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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 168

Stabilità del quadro politico dall’Italia all’Europa e crisi di sistema

Posted by fidest press agency su domenica, 16 giugno 2024

By Enrico Cisnetto direttore terza Repubblica. Stabilità o meno del governo, evoluzione (o involuzione) a sinistra, nascita di un partito nuovo, non ancillare ai due poli: tutto questo molto dipenderà da come si evolveranno le cose a Bruxelles, che a loro volta saranno la diretta conseguenza di ciò che accadrà a Parigi e Berlino. Macron e Scholz hanno avuto due reazioni opposte alle rispettive débâcle, figlie di temperamenti agli antipodi. L’inquilino dell’Eliseo, preso atto di aver ottenuto meno della metà dei consensi del Rassemblement National di Marine Le Pen e del giovanissimo Bardella (15% contro 31,4%), si è prodotto nella “mossa del cavallo”: ha sciolto l’Assemblea Nazionale e ha indetto elezioni anticipate a stretto giro, il 30 giugno il primo turno, il 7 luglio il secondo. Qualcuno ha parlato di mossa suicida, e può darsi che alla fine le destre porteranno a casa la maggioranza dei 577 seggi parlamentari e Macron sarà costretto alla cosiddetta cohabitation. Ma attenzione, la legge elettorale prevede che al primo giro passino solo i candidati che nei 577 collegi uninominali in cui è divisa la Francia abbiano ottenuto la maggioranza assoluta, mentre in caso contrario, accedono al ballottaggio coloro che hanno ottenuto almeno il 12,5%. Questo meccanismo fa sì che il partito che ha ottenuto più voti al primo turno non necessariamente abbia un peso corrispettivo nella futura Assemblea. Per esempio, nel 2022 la Le Pen ottenne il 18,6% dei voti al primo turno, senza a riuscire ad eleggere alcun deputato. E al secondo si possono fare alleanze “anti”. È così che finora il fronte repubblicano ha sempre tenuto lontano dal potere l’ultra-destra. Certo, ora i gollisti (quel che ne resta) si sono spaccati, ma la partita è comunque aperta. E io confido che Macron sappia offrire una sponda all’emergente Raphaël Glucksmann (con il suo movimento “Place Publique” e il Partito socialista è arrivato al 14%, poco sotto Renew), specie ora che ha rifiutato di irregimentarsi con la gauche d’antan di Jean-Luc Mélenchon.Sull’altra sponda del Reno, Scholz ha invece scelto la via, solo apparentemente più prudente, di far finta di nulla. Certo, ha ammesso la sconfitta – ma non poteva fare diversamente, visto che i tre partiti che sostengono il governo hanno ottenuto complessivamente quanto la Cdu all’opposizione (31%) e l’Spd è stata scavalcata dai neonazisti e filo-putiniani dell’Afd, che sfiorano il 16% diventando il secondo partito (con un radicamento fortissimo, non a caso nella vecchia Germania Est) – ma ha rimandato tutto a fine legislatura, tra poco più di un anno. Così, però, è costretto a guardare in modo passivo i cristiano democratici aprire ad accordi per le amministrative d’autunno con Afd in Sassonia e Turingia, dove i neo-nazi hanno il 30%. Per ora il leader della Cdu, Merz, prova a frenare, ma certo l’immobilismo di Scholz sta spingendo la parte più conservatrice dei popolari verso l’estrema destra. L’opposto di quello che sta accadendo in Francia.Ora restano da vedere tre cose. La prima: se il Ppe confermerà o meno l’indicazione di Ursula von der Leyen come candidata alla presidenza della Commissione Ue. È molto probabile, ma i nemici (interni al Ppe) non mancano. La seconda: per la sua riconferma, come anche per un eventuale candidato diverso, ci si baserà solo sull’attuale maggioranza o, nel timore di franchi tiratori, si vorrà aprire ad altre alleanze? E in questo caso, i Verdi, che pur avendo perso 19 seggi conservano un pacchetto di 53 voti, oppure a una parte delle destre, come per esempio i 26 parlamentari di Fratelli d’Italia e chi degli altri 47 che si iscriveranno al gruppo capeggiato dalla Meloni (in totale Ecr ha 73 seggi) vorrà eventualmente seguirli? Terza questione: che maggioranza si formerà nel Consiglio Europeo, che riflette la condizione politica degli Stati nazionali? Meloni preferirà un accordo con la Le Pen e Orban per mettersi alla testa di un grande rassemblement della destra europea, con ciò isolando l’Italia in Europa in modo devastante, o sceglierà di votare la sua amica Ursula (o chi per essa) anche solo con un appoggio esterno? Da questo non facile incrocio di interessi da comporre e volontà da conciliare, così come dal risultato del voto francese (e, potrà sembrare strano, anche da quello inglese, il 4 luglio) dipenderà il futuro dell’Europa e quindi il nostro. Mentre noi ci trastulleremo con premierato e autonomia regionale, nell’illusione di esorcizzare i motivi che tengono la maggioranza degli italiani lontani dalle cabine elettorali.

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