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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 166

Ci siamo: Il voto degli italiani alle europee

Posted by fidest press agency su venerdì, 7 giugno 2024

By Enrico Cisnetto. Dopo una campagna elettorale insopportabilmente tanto lunga quanto vuota, tutta giocata sul solito insulso copione dello scontro ideologico per cui la destra è fascista e la sinistra comunista, finalmente si va alle urne. È un voto per l’Europa, anche se di Europa non si è affatto parlato, salvo per dire che la si vorrebbe diversa senza spiegare perché e soprattutto come cambiarla. Dimentica di quanto di Europa già c’è, non poco, e ignara di quanto e cosa manchi per completare l’integrazione, la politica italiana ci ha offerto solo slogan aggressivi, posizioni estremizzate, temi semplificati, e mostrando un’ansia da prestazione elettorale che è spia di sorprese che probabilmente usciranno dalle urne. In più, si è persino concessa il rischio di una crisi istituzionale con sguaiato attacco al Presidente della Repubblica cui è poi stata messa una toppa peggiore del buco. Forzature che, oltre a consolidare sul piano internazionale l’idea che siamo un paese inaffidabile, finiranno per indurre ancora più italiani dei già tanti (troppi) che non vanno a votare, a restare a casa. Mentre è opportuno che si abbia bene a mente che questa volta come non mai siamo di fronte alle più importanti elezioni della storia europea, non fosse altro per il contesto internazionale in cui questa consultazione si svolge. L’Europa, infatti, è in una condizione di “pre guerra”, schiacciata com’è a nord-nordest dal conflitto scatenato dalla Russia contro l’Ucraina, base di partenza per un progetto di destabilizzazione del Vecchio Continente cui fa da pendant, a sud, il non meno pericoloso scontro in atto contro Israele, innescato dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso e proseguito con la reazione di Tel Aviv nella striscia di Gaza, ma soprattutto per via dei molteplici fronti aperti dalle varie forze organizzate e finanziate dall’Iran. Europa, per di più, su cui pesa l’incertezza dell’esito delle elezioni americane di novembre, decisive per determinare gli assetti prossimi del mondo. In gioco, dunque, non c’è come nel passato la scelta tra continuità e discontinuità politica in un contesto tutto sommato stabile e determinato, ma quella ben più ardua di come affrontare uno scenario che non ha precedenti dal 1945 ad oggi. Detto questo, è pur vero che il responso popolare del 9 giugno è destinato a produrre conseguenze decisive anche sui nostri equilibri politici nazionali. Sia perché si deciderà il ruolo dell’Italia nel contesto continentale – nel quale oggi è isolata, a dispetto della politica dei sorrisi – scegliendo tra l’atrofizzazione, che il nazionalismo sovranista comporta, e il tentativo di aprire una nuova stagione puntando sulla piena integrazione nel contesto europeo. E sia perché le elezioni rappresenteranno una sorta di tagliando per il governo Meloni, che a 20 mesi dalla nascita e avendo percorso solo un terzo della legislatura è stato (pericolosamente) sottoposto da chi lo guida allo stress test del plebiscito “pro Giorgia”. Tuttavia, sarebbe un grave errore se gli elettori si facessero influenzare dalla campagna elettorale e compissero le loro scelte guardando solo ed esclusivamente alle questioni nazionali. Cioè, per capirci, senza sapere o non tenendo in debito conto della collocazione dei partiti italiani nelle diverse famiglie politiche europee e, di conseguenza, senza porsi la domanda se la loro preferenza potrà favorire il fatto che l’Italia risulti sintonica con gli altri paesi, specie quelli più grandi e fondatori della Ue, o se, al contrario, potrebbe decretarne un definitivo, letale isolamento. E qui siamo all’ineludibile domanda sul “che fare”, sabato e domenica. Sono tantissimi quelli che in questi ultimi giorni mi hanno posto questo benedetto quesito, manifestando non solo incertezza ma anche un vero e proprio senso di smarrimento. A testimonianza che alla vigilia del voto c’è ancora un numero straordinariamente alto di cittadini che brancolano nel buio. Non spetta a TerzaRepubblica dare una specifica indicazione di voto. Ma fare qualche valutazione che aiuti a compiere una scelta consapevole, questo sì, fa parte del nostro dna.Partiamo da un paio di presupposti, forse scontati ma che è bene ribadire. Il primo riguarda l’Europa: chi ci legge e ci conosce sa che di fronte al trilemma “più Europa”, “meno o niente Europa” e “tanta Europa quanta già ce n’è”, noi siamo senza incertezze per la prima delle tre opzioni. Anzi, per essere precisi, siamo a favore della realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. E dunque, siamo per tutte quelle forme di progressiva integrazione politica, economica e istituzionale che portino all’obiettivo di una governance continentale sul modello United States of America. Il secondo attiene all’Italia: è giunta l’ora di dire addio una volta per tutte ad un sistema politico basato su una contrapposizione tutta giocata in chiave ideologica, guardando al passato, e che costringe ad alleanze forzate che finiscono per impedire alle maggioranze di governare e alle opposizioni di fare seriamente il loro lavoro. E siccome queste differenze interne al centro-destra e al centro-sinistra si riflettono nelle diverse e persino opposte collocazioni in sede europea, il “comandamento” che mi sento esprimere per il voto di sabato e domenica è il seguente: scegliete sulla base delle dislocazioni europee e non nazionali dei partiti, siate consapevoli di dove finiranno, a Strasburgo e non a Roma, gli europarlamentari che contribuirete ad eleggere. Usando questo criterio, non vi sarà difficile scartare dal novero delle possibilità di voto non solo le forze anti-europeiste, a-europeiste o non pienamente europeiste – sono quelle che sostengono la sovranità italiana debba prevalere rispetto a quella europea – ma anche quelle solo fintamente europeiste (cambiare idea è sintomo d’intelligenza, a patto però che il processo sia limpido e solare, e non affidato a slogan) e quelle che pur essendo sempre state dalla parte dell’Europa ora si sono affidate a leadership sconclusionate che hanno messo in lista candidati cui sembra stia più a cuore Putin che Bruxelles. Come ha notato Massimo Franco, “il populismo, sia nella versione di destra che in quella grillina e di sinistra, usa l’Ue quando fa comodo, ma la rigetta appena serve alla polemica”. Lo so, con questa scrematura resta davvero poco. Ma, d’altra parte, quello che noi di TerzaRepubblica abbiamo definito “il partito che non c’è”, fatto per i tanti italiani “non allineati”, spesso “astensionisti consapevoli”, che non vogliono abbandonarsi alla logica del “tanto peggio, tanto meglio”, che non si illudono di fronte alle facili soluzioni, alle narrazioni da social, alle semplificazioni mediatiche, appunto non c’è. Manca una forza liberaldemocratica, riformatrice, europeista, centrale nella geografia politica, non perché centrista, ma perché capace, collocandosi al centro dello scacchiere politico, di scompaginarlo, imponendo nuove regole e nuove istituzioni. Sulla scheda non la troveremo. Troppo poco per convincervi ad andare ai seggi? Se così fosse lo capirei. Io stesso, preso dalla disperazione e non certo dal qualunquismo, ho più volte praticato l’astensione dal voto. Ma questa volta sconsiglio, a me prima ancora che a voi, di fare questa scelta. Troppo decisive, queste elezioni, per permetterci il lusso di quella coerenza. Nell’età dell’insicurezza che viviamo, dentro un presente fatto di mille incertezze, il nostro futuro è l’Europa. E l’Europa o va verso una maggiore integrazione, o non va da nessuna parte. Buon voto. (Abstract by Enrico Cisnetto direttore http://www.terzarepubblica.it)

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