Fidest – Agenzia giornalistica/press agency

Quotidiano di informazione – Anno 35 n°87

Posts Tagged ‘mercati’

Asset Allocation: le valutazioni favoriscono gli investimenti nelle obbligazioni dei Mercati Emergenti

Posted by fidest press agency su giovedì, 23 marzo 2023

A cura di Kristin Ceva, responsabile strategie paesi emergenti di Payden & Rygel. Milano. Dopo un 2022 difficile, gli investitori possono ora trarre vantaggio dal debito dei mercati emergenti (EM), una classe d’investimento sottoutilizzata ma che offre diversificazione e rendimenti interessanti. L’allocazione delle obbligazioni EM nei portafogli istituzionali è, secondo la nostra esperienza, ancora limitata: rappresenta, infatti, circa il 4-6%. Eppure, l’universo del debito dei mercati emergenti è molto ampio: secondo quanto stimato da JP Morgan, l’intero stock si attesterebbe attorno ai 27 mila miliardi di dollari. E non si parla di un mercato sottosviluppato, come ritengono molti investitori. Gran parte del debito emergente, infatti, è costituito da emittenti Investment Grade, diversificato geograficamente in più di 90 paesi. Se consideriamo l’indice sovrano denominato in dollari JP Morgan EMBI Global, quasi il 59% dell’indice è infatti IG, con una percentuale addirittura più elevata per le società EM (66%) e gli EM locali (76%).

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

GAM: Numerose opportunità all’orizzonte nel debito dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su martedì, 21 marzo 2023

Commento a cura di Paul McNamara, Investment Director, Debito dei mercati emergenti di GAM. Il 2022 è stato un anno difficile per tutte le asset class, ma quest’anno i mercati sembrano in buona forma grazie alle prospettive inflazionistiche più favorevoli. Le opportunità nel debito dei mercati emergenti sono numerose. Riteniamo sia importante sottolineare i principali sviluppi dell’anno da poco conclusosi. In termini economici, l’impennata dell’inflazione e la stretta monetaria, in particolare da parte della Federal Reserve ma anche delle altre banche centrali, sia nei mercati sviluppati che in quelli emergenti. Le conseguenze per tutti i mercati, non solo quelli emergenti, sono state particolarmente dolorose. Nessuno aveva mai visto un anno così in perdita sia per le azioni che per le obbligazioni, praticamente senza alternative. A livello politico, l’invasione russa in Ucraina ha avuto parecchie implicazioni economiche, non solo in maniera diretta per i prezzi degli alimentari (considerata l’importanza dell’Ucraina in campo agricolo), ma anche per le ripercussioni della sospensione delle forniture di gas e petrolio all’Europa da parte della Russia. Per il momento sembra che sia stato evitato il peggio grazie a un inverno mite in Europa. Se il clima fosse stato molto rigido, l’Europa sarebbe rimasta a corto di gas. Comunque, il prezzo del petrolio è rimasto elevato, con pesanti ripercussioni sui prezzi di numerose materie prime. E questa è anche una delle ragioni per cui il pessimismo ha prevalso per buona parte dell’anno.Finalmente sono giunte alcune buone notizie sul fronte dell’inflazione. L’inflazione negli Stati Uniti sembra aver ormai raggiunto il picco. In Europa si vanno diffondendo notizie più positive. Persino nel Regno Unito sembra che il peggio sia passato. Certamente, le banche centrali continuano ad alzare ancora i tassi. Ma, come nel caso della Russia, abbiamo evitato il peggio e questo è fondamentale. Le condizioni ideali per l’Europa coincidono con una crescita robusta in tutto il mondo, ma non trainata dagli Stati Uniti perché quando la crescita è concentrata in America il dollaro è forte e le valute dei mercati emergenti arrancano. L’Europa sta comunque recuperando dopo essere scampata alla crisi del gas provocata dalla Russia. La Cina ha finalmente rimosso le restrizioni dovute ai ripetuti focolai di Covid e sta facendo ripartire l’economia. Dunque, gli altri due grandi poli dell’economia globale sembrano in forma migliore. Fintanto che l’Europa e la Cina terranno, le prospettive per i mercati emergenti resteranno favorevoli. Infatti, storicamente i mercati emergenti globali dipendono molto dalla crescita e sia le valute che le azioni fanno bene quando la crescita globale è buona. Le cose andranno bene a condizione che le prospettive inflazionistiche restino favorevoli. Il resto dell’inverno dev’essere mite, anche se non necessariamente caldo come è stato finora. Ma l’Europa non può restare a corto di gas. In tal caso, le prospettive sono abbastanza positive. I problemi comunque non mancano, ad esempio lato tassi: crediamo che i rialzi dei tassi di interesse negli Stati Uniti continueranno. a essere uno dei fattori da monitorare quest’anno. Lo scenario però è favorevole. I mercati emergenti in genere sembrano convenienti e, in questo momento, crediamo che le opportunità nella nostra asset class siano numerose.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Scenario politiche monetarie e mercati alla luce del caso SVB

Posted by fidest press agency su martedì, 14 marzo 2023

A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte. Riassumendo brevemente quanto accaduto in pochi passaggi: SVB aveva triplicato i depositi nella fase pandemica 2020/2021. Nel 2022 iniziano invece a ridursi i depositi mano a mano che i clienti tipici di SVB (in prevalenza start up del mondo tech US) erano costrette a prelevare per sopravvivere al forte rincaro dei tassi e quindi degli interessi da pagare sui prestiti a fronte degli investimenti effettuati Il forte calo dei depositi nel 2022 ha costretto SVB a vendere parte del suo portafoglio di proprietà monetizzando pertanto una perdita La perdita ha comportato la necessità di un aumento di capitale di oltre 2 Mld$ che ha insospettito i potenziali sottoscrittori generando invece una fuga dai depositi A latere occorre ricordare che nel 2018 l’amministrazione Trump innalzò la soglia che divideva banche sistemiche (cosiddette SIB, ossia Systemically Important Bank) da quelle non sistemiche, portandola da 50 a 250Mld$ in termini di attivo totale. Le banche non sistemiche presentano un livello di regolamentazione e vigilanza molto più blando rispetto alle sistemiche. Il forte afflusso di depositi fu investito dalle non sistemiche in gran parte in titoli a lungo scadenza, come rilevato dal capo del FDIC a fine febbraio scorso. I regulators US durante il week end hanno agito prontamente sotto due punti di vista principali: garantire completamente i depositi di SVB (quindi anche oltre la soglia dei 250.000$ prevista di default da FDIC) Aprire da parte della Fed le linee di finanziamento di emergenza sia discount window sia attraverso una nuova linea denominata Bank Term Funding Program (BTFP) che consente prestiti fino ad un anno. In entrambi i casi, la Fed accetta collaterale (treasury, MBS e titoli delle agenzie) valutandoli eccezionalmente alla pari. La Fed, inoltre, si è detta sempre vigile sulla situazione del sistema finanziario e disponibile a utilizzare tutto il suo armamentario per sostenere famiglie ed aziende. Il timore dei regulators US che ha portato al pronto intervento è stato soprattutto quello di evitare un effetto contagio tra le banche non sistemiche tale da innescare una fuga dei depositi a favore delle banche sistemiche. La reazione del mercato obbligazionario è stata particolarmente emblematica in questi mesi. Da aprile dello scorso anno la curva US 2/10 anni ha iniziato ad invertirsi, seguita da novembre anche dal segmento 3 mesi/10 anni. Negli ultimi giorni si è assistito a rapido steepening sul tratto 2/10 anni: da -110pb agli attuali -65pb. Traducendo dal gergo del mercato obbligazionario: l’inversione sul segmento 2/10 anni anticipa in genere di almeno un anno una recessione. In ultima istanza, quanto accaduto sul tema SVB è un effetto collaterale di un eccesso di restrizione monetaria rappresentato da 3 fattori: eccessivo rialzo tassi, marcata inversione della curva, drenaggio di liquidità. Le decisioni della Fed/Treasury/FDIC hanno prontamente arrestato il potenziale rischio di fuga dei depositi da banche non sistemiche a sistemiche, il che avrebbe posto il rischio di grosse difficoltà per l’intero mondo delle banche non sistemiche, ossia quelle con attivo totale sotto i 250Mld$ Dopo lo scampato pericolo è verosimile ipotizzare che le banche regionali e non solo restringeranno ancora di più l’ammontare di credito ed i criteri con cui lo concedono in chiave difensiva, fenomeno già in atto da diversi mesi che rappresenta uno dei fattori che sotto traccia i bond considerano nel definire la pendenza di curva. In questo contesto i mercati probabilmente tenderanno a forzare la mano alle banche centrali, Fed in testa, affinché fermino le manovre restrittive e le invertano presto, generando un marcato steepening in contesto di calo dei tassi più pronunciato sul segmento a breve termine Nel frattempo, però, rimane in essere il tema inflazione soprattutto per l’area Euro che costringe la BCE ancora a manovre restrittive con il QT appena iniziato a marzo La Fed, pertanto, in prospettiva potrebbe essere la prima banca centrale a fermare la sua politica restrittiva, prendendo atto che andare oltre comporta eccessivi rischi di stabilità finanziaria come dimostrato dal caso SVB Il secondo trimestre appare pertanto il contesto in cui la richiesta forte dei mercati potrebbe diventare più pressante generando volatilità sui mercati a fronte di tassi calanti e curve tassi nettamente più ripide, preambolo della recessione Us non mite della seconda parte dell’anno La BCE potrebbe seguire in ritardo le decisioni Fed (anche perché è partita in ritardo con le manovre restrittive) alle prese con l’inflazione core che potrebbe necessitare ancora di qualche mese prima di dare segnali di calo Se così sarà lo scenario contempla: tassi US in calo più marcato dei tassi Euro. Euro mediamente in apprezzamento vs Dollaro entro fine anno In ottica secondo semestre, tendenza alla preferenza per il growth (più favorito dal ritorno dello scenario di tassi calanti) rispetto al value. Il secondo trimestre invece rappresenta una terra di mezzo preparatoria prima dello stop delle politiche monetarie restrittive, prima Fed e poi solo dopo BCE. Oro proiettato verso record storici entro fine anno supportato dall’attesa di ritorno di politiche monetarie accomodanti e quindi tassi reali Us nuovamente in calo. (abstract by http://www.bc-communication.it

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

PGIM Fixed Income: Il tempismo della prossima riunione della BCE è cruciale per i mercati

Posted by fidest press agency su venerdì, 10 marzo 2023

A cura di Guillermo Felices, Global Investment Strategist di PGIM Fixed Income.”Il tempismo della prossima riunione della Banca Centrale Europea (BCE) non potrebbe essere più cruciale per i mercati dell’eurozona.Sul fronte dei dati macro, il blocco si è dimostrato molto resiliente quest’anno: i dati sull’attività economica hanno sorpreso al rialzo e l’inflazione core ha raggiunto nuovi massimi ciclici e ha mostrato segni di persistenza. La notizia si è già riflessa sui mercati dei tassi. I mercati dei tassi front end hanno rivalutato il tasso terminale della BCE al 4% circa, e i rendimenti tedeschi sono saliti lungo la curva con una chiara dinamica di appiattimento.Ciò è coerente con la nostra opinione secondo cui, con l’ulteriore inasprimento della BCE, l’economia dovrebbe indebolirsi. Tuttavia, gli asset di rischio dell’area euro continuano a scontare esiti favorevoli. Gli spread del credito societario e degli emittenti sovrani periferici non si sono allargati di molto nonostante le difficili prospettive future. La risalita dei rendimenti è stata guidata dalle aspettative di inflazione, più che dai tassi reali, e le notizie sul fronte fiscale nella periferia – in particolare in Italia – suggeriscono una vulnerabilità degli spread sovrani.Ciò lascia i mercati esposti a una BCE aggressiva e, soprattutto, a qualsiasi notizia sulla sua volontà di accelerare i piani di Quantitative Tightening (QT)”.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Debito dei mercati emergenti: l’inizio brillante del 2023 durerà a lungo?

Posted by fidest press agency su venerdì, 10 marzo 2023

A cura di Chris Cooke, Portfolio Manager, Emerging Markets Debt di Columbia Threadneedle Investments Siamo in un buon periodo dell’anno o si tratta solo di un caso di buon investimento? Qualunque sia il motivo, non si può negare che il 2023 sia iniziato in modo straordinario per il debito dei mercati emergenti (ME). Secondo Barron’s, a inizio gennaio i Paesi emergenti hanno collocato obbligazioni per 39 miliardi di dollari, quasi la metà del totale di tutto il 2022. L’impennata ha spinto il Financial Times a sottolineare come gli investitori si stessero “riversando sui mercati emergenti” e a osservare come la velocità dei flussi transfrontalieri verso gli asset ME fosse al momento “seconda solo al flusso che ha seguito la revoca delle misure di blocco del coronavirus alla fine del 2020 e all’inizio del 2021”. In realtà, ci sono una serie di ragioni abbastanza razionali per cui gli investitori sono stati maggiormente attratti dal debito dei mercati emergenti.L’aumento dei tassi d’interesse nei mercati sviluppati ha fatto sì che parte dei flussi, normalmente destinati alla “ricerca di rendimento” nei mercati emergenti, siano rimasti nel mercato locale nel 2022. Inoltre, la guerra in Ucraina ha scatenato l’incertezza e frenato la propensione al rischio degli investitori, contribuendo a un significativo allargamento degli spread con le obbligazioni ME. La forza del dollaro USA ha avuto un impatto sproporzionato sulle valute dei ME, mettendo sotto pressione gli ancoraggi dei tassi di cambio e alimentando l’inflazione attraverso l’aumento del prezzo dei prodotti alimentari e dell’energia. Tutto questo ha colpito duramente i mercati del debito degli emergenti. Complessivamente, il calo dei titoli di Stato USA nel 2022 ha eroso oltre la metà del rendimento delle obbligazioni sovrane in valuta forte dei mercati emergenti. Nel 2023 stiamo assistendo all’inizio di un rimbalzo di tali effetti. Tra le influenze positive per i ME, il riemergere della Cina dalla sua politica di zero-Covid dovrebbe rivelarsi un enorme motore di sostegno macroeconomico per molti Paesi Emergenti. Le autorità cinesi sono riuscite a stabilizzare il settore immobiliare del Paese e al momento le prospettive di ripresa della domanda dei consumatori fanno ben sperare.La riapertura della Cina la pone in una fase del ciclo di crescita diversa da quella di altri Paesi, poiché la domanda, repressa a lungo dalle chiusure, è ancora in attesa di essere soddisfatta. Prevediamo che quest’anno la crescita dovrebbe salire a circa il 5,5%, il che renderebbe la Cina uno dei pochi Paesi in espansione nel 2023. Considerati i legami commerciali che quest’ultima ha con le altre economie dei mercati emergenti, si tratta di un importantissimo pilastro di sostegno per questa asset class, in quanto ci si aspetta che nel 2023 le economie dei mercati sviluppati rallenteranno, entrando anche in recessione.Attualmente, i rendimenti delle obbligazioni dei ME, misurati dall’indice JPMorgan Emerging Market Bondsono a livelli in linea o superiori a quelli offerti nell’ultimo decennio. Oltre al valore nominale di questo rendimento, l’elevato livello dei rendimenti fornisce un cuscinetto di compensazione consistente in caso di variazioni a breve termine degli spread e/o dei prezzi dei treasury USA. A conti fatti, tuttavia, il debito dei ME offre all’investitore consapevole del rischio un rendimento interessante e un’ampia e importante opportunità di diversificazione. Nei nostri portafogli abbiamo aumentato la posizione di rischio complessiva, ridotto il sottopeso della duration e assegnato rischi più equilibrati ai rendimenti obbligazionari. Poiché gli spread nella scala della qualità del credito hanno recuperato gran parte dell’allargamento dello scorso anno, non ci aspettiamo un’ulteriore significativa compressione di quest’ultimi nel 2023 e, pertanto, continuiamo a cercare opportunità di valore relativo in cui i fattori idiosincratici possano essere potenti driver di rendimento. (abstract by Columbia Threadneedle Investments)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

PIMCO: I mercati finalmente ascoltano il messaggio della Fed sugli “aumenti costanti”

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 marzo 2023

A cura di Richard Clarida, Global Economic Advisor di PIMCO È stato un mese intenso per gli investitori e gli osservatori della Fed. Il 1° febbraio, dopo aver annunciato un rialzo di 25 punti base del tasso sui federal funds, la Federal Reserve statunitense ha dichiarato di prevedere che degli “aumenti costanti” sarebbero necessari per portare la politica monetaria nell’intervallo restrittivo necessario per indirizzare l’inflazione statunitense verso un percorso che la riporti, nel tempo, all’obiettivo di lungo periodo del 2%. Questi sviluppi illustrano bene l’interazione tra dati, destinazione e dinamiche di mercato che probabilmente si verificherà nell’anno a venire, mentre la Fed cerca di architettare quello che definiremmo un “softish landing” (se non addirittura “soft”) per l’economia statunitense, riducendo la crescita della domanda aggregata in modo da raggiungere un migliore equilibrio con l’offerta aggregata, nel perseguimento del proprio mandato di stabilità dei prezzi a lungo termine. I funzionari della Fed hanno affermato che il rischio di fare troppo poco per ridurre l’inflazione è superiore al rischio di fare troppo. Tuttavia, a nostro avviso, la maggior parte del lavoro più pesante da fare prima di sospendere i rialzi dei tassi entro la fine dell’anno è già stato fatto, anche se il rischio è che il picco del tasso sui fed funds che vedremo in questo ciclo sia più alto se i progressi nella riduzione dell’inflazione saranno più lenti di quanto la Fed si aspetta. Il tasso sui fed funds è salito per l’ultima volta al 4,75% (verso il 5,25%!) nel 2006. Sebbene non si tratti esattamente di storia antica, è comunque trascorso un lasso di tempo sufficiente per far sì che i mercati impieghino un po’ di tempo per adattarsi a una curva dei rendimenti ancorata a un tale livello. E bisognerebbe guardare ancora più indietro – addirittura decenni – per risalire all’ultima volta che la Fed ha intrapreso un ritmo di inasprimento monetario così rapido come quello del 2022. Una differenza cruciale oggi rispetto ai precedenti cicli di rialzo dei tassi è la comunicazione: La Fed è diventata molto più trasparente, offrendo proiezioni, obiettivi e indicazioni dettagliate oltre a discorsi, commenti, dichiarazioni e ricerche.Tuttavia, gli investitori dovrebbero rimanere attenti alle discrepanze che, occasionalmente, si sono riscontrate tra le indicazioni della Fed e alcuni importanti indici delle condizioni finanziarie. Sebbene secondo alcuni indici le condizioni finanziarie si siano leggermente allentate, ricordiamo che la politica monetaria opera con un certo ritardo, il che significa che l’economia statunitense probabilmente non ha ancora assorbito tutta la portata dell’inasprimento della Fed. Come ha indicato il presidente Powell nella conferenza stampa del 1° febbraio, parte di questo apparente scollamento riflette la convinzione diffusa degli investitori (dimostrata dalle valutazioni di mercato) che quest’anno i livelli di inflazione scenderanno più rapidamente di quanto previsto dalla Fed. Oltre alla sfida di domare l’inflazione, la Fed rimane concentrata sulla valutazione e sul sostegno del livello di massima occupazione nell’economia post-pandemia, in linea con l’obiettivo di inflazione del 2%. Il mercato del lavoro statunitense ha subito una trasformazione significativa dopo la pandemia: la partecipazione alla forza lavoro è crollata, le aziende faticano a coprire le posizioni aperte e gli aumenti salariali sono andati ben oltre un ritmo in linea con la produttività sottostante e con l’obiettivo di inflazione della Fed. Con i rialzi dei tassi ormai alle spalle e l’impegno della Fed a riportare col il tempo l’inflazione al target, le filosofie d’investimento che sono state utili a molti investitori prima del 2022 sono tornate di nuovo attuali. Si pensi ai concetti di base di diversificazione, gestione attiva, mitigazione del rischio. In particolare, i mercati del reddito fisso sono pronti per rendimenti interessanti, dato che i rendimenti di partenza sono a livelli che non si vedevano da anni. Come abbiamo affermato nell’ultimo Cyclical Outlook di PIMCO, “Le obbligazioni sono tornate”, intravediamo opportunità nel reddito fisso core, nei titoli garantiti da ipoteca, nel credito di alta qualità, nelle materie prime e nelle obbligazioni indicizzate all’inflazione. (abstract by http://www.verinieassociati.com

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

T. Rowe Price – Un anno di guerra in Ucraina: l’impatto sui mercati

Posted by fidest press agency su sabato, 25 febbraio 2023

A cura di Razan Nasser, Credit Analyst, T. Rowe Price. Il 24 febbraio 2022, l’invasione russa dell’Ucraina ha dato inizio al conflitto più significativo in Europa dalla Seconda guerra mondiale, non solo per la crisi umanitaria che ne è derivata, ma anche come catalizzatore di uno sconvolgimento dei mercati economici e finanziari in Europa e altrove. L’economia di guerra in Ucraina continua a imporre sfide significative, con un prodotto interno lordo (PIL) che, secondo le stime, si è ridotto di oltre il 30% nel 2022. Quest’anno a causa dei continui attacchi alle infrastrutture e alla carenza di energia, prevediamo che l’attività economica si contrarrà ancora, anche se a un tasso a una sola cifra. Questo potrebbe rappresentare il primo passo verso la ristrutturazione, con un probabile significativo haircut del debito. Finora, i danni alle infrastrutture sono stati enormi. Le pesanti ed estese sanzioni hanno causato un notevole indebolimento dell’economia russa, con una contrazione di circa il 3% del Pil prevista per il 2022. Quest’anno ci aspettiamo un ulteriore indebolimento mentre prevediamo che l’economia russa si assesterà a un livello di crescita significativamente inferiore nel lungo periodo. Tuttavia, è importante notare che la Russia è un grande esportatore di petrolio e gas, dunque sarà più difficile isolarla rispetto al resto del mondo. L’economia dell’Eurozona si è indebolita, ma non così profondamente come si temeva subito dopo l’invasione dell’Ucraina. L’infrastruttura europea per il gas è stata creata per ricevere le importazioni dalla Russia attraverso i gasdotti, e per cambiare questa situazione ci vorranno tempo e denaro. Le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti e dal Qatar offrono una potenziale alternativa, ma è improbabile che l’offerta sia sufficiente a soddisfare la domanda europea oltre il breve termine. In Europa, inoltre, la capacità di trattamento delle importazioni di GNL è limitata e, sebbene siano previsti piani per la costruzione di nuove infrastrutture di trattamento, è probabile che ci vorranno diversi anni per completare queste opere. In questo contesto, riteniamo che i Paesi europei continueranno probabilmente a dover affrontare sfide per ottenere combustibili fossili sufficienti a soddisfare la domanda nell’inverno 2023-2024 e oltre. In linea con le altre materie prime, i prezzi dei cereali sono scesi dai massimi grazie ai raccolti abbondanti e all’accordo sul grano stipulato tra Ucraina e Russia. Tuttavia, questo potrebbe essere un alleggerimento solo a breve termine, poiché l’accordo deve essere rinnovato a marzo. In assenza di un percorso chiaro verso la fine delle ostilità, è probabile che la guerra prosegua con implicazioni continue per l’economia e i mercati delle materie prime. Prevediamo, dunque, che l’economia ucraina continuerà ad affrontare sfide significative e che, in futuro, si prospetti un’ampia ristrutturazione del debito. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Perché la riapertura cinese potrebbe rivelarsi estremamente positiva per le obbligazioni dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su venerdì, 24 febbraio 2023

A cura di Mickael Benhaim, Head of Fixed Income Investment Strategy & Solutions e di Patrick Zweifel, Chief Economist di Pictet Asset Management. Il ritorno della Cina sul palcoscenico dell’economa globale è un evento di grande importanza. La seconda economia al mondo è fondamentale per i suoi livelli di produzione, il consumo di beni, il settore dei servizi e le risorse naturali, nonché per la liquidità.Pertanto, la ripresa del Paese avrà ricadute sul resto del mondo a livello di scambi commerciali, turismo e materie prime. Ed è significativo che a trarne il beneficio maggiore saranno le altre economie emergenti, più del mondo sviluppato. Prendiamo in considerazione le importazioni. La domanda cinese di beni provenienti da oltreoceano è destinata a crescere, in quanto i consumatori stanno ricominciando a spendere dopo aver acquistato solo generi alimentari e altri beni di prima necessità per quasi tre anni. La portata della domanda repressa è considerevole. La nostra analisi indica che i risparmi in eccesso delle famiglie (reddito disponibile meno consumi) hanno raggiunto i 5.000 miliardi di RMB, più del doppio rispetto al 2014, nonché pari al 4% del PIL. Secondo le nostre ricerche, gran parte di questa spesa si indirizzerà verso altri Paesi emergenti, come Singapore, Thailandia e Cile. Una ripresa del turismo cinese fornirebbe un’ulteriore spinta all’economia del mondo emergente. La Thailandia, ad esempio, prevede 5 milioni di arrivi dalla Cina per quest’anno e una spesa dei consumatori in grado di toccare i massimi degli ultimi tre anni. Gli esportatori di materie prime, soprattutto quelli dell’America Latina, dovrebbero beneficiare anche della maggiore domanda cinese di risorse naturali.Il mondo in via di sviluppo godeva già di un premio di crescita superiore rispetto alle controparti sviluppate. La riapertura in Cina andrà semplicemente ad ampliare ulteriormente questo divario di crescita. Tenendo in considerazione tutto ciò, prevediamo una crescita delle economie emergenti di oltre il 4% per quest’anno, superiore, quindi, alle controparti dei Paesi sviluppati (in aumento solo dello 0,5%). Alcuni investitori temono che la sua ripresa congiunturale possa mettere a dura prova le catene di approvvigionamento globali, già ampiamente stressate, portando a un rincaro delle materie prime e alimentando l’inflazione. Ciò costringerebbe quindi le banche centrali di tutto il mondo a inasprire ulteriormente la politica monetaria, con il rischio di un’impennata dei rendimenti obbligazionari dei mercati sviluppati, replicando quanto avvenuto nel 2022 in occasione dell’uscita dai lockdown delle economie statunitensi ed europee. Uno scenario simile è certamente plausibile. In termini di domanda finale, la Cina ha già superato gli Stati Uniti come maggior consumatore di beni sia energetici che non energetici. In effetti, i prezzi di materie prime come il minerale di ferro e il rame sono aumentati del 20-40% negli ultimi tre mesi.Tuttavia, non crediamo che una ripresa della domanda cinese cambierebbe in maniera consistente le dinamiche dell’inflazione globale. Innanzitutto, gran parte dell’economia mondiale si trova oggi in uno stato di fragilità. Molti Paesi del mondo sviluppato sono al momento pericolosamente vicini a una recessione. Inoltre, è sbagliato presumere che la riapertura della Cina avverrà in maniera simile a quella di Europa e Stati Uniti, quando, agli inizi del 2022, fu il loro turno di rimuovere le restrizioni dovute al COVID. In quell’occasione, l’inflazione salariale si affermò soprattutto a causa della situazione insolitamente tesa del mercato del lavoro. Al momento della riapertura degli Stati Uniti, ad esempio, il rapporto tra posti di lavoro vacanti e disoccupati aveva raggiunto il livello record di 2 a 1. Quello che era iniziato come un rincaro del costo dei servizi si diffuse rapidamente a ogni aspetto dell’economia, innescando una spirale inflazionistica prezzi-salari. L’Europa, a sua volta, riscontrò problemi simili. Il mercato del lavoro cinese, invece, non sembra trovarsi al momento in questa situazione, è anzi è ben lontano dall’essere sotto pressione: il rapporto tra opportunità di lavoro e disoccupati rimane stabile intorno a quota 1,5. Ciò ci suggerisce che è improbabile che le pressioni sui prezzi appartenenti al mercato cinese possano essere trasmesse al resto del mondo. Tutto questo, a sua volta, significa che l’impatto della Cina sull’inflazione globale non è abbastanza forte per alimentare da sé la stretta aggressiva da parte delle principali banche centrali. Al contrario, le principali banche centrali arriveranno presto alla fine delle loro politiche di aumento dei tassi. Prevediamo che la Fed interromperà i suoi rialzi dei tassi intorno a quota 5%.I mercati stanno già iniziando a scontare tagli dei tassi d’interesse statunitensi fino a 171 punti base nei prossimi tre anni: si tratterebbe del ciclo di allentamento più aggressivo mai visto. Per il momento, tuttavia, siamo ancora in una fase di rialzo.Questo dovrebbe essere un sollievo per le obbligazioni dei mercati sviluppati. Non prevediamo vendite massicce (come quelle viste lo scorso anno per questa asset class) e i rendimenti dovrebbero oscillare entro fasce ristrette.È probabile che l’apertura improvvisa della Cina provochi effetti anche rilevanti su tutta l’economia mondiale. Ma i vantaggi del ritorno cinese sul palcoscenico internazionale supereranno i rischi e stimoleranno le prospettive del debito emergente senza destabilizzare i mercati sviluppati del reddito fisso. (abstract by Gruppo Pictet)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

PIMCO: Il peggio per i mercati emergenti sembra alle spalle

Posted by fidest press agency su martedì, 21 febbraio 2023

A cura di Pramol Dhawan, Head of Emerging Markets e Lupin Rahman, Head of EM Sovereign Credit di PIMCO. Nonostante una confluenza di shock senza precedenti, i mercati emergenti hanno dato prova di resilienza, con scarsi segnali di crisi su vasta scala. Come asset class, i mercati emergenti sembrano essere indirizzati verso performance più robuste. I tassi reali elevati nei mercati emergenti, o corretti per l’inflazione, attenuano i rischi di contagio derivanti da ulteriori rialzi dei tassi d’interesse della Federal Reserve (Fed) statunitense e gli effetti del dollaro forte. La riapertura dell’economia cinese fornisce una notevole spinta e i picchi dell’inflazione e delle pressioni fiscali sembrano essere stati superati. Siamo complessivamente sempre più positivi sui mercati emergenti e su alcuni titoli di debito locali dei mercati emergenti in particolare. Rimaniamo comunque cauti fino a quando le prospettive di politica monetaria non saranno più chiare, poiché molto dipende dalla capacità della Fed di contenere l’inflazione e dalla capacità della Cina di stimolare l’attività economica. Nel 2022 è successo praticamente tutto quello che poteva penalizzare i mercati emergenti, con le pressioni pandemiche esacerbate dalla guerra in Ucraina, il rapido aumento dei tassi da parte della Fed, i prezzi elevati dell’energia e dei generi alimentari, la politica zero-COVID della Cina, l’ascesa dei regimi populisti e i problemi climatici irrisolti. Tuttavia, la maggior parte dei paesi emergenti ha recuperato i livelli del PIL precedenti alla pandemia. La leva finanziaria nei mercati emergenti è rimasta sotto controllo, con un debito sostanzialmente stabile rispetto al PILOggi i mercati emergenti contraggono prestiti prevalentemente in valuta locale e con scadenze più lunghe rispetto al passato. Questo, insieme alla crescita del risparmio pubblico dei mercati emergenti, contribuisce a minimizzare i rischi di rifinanziamento esterno e l’impatto dell’aumento dei tassi statunitensi sui costi di finanziamento e sulla sostenibilità del debito.La bilancia commerciale dei ME è finanziata prevalentemente dai flussi di investimenti diretti esteri (IDE). Questi tendono a essere più stabili rispetto alla volatilità dei flussi di mercato dell’era post-crisi finanziaria globale del 2008 (GFC), caratterizzata dal quantitative easing delle banche centrali mondiali. I flussi di IDE sono guidati da forze di più lungo periodo che hanno subito un’accelerazione, come il “nearshoring” in paesi come il Messico, la necessità di indipendenza energetica nei paesi industrializzati e gli investimenti legati al clima nei paesi emergenti. La riduzione degli squilibri esterni – sotto forma di un minor numero di ancoraggi valutari sopravvalutati e di una minore leva finanziaria esterna – offre un ulteriore cuscinetto, consentendo al cambio dei ME di essere una valvola di sfogo delle implicazioni del ciclo di politica monetaria della Fed. Dopo la crisi finanziaria mondiale, la Cina è subentrata agli Stati Uniti e all’Europa come principale motore della crescita dei mercati emergenti, in quanto si è trasformata da utilizzatore finale di materie prime, a ingranaggio della produzione globale, a consumatore di beni e servizi dei mercati emergenti, come il turismo. Finora la crescita dei mercati emergenti ha resistito nonostante il rallentamento della Cina. Una riapertura positiva della Cina avvantaggerebbe in modo sproporzionato i mercati emergenti, anche se in questo ciclo la domanda si è spostata dalle materie prime ai servizi. Con la crescita cinese in aumento del 5%-5,5% su base annua nel 2023 nello scenario di base di PIMCO, i mercati emergenti probabilmente resisteranno anche in caso di recessione dei paesi industrializzati (che secondo noi sarebbe lieve). Il nostro scenario base indica che la crescita dei mercati emergenti si contrarrà al 3,5%, dal 5,5%, man mano che il rallentamento dei paesi sviluppati si accentuerà e i gap di produzione dei mercati emergenti si ridurranno. Tuttavia, questo dato non riflette pienamente i benefici derivanti dalla riapertura della Cina, che, secondo le nostre previsioni, dovrebbe affermarsi nella prima metà del 2023 e accelerare nella seconda metà.I mercati di frontiera appaiono vulnerabili, con alcuni paesi esclusi dai mercati dei capitali. Il tasso di insolvenza sovrana per questo sottoinsieme dei mercati emergenti sta aumentando, con diversi paesi che probabilmente ristruttureranno il loro debito nei prossimi anni. È quindi imperativo concentrarsi sui potenziali aspetti negativi e disporre di un quadro complessivo per affrontare questi rischi. Riteniamo che il peggio sia alle spalle per i mercati emergenti e che quest’anno gli investitori possano trovare migliori opportunità in tutto il panorama dei mercati emergenti. In particolare, attualmente privilegiamo gli asset locali dei mercati emergenti in paesi con tassi reali elevati, come il Brasile; il credito societario nei paesi esportatori di materie prime; alcuni titoli finanziari dei mercati emergenti; le posizioni rialziste sui cambi in paesi come la Thailandia, che riteniamo ben posizionati sulla ripresa della Cina. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

GAM: Ripresa dei mercati azionari emergenti

Posted by fidest press agency su domenica, 19 febbraio 2023

A cura di Tim Love, Investment Director, Emerging Markets Equities di GAM. A seguito di una correzione del 30% circa e 21 mesi di andamento altalenante al ribasso, all’inizio del 3° trimestre del 2022 abbiamo incrementato l’esposizione nei mercati emergenti poiché, sulla base dei dati sia qualitativi che quantitativi, sembrava avessero raggiunto un punto di acquisto anticiclico. Per quanto abbiamo avuto ragione relativamente alle azioni dei mercati sviluppati, stiamo iniziando solo ora a rilevare un rialzo assoluto delle azioni dei mercati emergenti a metà novembre 2022.Il potenziale rialzo delle valutazioni delle azioni dei mercati emergenti dipende da una serie di catalizzatori, quali il raggiungimento del picco del dollaro e nuovi aiuti, in particolare al settore immobiliare e alle banche, in Cina oltre alla riduzione (almeno parzialmente) delle restrizioni contro il Covid, a seguito del Congresso nazionale del Partito comunista cinese a novembre 2022. Crediamo che questi catalizzatori farebbero salire i mercati azionari emergenti nel 2023, tenendo anche conto della tenuta degli utili in questi Paesi, che porterebbe a una crescita dell’utile per azione nel 2022/2023 unitamente a una forte espansione dei multipli PE.Inoltre, 15 anni di performance altalenante hanno creato una specie di molla pronta a saltare. Oggi rileviamo diverse opportunità di rendimento adeguate al rischio (rallentamento del mercato/Covid/shock petrolifero) che ricordano la situazione nel 2003-2008 (dopo le crisi in Asia e la SARS). Il rendimento assoluto e relativo porterà a rivalutare quest’opportunità di investimento ciclica e nel lungo periodo. A nostro giudizio, la liquidità contenuta, il basso posizionamento e il sentiment negativo potrebbero delineare un profilo di rischio e rendimento interessante per le azioni dei mercati emergenti nel 2022/2023. Giocare in difesa è una strategia che appartiene al passato.Tra i temi da preferire per l’asset allocation vediamo: · Cina: riapertura post-Covid e politica fiscale · Ripresa della crescita globale: esportazioni IT e veicoli elettrici in Corea del Sud e Taiwan · Catena di distribuzione delle rinnovabili: platino in Sud Africa, litio in Cile, terre rare in Malesia. · I fanalini di coda nel secondario in India dotati di liquidità, i beneficiari della deglobalizzazione/onshoring in Messico, Vietnam e Romania. È importante mantenere un approccio non vincolato a uno stile specifico, liquido, con un profilo ESG di qualità elevata. Infine, crediamo che potrebbe servire mantenere la posizione in linea col mercato nei titoli START (Samsung, TSMC, Alibaba, Reliance Industries e Tencent). Questo indice (coniato da noi nell’articolo sui titoli START nel 2020/2021) è ora in grado di cogliere il potenziale di rialzo rispetto ai FAANG in vista del 2023.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , , | Leave a Comment »

T. Rowe Price: I venti contrari per i mercati azionari iniziano a diminuire

Posted by fidest press agency su domenica, 19 febbraio 2023

A cura di Laurence Taylor, Portfolio Specialist, T. Rowe Price. Lo scorso anno i mercati hanno subito pesanti perdite a causa della combinazione di numerosi fattori che hanno prodotto livelli più elevati di volatilità macroeconomica. Dall’impennata dell’inflazione alla successiva stretta aggressiva delle banche centrali, dalla guerra della Russia contro l’Ucraina alla politica zero COVID della Cina, questi shock inattesi e duraturi hanno messo a dura prova la determinazione degli investitori. Guardando avanti, ci aspettiamo che la volatilità continui, ma vediamo sempre più segnali che i venti contrari che hanno caratterizzato gran parte del 2022 cominceranno a dissiparsi nel corso anno. Parte del motivo per cui il 2022 è stato così difficile per gli investitori è stata l’accelerazione e l’entità dei rialzi dei tassi d’interesse nel corso dell’anno. Con l’inflazione ai massimi da 40 anni a questa parte, la Fed ha avviato una serie di rialzi dei tassi d’interesse, tra i più consistenti della storia recente. Tuttavia, poiché i recenti dati sull’inflazione mostrano segni di indebolimento, ci aspettiamo che la Fed inizi a rallentare e poi a sospendere il suo ciclo di inasprimento dei tassi.I problemi della catena di approvvigionamento causati dalla pandemia si stanno rapidamente attenuando con la riapertura della Cina e mentre il mondo impara a convivere con il COVID. Sebbene non siano state risolte tutte le complesse questioni relative alle supply chain globali, sono già stati compiuti enormi progressi, con un netto miglioramento delle condizioni di approvvigionamento. Allo stesso tempo, la domanda è in calo e la disoccupazione in aumento, a causa dei costi più elevati e delle prospettive di crescita incerte. I prezzi delle materie prime hanno continuato a indebolirsi. Il petrolio è attualmente scambiato a circa 80 dollari al barile, mentre la curva forward indica per il futuro un intervallo compreso tra 60 e 70 dollari al barile. Anche i prezzi della benzina sono fermi, su base annua, mentre i prezzi delle altre materie prime sono diminuiti rispetto ai massimi. Questi fattori richiedono tempo per alimentare forze neutrali e poi potenzialmente disinflazionistiche, ma prevediamo che entro l’estate saremo probabilmente a questo punto, anche prima che altre forze disinflazionistiche derivanti da parti del mondo a bassa crescita inizino a esercitare la loro influenza. Se l’inflazione scende al di sotto del tasso dei Fed funds, ciò, su base storica, indica il culmine del ciclo di politiche monetarie restrittive.Naturalmente, nessuna metrica di valutazione offre all’investitore “la risposta”, e gli ultimi tre anni dimostrano che le valutazioni sono contestuali. Possiamo, tuttavia, affermare che i tassi di interesse sono molto più alti rispetto a un anno fa, mentre l’inflazione sembra aver raggiunto il suo picco. Ma nel 2023 c’è il rischio di una riduzione degli utili, poiché i margini sono messi sotto pressione dall’inflazione e dalla bassa crescita. Sarà quindi importante cercare segmenti di mercato in cui sia possibile trovare una tenuta degli utili e persino un possibile miglioramento, ed è questa l’area su cui ci stiamo concentrando. Attualmente, i mercati azionari stanno scambiando a un livello di valutazione medio, mentre il posizionamento all’interno dei mercati rimane decisamente difensivo. Ciò è chiaramente diverso dal fatto che i mercati siano estremamente sottovalutati o stiano valutando una crisi. Tuttavia, un rapporto prezzo/utili inferiore alla media a 3, 5 e 10 anni è, a nostro avviso, un punto di partenza relativamente solido quando si pensa ai rendimenti corretti per il rischio. Abstract by http://www.verinieassociati.com

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Asset Allocation: interesse per le azioni in Europa, Cina e mercati emergenti

Posted by fidest press agency su mercoledì, 15 febbraio 2023

A cura di Fabrizio Santin, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Assistiamo a un’evoluzione positiva sui mercati finanziari a gennaio, con forti guadagni azionari e assestamento dei rendimenti obbligazionari dei paesi sviluppati. Diversi fattori hanno giocato a favore: registriamo innanzitutto una forte discesa dei prezzi del gas e dell’elettricità sui mercati all’ingrosso in Europa. Il clima relativamente mite per la stagione permette di risparmiare sulla domanda, scongiurando le ipotesi pessimistiche dello scorso autunno. L’Europa, in quanto area economica orientata all’export, trae beneficio anche dalla riapertura della Cina: il cambiamento delle politiche di Zero-Covid, che consente maggiore facilità negli spostamenti dei cittadini, renderà possibile un maggior livello di consumi di beni e servizi (come, ad esempio, hotel, ristoranti e turismo). Occorre tenere in considerazione che i consumi privati in Cina sono all’incirca il 20% in meno rispetto al periodo pre-Covid. Nel 2022, la Cina è cresciuta di circa il 3%, mentre quest’anno la crescita dovrebbe rimbalzare al 5%, secondo i nostri economisti. Se la riapertura avverrà senza intoppi, potremo anche assistere a una crescita maggiore. L’economia cinese (e dei mercati emergenti Asiatici in generale) sono, in principio, i primi beneficiari di questo nuovo corso politico in Cina, ma il ritorno di tensioni geopolitiche nei rapporti con gli USA sta togliendo smalto agli indici domestici, almeno per quanto visto nelle ultime sessioni di mercato. In questa fase, alcune azioni, tipicamente quelle maggiormente rivolte all’aumento dei consumi, hanno performato particolarmente bene, come ad esempio il settore del lusso e quello minerario. Le Banche Centrali in USA ed Europa hanno continuato a rialzare i tassi ma, allo stesso tempo, hanno attenuato i toni aggressivi. Gli indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese registrano un miglioramento relativo, soprattutto in Europa, attribuibile alla caduta dei prezzi dell’energia. Per questi motivi, ci sembrano ottimistiche le previsioni di tagli dei tassi sotto il 4% fin dalla seconda metà di quest’anno, mentre le parti lunghe delle curve dei rendimenti sembrano meglio prezzate.La stagione degli utili è contrastata: nel complesso, le aziende riescono a mantenere una marginalità accettabile, anche grazie a decisioni rapide di taglio dei costi del personale come osservato per diverse aziende del settore IT statunitense. Tuttavia, le “guidance”, ossia gli obiettivi preannunciati per il resto dell’anno, dipenderanno dallo stato di salute complessivo del consumatore americano e dell’economia nel suo complesso. Guardiamo con interesse ad Europa ed Emergenti, Cina e temi relativi collegati come il settore lusso o minerario. Negli USA, alcune parti del mercato Growth, come i servizi di comunicazione, sono molto interessanti. Nel breve termine, tuttavia, dopo la rapida accelerazione osservata a gennaio, propendiamo per un atteggiamento di attesa.L’aspetto maggiormente positivo è però la progressiva stabilizzazione delle correlazioni bond-azioni che aiuta le strategie multi-asset: a tal fine, è cruciale il superamento della ‘crioterapia’ antiinflazionistica praticata dalle principali Banche Centrali. Anche se il ciclo economico è estremamente incerto, i passi avanti sul fronte della lotta all’inflazione sembrano andare finalmente nella giusta direzione. (abstract by Gruppo Pictet)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , , | Leave a Comment »

T. Rowe Price: USA, il dibattito sul tetto del debito potrebbe avere conseguenze anche per i mercati

Posted by fidest press agency su domenica, 12 febbraio 2023

A cura di Michael Pinkerton, Washington Associate Analyst, US Equity Division, T. Rowe Price. Dal 1960 il congresso americano si è mosso per aumentare il tetto del debito, sospenderlo temporaneamente o per rivedere le modalità di definizione in 78 occasioni. Date le potenziali conseguenze, non alzare il tetto del debito non dovrebbe essere un’opzione. Tuttavia, quest’anno, il processo per raggiungere un accordo potrebbe far vacillare i mercati, come nel 2011, quando la tensione intorno al tetto del debito ha contribuito alla decisione di un’agenzia di declassare il rating sovrano degli Stati Uniti. Analizziamo perché quest’anno il dibattito sul tetto del debito potrebbe essere particolarmente conflittuale ed esaminiamo le possibili implicazioni per gli investitori.Come nel 2011, ci troviamo in una situazione di stallo. Ora che i repubblicani controllano la Camera dei Rappresentanti, alcuni sono stati espliciti riguardo all’utilizzo del limite massimo di indebitamento per perseguire i loro obiettivi di taglio della spesa e riduzione del debito nazionale. I democratici, nel frattempo, hanno detto che non intendono negoziare su spese che sono già state già approvate dal Congresso. Due fattori potrebbero intensificare le lotte politiche e portare i negoziati sul filo del rasoio. Il Congresso ha alzato il tetto del debito così tante volte in passato – anche quando il processo si è mosso a rilento a causa di lotte politiche – che gli investitori potrebbero essere diventati troppo compiacenti.Il Dipartimento del Tesoro ha iniziato ad adottare misure per continuare a far fronte ai propri obblighi senza ulteriori prestiti. Storicamente, queste “misure straordinarie” hanno incluso l’utilizzo della disponibilità di cassa e hanno preservato la liquidità sospendendo alcuni programmi. I pagamenti agli obbligazionisti avranno probabilmente la precedenza durante questo periodo di incertezza. A seconda di quanto il Congresso ci metterà a risolvere l’impasse sul tetto del debito, l’adempimento di questi obblighi potrebbe andare a scapito dell’invio di assegni vitali alle famiglie – uno sviluppo che, dal punto di vista politico, sarebbe molto impopolare. Il Segretario del Tesoro Janet Yellen ha affermato che il Tesoro potrebbe esaurire la liquidità già a giugno, ma questa data è un target variabile che dipende dai tempi e dall’ammontare delle entrate fiscali, tra gli altri fattori. La volatilità dei mercati obbligazionari e azionari aumenterà probabilmente quando il Tesoro degli Stati Uniti si avvicinerà all’esaurimento di denaro per pagare i propri obblighi.Monitoreremo con attenzione gli aggiornamenti sulle attese del Dipartimento del Tesoro in merito a quanto a lungo durerà lo spazio fornito dalle sue misure straordinarie e alle potenziali soluzioni all’impasse sul tetto del debito. I repubblicani, ad esempio, potrebbero spingere per una misura di ripiego che impedisca un default a breve termine ma che allinei il voto sull’innalzamento del tetto del debito con il processo annuale di finanziamento del governo federale. In questo scenario, i repubblicani potrebbero più facilmente negoziare tagli alla spesa in cambio di un tetto del debito a lungo termine. Naturalmente, è probabile che i democratici si oppongano a questa soluzione. Date le conseguenze del fallimento, il Congresso dovrebbe trovare un modo per estendere il tetto del debito. Ma è improbabile che il viaggio per arrivarci sia agevole. (abstract fonte: http://www.verinieassociati.com/

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Carne sintetica pronta ad invadere i mercati

Posted by fidest press agency su sabato, 11 febbraio 2023

Da novembre abbiamo appreso come negli USA si sia sdoganata la produzione di carne di pollo prodotta in laboratorio. Negli ultimi mesi gli investimenti a livello mondiale per la produzione di carne sintetica sono aumentati fino a 1,3 miliardi. Questa tendenza in crescita ci preoccupa non poco e temiamo che anche la UE possa autorizzarne la commercializzazione in Europa, come già avvenuto per le farine d’insetti – afferma Andrea Michele Tiso, presidente di Confeuro.Siamo contrari alla produzione e all’introduzione sui nostri mercati di un tale alimento sintetico – prosegue Tiso. Riteniamo che la carne prodotta in vitro rappresenti una minaccia al nostro Paese, basato su un’agricoltura di qualità e su allevamenti tradizionali. Oltre all’aspetto economico e alla crisi che innescherebbe sul settore zootecnico, va poi ricordato che queste produzioni artificiali al momento non sono sostenibili a livello ambientale. Evidenze scientifiche mostrano che per la produzione di carne sintetica è necessario un intenso consumo di energia che nel lungo termine provocherebbe un maggiore riscaldamento globale. Inoltre, il consumo di acqua nei processi di produzione è superiore a quello di molti allevamenti tradizionali e per la produzione i laboratori rilascerebbero residui di molecole chimiche e organiche, altamente inquinanti per le risorse idriche – continua Andrea Tiso.Non troviamo una giustificazione a tale produzione nemmeno sul piano nutrizionale e del gusto. Questa carne nasce insipida e ha bisogno di numerosi additivi per somigliare a quella vera. Contiene un contenuto di grassi superiore alla carne animale ed è potenzialmente dannosa per chi ha patologie cardio-vascolari. Per questi motivi chiediamo alla UE di fare molta attenzione e di valutare il divieto all’introduzione sui nostri mercati – conclude il Presidente Tiso.

Posted in Cronaca/News | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Finanza: La prossima settimana si preannuncia ricca di occasioni per i mercati

Posted by fidest press agency su domenica, 29 gennaio 2023

By Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay Asset Management. I rendimenti governativi sono rimasti praticamente invariati nel corso della settimana, ma i credit spread sono stati sostenuti da una sana domanda di nuove emissioni e dai dati sui flussi, che hanno confermato le voci di un aumento dell’allocazione degli investitori nel fixed income, all’inizio del 2023. In generale, le prospettive sembrano indicare un certo rallentamento dell’attività economica, ma sono venuti meno i timori di recessione e aleggia una certa speranza che l’inflazione si riduca nei prossimi mesi. Nell’ultimo decennio ci sono state alcune forti tendenze che hanno spinto l’inflazione verso il basso, che ora potrebbero essersi attenuate o addirittura aver iniziato a invertirsi. Tuttavia, sulla scia della pandemia, oggi operiamo in un mondo in cui è necessario mantenere delle scorte “per ogni evenienza”, visto che negli ultimi anni le aziende sono state danneggiate da problemi alle catene di approvvigionamento. A livello societario si nota una maggiore attenzione al raggiungimento degli obiettivi climatici e ESG. Tuttavia, questi cambiamenti non sono privi di costi. Questa tendenza ha compromesso la crescita del reddito reale mediano, a vantaggio dei proprietari di asset. Considerando l’insieme di questi fattori, riteniamo che vi sia una reale possibilità che l’inflazione si normalizzi a un livello compreso tra il 2 e il 4% nel decennio a venire, a differenza dei livelli dello 0-2% visti in precedenza.Queste ipotesi di trend dell’inflazione a lungo termine sono chiaramente molto importanti, in quanto definiscono le aspettative per il livello naturale dei tassi di interesse nel corso del ciclo economico. Il tasso R* potrebbe essere stato intorno all’1,5% in un mondo con un’inflazione dello 0-2%, ma se ora è del 2-4%, questa cifra potrebbe essere più vicina al 3,5% sui tassi di liquidità. Si tratta chiaramente di una discussione teorica.Tuttavia, la rilevanza a breve termine di questo dato è che notiamo che la maggior parte degli investitori inquadrerà ciò che percepisce come “normale”, in base all’esperienza del recente passato. Ciò può spiegare l’opinione di molti che ritengono che sia una questione di quando, e non di se, i Treasury statunitensi a 10 anni torneranno a livelli di rendimento più vicini al 2,5%. Questo desiderio del mercato di ignorare le parole della Fed e delle altre Banche Centrali potrebbe, a tempo debito, portare queste ultime a dover seguire il mercato. All’avvicinarsi del meeting della Fed, ci colpisce il fatto che per gran parte dell’anno passato abbiamo visto una grande attenzione alle condizioni finanziarie, come indicatore dell’operato della politica. In quest’ottica, da settembre questi indici si sono attenuati, anche se la Fed ha alzato i tassi di interesse. Di conseguenza, percepiamo un certo grado di preoccupazione all’interno del FOMC per il fatto che il rallentamento del ritmo dei rialzi dei tassi equivale a un allentamento della politica agli occhi del mercato.Tuttavia, notiamo che il mercato si aspetta che i tassi raggiungano il picco appena sotto il 5% e che la Federal Reserve allenti due volte prima della fine dell’anno in corso – ma ci sono ampi margini per deludere queste proiezioni, a meno che non si verifichi un rallentamento molto più significativo dell’attività economica, che sarebbe comunque una cattiva notizia per gli utili societari e la qualità del credito.Nel breve periodo, il fatto che l’economia continui a reggere piuttosto bene potrebbe dare alle banche centrali, come l’Eurotower, una maggiore copertura per essere più aggressive nel breve periodo, in modo da poter fare una pausa prima del tempo. In questo contesto, ci aspettiamo che i Fed Fund raggiungano un picco appena sopra il 5% e che il tasso di deposito della BCE raggiunga il 3,5% in primavera, prima che la policy si fermi per i sei mesi successivi.Abbiamo anche ridotto l’esposizione ai mercati emergenti, in particolare alle posizioni in real nel mercato del forex brasiliano e ai tassi messicani, che hanno registrato buone performance, consentendo al contempo di spostare il profilo di duration complessivo della strategia verso una posizione corta più sostanziale. In questo contesto, abbiamo adottato un atteggiamento relativamente conservativo, poiché riteniamo che il rally di gennaio stia perdendo slancio e siamo molto scettici sul fatto che le banche centrali faranno qualcosa per dare alle valutazioni un’ulteriore spinta verso l’alto.La Bank of England sembra invece essere la Banca Centrale più incline a sorprendere in termini di policy. In questo caso, gli operatori di mercato si aspettano un rialzo di 50 punti base che porti i tassi al 4%. Anche se ciò sarebbe certamente giustificato dai dati sull’inflazione e sui salari, siamo preoccupati per la diffusione di segnali di debolezza economica.Nel frattempo, i prezzi delle case appaiono molto vulnerabili e riteniamo che sarà molto difficile che i tassi britannici superino il tetto del 4% senza rischiare di far crollare il mercato immobiliare del Regno Unito e con esso l’economia britannica. Su questa base, continuiamo a mantenere una visione ribassista sulla sterlina e siamo strutturalmente propensi ad adottare una posizione più ribassista sui Gilt, anche se per il momento non abbiamo una posizione sui tassi britannici.La prossima settimana si preannuncia ricca di spunti per i mercati. Nel frattempo, anche la guerra in Ucraina sembra essere sparita dalle prime pagine nelle ultime settimane, con una situazione di stallo durante l’inverno. Tuttavia, la decisione di Stati Uniti, Germania e Polonia di seguire l’esempio del Regno Unito nel fornire carri armati all’alleato potrebbe contribuire a spostare l’equilibrio di potere nelle prossime settimane e continuiamo a sperare che la guerra finisca nei prossimi mesi. L’ultima settimana è stata tranquilla, ma è possibile che fosse la calma prima della tempesta. (abstract by verinieassociati.com)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Commento focalizzato sui mercati finanziari a seguito della stretta della Fed

Posted by fidest press agency su venerdì, 27 gennaio 2023

A cura di Christophe Nagy, Gestore del fondo Comgest Growth America di Comgest. Il 2022 è stato l’anno dell’incremento dei tassi. Dopo la pandemia del 2020 e le misure di stimolo del 2021, nel 2022 i leader hanno cercato di “normalizzare” l’economia. Questa stretta monetaria mira a rallentare l’inflazione, che ha sfiorato la doppia cifra in diverse grandi economie, colpendo il potere d’acquisto delle famiglie vulnerabili, portando a controversie di lavoro e aggravando i problemi di approvvigionamento. Anche se la stretta monetaria ha in genere un impatto differito sui fattori economici, il suo impatto sulla valutazione degli asset è stato immediato. Tuttavia, la stabilità monetaria è auspicabile, poiché le “bolle” speculative distolgono talenti e finanziamenti dalle attività produttive e penalizzano i risparmiatori più vulnerabili. In seguito al rialzo dei tassi, le aziende stanno dando priorità agli investimenti produttivi “mission-critical” ad alto rendimento, per “fare di più con meno”. Eli Lilly, una delle cinque principali posizioni, è stato il titolo che ha fornito il principale contributo alla performance del 2022. L’azienda ha innovato il suo portafoglio di farmaci per la cura del diabete, settore in cui condivide il mercato con Novo Nordisk. Anche BioMarin, un titolo di peso medio, ha contribuito in modo significativo alla performance del 2022. L’azienda ha compiuto progressi nei farmaci per il trattamento del nanismo e dell’emofilia, grazie alla sua piattaforma leader nella terapia genica e nelle malattie orfane.Un altro contributo degno di nota alla performance dell’anno è provenuto da Johnson & Johnson. Il previsto scorporo della divisione Consumer della società sta attirando l’attenzione verso i comparti a più alta crescita e più alti margini della farmaceutica e delle tecnologie mediche.Service Corporation, leader SMid cap (società a media e bassa capitalizzazione) nei servizi funerari negli Stati Uniti, è stato uno dei titoli in portafoglio a dimostrare maggiore resilienza quest’anno. L’azienda fornisce servizi essenziali e opera bene in un mercato frammentato.Le aziende continuano inoltre a trasferire i prezzi sui consumatori per compensare l’inflazione, mettendo alla prova la loro elasticità e intaccando l’eccesso di risparmio accumulato durante il Covid. Anche se di recente abbiamo assistito a forti diminuzioni delle tariffe di trasporto e dei prezzi del petrolio, è ancora troppo presto per dire quali saranno i livelli “naturali” e con quale velocità si ripercuoteranno sui prezzi al consumo.È iniziata una razionalizzazione della forza lavoro da parte delle aziende (ad esempio Snap, Shopify, Salesforce e Goldman Sachs), che dovrebbe aiutare alcune delle società leader di mercato presenti in portafoglio a competere per i talenti in uno scenario meno inflazionato.Continuiamo a cercare aziende leader di mercato, innovative e ben gestite, che forniscono servizi essenziali e che in un determinato momento vengono trascurate, in genere a causa di un’ottica a breve termine. Puntiamo a costruire le posizioni in modo incrementale, per ridurre al minimo gli errori, e a mantenerle il più a lungo possibile.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

PIMCO: Principali conclusioni del Cyclical Outlook: Mercati in tensione, la forza dell’obbligazionario

Posted by fidest press agency su martedì, 24 gennaio 2023

A cura di Tiffany Wilding, North American Economist e Andrew Balls, Global CIO Fixed Income di PIMCO Dopo aver superato uno dei peggiori anni mai registrati dalle diverse classi di attivo, gli investitori dovrebbero trovare maggiori motivi di ottimismo nel 2023 nonostante il contesto sfidante per l’economia globale. Nelle ultime Prospettive Cicliche “Mercati in tensione, la forza dell’obbligazionario” illustriamo come stiamo investendo a fronte di uno scenario di probabile recessione mentre le banche centrali continuano a combattere l’inflazione. Questo blog è una sintesi delle nostre view sull’orizzonte dei prossimi 6-12 mesi.L’attività economica si è rivelata più resiliente del previsto ma le prospettive si sono deteriorate. Le condizioni finanziarie sono inasprite e nel nostro scenario di base prevediamo modeste recessioni nei mercati sviluppati. Ravvisiamo tre principali temi economici:L’inflazione dovrebbe moderarsi e i rischi per le prospettive d’inflazione appaiono più bilanciati rispetto a qualche mese fa. Le banche centrali sono più vicine a mantenere la politica monetaria a livelli restrittivi che a inasprirla. Le recessioni poco profonde non saranno indolori in quanto probabilmente aumenterà la disoccupazione.Il Regno Unito verosimilmente è già in recessione. Seguendo il nostro modello a cerchi concentrici, a fronte del rischio che aumenta per gli attivi nei cerchi più esterni, privilegiamo gli investimenti più vicini al nucleo centrale per il 2023, focalizzandoci sui settori obbligazionari di alta qualità che offrono rendimenti appetibili che non si vedevano da diversi anni. Miriamo a rendere i portafogli resilienti, puntando su investimenti che dovrebbero essere in grado di resistere anche in caso di una contrazione più significativa.Nel nostro modello, la variazione del costo del denaro al centro, con i tassi ufficiali fissati dalle banche centrali, si propaga ai cerchi più esterni influenzando i prezzi degli attivi rischiosi sul perimetro. Crediamo che l’incertezza sulle prospettive riguardo alla politica della Federal Reserve dovrebbe essere molto inferiore nel 2023. Se la Fed e le altre banche centrali sapranno convincere gli investitori che il centro terrà, gli attivi vicini al nucleo centrale dovrebbero registrare valide performance, alimentando migliori rendimenti per gli attivi sul bordo. Tuttavia, se si verificasse una perdita di fiducia in merito all’inflazione e le banche centrali dovessero alzare i tassi più del previsto questo avrà conseguenze negative per gli attivi nei cerchi più esterni.Il riprezzamento nella porzione a breve della curva dei rendimenti nel 2022 ha rafforzato l’attrattività delle obbligazioni a breve scadenza nei cerchi concentrici del nucleo centrale. Nel nostro scenario di base ci aspettiamo un intervallo di rendimento compreso fra circa il 3,25% e il 4,25% per il decennale americano e range più ampi nei diversi scenari per il 2023, con la prospettiva di un posizionamento neutro sulla duration – una misura del rischio del tasso di interesse – o di un sottopeso tattico ai livelli attuali.Confermiamo il giudizio positivo sugli MBS agency americani, attivi di alta qualità con spread relativamente appetibili, che potrebbero beneficiare di un atteso calo della volatilità dei tassi d’interesse. Nel credito e nei prodotti strutturati continua la nostra netta predilezione per l’alta qualità e l’elevata liquidità nel posizionamento dei portafogli core. I mercati privati del credito, che possono essere più lenti a riprezzare rispetto ai mercati pubblici, potrebbero essere a rischio di ulteriori cali nel breve termine ma chi ha un approccio paziente può beneficiare di opportunità future.Poiché una recessione di qualsiasi tipo potrebbe mettere sotto pressione gli attivi più rischiosi, siamo cauti sulle aree più economicamente sensibili dei mercati finanziari come i prestiti bancari a tasso variabile. Anche le azioni sono divenute meno interessanti in un contesto di tassi d’interesse più elevati. Benché i mercati emergenti presentino valutazioni storicamente convenienti e sembrino destinati a registrare buone performance in futuro, ci manteniamo prudenti in quanto molto ancora dipende dalla capacità della Fed di domare l’inflazione e dall’abilità della Cina di riattivare l’attività economica. (abstract)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

I driver che guideranno i mercati globali

Posted by fidest press agency su martedì, 24 gennaio 2023

A cura di Alexandre Narboni, Gestore del fondo Comgest Growth Global. Il 2022 sarà ricordato come un anno difficile per i mercati finanziari. La maggior parte delle asset class ha chiuso in perdita e i titoli growth hanno sofferto in modo particolare. Le società a crescita elevata hanno raggiunto valutazioni estreme a fine 2021, sostenute da un contesto di bassa crescita e dalla convinzione che i tassi d’interesse dei mercati sviluppati sarebbero rimasti bassi “per sempre”. Ma le problematiche causate dalla pandemia che hanno interessato i mercati del lavoro, le catene di approvvigionamento e i mercati delle materie prime, e a cui è seguita la guerra in Ucraina, hanno messo fine al contesto di bassa inflazione, spezzando il paradigma in cui gli investitori hanno vissuto per decenni. Nonostante i conseguenti cali delle valutazioni, siamo stati complessivamente soddisfatti del livello di crescita e resilienza degli utili delle società presenti nel portafoglio. Il nuovo farmaco di Eli Lilly per la cura del diabete, Mounjaro, lanciato a metà anno, ha avuto un ottimo esordio. Inoltre, grazie ai notevoli risultati nella riduzione del peso ottenuti nella sperimentazione clinica, il farmaco è ben posizionato per essere approvato anche per il trattamento dell’obesità. Questa malattia colpisce oltre 650 milioni di persone in tutto il mondo e si prevede che diventerà un mercato enorme nei prossimi dieci anni. AIA ha ottenuto buoni risultati rispetto ai concorrenti in un contesto difficile per il settore assicurativo in Cina e in tutto il sud-est asiatico. Il titolo ha messo a segno un rimbalzo nel quarto trimestre, ai primi segnali di allentamento della politica anti-Covid della Cina. Guardando al futuro, sul fronte positivo segnaliamo che la media delle valutazioni delle società in portafoglio è già diminuita significativamente (in alcuni casi, il rapporto prezzo/utili è sceso di oltre il 50%). Il mercato è piuttosto pessimista riguardo al 2023 e la maggior parte degli operatori si aspetta una recessione. Sul fronte opposto, invece, le previsioni dal lato dell’offerta sulla crescita degli utili (+7% per l’indice di riferimento escluse le materie prime) sono ancora ottimistiche e sono incoerenti con uno scenario recessivo. Vi è inoltre una sorta di diffusa aspettativa di un placido ritorno dell’inflazione al livello del 2-3% entro la fine del 2023, che potrebbe non concretizzarsi. È nostra opinione che, in condizioni economiche più sfavorevoli, il mercato inizierà a concentrarsi di meno sui tassi d’interesse e di più sulla qualità, sulla resilienza degli utili e sulla visibilità della crescita. Siamo fermamente convinti che il profilo degli utili del portafoglio sia significativamente più resiliente e strutturale rispetto alla media del mercato. Come investitori a lungo termine, guardiamo con entusiasmo alle prospettive a lungo termine delle società presenti in portafoglio. Siamo pronti a cogliere le opportunità che la futura volatilità del mercato potrebbe offrire per rafforzare le posizioni esistenti o avviare nuove posizioni in un piccolo gruppo selezionato di titoli growth e di alta qualità che monitoriamo da parecchi anni.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Outlook 2023: cosa aspettarsi dai mercati finanziari?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 gennaio 2023

A cura di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm. Gli ultimi dodici mesi hanno messo a dura prova i nervi degli investitori e la domanda con cui si apre il 2023 è quanto impiegheranno i mercati per riprendersi del tutto. Fornire una risposta non è semplice ma per avere un’idea più chiara di cosa aspettarsi dal nuovo anno occorre concentrarsi su tre fattori fondamentali: la crescita economica, l’inflazione e la politica monetaria. Per quanto riguarda la crescita economica, il 2022 è stato un anno peculiare in cui, soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo assistito a un costante deterioramento degli indicatori del sentiment. Lo scorso anno, nonostante la visione pessimista degli operatori, non abbiamo assistito a un diffuso peggioramento dell’economia, anzi i dati effettivi su consumi, mercato del lavoro, scorte, tasso di disoccupazione, immatricolazioni di automobili e affari immobiliari sono stati marginalmente positivi negli Stati Uniti e addirittura superiori alla media in Europa continentale.Pensare ad un eccessivo pessimismo sui mercati sarebbe una semplificazione. Senz’altro l’aumento dell’inflazione ha creato una situazione imprevista, causando incertezza e panico nelle imprese. Non bisogna inoltre dimenticare che i dati di sentiment tendono ad anticipare le tendenze economiche e il fatto che, per il momento, l’economia mondiale abbia evitato una recessione non significa che non potrà verificarsene una nel corso del 2023. La buona notizia è che l’aspettativa di una contrazione dell’economia è già stata prezzata dai mercati, almeno in parte: prezzi e valutazioni azionarie sono infatti calati significativamente nel corso dell’anno, nonostante le società quotate siano riuscite a mantenere gli utili stabili. Ancora una volta, quindi, sembra esserci una discrepanza tra realtà e percezione. Lo scenario di una recessione non è mai stato tanto atteso come per il prossimo anno, con una probabilità stimata all’80% nell’Eurozona e al 65% negli Stati Uniti. Questa potrebbe essere una buona notizia per gli investitori, dal momento che un rallentamento dell’attività economica (se lieve, come anche le proiezioni più pessimistiche sembrano suggerire) ridurrebbe la spinta al rialzo dei prezzi, allentando la pressione sulle banche centrali per inasprire la politica monetaria. Entrando nel 2023, l’aspettativa generale è che i prezzi tenderanno a normalizzarsi.Il rallentamento dell’attività economica inizierà probabilmente a influenzare il mercato del lavoro, che a sua volta avrà un impatto sui salari. Infine, il rialzo dei tassi e la politica monetaria cominciano a manifestare i loro effetti. Il consenso è che l’inflazione abbia già raggiunto il picco negli Stati Uniti e sia vicina a raggiungerlo anche in Europa. Tutto sommato le prospettive per gli investitori rimangono complesse, ma sono comunque presenti opportunità per generare rendimenti a lungo termine. Le valutazioni di mercato sono allettanti e, in particolare per le obbligazioni, sono migliori rispetto a tutti gli altri anni in cui Moneyfarm ha svolto il suo processo asset allocation strategica (l’annuale revisione delle aspettative delle asset class nei suoi portafogli). Questa è sicuramente una buona notizia per gli investitori. Prima di aumentare l’esposizione al rischio dei portafogli, tuttavia, occorre che i mercati continuino sulla traiettoria promettente degli ultimi mesi. La sfida è bilanciare le prospettive di lungo termine con i rischi di breve, sia per quanto riguarda la duration che per quanto riguarda l’esposizione azionaria. (abstract by http://www.moneyfarm.com)

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Mercati emergenti ed emissioni di carbonio

Posted by fidest press agency su mercoledì, 4 gennaio 2023

A cura di Sabrina Jacobs, Senior Client Portfolio Manager e Sabrina Khanniche, Senior Economist di Pictet Asset Management. Il combustibile fossile ti fa ricco. A partire dalla Rivoluzione Industriale, elevate emissioni di carbonio e crescita economica sono andate di pari passo. Venendo a tempi più recenti, lo stesso fenomeno si sta verificando per le economie dei mercati emergenti, la cui impronta di carbonio è strettamente correlata allo standard di vita degli abitanti. Tradizionalmente, i paesi in via di sviluppo sono i maggiori emittenti di carbonio, in quanto la loro crescita economica dipende in gran parte dalle risorse naturali e dai settori che le utilizzano, come quello manifatturiero.Ciò significa che anche gli investitori nei mercati emergenti hanno avuto un’elevata impronta di carbonio.Ma ora il punto di svolta sembra essere vicino.È sempre più evidente che le economie emergenti siano in grado di ridurre le proprie emissioni pro capite, o la propria intensità di carbonio, senza sacrificare la crescita economica.Ciò si deve ai tentativi da parte di paesi come la Cina di adottare energie rinnovabili, ottimizzare la catena produttiva, aumentare l’efficienza energetica e introdurre normative ambientali.Le innovazioni nel settore finanziario potrebbero accelerare questo cambiamento. La crescita delle obbligazioni green e legate alla sostenibilità nei mercati emergenti fa sì che i capitali vengano indirizzati sempre più verso progetti e investimenti a ridotte emissioni di carbonio.Questo significa che, adesso, gli investitori in obbligazioni societarie emergenti hanno la possibilità di diversificare ulteriormente i loro portafogli, accrescendo il proprio contributo alla transizione sostenibile e allineando gli investimenti agli obiettivi delle “zero emissioni nette”.

Posted in Economia/Economy/finance/business/technology | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »