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Medici di famiglia, anche in Gran Bretagna è rischio estinzione

Posted by fidest press agency su martedì, 26 marzo 2024

In Gran Bretagna la medicina del territorio è in sofferenza, tanto che i medici a parità di stipendio piuttosto di andare a esercitare altrove decidono proprio di cambiare lavoro. Proprio come il medico di cui ha parlato il Daily Mail che ha scelto diventare autista Uber perché alla fine guidare tutto il giorno comporta ‘meno rischi e stress’. Si tratta di uno specialista in medicina generale da 2 anni che nelle Midlands, centro Inghilterra, non trovava un posto valido. «In svariate realtà del Regno Unito è sempre più arduo trovare lavoro come medico di famiglia (“general practitioner”), perché il governo ha investito in rimborsi ed incentivi per i convenzionati che assumono le nuove figure di physician associates. Si tratta di “assistenti” del medico che all’inizio dovevano essere un appoggio esperto all’attività clinica, ma si sono poi rivelati arma a doppio taglio per l’occupazione dei medici Oltremanica. Infatti, assorbendo moltissime condizioni minori e tanta burocrazia, rendono il fabbisogno molto inferiore a prima», spiega Marco Nardelli, medico di famiglia oggi a Roma ma per anni impegnato in una practice a Londra ed esperto conoscitore della sanità inglese. «Il binario unico dei medici convenzionati da tempo in Inghilterra è “superato”. La convenzione del National Health Service (NHS) con un singolo medico è stata sostituita negli anni dal rapporto con una practice che deve gestire un’offerta di servizi ed un budget riferiti ad una media di 15 mila assistiti. I medici – tuttora convenzionati – della practice possono a loro volta assumere non solo infermieri e collaboratori, od altri professionisti sanitari, ma anche colleghi medici. Più di recente, le practice si sono spesso raggruppate in network di 5-6 studi che gestiscono popolazioni intorno ai 100 mila assistiti. Con l’innovazione dei “physician associates”, i network al posto di assumere medici di famiglia salariati assumono sempre figure di questo secondo tipo. Questi lavoratori sono rimborsati come fattori produttivi da un investimento di 1,4 miliardi di sterline dal NHS e hanno compiti diversi dagli infermieri di cui guadagnano circa i due terzi. «Si tratta di laureati in discipline scientifiche, biologia ad esempio, che vengono formati in corsi post-laurea del NHS e poi assunti dai network», spiega Nardelli. «Il NHS rimborsa a ciascun “GP” circa l’80% del loro stipendio lordo. Spesso distribuiti fra più practice in orari diversi della giornata, gestiscono la parte burocratica dell’attività di studio, incluse le chiamate e la possibilità di fare da filtro alle visite. Non dovrebbero visitare ma spesso e forse impropriamente gestiscono sotto supervisione “percorsi veloci”: se c’è una sospetta tonsillite, non potendo prescrivere, chiamano il medico di famiglia; ma per un raffreddore o per estrarre la batteria di esami clinici di routine risolvono la questione in prima battuta». In poco tempo queste figure hanno rosicchiato competenze sia ai “general practitioner” sia ai farmacisti clinici, sia ai “nurse”, gli infermieri impattando sul numero di posizioni per mmg dipendenti e sostituti». A gennaio 2024 nelle practice inglesi, riporta il Daily Mail, solo il 46% degli appuntamenti è stato tra paziente e medico di famiglia; negli altri casi è stato con il “nurse” o con il “physician associate”. Per riuscire a vedere il medico curante, 3 pazienti su 10 hanno dovuto aspettare oltre una settimana; spesso è lo stesso receptionist al telefono a suggerire la visita dall’assistente, anziché dal medico titolare la cui agenda è piena».Da qui è partita una sorta di deriva. «Il “general practitioner” ha un costo crescente (tra convenzione e dipendenza, porta a casa un ricavo da 118 mila sterline, che erano 90 mila solo 10 anni fa, ndr) mentre l’assistente costa molte volte meno; iniziano a verificarsi casi in cui l’apporto del GP sostituto (“locum”) o salariato a parità di resa è considerato fuori mercato rispetto al physician associate». Dunque, ecco i tagli ai medici di famiglia, decisi dai loro stessi colleghi. Che non prendono più sostituti o ne accettano meno di un tempo. Per chi ha fatto tanta gavetta gli anni scorsi non ci sono sbocchi. E qualcuno finisce a guidare i taxi. Qualcun altro invece si è rivolto alla British Medical Association per difendere i suoi diritti e per spiegare che molti pazienti non sanno distinguere tra medico titolare e physician associate. «Credono che l’assistente sia un medico. Tutto ciò che ha potuto fare il General Medical Council, equivalente al nostro Ordine, è stato dotare gli “associate” di numero progressivo, una sorta di certificazione». Anche la Francia ha introdotto figure analoghe; l’Italia è sulla strada o è molto indietro? «Nella vicenda britannica non è positivo che si restringano le chance per i medici e in parallelo crescano situazioni ambigue, dove l’assistente potrebbe visitare il paziente. Credo però – dice Nardelli – che la convenzione all’inglese ci insegni molto in termini di flessibilità. Anche da noi i carichi di lavoro vanno crescendo e credo comprendiamo come l’integrazione delle competenze dell’infermiere territoriale, ad esempio, sia importante. Non può prescrivere farmaci, ma potrebbe prescrivere dispositivi medici o effettuare piccole medicazioni. Ciò aiuterebbe gli assistiti ad attendere meno per il medico e anziché generare invasioni di campo aiuterebbe a evitare commistioni indesiderabili». (Fonte Doctornews33)

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