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T. Rowe Price – Accordo sul tetto del debito Usa: è solo l’inizio

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

A cura di Scott Solomon, Co-Portfolio Manager T. Rowe Price Dynamic Global Bond Strategy, T. Rowe Price. Il tetto del debito statunitense approvato dal Congresso degli Stati Uniti ammonta a 31.400 miliardi di dollari. Attualmente, gli Stati Uniti hanno esaurito la “disponibilità” e il conto bancario (il bilancio generale del Tesoro) si sta esaurendo. “Data X” è il termine utilizzato per indicare il momento in cui il bilancio generale del Tesoro raggiungerà lo zero. Tuttavia, è difficile prevedere il momento esatto in cui ciò avverrà. Anche se l’accordo proposto venisse approvato, i rischi di mercato permangono. La preoccupazione principale è ricostituire il bilancio generale del Tesoro, cosa che gli Stati Uniti intendono realizzare aumentando il saldo a 550 miliardi di dollari entro la fine di giugno. Storicamente, per ogni dollaro utilizzato per riempire il bilancio generale del Tesoro, 80 centesimi provengono dalle riserve bancarie statunitensi. Tuttavia, le turbolenze del settore bancario a marzo hanno rivelato che le riserve bancarie sono molto limitate. Se le riserve bancarie finissero per essere utilizzate per finanziare l’emissione di titoli del Tesoro, ciò potrebbe tradursi in un maggiore stress per il sistema.In uno scenario di inflazione più bassa, la soluzione sarebbe semplice: la Fed potrebbe semplicemente tagliare i tassi. Tuttavia, poiché la Fed sta cercando di controllare l’inflazione, è tenuta a muoversi con cautela. Se il sistema bancario dovesse subire ulteriori tensioni, prevediamo che il mercato obbligazionario spingerà la Fed ad agire e a ridurre i tassi. Un altro scenario possibile è che la storia non si ripeta e che il bilancio generale del Tesoro possa essere finanziato dai fondi del mercato monetario. Tuttavia, ciò avverrà solo se i rendimenti del Tesoro statunitense saranno sufficienti a compensare i gestori del mercato monetario che attualmente investono in alternative a più alto rendimento tramite la Fed Reverse Repo Facility. In questo scenario, è probabile che gli asset di rischio, così come le azioni e le obbligazioni delle banche statunitensi, registrino buone performance. Pertanto, per il prossimo mese circa, bisognerà osservare le riserve bancarie per orientare il posizionamento sul mercato. A meno che non si verifichi un vero e proprio default, non prevediamo che le agenzie abbassino il rating del credito statunitense. Tuttavia, se tale evento dovesse verificarsi, l’impatto maggiore sarebbe avvertito dalle banche statunitensi, in quanto i loro rating finirebbero indirettamente sotto pressione. In caso di effettivo default, il valore dei titoli di stato statunitensi tenderà ad aumentare, provocando un calo dei rendimenti e un aumento dei prezzi dell’oro. È molto probabile che ciò si estenda anche alle obbligazioni di altre entità sovrane, come i Bund tedeschi e i titoli di stato giapponesi. Inoltre, il valore del dollaro statunitense potrebbe diminuire. Inizialmente, potremmo assistere a un ritorno a correlazioni più tradizionali per gli investitori del reddito fisso, in cui i prezzi delle obbligazioni si muovono inversamente agli asset di rischio. Tuttavia, man mano che ci avvicineremo al 2024 e ci lasceremo alle spalle le conseguenze dei negoziati sul tetto del debito, gli investitori obbligazionari potrebbero richiedere rendimenti più elevati, dato che le emissioni di obbligazioni sovrane supereranno le aspettative a causa dell’aumento della spesa fiscale a livello mondiale.

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Le piccole banche USA sono dei colossi negli immobili commerciali, ma i rischi sistemici sono bassi

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

Commento a cura di Karsten Junius, Chief Economist di Banca J. Safra Sarasin. I fallimenti di SVB e Signature Bank hanno alimentato le preoccupazioni per le banche più piccole e per la stabilità finanziaria in generale. In particolare, l’esposizione delle banche regionali al settore immobiliare commerciale ha riportato alla memoria la crisi finanziaria del 2008. Tuttavia, questi timori sembrano esagerati. Anche se l’immobiliare commerciale come asset class continua a presentare rischi di ribasso, a nostro avviso, non è potenzialmente in grado di far deragliare la stabilità del sistema finanziario.Le piccole banche statunitensi sono importanti soggetti nel settore immobiliare commerciale degli Stati Uniti. Sebbene rappresentino solo un terzo del totale delle attività bancarie statunitensi e del totale dei prestiti immobiliari residenziali degli Stati Uniti, sono piuttosto rilevanti quando si tratta di immobili commerciali. Oggi detengono nei loro bilanci la quota record del 70% dei prestiti per immobili commerciali erogati da banche statunitensi, dopo una significativa e costante espansione dell’attività di prestito negli ultimi anni. L’importo totale dei prestiti per immobili commerciali nei bilanci delle piccole banche è più che raddoppiato nell’ultimo decennio, raggiungendo oggi i 2.000 miliardi di dollari, lasciando alle piccole banche circa il 45% dell’intero mercato dei mutui per immobili commerciali (prestiti bancari + prestiti non bancari), del calibro di 4.500 miliardi di dollari.Con i prestiti per immobili commerciali che ora rappresentano il 28% degli asset totali delle piccole banche e un considerevole 280% del loro patrimonio netto, sono aumentati i timori per le ricadute sistemiche di un calo dei prezzi degli immobili commerciali. Tuttavia, anche se i singoli istituti potrebbero dover sopportare delle perdite, riteniamo che ci siano diverse ragioni per cui la situazione attuale non è assolutamente paragonabile alla crisi finanziaria globale del 2007/2008:Innanzitutto, le dimensioni. All’apice della crisi finanziaria globale, le dimensioni del mercato dei mutui erano cresciute fino a circa 11.000 miliardi di dollari, pari a un impressionante 75% del PIL del 2007. Oggi, le dimensioni del mercato dei mutui per immobili commerciali sono inferiori al 18% del PIL.In secondo luogo, l’esposizione. Come già accennato, l’entità dei prestiti per immobili commerciali nei bilanci delle banche regionali è pari a circa 2,8 volte il loro patrimonio netto. Sebbene si tratti di una cifra elevata, è un’inezia rispetto alle dimensioni dei prestiti immobiliari nel 2007. Le grandi banche, che all’epoca erano la parte più esposta del sistema finanziario, avevano in bilancio prestiti immobiliari residenziali pari a oltre 4 volte il loro patrimonio netto.Terzo, non tutti i segmenti dell’immobiliare commerciale sono uguali. Il settore degli uffici è di gran lunga il più vulnerabile del mercato degli immobili commerciali e l’unico in sofferenza. Negli Stati Uniti non è solo esposto alle forze cicliche e all’aumento dei tassi, ma si trova anche nel bel mezzo di un cambiamento strutturale post-COVID, che ha spinto i tassi di sfitto a livelli record. Altri segmenti del mercato degli immobili commerciali sembrano molto meno vulnerabili al raffreddamento dell’economia e all’aumento dei tassi. Poiché gli immobili ad uso ufficio rappresentano solo il 18% del totale dei prestiti per immobili commerciali negli Stati Uniti, il problema diventa molto più circoscritto e più piccolo di quanto non sembri a prima vista.Quarto, la gestione del rischio è stata molto più prudente nei prestiti per immobili commerciali di quanto non lo fosse nel settore immobiliare residenziale prima della crisi finanziaria globale. Se i mutui al 100% del rapporto prestito/valore non erano rari prima della crisi finanziaria globale, oggi il rapporto prestito/valore massimo offerto dagli istituti di credito per immobili commerciali è del 75%, con rapporti prestito/valore medi più vicini al 50%. Di conseguenza, i prezzi dovrebbero scendere molto di più rispetto al 2007/08 prima che le perdite si concretizzino.Pertanto, anche in uno scenario di forte stress, i rischi dovrebbero essere gestibili. Per fare un esempio, circa il 20% dei 2.000 miliardi di dollari di prestiti per immobili commerciali presenti nei bilanci delle piccole banche è costituito da prestiti per uffici, di cui circa il 25% è in scadenza nei prossimi 12 mesi, ossia 100 miliardi di dollari. Ipotizzando un rapporto prestito/valore del 75% su questi mutui e un calo del 50% dei prezzi degli uffici, con i mutuatari inadempienti sull’80% di questi prestiti, il danno potenziale per le piccole banche ammonterebbe a circa 20 miliardi di dollari, ovvero il 3% del loro patrimonio netto totale. Anche se l’80% di tutti i mutui per uffici presenti nei bilanci delle piccole banche venisse colpito dallo scenario sopradescritto, la perdita salirebbe solo al 12% del patrimonio netto, il che sembra ancora gestibile.Dunque, sebbene alcuni istituti possano essere colpiti più gravemente di altri e le condizioni di prestito siano destinate a inasprirsi ulteriormente, una crisi sistemica è improbabile. Riteniamo addirittura che sia un vantaggio per le autorità di regolamentazione che i rischi siano concentrati nelle piccole banche piuttosto che negli istituti più grandi. In questo modo dovrebbe essere più facile per loro agire con rapidità e forza nel circoscrivere e risolvere la situazione degli istituti di credito in sofferenza, come hanno dimostrato con SVB e Signature Bank.

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USA: Segnali economici contrastanti

Posted by fidest press agency su mercoledì, 31 Maggio 2023

By Christophe Nagy, Gestore del fondo Comgest Growth America di Comgest. In concomitanza con il periodo di pubblicazione degli utili del primo trimestre, il mercato azionario statunitense si mantiene all’interno del range. I segnali di un raffreddamento dell’economia, dai deboli dati sui noli all’aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione, sono numerosi. Nonostante ciò, la spesa per consumi non cede e le aree di criticità si limitano agli investimenti aziendali. I timori di marzo riguardanti le banche regionali sembrano sotto controllo, grazie al forte impegno delle autorità di regolamentazione statunitensi per garantire tutti i depositi. Questa situazione costituirà comunque un piccolo freno al credito bancario e quindi all’attività economica. Microsoft, la nostra posizione più solida, ha registrato un incremento dei ricavi del 10% nel primo trimestre del 2023, trainata dalla crescita sostenuta della linea di business Azure, che registra un’espansione del 31% su base annua a cambi costanti. Office 365 rimane il secondo pilastro che sostiene la crescita della società, con un incremento dell’11% degli utenti e un aumento del rapporto prezzo/mix del 7% a cambi costanti. L’integrazione dell’intelligenza artificiale in molti prodotti Microsoft è appena iniziata e dovrebbe accrescere ulteriormente l’attrattiva delle sue offerte. Nel primo trimestre i ricavi di Visa sono aumentati del 13% a cambi costanti, grazie a una ripresa del 24% delle attività transfrontaliere. Johnson & Johnson ha registrato ricavi migliori del previsto sia nella divisione farmaceutica che in quella della tecnologia medica, con tassi di crescita organica rispettivamente del 5% e 6%.

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RBC BlueBay – Stallo sul tetto del debito: USA sull’orlo del default?

Posted by fidest press agency su sabato, 27 Maggio 2023

A cura di Andrzej Skiba, Head of BlueBay U.S. Fixed Income, RBC BlueBay. Ritengo che l’idea di un default degli Stati Uniti sia difficile da immaginare. Tuttavia, è vero che nell’attuale contesto politico polarizzato potrebbero verificarsi incidenti di percorso. Sottolineiamo tuttavia che, anche se lo stallo dovesse spingere il mercato dei Treasury USA oltre il limite, ci aspettiamo una rapida risoluzione della crisi. Ciò non significa, tuttavia, che non ci sarebbero conseguenze in caso di mancato pagamento di una cedola o di un buono del Tesoro non pagato nei tempi. Oltre agli ovvi effetti di un improvviso inasprimento delle condizioni finanziarie, il rischio di declassamenti multipli del rating, la vendita forzata dai portafogli sensibili al rating, la potenziale necessità di sostituire o aumentare le garanzie per i contratti derivati e la perdita di fiducia nella supremazia dei titoli di Stato USA sono solo alcune delle conseguenze che si potrebbero prevedere in uno scenario avverso. Non ci sono però solo cattive notizie. L’esperienza acquisita dai precedenti stalli suggerisce che le condizioni di mercato tornano alla normalità abbastanza rapidamente dopo eventi traumatici. Vale anche la pena ricordare che i problemi di un titolo specifico non si estendono ad altri titoli emessi dal Tesoro, vale a dire che non esiste un cross-default (a differenza di quanto avviene per le società). Infine, questa volta il settore del mercato monetario è più preparato: la maggior parte dei gestori ha evitato che i T-bills scendessero intorno al punto previsto in cui gli Stati Uniti esauriscono la liquidità e la struttura di reverse repo della Fed ha permesso di ottenere abbondante liquidità in un momento in cui il settore potrebbe sperimentare una maggiore volatilità nei flussi degli investitori.

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Scontro sul tetto del debito USA: c’è qualcosa di nuovo?

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 Maggio 2023

A cura di Edward Al-Hussainy, Senior Interest Rate Analyst di Columbia Threadneedle Investments. Un tempo l’innalzamento del tetto del debito era considerato un “non-evento”. Da quando il tetto è stato istituito nel 1917, il Congresso ha aumentato il limite di indebitamento decine di volte senza incidenti. Ma di recente, in particolare nel 2011 e nel 2013, le battaglie sul tetto del debito hanno portato al primo declassamento del rating creditizio degli Stati Uniti. Questo ci ha costretto a considerare l’impensabile: che la prima economia del mondo possa andare in default sul proprio debito. Sebbene l’esperienza di investire in diverse crisi ci abbia insegnato molto, siamo anche consapevoli che non esistono due crisi – e nemmeno due crisi del tetto del debito – uguali. Pertanto, sebbene il 2011 offra alcuni insegnamenti utili, vediamo due importanti differenze con l’attuale situazione di stallo. La prima differenza è il contesto dei tassi di interesse. Nel 2011 il tasso sui Fed funds era pari a zero, e lo era già da diversi anni. Oggi siamo nel bel mezzo di un forte rialzo che ha visto il tasso sui Fed funds passare dallo 0% al 4,75% in meno di un anno. Data la differenza tra i tassi di base, non ci aspettiamo che le oscillazioni di punti percentuali nei mercati stressati siano così grandi come nel 2011, ma potrebbero comunque essere grandi su base assoluta. Un’altra differenza è la fragilità della maggioranza repubblicana al Congresso. Dodici anni fa, i repubblicani detenevano una maggioranza solida e unita. Oggi hanno un margine sottile come un rasoio e piuttosto frammentato alla Camera. Nell’ambito della maratona per ottenere la presidenza della Camera, Kevin McCarthy ha dovuto fare numerose concessioni ai membri del suo partito, tra cui la clausola per cui ogni singolo membro della Camera può chiedere una mozione per lasciare la presidenza dello speaker in qualsiasi momento. Poiché alcuni degli stessi rappresentanti, che si sono opposti alla candidatura di McCarthy a presidente della Camera, sembrano aver tracciato una linea dura sull’innalzamento del tetto del debito, non possiamo trascurare la possibilità che uno di loro possa licenziare McCarthy se non soddisfatto del modo in cui procederanno i negoziati sul tema. Se questo dovesse accadere mentre il governo sta per esaurire le sue riserve, e non si riuscisse a trovare un accordo su un nuovo speaker (come accaduto per quattro giorni e 14 votazioni a gennaio), allora la Camera non sarebbe in grado di condurre nemmeno le attività più ordinarie, per non parlare dell’aumento del tetto del debito. Pertanto, nel peggiore dei casi, gli Stati Uniti potrebbero “incappare” in un default senza una Camera funzionante che lo impedisca. Tuttavia, restiamo convinti che, dopo una battaglia prolungata e un compromesso dell’ultima ora, il governo eviterà il default. Poiché riteniamo probabile che i mercati subiscano una notevole volatilità e dislocazioni dei prezzi prima del raggiungimento di un accordo sul tetto del debito, sarà indispensabile che i consulenti finanziari aiutino gli investitori a sviluppare strategie efficaci per superare le turbolenze del mercato che scaturiranno da queste tensioni nel breve periodo. (Abstract fonte: http://www.columbiathreadneedle.it)

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Somec: due commesse per 14 milioni di dollari negli USA

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 Maggio 2023

Somec S.p.A. (Euronext Milan: SOM), specializzata nell’ingegnerizzazione, produzione e messa in opera di progetti complessi chiavi in mano nell’ingegneria civile e navale, comunica che la controllata americana Fabbrica LLC si è aggiudicata nuovi ordini negli Stati Uniti per complessivi 13,8 milioni di dollari che verranno realizzati in collaborazione con la divisione di Somec Mestieri: progettazione e creazione di interior personalizzati, beneficiando così delle importanti sinergie favorite dall’appartenenza al gruppo.I contratti firmati riguardano due progetti distinti, commissionati da altrettanti noti brand internazionali del lusso.Il primo per data di consegna, prevista nel primo trimestre del 2024, è relativo alla fornitura di elementi di arredo e finiture di pregio destinati ad un headquarter, riprogettato di recente in chiave moderna ed iconica, in realizzazione a New York lungo una delle più famose strade della metropoli. Nel dettaglio, Mestieri curerà progettazione e produzione di una serie di elementi architettonici con performance certificate antifuoco per gli uffici del committente.Il secondo contratto, con installazione finale programmata per il secondo trimestre del 2024, riguarda un altrettanto prestigioso progetto architettonico che sarà realizzato a Miami, nel cuore del Design District. Mestieri curerà l’ingegnerizzazione e produzione degli elementi decorativi della nuova facciata. Oscar Marchetto, Presidente di Somec, sottolinea: “Il consolidato radicamento negli States della controllata americana Fabbrica ci consente di realizzare crescenti sinergie infragruppo, mettendo a fattor comune le peculiarità di ciascuna società e proiettandoci a nuovi obiettivi di business oltreoceano. Queste commesse per due brand iconici del lusso ne sono una testimonianza e confermano la nostra vocazione all’internazionalità oltre che la capacità di farci ambasciatori del miglior Made in Italy all’estero e negli Stati Uniti in particolare. Alla già consolidata presenza del Gruppo nel distretto di New York, da quest’anno anche tramite Mestieri USA Inc., stiamo affiancando un progressivo allargamento del nostro perimetro d’azione, guardando in particolare alla Florida e ad altre aree altamente ricettive in termini di design all’avanguardia, scelta dei materiali e lavorazioni artigianali uniche e di pregio”.

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Inflazione USA ai minimi da due anni

Posted by fidest press agency su domenica, 14 Maggio 2023

A cura di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager Moneyfarm. Da oltre un anno la banca centrale statunitense sta combattendo contro lo stesso nemico, l’inflazione. Nonostante gli ultimi dati di aprile segnalino una variazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa dello 0,4% su base mensile e del 4,9% su base annua, il dato più basso da aprile 2021, l’inflazione continua a rimanere alta e resiliente agli sforzi della Fed per cercare di normalizzarla. Dal canto suo la Fed, per il momento, non sembra intenzionata a invertire la sua politica monetaria restrittiva, come testimonia l’ultimo rialzo di 25 punti base deciso la scorsa settimana, il decimo consecutivo da marzo 2022, che ha portato i tassi tra il 5% e il 5,25%, il livello più alto mai raggiunto dal 2007. L’aggressività della politica monetaria statunitense ha sicuramente avuto un ruolo decisivo nella crisi che ha colpito il settore bancario durante il mese di marzo, prima con il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) e di Signature Bank, poi con il salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs e le tensioni vissute da Deutsche Bank e, infine, con l’acquisizione di First Republic Bank, la quattordicesima banca del sistema Usa, da parte di JP Morgan.Le pressioni sul sistema economico e bancario hanno spinto la Fed a lasciare aperta la porta a una possibile pausa nel ciclo di rialzi dei tassi e, nonostante il governatore Jerome Powell abbia più volte ribadito che la politica monetaria dipenderà dai dati, attualmente i mercati stanno puntando sul fatto che la Federal Reserve possa tornare a tagliare i tassi, per far fronte ad un rallentamento economico o a sviluppi più severi della crisi bancaria. Chi investe vede un trend molto marcato che potrebbe consentire alla Fed di rimuovere l’andamento dei prezzi dalle variabili da monitorare per determinare la sua politica monetaria, per lo meno nei prossimi mesi. Questa prospettiva favorisce indubbiamente l’azionario e altre asset class rischiose, supportate dalla cosiddetta “Fed put”, e al contempo mette anche un tetto al possibile livello che i tassi d’interesse possono raggiungere in un contesto di inflazione in calo e politica monetaria alla fine del tunnel. (fonte: http://www.moneyfarm.com)

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Nasce Confassociazioni USA

Posted by fidest press agency su domenica, 14 Maggio 2023

Confassociazioni, l’organismo che promuove e sostiene le associazioni professionali in Italia e nel mondo, ha annunciato la recente apertura di una branch negli Stati Uniti, che si aggiunge alle delegazioni estere già attive in Regno Unito, Spagna, Emirati Arabi Uniti e Canada. La presidenza di Confassociazioni USA è stata affidata a Carmelo Cutuli che, nel corso dell’incontro con la stampa, ha presentato le attività, la missione e gli obiettivi della nuova delegazione: “Confassociazioni USA – ha dichiarato il Presidente Cutuli – si impegna a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle relazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti, promuovendo iniziative congiunte, collaborazioni e scambi tra le rispettive comunità professionali. Abbiamo già delegati in Texas, Arizona, Illinois e Washington DC. Stiamo ricevendo numerose disponibilità anche in altri Stati e stiamo attivando interlocuzioni con le maggiori organizzazioni in rappresentanza della comunità italo-americana, che oggi conta oltre 26 milioni di cittadini americani di discendenza italiana”. Esperto di relazioni esterne ed istituzionali con esperienza internazionale, Cutuli ha una lunga e consolidata esperienza nei rapporti tra l’Italia e gli Stati Uniti, in particolare quelli che riguardano la comunità italoamericana. Ha ricoperto ruoli di vertice in diverse organizzazioni non profit americane ed è stato membro del board di una delle storiche camere di commercio italoamericane. Nel 2019 è stato incaricato dall’Order Sons and Daughters of Italy in America dei rapporti con la madrepatria ed ha fondato la prima unità territoriale sul territorio italiano sin dalla sua costituzione, a New York nel 1905. Cutuli è inoltre autore del recente “Vincenzo Sellaro e i Figli d’Italia in America” che a partire dalla storia del Dottor Vincenzo Sellaro, emigrato siciliano in America alla fine del 19esimo secolo, offre uno spaccato della condizione degli italiani nel periodo della grande emigrazione. L’incontro, moderato dal direttore di Radio Parlamentare, Cristina Del Tutto, ha visto gli interventi di Stefano Potortì, Consigliere Delegato per il Coordinamento delle Strutture Internazionali e Presidente di Confassociazioni UK, dell’On. Christian Di Sanzo, deputato eletto nella circoscrizione Nord America, di Gianni Lattanzio, Presidente di Confassociazioni International ed in collegamento dagli Stati Uniti di Salvo Bonanno, esperto di marketing internazionale e Vicepresidente di Confassociazioni USA, in collegamento da Chicago, e della delegata per l’Arizona Clarissa Burt, in collegamento da Phoenix.

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Commento Comgest: Azionario USA

Posted by fidest press agency su venerdì, 12 Maggio 2023

Christophe Nagy, Gestore del fondo Comgest Growth America di Comgest. L’indice S&P 500 ha guadagnato il 7.4% in USD dall’inizio dell’anno, sostenuto dall’ottimismo degli investitori circa l’approssimarsi della fine dell’attuale ciclo di rialzi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve statunitense. Come normalmente avviene, l’inasprimento monetario ha messo sotto pressione le istituzioni finanziarie più vulnerabili: “È solo quando la marea si ritira che si scopre chi sta nuotando nudo”, come ama dire scherzando Warren Buffet. Questa volta, la pressione ha rivelato la fragilità nascosta delle banche intermedie Silicon Valley Bank e Signature Bank, che non erano soggette ai requisiti di capitale stringenti delle banche di maggiori dimensioni. Una mediocre gestione del rischio ha generato una crisi di liquidità, anche se il pronto intervento del governo USA ha impedito che il contagio si propagasse ad altre banche regionali. Tutti questi elementi suggeriscono che la Federal Reserve stia adottando un approccio “attendista”. Microsoft è all’avanguardia della rivoluzione dell’intelligenza artificiale (IA) generativa, grazie alla collaborazione con OpenAI, lo sviluppatore del chatbot AI ChatGPT. Dall’inizio dell’anno, Microsoft ha introdotto questa tecnologia avanzata nelle sue varie piattaforme, tra cui il suo motore di ricerca (Bing AI), la suite Office 365 (Copilot) e i servizi cloud di Azure (Azure OpenAI Service). Questi nuovi servizi sono pensati per consentire significativi guadagni di produttività ai clienti e dovrebbero espandere la quota della spesa informatica globale, pari a 1.000 miliardi di dollari USA, detenuta da Microsoft. Nel quarto trimestre Apple è riuscita a incrementare i ricavi (rettificati per gli effetti valutari), nonostante i notevoli problemi sul fronte della catena di approvvigionamento. La base installata della società ha superato i due miliardi di dispositivi attivi, ovvero il doppio della base installata di sette anni fa e il nuovo record storico in tutte le principali categorie di prodotti. Inoltre, i servizi Apple hanno registrato una crescita a doppia cifra (rettificata per gli effetti valutari), sostenuta da quasi un miliardo di abbonamenti a pagamento. Meta Platforms ha rafforzato l’iniziativa “Anno dell’efficienza”, comunicando il previsto taglio di altri 10.000 posti di lavoro a marzo, dopo il licenziamento di 11.000 dipendenti e la riduzione delle spese in conto capitale annunciati l’anno scorso. I tagli sono generalizzati in quanto comprendono le attività legate alla realtà virtuale e aumentata di Meta e hanno alimentato la fiducia degli investitori nel rigore finanziario della società. Contemporaneamente, i legislatori stanno discutendo pubblicamente se vietare o imporre la vendita del suo principale concorrente, TikTok, negli Stati Uniti. Preferiamo investire in società versatili, in grado di affrontare diverse fasi di mercato, che prevediamo possano generare una crescita degli utili a lungo termine e, di conseguenza, sostenere l’apprezzamento del titolo.

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Inflazione USA: leggero calo, più marcato nella parte “supercore”

Posted by fidest press agency su venerdì, 12 Maggio 2023

A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte. nflazione USA di aprile leggermente sotto le attese sia in termini generali sia core, ma soprattutto con un sensibile calo della componente cosiddetta supercore (al netto cioè degli affitti oltre che di alimentari ed energia) passata da 5,8 a 5,1% a/a e, per la prima volta da settembre 2022, sotto l’inflazione core. Ad alimentare il ridimensionamento della supercore soprattutto il rallentamento della componente medical care. La componente affitti (che rappresenta oltre il 30% dell’intero paniere) inizia a dare qualche primo timido segnale di rallentamento in termini mensili soprattutto grazie al calo di alcune componenti collegate agli affitti al di fuori dell’abitazione principale. Complessivamente si tratta di un andamento che riduce le pressioni sulla Fed su ulteriori rialzi dei tassi a giugno e luglio Allo stesso modo un dato che aumenta la percezione di un eccesso di aspettative di mercato sull’ipotesi di riduzione dei tassi entro fine anno, stimata in circa 100 pb Queste indicazioni consentono ai tassi US di ridurre nel breve termine il rialzo che aveva portato in pochi giorni il tasso decennale da 3,30% a 3,53% Sull’andamento odierno contribuisce anche la marcata riduzione dell’offerta di bond corporate Investment grade USA, dopo circa 28Mld$ emessi nei primi due giorni della settimana (tra cui 5,25Mld$ di Apple) prima del dato odierno Il flusso di emissioni potrebbe riprendere nei prossimi giorni, il che potrebbe temporaneamente riportare in alto i tassi con due livelli di resistenza chiave in area 3,55 e 3,65% In ottica secondo semestre rimane l’attesa di marcato calo dei tassi che sul comparto decennale potrebbe spingersi fino al 2/2,5% per fine anno in vista dell’attesa recessione US indotta dalla contrazione del credito e rispettivo calo della domanda di credito, come emerso dal recente Senior Loan Officer Opinion Survey pubblicato dalla FED Il supporto chiave da monitorare per ipotizzare l’inizio del calo ipotizzato è l’area 3,30% sul comparto decennale USA

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La stabilità del sistema bancario USA e EMU

Posted by fidest press agency su venerdì, 5 Maggio 2023

A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Il quarto elemento che potrà influenzare la congiuntura nel 2023 è la nuova potenziale instabilità finanziaria messa in luce dalla recente crisi delle banche americane. Ci siamo trovati all’improvviso in una nuova crisi del sistema bancario, generata nella Silicon Valley, che di fatto ha generato una crisi di fiducia. Tuttavia, a seguito dello shock iniziale, la situazione ha ripreso rapidamente a normalizzarsi, sia a livello micro che macro, e il mercato sta assumendo un approccio più razionale, spostando il focus dal timore di un fallimento delle banche, e relativa sostenibilità delle stesse, a un problema di redditività e qualità del credito. Gli elementi da monitorare sono: l’andamento dei depositi e l’impatto che questo ha sulla redditività; l’erogazione dei prestiti e l’aumento della rischiosità del credito; il capitale e il rischio di nuova regolamentazione. Con l’aumento dei tassi di interesse c’è stato un forte deflusso a partire dal primo trimestre del 2022 che è proseguito nei trimestri successivi, ma che per la maggior parte delle banche è abbastanza sostenibile. Il deflusso è stato guidato dal fatto che i rendimenti che gli investitori possono ottenere sul mercato dei money market fund sono molto più elevati di quelli che offrono le banche sui depositi (intorno al 4,8% rispetto allo 0,9%). Le trimestrali mostrano oggi una divergenza tra banche grandi, che stanno guadagnando quote di mercato, e banche più piccole che stanno invece soffrendo. E questo ha indubbiamente un impatto sulla redditività, che potrebbe riversarsi anche sull’economia generando un nuovo credit crunch. La crisi bancaria del mese di marzo ha messo in evidenza le implicazioni e i rischi di una campagna di “tightening monetario” eccessivamente rapida ed aggressiva da parte delle banche centrali – 475 punti base di rialzi sull’orizzonte di un anno nel caso della Federal Reserve.

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Gli effetti di un mercato del lavoro USA surriscaldato

Posted by fidest press agency su venerdì, 5 Maggio 2023

A cura di Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Il Presidente della FED Powell aveva asserito, a fine 2022, che per la dinamica dell’inflazione sarebbe stato cruciale il mercato del lavoro. Mercato, quest’ultimo, soggetto a un disequilibrio tra domanda ed offerta aggravatosi col periodo pandemico. A marzo 2020 abbiamo osservato un crollo simmetrico dell’occupazione e della forza lavoro, dipesi principalmente da fattori sanitari. Se il recupero successivo dell’occupazione è risultato abbastanza in linea con le attese, quello dell’offerta di lavoro è stato invece estremamente lento. Al punto che oggi mancano all’appello 3 milioni e mezzo di lavoratori rispetto alla linea di tendenza: 2 milioni da attribuire a un eccesso di pensionamenti, un milione per il calo dell’immigrazione e 0,5 milioni a causa di decessi da COVID. Il risultato è un conseguente surriscaldamento del mercato del lavoro. Ancora oggi, nonostante un assestamento dei Job Openings, per ogni disoccupato c’è 1,7 posto di lavoro disponibile.La relazione tra salari e congestione del mercato del lavoro suggerisce che il rapporto tra posti vacanti e disoccupati (V/U) dovrebbe avvicinarsi a 1, affinché la dinamica salariale possa convergere verso il 3,5% (sostenibile anche secondo la Fed dato il target d’inflazione al 2% e il trend di produttività storico dell’1,5%). Ciò implicherebbe 4 milioni di vacancies in meno o di disoccupati in più (occupati sono 160 milioni, i disoccupati 6 milioni e le vacancies 10 milioni). Come superare un simile impasse? In uno dei seguenti tre modi (o una loro combinazione): tramite una riduzione della domanda da parte delle aziende; grazie a un aumento dell’offerta di lavoro; infine, la più dolorosa, attraverso una flessione dell’occupazione, che tuttavia appare molto poco probabile sulla base degli ultimi dati. La curva di Phillips (che correla inversamente tasso di disoccupazione e inflazione salariale) mostra un aumento salariale nel periodo della pandemia (quando aveva raggiunto aumenti nell’ordine dell’8%) che oggi si sta ricomponendo verso il basso, a beneficio dell’economia. Nonostante il tasso di disoccupazione sia a un minimo storico, la dinamica salariale si colloca al +4,2%, già molto ridimensionata rispetto ad un anno fa. Se questo aggiustamento prosegue, il mercato del lavoro tornerà in equilibrio senza grandi sacrifici occupazionali (recessione) anche grazie alla ripresa del flusso migratorio. D’altro canto, la discesa dell’inflazione è più rapida rispetto alla riduzione dei salari; abbiamo quindi dei salari reali che stanno crescendo mentre la produttività persiste in zona -2%, mettendo sotto pressione i margini.

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PIMCO: Dibattito sul tetto del debito USA: analisi dei rischi per la data X

Posted by fidest press agency su domenica, 30 aprile 2023

A cura di Libby Cantrill, Managing Director, Public Policy, Jerome Schneider, Portfolio Manager e Tiffany Wilding, US Economist di PIMCO. Un accordo sul tetto del debito rimane il nostro scenario base – con probabilità elevate – il che significa che, sebbene sia possibile un default tecnico (come accade ogni volta che il Congresso è obbligato ad aumentare il tetto del debito del Paese), riteniamo che tale esito catastrofico sarà evitato proprio perché il default sarebbe catastrofico, non solo per i mercati e l’economia, ma anche a livello politico.Anche se siamo fiduciosi che una risoluzione avverrà prima della scadenza del tetto del debito, i tempi e la modalità sono ancora da vedere. Se il passato è prologo, crediamo che ciò avverrà il più tardi possibile, ma prima che sia troppo tardi, e solo dopo un braccio di ferro.I probabili dettagli di un accordo potrebbero consistere in 1) sospensione o innalzamento totale del tetto del debito, idealmente in modo da spostare la prossima scadenza oltre le elezioni del novembre 2024; 2) l’inclusione di una qualche forma di revisione alla legge sulle autorizzazioni energetiche che il Presidente Biden ha sostenuto l’anno scorso – ma che non è mai stata presentata – che aiuterebbe anche il senatore democratico più vulnerabile, Joe Manchin, che è in corsa per la rielezione nel 2024; 3) il recupero dei fondi destinati alla pandemia da COVID-19 non utilizzati; e 4) l’eventuale creazione di una commissione sul debito per esaminare le parti più complesse e rilevanti del crescente debito degli Stati Uniti, vale a dire i diritti civili. Potrebbero essere in discussione anche il ripristino del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo o l’imposizione di tetti alla spesa. Anche se riteniamo molto improbabile un default del debito statunitense, se questo dovesse verificarsi, i pagamenti degli interessi e delle scadenze potrebbero subire ritardi. Sebbene siano circolate voci secondo cui il Tesoro potrebbe dare priorità ai pagamenti dei titoli obbligazionari rispetto ad altri esborsi, come ad esempio la previdenza sociale, il Tesoro non ha confermato pubblicamente questa eventualità e ci sono dubbi sulla sua capacità operativa di farlo.Data la struttura a sconto dei T-bill (sono emessi a un prezzo scontato e scadono alla pari), è probabile che agli investitori in T-bill non vengano pagati in tempo gli interessi maturati a causa dei pagamenti ritardati rispetto alle scadenze, e i rendimenti netti impliciti sarebbero inferiori a quelli originariamente previsti. Poiché le scadenze dei T-bill sono tipicamente una parte importante delle strategie di gestione della liquidità di individui e aziende, un pagamento ritardato potrebbe avere effetti a cascata su altri pagamenti del settore privato.Certo, in caso di default tecnico, la Federal Reserve potrebbe tentare di intervenire, acquistando i T-bill in default e scambiando il collaterale buono con quello cattivo. Tuttavia, la Fed non sarebbe in grado di rimediare all’ampio deficit fiscale se il Tesoro smettesse di assolvere alle spese per la previdenza sociale e altri pagamenti, che ammontano a oltre 100 miliardi di dollari al mese. Anche in questo caso, non ci aspettiamo un default, ma una risoluzione che avverrà il più tardi possibile, ma prima che sia troppo tardi, e molto probabilmente si assisterà a una certa volatilità del mercato prima di tale evento. Ad esempio, negli ultimi dodici anni la performance media dell’S&P 500 da massimo a minimo nel mese precedente la risoluzione del tetto del debito è stata di circa -6,5%, anche se in parte è stata determinata da altri fattori, tra cui la crisi del debito europeo nel 2011. Sebbene la performance del mercato azionario abbia solitamente ritracciato dopo una risoluzione, potremmo comunque assistere a un impatto persistente sui mercati anche dopo un accordo sul tetto del debito.Infine, suggeriamo agli investitori di tenere d’occhio i costi e le condizioni della liquidità anche dopo un accordo sul tetto del debito. Il Tesoro cercherà probabilmente di ricostituire le sue riserve di cassa, che continueranno ad essere usate in previsione della data X, e dovremmo aspettarci che l’offerta di T-bill aumenti in modo sostanziale – forse di 1.000 miliardi di dollari o più – dopo un accordo. Questa significativa emissione toglierà dal mercato la liquidità in eccesso prima della fine dell’anno. Anche se una parte ragionevole di questa liquidità sarà compensata da una riduzione del saldo RRP della Fed, potrebbero esserci implicazioni per i costi più ampi di finanziamento e liquidità nei mercati dei capitali.

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PIMCO: Commento a seguito del rapporto sul PIL USA

Posted by fidest press agency su sabato, 29 aprile 2023

A cura di Tiffany Wilding, US Economist di PIMCO. Cosa è successo? Il Prodotto Interno Lordo (PIL) reale del primo trimestre degli Stati Uniti ha deluso le aspettative, a causa di una diminuzione delle scorte superiore al previsto e di un’inflazione leggermente più elevata. Il PIL reale è cresciuto dell’1,1% trimestre su trimestre su base annua destagionalizzata (q/q saar), deludendo le aspettative e risultando significativamente inferiore alle stime di monitoraggio del PIL di inizio trimestre. La domanda interna finale per l’intero trimestre si è attestata al 2,4% q/q saar, ma gran parte di questo dato sembra essere dovuto a una domanda più forte in gennaio ed è stato compensato da una sorprendente debolezza nel quarto trimestre, suggerendo alcune distorsioni stagionali residue. Al di là dei fattori di disturbo, sembra che la domanda interna privata si aggiri intorno all’1%, con uno slancio che si è affievolito con l’avanzare del trimestre. Osserveremo i dettagli nell’andamento sequenziale mensile del rapporto di oggi sulle spese per consumi personali (PCE); tuttavia, nel complesso riteniamo che il rapporto sul PIL di ieri sia coerente con l’affievolimento dell’economia dopo un forte inizio dell’anno. Cosa dobbiamo aspettarci? Sebbene l’economia statunitense sia partita con forza all’inizio del 2023, lo slancio sembra essersi affievolito alla fine del trimestre. Ciò, insieme agli ulteriori venti contrari derivanti dalle tensioni nel settore bancario, fa sì che le nostre previsioni sul PIL reale del 2023 si attestino allo 0% nel quarto trimestre rispetto al quarto trimestre 2022 (Q4/Q4). Tuttavia, il percorso verso una modesta recessione sarà probabilmente volatile. Il sorprendente calo delle scorte nel 1° trimestre ha innalzato meccanicamente la nostra previsione per il 2° trimestre all’1,2% q/q saar, nonostante la nostra aspettativa di una decelerazione della domanda interna finale privata a circa lo 0,7% q/q saar nel 2° trimestre rispetto al 2,9% q/q saar nel 1° trimestre. In conclusione, il rapporto non ha modificato le nostre previsioni di una lieve recessione a partire dalla fine dell’anno.

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Obbligazionario Usa: come sfruttare l’attuale volatilità?

Posted by fidest press agency su giovedì, 27 aprile 2023

A cura di Natalie Trevithick, responsabile delle strategie US Investment Grade Corporate di Payden & Rygel. Nei primi mesi del 2023, la volatilità sul mercato del reddito fisso Usa, in particolare quello dei titoli di Stato, è stata sorprendente: in gennaio, nonostante le parole da falco di Jerome Powell, i tassi hanno continuato a scendere fino all’annuncio dei dati sull’occupazione Usa che, con un aumento di 500.000 nuove assunzioni, li hanno fatti schizzare nuovamente alle stelle, con il Treasury a due anni che ha toccato il 5%, per arrivare poi, in marzo, a un crollo di oltre cento punti base a causa della crisi bancaria. Ovviamente, non bisogna sottovalutare i rischi: anzitutto il fatto che la Fed possa aumentare i tassi d’interesse più del previsto, erodendo i rendimenti; un secondo rischio potrebbe essere l’allargamento degli spread, che quest’anno sono aumentati di 20 punti base, ma hanno recuperato circa la metà dell’allargamento rispetto ai massimi toccati durante la crisi bancaria di marzo. Qualora si entrasse in una recessione, gli spread aumenterebbero, anche se le aziende dovrebbero comunque essere ben posizionate e non dovrebbero quindi esserci rischi di perdite in conto capitale o di mancato pagamento delle cedole, ma solo una certa volatilità da un mese all’altro. Un’eventuale recessione, con un conseguente taglio dei tassi da parte della Fed e un calo dei rendimenti dei Treasury, potrebbe avere un risvolto positivo, portando all’aumento dei prezzi delle obbligazioni, ma potrebbe anche determinare l’allargamento degli spread creditizi. Tuttavia, nel lungo periodo, gli investitori obbligazionari sarebbero probabilmente premiati con rendimenti positivi. Nonostante l’attuale incertezza, sembra quindi che i tassi di interesse abbiano raggiunto il loro picco massimo e che i Treasury a 10 anni siano destinati a tornare al 3%, o anche meno, nei prossimi anni. Dal momento che i prezzi delle obbligazioni si muovono inversamente rispetto ai tassi d’interesse, riteniamo che nel 2023 i mercati obbligazionari registreranno probabilmente rendimenti positivi e le società statunitensi saranno ben posizionate, anche se non sono da escludere possibili sorprese lungo il percorso.Per quanto riguarda le obbligazioni corporate, le società statunitensi sono in genere diventate più convenienti ed è rintracciabile valore soprattutto in alcuni settori storicamente più difensivi, tra cui i servizi di pubblica utilità, le comunicazioni e la sanità. È comunque consigliabile effettuare un’attenta analisi bottom-up per identificare le società che possono sovraperformare in base alle prospettive macroeconomiche, basandosi sul rapporto diretto con il management e sui progetti futuri, come ad esempio fusioni, acquisizioni o spin-off e sull’impatto che questi potrebbero avere sugli investitori.Rispetto ai cartolarizzati, riteniamo vi siano alcune opportunità nell’ambito dei titoli Asset backed Securities, con alcune tranche AAA diventate piuttosto economiche, mentre siamo più cauti sul mercato dei CLOs. Il mercato dei Treasury statunitensi è più interessante di quanto non sia stato da molto tempo ed è il rifugio ideale per chi ritiene che i titoli azionari siano sopravvalutati e che sia previsto un loro calo in caso di recessione. Un’altra area su cui si concentrano i nostri analisti sono i mercati emergenti, di cui è bene conoscere aspetti politici e socio-economici, perché, sebbene abbiano dei rischi idiosincratici, sono diventati più convenienti e presentano un interessante valore relativo corretto per il rischio, in particolare all’interno di un fondo comune ben diversificato.In conclusione, con l’inflazione che sembra essere in via di attenuazione (anche se ci vorrà del tempo perché questo possa riflettersi nei dati), per gli investitori è il momento giusto per non essere eccessivamente difensivi e non perdere occasioni di rendimento, cogliendo le opportunità che le obbligazioni offrono per la parte stabile di un portafoglio ben diversificato e prestando la massima attenzione alle variabili macroeconomiche e alla gestione del rischio. (Abstract)

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“GAM: Quali prospettive per gli USA nel secondo trimestre?”

Posted by fidest press agency su domenica, 23 aprile 2023

A cura di David Dowsett, Global Head of Investments di GAM Investments. Le ultime proiezioni del FMI indicano una crescita in graduale calo per gli Stati Uniti. La preoccupazione principale è rappresentata dagli effetti economici a medio termine della crisi delle banche regionali. I prestiti delle banche commerciali sono diminuiti in modo significativo. Le banche stanno riducendo l’offerta di liquidità e di credito, conservando più capitale per sé. Bisogna aspettarsi che questo fenomeno si diffonda nell’economia interna USA nel secondo trimestre di quest’anno. I rendimenti restano interessanti nei mercati del reddito fisso e l’esperto intravede opportunità nei mercati diversi da quello americano; l’attesa è quella di mercati positivi, ma non privi di volatilità. Altri aspetti su cui concentrarsi negli Stati Uniti, sia dal punto di vista politico che economico, sono l’Inflation Reduction Act e il CHIPS and Science Act, ovverosia politiche industriali dirigiste. È possibile che non si sia compreso appieno l’effetto di questi disegni di legge sul mercato del lavoro statunitense. A quanto pare, alcuni Paesi europei stanno spostando la produzione negli Stati Uniti per beneficiare dei sussidi associati all’Inflation Reduction Act. Si può affermare che queste politiche sono importanti per continuare a sostenere la crescita statunitense e forse spiegano il forte risultato del primo trimestre di quest’anno e potrebbero continuare a ripercuotersi anche sul mercato del lavoro. In sintesi, ci troviamo in un contesto migliore rispetto all’anno scorso e nel complesso ci aspettiamo che i mercati registrino un andamento relativamente positivo. I rendimenti restano interessanti nei mercati del reddito fisso e vediamo opportunità nei mercati diversi da quello americano. Continueremo a investire in un contesto di inasprimento monetario cumulativo che persiste da 18 mesi, chi non ha provveduto ad accantonare sufficienti capitali o utilizza una leva finanziaria eccessiva potrebbe subire conseguenze dirette. Di conseguenza, ci aspettiamo mercati positivi, ma non privi di volatilità. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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Inflazione USA: il mercato obbligazionario statunitense si sta sbagliando di nuovo?

Posted by fidest press agency su giovedì, 20 aprile 2023

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. Milano. Mercoledì 12 aprile, dopo la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo USA e dei verbali della riunione del FOMC di marzo, i tassi statunitensi hanno registrato un’impennata e gli investitori hanno rilanciato la scommessa di una Fed prossima a terminare il ciclo di rialzi dei tassi. Occorre tuttavia precisare che l’inflazione (CPI) ‘headline’ di marzo è sì risultata leggermente più debole del previsto, ma l’indicatore ‘core’ (escluse le componenti alimentare ed energetica) è comunque salito dello 0,4% su base mensile e del 5,6% su base annua: alla luce di questi dati, a nostro avviso, è quindi probabile che la Fed effettui nuovi rialzi a maggio e, forse, anche a giugno.Riteniamo inoltre possibile che alla fine del 2023 i tassi di interesse overnight siano ben al di sopra dei livelli impliciti nei futures obbligazionari. Questo perché, in primo luogo, alcune categorie di beni i cui prezzi sono scesi a marzo probabilmente risaliranno nel corso dell’anno: ad esempio, i prezzi dei veicoli usati sono scesi a marzo secondo i dati del BLS, ma dai numeri delle vendite emerge come siano aumentati a partire dall’autunno. Potrebbe ripetersi lo stesso schema del 2022, quando il CPI core sembrò rallentare a marzo per poi risalire nei mesi primaverili ed estivi, con conseguenti scosse sul mercato obbligazionario. In secondo luogo, anche se l’inflazione core si dovesse mantenere a un tasso mensile dello 0,4% per il resto del 2023, finiremmo l’anno con una lettura del 5% circa su base annua, decisamente troppo alta per la Fed. Le variazioni mensili dovrebbero infatti decelerare in modo molto più deciso (ad esempio dello 0,1% o dello 0,2%). Da ultimo, anche il CPI mediano della Fed di Cleveland, a nostro avviso il miglior indicatore dell’inflazione ‘core’, ha registrato una variazione dello 0,4% mese su mese a marzo e, cosa peggiore, è aumentato del 7,1% su base annua: la Fed ha quindi ancora molto lavoro da fare per contenere l’inflazione sottostante.In effetti, i verbali del FOMC di marzo pubblicati mercoledì 12 aprile hanno evidenziato come i responsabili delle politiche monetarie ritengano l’inflazione ancora “inaccettabilmente alta”, una valutazione che dubitiamo sia cambiata dopo la pubblicazione del CPI di marzo. Da notare come la parola “banche” sia apparsa 46 volte nei verbali della riunione di marzo, contro le sole due volte di febbraio, segnalando la chiara preoccupazione dei policymaker che, in assenza della crisi bancaria, “avrebbero considerato appropriato un aumento di 50 punti base dell’intervallo target”. La crisi bancaria presenta sicuramente rischi negativi per la crescita (gli economisti della Fed hanno previsto “una lieve recessione a partire dalla fine dell’anno”, secondo i verbali), ma sembra troppo presto per valutarne l’entità con certezza. Inoltre, i policymaker sono favorevoli a un rallentamento della crescita, con la maggior parte di essi probabilmente disposta a sopportare una recessione, se questo significa tornare prima alla stabilità dei prezzi.Dunque, in base agli ultimi dati, entro la fine dell’anno l’inflazione sarà probabilmente ancora troppo elevata per giustificare i tagli dei tassi attualmente prezzati per il 2023 dal mercato obbligazionario, che alla luce della crisi bancaria, sta scommettendo su un rapido rallentamento della crescita e dell’inflazione.

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Amchor IS – Eurozona e USA: prospettive migliori del previsto

Posted by fidest press agency su domenica, 16 aprile 2023

A cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor. La domanda ricorrente che ci si pone in questi giorni è se sia possibile che, a seguito di quanto accaduto nelle ultime settimane nel settore bancario, le condizioni finanziarie si inaspriscano abbastanza da generare una recessione negli Stati Uniti e/o in Europa. Sembrerebbe improbabile, principalmente per due motivi. In primo luogo, perché la situazione attuale è caratterizzata da fondamentali nettamente più solidi rispetto a quelli che prevalevano all’alba della crisi finanziaria globale: banche molto meglio capitalizzate e con indici di liquidità nettamente più elevati, bilanci delle famiglie e delle imprese non finanziarie notevolmente più solidi, assenza di squilibri rilevanti dal lato dell’offerta nell’area dell’euro, assenza di squilibri dal lato dell’offerta nell’economia reale. In secondo luogo, le autorità non solo dispongono di un arsenale di strumenti per la fornitura di liquidità molto più ampio rispetto al 2008, ma anche la loro disponibilità a utilizzarlo è significativamente maggiore. In questo caso, anche se non si possono escludere incidenti, il nostro scenario per gli Stati Uniti e l’Eurozona rimane sostanzialmente lo stesso: i tassi d’interesse rimarranno moderatamente elevati per molto tempo e questo permetterà di tenere sotto controllo l’inflazione senza generare una recessione. In termini più concreti, ciò che riteniamo più probabile per l’economia statunitense nei prossimi trimestri è che la Fed manterrà i tassi di interesse al livello attuale (o forse 25pb in più) almeno fino alla fine dell’anno, i salari e l’inflazione di fondo confermeranno un percorso di progressiva moderazione e, infine, una crescita economica positiva, anche se forse al di sotto del potenziale.Nel caso dell’Eurozona, il calo dei prezzi delle materie prime, l’accelerazione dei salari e la forte espansione fiscale agiscono come venti favorevoli per la domanda aggregata, costringeranno la Bce ad alzare i tassi due volte e a lasciarli fermi per parecchio tempo. In secondo luogo, una politica monetaria così moderatamente restrittiva da parte della Bce, insieme ad aspettative di inflazione ben radicate, aiuterà l’inflazione di fondo a raggiungere il picco prima dell’estate. Infine, la crescita rimarrà in territorio nettamente positivo e forse vicina al potenziale nel 2023, nel suo complesso. Al di fuori degli Stati Uniti e dell’Europa, quest’anno l’Asia emergente sarà di gran lunga la regione con la crescita economica più forte, con la Cina in forte ripresa dopo l’abbandono della politica zero Covid, insieme a India e Sud-est asiatico che mostrano prospettive nettamente favorevoli. Difficile prevedere quanto si restringeranno le condizioni di credito a seguito di quanto è accaduto (o potrebbe ancora accadere) nel settore bancario. Per questo motivo, nelle prossime settimane, sarà necessario essere particolarmente attenti alle variabili di natura finanziaria che possono aiutarci a individuare possibili fonti di tensione come i movimenti dei depositi bancari, l’utilizzo delle linee di liquidità delle banche, lo spread delle obbligazioni societarie le condizioni di prestito delle banche, i livelli di concessione del credito da parte delle banche o, ancora, i livelli di volatilità dei mercati. Ciò detto, questo episodio sarà molto probabilmente superabile senza grandi scossoni.

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Inflazione USA

Posted by fidest press agency su venerdì, 14 aprile 2023

A cura di Michele Morra, Portfolio Manager di Moneyfarm. I dati odierni sull’inflazione negli Stati Uniti sono un segnale incoraggiante dell’efficacia della stretta monetaria della Fed. Con un’inflazione al 5%, la più bassa da quasi due anni, cresce la possibilità che la banca centrale americana possa mettere in pausa i rialzi dei tassi.Se è vero che la Fed ha più spazio per reagire, un cambiamento della politica monetaria quando l’inflazione è ancora al 5% può incrementare la propensione al rischio dei mercati in un contesto in cui sono ancora alla ricerca di stabilità dopo la crisi bancaria. Il dato dell’inflazione ‘headline’ migliore del previsto riflette il calo dei prezzi dell’energia e l’allentamento delle catene di approvvigionamento, mentre l’inflazione ‘core’ continua a rimanere stabile, a un ritmo annualizzato vicino al 5,6%.

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Schroders: Recessione in vista negli USA, come ribilanciare il portafoglio?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 12 aprile 2023

A cura di Tina Fong, Strategist, Schroders. Sebbene l’economia statunitense appaia più resiliente di quanto previsto, le recenti turbolenze nel settore bancario hanno alimentato il dibattito sull’eventualità di un atterraggio morbido o di una recessione. Noi propendiamo per quest’ultima ipotesi e continuiamo a ritenere che quest’anno si verificherà una recessione, visto il ritmo sostenuto dell’inasprimento dei tassi della Federal Reserve. Le recessioni sono spesso caratterizzate da un crollo della crescita e da un calo dell’inflazione, che spingono i policymaker ad allentare la politica monetaria o fiscale, o spesso entrambe. Solitamente gli investitori cercano la sicurezza dei titoli di Stato e, in parte, delle obbligazioni societarie. Anche il dollaro viene percepito come bene rifugio durante le recessioni, in particolare quando il resto del mondo è più debole dell’economia statunitense. In confronto, l’azionario e le materie prime vengono colpite pesantemente dal crollo dell’attività economica. Sebbene l’azionario USA abbia quasi sempre toccato il fondo durante le recessioni, ha registrato un forte rimbalzo verso la fine del periodo. La ripresa dell’azionario è dovuta alla combinazione di valutazioni a buon mercato e aspettative di un futuro miglioramento dell’attività economica e degli utili societari grazie all’allentamento della politica della Fed. Se ci si limita a considerare gli scarsi rendimenti registrati durante le passate recessioni, gli investitori dovrebbero essere consapevoli di non poter perdere l’occasione di una rivalutazione del mercato.Con le azioni che vanno tipicamente in rosso durante le recessioni, i settori più difensivi negli Stati Uniti, come i beni di consumo e l’assistenza sanitaria, hanno registrato in media i rendimenti più elevati. Questo perché gli investitori hanno cercato le società che offrono una redditività superiore e bilanci solidi in periodi di stress economico. I peggiori risultati sono stati invece quelli delle small cap e dei titoli Value. Lo stile Value viene colpito dal calo dei tassi d’interesse in quanto è correlato positivamente con l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. Sebbene le small cap abbiano in genere rendimenti negativi durante le recessioni, si rivalutano fortemente verso la fine delle stesse. Sembra che gli investitori inizino a scontare la ripresa della redditività aziendale delle società più piccole, in quanto è più probabile che beneficino di una politica monetaria più accomodante rispetto alle controparti più grandi.Vale la pena sottolineare che questi risultati si basano sulle passate recessioni statunitensi e non tengono conto della Cina, che è il più grande consumatore di materie prime al mondo. Ad esempio, la Cina rappresenta la metà del consumo mondiale di rame ed è il secondo consumatore di petrolio. Con gli Stati Uniti che dovrebbero entrare in recessione nel corso dell’anno, è probabile che la crescita in Cina registri una forte ripresa grazie all’abolizione delle restrizioni della politica dello zero-Covid. Si prevede che la ripresa in Cina sia orientata verso i servizi, che potrebbero sostenere maggiormente il settore energetico e compensare in parte il potenziale freno di una recessione statunitense. Sebbene non vi siano garanzie sulla tempistica della recessione, ci aspettiamo che questa si verificherà nella seconda metà di quest’anno, il che potrebbe portare gli investitori a puntare innanzitutto sugli asset difensivi nei primi mesi della recessione. Ma non dovrebbero ignorare le opportunità che emergono quando il mercato si rivaluta e si prepara a passare alla fase successiva del ciclo. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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