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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 131

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T. Rowe Price: In che modo le elezioni statunitensi influenzano la performance dei mercati azionari?

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 Maggio 2024

A cura di Thomas Poullaouec Head of Multi-Asset Solutions, Asia-Pacific, T. Rowe Price. Il ciclo delle elezioni presidenziali statunitensi si sta intensificando. La sfida tra il democratico Joe Biden e il repubblicano Donald Trump è molto sentita. La domanda che molti si pongono è: esiste una relazione storica tra le elezioni presidenziali e la performance del mercato azionario statunitense? I dati sulle performance dei mercati impiegati in questo studio partono dal 1927. Tuttavia, in questo lasso temporale, si sono tenute solo 24 elezioni presidenziali, per cui è difficile trarre conclusioni statisticamente significative relativamente all’impatto di tali elezioni sui ricavi dei mercati azionari. Inoltre, non ci si dovrebbe concentrare su un’unica variabile che ignora i molti altri fattori che storicamente hanno guidato i rendimenti sui mercati. Alcune delle elezioni nel nostro campione si sono svolte in anni in cui i principali sviluppi economici, e non le elezioni stesse, hanno esercitato un’influenza eccessiva sui mercati azionari. Ne sono un esempio la Grande Depressione (1932), la Seconda Guerra Mondiale (1940 e 1944), lo scoppio della bolla tecnologica (2000), la crisi finanziaria globale (2008) e la pandemia di Covid19 (2020).I rendimenti complessivi, medi e mediani, dell’Indice S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli anni privi di elezioni e alla media di lungo periodo degli ultimi 96 anni. Inoltre, i rendimenti dell’S&P 500 sono stati generalmente più elevati nel periodo che precede le elezioni presidenziali rispetto agli anni non elettorali. Tuttavia, dopo il giorno delle elezioni, i rendimenti dei mercati azionari, nei periodi a 1, 6 e 12 mesi, sono stati significativamente inferiori rispetto ai corrispondenti periodi degli anni senza elezioni presidenziali.Per quanto riguarda la salute dell’economia, i Presidenti hanno avuto poca fortuna durante il loro primo anno di mandato: più della metà (54%) dei periodi di 12 mesi successivi alle 24 elezioni presidenziali che rientrano nel nostro studio si è sovrapposta a una recessione ufficiale negli USA, rilevata dal National Bureau of Economic Research (NBER). Questo tasso di recessioni è stato significativamente più alto rispetto alle medie degli altri anni del mandato presidenziale: 29% per il secondo anno di mandato, 17% nel terzo anno e 25% nell’anno delle elezioni. In altre parole, il mercato azionario potrebbe aver anticipato o reagito all’indebolimento delle condizioni economiche in prossimità della fine dell’anno elettorale presidenziale, considerata la maggiore probabilità di una recessione nei 12 mesi successivi.Il partito in carica ha vinto in 13 delle 24 elezioni presidenziali oggetto del nostro studio. Un’analisi più approfondita di questo campione, seppur piccolo, suggerisce che lo stato di salute dell’economia ha giocato un ruolo fondamentale nella possibilità del partito alla Casa Bianca di vedere riconfermato il proprio mandato: solo una volta il partito in carica ha vinto quando le elezioni si sono svolte in un anno di recessione. È successo nel 1948, un anno in cui la recessione iniziò a novembre. In oltre il 70% delle sconfitte elettorali del partito in carica, l’economia era stata in recessione quell’anno o vi era entrata nei 12 mesi successivi. Se la storia delle sconfitte del partito in carica nelle elezioni presidenziali statunitensi è indicativa, gli elettori sono stati particolarmente attenti alla debolezza economica.Se osserviamo i rendimenti medi dell’S&P 500 in vari periodi di tempo, prima e dopo le passate elezioni presidenziali, emerge un trend. Il mercato azionario è stato tendenzialmente più debole nel periodo prima delle elezioni presidenziali che il partito in carica ha perso, riflettendo potenzialmente la maggiore incidenza delle recessioni nei lassi di tempo in questione. Tuttavia, la performance dei mercati azionari nei periodi successivi alle elezioni è stata eterogenea. Quando il partito in carica non è riuscito a rimanere alla Casa Bianca, l’S&P 500 ha registrato mediamente livelli di volatilità più elevati prima delle elezioni e nei mesi successivi, forse a causa dell’incertezza generata dai probabili cambiamenti politici. In questi casi, il mese prima del voto ha registrato la volatilità più elevata in assoluto. La nostra analisi quantitativa dei dati storici conferma che le relazioni, di fatto, esistono. Ad esempio, i rendimenti medi dell’S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli altri anni. Anche la volatilità sui mercati è stata mediamente più bassa in molti dei periodi in cui si sono svolte le elezioni presidenziali e attorno ad essi. Il mantenimento della presidenza da parte del partito in carica sembra altresì aver influenzato l’andamento della volatilità sui mercati. In termini di economia e di fondamentali aziendali a livello di comparti, la politica governativa avrà una certa importanza, così come la composizione del Congresso dopo le elezioni di novembre. Quando un partito controlla la Casa Bianca e ha la maggioranza al Senato e alla Camera dei Rappresentanti, il potenziale per approvare cambiamenti legislativi significativi è maggiore. Un governo diviso, invece, rende di solito più difficile l’approvazione di cambiamenti radicali. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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PGIM Fixed Income: I mercati emergenti trovano spazio nei portafogli

Posted by fidest press agency su lunedì, 13 Maggio 2024

A cura di: Cathy Hepworth, Head of Emerging Markets Debt di PGIM Fixed Income Le prospettive di crescita potrebbero sembrare difficili per le economie in via di sviluppo dell’Asia, a causa del crollo economico della Cina, dei tassi di interesse più alti più a lungo a livello globale e delle crescenti tensioni geopolitiche. Tuttavia, per chi è alla ricerca di una diversificazione del portafoglio con un potenziale rialzo, il debito dei mercati emergenti offre attualmente una serie di interessanti opportunità di investimento. Una delle caratteristiche interessanti dell’investimento nel debito dei mercati emergenti – oltre alla bassa correlazione con altre asset class, come le azioni che stanno attualmente volando (e ad alto rischio) – è la possibilità di investire in segmenti che spesso reagiscono in modo diverso ai vari contesti macroeconomici, consentendo ai gestori di allocare il capitale rispetto al benchmark più appropriato. Questa ampia diversificazione e la dispersione intrinseca tra i settori offrono enormi opportunità agli investitori. Tuttavia, non esiste un unico settore con le migliori performance nei mercati emergenti. Gli investitori attivi dovrebbero quindi avere la massima flessibilità possibile per creare un portafoglio misto. Più strumenti vengono dati a un gestore per esprimere le proprie opinioni sul mercato, più alto può essere il suo obiettivo di alfa, che probabilmente porterà a migliori rendimenti aggiustati per il rischio. Il capitale dovrebbe essere allocato per sfruttare i tre distinti flussi di rendimento dei mercati emergenti: debito in valuta forte (sovrano e societario), tassi di interesse locali e valute. Il debito sovrano e quasi sovrano in valuta forte – obbligazioni emesse da paesi o imprese statali per lo più in dollari USA – in genere si comporta bene nei mercati con propensione al rischio e in contesti di tassi stabili e più elevati. Si tratta inoltre di un settore sufficientemente diversificato da consentire performance selezionate in mercati più volatili. Tenendo conto di ciò, si tratta di un settore su cui siamo costruttivi nell’attuale contesto di moderazione della crescita e dell’inflazione. I titoli societari in valuta forte presentano storicamente caratteristiche degne di nota, soprattutto in un periodo di incertezza della crescita globale, in quanto si tratta generalmente di obbligazioni di duration più breve che tendono a sovraperformare in mercati volatili. Un approccio selettivo a queste obbligazioni può offrire opportunità idiosincratiche con un valore relativo interessante nelle economie ad alta crescita. E se la crescita globale dovesse diminuire, l’esposizione a obbligazioni societarie dei mercati emergenti con un rating elevato può sovraperformare in un mercato volatile e con bassa propensione al rischio.In presenza di un rallentamento della crescita globale, i tassi emergenti in valuta locale con copertura possono ottenere buoni risultati, offrendo rendimenti reali interessanti con curve ripide, in quanto i tassi di interesse vengono abbassati per stimolare la crescita.Il differenziale di crescita tra le economie dei mercati sviluppati e quelle dei mercati emergenti ha una forte influenza sul trading dei cambi dei mercati emergenti (EMFX). Tenendo conto di questi tre flussi di rendimento dei mercati emergenti e di una migliore comprensione delle loro performance in diversi contesti macro, è importante che gli investitori comprendano cosa significhi una corretta asset allocation e costruzione del portafoglio. Gli investitori dovrebbero evitare la tentazione di investire in modo ampio in tutti i settori dei mercati emergenti da una prospettiva “top-down”; invece, dedicare il tempo necessario per analizzare i diversi settori e le diverse aree geografiche da una prospettiva “bottom-up” è un modo migliore per identificare le opportunità di rendimento aggiuntivo. (Abstract by http://www.verinieassociati.com)

A cura di: Cathy Hepworth, Head of Emerging Markets Debt di PGIM Fixed Income Le prospettive di crescita potrebbero sembrare difficili per le economie in via di sviluppo dell’Asia, a causa del crollo economico della Cina, dei tassi di interesse più alti più a lungo a livello globale e delle crescenti tensioni geopolitiche. Tuttavia, per chi è alla ricerca di una diversificazione del portafoglio con un potenziale rialzo, il debito dei mercati emergenti offre attualmente una serie di interessanti opportunità di investimento. Una delle caratteristiche interessanti dell’investimento nel debito dei mercati emergenti – oltre alla bassa correlazione con altre asset class, come le azioni che stanno attualmente volando (e ad alto rischio) – è la possibilità di investire in segmenti che spesso reagiscono in modo diverso ai vari contesti macroeconomici, consentendo ai gestori di allocare il capitale rispetto al benchmark più appropriato. Questa ampia diversificazione e la dispersione intrinseca tra i settori offrono enormi opportunità agli investitori. Tuttavia, non esiste un unico settore con le migliori performance nei mercati emergenti. Gli investitori attivi dovrebbero quindi avere la massima flessibilità possibile per creare un portafoglio misto. Più strumenti vengono dati a un gestore per esprimere le proprie opinioni sul mercato, più alto può essere il suo obiettivo di alfa, che probabilmente porterà a migliori rendimenti aggiustati per il rischio. Il capitale dovrebbe essere allocato per sfruttare i tre distinti flussi di rendimento dei mercati emergenti: debito in valuta forte (sovrano e societario), tassi di interesse locali e valute. Il debito sovrano e quasi sovrano in valuta forte – obbligazioni emesse da paesi o imprese statali per lo più in dollari USA – in genere si comporta bene nei mercati con propensione al rischio e in contesti di tassi stabili e più elevati. Si tratta inoltre di un settore sufficientemente diversificato da consentire performance selezionate in mercati più volatili. Tenendo conto di ciò, si tratta di un settore su cui siamo costruttivi nell’attuale contesto di moderazione della crescita e dell’inflazione. I titoli societari in valuta forte presentano storicamente caratteristiche degne di nota, soprattutto in un periodo di incertezza della crescita globale, in quanto si tratta generalmente di obbligazioni di duration più breve che tendono a sovraperformare in mercati volatili. Un approccio selettivo a queste obbligazioni può offrire opportunità idiosincratiche con un valore relativo interessante nelle economie ad alta crescita. E se la crescita globale dovesse diminuire, l’esposizione a obbligazioni societarie dei mercati emergenti con un rating elevato può sovraperformare in un mercato volatile e con bassa propensione al rischio.In presenza di un rallentamento della crescita globale, i tassi emergenti in valuta locale con copertura possono ottenere buoni risultati, offrendo rendimenti reali interessanti con curve ripide, in quanto i tassi di interesse vengono abbassati per stimolare la crescita.Il differenziale di crescita tra le economie dei mercati sviluppati e quelle dei mercati emergenti ha una forte influenza sul trading dei cambi dei mercati emergenti (EMFX). Tenendo conto di questi tre flussi di rendimento dei mercati emergenti e di una migliore comprensione delle loro performance in diversi contesti macro, è importante che gli investitori comprendano cosa significhi una corretta asset allocation e costruzione del portafoglio. Gli investitori dovrebbero evitare la tentazione di investire in modo ampio in tutti i settori dei mercati emergenti da una prospettiva “top-down”; invece, dedicare il tempo necessario per analizzare i diversi settori e le diverse aree geografiche da una prospettiva “bottom-up” è un modo migliore per identificare le opportunità di rendimento aggiuntivo. (Abstract by http://www.verinieassociati.com)

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RBC BlueBay – Obbligazioni dei mercati emergenti: prospettive interessanti in America latina, Africa ed Europa centro-orientale

Posted by fidest press agency su domenica, 12 Maggio 2024

A cura di Anthony Kettle, BlueBay Senior Portfolio Manager, RBC BlueBay. Molti mercati emergenti stanno registrando una crescita economica dinamica. Investire in quest’area offre opportunità interessanti, soprattutto grazie a quattro elementi chiave: dinamiche demografiche, potenziale di crescita, valutazioni e diversificazione. In termini demografici, i Paesi emergenti hanno generalmente popolazioni più giovani rispetto ai mercati sviluppati, in particolare in Africa. A conti fatti, il potenziale di crescita è più elevato rispetto a quello dei mercati sviluppati, nonostante, ad esempio, la crescita cinese si sia normalizzata negli ultimi anni. Dal punto di vista delle valutazioni, i mercati emergenti sono economici rispetto ai peer sviluppati, sia nel reddito fisso sia in ambito azionario. Infine, poiché il gruppo degli emergenti è costituito da un numero enorme di Paesi e rappresenta circa la metà del Pil mondiale, esistono evidenti vantaggi a livello di diversificazione.A nostro giudizio, questo è un momento particolarmente propizio per investire in quest’area, per tre motivi. In primo luogo, i tentativi di contenere l’inflazione sono molto più radicati rispetto ai mercati sviluppati, con le banche centrali emergenti che hanno assunto un atteggiamento più proattivo nel rialzare i tassi rispetto alle banche centrali dei paesi sviluppati. Inoltre, i tassi di default sui mercati creditizi emergenti sono in calo e le valutazioni per il credito sono migliori rispetto a quelle dei mercati sviluppati. Tuttavia, esistono anche dei rischi quando si parla di investimenti nei mercati emergenti. Questi paesi hanno regimi normativi diversi che, a volte, possono risultare difficili da gestire. I mercati di frontiera possono presentare anche problemi di liquidità, ma questo aspetto è meno rilevante per i mercati emergenti tradizionali e, nel credito, la struttura standard degli Eurobond attenua questo particolare rischio. Anche il rischio valutario e i livelli più elevati di volatilità sono fattori da tenere in considerazione. Tuttavia, vale la pena rilevare che questi rischi possono comportare anche potenziali vantaggi.Nell’universo del reddito fisso, l’Asia è una asset class con un beta relativamente basso. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte dei paesi asiatici presenta mercati locali relativamente ben sviluppati, ma anche rendimenti relativamente bassi nel contesto dei mercati emergenti globali. Attualmente riteniamo che le migliori opportunità si trovino al di fuori dell’Asia. In particolare, spiccano America Latina, Europa centro-orientale e alcune parti dell’Africa, che offrono il rapporto rischio/rendimento più interessante. Guardando invece alla Cina, sebbene la crescita sia in ripresa, al momento non ci aspettiamo che ciò possa salvare il settore immobiliare, né che subentrerà un pacchetto di stimoli o di sostegno su larga scala per il settore. Riteniamo, invece, che siamo di fronte a un processo pluriennale volto a eliminare le scorte in eccesso e consentire il consolidamento del settore. A un livello superiore, il governo ha chiaramente dimostrato di essere disposto a mettere in conto un elevato grado di sofferenza economica per raggiungere i suoi obiettivi più ampi.Demografia, urbanizzazione e sviluppo economico sono tutti temi chiave che stanno determinando cambiamenti importanti nei mercati emergenti. Questi trend stanno favorendo l’area emergente e rendono il segmento interessante dal punto di vista degli investimenti, anche se affrontare la transizione può essere complicato. Sul lungo periodo, ci aspettiamo di assistere a una costante tendenza al rialzo in termini di crescita per i mercati emergenti. Tuttavia, il percorso per arrivarci sarà probabilmente accidentato, a causa di alcune delle sfide descritte in precedenza.

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Mercati azionari in Cina

Posted by fidest press agency su giovedì, 9 Maggio 2024

By Baijing Yu, Portfolio Manager di Comgest. Attualmente in Cina stiamo trovando un gran numero di aziende di successo che hanno un enorme potenziale a lungo termine. D’altro canto, le sanzioni statunitensi creano anche nuove opportunità.L’elenco delle sanzioni statunitensi ha cambiato l’intero contesto dell’industria cinese dei chip e dei semiconduttori. In particolare, l’industria dei semiconduttori era poco competitiva. Se gli Stati Uniti non fossero stati così severi nelle loro restrizioni commerciali, il governo cinese e l’industria nazionale dei semiconduttori non sarebbero stati in grado di indirizzare le risorse e la concentrazione in questa direzione in così poco tempo. Tuttavia, il modello economico cinese nel suo complesso sembra essere sempre più messo in discussione, come dimostrano i dati economici. La Cina dovrà subire una profonda trasformazione nei prossimi uno o due decenni. I giorni in cui era il calderone da cui attingere lavoro a basso costo sono finiti: la Cina si sta trasformando in un’economia sempre più guidata dalla ricerca e dallo sviluppo, in cui ingegneri altamente qualificati progettano prodotti di alta qualità, ad esempio nel campo dell’automazione e della robotica. Le aziende beneficiano anche di un mercato interno molto ampio e dinamico. Da questa posizione di forza, si espandono poi sui mercati internazionali.Per quanto riguarda il mercato immobiliare, esso rappresenta un’ampia fetta del PIL cinese. Tuttavia, il governo si è reso conto fin da subito che il debito nel settore immobiliare è troppo elevato e che la futura crescita del PIL deve provenire da settori con un valore aggiunto più elevato. Investiamo nell’intero processo di trasformazione dell’economia cinese verso una maggiore domanda interna e prodotti di valore superiore. Puntiamo soprattutto nel settore dei beni di consumo. Volendo addurre qualche esempio, il produttore di articoli sportivi Anta detiene oggi in Cina una quota di mercato superiore al 20% in Cina. Un altro esempio è Inovance, azienda che produce componenti per l’industria dell’automazione. Inovance è un concorrente diretto della giapponese Yaskawa. Riteniamo che l’azienda aumenterà significativamente la sua quota di mercato in Cina e che un giorno potrebbe espandersi oltre. Con un rapporto P/E di 25, Inovance ha una valutazione relativamente alta per gli standard cinesi e stiamo utilizzando le correzioni per costruire la nostra posizione. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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GAM: La “città di vetro” dei mercati finanziari

Posted by fidest press agency su giovedì, 9 Maggio 2024

A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR. Il rally è cominciato nell’ottobre 2022, da allora lo S&P 500 è cresciuto di circa il 40%, ha proseguito quest’anno con un incremento di oltre il 10% nel primo trimestre, le azioni globali hanno fatto poco meno. I listini sembrano mitridatizzati ai tassi di interesse americani al 5,25% e a valutazioni così tirate che lo stesso Warren Buffett tiene fermi in liquidità circa 189 miliardi di dollari perché pensa che “manchino opportunità di investimento”. I mercati hanno preso una pausa in aprile. Torna la voglia di crescere in questi primi giorni di maggio, il rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti ha dato vento alle vele dei listini. I nuovi posti di lavoro non agricoli sono stati 175.000, molto meno dei 240.000 attesi. La parte difficile del lavoro dei banchieri centrali è la gestione del tempo o, meglio, la gestione dell’intervallo di tempo che trascorre tra il momento dell’azione di politica monetaria e quello nel quale i suoi effetti si trasmettono al sistema economico. Nel recente passato non sono mancati gli errori benché vadano riconosciute ai banchieri centrali le circostanze attenuanti: i forti shock dell’offerta si sono verificati in una fase di strutturale riorganizzazione delle catene della fornitura e di forte diminuzione del grado di apertura negli scambi globali. In un primo momento è stata sottovalutata la natura dell’inflazione, poi c’è stata la folle rincorsa, i tassi sono stati aumentati a una velocità mai vista neppure negli anni di Volcker. “Calibrare gli interventi in tempo reale è stata una vera sfida” ricorda Fabio Panetta “non è mai facile distinguere tra shock della domanda e shock dell’offerta”. Il Comitato ha comunque deciso di rallentare, da giugno, il ritmo della diminuzione del bilancio, una misura di leggero allentamento monetario. Il “quantitative tightening” avviato nel giugno 2022 è stato il primo strumento per inasprire le condizioni finanziarie. Con la diminuzione di 95 miliardi di dollari al mese il bilancio della banca centrale è sceso di circa 1,5 trilioni di dollari rispetto al picco di metà 2022, la decisione di rallentare porta ora il ritmo mensile a 25 miliardi, un segnale al mercato ma soprattutto un aiuto all’impegnativo programma di massive nuove emissioni del Tesoro.Le previsioni sull’inflazione sono il perno della politica monetaria e, nonostante l’esperienza della fragilità degli esercizi previsivi, i pronostici sui tassi restano un potente strumento di comunicazione della Federal Reserve, il suo grafico a pallini ne è l’esempio preclaro, centrale nella comunicazione della banca e nei commenti degli analisti. La questione è rilevante, l’economia globale e la politica monetaria si trovano in un passaggio critico, strette tra una inedita instabilità politica e le minacce del protezionismo e della frammentazione degli scambi. Il giudizio dei banchieri centrali sull’adeguatezza delle loro decisioni avrà forti implicazioni sull’economia e sull’andamento dei mercati finanziari. Il meccanismo della trasmissione monetaria resta la variabile più importante perché è qui che si concentra il rischio di danneggiare l’attività economica anziché aiutarla. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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T. Rowe Price: Cinque motivi per investire nell’obbligazionario dei mercati emergenti

Posted by fidest press agency su sabato, 4 Maggio 2024

A cura di Arif Husain, Head of Global Fixed Income and Chief Investment Officer, T. Rowe Price. Molti investitori si sono resi conto di avere una scarsa allocazione verso i mercati emergenti nel loro portafoglio globale a reddito fisso. Il rinnovato interesse verso questa asset class è dovuto, in parte, ai rendimenti registrati dal debito dei mercati emergenti nel 2023, quando ha sovraperformato sia le obbligazioni dei mercati sviluppati sia il debito investment grade statunitense. Sebbene alcuni investitori potrebbero essere ancora diffidenti, soprattutto verso un’esposizione all’altalenante crescita della Cina, la solidità dei fondamentali nei diversi settori obbligazionari dei mercati emergenti — il debito sovrano esterno in valuta forte denominato in dollari o euro, le obbligazioni corporate e le obbligazioni sovrane in valuta locale — e le loro caratteristiche di diversificazione del portafoglio sono sufficienti a giustificare un’allocazione strutturale verso questi mercati. Ecco cinque fattori che, a nostro avviso, supportano la presenza dei mercati emergenti in un portafoglio globale a reddito fisso. Parallelamente al miglioramento della qualità creditizia, il mercato dei capitali si è allargato per gli emergenti. I Paesi attualmente si finanziano innanzitutto in valute locali rispetto alle valute forti, mentre il debito societario dei mercati emergenti ha registrato una crescita costante negli ultimi dieci anni, tanto che oggi rappresentano un insieme di opportunità più ampio rispetto ai titoli sovrani dei mercati emergenti. Prevediamo che il mercato corporate continuerà ad acquisire una maggiore importanza nei prossimi dieci anni e manterrà il suo status di strumento meno volatile per accedere alla solida crescita economica di questi mercati. Tali miglioramenti a lungo termine non celano i maggiori rischi che comportano gli investimenti in alcuni Paesi emergenti rispetto ai mercati sviluppati. I mercati emergenti possono offrire un’esposizione a cicli economici notevolmente diversi rispetto ai mercati sviluppati. Ad esempio, le banche centrali di alcuni mercati emergenti, come Brasile e Cile, hanno già iniziato a tagliare i tassi, mentre gli investitori stanno ancora aspettando che la maggior parte delle banche centrali dei mercati sviluppati avvii un ciclo di allentamento.Inoltre, i mercati emergenti presentano una composizione economica diversificata e alcuni di essi possono beneficiare di tendenze macroeconomiche che incidono negativamente sulla maggior parte dei mercati sviluppati. Un’impennata dei prezzi dell’energia, ad esempio, accrescerebbe l’affidabilità creditizia di esportatori di materie prime come la Colombia, mentre il Cile ha tratto vantaggio dai recenti aumenti dei prezzi del rame, essendo il maggiore produttore mondiale di questo metalloLe obbligazioni corporate dei mercati emergenti possono offrire uno strumento di elevata qualità per incrementare l’esposizione verso società leader nei rispettivi comparti a livello globale. Società che spaziano dai prodotti da forno destinati ai consumatori fino ai produttori di acciaio e cemento possono avere una presenza significativa non solo sul loro mercato interno, ma anche sui mercati sviluppati. In alcuni casi, gli emittenti corporate dei mercati emergenti presentano rating creditizi soggetti a un tetto effettivo del corrispondente titolo sovrano. Ne consegue che le obbligazioni societarie hanno un rating inferiore — e spesso un rendimento superiore — rispetto a quello che avrebbero considerando la loro effettiva qualità creditizia sulla base dei fondamentali. Il segmento del debito locale può avere caratteristiche sorprendentemente difensive in termini di bassa correlazione coi tassi d’interesse dei mercati sviluppati, in particolare quando il rischio valutario viene coperto per eliminare la volatilità associata alle oscillazioni dei tassi di cambio. Anche se alcuni mercati emergenti hanno già iniziato ad allentare la rispettiva politica monetaria, il mercato sovrano locale continua a offrire opportunità significative, grazie alla sua esposizione ai tassi d’interesse a livello locale. Di fatto, le obbligazioni locali dei mercati emergenti rappresentano attualmente il migliore strumento per accedere a fondamentali solidi e ai vantaggi sul piano della diversificazione di questa classe d’investimento. (abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Principali conclusioni del Cyclical Outlook: Divergenza nei mercati, diversificazione nei portafogli

Posted by fidest press agency su giovedì, 25 aprile 2024

A cura di Tiffany Wilding, North American Economist di PIMCO e Andrew Balls, CIO Global Fixed Income di PIMCO. Il quadro globale per gli investimenti è destinato a trasformarsi nei mesi a venire con il divergere in modo più sensibile delle traiettorie delle principali economie. Le banche centrali, che si sono mosse pressoché all’unisono nella stretta monetaria per reprimere l’impennata dell’inflazione successiva alla pandemia, seguiranno verosimilmente percorsi differenti nella riduzione dei tassi. L’economia, che sta rallentando in molti dei principali mercati sviluppati (MS), negli Stati Uniti mantiene un sorprendente vigore che pare destinato a perdurare per il sostegno di diversi fattori. I fattori che alimentano la crescita americana potrebbero mantenere l’inflazione nel Paese al di sopra del target del 2% della banca centrale, nel nostro orizzonte ciclico di sei-12-mesi. Ci aspettiamo tuttora che, analogamente ad altre banche centrali dei mercati sviluppati, la Federal Reserve avvii il percorso di normalizzazione dei tassi a metà anno, tuttavia il suo percorso di successiva riduzione potrebbe essere più graduale.Un atterraggio morbido per l’economia resta un obiettivo raggiungibile negli Stati Uniti. Sia nei prezzi azionari che per il tasso ufficiale terminale della Fed (‘Fed terminal rates’), i mercati sembrano largamente escludere la possibilità di una recessione. Noi crediamo tuttavia che i rischi sia di recessione che del riaccendersi dell’inflazione restino ragguardevoli alla luce degli choc senza precedenti verificatisi sul lato della domanda e dell’offerta a livello globale. A fronte dell’incertezza, l’obbligazionario offre interessanti rendimenti sia nominali che al netto dell’inflazione oltre al potenziale di validi risultati in una varietà di contesti economici. Viste le attuali curve dei rendimenti piatte, crediamo che le scadenze intermedie rappresentino il posizionamento ottimale tra il monetario, i cui rendimenti sono fugaci e scenderanno quando le banche centrali cominceranno ad abbassare i tassi, e l’obbligazionario a lunga scadenza che potrebbe trovarsi sotto pressione con l’aumento dell’offerta di titoli per finanziare il crescente debito pubblico. Alla luce dei rischi meno pronunciati sul versante dell’inflazione e più marcati in termini di recessione nel resto dei mercati sviluppati, riteniamo particolarmente interessante l’obbligazionario al di fuori degli Stati Uniti. Apprezziamo in particolare i mercati del Regno Unito, dell’Australia e del Canada. A fronte della resilienza dell’economia degli Stati Uniti, privilegiamo il Dollaro rispetto all’Euro e ad altre valute europee. Continuiamo a prediligere gli MBS agency americani e altri attivi di alta qualità per il loro potenziale di rendimento appetibile. In un contesto di tassi di interesse elevati, prevediamo maggiori pressioni sia per gli emittenti societari che per gli istituti di credito tradizionali come le banche. Sui mercati privati, ravvisiamo crescenti opportunità nel credito assistito da attivi e specializzato. Il contesto attuale evidenzia l’importanza della diversificazione su scala globale, di un approccio prudente per mitigare i rischi e della gestione attiva per costruire portafogli resilienti. Ci aspettiamo il ritorno della tradizionale correlazione inversa tra azionario e obbligazionario, con potenziale apprezzamento di quest’ultimo qualora il rischio di recessione torni ad aumentare. Abstract by http://www.verinieassociati.com

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GAM: i mercati si trovano probabilmente in un momento cruciale

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 aprile 2024

A cura di Julian Howard, Lead Investment Director delle soluzioni Multi Asset di GAM. Le azioni globali, misurate dall’indice MSCI All Country (AC) World, hanno registrato un robusto +9,6% in termini di valuta locale nel primo trimestre del 2024. Il guadagno regionale più consistente è stato registrato dal Giappone, che ha beneficiato del miglioramento della crescita globale, del miglioramento della corporate governance e di un contesto di inflazione e tassi (finalmente) in via di normalizzazione. Anche l’Europa è salita, ma sono stati gli Stati Uniti a contribuire maggiormente al progresso del mercato, data la loro allocazione per due terzi all’interno dell’indice MSCI AC World. L’S&P 500 è salito del +10,6% nel periodo in esame, mentre l’indice tecnologico Nasdaq 100 è salito del +8,7%. Negli Stati Uniti, la produzione per ora lavorata è aumentata costantemente e, insieme alla forza dei consumi, sembra aver creato un ambiente “Goldilocks” di miglioramento della crescita economica senza modificare l’andamento generalmente stabilizzante dell’inflazione. Gli Stati Uniti, e la tecnologia statunitense in particolare, hanno ovviamente contribuito in modo significativo nel periodo in esame. Dal punto di vista filosofico, vale la pena sottolineare che non abbiamo “giocato con l’IA” di per sé, ma abbiamo invece colto il trend in virtù della nostra esposizione deliberata alla straordinaria potenza dell’innovazione statunitense in generale, a prescindere dalle specificità da un anno all’altro. Non equipariamo l’attuale rialzo dei titoli tecnologici alla bolla delle dot-com della fine degli anni ’90, ma le valutazioni piuttosto estese e la durata del rally (dall’ottobre 2022) rendono particolarmente importante, dal punto di vista della gestione del rischio, che la componente di conservazione del capitale dei nostri portafogli abbia un rendimento costante e affidabile. Per quanto possa sembrare banale, i mercati si trovano probabilmente in un momento cruciale. L’apprezzamento dei prezzi può durare solo fino a un certo punto senza che arrivino prove di conferma. Mentre il dibattito sull’inflazione e sui tassi infuria dalla fine della pandemia, la determinante più prossima di ciò che accadrà potrebbe essere il futuro andamento della produttività. Se il rimbalzo della produttività osservato negli ultimi due anni si esaurisce con l’affievolirsi del vento di coda della normalizzazione della catena di approvvigionamento e l’adozione dell’IA si blocca per la consapevolezza che non è stata poi così trasformativa, allora i mercati torneranno sicuramente a concentrarsi su quel 5,25%. Il tasso dei Fed Funds e l’apparente riluttanza della Federal Reserve a sciogliere tutti i nodi in breve tempo. Tuttavia, se i guadagni di produttività dovessero proseguire anche nel resto dell’anno, grazie all’adozione generalizzata dell’IA in un numero ancora maggiore di aspetti dell’attività economica, il rally potrebbe riprendere quota. Gli economisti si sono occupati del cosiddetto “rompicapo della produttività” su entrambe le sponde dell’Atlantico fin dall’indomani della crisi finanziaria globale (GFC), soprattutto perché la sua assenza sembrava frenare un vero e proprio ripristino della crescita economica tendenziale precedente alla GFC. Se l’enigma della produttività dovesse essere risolto quest’anno, si creerebbe potenzialmente una serie di condizioni economiche e di mercato quasi perfette, almeno per gli Stati Uniti. L’elevata produttività consentirebbe all’economia statunitense di crescere senza generare un’inflazione eccessiva e le conseguenze negative di un aumento dei tassi di interesse. Le azioni ne beneficeranno non solo perché le società tecnologiche quotate in borsa continueranno a fornire e migliorare il “prodotto” AI, ma anche perché altri settori sensibili al ciclo potranno crescere senza scontrarsi con inflazione e tassi più elevati. In tutto questo, gli investitori dovranno comunque fare i conti con un nastro trasportatore poco edificante di rischi geopolitici. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Comgest: Mercati globali, occhi su Pharma e semiconduttori

Posted by fidest press agency su lunedì, 22 aprile 2024

Zak Smerczak, Analista & Gestore del fondo Comgest Growth Global. Nel primo trimestre del 2024, il mercato ha evidenziato crescente fiducia in un atterraggio morbido a fronte della perdurante resilienza degli indicatori economici e dell’inflazione in calo, mentre la Federal Reserve potrebbe aprire la strada a una riduzione dei tassi d’interesse nei prossimi mesi dell’anno. Gran parte dei principali indici regionali ha registrato performance trimestrali positive. Eli Lilly, un leader globale nell’area dei trattamenti farmaceutici per diabete e obesità, ha comunicato prospettive solide per il 2024 e continua a beneficiare di report di ricerca e studi clinici positivi che supportano una grande opportunità di mercato globale per il farmaco GLP-1 per la “diabesità” (diabete+obesità). ASML, unico fornitore al mondo di litografia EUV e TSMC, maggiore produttore mondiale di semiconduttori, hanno comunicato prospettive rassicuranti per il 2024 e crescente fiducia nella ripresa del ciclo dei semiconduttori e nelle opportunità derivanti dall’IA. Nel complesso, i mercati finanziari globali hanno iniziato il 2024 in modo positivo. Permangono tuttavia tensioni geopolitiche e incertezze sulla salute dell’economia globale, che potrebbero causare una certa volatilità. Manteniamo la filosofia basata su società di qualità e di crescita e un approccio rigoroso alle valutazioni, che a nostro avviso offrono una crescita superiore rispetto al mercato, unitamente a migliori visibilità e resilienza, soprattutto in fasi di turbative economiche.

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Andamenti dei mercati delle principali commodity agrifood

Posted by fidest press agency su sabato, 20 aprile 2024

Le proiezioni sugli imminenti mid-crop africani continuano ad essere riviste a ribasso, alimentando le aspettative che il deficit globale previsto sul mercato della fava di cacao possa ulteriormente ampliarsi. Meteo avverso, invecchiamento delle piantagioni e scarso utilizzo di fertilizzanti impattano negativamente le produzioni in un contesto di domanda relativamente rigida. Le proiezioni Areté sui fondamentali globali 23/24 sono state aggiornate e mostrano un livello di approvvigionamento del mercato ben inferiore rispetto ai dati pubblicati dall’International Cocoa Organization (ICCO) a febbraio. In particolare, rispetto ad un deficit globale 23/24 previsto da ICCO a 374.000 t, Areté prevede un deficit di oltre 480.000 t, il più largo deficit registrato dalla campagna 60/61. Il deterioramento dell’offerta alimenta il trend rialzista record che caratterizza i mercati finanziari della fava di cacao. Da inizio anno le quotazioni su Londra e New York hanno registrato rispettivamente un +170% e un +169%. I prezzi delle prime trasformazioni segnano rialzi più che proporzionali rispetto a quelli della materia prima, da inizio anno i riferimenti sul mercato tedesco di burro e massa di cacao sono aumentati rispettivamente del 313% e del 285% complici rialzi, anche stagionali, sui ratio. I trend rialzisti sono ulteriormente amplificati da operazioni nette lunghe sui mercati finanziari degli operatori commerciali relativamente elevate, dall’incertezza sugli effetti delle norme anti deforestazione UE, dal calo degli stock di borsa e da costi dei container sostenuti dalle tensioni geopolitiche sul Mar Rosso. Sul mercato finanziario The ICE, la prima scadenza della varietà robusta, da metà marzo, ha registrato un aumento del 27%, toccando un nuovo record ad oltre 4.200 $/t. Le analisi di Areté, nello stesso periodo, mostrano che il prezzo della varietà arabica ha segnato un +36%, tornando ai livelli più alti degli ultimi due anni. Lato fondamentali, in una congiuntura di offerta asiatica limitata, i rialzi sono alimentati dal timore che il meteo possa negativamente impattare gli sviluppi dei prossimi raccolti 24/25. I trend rialzisti sono ulteriormente amplificati dall’incertezza sugli effetti delle norme anti-deforestazione UE e da costi dei container sostenuti dalle tensioni geopolitiche sul Mar Rosso. Tuttavia, il trend inflazionistico è anche fortemente alimentato da movimenti speculativi. Al 9 aprile le posizioni nette lunge degli operatori non-commerciali, sul mercato dell’arabica, hanno toccato un record di 73.563 contratti. Areté – The Agri-Food Intelligence Company – è leader in Italia per i servizi di analisi e previsione sui mercati delle materie prime agrifood. Da oltre vent’anni lavora al fianco delle più importanti aziende del settore, delle principali istituzioni nazionali e comunitarie, di governi esteri, di associazioni di categoria nell’agrifood in Italia e all’estero.

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Schroders: Sette temi chiave per capire i mercati azionari di oggi

Posted by fidest press agency su giovedì, 18 aprile 2024

A cura di David Philpotts, Quantitative Equity Product – Head of Strategy, Schroders. Guardando ai mercati azionari nei prossimi mesi, in genere si tende a concentrare l’attenzione su due domande chiave: se è previsto un atterraggio morbido per l’economia globale e cosa questo significa per i tassi d’interesse. Ma, a nostro avviso, quest’anno è stata riposta troppa attenzione sulla Federal Reserve e sulla politica americana. Anziché cadere nella trappola di voler prevedere l’andamento dell’economia e seguire una logica di market timing, come team QEP (Quantitative Equity Product) riteniamo sia meglio concentrarsi sulle opportunità azionarie più interessanti a lungo termine. Per questo abbiamo individuato sette temi su cui riflettere in questo 2024. 1. La recessione è stata evitata, ma si tratta di una notizia rilevante?. La domanda davvero rilevante, in questo caso, è: quanto durerà il picco dei tassi sui Fed fund? Se i tagli dei tassi sono effettivamente dietro l’angolo, non è chiaro se l’allentamento della politica monetaria avrà un impatto positivo sulle azioni, poiché in genere l’impatto ritardato dei precedenti inasprimenti incide, da ultimo, sugli utili e sui rendimenti azionari. Nel complesso, riteniamo che, quest’anno potremmo vedere un andamento rotazionale e una maggiore volatilità, con un minore supporto sul fronte dei rendimenti di mercato più in generale. In tal caso, la selezione dei titoli avrà una maggiore incidenza, ma il contesto è favorevole a titoli di elevata qualità, anche con livelli di capitalizzazione inferiori. 2. Investimenti di lungo termine: le valutazioni non sono convincenti per gli indici, soprattutto negli Usa Storicamente, CAPE più bassi sono stati associati a ricavi più elevati nei successivi 10 anni (e viceversa). Ciò suggerisce chiaramente che i rendimenti futuri saranno inferiori. L’asticella è molto più bassa per le azioni di altri Paesi, semplicemente perché il CAPE medio per il resto del mondo (15x) è leggermente scontato rispetto alla sua storia recente. 3. I “Magnifici Sette” continueranno a dominare le performance? Vale la pena monitorarne molto da vicino la performance caso per caso, in particolare nell’ottica di garantire che gli utili continuino a sostenere il recente slancio. 4. Déjà vu nel comparto tecnologico? In realtà questa volta le cose sono diverse, in particolare il settore presenta fondamentali molto più solidi rispetto a 25 anni fa, anche se è ragionevole osservare con attenzione l’enorme influenza del settore tecnologico statunitense sul mercato. 5: La dispersione delle valutazioni è elevata, il che apre a svariate opportunità. Piuttosto che prevedere l’andamento dei diversi settori, riteniamo ci sia un notevole potenziale per generare valore nell’azionario grazie all’elevata dispersione sul mercato. Tra le opportunità più interessanti a nostro avviso rientrano: il ritorno della qualità e i titoli difensivi; l’attrattiva delle small cap; gli investimenti value, con titoli di alta qualità a prezzi ragionevoli; i mercati emergenti, che potrebbero rappresentare un elemento di diversificazione. 6. Geopolitica: un anno di elezioni. 7. La perdita di slancio degli investimenti ESG non dovrebbe oscurare il trend a più lungo termine Ci aspettiamo tuttavia che il trend verso le strategie guidate dall’engagement proseguirà, così come lo spostamento dell’attenzione dalla decarbonizzazione a questioni ambientali più ampie, come la biodiversità. (Abstract by http://www.verinieassociati.com)

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Mercati finanziari globali: performance e prospettive dopo il primo trimestre

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 aprile 2024

A cura di Flora Dishnica, Investment Manager di Pictet Asset Management. Il mese di marzo si è concluso con buone performance sui mercati azionari, sigillando un primo trimestre eccezionale per le borse globali, con guadagni di oltre il 10% negli Stati Uniti ed Europa e superiori al 20% in Giappone. La componente obbligazionaria, invece, ha mostrato dei segnali di recupero a marzo, dopo la correzione dei primi due mesi, ma ha poi ceduto nuovamente terreno nel corso dello stesso mese, soprattutto negli USA dove i dati macroeconomici restano forti con i non farm payroll che confermano la tenuta occupazionale. I rendimenti del decennale americano si attestano attorno al 4,4%, e sono ai massimi da inizio anno.In sintesi, marzo ha confermato lo schema dei primi due mesi: i mercati azionari sono stati sostenuti da fondamentali forti soprattutto negli Stati Uniti, dove la crescita attesa per il 2024 è stata rivista al rialzo al 2,2% rispetto all’1,3% atteso a fine 2023, mentre le obbligazioni hanno corretto per le stesse ragioni macroeconomiche e per il conseguente ridimensionamento dell’accomodamento atteso per le banche centrali senza contagiare le asset class rischiose. Le informazioni macroeconomiche giunte a marzo confermano che è in corso un processo disinflattivo, seppur meno virtuoso di quello registrato nella fase finale del 2023. Questo ha portato al ridimensionamento dell’allentamento atteso per quest’anno, ma non invalida la nostra attesa e quella del mercato per l’avvio del ciclo dei tagli a giugno, sia da parte della Fed che della BCE, seppur negli USA qualche dubbio in più sulla necessità di questi tagli sarebbe lecito vista la forza dell’economia. Nell’incontro del 20 marzo, tuttavia, la Fed ha confermato i tre tagli attesi per il 2024, come da previsioni dello scorso dicembre, mentre Powell nella conferenza stampa ha descritto come accettabile il percorso meno lineare del rientro dell’inflazione. Ad oggi, il mercato si è allineato alle previsioni della Fed sui Fed Fund. Per quanto riguarda la BCE, nonostante le condizioni sembrerebbero, a nostro avviso, già sufficienti per un primo taglio con la riunione di aprile, sembra evidente la volontà del Consiglio Direttivo di attendere giugno. Nonostante i dati sulla crescita confermino la stagnazione di fine 2023, le attese dei tagli anche in Eurozona sono state ridimensionate rispetto a gennaio, attestandosi per ora a meno di quattro. Cosa aspettarci dunque nelle prossime settimane? Alla luce dell’aggressivo repricing sull’entità dei tagli attesi per il 2024, il rischio sui tassi a breve termine entro due anni è rientrato, ma la vivacità dell’economia americana scoraggia l’attesa di tagli più aggressivi. Per le parti lunghe, in assenza di chiari segnali di rallentamento economico, difficilmente è lecito attendersi grosse sorprese positive, se non piccoli cali nei rendimenti verso il 4% per il Treasury americano e verso il 2,25% per il Bund, in caso di segnali incoraggianti sul fronte inflazione. Il pericolo più serio per la parte a medio e lungo termine della curva dei rendimenti è rappresentato dalle speculazioni attorno al livello di R-star, ovvero il tasso di equilibrio naturale che si collega al punto di arrivo terminale. Questi dubbi sugli equilibri, e quindi i tassi di lungo periodo, continuano a giustificare una volatilità storicamente elevata nei tassi a lunga scadenza.Per il mercato azionario è più verosimile immaginarsi un po’ di rotazione settoriale, magari dalla tecnologia al resto degli indici e forse sull’healthcare. Aprile è il mese che segna l’inizio della stagione degli utili e che potrebbe tenere i mercati in un training range in attesa di indicazioni sulle prospettive degli utili societari. Allo stesso tempo, oro e dollaro americano rimangono dei validi alleati per navigare questa fase grazie alla diversificazione che possono offrire, anche a fronte della componente geopolitica sempre complicata da anticipare.

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T. Rowe Price: I mercati emergenti si preparano a un anno di tagli dei tassi d’interesse

Posted by fidest press agency su mercoledì, 3 aprile 2024

A cura di Chris Kushlis, Chief of China and Emerging Markets Macro Strategy, T. Rowe Price. Cosa ha in serbo il 2024 per i mercati emergenti? Dopo una performance abbastanza solida nel 2023, inizialmente potremmo assistere a una certa flessione, dato che i mercati stanno attualmente scontando uno scenario di atterraggio morbido. Ma tutto questo, ovviamente, non è garantito e l’evoluzione del contesto globale nei prossimi mesi avrà importanti implicazioni per il sentiment relativo agli asset dei mercati emergenti.L’inflazione è scesa rapidamente, considerando che gli shock sul fronte dell’offerta, causati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, sono stati in gran parte risolti. Nell’Europa centrale e orientale, l’inflazione continua a scendere, mentre in Asia, dove i problemi correlati all’inflazione non erano in genere così sostanziali, i prezzi di base sono tornati ai loro minimi storici. In America Latina, dopo una rapida decelerazione, alcuni segnali mostrano che i prezzi di base stanno facendo i conti con una certa resistenza, ma occorrono ulteriori dati per verificare che si tratti di un trend. Tuttavia, in generale, i progressi compiuti nella riduzione dell’inflazione indicano che la strada è sgombra per ulteriori tagli dei tassi d’interesse. Le banche centrali dei mercati emergenti stanno anticipando i Paesi sviluppati in questa svolta del ciclo dei tassi d’interesse. Abbiamo già assistito a tagli in un gruppetto di Paesi dell’America Latina e dell’Europa centrale e orientale e ci aspettiamo che questa tendenza prosegua nel 2024, estendendosi ad altri Paesi in via di sviluppo. Sembra che gli ostacoli in grado di bloccare i tagli delle banche centrali dei mercati emergenti siano pochi, soprattutto perché anche la Federal Reserve appare propensa ad avviare l’allentamento. Ciò riduce potenzialmente il tasso minimo d’interesse per le banche centrali emergenti e dovrebbe contribuire ad attenuare i timori di un taglio troppo anticipato rispetto ai mercati sviluppati, col rischio di un’instabilità valutaria. È improbabile che la Cina agisca da motore della crescita per i mercati emergenti. (Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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PGIM Fixed Income: Mentre le grandi potenze si sfidano, i mercati emergenti vincono

Posted by fidest press agency su giovedì, 28 marzo 2024

A cura di: Cathy Hepworth, Head of Emerging Markets Debt di PGIM Fixed Income. Il mondo sta subendo una rapida trasformazione a causa dell’inasprirsi della competizione tra le grandi potenze: gli Stati Uniti e i loro rivali, soprattutto la Cina. In generale, i mercati emergenti sono destinati a svolgere un ruolo centrale sulla scena mondiale, in quanto le dinamiche globali spingono le principali potenze a compiere tentativi – soprattutto economici e finanziari – per attrarre queste economie e gli stati in bilico sul fronte geopolitico nelle rispettive sfere di influenza attraverso incentivi positivi come prestiti agevolati, finanziamenti per le infrastrutture, partnership per la supply chain e alleanze tecnologiche. Gli investitori, tuttavia, non dovrebbero considerare i mercati emergenti come un gruppo uniforme. Essi coprono un ampio spettro in termini di geografia, sviluppo e grado di resilienza. Ciò crea un insieme di opportunità diversificate per i portafogli. Una combinazione oculata di esposizioni ai mercati emergenti potrebbe generare performance interessanti. L’opportunità migliore sembra essere rappresentata dai titoli di Stato dei mercati emergenti in valuta forte, ossia obbligazioni governative emesse da paesi emergenti in valute stabili come il dollaro. Mentre i mercati emergenti continuano a normalizzarsi dopo lo shock pluriennale, le loro economie rimangono resistenti e le esigenze di finanziamento saranno gestibili. Sulla base dei rendimenti attuali, i rendimenti dei titoli di Stato dei mercati emergenti in valuta forte sono già interessanti. Anche un lieve restringimento degli spread potrebbe portare i loro rendimenti totali a due cifre, mentre i rendimenti dei titoli di Stato dei mercati sviluppati “core” sono in calo. Per restringimento dello spread si intende la riduzione della differenza di rendimento tra due obbligazioni di pari scadenza ma di diversa qualità creditizia. In un contesto di inflazione in calo, crescita economica moderata e allentamento della politica monetaria della Federal Reserve, è probabile che gli spread tra le obbligazioni investment grade dei mercati sviluppati di qualità superiore e quelle high yield più rischiose dei mercati emergenti si restringano. A livello regionale, esistono opportunità in Europa centrale, America Latina e Asia. Anche i Paesi in default – tra cui Zambia, Ghana e Sri Lanka – sono incentivati a ristrutturare. Ciò può contribuire a rendere sostenibile la dinamica del debito e, nel tempo, ad apportare nuovi capitali per aiutare le economie a crescere. I rendimenti post ristrutturazione possono essere positivi anche per gli investitori. Altri cambiamenti strutturali che hanno un impatto positivo sui segmenti dei mercati emergenti sono la riduzione della dipendenza della supply chain dalla Cina e la prospettiva di un aumento degli investimenti esteri diretti in altri mercati emergenti. Le obbligazioni societarie dei mercati emergenti con rating BB e BBB, in paesi come l’India e il Messico, che stanno registrando una forte crescita e beneficiano di questo allontanamento dalla Cina, presentano un certo valore. Il friendshoring – una pratica in crescita in cui le reti della catena di approvvigionamento si concentrano su alleati politici ed economici – potrebbe anche avvantaggiare i Paesi già ben collegati alle filiere commerciali esistenti e probabilmente continuerà ad attrarre investimenti dai partner attuali.

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T. Rowe Price: Mercati, tornerà uno scenario Goldilocks?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 27 marzo 2024

A cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price. Il rendimento dei Treasury decennali ha toccato il 5% a fine ottobre per poi scendere al 4,1% a fine gennaio. Nello stesso periodo, il rendimento del decennale tedesco è calato al 2,3% da quasi il 3%. Gli asset rischiosi, sotto pressione quando i rendimenti erano in rialzo, hanno registrato un incremento in risposta al rally dei titoli di Stato. Approfondire le cause del rally sul mercato obbligazionario dovrebbe aiutarci a comprendere le implicazioni per l’economia globale e per le banche centrali di tutto il mondo. E, di conseguenza, il probabile percorso degli asset rischiosi in futuro. La svendita delle obbligazioni nel terzo trimestre è stata in gran parte guidata dal timore che la combinazione di elevati fabbisogni di finanziamento pubblici e quantitative tightening (la riduzione dei portafogli di obbligazioni sovrane delle banche centrali) avrebbe alimentato una dinamica ribassista. Si temeva inoltre che la persistente inflazione nel settore dei servizi impedisse alle banche centrali di tagliare i tassi. Due importanti sviluppi hanno prodotto un mutamento dello scenario: in primo luogo, in risposta alle pressioni sul mercato obbligazionario, il Tesoro USA ha rallentato il ritmo d’incremento delle emissioni trimestrali di debito a lungo termine mentre la Fed ha indicato la possibilità di modificare il proprio orientamento politico in una direzione più favorevole al mercato. In secondo luogo, un aspetto altrettanto importante: i dati sull’inflazione, più deboli del previsto, hanno rafforzato la percezione che la Fed disponesse dello spazio politico necessario per far fronte alle svendite sul mercato obbligazionario. In vista di un’economia “Goldilocks”, i rischi si celano nell’ombra. Nonostante il cambio di rotta della Fed, i mercati potrebbero rimanifestare i timori di ottobre connessi alle problematiche dell’offerta obbligazionaria. L’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti potrebbe alimentare ulteriormente questo timore, qualora il mercato prevedesse che la prossima amministrazione americana torni a un atteggiamento fiscale espansionistico. Questo rischio sarà però probabilmente compensato dal rallentamento del tapering nell’ambito del bilancio della Fed.È importante non perdere di vista i pericoli, ma, nel breve termine, riteniamo che la probabile combinazione di politica più accomodante delle banche centrali, inflazione che si sta ridimensionando e marginale miglioramento della crescita, ci manterrà su un percorso positivo. (Abstract fonte: http://www.verinieassociati.com)

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J. SAFRA SARASIN: La domanda di oro dei mercati emergenti rimarrà probabilmente fondamentale

Posted by fidest press agency su domenica, 24 marzo 2024

A cura di Claudio Wewel, FX Strategist di J. Safra Sarasin. L’improvvisa impennata dell’oro verso un nuovo massimo storico ha destato un po’ di sorpresa, data la mancanza di un’evidente causa scatenante. Recentemente, l’oro è passato da poco più di 2.000 dollari a quasi 2.200 dollari l’oncia, pur rimanendo sostanzialmente al di sotto del suo massimo storico in termini reali. Naturalmente, il moderato calo dei rendimenti reali spiega in parte la performance dell’anno in corso. Ma il movimento sembra fuori misura. Sebbene sia stata stretta per molti anni, la correlazione dell’oro con i rendimenti reali si è allentata negli ultimi due anni. All’inizio del 2022, la forte impennata dei rendimenti globali ha aperto un divario sostanziale tra il rendimento dei TIPS statunitensi a 10 anni e l’oro.Gli acquisti di oro dello scorso anno confermano questa idea. Il World Gold Council (WGC) indica la Cina come il principale acquirente di oro nel 2023. Inoltre, gli acquisti di oro da parte delle banche centrali sono aumentati notevolmente nel complesso. Riteniamo che questi acquisti facciano parte di un maggiore sforzo per ridurre la dipendenza politica dal dollaro USA, per il quale il congelamento degli asset russi in dollari all’inizio della guerra in Ucraina ha probabilmente agito da importante catalizzatore. In sostanza, l’aumento della domanda istituzionale ha creato una ” central bank put ” che protegge l’oro dagli alti livelli di rendimento reale prevalenti. A differenza della Cina, le dinamiche macro dell’India continuano ad essere forti, con una crescita del PIL superiore al 6% nel 2023. Data l’importanza del mercato indiano per la domanda di gioielli, riteniamo che le dinamiche di crescita dell’India dovrebbero trasformarsi in un driver strutturale sempre più importante per il prezzo dell’oro. Mettendo insieme questi elementi, ci aspettiamo che l’aumento della domanda strutturale dei mercati emergenti sostenga l’oro a livelli elevati per tutto l’anno. Tuttavia, nel breve termine è giustificata una certa cautela, dato che il metallo appare eccessivamente acquistato da un punto di vista tattico.(Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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Panoramica dei mercati globali: Giappone e tecnologia in testa

Posted by fidest press agency su sabato, 23 marzo 2024

A cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management. A febbraio, le azioni hanno sovraperformato le obbligazioni di un margine considerevole: le azioni sono state spinte in alto dai solidi risultati trimestrali societari, mentre i mercati del reddito fisso sono stati turbati dall’inaspettata forza dei dati sull’inflazione. L’indice MSCI World ha guadagnato quasi il 5% in valuta locale. I titoli di Stato statunitensi e dell’eurozona hanno perso complessivamente circa il 2%. Tra i mercati più performanti ritroviamo le azioni giapponesi. Il Nikkei ha superato il suo massimo del 1989 e ha registrato un aumento del 17,5% rispetto all’anno precedente; anche l’indice Topix ha chiuso a un livello record. Negli ultimi mesi, i mercati azionari giapponesi hanno attratto investimenti per svariati motivi, tra cui un continuo miglioramento della corporate governance e un deprezzamento dello yen che ha potenziato gli utili delle sue aziende esportatrici quotate. Sono aumentati anche i flussi verso i mercati giapponesi, poiché gli investitori esteri si sono allontanati dalla Cina, dove le tensioni geopolitiche sino-americane e il calo dei prezzi degli immobili hanno colpito i prezzi delle azioni. Un altro dei punti di forza dei mercati azionari è stato il settore tecnologico. L’indice tecnologico Nasdaq ha toccato un massimo nell’ultimo giorno di negoziazione del mese di febbraio, con investitori incoraggiati da sorprendenti risultati trimestrali da parte di una serie di aziende tecnologiche, tra cui il produttore di chip Nvidia, che ha affermato come la domanda di Intelligenza Artificiale ha contribuito a incrementare i suoi ricavi di quasi il 250% su base annua. (Abstract fonte Il Gruppo Pictet)

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Mercati finanziari globali: performance azionarie positive in USA, Europa e Giappone

Posted by fidest press agency su giovedì, 21 marzo 2024

A cura di Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management. Febbraio si è confermato un mese molto positivo per i mercati finanziari con performance azionarie generose pari al 5% in America, 7,5% in Europa e 10% in Giappone, sostenute da fondamentali forti, specialmente negli Stati Uniti, e buoni risultati societari, in particolare delle aziende del settore tech.Le obbligazioni hanno subito una correzione per le stesse ragioni macroeconomiche e per la conseguente retorica attendista dei banchieri centrali senza però contagiare le asset class rischiose, come invece era accaduto in autunno. I rendimenti a due anni dei Treasury, ad esempio, sono saliti di circa mezzo punto e di 35 punti base sul decennale. Movimenti che sono però in buona parte rientrati nelle prime settimane di marzo.La compostezza dei mercati si deve anche alla seguente lettura delle nuove informazioni su ciclo e politica monetaria: da un lato, la forza dell’economia è considerata in parte temporanea, dato che alcuni fattori di sostegno andranno esaurendosi nel corso dei prossimi mesi; dall’altro, sia la Fed che la BCE hanno di fatto confermato la disponibilità ad inaugurare il ciclo ribassista dei tassi, anche se hanno chiesto altro tempo per iniziarlo, subordinandolo ad una maggiore convinzione sul processo di disinflazione. Questo viene in qualche modo ricondotto a una maggiore stabilizzazione dei salari e, quindi, del mercato del lavoro che sembra ormai in atto. Per quanto riguarda l’Europa, probabilmente assisteremo anche ad una stabilizzazione dei profitti. I peggiori timori di stagflazione, stile 2022, sembrano lontani e il mercato sembra al momento prettamente concentrato a ricalibrare il timing dei tagli nei tassi di interesse. Ad oggi, per il 2024 sono prezzati tre tagli negli Stati Uniti, in linea con quanto dichiarato dalla Federal Reserve a dicembre, mentre quattro per la BCE. In linea con le attese del mercato, anche noi ci aspettiamo il primo taglio a giugno fondamentalmente da parte di entrambe le principali banche centrali. Tuttavia, c’è il rischio che la Fed abbassi a solo due tagli le sue previsioni nella prossima riunione del 20 marzo. Una questione di non facile interpretazione sarà definire il punto d’arrivo terminale, elemento che richiede la comprensione di quale scenario economico, tecnologico e geopolitico prenderà forma dopo che si poserà la polvere di questo ciclo economico post-pandemico. Ormai sono sempre meno i dubbi sul fatto che stiamo superando la fase critica e sono pochi quelli nel mercato che ancora dubitano del processo disinflattivo. La maggior parte abbraccia ormai lo scenario di soft landing. I dubbi residui riguardano principalmente il punto di equilibrio dei tassi di interesse reali e nominali nel lungo periodo. Nella migliore delle ipotesi, un trading range nelle obbligazioni o ulteriori piccoli cali nei rendimenti, verso il 4% nel decennale americano e il 2,25% nel Bund tedesco, qualora i dati sull’inflazione confermino il trend discendente. In questo caso la performance azionaria potrebbe vedere un po’ di rotazione settoriale dalla tecnologia al resto degli indici e forse anche all’healthcare. In uno scenario meno propizio non si può escludere una correzione leggermente più pronunciata degli indici azionari che, dopotutto, vengono da molte settimane di risalita: dai minimi di ottobre, infatti, il recupero delle borse dei paesi sviluppati va dal 20% europeo al 30% del Giappone. Mentre si è registrato solo un 12% nei mercati emergenti. Ma, in questo caso, le obbligazioni dovrebbero poter offrire un po’ di protezione al portafoglio, così come il dollaro dopo il recente indebolimento a ridosso del 1,10.In generale, le correlazioni tra le due principali attività finanziarie, azioni e obbligazioni, mostrano segni di miglioramento, ovvero un andamento giornaliero più contrapposto, contribuendo alla stabilizzazione di un portafoglio multi-asset. Questo rappresenta certamente un segnale incoraggiante, ma per poter contare su una piena normalizzazione occorrerà, a nostro avviso, lasciarsi alle spalle definitivamente questo ciclo economico particolare. Infine, Bitcoin e oro, protagonisti rispettivamente a febbraio e a marzo, rappresentano a nostro giudizio dei segnali appena preoccupanti che vi possa essere qualche eccesso di euforia nel mercato. In ogni caso, le prospettive di performance nel medio termine e per l’anno in corso restano promettenti, con rendimenti previsti tra il 5% e il 10% per le strategie bilanciate. Abstract by Gruppo Pictet)

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Prospettive per i mercati globali: tassi d’interesse, crescita e mercati finanziari

Posted by fidest press agency su venerdì, 15 marzo 2024

A cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments. L’occupazione elevata e l’assenza di una contrazione significativa dell’economia hanno eliminato le pressioni sulle banche centrali affinché taglino quanto prima i tassi d’interesse in seguito al calo dell’inflazione complessiva. Le autorità monetarie potranno attendere che l’inflazione dei salari scenda al 3-4%, un livello in linea con i loro obiettivi di inflazione di lungo termine del 2%. Riteniamo che negli Stati Uniti l’inflazione salariale abbia già raggiunto questi livelli e che quindi, quando arriveranno i prossimi dati, la Federal Reserve sarà la prima a tagliare i tassi. Anche la Banca centrale europea dovrebbe potersi aspettare notizie migliori sui salari prima della prossima riunione di giugno. La Bank of England, invece, dovrà attendere ancora, considerando che l’inflazione salariale rimane elevata nonostante il netto calo dell’inflazione complessiva dei prezzi al consumo. Qualche mese di ritardo prima dell’inizio dei tagli dei tassi potrebbe non avere molta importanza per i mercati e i consumatori se i tassi d’interesse a lungo termine inizieranno a diminuire in previsione di un ciclo prolungato di tagli. Continuiamo a prevedere una ripresa della crescita economica e a valutare positivamentele obbligazioni; la combinazione di tagli dei tassi e crescita economica sosterrà anche i guadagni del mercato azionario.

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Inflazione: quasi un italiano su tre ha perso la fiducia nei mercati

Posted by fidest press agency su giovedì, 14 marzo 2024

L’attualità, si sa, è legata a doppio filo con l’andamento dei mercati internazionali che, nel corso degli ultimi tre anni, hanno vissuto periodi di forte volatilità in corrispondenza prima della pandemia, poi dell’invasione russa in Ucraina e, infine, della crisi in Medioriente. La stragrande maggioranza degli intervistati ammette di aver seguito con profonda (54%) o almeno leggera (41%) preoccupazione gli avvenimenti internazionali degli ultimi anni, che sono stati vissuti con distacco solo dal 5% del campione. I più sensibili al tema si rivelano essere i GenX (cioè i nati tra il 1965 e il 1980) e le donne, che si dichiarano preoccupate nel 76% dei casi contro il 52% degli uomini.A prescindere dalle percezioni, quello che è certo è che le tensioni geopolitiche, con la conseguente impennata dei prezzi delle materie prime, hanno contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, influenzando anche le abitudini di spesa delle famiglie italiane.All’atto pratico, la maggioranza del campione ha adattato le proprie scelte di investimento al nuovo contesto, aumentando la diversificazione del portafoglio (30%), riducendo l’esposizione a settori specifici (10%) o il livello di rischio generale (8%) e, in alcuni casi, arrivando a disinvestire (12%). Non sembra, invece, aver perso rilevanza l’attenzione alla sostenibilità, che è rimasta un tema importante (57%) o è diventata ancora più centrale (31%) per la maggior parte dei rispondenti.Una spinta decisiva all’investimento viene dall’educazione finanziaria: la maggior parte del campione (34%) ammette di aver iniziato a investire solo dopo essersi adeguatamente documentata, il 28% dopo aver messo dei risparmi da parte e soltanto il 17% ha cominciato al raggiungimento della maggiore età. Un segnale positivo di consapevolezza è sicuramente rappresentato dal fatto che l’82% del campione ritiene fondamentale diversificare i propri investimenti; solo il 15% dichiara di adottare un unico strumento finanziario, mentre l’85% ne adotta almeno due (il 18% addirittura più di cinque). Il livello di educazione finanziaria degli intervistati si riflette anche sulla scelta dell’orizzonte temporale da adottare per i propri investimenti: una media generale di 6 anni, nello specifico chi opta per 5 anni (36%) e chi (31%) per 10. Purtroppo, anche in materia di educazione finanziaria sembra esserci un “gender gap”: gli uomini ritengono la diversificazione fondamentale nel 21% in più dei casi rispetto alle donne e nel 24% in più dei casi adottano un orizzonte temporale superiore ai cinque anni. I risultati del sondaggio evidenziano, infine, il ruolo determinante che gioca la tecnologia negli investimenti: il 21% del campione afferma di aver iniziato a investire grazie al Fintech, mentre il 42% ritiene utili gli automatismi di risparmio disponibili nell’app Gimme5. Guardando al futuro, gli intervistati si dicono interessati ad accedere a strumenti di analisi degli investimenti sempre più sofisticati (46%), a maggiori opzioni d’investimento (45%) e ad approfondimenti di educazione finanziaria (27%).

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