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E se la politica della Fed non fosse così “restrittiva”?

Posted by fidest press agency su giovedì, 25 aprile 2024

A cura di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. In poco più di dodici mesi, la Federal Reserve ha aumentato i tassi d’interesse di riferimento di oltre 500 punti base, per poi allentare la presa e adottare un approccio attendista che dura ormai da un anno. Ad oggi i tassi d’interesse reali, cioè corretti per l’inflazione, sono molto più elevati rispetto a qualche anno fa: a titolo di esempio, i rendimenti reali a 10 anni si attestano al 2,2% circa, il livello più alto mai toccato negli ultimi quindici anni. Eppure, in base ai dati finora registrati per il primo trimestre 2024, il Pil Usa sembra crescere a un ritmo del +3% su base annua, mentre l’inflazione core continua ad accelerare di mese in mese e sembra ormai essersi assestata nell’intervallo del 3-4% annuo. Il tasso di disoccupazione resta vicino ai minimi del ciclo, con 200.000 licenziamenti nel periodo gennaio-marzo e una media di 300.000 nuove assunzioni al mese nell’ultimo anno. Vero è che i tempi della politica monetaria sono lunghi e variabili, ma è interessante cercare di capire perché i tassi elevati non stiano agendo da freno sull’economia, come era stato invece previsto. Di seguito vogliamo riassumere alcune delle spiegazioni possibili: Il tasso sui Fed Funds potrebbe non essere la metrica più indicativa, perchè sono in pochi ad operare su questo mercato. Al contrario, i tassi a più lungo termine potrebbero essere più significativi per la maggior parte degli investitori e delle istituzioni: ad esempio, i rendimenti dei Treasury a 10 anni, nonostante siano in aumento dal 2022, rimangono nettamente inferiori al tasso sui Fed Funds. Gli spread creditizi sono ridotti, a dispetto della “stretta monetaria”. Gli spread creditizi riflettono il premio al rischio rispetto ai titoli di Stato che imprese e famiglie devono pagare per prendere in prestito del denaro. Spread creditizi ridotti riflettono condizioni finanziarie più favorevoli, non più rigide. Il livello dei tassi dice poco su credito e rischio. I tassi da soli raccontano solo metà della storia: se si può contrarre un prestito al 5% e ottenere rendimenti a doppia cifra altrove, allora il 5% non è poi un tasso così restrittivo. Il “tasso neutrale” potrebbe essere storicamente più elevato. Invece di guardare al livello dei tassi in assoluto, si potrebbe confrontarli al tasso neutrale, che tende ad aumentare quando aumenta la produttività dell’economia. Il Summary of Economic Projections (SEP) mostra che il membro mediano del FOMC oggi prevede un tasso di interesse di lungo periodo più elevato: se questa proiezione si rivelasse corretta, il 5% sui Fed Funds non sarebbe un livello poi così restrittivo. I mercati guardano più al bilancio della Fed che al tasso sui Fed Funds. A titolo di esempio, quando i saldi dell’Overnight Reverse Repo Facility (ON RRP) sono saliti a quasi 2.500 miliardi di dollari nel 2023, la liquidità che usciva dal sistema bancario stava entrando nel bilancio della Fed. Più di recente, il denaro è rientrato nel sistema bancario e la liquidità è migliorata, con il saldo ON RRP sceso al di sotto della soglia dei 400 miliardi di dollari. Tassi più elevati significano redditi più elevati per famiglie e imprese. Chi è riuscito a “blindare” i costi di finanziamento (ad esempio attraverso mutui a tasso fisso a 30 anni o emissioni con scadenza a 5 o 10 anni), oggi gode di rendimenti più elevati sui propri risparmi. In conclusione, non crediamo si debba guardare al solo livello dei tassi sui Fed Funds per giudicare la restrittività della politica monetaria Usa. I timori di una falla nel sistema potrebbero essere eccessivi: l’economia statunitense potrebbe avere ancora spazio per correre, arginare l’inflazione è ancora possibile e non è detto che i tassi debbano calare nel breve termine, anzi potrebbero dover ancora aumentare. Riteniamo che lo scenario più probabile sia che la Fed mantenga l’attuale approccio attendista per la maggior parte dell’anno, ma crediamo esista un 15% di probabilità di “no landing”, con un ulteriore aumento dei tassi da parte dei policymaker. Se i dati macro dovessero continuare a mostrarsi resilienti, investitori e addetti ai lavori potrebbero cominciare a interrogarsi espressamente sulla sufficiente restrittività della politica monetaria. Per ulteriori informazioni contattare: BC Communication

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