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Posts Tagged ‘inflazione’

La BCE dovrebbe continuare la stretta monetaria per via di un’inflazione core ancora alta

Posted by fidest press agency su venerdì, 2 giugno 2023

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. La pressione inflattiva sull’Eurozona è scesa più rapidamente del previsto: l’inflazione complessiva è scesa al 6,1% contro il 6,3% previsto, mentre la componente core è scesa al 5,3%, contro le previsioni del 5,5%. Il rallentamento del dato principale è stato in gran parte determinato dal calo dei costi dell’energia, anche se è improbabile che questo impedisca alla Banca Centrale Europea di procedere con ulteriori aumenti dei tassi. La natura persistente dell’inflazione core potrebbe portare la BCE a protrarre il ciclo di rialzi, già di per sé senza precedenti, con un ulteriore aumento di 25 punti base tra due settimane, nonostante i segnali di rallentamento della crescita e il potenziale aumento delle pressioni sul sistema finanziario.Sebbene l’inflazione nell’Eurozona continui a essere in calo, è probabile che la BCE voglia cercare di avvicinarsi il più possibile al target del 2%. Al momento l’inasprimento della politica monetaria sta mettendo alla prova la resistenza delle famiglie e delle imprese dei 20 Stati membri, tant’è che mercoledì la BCE ha riconosciuto che questo inasprimento può far emergere una certa vulnerabilità nel sistema finanziario.

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Inflazione sempre in crescita. Governo assente spera nel nazionalismo…

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

Checché ne dica il Governo, sembra proprio che la nazione Italia, e lo spirito nazionalista di amor di patria, non esista. L’inflazione è sempre in crescita, anche in modo “irrazionale” rispetto all’andamento dei mercati di generi in forte calo (energetici che, invece al dettaglio sono a +20,5%). Situazione che fa crescere i prezzi del carrello della spesa dell’11,3%, mentre aumentano anche tutti gli altri beni e servizi che, ovviamente, sono condizionati dall’andamento dei prezzi energetici. La situazione dovrebbe far riflettere il nostro governo, ma sembra che così non sia. Anzi. Nei giorni scorsi la presidente Giorgia Meloni, intervenendo al convegno “Nazione e patria”, ha ricordato che i propri provvedimenti economici sono ispirati al fatto che l’essenza della natura umana contempla non un mondo fatto di individui separati, avidi ed egoisti, ma è costituito da soggetti collettivi coesi, generosi, consapevoli e aperti ad inserirsi nel più vasto contesto globale.E mentre i consumatori aspettano che questo afflato nazionalista e patriottico pervada gli animi di tutti i soggetti economici, perché contribuiscano al bene comune, siamo invece circondatio di “cattivi” individualisti che, nonostante i prezzi di prodotti base come gli energetici siano in calo su tutti i mercati internazionali, se ne fregano e aumentano i prezzi sì da compensare i profitti che in questi ultimi anni erano calati. Il governo, quindi, pensa a far tesoro ed esplicita la propria ideologia, mentre il resto del mondo va altrimenti. Il governo sta costruendo un proprio fortino ideologico nazionalista (sovranista come si dice oggi) piuttosto che ridurre i danni di un’economia che va male in tutto il mondo ma che, se qualche riduzione del danno è possibile, in Italia non viene applicata: invece di ridurre le tasse a tutti e non solo ad alcune categorie privilegiate, invece di farsi carico, per esempio, degli oneri fiscali delle bollette energetiche, il governo aspetta che lo spirito nazionalista porti tutti a sentirsi parte della patria e dimensionino i propri utili e guadagni al bene comune. Insomma una sorta di favoletta del secolo Novecento che, però, non dà solo soddisfazione a chi la declama ma crea danni economici a tutti. Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it

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L’inflazione in Europa ad aprile

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

Secondo la commissione europea, le previsioni sono comunque ottimistiche: i prezzi del gas si mantengono infatti stabili, per quanto gli effetti sul mercato energetico siano piuttosto vari tra i paesi membri. Si stima che per il 2023 l’inflazione annuale nell’Unione europea sarà del 6,7% mentre quella dell’area euro del 5,8%, per poi scendere rispettivamente al 3,1% e al 2,8% nel 2024.L’inflazione core invece sarà più persistente. Con questa espressione si intende la spinta dei prezzi di tutti quei prodotti che mostrano andamenti meno volatili e più stabili. Ad aprile 2023 continua però ad essere presente una spinta inflazionistica che pesa sugli acquisti delle famiglie riducendone il potere d’acquisto. Il paese che riporta il tasso maggiore è l’Ungheria con il 24,5%. Seguono la Lettonia (15%), la Repubblica Ceca (14,3%) e la Polonia (14%). Tassi minori invece in Spagna (3,8%), Belgio (3,3%) e Lussemburgo (2,7%). In Italia, l’inflazione è pari all’8,7%, superiore sia alla media dell’area euro che a quella dell’Unione. Fonte: fondazione openpolis

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Inflazione: Istat, maggio +7,6%

Posted by fidest press agency su giovedì, 1 giugno 2023

Secondo i dati provvisori di maggio resi noti oggi dall’Istat, l’inflazione annua sale al 7,6%, dall’8,2% del mese precedente. “Ottima notizia. L’inflazione rallenta. E’ positivo che dopo il rialzo di aprile, dovuto al ripristino degli oneri di sistema sulla luce e la gran parte di quelli sul gas, che aveva fatto schizzare i prezzi dei beni energetici, ora, grazie al crollo del prezzo del gas che si è verificato in questo mese nel mercato di Amsterdam, l’inflazione riprende il suo percorso virtuoso, tornando a scendere. Non è un caso che a decelerare siano stati soprattutto i beni energetici non regolamentati, visto che l’aggiornamento dei prezzi del mercato tutelato non è ancora scattato” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Naturalmente i problemi delle famiglie sono ben lungi dall’essere risolti. I prezzi, infatti, anche a maggio continuano a salire: + 0,3% su aprile 2023. Per una coppia con due figli, l’inflazione a +7,6% significa una stangata pari a 2257 euro su base annua, di questi ben 915 servono solo per far fronte ai rincari dell’11,9% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 2069 euro, 826 per mangiare e bere. In media per una famiglia la mazzata è di 1727 euro, 671 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con una batosta pari a 2540 euro, 1093 solo per nutrirsi e dissetarsi” conclude Dona.

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Scuola: Stipendi sotto l’inflazione

Posted by fidest press agency su martedì, 30 Maggio 2023

Tra alcuni giorni riprendere la trattativa per il rinnovo contrattuale del personale scolastico: giovedì 1° giugno all’Aran si discuterà sui criteri per assegnare gli ultimi 400 milioni al personale della scuola e altri 37,5 milioni per gli ordinamenti professionali per il personale Ata. Intanto, però, per docenti e Ata, scatta l’allarme povertà perché negli ultimi tre lustri, dal 2008 al 2023, i loro aumenti stipendiali hanno portato poco più del 10% di incrementi, risultando ad oggi il 20% sotto l’inflazione. “Tutte queste percentuali – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – per dimostrare che al personale della scuola mancano 300 euro in media mensili. E significa anche che il Governo deve sbloccare subito i 150 euro di indennità di vacanza contrattuale, prima della decisione della Corte Costituzionale. Nel frattempo il nostro sindacato continua a raccogliere ricorsi, lo hanno fatto già in migliaia, aderendo alla campagna di recupero dell’IVC prevista per legge e non per concessione governativa: la norma impugnata è, nello specifico, il comma 332 unitamente al comma 330 dell’articolo 1 della legge 197/2022”. Il presidente Marcello Pacifico, quindi, sollecita tutti i lavoratori della scuola a “presentare il modello di diffida per interrompere la prescrizione ed eventualmente, in caso di pronuncia positiva della Consulta, per poter ottenere quanto spettante. La quota era di oltre 100 euro al mese da giugno 2022, quindi stiamo parlando di almeno di 1.000 euro di arretrati e di 100 euro di aumento che in automatico dovrebbero essere pagati in busta paga, a fronte dei 10 euro sinora riconosciuti”. Secondo l’Anief, quando si parla di rinnovo del contratto della scuola bisogna partire da questi dati. Anief ricorda che l’indennità da assegnare in attesa del rinnovo del Ccnl dovrebbe essere per legge il 50% dell’aumento medio del costo della vita accertato e che quindi il sindacato continua a raccogliere adesioni per ottenere l’importante differenza attraverso appositi ricorsi.

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T. Rowe Price: Inflazione britannica destinata a restare elevata nel medio termine

Posted by fidest press agency su venerdì, 26 Maggio 2023

A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price. I dati sull’inflazione nel Regno Unito si sono rivelati più elevati di quanto previsto. Riteniamo che le attese del consensus sull’inflazione a lungo termine per l’area euro e il Regno Unito potrebbero iniziare a divergere per il resto dell’anno. Il motivo principale? La debolezza dell’offerta di lavoro e degli investimenti dopo la Brexit. Dato che i prezzi del gas stanno scendendo bruscamente, sia l’area euro che il Regno Unito sperimenteranno una disinflazione legata all’energia, oltre ai potenti effetti base dello scorso anno. Tuttavia, i fattori che determinano l’inflazione non sono solo i prezzi del gas. L’inflazione, in particolare quella dei servizi, è determinata anche dalla crescita dei salari locali, una funzione della domanda e dell’offerta sul mercato del lavoro. Questi costi del lavoro vengono poi trasmessi ai consumatori. Il prezzo del lavoro dipende dalla differenza tra la crescita dei salari e la crescita della produttività del lavoro. Vale a dire, quanto vengono pagati i dipendenti rispetto alla loro produzione. Affinché la BoE e la Bce raggiungano i loro obiettivi, questa differenza non dovrebbe superare il 2%.L’offerta di lavoro nel Regno Unito e nell’area euro è il principale fattore inflazionistico. Gli economisti sell-side stanno iniziando a comprendere l’idea che gli squilibri del lavoro sono più importanti del divario di disoccupazione nel determinare l’inflazione salariale. I dati indicano una chiara carenza di manodopera nel Regno Unito rispetto all’Eurozona, soprattutto nel settore dei servizi. Ciò si riflette anche in una percentuale maggiore di imprese britanniche che lamentano una carenza di manodopera rispetto all’area euro. Anche in questo caso, nel settore dei servizi. Questo ha portato a una crescita salariale più forte nel Regno Unito (6%-7%) rispetto all’area euro (4-5%). Nonostante la forza lavoro britannica sia pagata di più per unità di lavoro rispetto ai vicini dell’area euro, il lavoratore medio del Regno Unito produce meno. Ritengo che questo sia probabilmente il risultato di una crescita degli investimenti nel Regno Unito molto più debole dopo la Brexit, un’opinione sostenuta da molte aziende britanniche.Secondo l’opinione comune degli economisti, l’inflazione nel Regno Unito e nell’area dell’euro convergerà nuovamente verso il 2% entro il 2025. Guardando ai Gilt e ai Bund a 5 anni, questo è ciò che il mercato sta prezzando. Tuttavia, visti i problemi a lungo termine legati alla Brexit in materia di lavoro e investimenti, guardando avanti ritengo molto più probabile che l’inflazione del Regno Unito sorprenda al rialzo rispetto quella dell’area euro.

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Inflazione e disoccupazione rendono improbabile un taglio dei tassi nel 2023 da parte della Fed

Posted by fidest press agency su mercoledì, 24 Maggio 2023

Questa settimana i tassi di interesse sono saliti, in particolare nella parte anteriore delle curve di Stati Uniti, Regno Unito, Canada ed Europa, mentre gli investitori si sono confrontati con la realtà che le banche centrali potrebbero non soltanto essere lente a tagliare i tassi, ma alcune potrebbero addirittura proporre ulteriori rialzi. I dati economici incoraggiano un ripensamento del mercato obbligazionario, con le vendite al dettaglio statunitensi che hanno sorpreso al rialzo e l’inflazione canadese che è apparsa più solida di quanto sperato. Ma gli stessi banchieri centrali hanno anche pronunciato parole di cautela per gli operatori dei tassi.Il governatore della Banca d’Inghilterra Andrew Bailey ha avvertito che il Regno Unito è lontano dal suo obiettivo del 2%. Lorie Logan, membro votante del FOMC in qualità di Presidente della Fed di Dallas e precedentemente alla Fed di New York, temeva che il ritorno al 2% non avvenisse abbastanza rapidamente. Eppure, fino a poco tempo fa, i futures sulle obbligazioni statunitensi implicavano un punto percentuale di tagli entro gennaio 2024. Da quando la Fed ha iniziato a fissare esplicitamente l’obiettivo del tasso sui fed funds, non ha mai tagliato i tassi quando l’inflazione era così al di sopra del suo obiettivo. Inoltre, con il tasso di disoccupazione ben al di sotto delle stime del tasso naturale, continuiamo a ritenere altamente improbabile la prospettiva di tagli dei tassi nel 2023.

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L’inflazione nell’Eurozona rimane “appiccicosa”, ma le prospettive economiche sono solide

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 Maggio 2023

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. I dati sull’inflazione nell’Eurozona ad aprile si sono attestati al 7% su base annua, rispetto al 6,9% di marzo. L’inflazione core ha invece registrato il 5,6% su base annua, leggermente inferiore al 5,7% di marzo. La preoccupazione principale per la BCE è che l’impennata iniziale dei prezzi si sia ormai radicata nell’economia e abbia portato a un aumento delle richieste salariali, uno scenario in cui si sono già trovati paesi come il Regno Unito. Ciononostante, sul lato della crescita, le aspettative per l’economia europea rimangono relativamente positive: la crescita del PIL è ora prevista all’1,1% nel 2023 e all’1,6% nel 2024, riviste al rialzo soprattutto grazie al calo dei prezzi. L’inflazione complessiva, pur avendo dimostrato di non essere temporanea, è considerata ancora gestibile e la disoccupazione rimane ai minimi storici, non suggerendo una recessione imminente. Il punto critico rimarrà appunto l’inflazione core, che continua ad aumentare la pressione sulle famiglie, e contro la quale la BCE ha ribadito la guerra in corso, con i mercati che infatti al momento prezzano ancora circa due rialzi prima della fine dell’anno. Per ulteriori info si veda http://www.moneyfarm.com

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Inflazione cresce grazie al mercato libero dell’energia. Cambiare gestore!

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 Maggio 2023

I dati Istat di aprile sull’inflazione confermano grossomodo la stima preliminare: +0,4% su base mensile e +8,2% su base annua. Crescita dovuta soprattutto ai beni energetici non regolamentati (carburanti per gli autoveicoli, lubrificanti, combustibili per uso domestico non regolamentati ed energia elettrica mercato libero), + 26,6%.Infatti, le segnalazioni che ci arrivano da vari utenti del mercato libero sono di aumenti notevoli. E da luglio ci aspettiamo il peggio, dopo che il governo ha prorogato al 30 giugno la sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti in essere. Sembrava che l’inflazione stesse lentamente riassorbendosi, ma era una sensazione legata solo al prezzo delle materie prime (energetiche essenzialmente), ché quando poi questi cali si riversano sul mercato, quest’ultimo agisce con logiche diverse. Abbiamo avuto l’esempio sulla pasta che, nonostante i prezzi del frumento siano in calo, non solo i prezzi al dettaglio sono aumentati, ma il governo ha colto occasione per trasformare il problema in propaganda, paventando un suo intervento risolutivo quando invece non può fare assolutamente niente.I gestori del mercato libero dell’energia hanno colto la palla al balzo e, incuranti di dover in qualche modo contribuire a risollevare il Paese dopo la batoste del covid e dell’energia russa, fanno solo i loro corporativi interessi. Aiutati anche dal governo che, invece di far loro capire con politiche di defiscalizzazione che potrebbero essere protagonisti della rinascita, li ha abbandonati a se stessi e alle logiche di una società che sopravvive solo grazie all’evasione fiscale. By Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

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Inflazione: il tasso ad aprile rivisto lievemente al ribasso

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 Maggio 2023

L’Istat rivede leggermente al ribasso il tasso di inflazione: che si attesta al +8,2%, rispetto al +8,3% della stima preliminare. L’Istituto di statistica annuncia, però, che “la fase di rientro dell’inflazione si interrompe, principalmente a causa di una nuova accelerazione della dinamica tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati” (che passano da +18,9% al +26,6%). Un dato che non fa altro che confermare le dinamiche già rilevate sui mercati dell’energia, alimentando preoccupazione per i mesi a venire.Questo andamento conferma quello che, da tempo, sottolineiamo: la necessità di mantenere obiettività e cautela, invitando a non cantar vittoria e ad allentare gli aiuti alle famiglie ad ogni minimo accenno di ribasso.È importante evidenziare, infatti, come, con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per le famiglie rimangano estremamente onerose: secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori pari a 2.443,60 euro annui a famiglia. Aumenti che non hanno lo stesso impatto per tutti: pesano molto di più per le famiglie meno abbienti.Queste ultime, ma non solo, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 49% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,9%).Questa dinamica accresce le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: per questo si rende sempre più urgente che il Governo affronti questa emergenza con misure in grado di aiutare e sostenere in maniera strutturale e duratura le famiglie. Il taglio del cuneo fiscale va in questa direzione, ma sarebbe necessario, appunto, renderlo strutturale: limitare l’intervento a solo 5 mesi è insufficiente e rappresenta l’ennesima misura spot, per questo è fondamentale infondere maggiori sforzi nella ricerca di fondi per mantenere tale misura anche nel 2024.Ci permettiamo di suggerire che le risorse necessarie per tali operazioni possono e devono essere reperite attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all’evasione e all’elusione fiscale, disponendo anche un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie.

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Inflazione: Istat, aprile +8,2% per colpa degli oneri di luce e gas

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 Maggio 2023

Secondo i dati definitivi di aprile resi noti oggi dall’Istat, l’inflazione annua sale all’8,2%, dal 7,6% del mese precedente. “Una iattura! L’inflazione rialza la testa soprattutto per colpa del Governo che in aprile ha ripristinato tutti gli oneri di sistema sulla luce e la gran parte di quelli sul gas, facendo decollare i prezzi degli Energetici, in particolare quelli non regolamentati considerato che la luce del tutelato in aprile è comunque scesa per la semplice ragione tecnica che i prezzi precedenti erano ancora quelli fissati a fine dicembre 2022. In un solo mese la luce del libero sale dell’8,8%, il gas dell’8,1%” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Per una coppia con due figli, l’inflazione a 8,2% significa una stangata pari a 2417 euro su base annua, di questi ben 931 servono solo per far fronte ai rialzi del 12,1% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 2220 euro, 840 per mangiare e bere. In media per una famiglia il rincaro è di 1848 euro, 682 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato spetta sempre alle famiglie numerose con più di 3 figli con una mazzata pari a 2718 euro, 1111 solo per nutrirsi e dissetarsi” conclude Dona.

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Inflazione USA ai minimi da due anni

Posted by fidest press agency su domenica, 14 Maggio 2023

A cura di Roberto Rossignoli, Portfolio Manager Moneyfarm. Da oltre un anno la banca centrale statunitense sta combattendo contro lo stesso nemico, l’inflazione. Nonostante gli ultimi dati di aprile segnalino una variazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa dello 0,4% su base mensile e del 4,9% su base annua, il dato più basso da aprile 2021, l’inflazione continua a rimanere alta e resiliente agli sforzi della Fed per cercare di normalizzarla. Dal canto suo la Fed, per il momento, non sembra intenzionata a invertire la sua politica monetaria restrittiva, come testimonia l’ultimo rialzo di 25 punti base deciso la scorsa settimana, il decimo consecutivo da marzo 2022, che ha portato i tassi tra il 5% e il 5,25%, il livello più alto mai raggiunto dal 2007. L’aggressività della politica monetaria statunitense ha sicuramente avuto un ruolo decisivo nella crisi che ha colpito il settore bancario durante il mese di marzo, prima con il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) e di Signature Bank, poi con il salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs e le tensioni vissute da Deutsche Bank e, infine, con l’acquisizione di First Republic Bank, la quattordicesima banca del sistema Usa, da parte di JP Morgan.Le pressioni sul sistema economico e bancario hanno spinto la Fed a lasciare aperta la porta a una possibile pausa nel ciclo di rialzi dei tassi e, nonostante il governatore Jerome Powell abbia più volte ribadito che la politica monetaria dipenderà dai dati, attualmente i mercati stanno puntando sul fatto che la Federal Reserve possa tornare a tagliare i tassi, per far fronte ad un rallentamento economico o a sviluppi più severi della crisi bancaria. Chi investe vede un trend molto marcato che potrebbe consentire alla Fed di rimuovere l’andamento dei prezzi dalle variabili da monitorare per determinare la sua politica monetaria, per lo meno nei prossimi mesi. Questa prospettiva favorisce indubbiamente l’azionario e altre asset class rischiose, supportate dalla cosiddetta “Fed put”, e al contempo mette anche un tetto al possibile livello che i tassi d’interesse possono raggiungere in un contesto di inflazione in calo e politica monetaria alla fine del tunnel. (fonte: http://www.moneyfarm.com)

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Inflazione USA: leggero calo, più marcato nella parte “supercore”

Posted by fidest press agency su venerdì, 12 Maggio 2023

A cura di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte. nflazione USA di aprile leggermente sotto le attese sia in termini generali sia core, ma soprattutto con un sensibile calo della componente cosiddetta supercore (al netto cioè degli affitti oltre che di alimentari ed energia) passata da 5,8 a 5,1% a/a e, per la prima volta da settembre 2022, sotto l’inflazione core. Ad alimentare il ridimensionamento della supercore soprattutto il rallentamento della componente medical care. La componente affitti (che rappresenta oltre il 30% dell’intero paniere) inizia a dare qualche primo timido segnale di rallentamento in termini mensili soprattutto grazie al calo di alcune componenti collegate agli affitti al di fuori dell’abitazione principale. Complessivamente si tratta di un andamento che riduce le pressioni sulla Fed su ulteriori rialzi dei tassi a giugno e luglio Allo stesso modo un dato che aumenta la percezione di un eccesso di aspettative di mercato sull’ipotesi di riduzione dei tassi entro fine anno, stimata in circa 100 pb Queste indicazioni consentono ai tassi US di ridurre nel breve termine il rialzo che aveva portato in pochi giorni il tasso decennale da 3,30% a 3,53% Sull’andamento odierno contribuisce anche la marcata riduzione dell’offerta di bond corporate Investment grade USA, dopo circa 28Mld$ emessi nei primi due giorni della settimana (tra cui 5,25Mld$ di Apple) prima del dato odierno Il flusso di emissioni potrebbe riprendere nei prossimi giorni, il che potrebbe temporaneamente riportare in alto i tassi con due livelli di resistenza chiave in area 3,55 e 3,65% In ottica secondo semestre rimane l’attesa di marcato calo dei tassi che sul comparto decennale potrebbe spingersi fino al 2/2,5% per fine anno in vista dell’attesa recessione US indotta dalla contrazione del credito e rispettivo calo della domanda di credito, come emerso dal recente Senior Loan Officer Opinion Survey pubblicato dalla FED Il supporto chiave da monitorare per ipotizzare l’inizio del calo ipotizzato è l’area 3,30% sul comparto decennale USA

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Gli alimenti trainano la spinta inflazionistica in Europa

Posted by fidest press agency su venerdì, 12 Maggio 2023

Con il termine inflazione ci si riferisce all’aumento generale di prezzi di beni e servizi che vengono consumati da una famiglia media nel corso di un anno. L’aumento dei prezzi può essere legato a una serie di fattori sia interni che esterni all’economia del paese, come per esempio l’aumento dei costi di produzione, tensioni a livello geopolitico o eventi particolari che possono portare a una riduzione della disponibilità di determinati prodotti e causare uno squilibrio tra domanda e offerta. Ogni mese, Eurostat mette a disposizione le stime sull’inflazione. I dati definitivi più recenti fanno riferimento al periodo di marzo. Il tasso tendenziale, ovvero quello su base annua, si attesta per l’Europa a 8,3%. I paesi che registrano i tassi maggiori sono l’Ungheria (25,6%), la Lettonia (17,2%) e la Repubblica Ceca (16,5%). Al contrario, si riportano valori minori nei Paesi Bassi (4,5%), in Spagna (3,1%) e in Lussemburgo (2,9%). In Italia si assesta all’8,1%, un valore leggermente inferiore rispetto alla media misurata in Europa ma maggiore di circa un punto percentuale rispetto a quella dell’area euro. (fonte: openpolis | Europa)

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Inflazione: ad aprile il tasso torna a crescere all’8,3%

Posted by fidest press agency su giovedì, 4 Maggio 2023

Dopo una breve tregua, il tasso di inflazione torna a crescere ad aprile: secondo le stime preliminari si attesta all’8,3%, con un aumento del +0,5% su base mensile. A spingere al rialzo il tasso di inflazione sono soprattutto i prezzi dei beni energetici non regolamentati. Purtroppo, tale andamento conferma quello che, da tempo, sottolineiamo: la necessità di mantenere obiettività e cautela, invitando a non cantar vittoria ad ogni minimo accenno di ribasso. È importante evidenziare, infatti, come con l’inflazione a questi livelli le ricadute per le famiglie siano estremamente onerose: secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori pari a 2.473,40 euro annui a famiglia.Non dimentichiamo che tali aumenti non hanno un impatto uguale per tutti: pesano in misura maggiore per le famiglie meno abbienti. Un dato che non fa altro che aumentare le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: in tal senso è urgente che il Governo affronti questa vera e propria emergenza, attraverso la definizione di politiche di contrasto alle disuguaglianze e di sostegno alle famiglie, soprattutto quelle con minore capacità di spesa.Queste ultime, infatti, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 48% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,6%).È necessario adottare misure tempestive per invertire questo andamento, avviando interventi mirati al sostegno dei redditi e del potere di acquisto delle famiglie. Il taglio del cuneo fiscale va in questa direzione, ma sarebbe necessario renderlo strutturale: limitare l’intervento a solo 5 mesi è insufficiente e rappresenta l’ennesima misura spot. Anche sul fronte dell’energia sarebbe necessario ripristinare la sterilizzazione degli oneri di sistema sulla bolletta elettrica, eliminata prematuramente. Le risorse necessarie per tali operazioni possono e devono essere reperite attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all’evasione e all’elusione fiscale, disponendo anche un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie.

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Inflazione in crescita nonostante la grancassa del governo

Posted by fidest press agency su giovedì, 4 Maggio 2023

Il calo dell’inflazione dei mesi scorsi aveva fatto inappropriatamente esultare il governo ché le sue politiche sarebbero state all’altezza della situazione contribuendo a rendere meno onerosa la vita dei consumatori. Questo nonostante il calo fosse dovuto non certo alle politiche italiane, ma all’andamento dei mercati energetici europei ed internazionali che si era “sfiammato” dopo i noti aumenti dei mesi precedenti. E infatti non appena il mercato energetico non regolamentato è cresciuto (da +18,9% a +26,7%), ecco che l’inflazione, nonostante gli assestamenti al basso di tanti altri beni e servizi, è ripartita verso l’alto, da +7,6% del mese precedente a +8,3%.Siamo quindi in una situazione in cui le politiche governative contano pochissimo. Contano le decisioni extraterritoriali e, soprattutto, quello che decidono i singoli attori, energetici del mercato libero in questo caso. Aggiungendo anche che i cali inflazionistici dei mesi precedenti non hanno affatto contribuito ad un ribasso diffuso, visto che – alimentari e servizi soprattutto – hanno seguito loro logiche basate sull’accaparramento occasionale e sul recupero dei deficit passati (anche per covid). Il governo, al momento, sta rispondendo con alcuni tagli temporanei (sei mesi) di tasse per un totale di 3 miliardi. Se pensiamo che, ben prima delle vicende energetiche degli ultimi mesi, nel 2015 il governo Renzi fece un taglio strutturale di 10 miliardi, mentre il governo Draghi nel 2021 fece altrettanto taglio strutturale di 8 miliardi…. tagliarne solo 3 per soli sei mesi ci mostra l’inadeguatezza delle politiche in corso. Per cui, con un’inflazione per la quale il governo non è in grado di ridurre il danno, è impensabile che lo stesso governo possa aiutarci a farci meno male.All’ordine del giorno non ci sono intenzioni ribassiste dei prezzi da parte di chi aumenta incurante del mercato ma pensando solo al proprio tornaconto corporativo. Così come non ci sono detassazioni governative credibili. E la situazione energetica europea ed internazionale sembra al momento solo stabile e su un livello alto rispetto a prima dell’invasione russa dell’Ucraina. La situazione politica ed economica non sembra prossima a cambiare (e, comunque, con eventuali vantaggi molto al di là nel tempo), in Italia ed in Europa, per cui al consumatore non resta che attrezzarsi per una lunga traversata del deserto. Chi promette o dice altrimenti senza fatti precisi, sta solo cercando consenso come con le tante bugie che abbiamo sentito nell’ultima campagna elettorale delle politiche. Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it

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Inflazione USA: il mercato obbligazionario statunitense si sta sbagliando di nuovo?

Posted by fidest press agency su giovedì, 20 aprile 2023

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. Milano. Mercoledì 12 aprile, dopo la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo USA e dei verbali della riunione del FOMC di marzo, i tassi statunitensi hanno registrato un’impennata e gli investitori hanno rilanciato la scommessa di una Fed prossima a terminare il ciclo di rialzi dei tassi. Occorre tuttavia precisare che l’inflazione (CPI) ‘headline’ di marzo è sì risultata leggermente più debole del previsto, ma l’indicatore ‘core’ (escluse le componenti alimentare ed energetica) è comunque salito dello 0,4% su base mensile e del 5,6% su base annua: alla luce di questi dati, a nostro avviso, è quindi probabile che la Fed effettui nuovi rialzi a maggio e, forse, anche a giugno.Riteniamo inoltre possibile che alla fine del 2023 i tassi di interesse overnight siano ben al di sopra dei livelli impliciti nei futures obbligazionari. Questo perché, in primo luogo, alcune categorie di beni i cui prezzi sono scesi a marzo probabilmente risaliranno nel corso dell’anno: ad esempio, i prezzi dei veicoli usati sono scesi a marzo secondo i dati del BLS, ma dai numeri delle vendite emerge come siano aumentati a partire dall’autunno. Potrebbe ripetersi lo stesso schema del 2022, quando il CPI core sembrò rallentare a marzo per poi risalire nei mesi primaverili ed estivi, con conseguenti scosse sul mercato obbligazionario. In secondo luogo, anche se l’inflazione core si dovesse mantenere a un tasso mensile dello 0,4% per il resto del 2023, finiremmo l’anno con una lettura del 5% circa su base annua, decisamente troppo alta per la Fed. Le variazioni mensili dovrebbero infatti decelerare in modo molto più deciso (ad esempio dello 0,1% o dello 0,2%). Da ultimo, anche il CPI mediano della Fed di Cleveland, a nostro avviso il miglior indicatore dell’inflazione ‘core’, ha registrato una variazione dello 0,4% mese su mese a marzo e, cosa peggiore, è aumentato del 7,1% su base annua: la Fed ha quindi ancora molto lavoro da fare per contenere l’inflazione sottostante.In effetti, i verbali del FOMC di marzo pubblicati mercoledì 12 aprile hanno evidenziato come i responsabili delle politiche monetarie ritengano l’inflazione ancora “inaccettabilmente alta”, una valutazione che dubitiamo sia cambiata dopo la pubblicazione del CPI di marzo. Da notare come la parola “banche” sia apparsa 46 volte nei verbali della riunione di marzo, contro le sole due volte di febbraio, segnalando la chiara preoccupazione dei policymaker che, in assenza della crisi bancaria, “avrebbero considerato appropriato un aumento di 50 punti base dell’intervallo target”. La crisi bancaria presenta sicuramente rischi negativi per la crescita (gli economisti della Fed hanno previsto “una lieve recessione a partire dalla fine dell’anno”, secondo i verbali), ma sembra troppo presto per valutarne l’entità con certezza. Inoltre, i policymaker sono favorevoli a un rallentamento della crescita, con la maggior parte di essi probabilmente disposta a sopportare una recessione, se questo significa tornare prima alla stabilità dei prezzi.Dunque, in base agli ultimi dati, entro la fine dell’anno l’inflazione sarà probabilmente ancora troppo elevata per giustificare i tagli dei tassi attualmente prezzati per il 2023 dal mercato obbligazionario, che alla luce della crisi bancaria, sta scommettendo su un rapido rallentamento della crescita e dell’inflazione.

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Robeco: L’inflazione morde più delle attese

Posted by fidest press agency su giovedì, 20 aprile 2023

A cura di Colin Graham, Head of Multi-Asset Strategies di Robeco. Le banche centrali hanno aumentato ripetutamente i tassi nel corso dell’ultimo anno, da quando l’invasione russa dell’Ucraina ha innescato un aumento dei prezzi a livello globale. Secondo la narrazione che ha preso piede all’indomani della crisi finanziaria globale, l’immissione senza precedenti di denaro e liquidità nel sistema avrebbe condotto presto o tardi a un’impennata dell’inflazione, anche se stavamo fissando il fondo del barile di una spirale deflazionistica. Fino a poco tempo fa, questa politica ultra-espansiva non ha alimentato la crescita dei prezzi nell’economia reale; in effetti, l’inflazione dei beni e dei servizi è aumentata solo a partire dal 2020, sulla scia dei problemi causati dal Covid lungo le catene di approvvigionamento. Di conseguenza, la politica monetaria è rimasta accomodante e l’espansione dei bilanci delle banche centrali è proseguita ancora a lungo.Ora che il morso dell’inflazione si fa sentire, gli istituti centrali stanno aumentando rapidamente i tassi, ma si confrontano con l’ulteriore ostacolo della spesa pubblica, che ha ricevuto impulso da provvedimenti come l’US Inflation Reduction Act e i sussidi per l’energia, che hanno complicato notevolmente il loro compito.L’attuale spirale inflazionistica ha suscitato paragoni con gli anni ’70 e con i tagli alla produzione operati dall’OPEC nel 1973, che causarono un’impennata dei prezzi dell’energia. Quei rincari condussero in definitiva a richieste di aumenti salariali, scioperi, recessioni e rialzi dei tassi a doppia cifra, con i governi impegnati a riportare i prezzi sotto controllo per il resto del decennio.Le implicazioni sono problematiche, perché le possibilità di ridurre l’inflazione e aumentare la disoccupazione senza provocare un atterraggio duro si sono assottigliate notevolmente. Le tensioni sul mercato del lavoro stanno alimentando le richieste salariali, segno tangibile di un radicamento di elevate aspettative d’inflazione nella psiche dei consumatori.Quindi, anche se siamo vicini a un picco dei tassi, una loro riduzione non è affatto imminente, a meno che non si verifichi un incidente finanziario. È qui che le nostre opinioni si discostano dal consensus, che prevede un taglio dei tassi da parte della Fed in tempi brevi e da parte della BCE verso la fine dell’anno.Finora il ritiro del sostegno monetario è avvenuto senza intoppi, lasciando emergere gradualmente le aree del sistema che si sono eccessivamente indebitate durante l’epoca caratterizzata da tassi a zero.Tuttavia, potrebbe comunque verificarsi un “incidente finanziario” in grado di scatenare una crisi paragonabile a quella del 2008-2009 anziché a quella degli anni ’70, osserva Graham. Il crollo di Silicon Valley Bank e l’acquisizione forzata della travagliata Credit Suisse da parte di UBS dimostrano che alcune parti del settore bancario sono ancora pericolosamente fragili. I clienti delle banche hanno ritirato i depositi per finanziare le proprie attività, e dunque le banche con uno squilibrio di duration hanno dovuto vendere obbligazioni per far fronte ai ritiri, cristallizzando in tal modo le perdite in bilancio. Si è creato così un circolo vizioso, poiché altri clienti, temendo che i propri depositi fossero a rischio, hanno a loro volta ritirato i propri fondi, aggravando lo squilibrio di liquidità per le banche.Siamo quindi di fronte a un altro circolo vizioso? No, ma non bisogna aspettarsi tagli dei tassi che possano in teoria alleviare questo particolare problema. Il nostro scenario d’investimento principale prevede che la politica monetaria più restrittiva si tradurrà in una crescita economica nominale molto più contenuta nel corso di quest’anno, anche se riteniamo che le banche centrali non abbiano i margini per ridurre i tassi finché l’inflazione non sarà sconfitta o la crescita economica non subirà un crollo precipitoso. (abstract by http://www.verinieassociati.com)

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Quanto pesa l’inflazione di marzo 2023 sui rinnovi degli affitti

Posted by fidest press agency su mercoledì, 19 aprile 2023

Secondo un calcolo prodotto dall’Ufficio Studi di idealista, gli inquilini che hanno la revisione annuale del loro contratto di locazione a marzo vedranno il loro canone mensile aumentare di circa 44 euro al mese e di 528 euro annui.Ciò è dovuto all’aumento record dell’indice FOI, dell’ 7,4% su base annua, secondo l’ultimo aggiornamento ISTAT, che mostra una crescita notevole dei prezzi rispetto a marzo 2023.Secondo le stime di idealista, se il prezzo medio per l’affitto di un appartamento con 3 stanze (trilocale) era di 600 euro/mese in Italia, dopo l’adeguamento Istat annuale il canone salirebbe a 644 euro mensili, pari a 528 euro in più per le famiglie su base annuale. Gli inquilini più impattati sono quelli di Milano ( 81 euro in più al mese e 972 euro in più all’anno), dove la media degli affitti è la più cara d’Italia e quelli di Roma (54 euro in più al mese e 648 euro in più all’anno).

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Banche Centrali: un’inflazione persistente nello scenario macroeconomico

Posted by fidest press agency su mercoledì, 19 aprile 2023

A cura di Martina Daga, Junior Macro Economist, AcomeA SGR. Le proiezioni macroeconomiche aggiornate al primo trimestre del 2023 della Fed e della Bce, presentate in occasione dei meeting di politica monetaria di marzo, mostrano sostanziali differenze: la Bce elabora le proiezioni prima del meeting e, in questo caso, prima delle recenti tensioni che hanno interessato il settore bancario partendo dagli Stati Uniti e poi in Europa, con il caso Credit Suisse. Sono, quindi, proiezioni soggette a un elevato livello di incertezza.Iniziando dalla crescita economica, il Pil è previsto crescere a un tasso medio pari all’1% nel 2023, in rallentamento rispetto al 2022, ma tale valore è stato rivisto al rialzo rispetto alle previsioni formulate a dicembre (0.5%). I dati pubblicati nei primi mesi del 2023 hanno mostrato un’economia più resiliente rispetto alle attese, costi energetici inferiori che hanno trainato al ribasso il valore dell’inflazione e la parziale ripresa della fiducia dei consumatori hanno fatto sì che le proiezioni di crescita per il 2023 fossero migliori rispetto a quanto non ci si aspettasse alla fine del 2022. La crescita nel medio termine è invece stata rivista leggermente al ribasso rispetto a quanto proiettato a dicembre. Per questi anni la Bce si aspetta, infatti, che le politiche monetarie avranno un peso maggiore e che gli incentivi fiscali da parte degli Stati per la crisi energetica verranno mantenuti per il 2023 ed eliminati in seguito.Per quanto riguarda la crescita dei prezzi, da un lato il valore dell’inflazione headline è stato rivisto al ribasso rispetto alle proiezioni di dicembre per il 2023 quando è previsto un forte rallentamento della crescita totale dei prezzi per poi stabilizzarsi nei due anni successivi. Il mercato del lavoro si sta, mostrando resiliente anche di fronte al rallentamento della crescita economica, in questo contesto la Bce si aspetta che il tasso di disoccupazione si assesti sui minimi storici per tutto l’orizzonte temporale in analisi, permettendo ai lavoratori di esercitare pressioni sui salari.Sul fronte Federal Reserve, invece, i singoli membri del board indicano le proiezioni relative alle varie variabili macroeconomiche e, dal momento che tra loro possono anche differire notevolmente, il valore di riferimento è la loro mediana. È tuttavia interessante analizzare anche la distribuzione di tali proiezioni. Questa distribuzione indica, infatti, se intorno a un dato c’è largo consenso o meno e verso quale direzione le visioni dei membri votanti della Fed siano orientate.Rispetto alle proiezioni di dicembre il contesto macroeconomico per i prossimi anni è rimasto sostanzialmente stabile. Tuttavia, i rischi inflattivi rimangono orientati verso l’alto; oltre al fatto che l’inflazione sia headline sia core sia stata rivista al rialzo in modo marginale per il 2023, guardando alla distribuzione delle proiezioni per l’inflazione core, mentre a dicembre il range massimo espresso dai membri del board era 3.7% – 3.8% per il 2023, a marzo la distribuzione è stata spostata verso l’alto, con 4 membri che hanno proiettato un livello di inflazione core compreso tra 3.9% e 4% e un membro al 4.1% – 4.2%. Anche per il 2024 il valore massimo si è spostato dal range 2.9% – 3% al 3.1% – 3.2%. In termini di decisioni di politica monetaria i meeting di marzo della Bce e della Fed hanno rappresentato una svolta in termini comunicativi. Se prima delle tensioni del settore finanziario iniziate con la Silicon Valley Bank negli Stati Uniti l’approccio dei membri di entrambe le banche centrali era sostanzialmente hawkish, a seguito di questo evento la retorica è diventata molto più cauta, sottolineando che a causa dell’elevata incertezza non sia possibile dare indicazioni precise sulle future decisioni di politica monetaria. Mentre la Bce, in precedenza, aveva ripetuto che i tassi dovevano ancora essere alzati significativamente a un ritmo costante, ora l’incertezza del contesto macroeconomico lascia spazio a una strategia completamente dipendente dai dati. Allo stesso modo la Fed ha eliminato ogni riferimento a prossimi aumenti del Fed Fund target rate, dicendo solamente che potrebbero essere necessari ulteriori misure di rafforzamento della politica monetaria per rendere le condizioni finanziarie sufficientemente restrittive per il raggiungimento del tasso di inflazione del 2%. Inoltre, Powell durante l’ultima conferenza stampa ha enfatizzato il fatto che, nonostante sia troppo presto per dirlo, oltre all’aumento dei tassi di riferimento, l’inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbe essere accelerato dalle tensioni nel settore finanziario. Sembra che le banche centrali siano ora più caute e vogliano mantenere maggiore flessibilità sulle loro future mosse, senza dare indicazioni precise che poi dovranno essere soddisfatte. Agire diversamente da quanto indicato minerebbe, infatti, la loro credibilità.

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