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Quotidiano di informazione – Anno 36 n° 168

Il quadro politico italiano

Posted by fidest press agency su domenica, 16 giugno 2024

By Enrico Cisnetto direttore terza Repubblica. In queste ore post-elettorali si sono dette anche altre tre cose: che il governo si è rafforzato; che il campo largo del centro-sinistra può finalmente nascere perché ora sarà la Schlein a realizzarlo; che per colpa di Calenda e Renzi il cosiddetto Terzo Polo (ma andrebbe scritto con due elle) è definitivamente morto e sepolto. Spiace deludere i tanti (anche gente stimabile, mannaggia) che si sono spesi per queste tre circostanze, ma le cose non stanno proprio così. Il governo è appeso, né più né meno di prima, alle convulsioni interne che lo attraversano, e che dipendono sì dai capricci di Salvini, ma soprattutto dalle contraddizioni politiche che dividono chi lo compone su questioni fondamentali, a cominciare dalla politica estera e in particolare la collocazione in Europa e il rapporto con la Russia di Putin. Non v’è chi non veda che le scelte da fare per dare un assetto alle istituzioni comunitarie, gli sviluppi della guerra in Ucraina, il posizionamento da prendere nei confronti di Israele, le conseguenze dell’eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca e la manovra di bilancio da fare con margini strettissimi e sotto procedura d’infrazione Ue per deficit e debito eccessivi, rappresentano altrettanti passaggi cruciali, e a dir poco difficili, cui il governo Meloni dovrà far fronte, e possibile fonte di incrinature interne. Se Meloni sceglierà di fare fronte comune con la Le Pen, Forza Italia potrà far finta di niente? E, viceversa, se voterà la riconferma della von der Leyen (o altro candidato indicato del Ppe), che farà Salvini? Anche sul fronte del centro-sinistra, le contraddizioni di ieri sono rimaste quelle di oggi. Il Pd conta su 5,6 milioni di italiani contro i 5,3 delle politiche – ergo le cromie di Elly valgono 300 mila voti scarsi, la metà di quelli di Vannacci tanto per dirne una, e comunque la differenza l’hanno fatta i cosiddetti “cacicchi”, a cominciare da Decaro, l’ex sindaco di Bari – e non ha fatto un passo avanti nella definizione di una seria agenda di governo. Per fortuna in Europa sono andati prevalentemente esponenti riformisti, ma la segreteria Schlein, che era barcollante, si è ovviamente consolidata, e considerata la performance del duo Bonelli-Fratoianni – unici veri vincitori delle elezioni – ora guarderà ancor più di ieri a sinistra per costruire quella che è già chiamata “l’alternativa antifascista”. Che alternativa non è perché come ha notato Marco Follini, “senza un’area moderata non c’è una colazione in grado di vincere”. Dovremmo consolarci con la sonora sconfitta di Conte, grazie alla quale l’avvocato del popolo non potrà più esercitare la primazia nel “campo largo” che con gran tromboneria aveva rivendicato? Francamente l’unico motivo per rallegrarci sarebbe la definitiva sconfitta del grillismo, oltre che la scelta del Pd di smettere di considerare i 5stelle un soggetto di sinistra (in realtà rappresentano solo un populismo politicamente asessuato) e dunque un interlocutore con cui allearsi. D’altra parte, se il centro-destra si è trasformato in destra-centro, così il centro-sinistra non può che essere sinistra-centro, o addirittura sinistra-sinistra. È la polarizzazione forzata, che fa perno sulle ali anziché sul centro. Oltretutto, a sinistra manca la gamba centrista, che dall’altra parte è rappresentata da Forza Italia e suoi aggregati. Può darsi la faccia Calenda (auguri), o può essere che rinasca la Margherita (magari). Ma intanto stiamo a zero. Così come lo siamo, a zero, nella rappresentazione dell’area centrista, intesa come chi ha un progetto alternativo ad entrambi i poli e vuole la fine del bipolarismo estremizzato. Lo spazio politico c’è e quello elettorale pure (recuperando i tanti moderati sfiduciati e stanchi di non avere un’offerta politica adeguata), anzi è una prateria sconfinata, ma né Azione né Italia Viva sono più praticabili. Deve per forza nascere un soggetto politico nuovo, non più espressione di un singolo promotore, ma un partito vero con una leadership contendibile nato dall’adesione di più personalità ad un manifesto politico-culturale e programmatico. Qualche segnale c’è, per esempio ne è arrivato uno dall’ottimo Luigi Marattin, ma ne parleremo più avanti, quando la cosa si farà più matura.

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