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Elezioni europee, i modelli di riforma della sanità a confronto

Posted by fidest press agency su martedì, 18 giugno 2024

“Il decreto legge sulle liste d’attesa è solo fuffa, non è finanziato”. Elly Schlein numero uno del Partito Democratico di opposizione gela Giorgia Meloni e le ricorda che gli 800 milioni per l’hub per contenere i migranti in Albania avrebbero potuto essere messi a copertura delle misure prese. La premier replica accennando ai miliardi “buttati” con il Superbonus case nell’era Draghi. Ma perché la lite tra leader sulla sanità alla vigilia delle elezioni europee? La sfida non è solo tra i due principali partiti ma tra due modelli di riforma (e due testi di legge diversi): un’opposizione che vorrebbe rifinanziare la sanità e un governo osservante dei parametri europei che per ora rinvia ogni scelta onerosa a decreti attuativi. Nei giorni scorsi alla Camera Schlein ha proposto con il Pd una bozza con alcune indicazioni urgenti. Prioritario, aumentare di uno 0,21% annuo il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo per arrivare a mettere in sicurezza entro il 2028 l’offerta di prestazioni nel pubblico o privato convenzionato, con un Fondo sanitario al 7,5% del Pil. Lo stesso disegno di legge chiede: entro novembre concorsi straordinari per comparto e dirigenza con assunzioni nel SSN; un sistema di prenotazione unico regionale che abbia il polso delle agende delle strutture pubbliche e private convenzionate site in quella regione; l’acquisto coatto di prestazioni in libera professione intramoenia (o dal privato) da parte di Asl e ospedali pubblici che non riescano ad offrire quelle prestazioni nei tempi previsti dal decreto sui livelli essenziali di assistenza (3 giorni l’urgenza, 10 la “breve”, 30 per le visite specialistiche e 60 per gli esami “differibili” a decorrere dalla prenotazione, 120 a decorrere dalla prenotazione per le prestazioni programmabili); la pubblicazione dei tempi d’attesa aggiornati struttura per struttura nel sito del Ministero della Salute. Il decreto-legge del governo Meloni, che all’inizio includeva misure d’appropriatezza prescrittiva e sulle spese per il personale Ssn poi dirottate su un disegno di legge a lunga scadenza, sposa l’idea del Centro di prenotazione unico regionale, e impone alle strutture del Ssn pubbliche o convenzionate di offrire nei tempi il 90% delle prestazioni e in assenza di ciò chiede loro di acquistare prestazioni in intramoenia o dai privati. Pena sanzioni. Oltre ai Cup regionali, c’è dunque una seconda affinità con il ddl Schlein: la libera professione intramuraria in ospedale è vista come un possibile impedimento all’espansione dell’attività istituzionale, ma non viene penalizzata al punto da essere soppressa in caso di liste d’attesa lunghe, come in passato in alcune regioni. Anzi il servizio sanitario la paga pur di fornire nei tempi il servizio al cittadino. Fermo restando il monitoraggio dell’offerta di prestazioni: nel decreto-legge (che sarà arricchito alle camere in fase di conversione) oltre al ruolo dell’Agenas e del sistema nazionale governo liste d’attesa arriva un ispettorato con poteri di polizia a verificare e risolvere eventuali problemi. Il testo governativo, da parte sua, aggiunge un aumento del budget per il privato convenzionato (fino al 5% dal 2025) ed un aumento del 15% della spesa per il personale: due misure da rivalutare con il Ministero dell’Economia. Invece, a differenza del ddl Schlein, non “impone” concorsi entro l’anno per l’ingresso nel Ssn di medici ed infermieri, si appoggia a successivi governi attuativi che vedremo in estate/autunno. Materie: oltre alle due norme su tetto assunzioni nel Ssn e tetto per il privato convenzionato, le linee guida per l’interoperabilità tra la Piattaforma nazionale e le piattaforme regionali, il sistema di disdetta delle prenotazioni per gli assistiti, il piano di rinforzo per le regioni meno competitive. La vera parte non attuata dal governo Meloni è l’iniezione forzata di circa 17 miliardi in 5 anni nel Fondo sanitario nazionale che invece prevede il ddl Schlein. Per la leader Pd «c’è bisogno di mettere molte più risorse sulla sanità pubblica perché i tagli di Giorgia Meloni la stanno smantellando: i reparti si stanno svuotando e le liste di attesa si allungano all’infinito». Le risorse si troverebbero dicendo no ai 4 miliardi della riforma Irpef, no agli hub migranti fuori Italia, e soprattutto no ai 14 miliardi stanziati per il ponte sullo stretto di Messina. Così Schlein, che individua un punto realmente problematico: negli ultimi anni molte leggi in sanità e nel sociale, anche di governi di segno molto diverso dall’attuale, sono state finanziate poco, o tardi. Quanto possono attendere gli italiani? Meloni però le ricorda che 134 miliardi sul fondo sanitario nazionale non erano mai stati messi da nessun governo, né 500 milioni per le liste di attesa, da aggiungere ad “altri 750 milioni con la revisione del Pnrr e altri 500 con questo decreto per le regioni del Sud per comprare i macchinari”. (fonte Doctor33)

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