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Posts Tagged ‘inflazione’

Ad aprile inflazione stabile al 2,4% in Eurozona

Posted by fidest press agency su giovedì, 2 Maggio 2024

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*. Gli ultimi dati relativi all’inflazione in area Euro pubblicati oggi dipingono un quadro in chiaroscuro: se, da un lato, l’inflazione complessiva nel mese di aprile è rimasta ferma al 2,4%, in linea con le attese, dall’altro l’inflazione core – che esclude dal paniere i prezzi delle componenti più volatili come generi alimentari ed energia – ha registrato un rallentamento più debole del previsto (solo -0,2% rispetto al mese scorso). La buona notizia è che, con un inatteso aumento del Pil del +0,3% nel primo trimestre 2024, l’economia europea sembra stare crescendo a un ritmo più sostenuto rispetto alle timide previsioni di inizio anno, allontanando i timori di recessione. Di certo occorrerà monitorare l’evoluzione dei dati, ma la ripresa economica, insieme all’approssimarsi dell’inflazione al target del 2% e alla conseguente inversione di rotta da parte della BCE, lasciano ben sperare gli investitori.

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Rendimenti obbligazionari in aumento in presenza di inflazione

Posted by fidest press agency su giovedì, 2 Maggio 2024

A cura di Dan Ivascyn, Group CIO di PIMCO.Rendimenti obbligazionari in aumento in presenza di inflazione – Come navigare tra le opportunità di investimento. Da una prospettiva a lungo termine, i rendimenti appaiono molto interessanti. I rendimenti nominali, ora tornati nell’area del 5%, nella parte intermedia della curva, o i rendimenti reali, che sono tranquillamente al di sopra del 2%, appaiono molto interessanti da una prospettiva storica. Se si fa un passo indietro e si guarda alle valutazioni del reddito fisso da una prospettiva di lungo termine, i rendimenti delle obbligazioni di alta qualità dal 7 all’8% appaiono molto interessanti rispetto alle azioni. In effetti, si ottiene un rendimento simile a quello azionario con un profilo complessivo molto più vincolato, e i rendimenti del 7-8% in un portafoglio di obbligazioni di alta qualità sono storicamente molto interessanti rispetto alla liquidità.Quindi questo è un momento in cui non pensiamo che si possa essere sicuri che i tassi di liquidità rimarranno al 5 o al 5,5% ancora a lungo. Credo che questo sia il momento in cui di solito ci spostiamo verso l’esterno della curva, bloccando questi rendimenti molto interessanti.Nel breve periodo pensiamo che, dopo il sell off a cui abbiamo assistito di recente, sia giunto il momento di tornare a una posizione neutrale o addirittura leggermente sovrappesata rispetto al rischio di tasso d’interesse nella maggior parte dei portafogli che gestiamo. E lo stiamo facendo non solo sul mercato statunitense, ma anche attraverso acquisti diversificati di altri titoli di Stato di qualità superiore in aree come l’Australia, il Canada e persino il Regno Unito. Quindi, da un punto di vista tattico, dopo il recente sell off, pensiamo che forse sia un po’ esagerato e che le prospettive di rendimenti più stabili intorno a questi livelli o addirittura di un calo dei rendimenti nel corso dell’anno siano sempre più rosee. Quindi un income interessante con un potenziale di rendimento totale altrettanto rilevante.

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T. Rowe Price: Bce verso ciclo tagli più cauto dopo dati su inflazione e Pil Eurozona

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 Maggio 2024

A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price. L’economia dell’Eurozona è cresciuta dello 0,3% nel primo trimestre, molto più delle previsioni di consenso dello 0,1%. L’inflazione dei servizi è invece diminuita, ma non così rapidamente come previsto. Ciononostante, si attesta a livello tendenziale al 3,7% ad aprile, in calo rispetto al 4% registrato a marzo. Cosa significano questi dati per la Bce? Anzitutto, le buone notizie. La Bce ha previsto una ripresa della produttività del lavoro più forte rispetto al consenso del mercato. Sembra che ciò stia accadendo. La metà della debolezza della produttività del mercato del lavoro si è concentrata nel settore dei servizi. Dato che la crescita è più forte nelle economie altamente specializzate nei servizi, una maggiore crescita della produttività in questo settore indica che la Bce è in grado di convivere con un’inflazione salariale del 3-3,5%. In sostanza, questa è la fase in cui ci troviamo. Il rilancio della produttività significa che la Bce è in grado di procedere con i tagli dei tassi, anche se la crescita dei salari non dovesse scendere sotto il 3%. Tuttavia, i dati sull’inflazione sono meno costruttivi. L’inflazione dei servizi è diminuita su base annua, ma meno del previsto. Una parte di questo calo ha a che fare con gli effetti base dovuti alla tempistica della Pasqua. Il consiglio direttivo avrà un dato “depurato” dagli effetti distorsivi della Pasqua solo alla fine di maggio. Quindi l’inflazione implicita dei servizi è un po’ più forte del previsto.La Bce inizierà comunque a tagliare i tassi a giugno, dato il livello molto alto dei tassi oggi. Il tasso neutrale inoltre non è superiore al 3%. Ciò lascia un ampio margine di manovra per i tagli. Tuttavia, per quanto riguarda il ritmo dei tagli dopo giugno, la Bce sarà guidata più dall’inflazione effettiva dei servizi che dalla produttività del lavoro. I dati di oggi rendono molto più probabile che la Bce salti il mese di luglio per poi tagliare altre due, tre volte quest’anno. Uno scenario di quattro, cinque tagli dei tassi non è un’ipotesi da scartare quest’anno. Nel complesso, questi dati renderanno la Bce più cauta riguardo al ritmo dei tagli dei tassi dopo giugno.

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Schroders: verso un ‘soft landing’ nonostante le sorprese sull’inflazione Usa

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 Maggio 2024

A cura di Julien Houdain, Head of Global Unconstrained Fixed Income, Schroders. Con la crescita globale su basi più solide, ci chiediamo se la recente raffica di sorprese che hanno riguardato l’inflazione statunitense si rivelerà un punto di svolta o solo un incidente di percorso. Al momento, il nostro scenario di base prevede un atterraggio morbido. Tuttavia, riconosciamo l’aumento del rischio di uno scenario di “non atterraggio” a causa dell’andamento dell’inflazione statunitense e di una potenziale ripresa del ciclo produttivo globale, che potrebbe sostenere i prezzi delle materie prime. Questa situazione potrebbe costringere le banche centrali a mantenere tassi di interesse più elevati per un periodo prolungato per combattere l’inflazione persistente. Sale la probabilità di un “no landing”, con una crescita robusta che fa aumentare i rischi di inflazione. Se si considera la misura dell’inflazione preferita dal presidente della Fed Jerome Powell, ovvero i servizi core, esclusi gli alloggi, l’andamento degli ultimi due mesi è stato un po’ preoccupante. Dopo un aumento dello 0,7% su base mensile nell’ultima pubblicazione, questa misura dell’inflazione “super core” è ora al di sopra dell’8% su base annualizzata a tre mesi. Considerando un’ampia gamma di misure, la realtà è che l’inflazione è attualmente troppo elevata perché la Fed possa sentirsi a proprio agio nell’allentare le condizioni della politica monetaria nel breve termine.Ma non ci sono solo cattive notizie sul fronte dell’inflazione negli Stati Uniti. Ci sono più motivi di ottimismo se si guarda al mercato del lavoro. Da diversi punti di vista, sembra stia tornando al punto di equilibrio: la crescita dei salari è in calo, i posti vacanti diminuiscono gradualmente e, soprattutto, il tasso di abbandono del posto di lavoro continua a diminuire. I tassi di abbandono sono un indicatore importante per la crescita dei salari: un tasso in calo limita la velocità di aumento dei salari, in quanto le aziende sono meno obbligate a mantenere e attrarre i lavoratori.Nel corso di aprile abbiamo assistito a un continuo miglioramento del settore manifatturiero globale. Le notizie provenienti dalla Cina sono state particolarmente positive ultimamente, cosa che probabilmente favorirà in modo sproporzionato la crescita dell’eurozona nei mesi a venire. Sebbene tutto ciò sia incoraggiante per un “atterraggio morbido”, rimaniamo vigili sulla possibilità che l’aumento dei prezzi delle materie prime alimenti le pressioni inflazionistiche in futuro, in quanto ciò metterebbe ulteriormente in discussione la tesi del taglio dei tassi quest’anno. Sebbene le valutazioni siano diventate più interessanti, la narrativa macroeconomica giustifica un rialzo dei rendimenti e una Fed più cauta. In quest’ottica, siamo neutrali sulla duration – o rischio di tasso d’interesse, ma continuiamo ad aspettarci un irripidimento positivo sulla curva, posizionandoci in modo che la parte più corta della curva dei rendimenti superi quella lunga. In termini di cross-market, privilegiamo il Regno Unito, dove vediamo la possibilità che l’inflazione “recuperi” rispetto agli altri paesi, e gli Stati Uniti rispetto a Germania e Canada.Nel corso del mese siamo diventati più positivi sull’inflazione breakeven, utilizzata per cogliere la sovraperformance dei rendimenti reali – che sono corretti per l’inflazione – rispetto ai rendimenti nominali. Riteniamo che il rischio di rialzo dei prezzi delle commodity e un certo grado di allentamento da parte delle banche centrali rappresentino un vento favorevole per l’aumento dei tassi d’inflazione breakeven. Nell’ambito del credito, abbiamo moderato la nostra view costruttiva sui titoli Investment Grade (IG) europei, sulla base delle valutazioni elevate e di un margine limitato per un’ulteriore sovraperformance. Manteniamo una preferenza per le scadenze più brevi, dove continuiamo a vedere del valore. Con gli spread IG statunitensi vicini ai livelli più bassi di sempre, che rendono meno remunerativo il rischio di investire in obbligazioni societarie rispetto ai più sicuri titoli di Stato, manteniamo una view nel complesso negativa.(Abstract by http://www.verinieassociati.com/)

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L’inflazione ad aprile rallenta, attestandosi al +0,9% si base annua

Posted by fidest press agency su mercoledì, 1 Maggio 2024

Una decelerazione determinata principalmente dal calo dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (-13,9% dal -10,3%) e dei servizi relativi ai trasporti (che dal +4,5% passano al +2,9%). Secondo le stime dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per una famiglia media ammontano a +283,50 euro annui. Ricadute che continueranno a colpire il potere di acquisto delle famiglie, specialmente quelle a basso reddito, incidendo sulle loro scelte di consumo. Secondo le nostre rilevazioni, i sacrifici e le rinunce che le famiglie sono costrette a compiere non accennano a diminuire. Anzi, in vista della pausa estiva, aumenteranno, specialmente in relazione alle vacanze e ai servizi turistici, che sempre meno famiglie quest’anno si potranno permettere. Le rinunce non mancano anche in campo alimentare, dove il consumo di carne e pesce si è ridotto di oltre il -16%; si registra, inoltre, un ricorso sempre più massiccio a discount, offerte e prodotti “last minute”.È necessario, in questa fase, che il Governo adotti provvedimenti determinati e incisivi, che siano in grado di sostenere efficacemente la domanda interna, con un’attenzione particolare alle famiglie che si trovano in maggiore difficoltà, attraverso: · La creazione di un Fondo di contrasto alla povertà energetica. · Una riforma delle aliquote Iva sui generi di largo consumo (che consentirebbe alle famiglie, secondo le nostre stime, di risparmiare oltre 531,57 euro annui); provvedimento che deve essere accompagnato da attenti controlli per sanzionare eventuali speculazioni. · Azioni di contrasto alle disuguaglianze, che passino per il rinnovo dei contratti, una giusta rivalutazione delle pensioni, la resa strutturale del taglio del cuneo fiscale e una riforma fiscale equa, davvero tesa a sostenere i redditi medio-bassi e non ad agevolare quelli più elevati. Le risorse per finanziare tali operazioni possono essere reperite da una intensificazione della lotta all’evasione e all’elusione fiscale, nonché da una adeguata tassazione degli extraprofitti e dall’aumento della tassazione sulle transazioni

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T. Rowe Price – Azioni energia: ecco come proteggersi dal rischio di inflazione

Posted by fidest press agency su giovedì, 25 aprile 2024

A cura di Tim Murray, CFA, Capital Markets Strategist Multi-Asset Division, T. Rowe Price. Di recente i rischi sono mutati: i timori di recessione si stanno affievolendo e gli economisti prevedono attualmente una crescita robusta, pari al 2,1% per il Pil degli Stati Uniti nel 2024. Tuttavia, sono riemerse le preoccupazioni riguardo all’inflazione. Le aspettative per l’indice dei prezzi al consumo (IPC) degli Stati Uniti sono cresciute costantemente, passando dal 2,2% — un livello che sarebbe stato in linea con il target della Fed — al 2,8% del 22 marzo 2024. L’IPC, un parametro ampiamente utilizzato per misurare l’inflazione, ha raggiunto un picco nel giugno 2022, a causa degli elevati prezzi delle merci, in particolare nelle categorie dei beni alimentari, dell’energia e dei beni di prima necessità del paniere IPC. Con la normalizzazione delle catene di approvvigionamento, l’inflazione è scesa, grazie al calo dei prezzi in queste categorie. Nel frattempo, l’inflazione dei servizi si è malapena mossa, mentre ora incide per la grande maggior parte dell’inflazione. Questo contesto genera preoccupazioni per gli investitori. Per raggiungere il target del 2% della Federal Reserve, dovremmo vedere non solo un ridimensionamento dell’ostinata inflazione dei servizi, ma anche quella dei beni non dovrà registrare incrementi. Si tratta di uno scenario decisamente ottimistico. Considerato il passaggio dal rischio di recessione al rischio d’inflazione, riteniamo che gli investitori debbano riconsiderare la propria asset allocation. Un’analisi dei rendimenti degli asset in vari contesti inflazionistici fornisce alcuni utili spunti di riflessione. Le azioni invece hanno sovraperformato le obbligazioni quando l’inflazione era a livelli bassi, moderati e persino leggermente elevati. I rendimenti, tuttavia, sono calati bruscamente durante le recessioni e si sono indeboliti, anche quando l’inflazione è passata a livelli molto elevati.Ma non i titoli del settore energetico i quali, invece, hanno storicamente registrato performance piuttosto positive nei periodi in cui l’inflazione è stata molto elevata. Questi risultati implicano che un orientamento verso l’azionario, con particolare attenzione al settore energetico, potrebbe rappresentare un modo per assicurare una copertura contro il rischio d’inflazione. Per questo, di recente, il nostro Asset Allocation Committee ha assunto una posizione sovrappesata sull’azionario. Sovrappesiamo anche i titoli azionari nei real asset, con un’ampia allocazione sull’energia e su altri titoli orientati alle materie prime.

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Quanto incide l’inflazione di marzo 2024 sui rinnovi annuali d’affitto?

Posted by fidest press agency su sabato, 20 aprile 2024

Secondo un calcolo prodotto dall’Ufficio Studi di idealista, gli inquilini che hanno la revisione annuale del loro contratto di locazione a marzo vedranno il loro canone mensile aumentare di circa 8 euro al mese e di 96 euro annui. L’aumento dell’inflazione incide direttamente sui contratti di locazione legati all’indice FOI, ovvero quelli che prevedono la formula di durata 4+4. Ciò è dovuto all’aumento dell’indice FOI, dell’ 1,2% su base annua, secondo l’ultimo aggiornamento ISTAT. Secondo le stime di idealista, se il prezzo medio per l’affitto di un appartamento con 3 stanze (trilocale) era di 700 euro/mese in Italia, dopo l’adeguamento Istat annuale, il canone salirebbe a 708 euro mensili, pari a 96 euro in più per le famiglie su base annuale. Tra gli inquilini più impattati troviamo quelli di Milano (23 euro in più al mese e 276 euro in più all’anno), dove la media degli affitti è la più cara d’Italia e quelli di Roma (13 euro in più al mese e 156 euro in più all’anno).

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Inflazione: Unc, la top ten delle città più care d’Italia

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

L’Istat ha reso noti oggi i dati territoriali dell’inflazione di marzo, in base ai quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la top ten delle città più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita. Non solo, quindi, delle città capoluogo di regione o dei comuni con più di 150 mila abitanti ma di tutte le città monitorate dall’Istat. In testa alla top ten delle più care d’Italia Rimini, dove l’inflazione pari al 2,5%, la seconda più alta d’Italia dopo Brindisi (+2,6%), si traduce nella maggior spesa aggiuntiva su base annua, equivalente a 679 euro per una famiglia media. Medagli d’argento per Napoli, dove il rialzo dei prezzi del 2,5% determina un incremento di spesa annuo pari a 551 a famiglia. Medaglia di bronzo per Parma che con +1,9% ha una spesa supplementare pari a 516 euro annui per una famiglia. Appena fuori dal podio Bologna (+1,8%, pari a 501 euro), poi Brindisi (+2,6%, +493 euro), al sesto posto Venezia (+1,8%, +474 euro), poi Benevento (+2,2%, +470 euro), ottava Pordenone (+1,9%, +464 euro), poi Padova (+1,8%, +463 euro). Chiude la top ten Trieste (+1,8%, +440 euro).Nella graduatoria delle città più virtuose d’Italia, vincono le 3 città che sono in deflazione. Al 1° posto Imperia dove la deflazione più alta d’Italia, pari a -0,3% si traduce in un risparmio equivalente, in media, a 67 euro su base annua. Medaglia d’argento per Pescara, dove la diminuzione dei prezzi dello 0,1% determina un calo di spesa annuo pari a 22 euro per una famiglia tipo. Sul gradino più basso del podio delle città più risparmiose, Campobasso che con -0,1% ha un taglio delle spese pari a 21 euro annui per una famiglia media. In testa alla classifica delle regioni più “costose”, con un’inflazione annua a +1,6%, il Veneto che registra a famiglia un aggravio medio pari a 399 euro su base annua. Segue la Campania, dove la crescita dei prezzi dell’1,9%, la più alta a livello regionale, implica un’impennata del costo della vita pari a 391 euro, terzo il Friuli (+1,6% e +379 euro). Le regioni migliori Molise e Valle d’Aosta con un’inflazione nulla. L’Istat ha reso noti oggi i dati territoriali dell’inflazione di marzo, in base ai quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la top ten delle città più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita. Non solo, quindi, delle città capoluogo di regione o dei comuni con più di 150 mila abitanti ma di tutte le città monitorate dall’Istat. In testa alla top ten delle più care d’Italia Rimini, dove l’inflazione pari al 2,5%, la seconda più alta d’Italia dopo Brindisi (+2,6%), si traduce nella maggior spesa aggiuntiva su base annua, equivalente a 679 euro per una famiglia media. Medagli d’argento per Napoli, dove il rialzo dei prezzi del 2,5% determina un incremento di spesa annuo pari a 551 a famiglia. Medaglia di bronzo per Parma che con +1,9% ha una spesa supplementare pari a 516 euro annui per una famiglia. Appena fuori dal podio Bologna (+1,8%, pari a 501 euro), poi Brindisi (+2,6%, +493 euro), al sesto posto Venezia (+1,8%, +474 euro), poi Benevento (+2,2%, +470 euro), ottava Pordenone (+1,9%, +464 euro), poi Padova (+1,8%, +463 euro). Chiude la top ten Trieste (+1,8%, +440 euro).Nella graduatoria delle città più virtuose d’Italia, vincono le 3 città che sono in deflazione. Al 1° posto Imperia dove la deflazione più alta d’Italia, pari a -0,3% si traduce in un risparmio equivalente, in media, a 67 euro su base annua. Medaglia d’argento per Pescara, dove la diminuzione dei prezzi dello 0,1% determina un calo di spesa annuo pari a 22 euro per una famiglia tipo. Sul gradino più basso del podio delle città più risparmiose, Campobasso che con -0,1% ha un taglio delle spese pari a 21 euro annui per una famiglia media. In testa alla classifica delle regioni più “costose”, con un’inflazione annua a +1,6%, il Veneto che registra a famiglia un aggravio medio pari a 399 euro su base annua. Segue la Campania, dove la crescita dei prezzi dell’1,9%, la più alta a livello regionale, implica un’impennata del costo della vita pari a 391 euro, terzo il Friuli (+1,6% e +379 euro). Le regioni migliori Molise e Valle d’Aosta con un’inflazione nulla.

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Torna a salire l’inflazione a marzo

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

Secondo le stime dell’Istat si attesta al +1,2% su base annua. Un’accelerazione, spiega l’Istituto di Statistica, dovuta all’aumento dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti, nonché all’attenuazione della discesa dei prezzi dei beni energetici.Cattive notizie per le famiglie, che non solo non hanno visto scendere i prezzi dopo i forti aumenti registrati negli ultimi anni (nonostante il calo registrato sulle materie prime, specialmente in campo alimentare), ma che ora devono fare i conti con ulteriori aumenti: secondo le stime dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per una famiglia media ammontano a +378,00 euro annui. Ricadute che continueranno a colpire il potere di acquisto delle famiglie, specialmente quelle a basso reddito, incidendo sulle loro scelte di consumo e costringendole a rinunce e sacrifici. Secondo le nostre rilevazioni, rispetto allo scorso anno, il consumo di carne e pesce si è ridotto di oltre il -16%; si registra, inoltre, un ricorso sempre più massiccio a discount, offerte e prodotti “last minute”. Tale andamento, inoltre, determinerà inevitabili ricadute anche sulle scelte delle famiglie in tema di vacanze, avvicinandosi il periodo estivo.È necessario, in questa fase, che il Governo adotti provvedimenti mirati, per sostenere la domanda interna, con un’attenzione particolare alle famiglie che si trovano in maggiore difficoltà, utilizzando le risorse derivanti dalla tassazione degli extraprofitti e dall’aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie, per: La creazione di un Fondo di contrasto alla povertà energetica. Una riforma delle aliquote Iva sui generi di largo consumo (che consentirebbe alle famiglie, secondo le nostre stime, di risparmiare oltre 531,57 euro annui); provvedimento che va accompagnato da attenti controlli per sanzionare eventuali speculazioni. Azioni di contrasto alle disuguaglianze, che passino per il rinnovo dei contratti, una giusta rivalutazione delle pensioni, la resa strutturale del taglio del cuneo fiscale e una riforma fiscale equa, davvero tesa a sostenere i redditi medio-bassi e non ad agevolare quelli più elevati. (Fonte Federconsumatori)

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Inflazione cresce soprattutto grazie alle politiche istituzionali

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

Inflazione confermata in leggera crescita da Istat per il mese di marzo 2024, + 1,2%. I prezzi energetici calano meno (da -17,3 a -10,8%), compensati dalla crescita dei prezzi dei trasporti, “prassi” stagionale e anche grazie alla crescita del prezzo della benzina . I prezzi degli alimentari crescono meno e il “carrello della spesa” è “solo” a +2,6%. Niente di drammatico, relativamente, visto che la crescita rispetto al mese precedente è di +0,4%. Ma il segnale di una tendenza in cui la politica nazionale influisce negativamente e va di pari passo con le avidità soggettive di ogni specifica impresa privata. Alle prime – imprese private – basta un qualunque segnale pur minimo di movimento dei costi… che subito aumentano ben oltre gli stessi aumenti: che motivo c’è, per esempio, perché il carrello della spesa debba crescere del 2,6% a fronte di un’inflazione all’1,2%? Pura speculazione.Riguardo alle avidità pubbliche, si pensi all’aumento della benzina: considerato che aumenta il costo della materia prima e la componente fiscale si aggira sul 60% del prezzo complessivo, non è che la componente fiscale rimane immutata, ma si muove in percentuale rispetto al prezzo base. Sempre tra le avidità pubbliche, se andrà in porto (come è quasi sicuro) la cosiddetta riforma del codice della strada, porterà i trasgressori a sborsare molto, ma proprio molti più soldi, sistema che non darà più sicurezza alle nostre strade ma maggiori vuoti nei portafogli degli italiani. Basta non prendere multe? Impossibile quando le autorità usano queste ultime per fare cassa. E come non inserire nell’avidità pubblica la schifezza delle liste d’attesa sanitaire che, in moltissimi casi, obbligano i pazienti a rivolgersi alla sanità privata. Da aggiungere l’impazzimento dei prezzi energetici per il cosiddetto passaggio dal mercato tutelato a quello libero. Impazzimento dovuto sì ai gestori privati dei servizi, ma molto anche all’Autorità specifica (Arera) che, invece di controllare meticolosamente la correttezza del passaggio tra mercato tutelato e libero della luce, sanzionando gli svariati pirati che ne approfittano, si erge a paladina del finto risparmio: cavalcando l’onda di alcuni partiti che in campagna elettorale, fanno credere che si possa facilmente tornare dal mercato libero a quello tutelato (presumibilmente più economico) (4)… quando invece il passaggio è praticamente impossibile. La lista di quanto accade e di quanto accadrà è molto lunga. Ci fermiano a fenomeni di particolare attualità ed evidenza. Con la conferma di una certezza: i prezzi continueranno a crescere. Da una parte il fatto che la cosiddetta bella stagione non ha mai stimolato un vento contrario, e dall’altra parte l’inazione delle nostre istituzioni e crescita dei prezzi proprio grazie ad esse. Le politiche istituzionali si muovono solo in due direzioni: aumento dei prezzi ed aumento del debito pubblico. Quest’ultimo, in particolare, coi condoni stagionali/elettorali che poi gravano solo sul debito stesso.. Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it

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J. SAFRA SARASIN: Navigare nell’ultimo miglio dell’inflazione

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

A cura di Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di J. Safra Sarasin. L’inflazione nelle economie avanzate è scesa rapidamente nel 2023, mentre l’attività economica è stata spesso più resistente del previsto. Questo risultato è stato in gran parte il frutto di una rapida ripresa del lato dell’offerta dell’economia, che si è normalizzata dopo la serie di shock degli anni precedenti. L’ “overshoot” dell’inflazione all’inizio della pandemia è stato causato dal blocco delle catene di approvvigionamento, da solo o in interazione con il rallentamento del mercato del lavoro, nonché dalla forte riduzione della domanda di beni. Negli Stati Uniti, la maggior parte del calo dell’ultimo anno si spiega con un’inversione di questo stesso processo. Ma con la normalizzazione del lato dell’offerta dell’economia in gran parte conclusa, questa fase disinflazionistica benigna è probabilmente giunta al termine. In effetti, le catene di approvvigionamento si sono risanate. E i fattori che hanno portato a un rafforzamento dell’offerta di lavoro, come il significativo aumento dell’immigrazione netta negli Stati Uniti, difficilmente si ripeteranno. L’inflazione dei servizi, il rallentamento del mercato del lavoro e le aspettative di inflazione saranno i fattori chiave della prossima fase di disinflazione. Sebbene i mercati del lavoro si siano raffreddati e la crescita salariale abbia raggiunto il picco nella maggior parte dei paesi, in alcuni di essi rimane a livelli incompatibili con gli obiettivi di inflazione del 2% delle banche centrali. I policymaker vorranno vedere un ulteriore raffreddamento delle condizioni del mercato del lavoro. Tuttavia, vi sono due importanti fonti di incertezza. La prima riguarda l’aumento della disoccupazione associato a un ulteriore calo delle posizioni non occupate, la seconda le aspettative di inflazione. Mentre le aspettative di inflazione rimangono ben ancorate nel lungo periodo, quelle a breve termine sembrano essere meno ancorate rispetto a prima della pandemia. Ciò potrebbe richiedere una maggiore sofferenza economica per riportare l’inflazione verso l’obiettivo.A nostro avviso, l’inflazione sottostante sarà più vischiosa e il ritorno agli obiettivi delle banche centrali più accidentato. In un contesto così incerto, la cosa migliore da fare è probabilmente allungare la pista su cui far atterrare l’economia. Di conseguenza, ci aspettiamo che le banche centrali procedano con tagli dei tassi graduali e attentamente calibrati nel corso dell’anno.

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J. SAFRA SARASIN: Una crescita più forte fermerà il calo dell’inflazione?

Posted by fidest press agency su venerdì, 19 aprile 2024

A cura di Philipp E. Bärtschi, CFA, Chief Investment Officer di J. Safra Sarasin. Gli indicatori economici rimangono contrastanti, ma le sorprese positive rispetto alle aspettative del mercato superano quelle negative. Ciò indica un lento miglioramento, in particolare nel settore manifatturiero. I dati pubblicati sull’inflazione hanno mostrato che il percorso di ritorno alla stabilità dei prezzi non è privo di battute d’arresto. Tuttavia, i segnali indicano un ulteriore calo dei tassi d’inflazione nel breve termine, dando alle banche centrali la possibilità di ridurre i tassi d’interesse. Il calo dei tassi d’inflazione è stato anche il motivo principale per cui la Banca nazionale svizzera (BNS) ha sorpreso i mercati con un taglio dei tassi d’interesse a marzo. Anche il franco forte è stato certamente un motivo importante per la riduzione dei tassi di interesse. Il franco si è infatti indebolito prima e dopo la decisione sui tassi. Questo è stato un segnale importante per l’industria svizzera delle esportazioni e dovrebbe stimolare un’ulteriore crescita dell’economia svizzera. All’inizio dell’anno, i mercati prevedevano sei tagli dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve (Fed) statunitense. Da allora, la comunicazione della Fed ha deluso queste speranze e ha mantenuto la prospettiva di un allentamento monetario più lento con tre tagli previsti. Nel frattempo, le condizioni finanziarie dell’economia statunitense si sono ulteriormente allentate. Ciononostante, il presidente della Fed Powell non ha resistito all’idea di tagli dei tassi d’interesse nel prossimo futuro nelle sue osservazioni dopo la riunione del Federal Open Market Committee di marzo. Questa dichiarazione è stata interpretata dal mercato come “dovish” e ha lasciato l’impressione che la Fed sia consapevole dell’importanza dell’anno elettorale e preferisca sbagliarsi sull’inflazione piuttosto che sulla crescita. Tuttavia, gli ultimi dati macro non indicano una crescita debole. Al contrario, la crescita sta accelerando, soprattutto nel settore manifatturiero. Anche il mercato del lavoro negli Stati Uniti rimane solido. Il tasso di disoccupazione è addirittura sceso al 3,8% a marzo. I prossimi mesi mostreranno se la Fed si atterrà ai tagli dei tassi di interesse previsti o se farà ancora una volta marcia indietro. In ogni caso, è probabile che la pressione sui mercati obbligazionari continui.

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L’inflazione UK cala al 3,2% in marzo

Posted by fidest press agency su giovedì, 18 aprile 2024

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. A marzo l’inflazione complessiva nel Regno Unito è scesa al 3,2% su base annua, il livello più basso mai toccato dal settembre 2021, prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Un risultato, trainato dal calo dei prezzi dell’energia, che lascia sperare nel raggiungimento del target del 2% già nella seconda metà del 2024. Il dato di marzo indica un deciso rallentamento della dinamica inflattiva in UK rispetto agli Stati Uniti: una divergenza che potrebbe portare la Bank of England a optare per un taglio dei tassi d’interesse in anticipo rispetto alla Fed. Gli investitori scommettono sul fatto che la BoE sarà tra le prime banche centrali a tagliare i tassi, nonostante i policymaker invitino alla prudenza, ricordando l’eventualità che il contesto e, in particolare, le tensioni geopolitiche possano alimentare nuove pressioni inflazionistiche. Tra i fattori che dovranno essere monitorati con più attenzione c’è sicuramente la disoccupazione che, nel trimestre da dicembre a febbraio, ha messo a segno un aumento del 4,2% (rispetto al 3,9% del trimestre precedente), indicando che nonostante il calo dell’inflazione, i tassi d’interesse elevati continuano a colpire duramente famiglie e imprese britanniche.

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L’inflazione non molla, ma quanto fa paura?

Posted by fidest press agency su mercoledì, 17 aprile 2024

A cura di Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm. Dopo il dato sul CPI statunitense per il mese di marzo pubblicato la settimana scorsa, che ha, seppure di poco, sorpreso al rialzo, sui mercati è tornata a farsi sentire la paura dell’inflazione. Non soltanto l’inflazione complessiva resta infatti al di sopra del target del 2%, ma anche gli indicatori preferiti dalla Fed (come il Supercore) e le misure “pulite” dagli outliers sembrano puntare verso l’alto. I mercati hanno reagito negativamente al dato di mercoledì scorso, con l’indice S&P 500 che ha lasciato sul terreno quasi l’1%, mentre, per la prima volta da novembre, si è assistito a un forte riprezzamento lato tassi, con il rendimento del Treasury americano a 10 anni di nuovo sopra il 4,5%. Ad oggi i mercati prezzano solo due tagli dei tassi da parte della Fed da qui alla fine di dicembre, contro i sette stimati a inizio anno: una previsione al di sotto delle attese della stessa Fed, come emerge dal dot plot (il grafico a punti pubblicato su base trimestrale dalla Federal Reserve per sintetizzare le previsioni dei vari membri sulla traiettoria dei tassi – vedi sotto). Nonostante la reazione iniziale, però, già nella giornata di giovedì 11 aprile i mercati si sono ripresi e lo stesso S&P 500 rimane al di sopra del livello di un mese fa di circa l’1% e, addirittura, al di sopra del livello dei primi giorni di scorsa settimana. Il messaggio è chiaro: i fondamentali di economia e aziende sono abbastanza forti da compensare le paure inflazionistiche e se la stagione degli utili iniziata settimana scorsa dovesse mostrare outlook positivi, il trend è destinato a continuare. La scorsa settimana è stato anche il turno della Banca Centrale Europea che, nel corso della riunione di giovedì, ha mostrato ancora una volta un atteggiamento prudente, mantenendo fermi i tassi di riferimento per la quinta volta consecutiva. Christine Lagarde ha ribadito che, nonostante i primi segnali positivi, è ancora presto per dichiarare vinta la lotta all’inflazione, ma che il primo taglio potrebbe arrivare entro giugno, qualora i dati si confermassero positivi. I mercati ci scommettono, in un contesto macro a livello europeo che, al netto della disoccupazione, rimane difficile, con il rischio periferico e fiscale a fare da sfondo. L’eventualità che la Bce stia sbagliando strada esiste e, se l’economia dovesse smettere di superare le attese, soprattutto per i Paesi mediterranei, il rischio di un innalzamento dello Spread potrebbe tornare con forza. La raccomandazione resta quella di evitare di concentrare troppo il rischio su emissioni di singoli bond, anche se governativi, e di prediligere invece un approccio ben diversificato.

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Usa: l’inflazione accelera al +3,5% in marzo

Posted by fidest press agency su sabato, 13 aprile 2024

A cura di Jack Amy, Portfolio Analyst di Moneyfarm. L’inflazione complessiva negli Stati Uniti è passata dal +3,2% su base annua di febbraio al +3,5% di marzo, trainata dall’accelerazione dei prezzi di gas e servizi abitativi, mentre l’inflazione core, che esclude dal paniere i prezzi delle componenti più volatili come generi alimentari ed energia, ha messo a segno un aumento del +3,8% su base annua. Entrambe le letture sono risultate superiori rispetto alle attese degli analisti e delineano un quadro piuttosto hawkish, che mette in dubbio l’ipotesi di un taglio dei tassi da parte della Fed già in giugno.

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Inflazione Usa: sorprese al rialzo e dubbi sulla disinflazione

Posted by fidest press agency su sabato, 13 aprile 2024

A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR. Anche il dato sull’inflazione di marzo negli Stati Uniti stupisce il consenso del mercato al rialzo e mette in discussione il processo di disinflazione, qualunque aggregato del paniere si guardi. Infatti, tra le componenti più volatili del paniere dei beni al consumo, la componente energetica negli ultimi mesi ha riaccelerato. Tra le componenti meno volatili, i prezzi al consumo dei servizi continuano a rimanere abbastanza forti, in particolare a marzo quelli relativi ai servizi di trasporto e ai servizi medici.Il dato di inflazione di marzo era atteso con particolare attenzione dal mercato, la Fed rimane infatti strettamente dipendente dai dati nel guidare le proprie scelte di politica monetaria e già i dati di inflazione di gennaio e febbraio avevano stupito il consenso al rialzo. Finora la Fed non si è mostrata preoccupata dell’accelerazione della crescita dei prezzi al consumo di inizio anno, sostenendo piuttosto che un paio di dati non cambiano il quadro generale. Tuttavia, il fatto che anche a marzo, e per tre mesi consecutivi, i prezzi al consumo si mostrino più forti delle attese, può legittimamente mettere in dubbio il fatto che il processo di disinflazione che abbiamo visto in tutta la seconda metà dello scorso anno sia entrato in una fase di stallo. La domanda rimane dunque quanto tempo durerà questa fase di stallo e se questa situazione permetterà ugualmente alla Fed di tagliare i tassi di riferimento di 75bp entro fine anno, come mostrato dalle proiezioni della Fed stessa di marzo.Guardando alle componenti dell’inflazione, oltre alla componente energetica, che rimane tra le più volatili, e che in un contesto di tagli all’offerta e tensioni geopolitiche potrebbe fare fatica a scendere, la componente che rimane più persistente è quella relativa ai servizi, particolarmente correlata ai salari. Per ora ci sono stati solo miti segnali di un ribilanciamento tra domanda e offerta di lavoro, ma ancora non accompagnati da un rallentamento della crescita dei salari. Certo, se il recente rafforzamento dei dati di produttività dovesse continuare, questo potrebbe giustificare la crescita salariale senza renderla inflazionistica. Inoltre, la Fed si trova in questo momento non solo di fronte a uno stallo del processo di disinflazione, ma anche di fronte a una crescita economica che rimane molto resiliente e un mercato del lavoro forte che, come dimostrato anche dal report pubblicato la scorsa settimana dal Bureau of Labor Statistics, anche a marzo ha creato più di 300mila nuovi posti di lavoro, e con un tasso di disoccupazione sceso a 3.8%. A questo quadro si aggiunge l’incertezza relativa all’esito delle imminenti elezioni politiche e le prospettive di un aumento della spesa fiscale che andrà a pesare ulteriormente sul deficit degli Stati Uniti.

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Il calo dell’inflazione imprimerà slancio ai salari reali e consentirà la riduzione dei tassi di interesse anche in Europa

Posted by fidest press agency su mercoledì, 10 aprile 2024

A cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments. La contrazione dell’economia tedesca, in particolare della sua industria manufatturiera, non influenza negativamente la forza dell’economia europea complessiva. Infatti, guardando altrove, come in Spagna, i consumi hanno evidenziato dinamiche molto più positive. Sebbene la crescita dei salari sia attualmente troppo alta, è probabile che, a seguito delle trattative salariali di primavera, ci sarà una riduzione netta, che metterà la Bce in condizione di tagliare i tassi a giugno. Questi aumenti salariali, soprattutto se confrontati con il calo dell’inflazione e delle bollette energetiche, favoriranno una ripresa dei redditi reali dopo un periodo impegnativo per i consumatori. La spesa al consumo potrebbe facilmente tradursi in ulteriori guadagni in termini di potere d’acquisto se la crescente fiducia consentirà ai consumatori di spendere parte dei risparmi accumulati.

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L’inflazione in Eurozona continua a calare: +2,4% a marzo

Posted by fidest press agency su venerdì, 5 aprile 2024

A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. L’inflazione in Eurozona continua a calare e passa dal +2,6% di febbraio al +2,4% di marzo, un dato al di sotto delle previsioni, in linea con un rallentamento dell’economia che rafforzerebbe la tesi dello stimolo monetario.Nonostante le ultime dichiarazioni di Christine Lagarde ribadiscano l’approccio cauto della BCE, lasciando intendere che l’inversione di rotta potrebbe non essere imminente, gli analisti propendono attualmente per un primo taglio dei tassi già a giugno. I prossimi dati sulle buste paga potrebbero essere decisivi, ma, a questo proposito, il nuovo membro del Consiglio della BCE Piero Cipollone sottolinea l’importanza di non concentrarsi esclusivamente sul rallentamento della crescita salariale: una voce fuori dal coro, che tuttavia lascia intendere che l’opzione di un taglio anticipato dei tassi, magari già in occasione della riunione di aprile, resta aperta.La sfida per la BCE rimane quella di riportare l’inflazione entro il target del 2%, ma l’ultimo tratto del cammino prima del traguardo potrebbe essere il più accidentato, con probabili cali progressivi dei prezzi.

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Inflazione: Unc, stangata di Pasqua

Posted by fidest press agency su lunedì, 1 aprile 2024

Secondo i dati provvisori di marzo resi noti oggi dall’Istat, l’inflazione annua è salita all’1,3%. “Una pessima notizia! Stangata di Pasqua! Come sempre in occasione delle festività c’è chi specula allegramente sulle vacanze della gente. I prezzi del Trasporto aereo passeggeri salgono in un solo mese del 17,6% ed in particolare i voli internazionali decollano del 20%, collocandosi al 1° posto dei rincari mensili, seguiti al secondo posto dai voli nazionali con +8%. I pacchetti vacanza internazionali aumentano sempre su febbraio del 3,6%, alberghi e motel e pensioni dell’1,7%. Anche i dati tendenziali fanno rabbrividire: i voli nazionali segnano un +19,2% sullo scorso anno (al 2° posto della top ten mensile dopo l’olio di oliva con +45,9%), i pacchetti vacanza nazionali costano l’8,2% in più, il Trasporto passeggeri su rotaia l’8%, i voli internazionali il 7,3%, alberghi e motel il 6,7%. Insomma, peggio di così non si può!” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Per una coppia con due figli, l’inflazione a +1,3% significa, nonostante il risparmio sulla voce Abitazione ed elettricità pari a 318 euro, un aumento del costo della vita pari a 309 euro su base annua, dei quali ben 257 euro servono solo per far fronte ai rincari del 3,2% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 259 euro, di cui 233 euro in più sono necessari per mangiare e bere. Per una famiglia media sono 185 euro per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con 339 euro, +305 soltanto per nutrirsi e dissetarsi” conclude Dona.

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Inflazione in crescita mentre il paese procede per inerzia

Posted by fidest press agency su domenica, 31 marzo 2024

Rialzo moderato dell’inflazione, +1,3% su base annua. Questo grazie al ridimensionamento del calo dei prezzi energetici compensato, però, dall’aumento del costo dei trasporti… le vacanze pasquali hanno fatto la loro parte, mescolate anche ad un generale aumento dei costi del settore. I beni alimentari crescono meno, così come il cosiddetto carrello della spesa, “solo” +3%. La dinamica inflazionistica continua a procedere indipendentemente dalle politiche nazionali. Il ridimensionamento degli aumenti e gli aumenti stessi sono tutti dovuti a dinamiche europee, mondiali e stagionali. In Italia potremmo anche non avere il governo o continuare ad ignorare i proclami, sempre governativi, che vorrebbero farci credere di chissà quali provvedimenti vengono presi per contenere l’inflazione e aumentare la produttività. I leggeri incrementi di consumi e di stipendi che ci registrano sono ampiamente assorbiti dal tasso inflazionistico. Navighiamo a vista mentre governanti, di governo e opposizione, si baloccano per cercare di aver successo alle elezioni locali, regionali ed europee…. ma se gli elettori dovessero esprimersi non per fede e/o clientele e/o rendite di posizione ma per fatti, chissà dove saremmo. Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc http://www.aduc.it

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