nel caso in cui la situazione dovesse continuare a peggiorare.Alla fine del 2018 e all’inizio del 2019, l’Angola ha espulso migliaia di persone nel corso di operazioni volte a contrastare le migrazioni irregolari. Molte erano ex rifugiati congolesi segnalati a organizzazioni partner per ricevere assistenza.L’UNHCR rivolge un nuovo appello a profondere tutti gli sforzi utili per ristabilire la pace e allentare le tensioni nel Kasai. Inoltre, esorta a stanziare le risorse necessarie per rispondere alle esigenze degli sfollati congolesi nella regione.

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Rapporto UNHCR: il coronavirus rappresenta una grave minaccia all’istruzione dei rifugiati

Posted by fidest press agency su giovedì, 10 settembre 2020

In un rapporto pubblicato oggi, intitolato “Coming Together for Refugee Education”, l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, prevede che, se la comunità internazionale non intraprenderà azioni immediate e coraggiose per contrastare gli effetti catastrofici del COVID-19 sull’istruzione dei rifugiati, il potenziale di milioni di giovani rifugiati che vivono in alcune delle comunità più vulnerabili al mondo sarà ulteriormente minacciato. I dati raccolti nel rapporto si basano sulle statistiche complessive inerenti alle iscrizioni al ciclo scolastico del 2019.In assenza di maggiore supporto, l’aumento costante e duramente conseguito del numero di iscrizioni a scuola, alle università, e ai corsi di formazione tecnica e professionale potrebbe invertire la tendenza – in alcuni casi in modo permanente –pregiudicando potenzialmente gli sforzi volti a conseguire l’Obiettivo di sviluppo sostenibile 4 relativo alla necessità di assicurare a tutti accesso a un’istruzione inclusiva, equa e di qualità. I dati relativi al 2019 raccolti nel rapporto si basano su informazioni provenienti da dodici Paesi che accolgono oltre la metà dei bambini rifugiati di tutto il mondo. Mentre la percentuale di iscrizioni complessive all’istruzione primaria è pari al 77%, solo il 31% dei giovani risulta iscritto all’istruzione secondaria. A livello di istruzione superiore, la percentuale di iscritti è solo del 3%.Pur non stando in alcun modo al passo delle medie globali, queste statistiche dimostrano che sono stati compiuti progressi. Le iscrizioni all’istruzione secondaria sono aumentate e fanno registrare nuove decine di migliaia di bambini rifugiati che frequentano la scuola, un incremento del 2% nel solo 2019. Tuttavia, la pandemia di COVID-19 ora minaccia di azzerare questi e altri risultati di fondamentale importanza. La minaccia nei confronti delle bambine rifugiate è di particolare gravità.
Per le bambine rifugiate, le possibilità di accesso all’istruzione sono già inferiori rispetto a quelle dei bambini e le probabilità che esse frequentino la scuola secondaria sono la metà. In base ai dati in possesso dell’UNHCR, il Malala Fund ha stimato che, per effetto della pandemia da COVID-19, la metà di tutte le ragazze rifugiate iscritte alla scuola secondaria non farà ritorno in classe quando gli istituti riapriranno questo mese. Nei Paesi in cui la percentuale complessiva di ragazze rifugiate iscritte alla scuola secondaria era già inferiore al 10%, tutte le ragazze sono a rischio di abbandonare gli studi per sempre, una previsione agghiacciante che avrebbe un impatto sulle future generazioni.
Adattarsi alle limitazioni imposte dal COVID-19 è stato duro, specialmente per l’85% dei rifugiati di tutto il mondo che vive nei Paesi in via di sviluppo o in quelli meno sviluppati. Telefoni cellulari, tablet, laptop, connettività, e perfino apparecchi radio spesso non sono immediatamente disponibili presso le comunità di sfollati. L’UNHCR, i governi, e i partner stanno lavorando instancabilmente per risolvere le criticità essenziali e assicurare continuità all’istruzione dei rifugiati durante la pandemia, sfruttando programmi di didattica a distanza, televisione e radio, e assicurando sostegno a insegnanti e assistenti per relazionarsi con gli studenti nel rispetto delle linee guida sanitarie.Il rapporto si appella a governi, settore privato, società civile e altri attori chiave affinché uniscano le forze per trovare soluzioni che rafforzino i sistemi educativi nazionali, creino collegamenti a percorsi didattici che consentano di conseguire un’istruzione qualificata e assicurino e tutelino finanziamenti dedicati. In assenza di tali interventi, avverte il rapporto, il rischio è quello di perdere una generazione di bambini rifugiati privati dell’istruzione.I rischi per l’istruzione dei rifugiati non si limitano a quelli causati dal COVID-19. Gli attacchi perpetrati ai danni delle scuole costituiscono una triste realtà in aumento. Il rapporto dedica particolare attenzione alla regione africana del Sahel, dove le violenze hanno costretto alla chiusura di oltre 2.500 scuole danneggiando i percorsi didattici di 350.000 studenti.

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UNHCR: necessarie soluzioni durature alla crisi dei Rohingya

Posted by fidest press agency su sabato, 29 agosto 2020

L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, esorta a rinnovare supporto e soluzioni a favore delle comunità di apolidi e sfollati Rohingya sia all’interno sia al di fuori del Myanmar.A tre anni dall’inizio dell’ultimo esodo dei rifugiati Rohingya verso il Bangladesh ad agosto 2017, permangono criticità che continuano a evolversi. La pandemia da COVID-19 ha aggiunto ulteriori complessità. La comunità internazionale non deve solo continuare a supportare i rifugiati e le comunità che li accolgono, ma adattare l’assistenza alle loro esigenze fondamentali e ampliare la ricerca di soluzioni.Le comunità Rohingya stimano che fino a tre quarti del proprio popolo oggi viva al di fuori del Myanmar. L’UNHCR e il Governo del Bangladesh hanno registrato separatamente oltre 860.000 rifugiati Rohingya negli insediamenti di Cox’s Bazar. Il Bangladesh ha dimostrato profondo impegno umanitario nei loro confronti. Ha assicurato protezione ed esteso le attività di assistenza umanitaria salvavita, e ora accoglie nove decimi dei rifugiati Rohingya registrati nella regione Asia-Pacifico. Tale generosità deve essere riconosciuta mediante investimenti continui a favore sia dei rifugiati Rohingya sia delle comunità di accoglienza bangladesi.In definitiva, la soluzione alla condizione dei Rohingya riguarda il Myanmar e la capacità di implementare con efficacia le raccomandazioni della Commissione consultiva sullo Stato di Rakhine, alla cui realizzazione si è impegnato il Governo del Myanmar.
La creazione di condizioni che favoriscano il ritorno della popolazione Rohingya in modo sicuro e sostenibile richiederà l’impegno della società nel suo complesso, la ripresa e la promozione del dialogo tra le autorità del Myanmar e i rifugiati Rohingya, nonché altre misure che contribuiscano a instaurare un rapporto di fiducia. Tra queste vi sono la necessità di revocare le restrizioni alla libertà di circolazione, riaffermare che gli sfollati interni Rohingya possano fare ritorno ai propri villaggi e assicurare un canale definito per poter acquisire la cittadinanza.Fuori dal Myanmar, gli sforzi collettivi devono essere diretti non solo ad assicurare la dignità e il benessere dei Rohingya oggi, ma anche a preservare le loro speranze e a migliorarne le prospettive per il futuro. Ciò significa lavorare non solo a soluzioni durature nel Myanmar stesso, ma anche a opportunità di studio e lavoro fuori dai Paesi di asilo, e a canali di ammissione a Paesi terzi per quanti presentano le vulnerabilità più gravi.
La forza e la resilienza del popolo Rohingya esiliato in Bangladesh e in altri Paesi hanno rappresentato le fondamenta della risposta umanitaria negli ultimi tre anni, e sostenuto a loro volta le comunità di accoglienza. Rispettare e riconoscere il loro coraggio e le loro capacità significa assicurare che i Rohingya non siano dimenticati, nel momento in cui la crisi che li affligge entra nel quarto anno.

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L’UNHCR accelera gli aiuti per Beirut all’indomani della devastante esplosione

Posted by fidest press agency su lunedì, 17 agosto 2020

L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, e altri partner umanitari in Libano stanno rapidamente contribuendo alla risposta guidata dal governo, a seguito dell’esplosione letale e devastante che ha colpito Beirut martedì 4 agosto.Considerato l’impatto dell’imponente esplosione, l’UNHCR teme che tra le vittime e i feriti ci possano essere anche dei rifugiati che vivono a Beirut. Alcune delle aree gravemente colpite dalla potente esplosione includono i quartieri che ospitano rifugiati e, mentre si continua a monitorare la situazione, l’UNHCR ha ricevuto segnalazioni – al momento non confermate – di diverse morti tra i rifugiati a Beirut. L’Agenzia lavora con le squadre di soccorso e altri operatori umanitari per aiutare con l’identificazione e il sostegno alle famiglie in lutto.Tutto il personale dell’UNHCR è stato rintracciato e si trova al sicuro.I nostri sforzi umanitari si concentrano su tre aree chiave: alloggio, salute e protezione.
L’UNHCR sta lavorando a stretto contatto con la Croce Rossa libanese per creare rifugi temporanei per coloro che hanno perso la propria casa, e sta sostenendo gli sforzi di trasferimento di altri.Centinaia di migliaia di persone hanno visto le loro case completamente o parzialmente danneggiate dall’esplosione. La necessità di un riparo è impellente. L’UNHCR sta mettendo a disposizione le sue scorte nazionali di kit di assistenza, teli di plastica, tensostrutture e decine di migliaia di altri articoli di prima necessita’, tra cui coperte e materassi per la distribuzione e l’uso immediati.La risposta sanitaria dell’UNHCR contro il COVID-19 continua in quest’ultima emergenza. La scorsa settimana è stata completata una prima fase di incremento dei letti di ospedale e della capacità delle terapie intensive, con l’introduzione di forniture e attrezzature mediche, ventilatori e letti per i pazienti. L’implementazione della seconda fase è stata velocizzata alla luce della saturazione degli ospedali. Questo supporto contribuirà a ridurre la pressione sugli ospedali attualmente sovraccarichi e consentirà di trattare un maggior numero di pazienti in modo tempestivo. Queste capacità aggiuntive sono disponibili per tutti coloro che ne abbiano bisogno.Quella della protezione è un’altra area critica di intervento nell’attuale risposta alle emergenze, in particolare in relazione alla salute mentale e al supporto psicosociale. I centri di accoglienza dell’UNHCR in tutto il Paese, inclusa Beirut, sono aperti per i casi critici e le emergenze, con tutte le misure di distanziamento sociale legate al COVID-19 attive, e il call center nazionale e le linee telefoniche regionali in tutto il paese sono state attrezzate per rispondere alle richieste di assistenza.La massiccia esplosione si aggiunge alla già grave crisi economica che aveva spinto molti libanesi e rifugiati in una condizione di povertà, ulteriormente aggravata dalla pandemia da COVID-19. L’UNHCR invita la comunità internazionale a sostenere il Libano, mostrare solidarietà e fornire un sostegno tempestivo e significativo al Paese e ai libanesi, che hanno generosamente accolto i rifugiati.

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Trasferimenti di rifugiati beneficiari di reinsediamento

Posted by fidest press agency su lunedì, 22 giugno 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e l’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, hanno annunciato la ripresa delle partenze di rifugiati nell’ambito del programma di reinsediamento.La sospensione temporanea dei trasferimenti, imposta dalle restrizioni ai viaggi aerei e dai gravi disagi dovuti alla pandemia da COVID-19, ha ritardato le partenze di circa 10.000 rifugiati verso i Paesi di reinsediamento. Per tutto questo periodo, l’UNHCR, l’OIM e i loro partner hanno continuato ad assicurare consulenza ai rifugiati e ad esaminarne i casi, reinsediandone decine tra quelli in condizioni più urgenti.Inoltre, numerosi Paesi di reinsediamento hanno istituito o ampliato le capacità di applicazione di modalità di esame flessibili, in modo da adeguare i propri programmi al verificarsi di circostanze imprevedibili, assicurandone la continuità.
Nonostante molte restrizioni agli spostamenti rimangano in vigore, in molti Paesi di reinsediamento nei quali cominciano a essere revocate è possibile prevedere la ripresa di numerose partenze di rifugiati. L’UNHCR e l’OIM continueranno a lavorare coi partner governativi e altri attori in tutto il mondo per poter tornare alla regolarità delle operazioni non appena la situazione di ogni singolo Paese lo consentirà. Per molti rifugiati, quello del reinsediamento continua a rappresentare uno strumento salvavita e le due agenzie auspicano di poter lavorare coi partner tanto nei Paesi di accoglienza quanto in quelli di reinsediamento per poter riprendere a implementare gli itinerari di viaggio in condizioni sicure.Il divario tra il numero di rifugiati che necessitano di reinsediamento e i posti messi a disposizione dai governi nel mondo è preoccupante. L’UNHCR e l’OIM reiterano gli appelli affinché anche altri Paesi partecipino al programma contribuendo a trovare soluzioni per un numero maggiore di rifugiati.

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L’1 per cento della popolazione mondiale è in fuga secondo il rapporto annuale dell’UNHCR Global Trends

Posted by fidest press agency su domenica, 21 giugno 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, rivolge oggi un appello ai Paesi di tutto il mondo affinché si impegnino ulteriormente per dare protezione a milioni di rifugiati e altre persone in fuga da conflitti, persecuzioni o violenze che compromettono gravemente l’ordine pubblico. Come dimostra il rapporto pubblicato oggi, gli esodi forzati oggi riguardano più dell’1 per cento della popolazione mondiale – 1 persona su 97 – mentre continua a diminuire inesorabilmente il numero di coloro che riescono a fare ritorno a casa.Il rapporto, inoltre, rileva come per i rifugiati sia divenuto sempre più difficoltoso porre fine in tempi rapidi alla propria condizione. Negli anni Novanta, una media di 1,5 milioni di rifugiati riusciva a fare ritorno a casa ogni anno. Negli ultimi dieci anni la media è crollata a circa 385.000, cifra che testimonia come oggi l’aumento del numero di persone costrette alla fuga ecceda largamente quello delle persone che possono usufruire di una soluzione durevole.
Il rapporto Global Trends mostra che dei 79,5 milioni di persone che risultavano essere in fuga alla fine dell’anno scorso, 45,7 milioni erano sfollati all’interno dei propri Paesi. La cifra restante era composta da persone fuggite oltre confine, 4,2 milioni delle quali in attesa dell’esito della domanda di asilo, e 29,6 milioni tra rifugiati (26 milioni) e altre persone costrette alla fuga fuori dai propri Paesi.L’incremento annuale, rispetto ai 70,8 milioni di persone in fuga registrati alla fine del 2018, rappresenta il risultato di due fattori principali. Il primo riguarda le nuove preoccupanti crisi verificatesi nel 2019, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Sahel, in Yemen e in Siria, quest’ultima ormai al decimo anno di conflitto e responsabile dell’esodo di 13,2 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, più di un sesto del totale mondiale.
8 dati essenziali sulle persone in fuga:
Almeno 100 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case negli ultimi dieci anni, in cerca di sicurezza all’interno o al di fuori dei propri Paesi. Si tratta di un numero di persone maggiore di quello dell’intera popolazione dell’Egitto, il 14° Paese più popoloso al mondo.
Il numero di persone in fuga è quasi raddoppiato dal 2010 (41 milioni allora contro 79,5 milioni oggi).
L’80 per cento delle persone in fuga nel mondo è ospitato in Paesi o territori afflitti da insicurezza alimentare e malnutrizione grave – molti dei quali soggetti al rischio di cambiamenti climatici e catastrofi naturali.
Oltre i tre quarti dei rifugiati di tutto il mondo (77 per cento) provengono da scenari di crisi a lungo termine – per esempio quella in Afghanistan, ormai entrata nel quinto decennio.
Oltre otto rifugiati su 10 (85 per cento) vivono in Paesi in via di sviluppo, generalmente in un Paese confinante con quello da cui sono fuggiti.
Due terzi delle persone in fuga all’estero provengono da cinque Paesi: Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar.
Il rapporto Global Trends considera tutte le principali popolazioni di sfollati e rifugiati, compresi i 5,6 milioni di rifugiati palestinesi che ricadono sotto il mandato dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations Relief and Works Agency/UNRWA).L’impegno a “non lasciare indietro nessuno” sancito dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ora include esplicitamente i rifugiati, grazie a un nuovo indicatore sui rifugiati approvato dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite a marzo di quest’anno.

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Violenze nel Congo orientale

Posted by fidest press agency su mercoledì, 13 Maggio 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime nuovamente apprensione per l’incessante ondata di attacchi violenti perpetrati ai danni delle popolazioni locali nella provincia di Ituri, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove, in soli due mesi, oltre 200.000 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case.L’UNHCR, inoltre, esprime nuovamente preoccupazione per l’inesorabile riduzione degli spazi a disposizione delle agenzie umanitarie causata dagli attacchi continui, che impediscono di raggiungere quanti hanno disperato bisogno di assistenza. L’UNHCR chiede a tutte le parti in conflitto di rispettare le vite dei civili e di consentire agli operatori umanitari di prestare assistenza.Nella RDC, le persone costrette a fuggire sono cinque milioni, di cui 1,2 milioni nella provincia di Ituri.Le tensioni sono in costante crescita da dicembre 2019, quando il Governo lanciò un’operazione militare contro vari gruppi armati operativi nell’area. Da metà marzo le violenze si sono riacuite, con il moltiplicarsi del numero di controffensive condotte da gruppi armati. Nel territorio di Djugu, nella provincia di Ituri, negli ultimi 60 giorni l’UNHCR e i partner hanno registrato più di 3.000 gravi violazioni di diritti umani verificatesi nel corso dei quasi 50 attacchi perpetrati in media ogni giorno ai danni della popolazione locale.Gli sfollati hanno riferito di essere stati testimoni di episodi di estrema violenza, tra cui l’uccisione di almeno 274 civili con armi come i machete. 140 donne sono state vittime di stupro e quasi 8.000 case sono state incendiate. Analogamente alle tendenze registrate in passato, la stragrande maggioranza delle persone in fuga è composta da donne e bambini, molte delle quali ora vivono in ambienti sovraffollati presso famiglie di accoglienza. Altri dormono all’aperto o all’interno di edifici pubblici quali scuole, attualmente non utilizzate a causa delle misure imposte per contenere la diffusione del COVID-19.Sia gli sfollati sia le comunità che li accolgono vivono una condizione di vulnerabilità dovuta a offensive, controffensive e violenze continue.Alcuni degli sfollati che si sono assunti il rischio di fare ritorno a casa sono divenuti nuovamente oggetto di persecuzione, dal momento che aggressioni e minacce ad opera di gruppi armati non si sono fermate. Il 24 aprile, è stato riferito che quattro persone che avevano fatto ritorno a Nyangaray risultavano uccise, mentre altre 20 famiglie sono state rapite da un gruppo armato. Nel territorio di Mahagi, risulta che due persone tornate recentemente sono state sepolte vive da un gruppo di uomini armati, dopo essere state accusate di aver rubato beni del valore di 6 dollari.L’accesso degli aiuti umanitari ai territori di Djugu e Mahagi è fortemente limitato. Ad aprile, le strade principali che collegano il capoluogo di provincia, Bunia, col territorio di Djugu, sono rimaste chiuse per quasi tre settimane, e continuano a restare non sicure per l’accesso.L’UNHCR esprime preoccupazione per la sicurezza degli sfollati, col timore che l’assenza di aiuti umanitari potrà determinare un impatto enorme, dato il crollo delle opportunità di reddito causato dalla pandemia da COVID-19. Anche quello della fame rappresenta un rischio reale, in una fase in cui i prezzi degli alimenti salgono a causa dell’approvvigionamento limitato in entrambi i territori.L’UNHCR e i partner stanno lavorando per assicurare scorte di beni di prima necessità e costruire ulteriori alloggi da destinare ai nuovi sfollati. Tuttavia, gli insediamenti di sfollati interni stanno divenendo rapidamente sovraffollati a causa del numero elevato di persone in arrivo e della disponibilità limitata di terreno. La carenza di fondi, inoltre, sta condizionando le capacità dell’Agenzia di soddisfare le esigenze più basilari delle popolazioni sfollate: l’appello per la raccolta di 154 milioni di dollari da destinare alle operazioni nella RDC, è finanziato solo per il 18 per cento.

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L’UNHCR chiede alle parti in conflitto di proteggere i civili nelle regioni del Sahel e del Lago Ciad

Posted by fidest press agency su mercoledì, 29 aprile 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, chiede che sia garantita maggiore protezione alle persone coinvolte nelle violenze derivanti dalla ripresa delle operazioni militari contro i gruppi armati nelle regioni del Sahel e nel Lago Ciad, in Africa occidentale.Migliaia di persone sono fuggite quotidianamente dalle proprie case e dai villaggi a partire dal 29 marzo, quando le forze di sicurezza di Niger, Ciad, Nigeria, e Camerun hanno lanciato un’operazione di repressione dei gruppi armati responsabili di attacchi lungo le regioni frontaliere ai danni di civili e militari dei Paesi citati.“La sicurezza delle popolazioni sfollate e delle loro comunità di accoglienza deve costituire una priorità per tutte le parti in conflitto”, ha dichiarato Aissatou Ndiaye, Vice Direttrice dell’Ufficio dell’UNHCR per l’Africa occidentale e centrale. “Nelle regioni del Sahel e del bacino del Lago Ciad, sono troppi i civili ad aver già pagato un prezzo elevato e non devono patire ulteriori sofferenze”.Quasi 50.000 persone, tra cui migliaia di donne, bambini e anziani, sono state sfollate nella regione quest’anno, comprese le 25.000 costrette alla fuga quando l’esercito del Ciad ha lanciato l’operazione ‘Ira di Boma’ presso le rive del Lago Ciad, alla fine di marzo, col supporto militare di altri Paesi. Le autorità del Ciad hanno dichiarato i dipartimenti di Fouli e di Kaya zona di guerra a tutti gli effetti.Inoltre, più di 4.000 persone sono state sfollate a causa dei combattimenti scoppiati all’inizio del mese nella regione di Tillaberi, in Niger, mentre a centinaia hanno varcato i confini per mettersi in salvo in diverse aree del Mali nelle quali vigono già situazioni di pericolo.”Attacchi e contrattacchi stanno costantemente spingendo le popolazioni che vivono a ridosso delle aree di frontiera in condizioni di miseria sempre più profonda e rischiano di vanificare qualunque progresso conseguito nel processo di rafforzamento della loro resilienza”, ha aggiunto Aissatou Ndiaye.Altre 6.000 persone, inoltre, sono fuggite dal Niger al Mali andando a unirsi agli almeno 10.000 maliani sfollati all’interno del proprio Paese a causa della serie di rivolte che hanno flagellato la regione del Sahel da gennaio 2020.In Niger, nel primo trimestre del 2020, UNHCR e partner hanno registrato 191 incidenti e 549 vittime in un raggio di 50 chilometri dalle frontiere. Gli incidenti includono attacchi, omicidi, rapimenti, furti ed estorsioni, nonché casi di violenza sessuale e di genere.L’UNHCR richiama i governi a rispettare gli obblighi internazionali e a onorare gli impegni assunti durante i dialoghi regionali di alto livello tenutisi l’anno scorso ad Abuja e a Bamako. In quell’occasione gli Stati hanno rinnovato l’impegno a proteggere i civili per evitare che cadano vittime delle operazioni antiterrorismo.L’UNHCR è pronta a supportare gli sforzi profusi a livello regionale per mantenere la natura civile e umanitaria dell’asilo e agevolare l’accesso degli aiuti. L’Agenzia continua a collaborare con le autorità per individuare una località sicura presso cui trasferire le persone. Per molti anni, conflitti armati e violenze hanno messo a dura prova sia la regione del Sahel sia quella del Lago Ciad. Dal punto di vista umanitario la situazione è estremamente drammatica e l’accesso a tutta l’area è limitato. Circa 3,8 milioni di persone sono sfollate all’interno di entrambe le regioni e 270.000 vivono nei Paesi limitrofi in qualità di rifugiati.

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Coronavirus: a rischio i diritti umani e la protezione dei rifugiati nel lungo periodo, avverte UNHCR

Posted by fidest press agency su sabato, 25 aprile 2020

La pandemia da coronavirus ha aggravato la condizione delle persone in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni. In una fase in cui i Paesi di tutto il mondo lottano per proteggere i propri cittadini e le proprie economie, le norme fondamentali di diritto in materia di rifugiati e diritti umani sono a rischio.“I principi fondamentali in materia di protezione dei rifugiati attualmente sono messi a dura prova – tuttavia, a coloro che sono costretti a fuggire da conflitti e persecuzioni non deve essere negata la possibilità di mettersi in salvo e ottenere protezione col pretesto, quand’anche si tratti solo di un effetto collaterale, della lotta contro il virus”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, stima che siano 167 i Paesi che, ad oggi, hanno imposto la chiusura totale o parziale delle proprie frontiere al fine di contenere la diffusione del virus. Gli Stati che non stanno ammettendo eccezioni a favore delle persone in cerca di asilo sono almeno 57.Nonostante guerre e violenze in diverse aree del mondo continuino, tali misure stanno di fatto sospendendo il diritto di chiedere asilo. Le persone in cerca di sicurezza e rifugio sono respinte ai confini di terra o in mare e ricondotte o trasferite verso altri Paesi nei quali potrebbero essere esposte a minacce gravi alle loro vite o alle loro libertà. Le misure adottate a livello nazionale per contrastare la diffusione del virus stanno producendo effetti su vasta scala. Osserviamo un utilizzo sproporzionato della detenzione quale strumento di gestione dell’immigrazione, un aumento dei rischi di esposizione a violenza sessuale e di genere, restrizioni discriminatorie all’accesso ai servizi sanitari e sociali e una perdita drastica in termini di mezzi di sostentamento che stanno spingendo numerosi rifugiati e altre persone ai margini della società, in condizioni di profonde povertà e indigenza.L’UNHCR ha rivolto ripetuti appelli agli Stati affinché gestiscano l’imposizione di restrizioni alle frontiere in modo da garantire, allo stesso tempo, il rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani e protezione dei rifugiati, anche mediante l’implementazione di misure quali la quarantena e i controlli medici.Le domande di asilo possono essere prese in carico ed esaminate anche a distanza laddove le restrizioni correlate ai rischi sanitari dovessero vietare lo svolgimento di colloqui di persona. È possibile adottare anche altre misure di protezione, quali quelle che prevedono l’estensione automatica della validità dei badge identificativi o dei permessi di soggiorno per garantire a rifugiati e richiedenti asilo accesso ad assistenza sanitaria e altri servizi.“Se, nella pratica, gli approcci per rispondere alle esigenze della realtà odierna possono essere adeguati, il diritto di cercare asilo può e deve essere difeso anche nel corso di questa crisi di salute pubblica di portata globale”, ha affermato Filippo Grandi.“Diversamente, il rischio è che il rispetto di norme, leggi e politiche in materia di diritti umani, tanto fondamentali per assicurare protezione ai rifugiati disperatamente in cerca di sicurezza, potrebbe essere pregiudicato al punto da richiedere diversi anni per riacquistare valore”

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La Sony assicura la prima generosa donazione del settore privato all’appello dell’UNHCR per rispondere al COVID-19

Posted by fidest press agency su mercoledì, 8 aprile 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, accoglie con entusiasmo l’annuncio della Sony di istituire un fondo mondiale di soccorso per l’emergenza COVID-19 (“Sony Global Relief Fund for COVID-19”), mediante cui sarà effettuata una donazione di 3 milioni di dollari da destinare alla protezione dei rifugiati dalla minaccia della pandemia. Si tratta del primo contributo di rilievo elargito dal settore privato a favore dell’appello lanciato dall’UNHCR per rispondere all’emergenza COVID-19. La disponibilità di finanziamenti tempestivi e flessibili è fondamentale per consentire alle operazioni dell’UNHCR sul campo di prepararsi a rispondere alla pandemia da COVID-19 e prevenire la diffusione del virus tra i rifugiati e le comunità che li accolgono.
Mediante il fondo da 100 milioni di dollari “Sony Global Relief Fund for COVID-19”, la Sony garantirà il proprio aiuto in tre aree: assistenza a singole persone e organizzazioni impegnate in prima linea in ambito sanitario e di pronto intervento, quali l’UNHCR, sostegno a bambini ed educatori che attualmente sono costretti a lavorare da remoto, e sostegno agli artisti attivi nell’industria dello spettacolo, gravemente danneggiata dalla diffusione del virus.In occasione del lancio del fondo contro l’emergenza, Kenichiro Yoshida, Presidente e Amministratore Delegato Sony, ha dichiarato: “Per superare le sfide senza precedenti che la società sta affrontando su scala globale, in qualità di azienda di rilievo mondiale, faremo tutto quanto in nostro potere per assicurare sostegno a coloro che lottano in prima linea per contrastare il COVID-19, ai bambini che rappresentano il nostro futuro, e al mondo dello spettacolo colpito dalla crisi”.Il 26 marzo 2020, nell’ambito dell’appello delle Nazioni Unite contro la crisi, l’UNHCR ha lanciato la raccolta di 255 milioni di dollari da destinare in via prioritaria alle esigenze di quei Paesi che necessiteranno di interventi specifici in risposta alla pandemia da COVID-19. Sebbene il numero di casi di contagio da COVID-19 registrati e confermati tra i rifugiati resti basso, oltre l’80 per cento della popolazione rifugiata mondiale e quasi la totalità degli sfollati interni vivono in Paesi a reddito basso o medio, molti dei quali sono dotati di servizi medici, idrici ed igienico-sanitari inadeguati. L’UNHCR continua a intensificare gli interventi sul campo più urgenti. Tuttavia, per conseguire tale risultato, sono necessari quanto prima finanziamenti tempestivi e flessibili. Dal 2007, la Sony sostiene il lavoro dell’UNHCR a favore di coloro che sono costretti a fuggire da guerre e persecuzioni. In partenariato con Japan for UNHCR, la Sony ha offerto donazioni in natura di materiali audio-visivi in Africa e svolto attività di sensibilizzazione quali il patrocinio del Refugee Film Festival promosso dall’UNHCR, dal 2007 al 2019, nonché di coinvolgimento del personale in maratone di raccolta fondi.

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UNHCR: continuiamo ad assicurare assistenza ai rifugiati durante l’emergenza COVID-19

Posted by fidest press agency su domenica, 5 aprile 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha specificato oggi una serie di misure che sta adottando nelle proprie operazioni sul campo al fine di rispondere all’emergenza di salute pubblica dovuta alla pandemia da COVID-19 e prevenirne l’ulteriore diffusione.Il 26 marzo, nell’ambito di un appello delle Nazioni Unite di più ampia portata, l’UNHCR ha lanciato la raccolta di 255 milioni di dollari da destinare in via prioritaria alle esigenze di quei Paesi che necessiteranno di interventi specifici.Sebbene il numero di casi di contagio da COVID-19 registrati e confermati tra i rifugiati resti basso, oltre l’80 per cento della popolazione rifugiata mondiale e quasi la totalità degli sfollati interni vivono in Paesi a reddito basso o medio, molti dei quali sono dotati di servizi medici, idrici ed igienico-sanitari inadeguati e necessitano di sostegno immediato.Numerosi rifugiati vivono in campi densamente popolati o in aree urbane in condizioni di povertà in cui le infrastrutture per l’assistenza medica e le strutture per l’erogazione di acqua e servizi igienico-sanitari (WASH) sono inadeguate. In questi siti l’implementazione di misure di prevenzione è di primaria importanza, ha osservato Filippo Grandi.Le misure adottate dall’UNHCR mirano a:
• Rafforzare servizi e sistemi WASH e per la salute, anche tramite la distribuzione di sapone e il miglioramento delle opportunità di approvvigionamento idrico.
• Sostenere i governi nell’implementazione di misure di prevenzione del contagio e di risposta dell’assistenza sanitaria, anche mediante la distribuzione di forniture e attrezzature mediche.
• Distribuire materiali per gli alloggi e beni di prima necessità.
• Offrire orientamento e informazioni attendibili in relazione alle misure di prevenzione.
• Estendere l’assistenza in denaro al fine di attenuare gli effetti socio-economici negativi della pandemia da COVID-19.
• Promuovere il monitoraggio e gli interventi volti ad assicurare che i diritti delle persone costrette alla fuga siano rispettati.
In Bangladesh, sono state avviate sessioni formative rivolte al personale delle strutture sanitarie operative presso i campi dei rifugiati Rohingya, dove circa 850.000 persone vivono in condizioni di estremo sovraffollamento. Oltre 2.000 rifugiati volontari collaborano coi leader religiosi e con quelli delle comunità per informare in merito alle importanti misure di prevenzione.
In Grecia, l’UNHCR ha intensificato il sostegno alle autorità per aumentare le capacità di erogazione di acqua e servizi igienico-sanitari, distribuire articoli per l’igiene, e allestire e attrezzare unità e ambienti medici per le procedure di screening, isolamento e messa in quarantena. L’Agenzia da tempo sta esortando le autorità a intensificare i trasferimenti dai sovraffollati centri di accoglienza delle isole dove 35.000 richiedenti asilo vivono in strutture progettate per l’accoglienza di meno di 6.000 persone.
In Giordania, personale preposto misura la febbre ai rifugiati all’ingresso dei campi di Zaatari e Azraq. Sono in corso campagne di sensibilizzazione. L’erogazione di energia elettrica è stata rafforzata e i supermercati osservano orari prolungati per consentire alla popolazione di fare la spesa rispettando il distanziamento sociale.Strutture che consentono di lavarsi le mani e misurare la febbre sono state allestite anche presso centri di transito, centri di accoglienza e ambulatori operativi nei campi/insediamenti dell’Etiopia e dell’Uganda.
In Sudan, l’UNHCR ha distribuito sapone a oltre 260.000 rifugiati, sfollati interni e membri delle comunità di accoglienza. Insieme ad altre agenzie delle Nazioni Unite e al Ministero della Salute, l’Agenzia sta promuovendo una massiccia campagna di sensibilizzazione in diverse lingue. Sono stati inviati circa 15.000 SMS ai rifugiati urbani che vivono a Khartoum, per condividere informazioni sulla tutela della salute e sulla prevenzione.
Misure di prevenzione, inoltre, sono state adottate nei campi rifugiati e negli insediamenti di sfollati interni della Repubblica Democratica del Congo e del Burkina Faso. Fra queste, vi sono l’installazione di postazioni per lavare le mani, la distribuzione di sapone e prodotti detergenti, e l’utilizzo di poster, volantini, messaggi radio e reti comunitarie per sensibilizzare il più elevato numero di beneficiari.
A Boavista, in Brasile, UNHCR e partner hanno allestito un’area per l’isolamento dei casi sospetti di contagio rilevati tra rifugiati e migranti venezuelani, e stanno distribuendo 1.000 kit igienici alle popolazioni indigene di Belem e Santarem.
L’UNHCR, inoltre, collabora coi partner ONU alla ricerca di soluzioni alle criticità logistiche derivanti dalle restrizioni alla filiera produttiva e dalla chiusura delle frontiere. Tali soluzioni prevedono l’intensificazione degli approvvigionamenti a livello locale e regionale e l’organizzazione di ponti aerei. Recentemente, oltre 100 tonnellate di aiuti umanitari e materiali sanitari sono stati trasportati in Ciad e in Iran tramite ponte aereo.

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E’ crescente il numero degli sfollati e vittime civili nel Myanmar occidentale

Posted by fidest press agency su lunedì, 30 marzo 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime preoccupazione per il crescente numero di vittime civili e sfollati causato dalla più recente escalation degli scontri nel Myanmar occidentale.Secondo le testimonianze più recenti, sarebbero almeno 21 i civili che hanno perso la vita in seguito a una serie di attacchi condotti all’inizio del mese ai danni dei loro villaggi lungo il confine tra gli Stati di Rakhine e di Chin, in Myanmar. Le perdite frequentemente registrate tra la popolazione civile mettono in evidenza l’elevato costo in termini di vite umane e il forte impatto sulle comunità locali di un conflitto senza fine. Gli scontri tra le Forze armate del Myanmar e l’Esercito Arakan sono proseguiti da quando, a fine 2018, le tensioni si sono inasprite. A partire da febbraio di quest’anno, è stato osservato un netto aumento del numero di vittime civili.L’UNHCR ribadisce i suoi appelli a tutte le parti in conflitto nel Myanmar occidentale affinché garantiscano protezione alla popolazione e alle infrastrutture civili. L’UNHCR si unisce all’appello lanciato questa settimana dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, a tutte le parti in guerra nel mondo a cessare le ostilità a sostegno della più urgente lotta comune contro la pandemia di COVID-19. I civili che si trovano in aree devastate dal conflitto, in particolare gli sfollati, sono particolarmente vulnerabili in questa emergenza sanitaria globale.
Le autorità del Myanmar stimano che, alla data del 16 marzo, fossero oltre 61.000 i nuovi sfollati nello Stato di Rakhine, cifra che rappresenta un aumento di circa 10.000 persone rispetto al mese precedente. Queste hanno trovato riparo in 133 siti differenti. Altre 4.800 persone si trovano sfollate nello Stato di Chin, in 34 siti diversi.Quest’ultima ondata di persone in fuga si è andata a sommare alle oltre 130.000 persone già sfollate nello Stato di Rakhine, la maggior parte delle quali sono rohingya, in tale condizione dal 2012. È probabile che il numero di persone interessate dal conflitto sia notevolmente più elevato, considerato che i movimenti di popolazioni non si sono fermati e che presso alcuni insediamenti si registrano con frequenza nuovi arrivi.Le famiglie costrette a fuggire hanno cercato riparo, ove possibile, nei villaggi e nelle comunità confinanti. Si rifugiano principalmente in edifici religiosi, scuole o presso famiglie locali. Nelle aree remote, le persone colpite dagli scontri stanno costruendo alloggi di bambù e teli impermeabili nei pressi delle risaie.Alcune famiglie sfollate hanno riferito al personale dell’UNHCR impegnato sul campo di aver bisogno con urgenza di cibo, riparo, acqua, servizi igienico-sanitari e articoli per l’igiene. Esprimono preoccupazione anche per la mancanza di servizi essenziali quali l’assistenza sanitaria e l’istruzione per i propri figli. Le famiglie non hanno più accesso ai mezzi di sostentamento e dipendono in misura sempre maggiore dagli aiuti umanitari. Il ritorno nelle aree di origine è ostacolato dal perdurare degli scontri. Il piazzamento di nuovi ordigni esplosivi improvvisati e mine antiuomo espone a rischi ulteriori. Inoltre, è quasi impossibile accedere a informazioni cruciali e affidabili, data l’interruzione della linea internet in nove municipalità dello Stato di Rakhine. In risposta alle esigenze più urgenti, l’UNHCR e i suoi partner, insieme alle autorità locali e agli attori umanitari, da aprile 2019 hanno assicurato assistenza di emergenza e protezione a quasi 57.000 sfollati e alle comunità di accoglienza nello Stato di Rakhine e nelle regioni meridionali dello Stato di Chin. Gli aiuti prevedono la distribuzione di materiali per gli alloggi come teli impermeabili, nonché beni di prima necessità quali indumenti, lampade a energia solare, coperte, materassi e articoli da cucina.
In tutto il Myanmar, sono oltre 312.000 le persone sfollate, la maggior parte negli Stati di Rakhine, Kachin, in quelli settentrionali di Shan, nonché nella regione sudorientale del Paese.

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Lo Sceicco Thani Bin Abdullah offre all’UNHCR la donazione individuale più generosa di sempre

Posted by fidest press agency su venerdì, 27 marzo 2020

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e il Fondo umanitario Thani Bin Abdullah Bin Thani Al-Thani hanno annunciato oggi a Doha che l’UNHCR è in procinto di ricevere il contributo più generoso mai elargito in suo favore dallo Sceicco Thani Bin Abdullah. Una donazione di oltre 43 milioni di dollari, erogata mediante quattro accordi separati, finanzierà le operazioni dell’UNHCR a sostegno di rifugiati e sfollati presenti in Yemen, Libano, Bangladesh e Ciad.Per il secondo anno consecutivo, il contributo di uno dei principali filantropi qatariani permetterà di assicurare assistenza a milioni di persone costrette alla fuga grazie al sostegno accordato dall’UNHCR per proteggerle e per garantire loro riparo. La donazione di quest’anno rappresenta iI contributo individuale più generoso di sempre elargito a favore dell’UNHCR.“Quella di S. E. Sceicco Thani Bin Abdullah è una donazione d’importo considerevole giunta in un momento cruciale. Aiuterà l’UNHCR a rispondere alle più urgenti esigenze di quanti sono dovuti fuggire dalle proprie case e di coloro che li accolgono nell’ambito di quattro delle nostre operazioni principali. L’esemplare contributo dello Sceicco Thani costituisce una reale testimonianza della consolidata tradizione filantropica del mondo islamico e sarà utilizzato per alleviare le dure condizioni di vita dei rifugiati in Asia, Medio Oriente e Africa”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “La necessità di collaborare uniti per porre fine alle sofferenze di milioni di persone in tutto il mondo non è mai stata tanto urgente quanto oggi. Credo che per la comunità internazionale sia arrivato il momento di sfruttare le immense risorse e capacità a propria disposizione per rispondere alle crisi umanitarie in corso su scala globale e che, sempre a tal fine, il mondo islamico debba utilizzare il potente strumento della Zakat”, ha aggiunto lo Sceicco Thani Bin Abdullah.
La donazione sarà ripartita in quattro quote. La prima sarà destinata allo Yemen per garantire assistenza a oltre 600.000 sfollati interni, persone che hanno fatto ritorno e membri delle comunità di accoglienza estremamente vulnerabili, mediante donazioni in denaro contante. Queste consentiranno loro di soddisfare esigenze di base quali affitto, cibo, istruzione e assistenza sanitaria.
La seconda quota garantirà la vitale erogazione mensile di assistenza in denaro contante a beneficio di 143.000 rifugiati siriani vulnerabili che attualmente vivono al di sotto della soglia di povertà in Libano. Al momento, il Paese accoglie il numero più elevato di rifugiati siriani per abitante.La terza quota sarà destinata alle operazioni da implementare negli insediamenti di rifugiati di Cox Bazar, in Bangladesh. L’obiettivo è quello di creare condizioni di vita sostenibili e dignitose a beneficio di circa 84.000 rifugiati rohingya e membri delle comunità di accoglienza. I fondi destinati a queste tre operazioni saranno erogati tramite il Fondo Zakat dell’UNHCR per i rifugiati (Refugee Zakat Fund), un struttura fiduciaria globale gestita dall’UNHCR. Il Fondo consente parimenti a privati cittadini e istituzioni di soddisfare in modo efficiente gli obblighi previsti dalla Zakat destinando il 100 per cento dei contributi direttamente ai rifugiati più vulnerabili e alle famiglie di sfollati interni.L’ultima quota consentirà di assicurare alloggi, istruzione e assistenza sanitaria per 330.000 rifugiati sudanesi in Ciad, tra i quali circa 10.000 fuggiti da poco dalle violenze in Darfur a partire da gennaio 2020. Questi fondi saranno erogati grazie all’iniziativa Sadaqah promossa dall’UNHCR.,

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